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 inserito:: Settembre 21, 2025, 12:17:52 am 
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Post di Luciano Rossetti

POOL DI PERSONE SOCIALI, L'INTELLIGENZA CIVICA E LA PACE ATTIVA.
Luciano Rossetti 
Alessandro Barbero: la Storia 2  ·
Gianfranco Giacomo D'Amato

Una storia che va oltre l’incredibile, quella di un uomo normale capace di azioni eccezionali, di cui nessuno sa niente.
L’uomo nella foto è John Rabe, tedesco, iscritto al partito nazista. John visse molti anni in Cina con la moglie Dora, come impiegato della Siemens, per poi diventarne direttore e trasferirsi a Nanchino, capitale della Repubblica di Cina. La sua casa si trovava in un’area in cui c’era anche la fabbrica e in cui lavoravano molti operai cinesi. Quando Hitler salì al potere in Germania, John Rabe era diventato certamente il tedesco più importante e più rispettato in Cina.
Due anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, mentre Hitler preparava i suoi piani di espansione, l’esercito imperiale giapponese aggredì Nanchino. Era il dicembre 1937.
Quello che i giapponesi fecero in quella città rappresenta uno dei peggiori episodi di crimini contro l’umanità della storia, quello che va sotto il nome di "Massacro di Nanchino" o “Stupro di Nanchino”.
In un arco di tempo di poche settimane, i soldati giapponesi uccisero oltre 200.000 abitanti della città cinese. Moltissimi erano donne e bambini, che venivano assassinati senza motivo e seppelliti nudi. Gli uomini spesso venivano evirati. Dai diari di alcuni soldati giapponesi risultò che uccidevano semplicemente perché si annoiavano, bruciando e seppellendo vivi i civili inermi. A volte facevano gare di abilità nel decapitare i cinesi con un solo colpo, conservando poi le teste come trofei. Gli stupri furono decine di migliaia. Le strade erano piene di cadaveri, di cui si cibavano i cani randagi. I corpi dei cinesi massacrati, gettati in alcuni piccoli laghi, li prosciugarono.
Poco prima che i giapponesi la conquistassero, Rabe creò con altri occidentali che abitavano a Nanchino un’organizzazione che fu chiamata il “Comitato internazionale per la sicurezza di Nanchino”. Erano in tutto solo una quindicina di persone, per lo più americani con alcuni tedeschi e britannici e un danese.
Inizialmente John e la moglie Dora si preoccuparono di tenere al sicuro gli operai cinesi della Siemens nel loro campus, attorniato da mura. Gli abitanti di Nanchino capirono che quella era una zona sicura, e premevano per entrarci. I coniugi Rabe accolsero tutti quelli che potevano per salvarli dalla furia dei giapponesi.
Il Comitato scelse John come presidente, sperando che, come iscritto al partito nazista, potesse conseguire maggiori risultati in una negoziazione. Rabe riuscì ad ottenere dal Giappone di creare a Nanchino una zona di sicurezza di 4 chilometri quadrati, in cui i soldati dell’esercito imperiale non avrebbero attaccato. Sui tetti delle costruzioni mise delle enormi bandiere naziste. La quantità di cinesi che furono protetti in quella piccola area, in condizioni estreme, fu inimmaginabile: circa 250.000 persone, la metà della popolazione di Nanchino.
Ma John Rabe fece molto di più. Voleva cercare di salvare anche i cinesi che non poteva accogliere nell’area protetta. Capì che i giapponesi temevano il nazismo e i suoi simboli. E allora cominciò a uscire tutti i giorni con la sua auto, indossando la divisa nazista con le svastiche bene in mostra, battendo le zone più critiche, per salvare altre vite. In molte occasioni si gettò letteralmente sui giapponesi che stavano violentando una donna prima di ucciderla o che stavano decapitando un civile. Rischiò la vita molte volte, ma la divisa e il suo incredibile coraggio lo salvarono sempre.
Scrisse tuto quello che accadeva in un diario, che contribuì a ricostruire gli eventi di quelle terribili settimane. Resta uno dei documenti storici più importanti a proposito del massacro di Nanchino. Per tutti i cinesi divenne il “Buddha di Nanchino”, considerato una vera e propria divinità in terra.
Quando tornò in Germania, Rabe denunciò l’accaduto e chiese a Hitler di intervenire per fermare le atrocità dei giapponesi. Come risposta fu arrestato e messo sotto torchio dalla Gestapo. Le foto e i filmati che aveva realizzato a Nanchino furono distrutti e fu espulso dal partito. Diventato un ex-nazista, non riuscì più a trovare lavoro e cadde in miseria.
Dopo la guerra gli abitanti di Nanchino vennero a sapere che era in gravi difficoltà. Raccolsero duemila dollari, una bella somma per l’epoca, e il sindaco della città andò in Germania per consegnargliela di persona.
La sua vita di stenti non fu lunga e fino alla fine gli abitanti di Nanchino continuarono ogni mese ad inviargli del cibo con il quale John e la moglie riuscirono a vivere.
Il 5 gennaio 1950 John Rabe ebbe un infarto e morì, poverissimo e sconosciuto.
La storia di John Rabe venne alla luce per caso soltanto nel 1996. Una scrittrice americana di origini taiwanesi trovò il suo diario e cominciò a cercare i riscontri. I suoi nonni erano scampati al massacro di Nanchino.
Nel 1997 una lapide che ricorda John Rabe è stata collocata in uno dei luoghi del massacro a Nanchino. Nel 2007 gli è stato dedicato un film.
John salvò dalla morte e dalle torture oltre 200.000 esseri umani. La storia occidentale lo aveva completamente dimenticato, ma i cinesi no.
Se andate a Nanchino, tra gli abitanti che hanno dai 70 ai quasi 90 anni di età, troverete moltissimi John e Dora. Un piccolo segno di riconoscenza per il “Living Buddha of Nanking” e sua moglie, che li avevano salvati.
Da Storie di uomini di Gianfranco D’Amato - [https://www.facebook.com/.../Storie-di.../61579688601882/](https://www.facebook.com/.../Storie-di.../61579688601882/)
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 inserito:: Settembre 21, 2025, 12:13:14 am 
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Andrea Ferrario

