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POLITICA

Il giornalista blogger e inventore di Generazione U: "28 milioni di italiani hanno meno di 40 anni.

In Parlamento neppure uno"

Pd, parte la corsa degli under 40

Adinolfi si candida, "iMille" con Walter

Fino a una settimana fa dovevano correre insieme, poi la scelta di dividersi

Stasera a Roma la presentazione della lista con Scalfarotto, Simoni e Luca Sofri

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Fino a una settimana fa erano tutti insieme appassionatamente, novità del partito che verrà, speranza per 28 milioni di italiani che hanno meno di quaranta anni, sostanza di slogan come "il partito del nuovo millennio" e promesse come "voglio un partito di giovani e donne". Adesso che le regole hanno definito il gioco e i suoi tempi - entro il 30 luglio vanno presentate le candidature - il-tutti-insieme-appassionatamente funziona un po' meno. E i cosiddetti giovani, gli under 40, vanno ognuno per la propria strada. Così "iMille-le cose cambiano" - i primi ad alzare la voce per farsi sentire un paio di mesi fa, la sera in cui venne fuori che nel Comitato dei 45, cantiere genetico del pd, erano tutti molto oltre gli over 50 - si presentano stasera alla "Casa del Jazz" di Roma (ore 19, viale di Porta Ardeatina) per brindare, fare due salti con musica selezionata e parlare di idee, programmi e liste. Con loro, tra loro, anche Gabriele Corsi del Trio Medusa Saranno, alla fine, una lista in appoggio di Veltroni. Saranno "i Mille per Walter", o qualcosa del genere. Tra loro nomi come Ivan Scalfarotto, che già sfidò Prodi alle primarie, Luca Sofri, l'astronoma Sandra Savaglio, Marco Simoni.

Mario Adinolfi - invece - giornalista, blogger (www. marioadinolfi. ilcannocchiale. it), inventore di "Generazione U", uno che è assolutamente, disperatamente, pazzamente convinto che il futuro passa dal web e attraverso internet, ha deciso di "mettersi nudo davanti al carroarmato (il sistema dei partiti e della politica, dei finanziamenti e delle rendite derivate di posizioni di rilievo, ndr), perché l'ho già visto fare ai miei coetanei che combattevano per la democrazia in un paese che democrazia non ne ha". Da oggi è il candidato numero 4 nella corsa alla segreteria del Partito Democratico. Per un motivo molto semplice: "Ventotto milioni di italiani hanno meno di quarant'anni. Su oltre trecento eletti in Parlamento, l'Ulivo non ha in rappresentanza di questi 28 milioni di cittadini neanche un eletto".

Di sicuro, a oggi, Adinolfi, 35 anni, è il candidato più giovane nella corsa a numero 1 del partito. Se dovesse scendere in campo, come è sempre più probabile, Enrico Letta, saranno in due, i giovani. Difficile immaginare che possano diventare di più. Certo, Veltroni parla di "partito del nuovo millennio", minaccia di non firmare le liste "se non ci sono almeno la metà di donne e giovani" e tutti, in genere, si affrettano nel dire e promettere "giovani", "under 35" e così via. Anche il "Manifesto dei coraggiosi" di Francesco Rutelli s'impegna di "dare potere alla creatività dei giovani". Ma di tutto questo cosa resterà nelle liste e nei programmi? Adinolfi è scettico, ecco perché si candida. "A questo genocidio politico generazionale - spiega ufficializzando la sua candidatura - non si può rispondere con un tenativo di cooptazione come quello di fantomatiche liste under 30 in appoggio agli esponenti più in vista del futuro partito democratico. Ora è il momento di correre il rischio. Altrimenti ogni trattativa sulle pensioni, ogni mancata trattativa su ammortizzatori sociali e nuove garanzie nel mondo del lavoro, ogni nuova elezione, saranno luoghi dove un intero segmento di paese - non i giovani, ma le migliori energie di questo paese - verrà sistematicamente ignorato, imbrogliato e umiliato".

Nessuna polemica, per carità. Anzi. Adinolfi ringrazia "sincero" Ds e Dl perché "hanno scelto di aprire questa finestra di opportunità democratica". Ai suoi concorrenti promette che "onorato di incrociare i loro nomi, si candida per batterli". Se così sarà, "sarà l'irruzione di internet nella scena sociale, l'esplosione del fenomeno dei blog, il formarsi di un popolo prevalentemente composto di under 40 che usa la rete come modello di vita". Quello del web, per Adinolfi, dovrebbe essere anche il modello politico, "reticolare, orizzontale, senza vantaggi di posizione per i notabili, con un confronto continuo e aperto". Alcune parole d'ordine: "Democrazia diretta e primarie" e, proprio in queste ore, "referendum". A cominciare da quello abrogativo della legge elettorale.

