ADINOLFI -

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Admin:
27 luglio 2008, 19.08.08

E la libertà


Va bene che l'ho seguito da lontano, anzi, nel cuore di un paese che si ribellò al comunismo mezzo secolo fa e oggi, quasi vent'anni dopo la rivolta definitiva e la mia successiva visita addirittura in "delegazione ufficiale" (anche se di quel viaggio ricordo soprattutto la visita alla stadio per vedere Maradona giocare in Coppa Campioni), è letteralmente rifiorito, ma il dibattito congressuale di Rifondazione comunista è piaciuto solo a me?

Insomma, m'è sembrato un conflitto libero e democratico sui destini di una forza politica. E se ne avessimo tanto bisogno anche noi nel Pd, in particolare dopo le visitine a Casini di Fassino e Rutelli?

A me gli unanimismi (nel nostro partito, poi, assolutamente e solo di facciata) stanno significativamente sulle scatole.

Dai, diciamoci tutto e di tutto. Facciamo come questi comunisti qui. Compresa la decisione di chi perde, alla fine, di non andare alla scissione.


dal blog diMario Adinolfi

Admin:
30 luglio 2008,

E vai con lo sputtanamento... (bacio di Di Pietro ndr).


Perché la logica berlusconiana è da sempre dimostrare che "siamo tutti uguali" e chi di Mara Carfagna colpisce, di Mora Misteriosa perisce.

Così il "Chi", settimanale gossip di famiglia, manda il suo avvertimento al leader della moralistica piazza Navona.

Quella logica berlusconiana, figlia della craxiana chiamata di correità nel Parlamento travolto da Tangentopoli, è un altro elemento della sua vittoria.

Se tutti sono briganti uguali, se per ogni Previti c'è un Del Turco (a cui manifestare diabolica solidarietà), se per ogni Mills c'è un Tavaroli, se per ogni Mara c'è una Mora, l'Italia può restare calma e affondare in quel fango che sente essere sua sostanza primaria.

L'operazione è sottile e mi ha sempre messo paura.


dal blog di Mario Adinolfi
 

Admin:
 31 luglio 2008,

Hanno una televisione?


Nei commenti al mio post precedente un lettore mi ha gentilmente riferito d'aver trovato il mio nome in un articolo di Repubblica e in uno del Magazine del Corriere della Sera, per due motivi differenti. La cosa ha vinto la mia inenarrabile pigrizia da vigilia agostana e mi ha spinto fino all'edicola, per vedere di cosa si trattava. Del Magazine discuteremo in altra sede, che anche su quelle parole qualcosa da dire ce l'ho. Prendiamo prima di petto la questione posta da Repubblica.

Ora, qualcuno di voi sa che tra le tante cose combinate in questi anni, c'è anche il ruolo di vicedirettore di quell'esperienza televisiva particolare denominata Nessuno Tv. Lo sa Repubblica e lo scrive e scrive anche che Nessuno Tv sta per diventare Red Tv, cioè la televisione di D'Alema e ci snocciola in mezza pagina tutto il futuro palinsesto. Ora, si dà il caso che da quaranta mesi io metta la faccia più o meno tutti i santi giorni davanti a quelle telecamere e insieme a me ci mettano faccia, intelligenza, fatica e qualche goccia di sudore una quarantina tra ragazze e ragazzi che fanno di tutto per tenere in piedi la baracca e produrre decine di ore di televisione a settimana, guadagnando quattro spiccioli.

Ora, io ritengo che far sapere a queste persone e anche far sapere a me che la televisione a cui abbiamo lavorato con tanto impegno per anni sta per diventare la tv personale di un oligarca, che ci cambia il nome e ci manda il suo segretario a comunicare a mezzo Repubblica (e un mese fa lo stesso segretario, che non sta nella pelle, aveva abbozzato il racconto a mezzo Espresso) come sarà il nostro palinsesto da qui a un mese, sia una mancanza di tatto e anche una mancanza di intelligenza (di intelligenza politica e di intelligenza tout court).