Nella settimana prima di essere ucciso, l’attivista di estrema destra statunitense Charlie Kirk, aveva inaugurato una nuova fase della sua attività politica, portando per la prima volta il suo messaggio ultraconservatore in Asia. Il fondatore di Turning Point USA, l'organizzazione studentesca che in pochi anni era diventata una delle forze più influenti del movimento trumpista con oltre 850 sezioni nei campus americani, aveva scelto deliberatamente la Corea del Sud come prima tappa di quello che doveva essere un tour di espansione internazionale. Il 5 settembre, durante la conferenza "Build Up Korea 2025" a Seul, Kirk aveva elettrizzato la platea asserendo di avere "portato Trump alla vittoria" e celebrando quello che definiva un fenomeno globale di conversione conservatrice tra i giovani uomini.
La scelta della Corea del Sud come destinazione inaugurale del suo impegno asiatico aveva una logica precisa. Kirk aveva individuato nel paese una situazione politica che rispecchiava le dinamiche americane che aveva contribuito a plasmare attraverso la sua attività di mobilitazione giovanile. L’ex presidente golpista Yoon Suk-yeol, ora in carcere, era un trumpiano convinto e sia lui che il suo partito erano un punto di riferimento per l’estrema destra Usa, con la quale i legami sono rimasti forti anche dopo il tentativo fallito di imporre una dittatura militare. D’altronde, non sfuggono a nessuno gli evidenti nessi tra il tentato golpe di Yoon e l’assalto al Campidoglio americano nel gennaio 2021.
Durante il suo intervento nella capitale sudcoreana, accolto da canti di "USA" e da un'elaborata scenografia pirotecnica, Kirk aveva sottolineato che "il fenomeno dei giovani, specialmente uomini, che diventano conservatori sta emergendo simultaneamente in più continenti". La conferenza di Seul, che aveva ospitato in passato anche Donald Trump Jr., rappresentava il terreno ideale per testare la capacità di esportazione del modello Turning Point. L'evento includeva anche un concerto di musica cristiana, una sessione su "Come i cristiani possono guidare il mondo" e un videomessaggio dell'azienda americana di pannolini Everylife, che si definisce portatrice di una "missione pro-vita" e ha esortato i giovani sudcoreani a "fare più figli".
Il tour asiatico di Kirk si era poi spostato a Tokyo, dove aveva partecipato a un simposio organizzato dal partito di estrema destra giapponese Sanseito, formazione politica emergente che ha ottenuto il suo primo successo elettorale alle elezioni di luglio per la Camera Alta del Parlamento giapponese. Il leader del partito, Sohei Kamiya, ha costruito la sua campagna elettorale attorno al tema dell'"invasione silenziosa" degli immigrati, un messaggio che risuona perfettamente con la retorica anti-immigrazione che Kirk aveva promosso negli Stati Uniti. In un'intervista pubblicata su YouTube prima dell'evento, l'attivista americano aveva espresso il suo entusiasmo per la collaborazione con quello che ha definito "un movimento contro la minaccia globalista".
La partnership con Sanseito, un partito che si è esposto anche concedendo interviste a emittenti tv del regime russo, ha messo in luce la sofisticata strategia internazionale che Kirk stava sviluppando. Il partito giapponese ha trovato nel messaggio dell'attivista americano una validazione delle proprie posizioni su immigrazione e sovranità nazionale. La morte dell'attivista americano ha colpito profondamente Kamiya, che lo ha definito "un compagno impegnato a costruire il futuro insieme a noi", una dichiarazione che è segno di quanto fosse già avanzata la progettazione di iniziative comuni.
Nel suo podcast, registrato dopo il ritorno dall'Asia, Kirk aveva sintetizzato la visione che guidava questa espansione internazionale. “Le stesse battaglie che stiamo conducendo negli Stati Uniti si stanno combattendo anche altrove nel mondo: l'uso politicizzato del sistema giudiziario in Corea del Sud, le questioni migratorie in Giappone”, aveva dichiarato, dimostrando di aver compreso i nessi tra gli estremisti di destra di questi paesi geograficamente e culturalmente distanti. La sua capacità di identificare denominatori comuni tra movimenti conservatori di diversi continenti rappresentava l'evoluzione naturale del modello Turning Point, che Kirk aveva costruito combinando presenza massiccia sui social media con radicamento locale capillare. L'Asia era diventata il nuovo terreno di sperimentazione per un ultraconservatorismo che ambiva a superare i confini nazionali, trasformando lo sciovinismo americano in un movimento globale.

da FB del 13 settembre 2025

 63 
 inserito:: Settembre 21, 2025, 12:10:26 am 
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Andrea Ferrario