I giovani hanno ancora due settimane di tempo per imbarcarsi sulla grande nave del nuovo partito. Si aggirano gruppi con nomi simpatici, tipo "2.0", quelli che quando Veltroni si è candidato al Lingotto sotto una cappa di afa, distribuivano bottigliette d'acqua con allegata una lettera di intenti "per un partito limpido come l'acqua". Oppure quelli di "senonoraquando", professionisti trentenni del settore privato e pubblico. Ma è più probabile che faranno gara per conto e in nome di qualche big della politica.

(18 luglio 2007) 

da repubblica.it

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SENZA TESSERE, IL PARTITO DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA

di Mario Adinolfi per Europa


Può non essere Forza Italia
Il direttore di questo giornale, rispondendo ieri all’idea di Giuliano Ferrara del Pd senza tessere, si è detto interessato al “Cavallo di Troia” che gli viene regalato, che così Stefano Menichini descrive e  sintetizza: “L’accettazione del modello Forza Italia, l’approdo del Pd allo schema americano di comitato elettorale connesso con le rappresentanze istituzionali e con centri esterni di aggregazione, mobilitazione, elaborazione”. Insomma, il classico “partito leggero”. Proverò ad offrire il mio contributo al dibattito, partendo dall’esperienza compiuta sulla rete e sui blog a queste primarie. Per dire che l’idea di Ferrara può essere utile per costruire invece un Partito democratico che sia l’esatto opposto di Forza Italia, l’esatto opposto del “partito leggero”.

Una leva, per sollevare la politica
Utilizzando la leva offerta dal direttore del Foglio, possiamo archimedianamente sollevare il mondo della politica da una condizione di prostrazione oggettiva. Ma dobbiamo capire la direzione in cui vogliamo incamminarci. Il pallino della democrazia, italiana e non solo, è posizionato su un asse inclinato: può scivolare in un territorio di democrazia rafforzata oppure lentamente avviarsi verso una democrazia meramente rituale a contorni sostanzialmente totalitari. Attenzione: i modelli economici in questo ultimo decennio spingono tutti verso la seconda soluzione. Mentre, infatti, per tutto il ventesimo secolo i paesi che detenevano i maggiori tassi di crescita del prodotto interno lordo e degli altri indicatori di ricchezza erano i paesi democratici, il ventunesimo secolo si apre con uno scenario opposto. In testa alla classifica dei maggiori incrementi di Pil ci sono solo paesi a democrazia labile o del tutto assente, con la locomotiva cinese e vietnamita davanti a tutti. Insomma, spunta nella riflessione delle classi dirigenti l’idea terribile (ma economicamente non insensata) che la democrazia sia, di fatto, un impaccio. E’ contro questa idea di fondo che dobbiamo batterci.

Un partito direttista
Allora la leva di Ferrara ci permette un ragionamento in più: e se il Pd senza tessere fosse un partito democratico davvero? Se Veltroni utilizzasse la forte legittimazione ottenuta per costruire il primo partito del ventunesimo secolo? Se, insomma, andassimo verso un partito a “democrazia pesante” che nella nostra accezione di direttisti è un partito della democrazia diretta? Quanto scandalo daremmo? E quanto innoveremmo la politica italiana e non solo?

Che fare?
Se si accettano queste domande di premessa, subito spunta, inevitabile, un altro question mark: sì, va bene, ma come? Insomma, ci domandiamo il solito: che fare? Qualcosa lo abbiamo già fatto: le primarie. Istituto classico della democrazia diretta. Affidiamo al leader Veltroni (e ai leader, perché ne abbiamo eletti anche a livello regionale) delle modalità nuove di governare il partito: referendum interni sulle grandi questioni da votare anche on line, determinazione delle candidature a ogni livello attraverso ulteriori elezioni primarie, preparazione dei disegni di legge più rilevanti per il Pd attraverso l’istituto costituzionalmente previsto della proposta di legge di iniziativa popolare, uno degli istituti direttisti che tutto il mondo ci invidia, anche se rimasto in Italia sostanzialmente inapplicata. Limite di due mandati per il leader nazionale o regionale, da votare ogni quattro anni, con la solennità di un mondiale di calcio o di un’olimpiade. Ecco, per un partito così radicalmente nuovo, farei a meno volentieri del tesseramento. Sarebbe il primo partito a forte e continua legittimazione di un leader, ma non sul modello Forza Italia. Sarebbe un altro modello, adatto alla democrazia del ventunesimo secolo. Una democrazia da salvare.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it

