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7 luglio 2008,

La proposta è la democrazia diretta




In questi anni di battaglia direttista sul web e nei territori propri della politica (partiti ed elezioni), abbiamo speso molto tempo alla definizione del nostro messaggio utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, dai blog alle occasioni mediatiche che ci sono state fornite. Da qualche anno abbiamo consegnato l'idea di democrazia diretta nei confini dell'area del centrosinistra e dalla nascita del Partito democratico ne abbiamo fatto parte, con un qualche protagonismo che ci viene riconosciuto, anche se il dato numerico di consenso raccolto pare a molti essere esiguo (anche se il fatto che in Italia nel Pd esistano qualche migliaio di direttisti io continuo a non considerarlo un elemento di secondo piano, anzi).

Comunque, non è nella dimensione quantitativa che valutiamo l'impatto dell'idea di democrazia diretta come contributo al dibattito politico. L'esperienza di Generazione U è stata sempre considerata, forse anche a causa del nome che abbiamo scelto per questa aggregazione di blogger, come una mera rivendicazione basata sull'età anagrafica delle classi dirigenti. Al centro della "U" c'è invece la questione dell'inversione di rotta rispetto a un sistema che si stava consegnando o forse oggi si è consegnato all'idea che la democrazia sia di fatto un impaccio, un sistema decrepito da oltrepassare di fatto attraverso l'investitura di leadership carismatiche a cui delegare ogni forma di decisione.

Contro questo viaggio verso il territorio di una democrazia sostanzialmente sempre meno forte, sempre meno valore-in-sé determinante, noi abbiamo proposto l'iper-democrazia della rete, vista non come mezzo tecnologico ma come messaggio politico realizzato. E' una proposta che abbiamo consegnato alla battaglia interna nel Partito democratico che, pur con le sue mille contraddizioni, è comunque il partito delle primarie, strumento principe della democrazia diretta, come dimostra il sistema americano che alle ultime primarie ha visto la partecipazione di milioni di giovani cittadini alla selezione dei candidati per il ruolo politico più importante del pianeta.

A questa nostra generazione di aspiranti dirigenti del Pd, è stato sempre rimproverato di non avere una proposta politica alternativa alle oligarchie che intendiamo sostituire. Non è così, lo abbiamo dimostrato anche con il lavoro programmatico elaborato alle primarie. Ma, soprattutto, noi siamo i portatori di una proposta di metodo che avrebbe impedito lo scivolamento nell'autoreferenzialità priva di responsabilità propria dell'attuale vertice "democratico". La proposta è la democrazia diretta interna al partito e un sistema a prevalente democrazia diretta per l'Italia: il contrario esatto dello scivolamento verso il totalitarismo a cui stiamo assistendo in queste settimane, il contrario esatto di caminetti, liste bloccate, cavalli di Caligola fatti deputati e senatori e ministri. Per questo abbiamo scelto, come direttisti, un partito che si proclama "democratico". Alla direzione nazionale del Pd di giovedì porteremo questo contributo.


dal blog di Mario Adinolfi

Admin:
8 luglio 2008,

Perché attaccare Grillo è un errore


Nel giorno di piazza Navona (a cui io vorrei partecipare, ma non parteciperò per i già spiegati motivi) il mio partito si conquista i titoli dei quotidiani on line con un ormai consueto "attacco a Beppe Grillo". Sarà ormai un anno che provo a spiegare ai democratici che comandano che attaccare Grillo è un errore di metodo e di merito. Sarà il caso di ripetere le mie ragioni e sperare in un livello di ascolto maggiore la prossima volta. A scanso di equivoci, anche queste argomentazioni insieme a quelle di ieri proverò a ripeterle nella riunione della direzione nazionale del Pd in programma per giovedì.

Beppe Grillo può non piacere, è ovvio e il perché l'abbiamo sottolineato qui molte volte: propone un approccio distruttivo alla questione politica, è irrispettoso anche verso chi forse merita più rispetto, non accetta il contraddittorio, ha condotto una campagna con toni e metodi messianici, propri a volte del pifferaio magico più che del maieutico. E poi Beppe Grillo può non piacere perché dice alcune verità.