Ho letto che il nostro direttore dalemiano ha smentito. Se magari la prossima volta, prima di smentire, evita di dare i virgolettati a un bravo giornalista come Goffredo De Marchis che sa fare benino il suo mestiere, ci evitiamo tutti una brutta figura.


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Un anno dopo

Oggi 31 luglio 2008, 15 ore fa

Un anno fa, più o meno a quest'ora notturna in cui sto scrivendo oggi, mandai un sms a Marco. Solo quattro parole: "Ce l'abbiamo fatta". Le nostre firme per la candidatura di Generazione U alle elezioni primarie, che sono state l'atto di nascita del Pd, erano sufficienti e valide: oltre duemila raccolte in dieci giorni in dodici regioni d'Italia, convalidate da eletti dell'Ulivo che guardavano con diffidenza questo gruppetto di ragazze e ragazzi che da un blog avevano deciso di piombare da protagonisti dentro un'elezione che doveva essere blindatissima e riservata ai soliti noti.

Oggi quel gruppetto rappresenta il Pd a livello locale e ha rappresentanza fino ai massimi organi nazionali, siamo persino sulla soglia della Camera dei deputati e ovunque prosegue la nostra battaglia per l'affermazione di una generazione che non sopporta la cooptazione, agisce nel territorio del conflitto politico con al centro l'idea di far vincere il direttismo, quella teoria della democrazia diretta che contrapponiamo alla visione oligarchica che permea l'intera quadro dei partiti italiani, Pd compreso.

La nostra battaglia di un anno fa è stata bellissima, le ragazze e i ragazzi che portarono le firme a piedi salendo le scale del Palazzo (come si vede in questo video da pelle d'oca girato e montato da Erasmo) ricorderanno quel momento come qualcosa di davvero importante nella loro vita.

Io lo ricordo come un passaggio della battaglia per l'affermazione della democrazia diretta, della piena responsabilizzazione del singolo cittadino che deve sapere che può bastare una sola persona per cambiare il mondo, basta che non sia una persona sola. E questa è tra le ragioni stesse della mia vita.



dal blog di Mario Adinolfi

Admin:
 2 agosto 2008,

2 agosto, contro Francesca e Giusva


DA UNA EMAIL SU BOLOGNA, MAMBRO E FIORAVANTI

di Mario Adinolfi per Europa

Oggi, sul mio blog


Oggi, 2 agosto, sul mio blog scriverò quello che da sei anni è sempre lo stesso post.
Un ricordo di quanto hanno combinato Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, oltre la condanna all'ergastolo per la strage di Bologna, meritandosi altri ergastoli che però non bastano a tenerli in quella galera in cui dovrebbero stare. In qualsiasi paese decente, i condannati con sentenza passata in giudicato per il più orrendo crimine compiuto nell'Italia repubblicana, non sarebbero da anni liberi di passeggiare nel centro di Roma, costruendo il loro diritto alla felicità. Una vasta pubblicistica prova a dire che sono stati condannati ingiustamente, allora si riapra il processo, anche se io tendo a credere alle certezze dei familiari delle vittime e alla solidità delle condanne espresse dai giudici di ogni grado studiando montagne di carte. Ma in questo paese non si può scrivere contro due assassini, che tali comunque sono, liberi e belli e capaci di lanciarti occhiate di odio se ti incrociano per strada o anche di scrivere articoli contro il sottoscritto, perché loro hanno persino la faccia di firmare articoli.

Aggredito in diretta radiofonica
Una mattina, mentre conducevo un programma radiofonico, sono stato aggredito in diretta dal fratello di Francesca Mambro a cui ho lasciato un'ora di tempo per dire tutte le sue ragioni, cariche di livore. Io continuerò, ogni 2 agosto, a ricordare a Mambro e Fioravanti che la loro libertà è una vergogna, persino se fossero innocenti per Bologna. Loro si irriteranno, si irriteranno i radicali e Massimo Bordin, Francesco Cossiga e Maria Giovanna Maglie, il mio amico Luca Telese e il biografo Giovanni Bianconi, i tanti che stanno nel gruppone chic di chi sta al fianco di due assassini che non sopportano chi li chiama con il loro nome, che è assassini, altro che nessuno-tocchi-caino quando Abele non può più neanche piangere.