Nella settimana prima di essere ucciso, l’attivista di estrema destra statunitense Charlie Kirk, aveva inaugurato una nuova fase della sua attività politica, portando per la prima volta il suo messaggio ultraconservatore in Asia. Il fondatore di Turning Point USA, l'organizzazione studentesca che in pochi anni era diventata una delle forze più influenti del movimento trumpista con oltre 850 sezioni nei campus americani, aveva scelto deliberatamente la Corea del Sud come prima tappa di quello che doveva essere un tour di espansione internazionale. Il 5 settembre, durante la conferenza "Build Up Korea 2025" a Seul, Kirk aveva elettrizzato la platea asserendo di avere "portato Trump alla vittoria" e celebrando quello che definiva un fenomeno globale di conversione conservatrice tra i giovani uomini.
La scelta della Corea del Sud come destinazione inaugurale del suo impegno asiatico aveva una logica precisa. Kirk aveva individuato nel paese una situazione politica che rispecchiava le dinamiche americane che aveva contribuito a plasmare attraverso la sua attività di mobilitazione giovanile. L’ex presidente golpista Yoon Suk-yeol, ora in carcere, era un trumpiano convinto e sia lui che il suo partito erano un punto di riferimento per l’estrema destra Usa, con la quale i legami sono rimasti forti anche dopo il tentativo fallito di imporre una dittatura militare. D’altronde, non sfuggono a nessuno gli evidenti nessi tra il tentato golpe di Yoon e l’assalto al Campidoglio americano nel gennaio 2021.
Durante il suo intervento nella capitale sudcoreana, accolto da canti di "USA" e da un'elaborata scenografia pirotecnica, Kirk aveva sottolineato che "il fenomeno dei giovani, specialmente uomini, che diventano conservatori sta emergendo simultaneamente in più continenti". La conferenza di Seul, che aveva ospitato in passato anche Donald Trump Jr., rappresentava il terreno ideale per testare la capacità di esportazione del modello Turning Point. L'evento includeva anche un concerto di musica cristiana, una sessione su "Come i cristiani possono guidare il mondo" e un videomessaggio dell'azienda americana di pannolini Everylife, che si definisce portatrice di una "missione pro-vita" e ha esortato i giovani sudcoreani a "fare più figli".
Il tour asiatico di Kirk si era poi spostato a Tokyo, dove aveva partecipato a un simposio organizzato dal partito di estrema destra giapponese Sanseito, formazione politica emergente che ha ottenuto il suo primo successo elettorale alle elezioni di luglio per la Camera Alta del Parlamento giapponese. Il leader del partito, Sohei Kamiya, ha costruito la sua campagna elettorale attorno al tema dell'"invasione silenziosa" degli immigrati, un messaggio che risuona perfettamente con la retorica anti-immigrazione che Kirk aveva promosso negli Stati Uniti. In un'intervista pubblicata su YouTube prima dell'evento, l'attivista americano aveva espresso il suo entusiasmo per la collaborazione con quello che ha definito "un movimento contro la minaccia globalista".
La partnership con Sanseito, un partito che si è esposto anche concedendo interviste a emittenti tv del regime russo, ha messo in luce la sofisticata strategia internazionale che Kirk stava sviluppando. Il partito giapponese ha trovato nel messaggio dell'attivista americano una validazione delle proprie posizioni su immigrazione e sovranità nazionale. La morte dell'attivista americano ha colpito profondamente Kamiya, che lo ha definito "un compagno impegnato a costruire il futuro insieme a noi", una dichiarazione che è segno di quanto fosse già avanzata la progettazione di iniziative comuni.
Nel suo podcast, registrato dopo il ritorno dall'Asia, Kirk aveva sintetizzato la visione che guidava questa espansione internazionale. “Le stesse battaglie che stiamo conducendo negli Stati Uniti si stanno combattendo anche altrove nel mondo: l'uso politicizzato del sistema giudiziario in Corea del Sud, le questioni migratorie in Giappone”, aveva dichiarato, dimostrando di aver compreso i nessi tra gli estremisti di destra di questi paesi geograficamente e culturalmente distanti. La sua capacità di identificare denominatori comuni tra movimenti conservatori di diversi continenti rappresentava l'evoluzione naturale del modello Turning Point, che Kirk aveva costruito combinando presenza massiccia sui social media con radicamento locale capillare. L'Asia era diventata il nuovo terreno di sperimentazione per un ultraconservatorismo che ambiva a superare i confini nazionali, trasformando lo sciovinismo americano in un movimento globale.

da FB del 13 settembre 2025

 64 
 inserito:: Settembre 20, 2025, 11:48:06 pm 
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Fabio Andrei

Chiusura della festa del l'Unità, principale appuntamento per l' opposizione in Italia. Ma ancora una volta, così come e' già capitato l anno scorso ( per la prima volta nella storia ) l' evento viene ignorato dai media ..tutti...persino dai "giornali di opposizione ", repubblica in testa! Ignorano sistematicamente e volutamente l' opposizione mentre danno ogni spazio possibile alla propaganda governativa: meloni alla festa cl, alla "festa " di atreju, Salvini a Pontida sono nelle prime pagine con tanto di diretta. L' opposizione viene volutamente ignorata per poi dire "non esiste...non incide"
C'e' un gravissimo vulnus democratico in tutto questo,: i media e la stampa italiana, TUTTA, compresi i cialtroneschi giornali di opposizione , che opposizione non fanno e che al massimo sono oggetto della propaganda di regime , sono variabile endogena di un enorme problema , di una partita politica da sempre truccata.
Ma Elly Schlein se rende conto? I leader di opposizione si rendono conto di questo problema? Che e' la RAGIONE delle sconfitte e del senso di insufficienza dell' opposizione. Reagire a questo altrimenti il campo, inteso come luogo dove si svolge la politica ,e' impraticabile

da FB del 14 settembre 2025
Copiato e incollato Non era condivisibile in FB

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Paola Mangioni Un Progetto non é la realtà attuale ma la sua Evoluzione e richiede azioni, selezioni e mutazioni, ma soprattutto un fine, uno scopo, che lo renda Differente.  ggiannig

Io su FB 15 settembre 2025

 65 
 inserito:: Settembre 20, 2025, 11:43:52 pm 
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Scienze
Caterina Orsenigo / fot. Barry Burke, via Flickr.
16.9.2025

I semi della discordia
Mentre la crisi dell’agricoltura si aggrava, le multinazionali usano i brevetti OGM per trasformare le sementi da bene comune a proprietà privata. A pagarne il prezzo sono i contadini, ma anche la biodiversità.
Caterina Orsenigo è editor e giornalista. È laureata in filosofia a Milano e in letterature comparate a Parigi. Scrive di letteratura, crisi climatica e mitologia per diversi giornali e riviste. Organizza passeggiate letterarie con l'associazione piedipagina e con Prospero Editore ha pubblicato il romanzo di viaggio "Con tutti i mezzi necessari".