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Mario Adinolfi

Ieri 24 novembre 2007, 17.01.25

Profondamente dispiaciuto
Ieri 24 novembre 2007, 14.59.00
La formula del "dispiacere" l'ha coniata Marco Esposito, con il beneplacito di Salvatore Maiolino e Massimo Cardone, che insieme a me rappresentavano oggi Generazione U all'assemblea romana del Pd. Questo il comunicato appena diramato alla stampa.


ADINOLFI: A ROMA NON VOTO, METODO NON DEMOCRATICO

"Nella Capitale il Pd punta sul vecchio, nel 2008 cominciamo da capo"

"La scheda su cui votare Riccardo Milana era costruita con il modello del plebiscito, si poteva dire sì o no alla sua elezione a segretario romano del Partito democratico. Milana rappresenta la continuità con le vecchie logiche dei partiti delle tessere e allora io a Roma non voto". Nella giornata delle assemblee provinciali del Pd, Mario Adinolfi e Generazione U si schierano contro il leader scelto per guidare il Pd: "Abbiamo costruito un partito che nella commissione statuto sta lavorando per inventare modalità del tutto nuove di selezione della classe dirigente. A Roma io ho scelto di non partecipare voto perché è prevalso un metodo non democratico e mi dichiaro profondamente dispiaciuto. Per fortuna, nel 2008 il Pd comincerà da capo e affido alla provvisorietà della nomina di oggi la speranza di un Partito democratico che anche a Roma sia capace di rinnovamento".

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it

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marioadinolfi

Ieri 13 dicembre 2007, 12.33.58

Blogger and aspiring lawmaker


Il New York Times piazza oggi in prima pagina una lunga, approfondita, bella e vera analisi sulla condizione italiana. A Ian Fisher e ai suoi colleghi che mi hanno intervistato sull'argomento ho offerto la mia opinione, che riporto sul mio blog su la7.

Devo ringraziarli, però, per un'altra questione. La questione della definizione. Dopo anni di "giovane", "giovane politico", "giornalista", "giornalista e scrittore", "giornalista e blogger", "opinionista", "polemista", Ian Fisher mi regala sul più importante quotidiano del mondo una bella definizione da pulita lingua anglosassone.

Mario Adinolfi, 36 anni, "blogger and aspiring lawmaker". Perfetto. Ho un blog, attraverso cui passa tutto quel che faccio anche per "campare la famiglia", e aspiro a scrivere leggi. Le leggi della democrazia diretta, della ri-presa di coscienza e di potere di una generazione condannata altrimenti al disastro, della ri-consegna della cosa pubblica al governo vero della comunità.

Ho raccontato al New York Times della necessità di rendere tutto questo in forma di lotta: "fight" è la parola inglese che ho utilizzato. E' quasi un corpo a corpo e se leggerete con attenzione l'articolo del Nyt, vi convincerete ancor di più che è un corpo a corpo rabbioso da ingaggiare subito.

Per salvare l'Italia.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it

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Verso lo statuto Pd: discutiamo via blog

Oggi 11 gennaio 2008, 9 ore fa


Da domani e fino al 2 febbraio in commissione statuto del Partito democratico sono previste le riunioni del rush finale: i cento commissari devono discutere un testo base e chiudere entro un mese il loro lavoro, consegnando all'assemblea costituente una proposta definitiva. Io sono presente in commissione, eletto in nome e per conto di Generazione U e dunque ritengo giusto discutere con Generazione U, nel luogo naturale di discussione della nostra associazione che è il blog. E, visto che ci siamo, con tutti i blogger che hanno voglia di dire la loro.

Insomma, la nostra commissione statuto ce la facciamo qua.

