ADINOLFI -
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4 settembre 2008,
Le forme discutibili
Mario Adinolfi
Alla festa democratica, luogo che per giorni e giorni è stato tristissimo, è arrivato D'Alema e ha riportato il caro vecchio orgoglio di partito.
Non so se sia l'ingrediente più utile in questa fase, ma la frase "dobbiamo darci una mossa" chi può contestarla?
Baffino è stato bravissimo, poco da dire. Almeno fino a quando non s'è messo a parlare con un sottofondo di ammirazione di Vladimir Putin: "Si vede che viene da un’esperienza professionale nella quale ha preso un certo stile asciutto. Ha saputo restituire ad un paese che aveva vissuto un umiliante declino, un orgoglio nazionalistico. Magari lo ha fatto con forme anche discutibili ma ora con questo paese bisogna fare i conti".
Appena mi capita a tiro gli chiedo lumi su cosa intende per "stile asciutto" e "forme discutibili", con addosso il mio pregiudizio di sapere benissimo cosa intende.
Putin è un dittatore sanguinario e credo ci sia poco altro da aggiungere. Il suo stile asciutto prevede l'uccisione dei giornalisti non addomesticabili, le sue forme discutibili prevedono l'invasione degli stati sovrani che non si piegano al russo "orgoglio nazionalistico". Le "petites madeleines" proustiane degli ex comunisti che vogliono sentire profumo dei bei tempi andati mi preoccupano sempre.
Diamoci una mossa, caro Lìder Massimo, smuovendo anche le nostre piccole-grandi nostalgie.
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La scelta di Sarah
3 settembre 2008, 14.36.00
Per il Tempo oggi ho scritto questa riflessione sulle decisioni private di Sarah Palin e sulla possibilità di far convivere "choice" e "life". Sfogliando Vanity Fair ho notato che anche Fabrizio Rondolino si è interrogato sul rapporto tra sinistra e diritto alla vita. Vuoi vedere che tra democratici riusciamo ad avviare un dibattito su qualche tema vero?
LA PALIN IRRISA E LA NECESSITA' DI UN DIBATTITO A SINISTRA SUL DIRITTO ALLA VITA
di Mario Adinolfi per il Tempo
Non devo confermare la mia appassionata vicinanza alle idee (e al modo di proporle) di Barack Obama. L'ho confermata anche scrivendo su queste pagine dopo la Convention di Denver. Ma non posso negare di essere rimasto affascinato da alcune caratteristiche della donna che John McCain ha voluto accanto a sé nella corsa verso la Casa Bianca, quella Sarah Palin irrisa dagli intellettuali liberal dell'una e dell'altra parte dell'oceano, che io credo possa rivelarsi invece una
carta importante nel tentativo di rimonta dell'anziano candidato repubblicano. La forza della governatrice dell'Alaska è uscita in tutta evidenza con due scelte che hanno a che fare con il diritto alla vita: la decisione di tenere il proprio figlio, anche dopo che l'amniocentesi aveva reso chiaro che sarebbe nato affetto dalla sindrome di Down; la notizia, uscita in questi giorni, di una gravidanza avanzata della diciassettenne figlia di Sarah Palin, anche qui con decisione di far nascere il bambino e di creare una nuova famiglia.
Attenzione: le idee di Sarah Palin in materia di diritto alla vita, concretizzate in queste due decisive scelte di vita, interrogano fino in fondo la sinistra. Il quadro anche iconografico offerto dalla famiglia Obama è splendido, il discorso di Michelle a Denver semplicemente perfetto, le due bambine sono adorabili. Una fotografia senza ombre. In quel bambino down, in quella madre diciassettenne, si annidano interrogativi. Sì, perché siamo tutti consapevoli che tra le cause principali del ricorso all'aborto, ci sono le gravidanze delle donne minorenni e molto giovani, così come quelle che riguardano figli che porteranno con sé per tutta la vita un problema di salute. Anzi, con la teorizzazione del valore decisivo della diagnosi pre-impianto, tutta la sinistra "pro-choice" ha scolpito nelle proprie tavole della legge una scelta che oggi da "liberal" sembra impossibile contestare.
Sarah Palin ci offre un'occasione per ragionare: quanta bellezza, quanta forza umana e anche politica, ci sono nella decisione di far nascere un figlio down e di amarlo nella sua presunta imperfezione? Analogamente, mi chiedo, da padre di una ragazza dodicenne, se tra quattro o cinque anni mia figlia dovesse arrivarmi davanti in una condizione simile a quella della figlia di Sarah Palin, sarei capace di far prevalere il diritto alla vita sul borghesissimo istinto di risparmiarci scorno e problemi derivanti da quella nascita? Questi interrogativi arrivano dritti al cuore della campagna elettorale americana, dove il campione migliore partorito dagli ambienti liberal
statunitensi dovrà vedersela con un candidato repubblicano oggettivamente indebolito da una convention democratica che è stata stellare. Ma c'è il fattore Sarah Palin. Non va sottovalutato. E
dall'epicentro di quel terremoto valoriale sempre garantito quando si avvia un dibattito serio sui temi della scelta e della vita. E se la soluzione fosse, molto semplicemente, scegliere sempre (o almeno ogni volta che è umanamente possibile) la vita? Tra i democratici americani il dibattito è iniziato, grazie a Sarah Palin. Non sarebbe male fare lo stesso anche tra noi democratici italiani.
