ADINOLFI -
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21 dicembre 2008, 9.58.14
Giornate da (giovani) leoni nel Pd
La sensazione di inutilità della battaglia mi ha attraversato solo per un quarto d'ora, dopo il voto contrario della direzione nazionale alla mozione di dissenso che ho firmato con Giovanni Bachelet, Luca Sofri, Cristina Comencini, Nando Dalla Chiesa e altri amici coraggiosi. Lo ammetto, mi ero illuso a un certo punto che potesse esserci un finale diverso: Veltroni che chiedeva il voto favorevole alla nostra mozione. L'avrebbe liberato da molti vincoli pericolosi innanzitutto per la sua azione e avrebbe riaffermato la centralità della democrazia diretta incarnata nelle primarie. Invece le primarie stesse sono diventate un impaccio per questa nomenclatura piddina che balla sul Titanic e i casi di Firenze (primarie annullate dieci giorni prima del voto) e di Forlì (primarie in cui il sindaco uscente che intendeva ricandidarsi viene battuto da un outsider) spiegano il perché. Dopo il quarto d'ora di scoramento, però, ho letto i vostri messaggi sul blog, su Facebook, via sms e ho capito che la battaglia aveva un terreno dove proseguire. E proseguirà, perché quelli come noi quando entrano nella fossa dei leoni, si mangiano i leoni.
E allora diamoci ancora sotto. C'è l'indifferenza e l'ostilità degli oligarchi? Pazienza. Insisteremo e ascolteranno. C'è pure (ed è fastidiosa) una afasia mediatica rispetto alla nostra battaglia politica per il rinnovamento e la democrazia diretta: chi ha letto i grandi giornali ha trovato solo vaghi accenni a quello che è successo in direzione nazionale del Pd. Con qualche eccezione, che racchiudo nel bel pezzo di Luca Telese per il Giornale, l'unico che racconti con completezza il quadro di un momento che ritengo decisivo nella breve storia del Pd.
TRA AMALGAMA E GIOVANI LEONI DELUSI
di Luca Telese
Amalgama mal riuscito, certo. Ma in ogni caso unanime. E così il Pd resta sempre attratto dal voto intruppato, sempre terrorizzato dal dissenso. Con Walter Veltroni che la mattina grida orgoglioso: «Noi, al contrario di Di Pietro e di Berlusconi abbiamo una democrazia interna!» e Dario Franceschini che chiude la giornata scongiurando i presentatori delle uniche due mozioni separate dal segretario: «Ritirate! Ritirate!». Risposta di Mario Adinolfi: «Non ci pensiamo proprio!». Guardi questa scena, un quadretto grottesco, e ti chiedi: perché tutto questo sforzo dissuasivo? Perché può esserci Amalgama per i dirigenti del Pd, ma posizioni distinte, meglio di no. È curioso che in un giorno in cui l’espressione sprezzante coniata da Massimo D’Alema si stampa sulla facciata di buone intenzioni caparbiamente allestita da Walter Veltroni come uno sfregio, alla fine i voti per alzata di mano siano quasi bulgari. Ed è curioso che fra i pochi che non si oppongono alla mozione solitaria di Marco Follini ci sia un astenuto di livello come lo stesso D’Alema. L’ex ministro degli Esteri era d’accordo con Follini? Mistero. Perché in questa direzione del Pd in cui si parla di tutto, le questioni politiche vere vengono sempre magicamente eluse.
Così, il racconto di una giornata può iniziare proprio dalla fine, da quel voto. Già la sala ha iniziato a spopolarsi, le suonerie dei telefonini ricominciano a trillare, qualcuno corre via con la valigia. Franceschini alla presidenza è indaffaratissimo a evitare che vadano in votazione le due mozioni. Si spende, parla, ripete ai presentatori dei documenti: «Le vostre tesi sono state recepite nel testo conclusivo!». Ovviamente non è vero. Il primo testo, quello di Follini chiede una cosa molto semplice: che si rompa l’alleanza con Antonio Di Pietro. Veltroni ha provato pure a rispondergli, nelle conclusioni, ha fatto un ragionamento lunghissimo sul tema, ma non ha risposto né sì né no.
