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Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / Beniamino Pagliaro. Attenzione! - L'economia ha una nuova valuta
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inserito:: Dicembre 05, 2020, 05:13:24 pm
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Beniamino Pagliaro - La Repubblica 10:59 (23 minuti fa) A me Attenzione! - L'economia ha una nuova valuta 1° dicembre 2020 Cara abbonata, caro abbonato, ecco un nuovo numero di Attenzione! … Le conseguenze della pandemia non viaggiano per forza parallele all'onda virale. Assomigliano più a scosse che però producono effetti nel tempo. Molti pezzi dell'economia si adeguano a spinte che in verità c'erano da molto tempo. La grande novità è il ritmo: McKinsey ha riassunto scrivendo che le abitudini dei consumatori hanno fatto un salto in avanti di "dieci anni in otto settimane". Non è dunque una sorpresa che Amazon abbia assunto 427,300 persone nel mondo nei primi dieci mesi dell'anno. Abbiamo ormai iniziato a capire che indosseremo le mascherine ancora a lungo, e che anche con il vaccino il ritorno in ufficio non sarà un ritorno al passato. Dobbiamo organizzare il nuovo ufficio, e una notizia negli scorsi giorni ha confermato la rincorsa verso un sistema ibrido, in cui la presenza fisica dei dipendenti o collaboratori non è poi così determinante. Il più grande gruppo del software Crm (Customer relationship management), Salesforce, vuole comprare l'ex startup del lavoro condiviso Slack. Per capire la notizia bisogna ricordare un po' di storia recente. Slack, fondata nel 2009 in Canada da Stewart Butterfield (già co-fondatore di Flickr), è nata senza volerlo. Meglio, è nata mentre i suoi fondatori stavano cercando di fare qualcos'altro, tipico caso di serendipity imprenditoriale. Mentre provavano a sviluppare un videogioco online, Butterfield e i suoi colleghi crearono un sistema di chat che doveva essere facile da usare, intuitivo, per i giocatori. Il videogioco fallì ben presto, ma la tecnologia sviluppata per la chat tornò molto utile. Il 15 agosto 2013 Slack lanciò il proprio prodotto. Nelle prime 24 ore, 8mila aziende si iscrissero per provarlo. Iniziò una crescita che ha portato, nel 2019, gli utenti attivi a quota 12 milioni, e 640 mila imprese. Di queste, 112 mila avevano un account a pagamento, e dunque i ricavi sono arrivati a 401 milioni di dollari. La lezione di Slack è molto interessante: c'erano già decine di app e sistemi di chat sul mercato. Per anni abbiamo chattato con Msn (!), Skype, o altri sistemi. Ma evidentemente c'era spazio per fare meglio, reinventare anche una banale chat in modo nuovo. Slack è diventata di moda, ma soprattutto funziona. È il luogo dove lavorano milioni di persone ogni giorno. … Poi, però, è arrivato il Coronavirus. Sarebbe stato facile pensare che una fase di lavoro remoto forzato avrebbe fatto bene a Slack. Ma l'accelerazione non è uguale per tutti, fa vincitori e vinti. Milioni di aziende si sono trovate a trasferire in rete l'ufficio in pochi giorni, e la forza della conservazione si è fatta sentire. Microsoft aveva circa il 90% del mercato dei servizi email e produttività per le aziende, ed è riuscita a spostare sul proprio prodotto Teams (nato nel 2017) moltissimi clienti. La rincorsa era già iniziata, il titolo di Slack (quotata dal 2019) iniziava a soffrire, ma il 2020 di Microsoft ha creato un divario incolmabile. … Slack ha capito l'aria che tira e ha persino denunciato le politiche di Microsoft alla Commissione europea. La storia tra Microsoft e Slack è ricca: nel 2016 il gruppo fondato da Bill Gates valutò se acquistare la società, ma preferì sviluppare un prodotto in casa piuttosto di fare un'acquisizione. Slack prese persino in giro Microsoft quando ci fu l'annuncio di Teams con una pagina pubblicitaria sul New York Times (come Apple fece con IBM nel 1981). Prima ancora di sapere come sarebbe stato questo 2020, The Information aveva previsto (a gennaio, sembra un'era fa) che Slack sarebbe stata venduta, forse comprata da un grande player come Amazon e Google, ma comunque costretta a interrompere la corsa solitaria. Tutti i giganti tech sono aziende trasversali per definizione, tutte hanno un'offerta orientata alle imprese e aggiungere Slack al pacchetto può fare la differenza. Amazon, Google e Microsoft, sanno però di doversi muovere con grande cautela perché le maglie dell'antitrust si stanno stringendo e ogni acquisizione rischierebbe uno stop. Le acquisizioni da parte di big tech stanno infatti rallentando. … Slack è diventato l'ufficio per molte organizzazioni in modo controintuitivo. Non ha soltanto sostituito l'email per alcune funzioni (non per tutte, ovviamente: chi profetizza la morte dell'email sbaglia). Essendo un sistema aperto alle integrazioni con altri software, Slack raccoglie dati e intelligenza che superano la banale chat; rende semplice automatizzare alcuni compiti, dalle fatture alla gestione dei documenti. Così si può capire l'interesse di Salesforce, che è il primo Crm per quote di mercato (seguito dai tedeschi di Sap, raro campione digitale europeo). Salesforce nasce per gestire i clienti e fare analisi in tempo reale della vita aziendale. Ma a volte i Crm vivono in aree separate dell'azienda: da un lato, se i prodotti Salesforce venissero contaminati dalla semplicità di Slack, sarebbe una cosa buona; dall'altro la frequenza d'uso di Slack consegnerebbe a Salesforce una vera prevalenza nella sfera aziendale. Risultato: potrebbe, in prospettiva, fare concorrenza a Microsoft. Ma in queste grandi acquisizioni (Slack valeva 17 miliardi di dollari prima della notizia, ora ne vale 23) non si ragiona soltanto sul prodotto. I clienti di Slack possono diventare futuri clienti di Salesforce. Salesforce ha lanciato il servizio work.com che potrebbe essere sostituito da Slack. Stavo quasi per inviare la newsletter di oggi, quando è arrivata un'altra notizia. Facebook ha comprato la startup Kustomer, che si occupa proprio di Customer relationship management, e potrà offrirlo alle miriadi di piccole imprese che usano le pagine di Facebook per essere online e vendere e WhatsApp per comunicare. La costruzione del nuovo ufficio è appena iniziata. Grazie per aver letto fin qui. Aspetto i tuoi commenti a b.pagliaro@repubblica.it. Su Twitter e Instagram mi trovi come @bpagliaro. Grazie, Beniamino Pagliaro Ricevi questa e-mail perché hai prestato a GEDI Digital S.r.l., Società controllata del Gruppo GEDI S.p.a.,
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Forum Pubblico / NOI CITTADINI, per Civismo, Conoscenza e Consapevolezza. / Oggi Noi abbiamo il Dovere di stare vicini al Governo se ... Democratico.
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inserito:: Dicembre 05, 2020, 02:50:55 pm
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Oggi “Noi Italiani Differenti” abbiamo soltanto il "dovere" di stare molto vicini al Governo, criticandolo dove occorre e stimolandolo a decidere con la propria testa quando tentenna, o quando teme i Predoni.
Questo da subito e sino alla fine dell'emergenza, … la fine vera non quella delle bufale di Stato.
Il nostro "diritto" l'abbiamo già espresso tempo fa e ci siamo fatti infilare in un pantano sociale, che ha visto il ripristino di pretese Feudali da parte di Regioni gestite millantando e invocando il separatismo dal governo centrale (appunto i Feudi), per soddisfare appetiti di parte, nascondendo errori del passato, continuando a commetterne e malgrado le ingiustizie perduranti e i morti quotidiani. ggg
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Forum Pubblico / Gli ITALIANI e la SOCIETA' INFESTATA da SFASCISTI, PREDONI e MAFIE. / Che la nostra COMUNITA’ DEBBA RICHIEDERE e OPERARE PER OTTENERE un agire di ...
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inserito:: Dicembre 05, 2020, 02:46:36 pm
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Che la nostra COMUNITA’ DEBBA RICHIEDERE e OPERARE PER OTTENERE un agire di maggiore qualità e valore, dai nostri politici e soprattutto dai partiti, … mi sembra il minimo dopo la scoperta di come siamo disastrati!
Disastrati e disgregati non soltanto nella SANITA’ delle Regioni-Feudo del Nord-Italia. Siamo noi Cittadini e la Popolazione che abbiamo scelto chi ci ha rovinato!