Aprile del 2019, siamo nel Gujarat, uno Stato dell’India occidentale che guarda in faccia l’Oman dall’altra parte del Mar Arabico. La PepsiCo fa causa a nove contadini per aver coltivato patate “FC5”, una varietà che l’azienda aveva introdotto nel 2009 e brevettato nel 2016 perché il basso contenuto idrico la rendeva ideale per produrre patatine fritte. I contadini rispondono che si sono semplicemente scambiati dei semi, come per secoli hanno sempre fatto, e sono cresciute quelle. Il processo dura due anni e viene vinto dai contadini. Grazie all’attivista Kavitha Kuraganti viene anche revocato il brevetto a PepsiCo. Fra le varie motivazioni addotte (per lo più relative a vizi di forma), il tribunale osservò che la registrazione del seme era contraria “all’interesse pubblico”, in quanto i processi per infrazione avevano danneggiato i coltivatori di patate. Sembra una grande vittoria, non solo concreta ma anche di principio: brevettare una varietà ortofrutticola danneggia gli agricoltori locali, il materiale genetico non può essere proprietà privata. Vandana Shiva la chiamerebbe “sovranità dei semi”: il diritto dei contadini a conservare, scambiare e propagare sementi locali, liberi da brevetti e dipendenze chimico-industriali. Ma lo scorso anno i vizi di forma sono stati risolti e una parte del brevetto è stato reintegrato, a ricordare che, contro le multinazionali, i principi faticano a vincere.

Una quindicina di anni prima, nel Java Orientale, in Indonesia, alcuni contadini avevano salvato dei semi da un raccolto. Li avevano selezionati, li avevano rivenduti, ed erano stati perseguiti da BY BISI (filiale del gruppo thailandese Charoen Pokphand) per “seed piracy”. Qualcuno era stato punito con il divieto di usare semi per un anno, qualcun altro condannato al carcere. Nel 2012 una coalizione di ONG e agricoltori si mosse a loro difesa, contestando il fatto che piccoli contadini potessero essere trattati come grandi aziende. Ma nel 2019 una nuova legge rese obbligatorio per tutti dichiarare eventuali nuove raccolte di semi e illegale distribuirli al di fuori di gruppi chiusi.

    Per “sovranità dei semi” si intende il diritto dei contadini a conservare, scambiare e propagare sementi locali, liberi da brevetti e dipendenze chimico-industriali. Un diritto che è messo sempre più spesso a repentaglio da aziende che brevettano sementi OGM.

Da millenni l’agricoltura funziona così: i semi si provano, si usano, si selezionano osservando a occhio nudo quali sono più resistenti a certe malattie o insetti, quali si adattano meglio a un certo terreno. È un’attività empirica e in continua trasformazione, fatta di tentativi e scambi fra vicini, di riutilizzo di semi dell’anno prima, di conoscenze specifiche e situate, di soluzioni mai del tutto replicabili altrove, di scoperte fortuite sulle spalle di conoscenze maturate nei secoli.

Circa dagli anni Ottanta, e ancor di più dall’inizio degli anni Duemila, le grandi aziende agroalimentari e farmaceutiche hanno cominciato a brevettare i semi. Come si è detto, PepsiCo, ad esempio, ha depositato sementi particolarmente adatte a produrre patatine fritte, ma ci sono innumerevoli casi simili, da cui possono scaturire infinite controversie e una messa in discussione delle pratiche stesse con cui da sempre l’agricoltura funziona. Negli anni Novanta Monsanto ha brevettato sementi OGM (Organismo Geneticamente Modificato) resistenti agli erbicidi, come i Roundup Ready, semi ingegnerizzati in modo da tollerare erbicidi a base di glifosato: quando un contadino acquistava questi semi firmava un contratto in cui si impegnava a non riutilizzarli nel raccolto successivo trovandosi poi costretto a ricomprare i semi ogni anno anziché vivere almeno in parte di eredità, come è sempre stato naturale fare. Fra il 1998 e il 2004 sempre Monsanto ha citato in giudizio l’agricoltore canadese Percy Schmeiser per aver coltivato colza OGM da loro brevettata senza aver pagato la licenza. Secondo la difesa, il polline in questione era arrivato accidentalmente e il contadino l’aveva trovato e dunque usato, senza domandarsi a chi dovesse pagare pegno, perché i semi non hanno mai avuto padroni. Data l’assenza di profitti illegittimi, Schmeiser non ha ricevuto condanne ma ha perso comunque la causa. Insomma: in qualsiasi momento un seme OGM può arrivare nel campo di un agricoltore tradizionale o biologico, portato da un impollinatore o dal vento, e se il contadino lo usa o lascia anche solo che cresca, rischia una causa.

Gli impatti della digitalizzazione e brevettazione delle sementi sono tanti, variegati, complessi. C’è la contaminazione involontaria dei terreni ma anche la dipendenza economica obbligata degli agricoltori, costretti ogni anno a ricomprare i semi dalle aziende. C’è la criminalizzazione di pratiche contadine secolari e anche una pericolosissima riduzione della biodiversità: si scelgono poche varietà di semi, si piantano sempre quelle, magari perché resistenti a certi insetti o malattie, o particolarmente adatte a una data produzione. E così si impoverisce il terreno, si perdono varietà, diminuisce la resistenza dei raccolti ai cambiamenti climatici o a nuove malattie.

    In qualsiasi momento un seme OGM può arrivare nel campo di un agricoltore tradizionale o biologico, portato da un impollinatore o dal vento, e se il contadino lo usa, o lascia anche solo che cresca, rischia una causa.

Ma c’è un altro aspetto da considerare. I brevetti su cui si arricchiscono le multinazionali farmaceutiche o agroalimentari si basano su una materia prima, il seme, delle cui proprietà l’azienda in questione non ha alcun merito, mentre alla comunità che ha avuto se non altro il merito di aver trascorso secoli a studiare, coltivare e proteggere quella pianta, non arriva nulla. Non solo. Se tradizionalmente c’era bisogno di recarsi fisicamente sul campo (spesso in una foresta), per trovare una varietà vegetale con le caratteristiche che servivano e da lì ricavare un principio per un qualche farmaco su cui costruire un impero commerciale, oggi il seme fisico non è più indispensabile, ne può bastare uno digitale, ossia la rappresentazione digitale di un seme reale.