Il secondo testo, quello dei giovani leoni del Pd - da Luca Sofri a Mario Adinolfi a Giovanni Bachelet - propone una serie di cose più articolate: alcune critiche alla leadership sullo scarso rinnovamento, un appello in difesa delle primarie, un invito a non usare le candidature delle Europee per «pensionare» dirigenti illustri e amministratori a fine mandato. In tempi normali, inviti come questi - condivisi dalla base - sarebbero recepiti senza batter ciglio. Ma metti che non si sappia che cosa fare di personaggi come Antonio Bassolino (quello che non si dimette manco morto) che persino un ammortizzatore come la candidatura europea, te lo devi tenere libero. Allora ecco che la mozione diventa troppo vincolante, inaccettabile, sovversiva. I firmatari erano solo dieci (sei i presenti al voto!), ma siccome alcuni di loro sono blogger, alcuni abbastanza popolari, siccome c’è la diretta internet, siccome il popolo della rete è attentissimo e severo, Veltroni e Franceschini fanno barricate. Non solo sono contrari, ma non vogliono nemmeno che si voti! Quando sul palco a difendere la mozione sale Sofri (che pure è stato voluto da Veltroni in direzione, non certo un oppositore pregiudiziale) la sala rumoreggia. È perché sta parlando troppo (meno di tre minuti) o per quel che dice? Ad esempio quando parla di Firenze: «Indipendentemente da tutti i casini che ci sono lì, non si può dire, dopo mesi che si organizzano, “Non facciamo più le primarie!”». Poi, sul nodo candidature: «Le elezioni europee devono essere l’occasione per provare una nuova classe dirigente, non possono essere usate come un pensionato». Si sente qualche gridolino dal fondo della sala, Franceschini dalla presidenza ammonisce: «Certo non possiamo riaprire un dibattito». Sofri lancia l’ultimo appello: «Non è contro a nessuno questa mozione, ma torniamo a chiedere di votarla». Così si vota, e una selva di mani la boccia: solo sei a favore.
Peccato. Perché poi il paradosso, nel turbine dell’amalgama mal riuscito, è che in questa direzione del Pd, tutti sembrano parlare di tutto, meno di quello che per loro è importante. Ad esempio Bassolino (uno di quelli che potrebbe finire a Bruxelles). Possibile che non dica una parola su Napoli, con tutto quello che accade? Possibile. E così la sua voce cavernosa si gonfia, si solleva, combatte contro la sempiterna balbuzie, ma alla fine di che parla? Di welfare. Meraviglioso. E Leonardo Domenici, il sindaco che si è incatenato davanti a La Repubblica perché non riusciva a far sentire la sua voce per colpa dei giornali? Ora che ha una platea, di che discute? Del rapporto tra politica nazionale ed enti locali, Incredibile ma vero. Gli indagano gli assessori, lui ha detto solo sette giorni fa che si ritirerà dalla politica, ma nella direzione più importante della storia del Pd dice: «O troviamo un rapporto tra politica nazionale e locale o si corre il rischio che la politica nazionale sia autoreferenziale». Caspita. Il problema è che qui sono tutti autoreferenziali, tanti Johnny Stecchino che a Palermo «il problema è il ctraffico». Poi certo, i dalemiani che fanno a pezzettini ogni singolo frammento di veltronismo, ma votano unanimi, per carità. Poi c’è il responsabile organizzazione Beppe Fioroni che infila la questione del tesseramento nelle ultime battute, così: «Molti mi chiedono perché non parta... Ma per convincere qualcuno a prendere una tessera, bisogna che ci siano anche argomenti per motivarlo a farlo». Vuol dire che gli argomenti non ci sono? Lui, il responsabile tesseramento? Così una deputata siciliana, a inizio dibattito dice candidamente: «Io tra l’altro non mi sono ancora iscritta, perché da noi il tesseramento non è iniziato».
L’amalgama dev’essere questo: nessuno rinuncia a esibire il suo piccolo frammento di irriducibilità, ma nessuno vuole uscire dall’impasto. Così per trovare voci fuori dal coro devi sentire i pochi outsider o i coraggiosi. Come il dirigente di Piombino che impone un’emergenza, la sua: «Compagni, da noi, si è chiuso l’altoforno! Sapete cosa significa? È accaduto solo tre volte dal dopoguerra ad oggi! La chiusura di un altoforno è il segnale più grave, per riaccenderlo ci vogliono mesi! Non può sembrare che il nostro partito sia indifferente a una tragedia come questa!». Anche Barbara Pollastrini, ex ministro delle Pari opportunità ruggisce: «Non possiamo apparire, come invece siamo apparsi, sostanzialmente indifferenti su un caso come quello di Eluana, e sulle sentenze che ostacolano il percorso del padre. Non abbiamo nulla da dire?». L’amalgama si contorce, ma non prende forma. Gli argomenti entrano nell’impasto, ma non diventano ingredienti. Ermete Realacci ha il coraggio di parlare «del danno che il Pd ha avuto dai rifiuti di Napoli». Massimo Brutti del fatto che «non si prendono finanziamenti dagli imprenditori a cui si danno gli appalti!». Luciana Sbarbati tuona contro «il patto di potere tra correnti che è il vizio di nascita e di crescita del Pd che impedisce a chiunque di partecipare». Può farlo, perché è una ex repubblicana. Nell’amalgama finiscono anche nuovi ingredienti. Ma tutto resta nell’impasto, senza prendere forma. Un partito solidale mal riuscito. Forse sarebbe meglio il contrario.