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Menichini e Orlando
martedì 2 settembre 2008, 13.59.00
Stefano Menichini e Federico Orlando sono il direttore e il condirettore di Europa, tecnicamente sono i miei "capi", Menichini è diventato anche un blogger di successo (forse per via di qualche mia spintarella sulla strada del dialogo via web) Orlando faceva il condirettore pure di Indro Montanelli che scriveva gli articoli solo con la lettera 22, è stato il più grande di tutti noi e forse dunque per il suo braccio destro aprirsi un blog apparirebbe quasi un "tradimento". Oggi devo dire un paio di cosette a entrambi e come al solito lo farò senza cautele, sfacciatamente, tanto da anni mi sopportano e sulle pagine di Europa ho combinato di peggio senza che loro abbiano mai alzato il telefono per limitarmi, lasciando quotidianamente spazio ad una riflessione che si è snodata in territori anche complicati da gestire, in assoluta libertà. Forse anche per questo (e non per il caso personale, ma per il segnale che ne deriva) Europa è un giornale che andrebbe più letto, più tutelato, anche più amato dal popolo democratico.
Le prime cosette le scrivo a Orlando a cui devo un grazie: in queste ore non proprio facili, in cui ho provato ad aprire un dialogo con le persone che mi leggono invitandole a impicciarsi di una questione che poteva tranquillamente restare privata e professionale, lui ha avuto il tempo di dedicarsi al mio dilemma stimolato anche dalla lettera di un affezionato lettore di Europa. Ne è uscito un dialogo che mi riguarda per niente banale e in qualche modo ispiratore. C'è un passaggio di Orlando che mi aiuta ulteriormente nella riflessione attorno alla questione della mia partecipazione al reality di Mediaset: "Il problema che Adinolfi pone a noi lettori di Europa, come io posi a me stesso, è quello di superare i cavalli di frisia, le trincee psicologiche che sono dentro di noi: specie se il nostro avversario non si limita a combatterci e a metterci in cornice, come dice Anna Finocchiaro un po’ tardivamente, ma requisisce tutti gli spazi. Se non resta altra mossa che quella del cavallo, facciamola e cerchiamo di portare scompigli fra le sue pedine dilaganti". Stampo e conservo. Promesso.
Stefano Menichini ha stampato su Europa e conservato per i posteri attraverso il suo blog uno schietto attacco ai "passatisti" intitolandolo senza mezzi termini: "L'amarcord ipocrita sulle feste di una volta". Temo di essere perfettamente d'accordo con il mio direttore sul concetto espresso e sull'orrenda retorica dei bei vecchi tempi, con un problema. Io alla festa Democratica di Firenze ci sono andato ieri, ho condotto pure il mio bravo dibattito sul palco centrale intitolato a Giorgio La Pira (e l'accesso al palco centrale non l'avevo mai avuto in decenni di militanza, dunque avevo la mia brava vanagloria a rendermi benevolo), ma io una festa nazionale triste come questa di Firenze non l'ho mai vissuta in vita mia.
Caro direttore, dalla fotografia che ho portato con me dalla Fortezza da Basso (collocazione splendida, ma vagamente simbolica di una chiusura in se stessi di questi dirigenti arroccati che sono il guaio del nostro Pd) derivo una sensazione spiacevole e affermarla non è nostalgia, non è "si stava meglio quando si stava peggio", non è "viva il grande Partito comunista", figuriamoci se potrei mai anche solo pensarlo. Andavo alle feste dell'Unità, sempre da ospite, uscendone però con la sensazione di un popolo in cammino. Il "verso dove" non era sempre chiaro, ma il cammino sì. Ora non abbiamo né l'uno, né l'altro. E questa condizione è indifendibile.
dal blog di Mario Adinolfi
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9 settembre 2008, 7 ore fa
Fascistelli
Devo dire che vedere Alemanno e La Russa infilare una gaffe dopo l'altra, per provare a rendere onore alle loro immonde radici, essendo poi costretti a tentare patetiche retromarce per farle dimenticare, un qualche divertimento lo regala.
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La sfida di Ratzinger
8 settembre 2008, 10.13.00
Io non so se serva davvero una nuova generazione di politici cattolici, come chiede papa Benedetto XVI. Anzi, tendo come al solito a pensare che non servano mai uomini, servono idee, che poi gli uomini vengono di conseguenza.
Con tutto il rispetto, insomma, ritengo che quello che serve alla società italiana è un partito popolare di ispirazione cristiana.
E, anche di fronte alla svolta paternalista, individualista e populista della destra nostrana, credo che questa sia la grande occasione per il Pd.