Rendiamoci più informati, più consapevoli, meno superficiali e alle prossime elezioni scegliamo di votare per Programmi di Ricostruzione dell’Italia, non per Caporali furbetti che vogliono agire da Generali (comandati dal papa oppure dall’imperatore, ancora non si sa).
ggg
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Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FEDERICO RAMPINI. Nuove forme di globalizzazione nel mondo post-Covid
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inserito:: Dicembre 04, 2020, 09:28:45 pm
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Outlook | Nuove forme di globalizzazione nel mondo post-Covid
Posta in arrivo
Federico Rampini - La Repubblica 20:57 (28 minuti fa) a me
Rep: Outlook di Federico Rampini 4 dicembre 2020
L’Asia ci stacca sempre di più in tanti settori, aggiungiamoci pure la scuola. Mentre in Italia (e in parte anche qui negli Stati Uniti), tanti giovani hanno subito un degrado nella qualità dell’istruzione, causa lockdown e insegnamento in remoto, attenzione a questa notizia che viene dalla Corea del Sud. Ieri quel Paese di 52 milioni di abitanti si è quasi fermato per otto ore, non per qualche emergenza sanitaria (il contagio è stato bloccato a livelli microscopici rispetto all’Occidente), ma per consentire a mezzo milione di studenti di affrontare nella massima concentrazione l’esame di ammissione all’università. Non in remoto, sia chiaro. Perfino i pochi casi di studenti positivi al coronavirus dovevano recarsi di persona nelle apposite aule allestite per l’esame; per loro erano previsti accorgimenti di massima sicurezza, dal distanziamento all’assistenza di personale medico. Talvolta i positivi hanno avuto a disposizione aule speciali attrezzate dentro reparti ospedalieri; purché partecipassero di persona all'esame, con tutti i controlli in presenza. La Corea del Sud, come il Giappone, Singapore, Taiwan e la stessa Cina comunista, eredita una cultura confuciana al cui centro c’è il valore dell’istruzione. Lo studio è sacro, i giovani vengono educati al rispetto degli insegnanti. Le famiglie sanno che una buona università frequentata con la massima applicazione dischiude le porte del mercato del lavoro. La meritocrazia è rigorosa. Ieri per consentire la puntualità assoluta all’inizio dell’esame, il silenzio e la concentrazione durante le otto ore di prove, ci sono aziende che hanno rinviato l’apertura onde evitare che coincidesse con il tragitto degli esaminandi; i mezzi pubblici andavano riservati con priorità agli studenti; la Borsa di Seul ha rinviato l’apertura delle contrattazioni sempre per non interferire con l’orario di avvio del grande esame nazionale; perfino decolli e atterraggi degli aerei sono stati ridotti e regolati per attenuare il rumore. Vale la pena anche ricordare che le più importanti multinazionali sudcoreane – da Samsung a Hyundai – devono competere sul mercato del lavoro con un altro datore di lavoro che può rubargli i giovani più qualificati: lo Stato. L’amministrazione pubblica sudcoreana è circondata di rispetto per la sua efficienza, ed è uno dei traguardi ambiti per i migliori neolaureati. L’Occidente intero, sempre più incupito nel fissare le proprie sciagure, troppo spesso provinciale ed autoreferenziale, dovrebbe dedicare un po’ di attenzione al mondo che avanza e che in questa pandemia allunga il suo vantaggio competitivo.
STATI UNITI Preoccupante rallentamento della ripresa dell’occupazione negli Stati Uniti, solo 245.000 assunzioni a novembre. In compenso segnali positivi vengono dal settore dei servizi, che mette a segno il sesto mese consecutivo di crescita.
Tra i settori rivoluzionati dalla pandemia aggiungiamoci il cinema, con questo annuncio: la venerabile Warner Brothers, la major di produzione cinematografica di Hollywood nata nel 1903 e celebre dai tempi del film “Casablanca”, ha deciso che tutti i nuovi film del 2021 usciranno simultaneamente nei cinema (quelli che saranno aperti) e sul suo servizio streaming Hbo Max. E’ la fine di un’epoca. La Warner prende atto che il futuro del cinema è a casa nostra.
E la materia prima del futuro è il diossido di carbonio surgelato. Lo conosciamo tutti, sotto nomi più comuni: ghiaccio chimico o ghiaccio secco. La domanda sta esplodendo perché serve a conservare i vaccini a temperature polari. E’ un sottoprodotto nel ciclo dell’etanolo. I grandi produttori americani si stanno dando da fare per rafforzare la capacità. Ma cominciano a produrlo in proprio anche gli spedizionieri come UPS, e la stessa casa farmaceutica Pfizer che ha messo a punto uno dei primi vaccini.
Questo sabato sera (ore 21 East Coast, 3 di notte di domenica in Italia) riappare Trump per il suo primo bagno di folla post-elettorale: in Georgia. Il comizio avrà come effetto quello di aumentare l'attenzione nazionale sulla posta in gioco in quello Stato. Si rivota in Georgia il 5 gennaio per eleggere due senatori: dal risultato dipende la maggioranza del Senato. L'esito più probabile sono due vittorie repubblicane e quindi una maggioranza di destra 52 a 48. Un miracolo democratico porterebbe alla parità assoluta, 50 a 50, nel qual caso la vicepresidente Kamala Harris ha la prerogativa di aggiungere il voto dello spareggio. Questo aprirebbe uno scenario un po' diverso aumentando la libertà di manovra di Biden. Resta da vedere che effetto avrà Trump su questa campagna, se il suo intervento può mobilitare la base e aiutare il suo partito a conservare un bastione di potere importante. La sua base continua a versare donazioni a Trump: ha raccolto 495 milioni di dollari in un mese e mezzo. Dovevano servire ad alimentare la battaglia giudiziaria per ribaltare l'esito del voto. Ora quel tesoro di guerra torna utile per altri scopi. La corsa al 2024 è già cominciata? Si moltiplicano le illazioni su quali siano i piani segreti di un uomo che farà di tutto per evitare la parola che lo ossessiona dai tempi del suo reality tv: "Loser", perdente. I notabili del partito repubblicano attendono nervosamente il suo primo comizio post-elezioni: il timore è che la sua insistenza sulla teoria del complotto, le frodi, le elezioni truccate, possa creare disaffezione e assenteismo proprio a destra.
"Lady Huawei" potrebbe tornare presto in libertà e nel suo paese. Improvvisa svolta in un dossier che ha contribuito ad avvelenare i rapporti tra Washington e Pechino per due anni. La direttrice finanziaria di Huawei, Meng Wanzhou, che è anche la figlia del fondatore e presidente di quel colosso tecnologico, fu arrestata all'aeroporto di Vancouver esattamente 2 anni fa, il 5 dicembre 2018. L'arresto fu eseguito dai canadesi su richiesta della giustizia americana, con accuse pesanti: frodi bancarie per violare l'embargo sull'Iran. Da due anni la signora Meng vive in un esilio dorato, agli arresti domiciliari in una villa sontuosa, ma per i cinesi è una prigioniera politica. Pechino ha reagito con rappresaglie feroci contro il Canada, arrestandone due diplomatici che sono stati detenuti in tutt'altre condizioni: carcere duro. Ora lei sarebbe disposta a patteggiare riconoscendo qualche colpa in cambio della libertà. L'improvvisa svolta può forse preannunciare una nuova stagione nei rapporti tra le due superpotenze, anche se Biden sarà molto attento a non dare l'impressione di abbassare la guardia verso la Cina. Questa vicenda giudiziaria per due anni ha intersecato la grande battaglia contro Huawei da parte dell’Amministrazione Trump, che accusa il gigante telecom di vendere una tecnologia 5G pericolosa per la sicurezza dei Paesi clienti. Gli Stati Uniti hanno esercitato pressioni sugli alleati europei – con successo – affinché chiudano le porte al 5G made in China. Sempre per arginare l’espansione tecnologica di Huawei, il governo Usa ha imposto un embargo sulle forniture di tecnologie americane – si va dai semiconduttori al software Android di Google – che sta provocando dei problemi al gruppo cinese. L’arresto di Meng Wanzhou avvenne all’aeroporto di Vancouver proprio mentre si teneva un G20 a Buenos Aires e tra Xi Jinping e Donald Trump saliva la tensione per la guerra dei dazi.
ASIA I vecchi scandali per corruzione sono un’ombra sul gigante cinese dei vaccini secondo il Washington Post. Il quotidiano americano ricorda le tangenti pagate dal capo della Sinovac, la più grande azienda di Stato cinese produttrice di vaccini anti-Covid. Gli scandali si riferiscono all'era pre-Covid, ma indicano una costante: ogni volta che Sinovac lanciò sul mercato un vaccino (dalla Sars nel 2003 all'influenza detta febbre suina 2009) pagò sempre tangenti all'authority cinese dei farmaci per farsi approvare il prodotto in tempi record.