dal blog di Mario Adinolfi
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martedì 30 dicembre 2008, 17.34.18
L'anno che verrà
IL 2009? TRANQUILLI, TANTO NON SUCCEDE NIENTE
di Mario Adinolfi per Europa
Obama e Berlusconi
L'esercizio che viene più praticato sul web in queste ora è il bilancio dell'anno che sta per chiudersi: come e più che sui giornali e in televisione, i blog sono inondati da osservazioni ovvie e questa rubrica ne fa rapidamente la sintesi. E' stato il 2008 di Obama (e di Berlusconi). Sarà il 2009 di Obama (e di Berlusconi). Non so perché, ma non mi aspetto enormi novità dal prossimo anno. Non si giocano neanche i mondiali. Niente europei. Giusto la finale di Champions League allo stadio Olimpico di Roma. Quella sì che sarà una grande notte. La immagino più simile a quella del 1996 che a quella del 1984, per capirci. Ma questa notazione per calciofili è solo per dare un dispiacere al direttore.
L'anno del web
Qualcosa accadrà, inevitabilmente, nel mondo del web e in particolare nel mondo del web legato alla politica. Dovremo sempre ripartire da Obama, comunque, dai suoi discorsi alla Nazione inviati tramite YouTube, dall'evoluzione dell'utilizzo propagandistico dei social network (con Facebook a fare la parte del leone), dai blog che proprio a causa di questi nuovi mezzi più personalizzati vivono una vera e propria crisi d'identità, dagli user generated contents che devono superare la fase del complesso d'inferiorità e andare ad assaltare i territori sacri dei media generalisti: l'informazione e l'intrattenimento. In Italia, in particolare, siamo molto indietro. Occorrerà lavorare molto sui contenuti e smettere di mandare in rete solo fotografie e video del proprio gatto.
Il Pd
Sarà un anno decisivo anche per il Partito democratico, della sua evoluzione del rapporto con i cittadini e in particolare con quei ventotto milioni di cittadini che hanno meno di quarant'anni e proprio sui lidi del web fanno approdare molte delle proprie rabbie e delle proprie attese. Il 6 e 7 giugno ci saranno le elezioni europee ed amministrative, il Pd rischia un risultato catastrofico e qualcuno se lo augura pure (e non stiamo parlando di avversari). Veltroni ha avuto tutti i poteri e deve raddrizzare una baracca affondata dalla scarsa generosità di oligarchi privi di scrupoli, dal mancato rinnovamento generazionale, da una debolissima tensione culturale e pre-politica di riferimento (ho sempre l'idea che molti dirigenti non leggano un libro manco pagati), da metodi di selezione di candidati e eletti dal sapore vagamente satrapesco. Raddrizzare la baracca non sarà compito facile. Ma non ci sono alternative. O si fa, o si fa.
Un anno di transizione
Sarà comunque un anno di transizione. Per tutti, magari, ma non per voi che leggete. Chissà quali sommovimenti nelle vite personali.
Quelle che non si raccontano. Neanche qui. Si realizzino, almeno in parte, i vostri progetti. I sogni no. Sognare è inutile e qualche volta pure dannoso.
Progettare mi piace di più. Happy New Year.
dal bolg di Mario Adinolfi
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26 gennaio 2009, 10 ore fa
Contro la sinistra novecentesca
Ok, ci sono andato, mi sono entusiasmato e l'ho cantata tutta. In coro. Con altri diecimila. Mi sono risparmiato il pugno chiuso, nel passaggio sulla "giustizia proletaria", non mi pareva il caso proprio nel giorno del trentesimo anniversario dell'assassinio di Guido Rossa. Insomma, il mio tributo all'emozione e alla storia della sinistra novecentesca che sognava la palingenesi l'ho pagato intonando tutta La Locomotiva, accompagnando un Francesco Guccini stratosferico e divertentissimo, ma preoccupato anche lui nello scorgere il tempo che passa sempre più velocemente.