Non posso postare il testo base integrale, non sarebbe corretto nei confronti del lavoro degli altri commissari. Ve ne racconto la sostanza: 52 articoli divisi in nove capitoli, pieni di vecchia logica partitista novecentesca e di qualche serio tentativo di innovazione. L'articolo 1 si apre con due righe che mi mettono paura: Il Partito democratico si riconosce nello spirito e nella lettera dell'art. 49 della Costituzione. Mi mette paura l'idea che si apra un testo decisivo con un riferimento normativo che capiscono in pochi, totalmente incomprensibile per la stragrande maggioranza dei cittadini, peraltro citando una norma inevitabilmente mutevole e mai pienamente applicata, anzi, sostanzialmente tradita.

Insomma, aprire lo statuto del Pd con una frase dedicata a cultori e specialisti della politica mi sembra faccia capire che lo iato tra cittadini e loro rappresentanti continua a essere il vero problema, anche nel nuovo partito.

Come avrei aperto io lo statuto? Semplice: "Il Partito democratico si fonda sul ruolo attivo del cittadino elettore e sui principi della democrazia diretta". Ma questo sogno sarebbe realizzabile se fossimo in cinquantuno di Gu in quella commissione, invece sono uno su cento e allora dobbiamo cavarcela a condizioni date.

Abbiamo portato a casa nel testo base qualche bel risultato di innovazione direttista: l'articolo 30 prevede l'istituto del referendum interno "qualora ne facciano richiesta il 5% degli aderenti, anche mediante comunicazione telematica". In generale, tutto il capitolo sesto della bozza (che regola gli strumenti per la partecipazione, l'elaborazione del programma e la formazione politica) è buono: ottimo in particolare l'articolo 26 che crea i forum tematici, architrave del processo di genesi di nuove idee. L'articolo 33 prevede l'istituzione e il riconoscimento dell'organizzazione giovanile, altro risultato per cui ci siamo battuti all'inizio in posizione assolutamente solitaria, ma sono le donne a fare il pienone, vedendo riconosciuto il principio della pari rappresentanza di genere in tutti gli organi e persino nel lessico (il testo base è pieno di il/la gli/le sostenitore/sostenitrice e tutte 'ste benedette doppie declinazioni che a me sembrano un po' ridicole, ma ovviamente perché sono un rozzo maschilista). Si affaccia anche qualche ipotesi di limite ai mandati: due quadriennali consecutivi per il segretario nazionale (articolo 3, comma 3), tre "pieni e consecutivi" per i parlamentari (articolo 24, comma 1)

Cosa c'è che non va? Potrei semplificare: tutto il resto, non va. Quando siamo entrati in commissione a dicembre, vi ho raccontato della distanza tra innovatori e conservatori, tra chi pensava a un partito della democrazia diretta e chi puntava a ripercorrere la strada di tesseramenti (che in mezza Italia sono falsi o gonfiati e comunque criminogeni) e conseguenti congressi. L'esperienza, per quanto piena di contraddizioni anch'essa, delle primarie del 14 ottobre 2007 dimostrava che la democrazia diretta può funzionare e condurre i cittadini alla partecipazione. Andava migliorata. Invece molti degli innovatori si sono accontentati di un compromesso: e così lo statuto prevede il tesseramento, prevede i conseguenti congressi, solo che fissa il termine per il prossimo al 14 ottobre 2009.

Di più. Lascia il principio dell'elezione diretta del segretario, ma limitando la possibilità di candidarsi alla segreteria nazionale a chi detiene il 10% dei componenti dell'assemblea nazionale (eletti in base a tesseramenti e congressi): dimensione che riserva agli oligarchi di partito la possibilità di esprimere candidature e lascia loro la possibilità di perpetuarsi nella marcatura reciproca.

Per fortuna su questo punto c'è battaglia e sono stati presentati emendamenti al testo base. Ieri sul Corriere della Sera Maria Teresa Meli affacciava in un articolo l'ipotesi di un Veltroni tentato da una forma di leadership "via internet". Io mi auguro davvero che il segretario eletto da tre milioni di persone in una santa giornata direttista, provi a liberarsi dai lacci che gli stanno costruendo intorno e rinunci alla strada del compromesso: la legittimazione viene dal cittadino elettore, messo in condizione di esprimere l'elettorato attivo e passivo, in piena consapevolezza e responsabilità.

Il risveglio della coscienza del cittadino elettore deve essere il nostro scopo. Uno statuto che garantisca agli oligarchi la padronanza dei soliti giochetti io, se avrò da voi un mandato in tal senso, non lo voterò.

Ora credo che possiamo discuterne.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it

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