Contro la Cina può crearsi una nuova alleanza Usa-Ue all’insegna del protezionismo ambientalista. Ne è convinta la ministra francese dell’ambiente, Barbara Pompili. In un’intervista al Financial Times la ministra prevede un’intesa facile tra le proposte di Biden sull’ambiente, e l’idea già in cantiere a Bruxelles di una tassa carbonica alla frontiera. La tassa carbonica è un dazio mascherato, sia pure motivato da nobilissimi intenti. Colpisce le importazioni da Paesi con alte emissioni carboniche. La Cina è il bersaglio numero uno. Per Biden sarebbe l’occasione ideale di mantenere i dazi di Trump rivestendoli con un abito ideologico diverso. E concordando una linea comune con l’Unione europea.
CONCLUSIONE Gli scenari troppo generici sulla fine della globalizzazione sono poco utili alle imprese. Bisogna entrare nel dettaglio, capire esattamente quali forme e manifestazioni della globalizzazione dell’ultimo trentennio hanno subito dei colpi fatali e irrimediabili dalla guerra fredda Usa-Cina e dal Covid; quali forme di globalizzazione invece si stanno trasformando per sopravvivere nel mondo post-Covid. Solo questo tipo di analisi ha qualche utilità per chi deve prendere decisioni. Tre documenti interessanti: uno studio della New York University commissionato dal gigante della logistica Dhl; un rapporto McKinsey e uno della Hsbc sul futuro della globalizzazione. Li riassume in un articolo di oggi la mia collega Gillian Tett della redazione newyorchese del Financial Times. L’indagine della banca Hsbc fatta tra 10.000 multinazionali rivela che il 93% sono preoccupate dalla vulnerabilità delle loro catene produttive e logistiche; quella di McKinsey ci dice che la maggioranza delle multinazionali incorpora nei propri scenari l’idea che degli shock destabilizzanti potranno avvenire in media ogni 3,7 anni. Il Covid ha aperto gli occhi a molti. Più che riportare a casa le proprie attività, mettendole al sicuro dentro le frontiere del proprio Paese d’origine, molte aziende globali cercano di correre ai ripari diversificando le proprie catene di approvvigionamento, assemblaggio, distribuzione. Questo significa – semplificando molto – che bisogna produrre in Cina per la Cina; ma se lo sbocco è in Europa o negli Stati Uniti ha più senso produrre in Vietnam o in Bangladesh, in Messico o in Romania. In certi casi un po’ di autarchia sarà inevitabile: non vogliamo dipendere dall’India e dalla Cina per i principi attivi dei nostri antibiotici e altri farmaci salva-vita. Il commercio globale chiuderà il 2020 in fortissimo calo; probabilmente anche il 2021. Ma al di là delle statistiche generali sarà più importante seguire la ricomposizione dei flussi. Infine un aspetto della globalizzazione che non s’indebolisce ma anzi viene esaltato da questa crisi – sostiene lo studio della New York University – è la circolazione dell'informazione. Il fenomeno Zoom & company, l’aumento esponenziale del nostro smartworking in videoconferenza su tutte le piattaforme digitali, ha reso più facile e meno costoso collegarsi in diretta con l’Asia, l’America, l’Europa. Chi sa usare questo accesso per migliorare la propria competitività e allargare lo spettro delle proprie opportunità, avrà usato bene questa crisi.
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Forum Pubblico / GIORNALISMO INVESTICATIVO d'INCHIESTA. OPINIONISTI. / FEDERICO RAMPINI. L’Europa ha deciso di perdere la gara dei vaccini, per ...
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inserito:: Dicembre 04, 2020, 09:24:37 pm
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Rep: Outlook di Federico Rampini
2 dicembre 2020
L’Europa ha deciso di perdere la gara dei vaccini, per troppa cautela? È l’allarme lanciato dal Financial Times, confrontando i tempi di approvazione dei due vaccini in pole position, quelli della Pfizer e della Moderna. Fulminea l’approvazione del primo da parte delle autorità inglesi, è già avviata in una corsia veloce quella americana, mentre la European Medicines Agency ha deciso di non pronunciarsi prima del 29 dicembre, dopodiché toccherà alle autorità nazionali. Se la ripresa dipende dalle vaccinazioni di massa, la lentezza europea rischia di accentuare il ritardo già evidente sul fronte economico. Infatti le previsioni Ocse per la fine del 2020 e il 2021 confermano che siamo in un mondo a tre velocità: la crescita è ripresa alla grande e continua ad accelerare in Estremo Oriente e in tutta l’area trainata dalla Cina; a metà strada c’è l’America; in coda c’è l’Europa. Di questo passo l’anno prossimo un terzo di tutta la crescita mondiale avverrà nella sola Cina. Fra le tre grandi economie dell’Unione europea, l’Italia si conferma la più debole; anche Germania e Francia però chiuderanno il 2021 in rosso, cioè senza aver recuperato le perdite del biennio, secondo l’Ocse. Incrociando questo scenario con i dati del Fondo monetario internazionale sulla spesa pubblica, si scopre che i Paesi dove la ripresa è più dinamica non sono necessariamente i più spendaccioni. In Occidente la manovra di spesa pubblica più energica è quella del Canada (16% del Pil) e tuttavia la ripresa canadese non è robusta come quella degli Stati Uniti. Inghilterra e Italia hanno una spesa pubblica superiore a Germania e Francia in percentuale sul Pil, ma crescono meno.
La crisi degli uffici cambia l’abbigliamento femminile. Ecco un dato recente sullo spopolamento dei luoghi di lavoro nei centri urbani. Nelle dieci maggiori metropoli americane solo il 25% della manodopera è tornata in ufficio, e questo segna un peggioramento rispetto a ottobre quando era tornata a lavorare in azienda il 27%. Tra le conseguenze, il settore moda-abbigliamento sta cercando di adattarsi velocemente al nuovo stile casual dei consumi femminili. Anche le donne che in smartworking cercano di non trascurare troppo il proprio aspetto, evitando cioè di stare in pigiama o tuta da jogging, hanno tuttavia abbandonato i tacchi alti e altre divise da ufficio in città. Gli stilisti Usa stanno riesaminando tutta la gamma dei prodotti che offrono, in chiave smartworking.
Più drammatica è la questione della riqualificazione per la forza lavoro nei settori maggiormente colpiti dalla crisi. Un’inchiesta del New York Times segnala iniziative come quelle del sindacato dello spettacolo che offre ai tecnici del cinema e del teatro corsi professionali per elettricisti. L’addestramento tecnico non è mai stato abbastanza sviluppato negli Stati Uniti eppure è proprio quello di cui oggi c’è un acuto bisogno. Intere categorie professionali sono in disarmo, dai tassisti agli addetti del vasto settore turismo-alberghi-ristorazione; mentre c’è sempre un deficit di idraulici, falegnami, per non parlare degli infermieri.
Le ultime previsioni sul turismo d’affari citate dal Wall Street Journal indicano che la pandemia potrebbe ridimensionarlo di un terzo, praticamente per sempre: fino al 36% dei viaggi per business non torneranno più neanche dopo la fine della pandemia, perché sostituiti dalla routine delle videoconferenze che avremo tutti imparato a rendere più produttive, oltre che più economiche. L’aeroporto JFK di New York non prevede un ritorno alla normalità prima del 2024, e congela i progetti di ristrutturazione-ammodernamento.
Per la prima volta nella storia la pubblicità digitale supera il totale di tutte le altre forme di pubblicità. GroupM, filiale di Wpp che gestisce investimenti pubblicitari per le aziende, calcola che negli Stati Uniti il totale del mercato pubblicitario a fine anno raggiungerà i 215 miliardi di dollari, di cui 110 miliardi di dollari saranno pubblicità digitale: quest’ultima sorpasserà per la prima volta la soglia del 50%. L’anno prossimo dovrebbe raggiungere il 54% del totale. Ancora tre anni fa la pubblicità digitale era solo un terzo del totale. Questo significa che Google e Facebook faranno sempre di più la parte del leone sul mercato pubblicitario, a scapito di tv e giornali.
ASIA Le agenzie di rating cinesi resistono alle pressioni del loro stesso governo, che vorrebbe dei downgrading sui rating delle aziende pubbliche troppo indebitate. Le aziende cinesi – pubbliche e private – siedono su una montagna di debiti dell’ordine di 4.000 miliardi di dollari. Di recente ci sono stati default di importanti enti di Stato, che hanno creato allarme ai vertici del governo. E tuttavia le agenzie locali di rating continuano a confermare la tripla A anche per gruppi di dubbia solvibilità, confermando che la qualità della governance aziendale e la trasparenza dei bilanci hanno ancora dei progressi da fare.
Accade molto lontano da noi, ma non dovremmo sottovalutare il braccio di ferro che oppone la Cina e l’Australia. L’economia australiana è strettamente integrata con quella cinese e dalla crescita asiatica ha ricavato grandi vantaggi. Di recente però il governo australiano non ha esitato a prendere posizioni dure verso Pechino: sul fronte dei diritti umani, di Hong Kong, nonché vietando a Huawei il mercato della telefonia 5G. La vendetta di Pechino è implacabile, tra gli altri prodotti australiani colpiti con superdazi c’è il vino che aveva proprio in Cina il suo sbocco più importante. Pechino sta usando l’Australia come una cavia per capire se le tattiche d’intimidazione funzionano per zittire le critiche.