Un seme digitale contiene la sequenza del DNA, metadati genetici come marcatori e fenotipi, dati agronomici e altre informazioni che consentono facilmente di riprodurre e migliorare una certa varietà; o di sfruttare gli strumenti bioinformatici per progettarne di nuove, senza alcun bisogno del seme fisico: basterà una stampa in 3D biologica del suo “gemello digitale”.

“Una volta le aziende andavano in Amazzonia o Papua a prelevare materiale genetico da cui estrarre principi per brevetti. Oggi, con la digitalizzazione, tutto avviene tramite banche dati: si assemblano informazioni e si brevettano prodotti senza nemmeno toccare la fonte reale. I nuovi OGM portano brevetti e royalties, limitando il diritto degli agricoltori a conservare semi, a farsi una propria ‘banca dei semi’” mi spiega Federica Ferrario, responsabile campagne dell’associazione Terra!. Che ci siano in gioco biologi che prelevano campioni in una foresta tropicale, o che si tratti di bioinformatici in laboratorio, il risultato è sempre una forma di biocolonialismo che col tempo cambia, si affina, diventa più difficile da riconoscere e regolare.

    Il Fondo Cali, approvato nel 2025, prevede che i privati che guadagnano dai semi digitali, in particolare le aziende farmaceutiche, possano versare l’1% del fatturato o lo 0,1% dei profitti derivanti dall’uso di queste sequenze. Una novità importante, non fosse che si tratta di una misura non vincolante.

Pochi mesi fa, alla COP 16 sulla Biodiversità, cominciata a Cali in Colombia nel novembre 2024 e terminata fra il 24 e il 27 febbraio 2025 a Roma, è stato approvato, fra critiche ed entusiasmi, il Fondo Cali. Si tratta di una microtassa volontaria sull’estrazione digitale della natura, un fondo internazionale “per la giusta ed equa condivisione dei benefici derivanti dall’uso delle informazioni di sequenza digitale sulle risorse genetiche”. In sostanza i privati che guadagnano dai semi digitali, in particolare le aziende farmaceutiche, possono versare l’1% del fatturato o lo 0,1% dei profitti derivanti dall’uso di queste DSI (Digital Sequence Information). Il fondo è gestito dalle Nazioni Unite e metà delle risorse andrà direttamente alle comunità locali. Ma, attenzione: possono, non devono. Un discrimine importante con risvolti diversi a seconda del periodo storico. È principalmente sul guadagno reputazionale che si baserebbe questo meccanismo e in anni come il 2019, in cui tutti gli occhi erano sul clima, versare qualche spicciolo avrebbe contribuito a un buon ritorno di immagine. Oggi invece il rischio che il salvadanaio rimanga quasi vuoto è alto.

Ma, imperfezioni più o meno gravi a parte, il Fondo Cali arriva per rispondere a un vuoto normativo. Le informazioni genetiche digitali non sono né propriamente dati né propriamente materiale biologico: normare questo campo è molto difficile, siamo estremamente indietro, e come raccontano le associazioni che seguono da vicino il tema, fra cui WWF (World Wildlife Fund) e Terra!, le innovazioni tecnologiche complicano le cose evolvendosi con rapidità impressionante.

“Non è mai esistito un meccanismo di compensazione per i benefici derivanti dall’uso dei dati genetici digitali da parte dei Paesi che li detengono. Il nuovo fondo multilaterale nato alla COP16, seppur volontario, è un primo passo per colmare questo vuoto, anche normativo: dovrebbe aiutare Stati e comunità indigene a tutelare la biodiversità e a promuovere la ricerca scientifica, è un atto di giustizia ambientale. Alcune aziende si sono dette interessate, ma restano nodi aperti: le modalità di accesso ai fondi, la governance, e soprattutto l’assenza di una gestione organica delle DSI, su cui manca ancora un accordo tra Nord e Sud globale” spiega Bernardo Tarantino, specialista Affari europei e internazionali del WWF.

Ma si sono sentite anche voci più critiche, come il Centro Internazionale Crocevia che vede questo fondo come una sorta di “legalizzazione della biopirateria”, un modo per trasformare i popoli indigeni in lavoratori sottopagati della conoscenza, mentre Susana Muhamad, ministra dell’Ambiente della Colombia e guida del negoziato sulla biodiversità, lo aveva festeggiato come un compromesso necessario, l’unico possibile in un mondo in cui la tecnologia corre molto più veloce delle regole. Il problema a monte è che come società, fuori dalle aule universitarie e dall’attivismo, non è mai stata intavolata una vera discussione pubblica per stabilire se del materiale genetico possa effettivamente appartenere a un privato o se non debba invece, necessariamente, essere pubblico, gestito e protetto come bene comune. Le pratiche vanno più veloci delle leggi e il biocolonialismo ha avuto tutto il tempo per affinarsi, adattarsi ai tempi e mascherarsi.

    Il “seme digitale” non solo è blindato a livello tecnologico, ma impedisce anche la circolazione delle informazioni: si sta costruendo un vero e proprio reame privato delle sementi.


La digitalizzazione è il nodo centrale e con il rapido evolvere delle intelligenze artificiali le direzioni che può prendere il settore sono “difficili da immaginare”, mi racconta      Federica Ferrario di Terra!: “L’agricoltura intensiva fa sprofondare il settore in un sistema talmente industrializzato da dover comprare tutto in pacchetti preconfezionati: semi ibridi, sostanze chimiche, calendari precisi delle lavorazioni. Questo modello in pochi decenni ci ha portato a un impoverimento preoccupante dei suoli, che oggi dipendono da fertilizzanti chimici, con conseguenze gravi come l’inquinamento delle acque. Ma con l’introduzione degli OGM brevettati si alza ulteriormente l’asticella: il seme diventa proprietà privata. Il ‘seme digitale’ non solo è blindato a livello tecnologico, ma impedisce anche la circolazione delle informazioni: si sta costruendo un vero e proprio reame privato delle sementi. E con l’intelligenza artificiale non esiste nemmeno più il pretesto di contribuire a un fondo di compensazione per l’uso di dati genetici: le informazioni vengono raccolte e usate senza alcun rimborso, nemmeno simbolico. Questo non significa che la digitalizzazione sia da rifiutare, ma è fondamentale che i dati restino pubblici e accessibili, non proprietà esclusiva delle grandi piattaforme”.

