ADINOLFI -

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26 giugno 2008, 9.56.56

Cose mai fatte


Il blog come al solito ti offre delle idee, le idee della comunità che lo frequenta e che gentilmente sta accompagnando questo mio viaggio americano.

Paolo m'aveva consigliato l'affaccio al finestrino mentre il mio volo per Los Angeles attraversava la parte meridionale della Groenlandia. Ragazzi, che spettacolo. Non avevo mai visto tanto bianco.

Non avevo mai viaggiato di fianco a una tizia di Hollywood, Kimberly, script supervisor di "Angeli e Demoni", il film con Tom Hanks che nelle ultime tre settimane è stato girato a Roma. Una macchina da guerra, dal suo iMac bianco ha tirato fuori una quantità di foto di dettagli della mia città che io, ovviamente, non riconoscevo. Innamorata del Vittoriano di piazza Venezia, diciottomila foto da sopra e da sotto, perché te sarai pure script supervisor e bionda bionda, ma sempre americana resti. Non avevo ancora capito quanto gli americani siano impressionati dagli "huge monuments". A loro la roba piace grande, anche se è un pugno in un occhio.

Piero m'ha consigliato il museo della memoria sulla Sepulveda Avenue, ma non ce l'ho fatta, perché volevo andare ad accarezzare le onde come mi ha chiesto Timoteo. Dunque Venice Beach, con la sua palestra sulla spiaggia, dove ho sfoggiato il mio addome in risposta a troppi addominali tutti uguali. Non avevo mai bagnato la mia pelle nelle acque americane dell'Oceano Pacifico. Sono più fredde di quelle australiane.

Ho invece seguito l'idea di Martino di andare al museo Getty, perché non avevo mai visto dal vivo la "Ragazza italiana" di Cezanne.



C'è tutta la malinconia che, ormai, bisogna lasciarsi alle spalle.

dal blog di Mario Adinolfi

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POLITICA

Fu sconfitto da Veltroni nella corsa alla leadership del Pd

Ora ha trovato un'altra strada: il mondiale

Dalle primarie a Las Vegas

Adinolfi fra politica e poker

di GIANLUCA MORESCO



Dalle primarie del Partito Democratico ai Mondiali di poker di Las Vegas, dalle discussioni accese con Veltroni, Letta, la Bindi e Gawronski, ai tavoli verdi del Rio Hotel, zona ovest della città del gioco per eccellenza.

Mario Adinolfi, 37 anni ad agosto, barba folta e occhiali, in questi giorni è lontano dalle incandescenti polemiche sulla magistratura. Adinolfi è partito per Los Angeles il 24 giugno inseguendo il sogno di quasi diecimila giocatori che in questi giorni affolleranno le sale del più esteso casino del Nevada: Mario gioca per entrare nella storia, come primo italiano in grado di vincere il titolo di campione del mondo di poker.

Adinolfi, dagli anni Ottanta ad oggi ha seguito un vulcanico percorso di formazione: firma articoli e produce servizi per l'Avvenire e Radio Vaticana, per l'Europa, Il Popolo e La Discussione; entra in Rai si muove nei corridoi del Tg1 e intanto butta giù idee per programmi condotti e diretti a metà tra le emittenti pubbliche e quelle private da "Contro Adinolfi" a "70in2" con Daniele Capezzone, a "Polifemo" a "Domani è Tardi" fino al "Tornasole". Tutto d'un fiato, fino all'incrocio con la politica a 22 anni. Prima la Democrazia Cristiana, poi l'ingresso nell'area di centrosinistra, nel 1993 è il più giovane membro dell'Assemblea Costituente del Partito Popolare Italiano.

Amore per la battuta, gusto per la provocazione, un modo bonario e corrosivo con cui affronta avversari politici ai dibattiti e giocatori al tavolo verde. Nel 2007 Adinolfi si era candidato alla guida del Partito Democratico, raccogliendo 5906 voti (pari allo 0,15%), venendo poi eletto come uno dei cento componenti della commissione che ne scrive lo statuto.

Alle ultime circoscrizioni era candidato alla Camera con il Partito democratico nella sezione Lazio 1, risultando alla fine il primo dei non eletti. "Diciamo che siamo in All in" aveva detto scherzando a poche settimane dalle elezioni, durante "Otto e mezzo" su La7. E' una frase presa dal gergo del poker americano che tanto ascendente esercita sul suo modo di raccontare la politica. Voleva dire "Puntiamo tutto, tutto quello che abbiamo".

Pugno duro sul tavolo in difesa della legge 194; voce alta a salvaguardare i diritti degli omosessuali, richiesta di modifica della legge 30, sul modello ipotizzato da Tito Boeri; e ancora abolizione di centri di spesa definiti "Inutili" come le Province, ma su un punto Adinolfi non è mai voluto retrocedere di un centimetro: "Il Pd deve essere un partito laico, che segnali l'impossibilità di ingerenza di qualsivoglia autorità religiosa nelle scelte di una democrazia".