Ora dobbiamo inventare qualcosa di nuovo, a sinistra, adatto ai tempi e stroncando radici che affondano in un terreno che era marcio ed oggi è arido. Insomma, andando oltre ogni nostalgia anarco-comunista, contro gli ex e i post. Qualcosa di nuovo, a sinistra.
Per rendere sensate le ultime tre parole della splendida canzone, che devono caratterizzare l'azione democratica e direttista: contro l'ingiustizia.
Il programma è vasto, ma il tema può essere solo questo.
dal blog di Mario Adinolfi
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7 febbraio 2009,
Terza Repubblica
E va bene, con la forzatura berlusconiana sul caso Englaro (e forse anche con la decisione di Napolitano di non controfirmare il decreto relativo) nasce la Terza Repubblica. Abbiamo avuto una Prima Repubblica proporzionalista e consociativa, a dominio democristiano e bloccata dalla Guerra Fredda.
Una Seconda Repubblica basata sull'alternanza e la confusione, maggioritaria per ambizione e pulviscolare nella realtà, partitocratica quanto mai.
Ora arriva la Terza Repubblica, quella dell'uomo solo al comando, del leader che deriva forza e legittimazione direttamente dal popolo e schiaccia ogni condizionamento del suo potere. Doveva accadere inevitabilmente, dopo tutto il caos, arriva la reductio ad unum, quasi sempre, nell'altalena della Storia.
I pericoli di questa evoluzione sarebbero chiari a chiunque e ovunque, in Italia chiarezza e percezione del pericolo dovrebbero essere decuplicati, per ovvie ragioni.
Ora mettiamo i sacchi di sabbia alle finestre. E la democrazia diretta era e resta l'anticorpo e l'alternativa possibile a tutto questo.
Ne ragioneremo ancora insieme.
dal blog di Mario Adinolfi.
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Oggi 18 febbraio 2009, 4 ore fa
Un saluto, senza rimpianti
Per carità, capisco il momento e quello che scrivo adesso immagino sarà criticato, ma il discorso di saluto di Veltroni non mi è piaciuto per niente. Moscio e buonista sulla questione delle "scuse", in assenza sostanziale di autocritica; permaloso nella questione della mancanza di solidarietà nei suoi confronti. Ma come, prima ti dici orgoglioso del partito che non è una caserma, poi ti lamenti e dici polemicamente: "Non farò agli altri quel che è stato fatto a me?".
Un saluto, senza rimpianti. Veltroni è stato un grande politico, coerente nel sogno di una vita di costruire il Partito democratico, lucido nella scelta di andare da soli alle elezioni, perfetto nella campagna elettorale. Poi, dopo la sconfitta alle politiche, dopo Roma e la Sicilia, avrebbe dovuto dimettersi e convocare il congresso, per costruire le condizioni vere del ricambio generazionale, della nascita del vero Pd, quelle delle energie nuove.
Veltroni non è bravo nelle uscite di scena. Questo, più o meno, da sempre. Il discorso di oggi non ha fatto eccezione.
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Cosa accade, cosa dovrebbe accadere
17 febbraio 2009, 17.23.00
Veltroni ha confermato le sue dimissioni nel corso del coordinamento nazionale del Pd. Domani in una conferenza stampa Franceschini spiegherà che non si andrà a congresso straordinario, meno che mai a nuove primarie (che secondo me sarebbero necessarie a maggio), ma con ogni probabilità sarà lo stesso Franceschini a assumere la guida da "reggente" di un direttorio con Bettini, Tonini e altri che comporranno "l'unità di crisi" che condurrà il Partito democratico al disastro delle europee il 7 giugno prossimo. Poi, congresso. Ma di cosa?
Io ritengo che dovremmo andare subito a congresso straordinario e a nuove primarie, per avere un Pd tutto completamente privo dei vecchi arnesi già alla sfida delle europee, altrimenti dopo il disastro del 7 giugno il Partito democratico semplicemente non esisterà più.
La reggenza Franceschini con Veltroni dimissionario da segretario del Pd prima della campagna elettorale per le europee del 2009 somiglia troppo alla reggenza Folena con Veltroni dimissionario da segretario dei Ds prima della campagna elettorale per le politiche del 2001. Fu il momento peggiore della storia dei Ds.
Non replichiamo i momenti peggiori. Andiamo verso i momenti migliori, che al punto in cui siamo arrivati non dovrebbero essere proprio lontanissimi.
dal blog di Mario Adinolfi
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