Dietro quelle verità e dietro un uso rivoluzionario dello strumento blog, aiutato dalla maestria dello Studio Casaleggio e Associati, si è formato un popolo. Io ho partecipato ad entrambi i V-Day (8 settembre e 25 aprile). Al primo V-Day ero candidato alle primarie, al secondo da pochissimo reduce dalla candidatura alla Camera per il Pd. Ebbene, ho trovato attorno a me solo simpatia e voglia di discutere. Ho trovato una valanga umana composta da giovani e giovanissimi, accomunati da un dilemma attorno al territorio del non voto. Insomma, sono sfacciato se dico che la riconquista di consenso, l'allargamento della platea di voti potenziali per il Pd, dovrebbe partire dal popolo di Grillo?

Guardate, non è un popolo giustizialista e neanche banalmente qualunquista. E' un popolo composto da persone consapevoli, che utilizzano il web quotidianamente e dragano quotidianamente le informazioni necessarie a nutrire la loro indignazione verso un paese che li espelle, li vuole lontani. Chiedono ascolto e chiedono democrazia. Lo striscione più bello durante il primo V-Day era quello che, orgoglioso della marea di gente che si ritrovava a piazza Maggiore a Bologna, recitava: "Ignorateci, adesso".

La politica che ignora questo popolo così nuovo, così non incasellabile nelle vecchie categorie giacobine e girotondine anche per un fattore generazionale, rende un cattivo servizio a se stessa. Un Pd che continua ad attaccare questo popolo, non capisce che quel popolo sarebbe il suo lievito.

E', in fondo, il popolo della rete: privo di un passato ingombrante e ricattabile, dunque carico di futuro.


dal blog di Mario Adinolfi

Admin:
10 luglio 2008, 19.42.31

Uccidere il padre, ma anche la madre


Si annuncia un fine settimana piuttosto fitto e sarà il caso di spiegare perché, invece di andare a caccia di un po' di riposo o di un po' di mare o di mia figlia rifugiata in Toscana o di far semplicemente quel che più mi aggrada, finirò per trascorrere almeno quarantotto ore tra eventi politici curiosamente entrambi convocati da organizzazioni che si riferiscono al numero "mille", anche se i tre zeri sono ben lontani dal raggiungerli.
 
Venerdì mattina andrò a parlare all'assemblea dei Mille di Marco Simoni e Ivan Scalfarotto, direi anche di Luca Sofri ma il mio amico Wittgenstein è un po' di braccino corto, si lamenta sempre che c'ha altri cavoli da fare e che non lo convocano in tempo e lui butta i soldi dell'aereo e così, forse per recupero costi, pare che non parteciperà all'evento che pareva da lui stesso convocato. Secondo me è per ragioni del genere, attinenti a pigrizia, snobismo e avarizia di sé e scarsa dimestichezza con le regole zozze della politica vera (che è sangue, un po' di merda e tanta fatica quotidiana spesso inutile), che questa nostra generazione non arriva mai da nessuna parte. Altra ragione è che tra noi siamo spesso a guardarci come cane e gatto, invece di fare rete sul serio, allora salutiamo positivamente il fatto che almeno domani a piazza Sant'Andrea delle Fratte ci ritroviamo in molti e che il titolo dell'iniziativa di questi Mille qui è: "Uccidere il padre". Roba molto contundente, roba che fa molto Generazione U, poi però ti accorgi che tra quelli che dovrebbero uccidere il padre è annunciata in pompa magna Giovanna Melandri e subito mi viene in mente un veltronianissimo: uccidere il padre, ma anche la madre.

Comunque. Sabato ho promesso a Marco Cappato che andrò all'hotel Ergife a dire due cose agli altri Mille riuniti, quelli radicali e socialisti, che si rivedono dopo il raduno di Chianciano. Anche lì, si ragiona e si pensa e c'è quella sensazione di pestare di continuo l'acqua nel mortaio delle idee, ma almeno di idee si parla e allora qualcuna andiamola a portare, magari modesta, ma pur sempre idea. L'impostazione dell'assemblea dell'Ergife, con Pannella e Del Bue a fare da dei-ex-machina, è comunque molto aperta e dunque interessante.