Cosa cambierà nella relazione bilaterale più importante di tutte, cioè quella fra gli Stati Uniti e la Cina? I primi segnali che vengono dalla squadra Biden confermano che la guerra fredda continuerà, però con toni e metodi diversi. Il primo test, non appena Biden s’insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio, sarà l’atteggiamento verso la tregua commerciale che Trump firmò nel gennaio 2019: Biden vorrà confermarla o meno? La sua segretaria al Tesoro designata, Janet Yellen, in passato fu molto critica verso la Cina e al tempo stesso scettica sull’utilità dei dazi. La Yellen sostiene che l’effetto dei dazi di Trump sulla competitività del made in China è stato cancellato in passato dalla svalutazione del renminbi. Da ex presidente della Federal Reserve, la Yellen potrebbe spostare l’accento nei negoziati con la Cina, insistendo sulla dimensione monetaria: meno dazi, se Pechino pilota il renminbi al rialzo. Un gesto molto atteso dagli europei, è la fine della guerra dei dazi su acciaio e alluminio made in UE. Occhio alla poltrona ancora vacante nella squadra economica di Biden, quella del negoziatore per il commercio estero. Intanto il Congresso di Washington preme già su Biden con proposte bipartisan in favore di barriere più efficaci contro gli investimenti cinesi, e in favore della promozione di standard tecnologici made in Usa nel 5G. La gara a chi impone i propri standard a livello mondiale è sempre stata una misura della leadership. Non a caso i cinesi stanno aumentando la propria influenza nelle sedi internazionali dove si decidono gli standard.
New York, 2 dicembre 2020
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Forum Pubblico / NELLE DIVERSE CULTURE, NOI VECCHI SIAMO MAESTRI di SERENITA'? NON ELIMINATECI. / SOCIOLOGIA. Scienza che ha per oggetto i fenomeni sociali indagati nelle loro...
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inserito:: Dicembre 03, 2020, 10:01:16 pm
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Sociologia Enciclopedia on line Sociologia Scienza che ha per oggetto i fenomeni sociali indagati nelle loro cause, manifestazioni ed effetti, nei loro rapporti reciproci e in riferimento ad altri avvenimenti.1. Nascita e primi sviluppiLa nascita della s. come scienza autonoma è una vicenda concettuale che corrisponde ad alcune componenti significative della rivoluzione industriale compiutasi in Europa durante il 19° sec.: il progresso tecnico e materiale; la trasformazione dei modi di produzione e di organizzazione del lavoro; lo sviluppo delle scienze naturali; l’espansione della classe borghese e l’emergere nel suo seno di alcuni gruppi di intellettuali profondamente delusi dai fallimenti della Rivoluzione francese. La nuova scienza della società poteva consentire alle élite intellettuali interventi attivi sull’organizzazione della società stessa. Così è per gli esponenti del positivismo francese dell’Ottocento – con A. Comte e C.-H. de Saint Simon a capofila – e per gli esponenti del marxismo, le due scuole di pensiero che per prime si fecero interpreti di queste esigenze. Di de Saint Simon era l’idea che la società moderna fosse caratterizzata dall’industria e dalla produzione in genere; che gli scienziati e gli industriali dovessero diventare le classi dirigenti della nuova società; che un nuovo tipo di religione ‘laica’ e umanistica avrebbe dovuto garantire l’integrazione sociale; che si dovesse costruire una teoria generale a fondamento dell’unità delle conoscenze umane. Queste idee furono ereditate e sviluppate da Comte nel progetto di una s. positiva – distinta, come in un manuale di fisica, tra statica e dinamica – che aveva come scopo quello di fissare le leggi oggettive dello sviluppo sociale, individuate in particolare nella legge del progresso e nella legge dei ‘tre stadi’ (teologico, metafisico e positivo) attraverso i quali si compie necessariamente l’evoluzione storica di ogni società. Alla società considerata alla stregua di un organismo naturale si ispira anche H. Spencer (Principles of sociology, 1883), che applica alla società il concetto di evoluzione tratto dalla biologia darwiniana. Le teorie dell’evoluzionismo sociologico ebbero un seguito particolare in Italia con le diverse correnti della s. giuridica e criminale (da R. Ardigò a G. Ferrero, da C. Lombroso a E. Ferri.). L’altra scuola importante nella fase che si potrebbe definire della protosociologia si richiama al pensiero di K. Marx, dal quale derivano alcune fondamentali categorie (divisione del lavoro, classi sociali, alienazione ecc.). Dal punto di vista metodologico, la s. è subito segnata dalla contrapposizione fra positivismo e storicismo, ovvero fra la tendenza a ricondurre l’analisi dei fatti sociali al modello di spiegazione generalizzante proprio delle scienze naturali e la tendenza a costituirla come scienza a sé che, al pari della ricerca storiografica, è orientata piuttosto verso compiti interpretativi. Sul primo versante spicca l’opera di É. Durkheim, cui va il merito di aver fondato (o rifondato) la s. su basi di scienza empirica e come ricomposizione coerente di teoria e fatti; sul secondo si situano le riflessioni degli esponenti più rappresentativi della cosiddetta Scuola neokantiana: W. Dilthey, W. Windelband, H. Rickert, cui si deve il tentativo di sistematizzare una linea di demarcazione fra le scienze della natura e le scienze della cultura. Questa dicotomia è in parte ricomposta da Max Weber, per il quale la s. e le scienze sociali in genere, pur muovendosi sul terreno del sapere ontologico e privilegiando l’interpretazione dei fenomeni, non rinunciano al sapere nomologico, cioè agli strumenti della generalizzazione empirica e della causalità sotto forma di leggi. Altri autori, sempre in Germania, contribuirono al progresso della s. di impianto storicista, approfondendo alcune categorie fondamentali della teoria sociologica: fra questi, F. Tönnies, G. Simmel, E. Troeltsch, A. Weber, M. Scheler, E. Gothein. 2. Evoluzione successivaNel corso del 20° sec., la s. si caratterizza per il passaggio e la continua oscillazione dagli estremi della grande teorizzazione agli estremi dell’empirismo astratto. La scuola americana dello struttural-funzionalismo di T. Parsons rappresenta la società come un sistema integrato di ruoli, strutture e funzioni. Tutta una generazione di sociologi – fra i quali G.C. Homans, E. Shils, N.J. Smelser – si ispireranno a questa impostazione, sia pure cercando di correggerne gli aspetti più problematici e controversi: R.K. Merton nell’intento di sostituire il funzionalismo assoluto di Parsons con un funzionalismo relativo, introduce l’idea che, accanto alle funzioni, possano esistere anche disfunzioni, accanto alle funzioni manifeste anche funzioni latenti nonché effetti non attesi nelle conseguenze delle azioni sociali. Infine, da un punto di vista metodologico, fornisce l’indicazione di teorie a medio raggio che possono servire meglio l’attitudine della s. come scienza empirica. Per un altro verso, la s. empirica della cosiddetta Scuola di Chicago si caratterizza per la ricerca quasi maniacale dei metodi quantitativi (P.F. Lazars;feld). A porre con forza le ragioni dell’individualismo metodologico nelle scienze sociali sono gli esponenti della scuola marginalista austriaca – già con C. Menger agli inizi del 20° sec., e poi con L. von Mises e F. von Hayek – che si contrappongono alla maggior parte delle teorie ereditate dalla tradizione sociologica. La Scuola di Francoforte di M. Horkheimer e T.W. Adorno rivendica, invece, contro le pretese dello scientismo, il primato di una s. critica orientata all’elaborazione di programmi non solo conoscitivi ma anche di azione politica, in particolare contro la razionalità del capitalismo maturo e i suoi strumenti tecnologici e consumistici di dominio sulle masse. Il movimento dei francofortesi accelera un processo di crisi, di identità e di consenso interna alla disciplina, causandone la frantumazione in una pluralità di metodi, approcci e teorie. L’alternativa fra individualismo metodologico e olismo si riduce, a cavallo fra gli anni 1970-80, a una scelta fra diversi livelli di analisi, ovvero fra contesti di micro- e di macro;analisi. Dalla parte della microsociologia stanno le offerte di metodo e di analisi che si possono definire come s. della vita quotidiana (G.H. Mead, W.I. Thomas, E. Goffmann, H. Garfinkel, A.V. Cicourel, A. Shutz). Dalla parte della macrosociologia si collocano le teorie strutturaliste e sistemiche sulla società. La complessa architettura sociologica di N. Luhmann costituisce un esempio interessante di teoria sistemica costruita con i contributi di più teorie analitiche. Lo strutturalismo – dopo la fase classica degli anni 1960 – ha riproposto una lettura di una società asincronica e di una storia i cui contenuti di socialità sono dati dagli insiemi statici e relazionali di organizzazioni, simboli, forme discorsive assunti sia come modelli euristici, sia come oggetti reali di analisi (A. Giddens, M. Crozier, L.A. Coser). 