L'email di un giovanissimo
In coincidenza con l'anniversario della strage e in coincidenza con il mio tentativo di resistenza solitaria via blog alla rimozione dalla memoria del ruolo svolto da Francesca Mambro e Giusva Fioravanti negli anni Settanta e Ottanta, mi arriva alla casella di posta elettronica ieri una email di un giovanissimo, paradigmatica del clima creato attorno a questi due assassini: "Mi chiamo Marco, sono un ragazzo di roma, ho 22 anni e le scrivo in merito a quanto letto nei suoi articoli riguardo Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Vengo subito al punto: lei è un ipocrita sputasentenze che dovrebbe vergognarsi. Come fa a dire che i due ex Nar sono gli autori della strage di Bologna? E' ormai cosa evidente che Fioravanti e Mambro sono stati accusati ingiustamente. Io a differenza sua sono anni che mi documento sui fatti di cronaca di quel periodo storico e trovo ridicole le sue teorie su bologna. Comunque ognuno è libero di pensarla come vuole l'importante è rispettare tutti; cosa che lei non fa quando scrive che guarda con rancore Fioravanti e Mambro giocare con la loro figlioletta Arianna nei pressi di casa sua. Chi è lei per giudicare queste persone? Pensi prima a fare bene il suo lavoro di giornalista".

Una nuova mitologia di estrema destra
L'email di Marco è paradigmatica: ritenere fondata una sentenza dello Stato passata in giudicato, così come fanno tutti i familiari delle vittime, vale l'accusa di essere un "ipocrita sputasentenze che dovrebbe vergognarsi". Mambro e Fioravanti non devono vergognarsi, loro possono camminare a testa alta, continuando a fare proseliti anche tra i giovanissimi, facili prede di una nuova mitologia di estrema destra a cui noi non stiamo dando molta attenzione e su cui invece dovremmo soffermarci di più. Ma questo è un altro discorso. Oggi, semplicemente, un saluto e un ricordo carico di dolore per le ottantacinque persone che una strage fascista e infame ventotto anni fa spazzò via da Bologna e da questa terra.

Questi gli atti criminali compiuti dai terroristi Mambro e Fioravanti al di là della strage di Bologna.

28 febbraio 1978. Giusva Fioravanti ed altri notano due ragazzi seduti su una panchina che dall'aspetto (capelli lunghi e giornali) identificano come appartenenti alla sinistra. Fioravanti scende dall'auto, si dirige verso il gruppetto e fa fuoco: Roberto Scialabba, 24 anni, cade a terra ferito e Fioravanti lo finisce con un colpo alla testa. Poi, si gira verso una ragazza che sta fuggendo urlando e le spara senza colpirla.

9 gennaio 1979. Fioravanti ed altre tre persone assaltano la sede romana di Radio città futura dove è in corso una trasmissione gestita da un gruppo femminista. I terroristi fanno stendere le donne presenti sul pavimento e danno fuoco ai locali. L'incendio divampa e le impiegate tentano di fuggire. Sono raggiunte da colpi di mitra e pistola. Quattro rimangono ferite, di cui due gravemente.

16 giugno 1979. Fioravanti guida l'assalto alla sezione comunista dell'Esquilino, a Roma. All'interno si stanno svolgendo due assemblee congiunte. Sono presenti più di 50 persone. La squadra terrorista lancia due bombe a mano, poi scarica alla cieca un caricatore di revolver. Si contano 25 feriti. Dario Pedretti, componente del commando, verrà redarguito da Fioravanti perché, nonostante il ricco armamentario "non c'era scappato il morto". Che Fioravanti fosse colui che ha guidato il commando è accertato dalle testimonianze dei feriti e degli altri partecipanti all'azione, e da una sentenza passata in giudicato. Ciononostante, Fioravanti ha sempre negato questo suo pesante precedente stragista.