All'Ergife la cosa continua anche domenica e anche gli altri Mille vanno avanti fino a domenica e magari faccio un salto qua e uno là, sperando di recuperare vigore, che la sensazione che mi attraversa è di profonda stanchezza accompagnata ad un qualche sapore di inutilità di ogni sforzo. Ma sarà tutto momentaneo, no? Ci tornerà la voglia.

La direzione nazionale del Pd, che doveva esserci oggi, è stata spostata a martedì. Luca Sofri ancora smadonna. Io spero che per martedì mi sia tornata la voglia di combattere, anche grazie a qualche idea rubata al fine settimana.

Dai, dai, dai.

(è solo una citazione da Boris)

ps: se poi per caso avete tempo da perdere sabato sera, alle 21 parlo alla festa dell'Unità di Roma, nell'ambito del ciclo di dibattiti organizzati dalla libreria Rinascita


dal blog di Mario Adinolfi

Admin:
 12 luglio 2008,

Notizie dai Mille


Se volete notizie dall'assemblea dei Mille, quelli con Scalfarotto, vi segnalo il sito ufficiale con la relazione di Simoni più un paio di post pepati usciti sulla rete. Le foto invece le ha scattate Carlo Traina, lo ringrazio, perché m'ha spiegato bene che forse è ora di tagliare la barba.



Per quanto riguada i Mille di Pannella, da quelli ci vado tra poco e se proprio non riuscite ad aspettare fino a domani, stasera vi racconto qualcosa alla Festa dell'Unità: parlo allo stand di Rinascita dalle 21.

C'è pure gente più interessante di me, che quando c'ho caldo sono fiacco (tipo Michele Mezza e Enrico Menduni, per capirci, mica i soliti ragazzini in cerca di gloria).

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A magliettate

11 luglio 2008, 17.09.00

La scena è andata più o meno così. Esauriti gli interventi alla lettera A (tra cui Adinolfi Mario) e quelli alla lettera B (tra cui Bianchi Diego, detto Zoro), comparso il commissario del popolo Walter Verini che si accertava che tutti quelli che dovevano intervenire dopo fossero bravi ragazzi rispettosi, da dietro il muro della sala grande della sede nazionale Pd di via Sant'Andrea delle Fratte dove i Mille si riunivano per "uccidere il padre", è comparso il padre.

E io mi sono detto: adesso, sai come volano i coltelli, sai che randellate che gli tirano, a Walteri', stavolta so' cavoli tuoi. Invece Ivan e Marco chiamano l'applauso, porgono una maglietta arancione come gentile ricordo e nella terrazza grande della sede nazionale Pd di via Sant'Andrea delle Fratte io girovagavo senza entrare più nella stanza, perché il sangue mi fa senso e immaginavo che l'avrebbero ucciso a magliettate.

Non è andata a finire proprio così, con il padre è finita a linguainbocca, con lui che diceva: "Sì, ammazzate chi vi pare, il padre, il nonno, lo zio e il cugino, però cercate di portare dentro un po' di società". E tutti facevano sì con la testa e grandi applausi e volemose bene che il figliolo s'era perso ed è stato ritrovato a vai con l'ammazzatora, non un vitello grasso magari, un agnellino sì. Che bela e non s'accorge mai di quello che gli sta per accadere.