3. Tendenze della sociologia contemporaneaTre linee di tendenza caratterizzano lo sviluppo della s. contemporanea. La prima concerne la moltiplicazione dei paradigmi teorici e degli approcci metodologici. La seconda riguarda la progressiva espansione dei campi della ricerca empirica, in particolare della ricerca applicata, a scapito dell’elaborazione teorica generale. La terza, diretta conseguenza delle due precedenti, è rappresentata dalla frammentazione della disciplina in una pluralità di sottodiscipline che hanno acquisito nel tempo una sempre maggiore autonomia. Sono pochi i sociologi che nutrono ancora ambizioni teoriche così generali da comprendere sotto un unico mantello teorico le altre scienze sociali. Sembra inevitabile dunque che i confini tra la s. e le altre discipline (storia e psicologia sociale comprese) restino sfumati e per di più mutevoli nel tempo. Difficoltà di particolare rilievo si incontrano nel passare dal livello micro al livello macro dell’analisi sociologica. Nell’ampio quadro delle teorie macrosociologiche, il neofunzionalismo/">neofunzionalismo (➔ funzionalismo) ha formulato nuove ipotesi in diversi campi di studio quali quelli relativi alla cultura, al mutamento sociale e alla s. politica. Uno dei tratti più rilevanti della s. contemporanea è rintracciabile nel notevole incremento della ricerca applicata, in continua espansione anche per corrispondere ai crescenti bisogni conoscitivi non solo delle autorità politiche e delle amministrazioni pubbliche, ma anche di grandi organizzazioni di interessi, di fondazioni con scopi filantropici o di promozione sociale. Anche la frammentazione disciplinare della s., fenomeno certo non recente, è in progressiva espansione, con lo sviluppo di sottodiscipline sempre più autonome. Tale tendenza è inevitabile non solo perché riflette la più generale tendenza alla specializzazione dei saperi, quanto perché il campo dei possibili interessi di studio della s. è di fatto sterminato. 4. Sociologia dell’arteLa nozione, introdotta da M. Weber nel 1917, e intesa in senso generale come indagine sui rapporti tra arte e società, si presenta complessa e problematica: va infatti operata una distinzione tra studi di s. della cultura, indagini sociologiche vere e proprie applicate alle professioni o ai criteri di valutazione artistici e l’ampio spettro di posizioni per le quali è preferibile la definizione di storia sociale dell’arte. Al primo caso sono riconducibili le posizioni di G. Lukács o T.W. Adorno, nel secondo vanno incluse ricerche come quelle di A. Boime, C. Charle, H.S. Becker, W. Kemp, P. Bourdieu. Nel terzo caso, e cioè nell’ambito degli studi storico-artistici, più che una vera e propria metodologia sociologica si deve rilevare una molteplicità di indirizzi di ricerca che mettono in causa il nesso arte-società all’interno di una consapevolezza, variamente sfumata, degli aspetti stilistici, simbolici, tecnici e comunicativi delle opere. Appartengono a questo ambito gli studi di J. Ruskin, G. Semper, R. Krautheimer, W. Benjamin, A. Hauser, F. Antal, F. Klingender. All’approccio di questi autori si andò contrapponendo a partire dagli anni 1950 un nuovo concetto di storia sociale dell’arte, di cui sono interpreti E.H. Gombrich e altri studiosi di area anglosassone, che affronta le condizioni materiali in cui l’arte è stata prodotta e fruita, le strutture istituzionali, la committenza, il pubblico. Un’altra direzione di ricerca è quella che prende in esame le abitudini e le attese del pubblico, cercando di individuare le preferenze e le griglie culturali attraverso cui viene filtrata la produzione artistica (E. Panofsky, M. Schapiro, M. Baxandall, G. Romano). La corrente della gender critic ha posto in primo piano, con le ricerche di T.J. Clark, L. Mulvey e G. Pollock, la questione della differenza (di genere sessuale, di classe sociale ecc.) nella produzione e nella decodificazione dei messaggi artistici. 5. Sociologia della comunicazioneLa definizione dell’ambito della s. della comunicazione si deve a H.D. Lasswell (1927), ed è esprimibile nella formula «chi dice cosa, a chi, con quali effetti». All’inizio degli anni 1950, E. Katz e P.F. Lazars; feld nell’ambito di una complessa ricerca sull’influenza personale nel flusso della comunicazione di massa, enunciarono in forma sistematica la teoria del flusso a due fasi, secondo cui il messaggio è veicolato dal mezzo al ‘leader d’opinione’ e da questo, una volta decodificato in coerenza con la subcultura del gruppo, riproposto ai ‘seguaci’. Questa teoria ha costituito il paradigma dominante nella s. della comunicazione per oltre vent’anni. I sociologi della comunicazione in particolare ancora discutono se e in quale modo possano essere accertati effetti sociali di lungo periodo sui modelli di comportamento, sugli stili di vita, sui modi di sentire e di pensare del pubblico, in particolare di quello televisivo. Ci si è domandati, fra l’altro, quali effetti sociali siano ascrivibili alla programmazione evasiva, con risposte che hanno oscillato fra quella di P.F. Lazarsfeld e R.K. Merton (Mass communication, pop;ular taste and organized social action, 1948), secondo cui i messaggi evasivi darebbero luogo a una «disfunzione sociale narcotizzante», e quella, più rassicurante, di J.T. Klapper (The effects of mass communication, 1960), secondo cui «il materiale d’evasione tende con tutta probabilità a riconvalidare l’apatia sociale dell’apatico, ma non spegne il sacro fuoco di chi è socialmente attivo». Si è potuto accertare che l’introduzione della radio e soprattutto della televisione in zone rurali o isolate contribuisce a sconvolgere gerarchie di status consolidate da secoli; che i programmi televisivi violenti possono avere, in determinate circostanze, effetti di stimolo dell’aggressività adolescenziale e infantile; che tra gli effetti della prolungata esposizione dei bambini alla televisione c’è da un lato l’acquisizione di una precoce maturità cognitiva, dall’altro la formazione di una peculiare subcultura preadolescenziale. Una crescente attenzione è stata dedicata ai modi della comunicazione politica. È individuabile una peculiare logica dei media che, nel caso della televisione, esige una sintassi lineare-visuale di eventi e una struttura narrativa elementare, rapida e incalzante, nella presentazione delle notizie. Ciò implica spettacolarità e un linguaggio che enfatizza i conflitti, vale a dire una grammatica incentrata sulla drammatizzazione. 6. Sociologia della conoscenzaRamo della s. che si occupa dei rapporti tra conoscenza e realtà sociale. Nata in Germania, trova la sua più compiuta espressione nell’opera di K. Mannheim (specie in Ideologie und Utopie, 1929), che sostenne l’inevitabile influenza del contesto sociale su qualunque forma di pensiero e di conoscenza. In ambito statunitense le tematiche della s. della conoscenza sono state ulteriormente sviluppate da R.K. Merton, che ha tentato un’integrazione del punto di vista della s. della conoscenza con quello della s. strutturale-funzionale. Nella direzione di una s. della conoscenza che non si limiti a trattare il problema dell’ideologia ma affronti piuttosto il tema della conoscenza come tale, del senso comune anzitutto, nel suo rapporto con il contesto sociale, si sono mossi P.L. Berger e T. Luckmann. Un posto a parte in questo quadro occupa l’opera di P.A. Sorokin, la cui analisi ad ampio respiro sull’evoluzione e il mutamento dei sistemi socio-culturali può essere considerata una forma particolare di s. della conoscenza. Connessa alla s. della conoscenza, la s. della scienza si propone di analizzare le condizioni sociali e culturali entro cui si sviluppa un particolare paradigma epistemologico nei diversi campi umani di esperienza e conoscenza. 7. Sociologia del dirittoSettore specializzato della s. interessato allo studio delle istituzioni giuridiche in rapporto alle funzioni sociali che queste sono designate ad assolvere e a quelle che di fatto assolvono. Si è sviluppata nel Novecento a opera di studiosi di formazione giuridica come R. von Jhering, E. Ehrlich, O. Wendell Holmes e R. Pound; Ehrlich, in particolare, distinguendo il ‘diritto vivente’ dalla giurisprudenza concettuale, sostenne la tesi che la fonte di ogni legge è da ricercarsi nella società piuttosto che nella legislazione o nell’autorità dello Stato. In Italia la disciplina nacque con La filosofia del diritto e la sociologia (1892) di D. Anzillotti, che attribuiva al sociologo un settore specifico di competenza, complementare a quello del filosofo del diritto, nella determinazione del ruolo sociale delle istituzioni giuridiche. Malgrado gli sviluppi, restano irrisolte le fondamentali aporie della s. del diritto, denunciate dal sociologo francese G. Gurvitch, secondo cui manca ancora una definizione univoca di ‘diritto’ e sopravvivono, nella disciplina, approcci metodologicamente contrastanti e difficilmente sintetizzabili. Lo statunitense P. Selznickha ha individuato nell’insufficiente integrazione fra prospettiva giuridica e prospettiva propriamente sociologica il limite sostanziale della s. del diritto. La s. criminale è la branca della s. che si occupa dei fenomeni della criminalità. Tra i suoi promotori emerge E. Ferri, il quale la concepì come «una scienza di osservazione positiva che si giova della psicologia, della statistica criminale, come del diritto penale e delle discipline carcerarie», una scienza sintetica che applica il metodo positivo allo studio del delitto, del delinquente e dell’ambiente in cui il delitto si manifesta. 