17 dicembre 1979. Fioravanti assieme ad altri vuole uccidere l'avvocato Giorgio Arcangeli, ritenuto responsabile della cattura di Pierluigi Concutelli, leader carismatico dell'eversione neofascista. Fioravanti non ha mai visto la vittima designata, ne conosce solo una sommaria descrizione. L'agguato viene teso sotto lo studio dell'avvocato, ma a perdere la vita è un inconsapevole geometra di 24 anni, Antonio Leandri, vittima di uno scambio di persona e colpevole di essersi voltato al grido "avvocato!" lanciato da Fioravanti.

6 febbraio 1980. Fioravanti uccide il poliziotto Maurizio Arnesano che ha solo 19 anni. Scopo dell'omicidio, impadronirsi del suo mitra M.12. Al sostituto procuratore di Roma, il 13 aprile 1981, Cristiano Fioravanti - fratello di Valerio - dichiarerà: "La mattina dell'omicidio Arnesano, Valerio mi disse che un poliziotto gli avrebbe dato un mitra; io, incredulo, chiesi a che prezzo ed egli mi rispose: "gratuitamente"; fece un sorriso ed io capii".

23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando "alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi". Mambro e Fioravanti la sera dell'omicidio festeggiano ad ostriche e champagne.

9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna.

5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l'imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un'auto, "Spara, spara!".

30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un "infame delatore". Del commando omicida fa parte Mambro.

21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all'agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L'efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: "La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell'encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello". Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell'eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell'agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni.

5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Viene condannata come esecutrice dell'assassinio.

Per le sentenze definitive emesse dopo tre gradi di giudizio, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti hanno ucciso novantotto persone e ne hanno ferite a centinaia. Oggi li potete incontrare liberi in giro per Roma e per l'Italia, che è un paese incapace di rispettare i suoi morti. Cosa voglio? Voglio che stiano silenziosi e che si vergognino ogni volta che esce un libro che li chiama "innocenti".



dal blog di Mario Adinolfi.

Admin:
4 agosto 2008,

"Spero che ci vogliano ancora un po' di bene"


Inevitabilmente, a far seguito alla campagna di stampa per la beatificazione di Mambro e Fioravanti (leggasi ieri Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, mancavano le aureole, poteva disegnarle di pugno attorno alle foto dei suoi due amici che sono tanto chic), arriva oggi puntuale su Repubblica l'intervista di Gianni Alemanno che sostiene l'incredibile "pista palestinese" per la strage di Bologna.

Che chiude il cerchio con l'intervista che Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera fece a Mambro e Fioravanti il 12 giugno 1994, sotto il titolo: "Loro al governo, noi all'ergastolo". Che spiega perché dopo poco i due tornarono liberi nonostante la valanga di ergastoli e di decenni di galera che avevano sulle spalle, nonostante il reato di strage vieti l'accesso ai benefici per i detenuti, nonostante i due non abbiano mai raccontato tutto quello che sanno. O forse proprio per questo.

Rileggiamo quell'intervista del 1994.




"LORO AL GOVERNO, NOI ALL'ERGASTOLO"
di Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera del 12 giugno 1994