ps: nel mio intervento ho provato a spiegare che hai voglia a dire che c'abbiamo la faccia feroce, ma se poi andiamo tutti a caccia della prima cooptazione disponibile, non finiremo mai da nessuna parte. Servirebbe una sana e proficua stagione di conflitto politico, non banalmente generazionale, ma fondata sull'idea di democrazia diretta contrapposta al modello oligarchico-personalistico oggi preminente nel Pd. La prima parola del mio intervento è stata "Veltroni" e mi pare di essere stato l'unico a pronunciarla con quell'accento un tantinello aggressivo che abbisognava, non per altre ragioni, ma perché il titolo del convegno mi pareva invitasse a farlo. E ho parlato di accountability per le classi dirigenti, dunque anche per Veltroni, che la parola gliela traducevo e voleva dire: rendere conto. Se si perde, se si cambia linea politica ogni dieci giorni (dialogo con Berlusconi, rottura con Berlusconi, alleanza con Di Pietro, mai con Di Pietro eccetera), se non si riesce a dare un'identità a questo cacchio di partito, se la fiducia nei sondaggi va a picco, se manco sulla sicurezza siamo riusciti a proporre idee alternative convincenti, il concetto di accountability dice che le classi dirigenti rendono conto, rimettono il mandato e vanno in cerca di una rilegittimazione. Attraverso nuove primarie, non attraverso le tessere dei capibastone, ma questa è un'altra storia e la racconteremo dopo la riunione della direzione nazionale di martedì, nella stessa sala dove oggi volevamo uccidere il padre, ma mi sa che la cosa non è riuscita tanto bene, però forse qualcuno adesso spera in una bella cooptazione e non ha capito che sono anni che ci spera e non arriva mai e mica è un caso.

dal blog di Mario Adinolfi

Admin:
14 luglio 2008,


Questione morale


La politica italiana deve affrontare una gigantesca questione morale, che parte dalle leggi ad personam berlusconiane e arriva agli ultimi arresti che riguardano la presidenza e la giunta regionale abruzzese. Una questione morale senza differenze di colori, che è passata attraverso inchieste che hanno riguardato o riguardano esponenti di destra, di centrodestra, di centro, di centrosinistra, di sinistra con una dimensione colossale, quantitativamente e qualitativamente superiore anche alle devastanti vicende di Tangentopoli.

Un'idea di corruzione diffusa, inscindibilmente connessa all'attività politica, almeno nella percezione popolare, senza alcuna possibilità di invocare una presunta "diversità".

Neanche Enrico Berlinguer avrebbe potuto invocarla se avesse avuto nel suo partito una giunta regionale decapitata (Ottaviano Del Turco in Abruzzo), il sindaco di una grande città che fa finta di niente ma è stata sporcata dagli schizzi di un'inchiesta sui suoi più stretti collaboratori (Marta Vincenzi a Genova), la condizione di pregiudizio oggettivo in cui versa la guida politica della monnezza (Antonio Bassolino in Campania), i dubbi che riguardano il "modello Roma" e i regali fatti dall'amministrazione capitolina ai grandi costruttori della Capitale. Non sono di mezzo secolo fa le vicende legate a Unipol e al mondo delle cooperative rosse, gli strascichi che sono rimasti sul fondo.

Insomma, il Pd si ritrova al centro di una questione morale che lo riguarda e così trova le armi spuntate quando invoca rispetto per i magistrati guardando all'altro lato della barricata. Nel paese cresce la sensazione del bar morettiano di Ecce Bombo, particolarmente azzeccata in tempo di bipartitismo incipiente: "Rossi e neri sono tutti uguali".

Io so che non è così. Io, che faccio parte della famiglia democratica e la conosco bene dall'interno, so che non c'è quella indifferenza rispetto alla morale che è tipica delle destre italiane dell'era berlusconiana, peraltro codine e ipocrite perché continuo ad invocare un law and order di pura facciata.

Eppure, proprio perché so che rossi e neri non sono tutti uguali, che non siamo in un film di Alberto Sordi, chiedo al mio partito di non fare finta di niente, come sta invece facendo su tutti i punti di criticità dal 14 ottobre ad oggi elevando a sistema la teoria della faccia di bronzo, procedendo invece all'immediata sospensione degli accusati dal partito, fino ad eventuale scagionamento. Lo dirò domani alla direzione del partito, facendo eco ai tanti vostri interventi che mi arrivano via web e via email.

Poi, sempre martedì dalle 15, linee telefoniche aperte per una diretta televisiva speciale con me su Nessuno Tv (canale 890 di Sky, anche in streaming web): potrete dire la vostra sul tema "politica e questione morale" per due ore telefonando al numero 800.198.667. Sarà la mia ultima diretta televisiva della stagione (ci ritroveremo con una novità il 1 settembre) e la dedicherò all'amico Gianfranco che non c'è più e che per primo vi ha fatto aprire la bocca in tv.

dal blog di Mario Adinolfi 

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