8. Sociologia economicaRisulta dall’applicazione dei concetti, delle variabili e dei modelli esplicativi della s. al complesso di attività che riguarda la produzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi. I contributi di maggiore rilevanza provengono da un lato dagli indirizzi del positivismo evoluzionistico e funzionalistico (H. Spencer, É. Durkheim), specialmente attraverso le riflessioni dedicate ai problemi della complessità, nella società moderna, della divisione e specializzazione del lavoro, dell’integrazione e dell’istituzionalizzazione normativa come base stessa delle relazioni di scambio; dall’altro lato dalla s. di matrice storicistica. In questo ambito, vanno ricordate le tesi di G. Simmel sull’imprescindibilità della dimensione economica in ogni contesto di relazioni sociali, le teorie di W. Sombart sul capitalismo moderno, e l’opera fondamentale di M. Weber (Wirtschaft und Gesellschaft, 1922) volta ad applicare la categoria dell’agire economico razionale alla genesi storica del capitalismo, attraverso l’etica protestante, e alla configurazione del modello burocratico. La s. economica ha acquisito una propria identità disciplinare per merito soprattutto delle teorie sistemiche di scuola funzionalista, secondo le quali il sistema economico può essere considerato un sottosistema differenziato ma interdipendente dell’azione sociale (T. Parsons e N.J. Smelser, Economy and society, 1956). Per J. Schumpeter, economista con vasti interessi per la cultura sociologica, la s. economica non è che una scienza integrativa dell’analisi economica, che si occupa del modo in cui «le persone sono giunte a comportarsi come si comportano nei loro affari» (History of economic analysis, 1954). 9. Sociologia industriale e del lavoroAlla fine del 19° sec. e all’inizio del 20° la s. manifesta un’attenzione specifica verso i problemi interni dell’industria e dell’azienda industriale: caratteristiche e ruolo degli imprenditori (T. Veblen), funzione e posizione sociale dei lavoratori (S. Webb), problemi della divisione del lavoro sociale (É. Durkheim), ma soprattutto è M. Weber che può essere considerato il fondatore della s. dell’industria e dell’azienda, come promotore di un programma di ricerche «sulla scelta e l’adattamento dei lavoratori della grande industria» presso il Verein für Sozialpolitik (1907). Una svolta decisiva per gli studi di s. industriale fu determinata dagli esperimenti e dalle ricerche compiute in America da E.G. Mayo e dalla scuola da lui fondata presso il Department of industrial research dell’università di Harvard. Celebre la ricerca presso le officine Hawthorne (della Western Electric Company di Chicago, 1924-32). Dopo la Seconda guerra mondiale, il panorama degli sviluppi della s. industriale ha visto un progressivo estendersi di ricerche e di istituti specializzati. Nei suoi sviluppi più recenti, la s. dell’industria tende a fondersi con la s. del lavoro nel cui campo è stata prodotta un’ampia letteratura relativa alle forme di organizzazione del lavoro e ai cambiamenti dovuti alle tecnologie produttive. Nell’ambito della s. del lavoro rientrano anche gli studi di s. delle relazioni industriali, con particolare riguardo ai conflitti di lavoro e alle forme di contrattazione. 10. Sociologia della letteraturaIndirizzo di studi che ha il suo punto di riferimento nell’analisi del nesso letteratura-società. All’origine della riflessione sociologica sulla letteratura troviamo i contributi di quella critica romantica che riflette sui problemi della funzione nazionale della letteratura, dei suoi legami con il popolo e con le tradizioni popolari, e infine sul concetto di pubblico, problemi poi ripresi in ambito positivistico, in particolare da H.-A. Taine. La distinzione marxiana di struttura e sovrastruttura, insistendo sul radicamento delle ideologie nei rapporti di produzione, avvalora l’idea di una corrispondenza fra letteratura e sistema sociale. Da tale premessa si dipartono tuttavia indirizzi critici assai diversi, alcuni volti a individuare nelle opere il punto di vista di classe soprattutto per denunciare quelle non rispondenti ai supposti interessi della classe operaia; altri inclini a riconoscere una validità estetica solo alle opere raffiguranti la realtà sociale (realismo borghese e socialista). Il campo d’indagine della s. della letteratura si è andato spostando nel tempo dall’osservazione delle opere letterarie allo studio di fattori come l’estrazione sociale, l’ambiente di formazione, l’entità e la provenienza del reddito degli scrittori (mecenatismo, secondo mestiere, professionalità ecc.), lo status sociale dell’autore, la sua subordinazione o autonomia, il sistema delle censure e delle ricompense. Un lavoro approfondito è stato compiuto sulle modifiche apportate dal sistema di riproduzione e diffusione alla composizione e alle competenze del pubblico, ai modi di ricezione dell’opera, al progetto stesso dello scrittore. La produzione a larga diffusione che ha inizio nel primo Ottocento interrompe, secondo R. Escarpit, i precedenti circuiti autore-lettori in cui, per l’appartenenza alla medesima cerchia omogenea e intercomunicante, l’autore poteva facilmente conoscere riserve e apprezzamenti sull’opera. Il nuovo pubblico anonimo dei lettori non possiede più canali propri per esprimere bisogni e giudizi, in quanto il critico appartiene generalmente al medesimo gruppo di intellettuali cui fa capo l’autore. Di qui l’idea, avanzata da Escarpit, di un possibile compito della s. della letteratura, quello di trovare i modi per ristabilire un circuito a doppia direzione. Per conoscere il pubblico reale sono state condotte indagini sulla sua stratificazione sociale, sulle motivazioni di selezione, sui modi di lettura. La s. della letteratura considera l’opera un fatto sociale non solo per quanto riguarda la genesi del testo, ma anche in quanto essa è percepita come letteratura da un’assise sociale (critici, accademie, cerchie più o meno estese e qualificate di lettori), in quanto viene fruita secondo codici di comunicazione, culturali e ideologici particolari. Da questo punto di vista viene respinta ogni tradizionale divisione a priori fra i grandi scrittori e i minori, fra i capolavori e la letteratura di massa o paraletteratura (in cui rientrano anche giornalismo di consumo, pubblicità ecc.), verso la quale si orientano gruppi consistenti di pubblico, e si tende a identificare gli ambiti sociali di diffusione dei vari generi e la misura/">misura della loro percezione letteraria. Tra le ipotesi teoriche di s. della letteratura, quelle, opposte fra loro, del controllo sociale da parte dei gruppi egemoni (anche mediante i testi letterari) e della contestazione dell’assetto sociale vigente, o utopia dell’arte (T.W. Adorno, M. Horkheimer); ma vanno ricordate anche quelle sulla funzione di integrazione (coesione o socializzazione) dell’individuo al gruppo e dei gruppi nell’insieme sociale (O.D. Duncan); sulla progettazione e sperimentazione di ruoli sociali, di situazioni, di sentimenti, possibili se non attuali (J. Duvignaud). A uno stadio più avanzato di verifica sul terreno della ricerca si presentano le tesi di L. Goldmann. L’opera letteraria esprimerebbe la visione del mondo di cui è portatore un gruppo o un aggregato sociale: di conseguenza costituirebbe l’elaborazione formale, fino alla massima coerenza, di elementi concettuali, sentimentali ecc., già presenti implicitamente nel corpo sociale. 11. Sociologia dell’organizzazioneSettore della s. che studia l’insieme delle relazioni deliberatamente scelte dagli individui e dei vincoli dati, necessari per raggiungere obiettivi specifici idonei a durare nel tempo con precise regole di funzionamento. Gli approcci con i quali può essere affrontato lo studio sociologico dell’organizzazione sono due: uno di tipo manageriale, l’altro di tipo strutturale. Il primo rileva gli effetti prodotti dall’ambiente sociale sull’organizzazione e il suo funzionamento; il secondo considera invece il ruolo che l’organizzazione svolge nei confronti del sistema sociale nel quale è inserita, dei suoi equilibri e dei suoi cambiamenti. A questi diversi approcci possono ricondursi altrettanti indirizzi metodologici: quello proprio della scuola classica (scientific management) che si applica specialmente nell’ambito della s. industriale, e l’altro – proprio della scuola struttural-funzionalista – per il quale l’organizzazione non è che una funzione d’integrazione sociale che rende compatibili gli obiettivi degli individui con gli imperativi del sistema sociale (T. Parsons). L’analisi del fenomeno burocratico, come forma di organizzazione del potere politico, ha spostato sempre più l’attenzione della s. dell’organizzazione verso gli apparati dell’amministrazione pubblica, tanto da costituirla più specificamente come s. dell’amministrazione. 