Nella sua imperfezione il Fondo Cali ci racconta che viviamo in una fase ibrida, dove la governance dei dati non è ancora chiara e l’IA (Intelligenza Artificiale), sempre più impiegata per la sua potenza ed efficienza nell’elaborare i dati, assume un ruolo sempre più importante nella gestione di miliardi di sequenze genetiche. Il rischio è duplice: da una parte un mercato delle sementi sempre più concentrato e meno vario (le aziende che possiedono gli algoritmi e i dati genetici controllano direttamente l’accesso alle sementi influenzando così la filiera agroalimentare globale), dall’altra una perdita sempre maggiore di biodiversità, di resilienza ai cambiamenti climatici, di tutele e autonomia per gli agricoltori. Già oggi, e ormai da decenni, poche multinazionali detengono una fetta enorme del settore, le sacche di resistenza e protezione della biodiversità sono sempre più assediate: dagli anni Ottanta questo è il campo di battaglia ideologico e concreto del lavoro di ambientaliste e attiviste come Vandana Shiva, soprattutto nel Sud globale. Con l’inasprirsi della crisi climatica la questione si fa ancora più urgente, abbiamo più bisogno che mai di una biodiversità in salute.

Se da una parte gli OGM sono una delle frontiere esplorate per mitigare la crisi climatica, permangono profonde criticità. L’utilizzo di semi modificati può infatti sia ridurre l’uso di agrofarmaci, sia aumentare le rese e dunque limitare l’estensione delle terre coltivate. Questo potrebbe comportare minori emissioni di gas serra e maggiore tutela degli ecosistemi. Secondo uno studio dell’Università di Bonn, in Europa, l’adozione di colture GM potrebbe ridurre le emissioni agricole del 7,5% annuo (33 milioni di tonnellate di CO2) e migliorare la sostenibilità e l’autosufficienza alimentare.

Ma, come spiega Federica Ferrario di Terra!, la questione non è così semplice: “Affrontare la scarsità d’acqua, la siccità e gli effetti della crisi climatica richiede adattamenti reali, che non si possono creare in laboratorio con OGM: fuori non ci sono condizioni controllate, è la biodiversità che garantisce la resilienza. Ogni territorio è diverso, bastano 400 metri perché cambi tutto; in ogni terreno tradizionalmente si usano miscugli di semi per osservare quali varietà si adattano meglio. È l’esatto contrario dell’approccio da laboratorio”.

Il rischio è che varietà meno “redditizie” spariscano, perché non conviene più produrle. Ma perdere varietà vuol dire anche perdere adattabilità. “Se ho dieci varietà di fagioli che si evolvono con l’ambiente, ho una garanzia di resilienza. Se invece le conservo solo in una banca del germoplasma e le tiro fuori dopo vent’anni, saranno estranee al contesto attuale. La biodiversità non si conserva in laboratorio, perché gli ecosistemi cambiano troppo in fretta” racconta ancora Ferrario. “E in effetti dovremmo averlo imparato dopo la crisi delle patate in Irlanda fra il 1845 e il 1848”, quando l’alimentazione dell’intera isola dipendeva da un unico tipo di coltura, e quando un nuovo patogeno (la peronospora) si diffuse tra le coltivazioni, distruggendo interamente il raccolto. Morì circa un milione di persone.

Le grandi aziende puntano sul seme brevettato perché garantisce profitti a breve termine, ma il prezzo, per la società e per l’ambiente, è altissimo. Con il rischio ulteriore, nel Sud globale, di perdere moltissima informazione genetica locale, e anche questa è una forma di erosione della biodiversità: selezionare vuol dire scartare, in una sorta di pericolosa eugenetica agraria, di perdita di cultura, di sapere e di varietà. Eppure decenni di biopirateria, di biocolonialismo, di concentramento di saperi, diritti, brevetti, ci hanno assuefatti a una risposta che come società non ci eravamo mai dati davvero: il materiale genetico può appartenere a un’azienda, a un privato? Gli echi delle lotte di Vandana Shiva si sentivano più forti negli anni Ottanta e Novanta, quando ancora la domanda era aperta e la consuetudine non era del tutto stabilita. Il Fondo Cali nel bene o nel male è una spinta a riportare l’attenzione sulla questione, a farci domande, a riflettere anche come società su un interrogativo che riguarda tutti ma che è rimasto confinato all’interno delle accademie o all’attivismo. Torna in mente la sentenza di quel tribunale indiano secondo cui la registrazione del seme delle patate FC5 era contraria “all’interesse pubblico”: è dall’interesse pubblico e da un’idea aggiornata di bene comune, che bisognerebbe ricostruire un dibattito.


 66 
 inserito:: Settembre 20, 2025, 11:31:00 pm 
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DOMANESIMO: N.O.M. QUANTE POTENZE SERVIRANNO PER AVERE LA PACE NEL MONDO.
Gianni Gavioli
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Lo Stato di Israele c'era e ci sarà in futuro.
Il suo Vertice attuale speriamo di non doverlo subire ancora per molto [ma spetta al popolo stabilirlo, non a noi].
Lo Stato Palestinese ancora non c'è, speriamo presto di poterlo annoverare tra le nostre Democrazie, oggi la Palestina è vittima e boia ma non per colpa della sua popolazione.
La nostra speculazione ipocrita e tendenziosa è la causa delle guerre di parte che sono da maledire.
L'ITALIA che produce serve tutti i popoli del mondo, indipendentemente da chi li opprime ai loro vertici.
Solo le Sanzioni del Governo Italiano possono impedirlo!
ggg

 67 
 inserito:: Settembre 16, 2025, 12:13:28 am 
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Gianni Gavioli
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  · Sonprtedsoa4e7c0a9eal35n:c cf97io78907n6gg m o1 a2653rfa7l3ei1g  ·

Trump e Soci vogliono lo Sfascio dell'Europa e usano l'Italia come piede di porco.
Per noi europei sarebbe il disastro!
ggg