Questa stessa sostanza dei concetti, Adinolfi sembra averla voluta applicare anche alla sua strategia di gioco. La sua specialità è il Texas Hold'em, il gioco che impazza di questi tempi nelle televisioni di mezzo mondo, quello con due carte per giocatore e cinque comuni nel mezzo, raccontato alla perfezione nel film "Rounders" diretto nel 1998 da John Dahl con Matt Damon e Edward Norton protagonisti. Adinolfi è diventato ormai quasi un'istituzione nei tornei sportivi giocati al Bridge Liegi, in uno degli angoli più affascinanti di Roma Nord, e organizzati dalla Liegi Nuts, associazione oggi leader in Italia nella promozione di eventi sportivi legati a questa variante di poker.

E proprio Adinolfi si è adoperato in prima persona per la promozione di un torneo organizzato da Luca Antinori, presidente della Liegi Nuts, che il 6 marzo scorso ha raccolto fondi per la Komen Italia Onlus, un'organizzazione non-profit, basata sul volontariato, che opera dal 2000 nella lotta ai tumori del seno. "Il cancro al seno - spiegava Adinolfi - è la principale causa di morte tra le donne con più di 35 anni. Ci sembra bello che un circolo dove si gioca a Texas Hold'em, gioco prevalentemente maschile, voglia rivolgere un atto di generosità verso l'altra metà del cielo".

Politica e impegno civile, il comune denominatore, le regole del poker a dettare il ritmo, a chiudere le serate più faticose e soprattutto a regalare il sogno di Las Vegas e di un mondiale che in Italia nessuno ha ancora mai vinto. Dal suo blog, Adinolfi naturalmente racconta tutto.

(30 giugno 2008)

da repubblica.it

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1 luglio 2008,

Poker e politica
30 giugno 2008, 19.18.00


Verrebbe da dire: cavolo, è un anno intero che facciamo cose di una discreta rilevanza e che costano un terribile impegno (18 luglio-14 ottobre 2007 candidatura Generazione U alle primarie, con libro annesso, poi Pugni in Tasca a Mtv, poi tutta la stagione della campagna elettorale che si è conclusa il 14 aprile a un passo dalla Camera, infine il dibattito avviato da noi nel Pd su una linea di opposizione a Veltroni con tanto di iniziativa pubblica il 7 giugno, la conferma della settimana scorsa nella direzione nazionale del Pd nonostante la durezza della posizione assunta, nel mentre ovviamente duecento puntate di Contro Adinolfi, duecentocinquanta articoli per Europa, le dirette speciali pomeridiane su Nessuno Tv, Streetcam...) poi uno si prende un paio di settimane di vacanza dedicandole al proprio lato ludico e finisce sulle home page di Repubblica e Corriere.

Va bene, è il circo mediatico, c'è qualche inesattezza qua e là, ma il divertissement lo accettiamo (e ringraziamo, ci mancherebbe), è estate per tutti.

E poi il poker e la politica hanno molto in comune, non solo la desinenza iniziale e io sono un politico e un giocatore di poker (e anche un giornalista o uno scrittore) orgoglioso delle attività che pratico. Delle mie qualità di giocatore, poi, faccio un vanto. Mi servono a capire meglio la vita. Spiego.

Quando inizi una mano di poker non sai come finirà, potrà essere innocua e ordinaria amministrazione oppure il momento in cui ti devi giocare tutto, devi assumere il massimo dei rischi. Per vincere a poker verrà sempre l'attimo del rischio assoluto, del dentro o fuori. I nostri politici sono invece dei giocatori estremamente "tight" (gergale per "chiusi"), non vogliono mai sentirsi dire "player out" (sei fuori) e per loro l'importante è tenere vivo il posto al tavolo, anche se il trascorrere del tempo erode le loro chips e li consegna all'inevitabile inazione.

Veltroni m'è apparso colui che meglio di altri sapeva gestire i rilanci, ora ha perso una grossa mano, è "short" (ha poche chips rimaste) e dovrebbe essere estremamente coraggioso se sapesse giocare a poker. Lo "short" che prova a gestire poche chips invece di giocarsi tutto ("all in") con coraggio è semplicemente condannato all'eliminazione. Può essere che sia eliminato lo stesso, ma almeno ha tentato di rinascere.

D'Alema, Marini, Bindi, Letta, Parisi, Rutelli, Fassino: tutti giocatori vecchi e prevedibili, quindi ormai sconfitti in partenza. L'imprevedibilità e la freschezza sono doti decisive al tavolo da poker, non a caso i ragazzini di vent'anni formati on line stanno facendo faville qui a Las Vegas.