12. Sociologia politicaVasto settore dell’indagine sociologica, le cui differenziazioni rispetto alla scienza della politica sono oggetto di discussioni e polemiche. Alle origini della s. politica contemporanea si collocano senza dubbio i classici studi sulle élites politiche di G. Mosca e R. Michels; un’altra importante fonte intellettuale è nell’opera di A. de Tocque;ville e, più tardi, nella critica sociale di T. Veblen e di C. Wright-Mills; fra i teorici sociali contemporanei hanno apportato significativi contributi T. Parsons, S.M. Lipset ed E. Shils, mentre il filone degli studi empirici sull’opinione pubblica (sondaggi d’opinione, ricerche sulla partecipazione politica ed elettorale, studi sugli effetti della propaganda) ha favorito, soprattutto negli Stati Uniti, lo sviluppo di un’attitudine empirica fra i sociologi della politica. L’oggetto centrale della s. politica resta quello definito da M. Weber con l’elaborazione, ormai classica, della tipologia delle forme di potere (tradizionale, carismatico, burocratico-legale). La s. politica ha avuto uno sviluppo impetuoso non solo negli Stati Uniti e nei paesi dell’Europa occidentale, ma anche in numerosi paesi del Terzo mondo e in particolare nell’America latina. La protesta studentesca ha favorito lo sviluppo di studi sulla domanda di partecipazione di categorie sociali tradizionalmente destinate ad assumere posizioni prossime al centro della società; le emergenti istanze di partecipazione operaia hanno richiamato l’attenzione sul rapporto fra lavoro, gerarchie sociali e partecipazione; la decolonizzazione e i fermenti affioranti in diversi paesi del Terzo mondo hanno favorito lo sviluppo di studi comparativi sulle élites, la cultura politica e i meccanismi dei sistemi politici in società che si collocano a diversi livelli di sviluppo economico. Tutto ciò postula la necessità – come suggerisce N.J. Smelser (Sociology and the other social sciences, 1967) – di tracciare una qualche linea di demarcazione fra s. politica e scienza politica con riguardo al quadro delle rispettive variabili esplicative: mentre la s. politica le sceglie nell’ambito delle condizioni socio-strutturali, la scienza politica le fissa nel complesso delle condizioni politico-strutturali. 13. Sociologia della religioneLo studio sociologico della religione si può sviluppare a diversi livelli: come indagine sulla religione quale problema centrale per la comprensione della società; come studio della relazione fra religione e altri fattori della vita sociale; come studio delle istituzioni, dei movimenti, dei ruoli religiosi ecc. I primi due livelli d’analisi corrispondono all’orientamento dei massimi rappresentanti di quella s. della religione che, fiorita agli inizi del 20° sec., può definirsi classica: É. Durkheim (teoria funzionale della religione), M. Weber e E. Troeltsch (teoria evolutiva e analisi dell’incidenza della religione sulla vita economica e sociale). Il pensiero di Durkheim è caratterizzato dalla progressiva enfasi sulle componenti normative di quella realtà sui generis che è la società e attribuisce un’importanza sempre maggiore alla religione, che diviene sinonimo del modello funzionale che struttura e integra la società. La teoria funzionale, però, se è soddisfacente per l’analisi delle società primitive, nelle quali il grado di differenziazione fra società e cultura è molto basso, lo è meno per l’analisi delle società altamente differenziate. Acquisendo il punto di vista di una teoria evolutiva della società, la s. della religione si pone al secondo livello d’indagine e viene a considerare la religione, destituita dal suo ruolo centrale di fattore d’integrazione sociale, nel suo rapporto con gli altri fattori della vita sociale, per rendere conto della funzione modificatrice che essa può esercitare. In questa prospettiva si collocano i contributi di Weber e Troeltsch, che opponendosi alla convinzione marxista di una dipendenza non casuale della religione dalla struttura economica, ma anche alla visione totalizzante della filosofia della storia hegeliana, riconobbero nella religione una variabile indipendente della realtà sociale, capace di determinare o influenzare altri aspetti della medesima realtà e riconducibile nell’ambito motivazionale del singolo individuo in quanto rappresenta la risposta ultima alle esigenze di significato (Weber) o di valore (Troeltsch) che ne muovono l’azione. Nell’opera Über die protestantische Ethik und den Geist des Kapitalismus (1905) Weber evidenziò l’influsso decisivo che la dottrina calvinista della predestinazione ebbe nella formazione del capitalismo moderno e dello spirito a esso soggiacente. Troeltsch, a sua volta, sviluppò un vasto studio delle interazioni fra alcune aree della vita sociale nel mondo cristiano (famiglia, economia, politica, insegnamento) alla luce del fattore religioso, mettendo in evidenza come in ognuna di queste aree il cristianesimo rivelasse due tendenze contraddittorie ma complementari: quella all’adeguamento e quella alla protesta (Die Soziallehren der christlichen Kirchen und Gruppen, 1912). La teoria sociologica, in particolare con T. Parsons, ha cercato una sintesi fra teoria funzionale e teoria evolutiva della società, sganciandole dal preminente interesse religioso che esse avevano avuto nell’opera degli iniziatori. In seguito, la religione ha perso nella considerazione degli studiosi di s. quel posto centrale rispetto all’intera teoria sociale che aveva occupato in precedenza. Nel corso del Novecento, si è affermato un approccio analitico e quantitativo al quale va ascritta l’ampia elaborazione di indagini collocabili al terzo livello di ricerca inizialmente ricordato, e cioè lo studio sul campo di circoscritti fatti religiosi: ruoli, movimenti, istituzioni, pratica ecc. Nota dominante e ricorrente delle attuali ricerche di s. della religione è l’attenzione all’impatto dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione sulla pratica religiosa e sulla religiosità in genere; le ricerche evidenziano, generalmente, l’effetto secolarizzatore delle condizioni di vita comportate dalla civiltà industriale. Altri temi rilevanti sono l’affermarsi di forme di religiosità laica o di religione civile, e il ritorno o la moda di antiche forme di religiosità. Un tentativo di restituire alla religione un posto centrale nell’indagine sociologica è stato operato da P.L. Berger e T. Luckmann, che hanno dato vita a una consistente opera teorica connettendo la s. della religione alla s. della conoscenza. 14. Sociologia urbana e ruraleSettori specialistici della s. che hanno come oggetto di analisi le condizioni di vita sociale relative, rispettivamente, agli agglomerati urbani e alle comunità agricole. Tra i campi di applicazione attuali: il problema della stratificazione di classe, i flussi migratori interni, i fenomeni di conurbamento, il localismo, la modernizzazione, la famiglia, l’industrializzazione, la terziarizzazione ecc. 15. Altri settori specialisticiSociologia del genere Settore che si è sviluppato sotto la spinta dei movimenti femministi e nell’ambito del quale è stata prodotta una mole considerevole di ricerche, con un approccio storico-comparativo, sul rapporto maschile-femminile. La sociologia della famiglia è diventata di attualità soprattutto perché la famiglia costituisce sempre più spesso l’unità di riferimento delle politiche sociali del welfare. Anche la sociologia della salute e della medicina ha avuto un certo sviluppo in relazione all’espansione e alla crisi dei sistemi sanitari pubblici. La sociologia del tempo è disciplina relativamente recente alla quale ha dato un contributo teorico importante N. Elias; si è pure sviluppato un consistente filone di ricerca empirica sugli usi del tempo e sull’organizzazione spazio-temporale della vita sociale. Una posizione di rilievo, benché ancora minoritaria, è occupata dalla s. storica. Vero è che la s. rimane prevalentemente ‘generalizzante’ e la storiografia procede piuttosto in senso ‘individualizzante’, tuttavia per i sostenitori dell’approccio storico-sociologico i due orientamenti sono da intendere in modo relativo. Se non vuole essere una pura narrazione di fatti, la storiografia non può fare a meno di utilizzare un apparato teorico-concettuale e la s., se non vuole costruire astratti edifici teorici, non può fare a meno di collocare i propri enunciati in un determinato contesto spazio-temporale. Da - https://www.treccani.it/enciclopedia/societa/
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Forum Pubblico / NELLE DIVERSE CULTURE, NOI VECCHI SIAMO MAESTRI di SERENITA'? NON ELIMINATECI. / Opinióne pùbblica. Giudizio e modo di pensare collettivo della maggioranza ...