ROMA - "Ma guarda Teodoro... E Gianfranco... E Francesco...". Ogni volta che comincia un telegiornale, in un paio di celle di Rebibbia due bocche si spalancano con divertito stupore. Perchè a loro, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, marito e moglie, condannati a diversi ergastoli per diversi omicidi politici commessi durante la loro forsennata avventura contro tutto e tutti tra le file dei Nuclei armati rivoluzionari, la novità fa ancora un certo effetto. Quelli che adesso sono lì, al governo, a trattare di presidenze bicamerali e consigli d'amministrazione, sono proprio i ragazzi con cui sono cresciuti, tra volantini, sprangate, manifestazioni, lutti, passioni, alla federazione roma na del Fronte della Gioventù di via Sommacampagna. "Vedere Storace andare a discutere alla Rai è fantastico - sorride Fioravanti. Capirà, lo conosciamo da una vita. Insomma: noi ci siamo sparati e lui è lì a trattare sui direttori dei tiggì. Fantastico. Ed è giusto che sia così. Lui ha fatto una scelta, noi un'altra. Lui è al governo, noi in galera". C'era Er Pecora: "Il segretario era lui, Teodoro Buontempo - ricorda la Mambro - Magari uno un pò rozzo, ma anche una persona che a differenza di altri al partito dava davvero tutto, senza chiedere niente. Più vicino agli emarginati che chiunque altro. Generoso. Sempre disponibile". C'era Maurizio Gasparri, futuro sottosegretario agli Interni, che non piaceva troppo alle teste più calde perchè era figlio di un ufficiale dei carabinieri. Destra istituzionale, destra d'ordine. Legatissimo a Gianfranco Fini: "Non è giusto dire che portava la borsa a Fini - scherza Fioravanti - Lui gli portava il cestino fin da quando andavano all'asilo" . C'era Giovanni Alemanno, destinato a diventare pure lui deputato e che nel ricordo di Francesca è "un ragazzo che già allora cercava di capire le ragioni degli altri, di quelli della sinistra che la pensavano in modo diverso da noi". C'era Francesco Storace, fisico da torello, bicipiti d'acciaio e risata torrenziale, sul quale nessuno avrebbe mai scommesso che sarebbe diventato l'ariete scagliato contro il cavallo di viale Mazzini. E poi c'era lui, Gianfranco Fini. Cosa avete pensato, a vederlo vicino a Clinton? Mambro: "Mi sono sentita vecchia. Sa, come quei vecchi che sanno come va a finire la storia. Per noi Fini era l'istituzione. Il sistema. Eravamo contro tutti e dunque anche contro di lui. Lui lì era una prova in più che abbiamo sbagliato tutto". Fioravanti: "Fini è sempre stato un uomo prudente. Allora, in realtà, noi dicevamo che era un vile. Altri tempi. Oggi occorre riconoscere che, forse perchè è sempre stato lento a prendere le decisioni, come ha raccontato in un'intervista, è uno che ha fatto meno errori degli altri". Come maturò la vostra rottura? Fioravanti: "Il problema del Msi è che ha sempre seguito una linea reducista, revanscista, vittimista. Per cui è vero che nessuno dei suoi ha mai fatto politica per il potere. Ma molti dei giovani che chiedevano di fare politica, non solo di sventolare le bandiere e fare il saluto romano e attaccarsi alle croci runiche, se ne sono andati. Tanto è vero che adesso è sprovvisto di una vera classe dirigente". Mambro: "Mi sono sentita alla radio i discorsi dei missini alla Camera e al Senato. Valensise... Maceratini... Fini... Da non credere. Adesso sì, fanno politica. E finalmente l'hanno piantata con l'anticomunismo viscerale. Allora erano attaccati al revanscismo, al nostalgismo, a Mussolini, a tutti quei simboli... Noi volevamo fare politica e loro erano preoccupati solo di non perdere quelle sacche di voti che consentivano al partito di vivacchiare col quattro per cento. Sembravano paralizzati: la sinistra riusciva a fare politica anche se le Brigate Rosse sparavano e noi no. Era pazzesco". E così ve ne andaste alla deriva... Fioravanti: "Ci fu una fase in cui ci offrirono tutte le poltrone possibili e immaginabili, per far rientrare il nostro dissenso. Arrivarono