Gianni Gavioli INTESA OLIVO POLICONICO, IL PROGETTO: POLITICA, SCUOLA, PIU' GIUSTIZIA.
Amministratore
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La soluzione del ritardo DEVE ESSERE EUROPEA!
Se accordo si deve fare DEVE ESSERE EUROPEO.
Il Governo Italiano Non DEVE Diventare Arma Per Sfasciare  l'Europa.
ggiannig
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Gianni Gavioli SE SIAMO DANNEGGIATI OPPURE OLTRAGGIATI E QUI SCRIVIAMO I PERCHE'.
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Dopo anni di stato di ibernazione voluto imporre, dai "creatori" di Facebook e successivamente di Meta, ai propri Utenti (con grave impudicizia definiti Amici) finalmente qualcosa, di ancora indefinito, si muove anche in questa parte non piccola di realtà irreale.
Adesso gli "ibernati" fuggono!??
Ma scherziamo?
Sono anni che contesto il "regime" FB, da perdente in genere IGNORATO ( innanzitutto dagli "amici utenti") ma adesso IO RESTO.
ADESSO il Titolare di FB ha un concorrente con cui fare accordi non sarà facile.
Tra giganti è più probabile ci si divori che accordarsi per fare più soldi.
Anche perché la CINA è vicina, quasi in casa.
ggiannig
ciaooo
ggianni41@gmail.com
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Gianni Gavioli
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Informazione e tanta nostalgia di ex Olivettiano.
La Olivetti dell'ingegnere Adriano è stato il mio Liceo.
La Olivetti dell'ingegnere Adriano, per chi ci lavorava, era Maestra di Vita.
ciaooo
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Gianni Gavioli
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  · ednsoprSot9lf90ealu3426o9ii1l3ngea 8 n0:gi0ha631f 30a9mre64 1go  ·
Io non voglio essere venduto!
Facebook Eliminate le Mie Pagine! NON SONO UNA AZIENDA!
Ma non fatemi perdere i CONTENUTI, sono una mia proprietà letteraria.
ggiannig
P.S.: Sono anni che ve lo chiedo!
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Gianni Gavioli SALIRE LA COLLINA DA PERSONE CURIOSE MA ATTIVE. CONOSCERE È CULTURA.
Amministratore
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  · npeSdotorsgi8ao0a00476 ee1afan t l314i1g1r1ht9456h:3027 leao9nc  ·
Le Culture ignote ai più:
Come spendere da Compratori.
Come investire da risparmiatori.
Come votare da persone libere e consapevoli.
Come e perché sentirsi orgogliosi d'essere Italiani.
ciaooo
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Gianni Gavioli
Amministratore
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  · rdtosoepSnua1o9hc5g4ft1c0:25191toe 9 luhicae1 enr5i0 h0t4cn0glu  ·
Non contano i personaggi sulla scena (anche del delitto) ma le loro intenzioni e le loro azioni.
CONSENSO Buono o Cattivo, MAI più al buio.
Avete visto dove ci portano!
Poveracci in patria, Gran Signori tra i Potenti nel mondo,  . . . sin quando ci riducono all'osso.
ggg
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Gianni Gavioli
Amministratore
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  · nseStrodpool6:ala9grg2a00ne8m72h41 uati1928 09e oae 0thggl7nl  ·
La SANITÀ pubblica  dopo anni di agonia, muore sotto l'indifferenza colpevole del Governo Meloni e di quella, flaccida,  dell'Opposizione che è maggioranza in Parlamento ma finge di non saperlo.
Troppa fatica unirsi in un preciso Progetto di Governo e combattere, non soltanto per le poltroncine ma per gli Italiani.
ggiannig

 68 
 inserito:: Settembre 15, 2025, 06:54:20 pm 
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Fabio Andrei

Chiusura dell festa del l' unità, principale appuntamento per l' opposizione in Italia. Ma ancora una volta, così come e' già capitato l anno scorso ( per la prima volta nella storia ) l' evento viene ignorato dai media ..tutti...persino dai "giornali di opposizione ", repubblica in testa! Ignorano sistematicamente e volutamente l' opposizione mentre danno ogni spazio possibile alla propaganda governativa: meloni alla festa cl, alla "festa " di atreju, Salvini a pontida sono nelle prime pagine con tanto di diretta. L' opposizione viene volutamente ignorata per poi dire "non esiste...non incide"
C'e' un gravissimo vulnus democratico in tutto questo,: i media e la stampa italiana, TUTTA, compresi i cialtroneschi giornali di opposizione , che opposizione non fanno e che al massimo sono oggetto della propaganda di regime , sono variabile endogena di un enorme problema , di una partita politica da sempre truccata.
Ma Elly Schlein se rende conto? I leader di opposizione si rendono conto di questo problema? Che e' la RAGIONE delle sconfitte e del senso di insufficienza dell' opposizione. Reagire a questo altrimenti il campo, inteso come luogo dove si svolge la politica ,e' impraticabile

da FB del 14 settebre 2025
Copiato e incollato Non era condivisibile in FB

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Paola Mangioni Un Progetto non é la realtà attuale ma la sua Evoluzione e richiede azioni, selezioni e mutazioni, ma soprattutto un fine, uno scopo, che lo renda Differente.  ggiannig

Io su FB 15 settembre 2025Il

 69 
 inserito:: Settembre 15, 2025, 06:48:12 pm 
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Gianni Gavioli
A  Paola Mangioni "Pretendiamo Politica da chi"?
E a quale Politica o Fazione Politica intendiamo riferirci?
Si fanno commenti, a volte focosi altre insufficienti, come se fossimo tutti Uguali, ma non lo siamo!
Chi ci descrive o dipinge come Tutti Uguali ha cattive intenzioni di dominio.
Io e milioni di Persone non siamo e non saremo mai uguali al signor Salvini, alla signora Meloni o al signor Conte.
Noi siamo Differenti!
ggiannig

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Freddi scrive : """Dov’è la sinistra? Dov’è la destra? C’è solo un popolo che merita di vivere libero dall’odio.""" 
Io scrivo e chiedo : lo stesso popolo che ci ha portato alla situazione interna attuale, in Italia, in Europa e in USA.
E che ce la portò con le votazioni [nazismo] o con le Rivoluzioni [bolscevismo]?