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inserito:: Dicembre 02, 2020, 09:13:08 pm
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Opinióne pùbblica Enciclopedia on line Opinióne pùbblica Giudizio e modo di pensare collettivo della maggioranza dei cittadini, o anche questa maggioranza stessa. Il concetto di opinione pubblica, intesa anche come sistema di credenze sulla cosa pubblica, nasce con l'idea moderna di democrazia rappresentativa, definita da J. Locke come governo dell'opinione. L'opinione pubblica è tale non solo perché del pubblico (diffusa fra i molti o fra i più), ma anche perché tendenzialmente indirizzata al pubblico: in quanto, cioè, costituisce un’intelaiatura di valori, un sistema di credenze sulla cosa pubblica. A partire dall’inizio del Novecento fiorì tutta una serie di studi sui rapporti fra opinone pubblica e società di massa in campo specialmente sociologico e psicologico (G. Le Bon, G. Tarde, F. Tonnies, C.H. Cooley, W. Lipmann), che diedero impulso a una grande varietà di ricerche empiriche e di programmi applicativi basati sulle tecniche della propaganda, del sondaggio e del marketing, intese ad analizzare o a manipolare gli stati dell’opinione pubblica nelle diverse arene, economiche o politiche, in cui si manifestano. Con lo sviluppo degli strumenti di comunicazione di massa, il problema dell’opinione pubblica diventa essenzialmente quello di capire le modalità (critiche o passive, cognitive o emotive) attraverso cui i diversi ‘pubblici specializzati’ interagiscono con i flussi d’informazione, nonché gli esiti di questa interazione sulla struttura della società. APPROFONDIMENTO Di Luciana Giacheri FossatiIl concetto di opinione pubblica può essere utilizzato sia per indicare l'insieme delle idee che un determinato agglomerato umano (città, nazione, gruppo di nazioni) ritiene giusto e vero in un determinato momento, sia l'insieme delle persone che costituiscono la collettività che giudica, in base ai riferimenti culturali, sociali, religiosi ed economici, i fatti che accadono. Si tratta di un'espressione che si riferisce, dunque, a un concetto complesso e ambivalente che, a seconda dei contesti, può variare e assumere significato e senso diverso. 1. La formazione del concettoIl concetto di opinione pubblica cominciò a prendere forma in Europa in seguito alla crisi dei regimi assoluti e alla formazione dei moderni Stati nazionali (tra il 17° e il 18° sec.), dotati di strutture centralizzate, di solidi apparati burocratici, amministrativi e militari. La formazione dell'opinione pubblica è infatti strettamente collegata all'organizzazione di una società moderna, complessa e articolata nella quale gli individui possano esprimere, in quanto collettività, giudizi sia sulla politica del governo che su tutti gli altri temi culturali, religiosi e sociali. Il processo si è sviluppato nel tempo in seguito alle profonde trasformazioni economiche e sociali, all'aumento dell'alfabetizzazione, alla formazione di circoli politici e culturali e alla diffusione della stampa, con modalità e tempi diversi nei vari paesi. Con l'affermazione della borghesia, all'inizio del Settecento, si era aperto un dibattito teorico sui limiti dei poteri dello Stato e sui diritti degli individui. Il tema del rapporto tra sfera pubblica e privata, con tutte le sue implicazioni come il nodo del rapporto tra morale e politica, comincia da quel momento ad assumere un ruolo centrale. Una delle prime riflessioni risale al filosofo inglese J. Locke che, nel Saggio sulla intelligenza umana, attribuì all'opinione pubblica una funzione di controllo nella società, stabilendo una distinzione precisa tra la legge morale, espressa appunto dall'opinione pubblica, e la legge civile, emanazione del potere politico, distinzione poi ripresa da I. Kant, che pose l'accento sull'"uso pubblico della ragione in tutti i campi". Si cominciava ad affermare l'importanza della 'pubblicità', cioè del coinvolgimento politico e della funzione di controllo dei cittadini nei confronti del potere costituito. Questo tema fu poi ripreso e approfondito nei primi decenni dell'Ottocento dalle correnti liberali inglese e francese, con i filosofi E. Burke, J. Bentham, B. Constant e F.-P.-G. Guizot attenti a sottolineare il rapporto tra opinione pubblica e potere costituito, tra informazione e libertà di stampa. Nella seconda metà dell'Ottocento il pensiero liberale cominciò a evidenziare come l'opinione pubblica, conseguenza dello sviluppo dello Stato democratico, potesse avere anche risvolti negativi. Già studiosi, come A. de Tocqueville nella Democrazia in America o J.S. Mill nel saggio Sulla libertà, avevano notato come l'opinione pubblica potesse condizionare il grado di autonomia degli individui. 2. L'evoluzione nel NovecentoNel corso del Novecento il concetto di opinione pubblica si è evoluto e modificato in rapporto alle trasformazioni economiche e politiche, ai conflitti bellici che hanno coinvolto tutti i paesi imponendo la partecipazione delle masse, nonché all'influenza sempre più organica e massiccia dei mezzi di comunicazione sulla società. Nel 1922 il sociologo americano W. Lippmann pubblicò il saggio L'opinione pubblica, in cui esaminava il rapporto stabilitosi nelle società avanzate tra un pubblico diventato sempre più diversificato e i mezzi di comunicazione. A questo proposito egli osservava che necessariamente "ciò che l'individuo fa si fonda non su una conoscenza diretta e certa, ma su immagini che egli forma o che gli vengono date". I mezzi di comunicazione - all'epoca soprattutto i giornali - potevano svolgere un ruolo preponderante nella formazione ma anche nella manipolazione della collettività. Emergeva qui chiaramente la consapevolezza del ruolo preminente che i mezzi di comunicazione, in quanto emanazioni di forze economiche, politiche, religiose ecc., erano in grado di esercitare all'interno della società di massa. Lo studio pionieristico di Lippmann fu poi ripreso negli anni Sessanta, in un contesto fortemente caratterizzato dalla concorrenza sempre più dinamica tra i mezzi di comunicazione, dal filosofo tedesco J. Habermas, esponente della scuola di Francoforte. Nella sua opera Storia e critica dell'opinione pubblica (1962), Habermas analizza la trasformazione della sfera pubblica, dal punto di vista dello Stato sociale e dei mutamenti delle strutture della comunicazione, sotto l'influenza dei media (stampa, radio, cinema e televisione). Secondo Habermas nelle società industriali avanzate il confine tra sfera pubblica e privata tende sempre più ad assottigliarsi, e l'opinione pubblica perde in misura crescente il suo valore democratico a causa della martellante influenza dei mezzi di comunicazione. 3. Il mondo 'in rete'La rivoluzione telematica all'inizio del 21° sec. ha impresso una svolta nel mondo della comunicazione e nel rapporto con il pubblico. Un processo complesso, non privo di forti squilibri e di contraddizioni, nel quale l'antagonismo sempre più frenetico tra i media va di pari passo con il formarsi continuo di canali paralleli e con la rapidità eccezionale dei mezzi informatici. Le analisi sul mondo giovanile, per es., evidenziano una disaffezione sempre più marcata nei confronti dell'informazione giornalistica ufficiale e una crescita esponenziale della ricerca individuale di aggiornamento in tempo 'reale' in ambiti diversificati. Internet può rappresentare un importante percorso alternativo nel mondo della comunicazione offrendo ai lettori nuove opportunità di controllo nei confronti dei media. In questa fase il richiamo all'opinione pubblica tende a essere utilizzato a fini più pratici e mirati, come nei sondaggi politici, sociali e pubblicitari. Da - https://www.treccani.it/enciclopedia/opinione-pubblica/
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Forum Pubblico / NELLE DIVERSE CULTURE, NOI VECCHI SIAMO MAESTRI di SERENITA'? NON ELIMINATECI. / I Cittadini e le COMUNITA’ RICHIEDANO il Rispetto sinora negato, dai Partiti!
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inserito:: Dicembre 02, 2020, 04:37:13 pm
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Che la nostra COMUNITA’ DEBBA RICHIEDERE E OPERARE PER OTTENERE un agire di maggior valore dai nostri politici e soprattutto dai partiti, mi sembra il minimo dopo la scoperta di come siamo disastrati, … non soltanto nella SANITA’ REGIONALE.
Siamo noi Cittadini e la Popolazione tutta, che abbiamo scelto chi ci ha rovinato!
Rendiamoci più informati, più consapevoli, meno superficiali e alle prossime elezioni scegliamo di votare per dei Programmi di Ricostruzione dell’Italia, non per Caporali furbetti che vogliono fare i Generali.
ggg
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