al punto di offrire a Francesca, che aveva 18 anni, di entrare nel comitato centrale. La rottura arrivò dopo Acca Larentia, quando un ufficiale dei carabinieri sparò e uccise un ragazzo amico di Francesca. Beh, c'erano tutti : Almirante, Fini, tutti... Eppure l'unica che voleva denunciare i carabinieri era mia moglie. Una ragazzina. Al partito interessava di più il voto dei carabinieri che quello di noi ragazzi. E infatti, quando uscimmo, nei primi tempi la nostra motivazione principale era di punire il partito". Mai ipotizzata una "spedizione" contro Almirante o Fini? Fioravanti: "No. Ci ho ripensato, anni dopo. E mi sono chiesto come mai non ci pensammo. Strano, no? Andavamo a sparare ai poliziotti per "difendere l'onore della destra", per dimostrare che la destra non era legata ai servizi e alle stragi, e non abbiamo mai pensato di scaricare il nostro odio su quelli che odiavamo. "Fatto sta che nessuno si alzò mai per proporre una cosa simile". Non avete più cercato un contatto con i vostri ex camerati? Fioravanti: "No. Per orgoglio, forse. Ma non l'abbiamo fatto. Anche se con qualcuno restano rapporti affettivi. A noi non interessa che il Msi riconosca noi come figli degeneri. Possiamo farne a meno. Ma sarebbe importante per il Msi, riconoscerci. Fare i conti con la nostra storia, cominciata con il dissenso "dentro" il Msi. Così come noi, i figli degeneri, dovremmo smetterla di odiare i nostri genitori". Come la vedete, questa destra vincente? Mambro: "Beh, è una cosa strana. Abituati come eravamo ad essere i reietti della terra, quelli delle chiavi inglesi, dei volantinaggi... Eppure quello che mi muoveva verso destra era anche il fascino del perdente. Lo stare "contro"". Sotto il fascismo avrebbe fatto la partigiana? Mambro: "Forse sì. Probabilmente sì. Io riconosco l'autorità, non l'autoritarismo. La storia non si fa con i se. Ma certo alcune cose non mi piacciono. Le leggi razziali per me sono una cosa allucinante". Fioravanti: "Lo stesso vale per me. Anche la mia era una scelta "contro". Io non sono mai stato fascista. Mai. Sono stato un anti antifascista. Perchè mio padre, mia madre, mio fratello, il vecchietto che incontravo mentre portava a spasso il cane erano fascisti. Era il mio mondo e non accettavo che venisse confuso coi servizi segreti, le stragi, l'antisemitismo". Ma questo sfondamento della destra vi piace o no? Mambro: "Moltissimi di quelli che conoscevo e che frequentavo sono stati eletti. So che sono persone perbene. Spero che non deludano chi li ha votati". Fioravanti: "La cosa che più mi ha incuriosito è stato il fenomeno Berlusconi. Che ha dimostrato la vacuità della politica. Noi ci siamo scannati su Evola e su Trotzkji, ci siamo sprangati, ci siamo sparati e alla fine ecco che vincono le massaie. E stata una grande lezione di democrazia". Beh, questa... Fioravanti: "No, guardi: lo dico senza ironia. Perchè se ci sono venti milioni di massaie è giusto che le massaie mandino lì Berlusconi. Questa in fondo è la politica: dare più pane a più gente possibile. La battuta più stupida di Almirante è stata: il mio voto vale più di quello di un alcolizzato. Falso. Dico di più: adesso a me sta benissimo che sia così. Perchè la democrazia è questa". Ma voi siete ancora di destra? Mambro: "Ho una storia di destra, questo sì. E finalmente vedo che qualcuno comincia a sforzarsi di capire cosa è successo. Ma non so cosa voglia dire oggi, essere di destra o di sinistra. Meno male. Stiamo uscendo dagli schemi. Ho scoperto l'importanza di altri valori. Più personali. E a farmi voler bene anche da chi era molto lontano da me. Anzi, anche se alla destra abbiamo fatto perdere un pò di voti, spero che anche lì ci vogliano ancora un pò di bene. E che riescano a riconoscere una cosa: che in fondo, paradossalmente, siamo stati noi ad aprire un dialogo a sinistra, superando la cultura dell'odio".

dal blog di Mario Adinolfi

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