Il Popolo, soprattutto se Deculturato (adozione di modelli culturali esterni) da solo non é in grado di formare Democrazie Autorevoli. 
ggiannig

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Paola Mangioni Protestare in modo intelligente, secondo me, significa saper "disegnare" un Progetto di Democrazia Autorevole e con questo in saccoccia "Acculturare" gli Elettori al fare Politica di partecipazione.
Le attuali Democrazie [snaturate in Democrature dai Sfascisti] sono armi usate da malviventi sociali per rubarci il potere . . . invadere paesi e fare le guerre. 
I popoli ben guidati, da una vera democrazia, non fanno le guerre. 
ggiannig

 70 
 inserito:: Settembre 15, 2025, 06:13:38 pm 
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CULTURA, LAVORO, GIUSTIZIA, GIOVANI, AMBIENTE, ETICA: URGE IL CAMBIAMENTO.
Gianni Gavioli
Amministratore
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Persona più attiva

Siamo messi così male, perché eravamo già messi male e non ce ne accorgemmo.
Troppo annebbiati dalla Chiesa e dalle Sinistre più che Passatiste, incapaci ad immaginare positive evoluzioni futuribili.
Al contrario fortemente determinate al dominio della Massa con la diffusione del "Pensiero Negativo", la tolleranza verso il negazionismo, con l'impedimento dell'Inculturazione di valori propri, per favorire l'Acculturazione di miti fasulli con lo scopo di ostacolare il "Libero Pensiero".
ggiannig

io su FB

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Sara Quadrelli

L’analista Margelletti:
 “La guerra in Ucraina si sposterà in Europa, scontro con Putin sarà inevitabile ma in Italia la stella polare della geopolitica è Raffaella Carrà”
(Andrea Margelletti è presidente del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.) ed è tra i più ascoltati analisti italiani di geopolitica e difesa. Ospite frequente di Bruno Vespa a Porta a Porta, da anni offre al grande pubblico un’interpretazione lucida e spesso scomoda dei conflitti globali.)
"Professore, il coinvolgimento europeo nel conflitto ucraino è davvero inevitabile?"
«Io non ho alcun motivo, purtroppo, per immaginare un’evoluzione della guerra in Ucraina che non porti a un conflitto in Europa. Al di là dei tentativi di dialogo, i russi vanno dritti. Il problema è che noi rifiutiamo l’idea della guerra. Eppure la Russia non si fermerà. La loro arma più potente non sono i droni o i missili, ma il fatto che in Europa occidentale da 70 anni pensiamo solo all’economia. La gente teme più di perdere quello che ha, che non di difendere quello che è».
Mi sta dicendo che è un problema culturale, quasi antropologico?
«Le spese per la difesa vengono sempre contrapposte a ospedali, scuole, arte, come se sostenere la difesa significasse chiuderli. Ma tutti chiediamo più carabinieri e soldati per strada. Allora perché va bene difendere la mia città e non il mio Paese?»
Che risposta si è dato?
«La stella polare della geopolitica italiana è Raffaella Carrà: “se il mondo casca mi sposto un po’ più in là”. Ma il mondo è ormai integrato: non possiamo più spostarci. Se ignoriamo i problemi, i problemi non ignorano noi».
Gli italiani si sono convinti di essere il Sud della Svizzera?
«No. Perché la Svizzera sta pensando di entrare in un processo di maggiore integrazione e di sicurezza con i paesi dell’Unione Europea. Gli svizzeri si rendono conto che la situazione è drammatica. E fingiamo di ignorare che due nazioni come la Svezia e la Finlandia, che sono state neutrali da sempre, sono entrate nella Nato. E nessuno lì ha protestato parlando di ospedali e scuole: al loro welfare ci tengono molto, e però sanno anche che se la Russia li invade, ospedali e scuole se li prendono loro. Hanno detto: “Accidenti sì”, perché la sicurezza collettiva è l’unica cosa che li può proteggere».
Si dice che in Italia la guerra non può arrivare…
«Allora vede, chi fa il mio mestiere, viene pagato per dare delle valutazioni.
Se un’impresa mi paga per dare una valutazione non mi posso permettere di farla sulla base della speranza: le imprese non vogliono la speranza, vogliono i dati di realtà».
Anche noi giornalisti dovremmo fare un bagno di realtà?
«Non la vogliamo vedere, e i giornalisti non la raccontano. Se lo facessero, mostrerebbero che la situazione è molto più grave di quanto si dice».
Ci siamo trastullati in ottant’anni di presunta pace, mentre intorno a noi si armavano?
«Se lei legge i libri di geopolitica scritti in tutto il mondo, si renderà conto che il nostro Paese non appare mai. Di questa nostra insipienza i russi sono ben consapevoli, ed è una delle loro armi. Negli ultimi venti la Russia ha fatto una grande campagna di avvicinamento della classe dirigente e in alcuni casi – immagino – anche di reclutamento di classi politiche nell’Europa occidentale».
L’attacco con i droni in Polonia potrebbe aver aperto gli occhi a qualcuno?
«I droni sulla Polonia sono solo l’ennesimo test russo della nostra volontà. È stato un doppio test: politico, per vedere come reagisce la Nato, e militare, per verificare la nostra capacità di risposta. Gli Stati Uniti non hanno detto né a né b: un silenzio fragoroso. Altri hanno fatto spallucce. È un segnale di debolezza».
Un segnale che nasce da lontano?
«Sì. L’Italia è da sempre un Paese ripiegato sull’ombelico, poco attento al fuori. Negli ultimi vent’anni la Russia ha fatto un’enorme campagna di avvicinamento — e in alcuni casi, immagino, anche di reclutamento — della classe dirigente occidentale».
Dove c’era già prima una sinistra comunista forte, ancorata a Mosca…
«Rispetto all’epoca del Pci e del Pcf di Marchais, l’influenza russa di oggi è più forte, più trasversale, più incisiva».

da FB 13 settembre 2025

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