Il guanto di Ratzinger si può raccogliere, anche senza dover baciare l'anello.
dal blog di Mario Adinolfi.
Admin:
18 settembre 2008, 12.34.02
Non ci incazziamo più su niente?
Ho capito, di aspettarsi una qualche reazione popolare dopo la nuova legge sulle europee che uccide la democrazia partecipata e sancisce il trionfo delle oligarchie, non se ne parla.
Ma il portafoglio?
Il 16 settembre il prezzo del petrolio è tornato sotto i 90 dollari al barile (89,2 dollari per la precisione), cioè ai livelli del primo bimestre di quest'anno, quando la benzina super costava in media 1,38 euro al litro.
Perché allora la benzina super costa in media oggi 1,45 euro al litro?
Io, comunque, ho rottamato l'automobile.
dal blog di Mario Adinolfi
Admin:
25 settembre 2008,
Mossa azzeccata
Da sei mesi gliene dico di tutti i colori, ma questa mossa di unire ufficialmente il Pd all'Udc nella battaglia per salvare le preferenze alle elezioni europee, contro l'oscenità oligarchica delle liste bloccate, mi pare azzeccata e necessaria.
Spero non ci sia il fondo di ipocrisia di chi sa che Berlusconi è determinatissimo a portare a casa la nuova legge, votandosela anche con la sola sua maggioranza. Spero che ci si impegni sul serio per aprire una crepa in quel monolite che sembra essere il centrodestra. Basta convincere una manciata di senatori tra Lega e Pdl a esprimete qualche dubbio e poi, sulla pressione, aprire un tavolo di trattativa seria direttamente con il presidente del Consiglio.
Direi che si può fare. Ops. Cambiamo slogan. Direi che si dobbiamo farcela.
Ne va della qualità della nostra democrazia.
Alla sola idea di subire l'onta di una nuova legge elettorale a lista bloccata, gli italiani dovrebbero scendere in piazza e urlare. Ma deve esserci in giro un qualche anestetico nell'aria...
dal blog di Mario Adinolfi
Admin:
1 ottobre 2008, 22.53.30
Era solo un articolo
Qualcuno si è offeso, ma dai, era solo un articolo.
Domani ci incartano il pesce (auguri alla nuova edizione di Europa, il quotidiano che mi pubblica tutti i giorni da tre anni...e ci vuole coraggio).
SALVATEMI DA FACEBOOK
di Mario Adinolfi
L'appello lo devo lanciare a voi, abituati ad avere a che fare con la parola "blog", meno a proprio agio invece attorno alla locuzione "social network": finché c'erano il confusionario MySpace il lavorista LinkedIn o, peggio ancora, l'inutile Second Life, avevo resistito senza particolari difficoltà. Da un mesetto abbondante sono finito invece nell'incubo Facebook. E, insomma, ora dovete salvarmi. Ma, dico io: può un trentasettenne che si considerava persino brillante trascorrere metà del proprio tempo sul web ad aggiungere fantomatici "amici" al proprio fantomatico network di cui, realisticamente, non sa che farsene?
Per essere chiari: io oggi toccherò quota milleseicento amici su Facebook. Milleseicento persone che, in massima parte, ritengono utile essere in contatto con me anche se non ci siamo mai rivolti, né probabilmente ci rivolgeremo mai, la parola. Un'orgia di facce messe più o meno in posa per rendersi interessanti, seducenti, originali, divertenti. Una voglia di raccontarsi per come si è, spesso con scarsissimi veli protettivi, partendo dalla data esatta di nascita e arrivando agli album fotografici dell'ultima estate appena esaurita. Un colossale database di privato reso pubblico. Il più delle volte, agghiacciante.
Ora, i miei blog hanno sempre avuto come sottotitolo la parola "idee". Nei social network in generale e su Facebook in particolare, l'idea è assolutamente assente. C'è il corpo, il proprio vissuto, l'anedottica sempre uguale delle esistenze umane, la caccia (anch'essa sempre uguale) al brivido della conquista, spesso virtuale e raramente fisica. Ma c'è un fatto che va sottolineato: su Facebook c'è una marea di gente, una valanga di persone che crescono ogni giorno e si connettono. Una rete nella rete, ormai molto derisa dagli snob, ma certamente illuminante sulle disperate solitudini che agitano gran parte delle giovani generazioni.
Io sono stato preso nell'ingranaggio e non so uscirne. Per fortuna ho un aereo da prendere, una capitale europea dove fare qualcosa, una compagnia di giro da frequentare. Forse, per questa settimana, da Facebook mi riuscirò in qualche modo a disintossicare. Poi dalla capitale europea tornerò, magari dopo averla pure raccontata qui, e nel mio mare di nuovi "amici" mi ritufferò. Anzi, ora che ci penso, mi sono sincerato che l'albergo abbia la connessione wi-fi libera e in valigia ho messo il notebook. Perché non si vive più senza social network. Quando lo conosci, non c'è rimedio. O forse sì?
dal blog di Mario Adinolfi.
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