C'è Napolitano a fare il dealer (mazziere), Fini che mi sembra un metodico che perde gli heads up finali (sfida testa a testa che determina il vincitore del titolo di campione di un torneo), Berlusconi che è Phil Hellmuth (un caciarone a cui non daresti una lira e invece è quello che ha collezionato più titoli da campione del mondo - bracelets in gergo - in assoluto), Bossi che mi pare Doyle Brunson (vecchia gloria che ha fatto la storia del poker, ora un po' stanco).

Un giro da queste parti a Las Vegas non farebbe male a nessuno dei nostri politici, mentre si giocano i mondiali. Io mi alleno e imparo a tenere botta, a subire la bad beats (colpi sfortunati) e a continuare a sfidare il mondo, perché vivere in un altro modo mi sarebbe impossibile e morire di noia nell'orizzonte oscuro di una carriera dove sia abolita la parola "rischio" non fa per me.

Noi abbiamo imparato, anche al tavolo da poker, quanto valgono le nostre idee e quanto siamo disposti a giocarci per esse.

Tutto, siamo disposti a giocarci tutto. La vita o almeno quel che ne resta. Poi, un giorno, speriamo che gli approfondimenti dei giornali siano dedicati a queste idee su cui abbiamo imperniato questo blog e non alla curiosità di una permanenza estiva a Las Vegas. E, comunque, va bene anche così. Sappiate solo che tutto si tiene e non potrebbe essere altrimenti.

Nessun esercizio inutile è tollerato da queste parti.

dal blog di Mario Adinolfi.

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3 luglio 2008, 12.19.27

Imbrogli e intrighi e melma


Ho rilasciato un'intervista che potete leggere sul sito di Panorama, su questa benedetta mia partecipazione ai mondiali di poker (l'anno scorso portai a casa un trecentesimo posto, quest'anno dalla mia specialità sono uscito centonovantesimo, facendo i calcoli della progressione tra un anno vado in the money, tra due al tavolo finale, tra tre vinco il bracelet, tutti avvertiti, l'ho scritto). L'intervista è lunga, ma alle due ultime risposte ci tengo e ve le metto qui.


La versione televisiva del poker all’americana sta facendo ascolti enormi anche in Italia. Come spiega questo successo?

Il poker nella versione Texas Hold’em che sto giocando ora a Las Vegas è estremamente spettacolare, mette alla prova le qualità migliori di un individuo: intelligenza, tenacia, propensione al rischio, capacità di lettura dell’avversario. In più, è facilmente comprensibile a chiunque, le regole sono semplici. E’ un gioco chiaro, si vince e si perde senza ambiguità, senza possibili recriminazioni, senza territori grigi. Forse anche questo piace all’italiano, che non ne può più di vedere imbrogli e intrighi e melma dietro ogni angolo.


Adinolfi, se dovesse tornare in Italia da campione del mondo, con quel premio favoloso da dieci milioni di dollari?

Non cambierebbe molto nella mia vita. Avrei realizzato un sogno personale e continuerei a dare una mano per una politica rinnovata e migliore di quella che abbiamo. Il poker mi insegna qualche trucco in più per continuare la battaglia contro i vecchi arnesi politici nostrani. Non a caso, qui a Las Vegas, i risultati migliori li ottengono i giovanissimi che si sono formati giocando sul web e stanno battendo tutte le vecchie glorie. Accadrà presto anche nella politica italiana.


dal blog di Mario Adinolfi

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Ieri 4 luglio 2008, 19.28.53

Un muro di fango e merda


La parola "merda" la aggiungo qui, ma a questo pensavo mentre, nella lunga intervista che ho rilasciato oggi a Radio Radicale (e che se volete potete riascoltare qui), utilizzavo la metafora del muro di fango che attraverso le intercettazioni sta dividendo ancora di più governanti e governati, rendendo sempre più evidente come al potere ci siano oligarchie e al di là del muro solo sudditi.

Democrazia diretta, subito. E nessuna privacy per chi governa. L'onore di dirigere un paese si paga con l'onere di dover vivere in una casa di vetro. Altro che proteggersi dietro a un muro. Che di fango e merda resta comunque fatto.

Nell'intervista ho detto anche altre cose, sulle complicità con il mondo del giornalismo, sulle oligarchie che si reggono in piedi secondo il principio del ricatto reciproco, tutte cose che chi legge questo blog conosce già, ma forse era utile ripetere pubblicamente.

Qui negli Stati Uniti è festa dell'Indipendenza e oggi provo invidia per il senso patriottico che esprimono in ogni angolo di strada e per la bellezza della loro democrazia, dove pure la dimensione oligarchica non è assente, ma che comparata alla nostra fa venir da piangere.

dal blog di Mario Adinolfi

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