ADINOLFI -
Admin:
21 maggio 2008,
Sobrio a Ballarò
Ogni martedì sera, vi prego, inventatevi qualcosa. Telefonatemi (ma una telefonata lunga), organizzate trappole, giochiamo a calcetto, pizza e cinemino, quello che volete voi, ma inventatevi qualcosa e così mi risparmierete le casse di Maalox che servono a digerire le performance Pd a Ballarò.
Che già la settimana scorsa c'erano stati i commenti senza se e senza ma di Enrico Letta sul discorso del Cavaliere, ma ieri, dico ieri, l'avete visto anche voi o me lo sono sognato?
L'avete visto anche voi Walter Veltroni dire che poverini, lui e Berlusconi erano attaccati per la loro scelta inciucista come erano stati attaccati Moro e Berlinguer? E non si capiva bene se intendeva dire che lui è la sintesi dei due supremi personaggi citati o semplicemente la reincarnazione di Enrico, nel qual caso il paragone tra Moro e Berlusconi rimanda al video pubblicato in testata da questo blog.
Il tutto accadeva senza che nessuno, neanche uno del pubblico, manco Formigoni o la Polverini (e la Polverini ormai Floris ce l'ha parcheggiata dentro casa, ce la dobbiamo sorbire una settimana sì e l'altra pure), alzasse la mano e piazzasse una replica.
Un commento sobrio, tipo: "Walter, che cazzo stai a di'?".
dal blog di Mario Adinolfi
Admin:
22 maggio 2008, 11.55.10
Vecchio centrosinistra e nuovo Pd
A Walter Veltroni piacciono i momenti simbolici, rituali, linguistici e così da qualche giorno nel suo frasario sta entrando, con l'insistenza di chi ha deciso in una riunioncina di staff di far passare un concetto utilizzando la logica del subliminale, la locuzione "vecchio centrosinistra" a cui affidare tutte le responsabilità della colossale sconfitta del 14 e 28 aprile, affiancata dall'antitesi "nuovo centrosinistra" come progettualità per il futuro.
La scelta segnala un orizzonte politico di Veltroni, come è ovvio, disegnato più o meno così: poiché sono inchiodato alla necessità di ottenere a tra un anno un risultato che mi eviti la fustigazione in pubblica piazza per manifesta incapacità, alle europee imbarco i residui di quello che resta alla mia sinistra, per tamponare i consensi che perderò verso Di Pietro e l'area di governo, certamente corroborata da un anno di governo che doveva essere "impopolare" e invece si dimostra immediatamente populista. L'annessione della Sinistra democratica è prossima, Vendola forse porterà Rifondazione a un patto federativo con il Pd e per Veltroni la sopravvivenza è assicurata. E quello sarà il "nuovo centrosinistra", perché una etichetta accattivante bisogna pur trovarla a questo ennesimo restyling della strategia del Pci (nessun nemico a sinistra, do you remember, è un riflesso condizionato per gli eterni ragazzi della Fgci).
I blogger di Generazione U e tutti coloro con i quali organizzeremo un'iniziativa pubblica il 7 giugno, per regalare al nostro partito l'idea che comincia a costruirsi nel conflitto un'alternativa di classe dirigente a chi vorrebbe spiegarci di essere inamovibile proprio per assenza di alternativa, ragionano su un'idea diversa. Sintetizzerei anche qui in una formula, così magari Veltroni può rifletterci sopra: a questo "nuovo centrosinistra", che porterebbe dentro di sé tutte le contraddizioni del vecchio più quel sapore d'antico che veramente ci consegnerebbe a decenni di opposizione, contrapponiamo l'idea di un nuovo Pd.
Il nuovo Pd non tradisce l'idea della vocazione maggioritaria, la mantiene e la considera il proprio orizzonte politico; il nuovo Pd ritiene elemento fondante della propria credibilità l'essere portatore di idee nuove che camminano su gambe nuove; il nuovo Pd non considera tollerabile un'opzione consociativa con il governo in carica, populista e pericoloso, contrastandolo dunque a partire da un programma alternativo netto incardinato su liberalizzazioni, tutela del lavoro con sensibilità forte al dramma del precariato, attenzione ai bisogni delle nuove generazioni. investimento massiccio su innovazione e ricerca scientifica; il nuovo Pd, soprattutto, marca la sua distanza dall'opzione efficientista che vuole trasformare la democrazia in un orpello, per cui l'uomo solo al comando è l'unico mezzo per salvare il paese, ricordando che ci siamo fondati su un atto coraggioso di democrazia diretta, le primarie del 14 ottobre 2007, a cui abbiamo partecipato da protagonisti perché riteniamo che regole e capacità di decisione collettiva possano rendere più feconda e anche più efficace la democrazia; il nuovo Pd, di conseguenza, avrà come battaglia di legislatura la legge sulla democrazia interna ai partiti e le primarie obbligatorie per legge, ritenendo fonte di legittimazione e di fortificazione delle leadership, l'investitura popolare e la discussione continua all'interno dei luoghi della democrazia.
Il nuovo Pd non rincorre le destre, ma impernia la propria idealità sulla centralità della persona, sull'uguaglianza delle opportunità, sulla tutela dei diritti del diverso e del debole e si oppone con tutte le forze a ogni forma di discriminazione di natura razziale, etnica, sessuale, generazionale.
Il nuovo Pd è il territorio della società aperta, lavoro contro le paure e alimenta la speranza, perché il futuro c'è e appartiene a chi lo sa immaginare.
dal blog di Mario Adinolfi
Admin:
Ieri 23 maggio 2008, 14.32.32
Dialogo sulla democrazia con Giuliano Ferrara
Ieri 23 maggio 2008, 12.12.00 | marioadinolfi
Dal Foglio di oggi. Per le puntate precedenti, leggere Malvino.
Al direttore
No, questa sua idea che l'oligarchia "ben organizzata" somigli molto "a una democrazia possibile", è proprio pericolosa. Pericolosa perché legittima tutto, i mandarini del Partito comunista cinese e gli emuli populisti nostrani, dando l'idea che per la democrazia (non "assoluta", ma "vera", dove la verità è nella convinzione del cittadino che votare e partecipare alla vita pubblica non sia un esercizio inutile) in fondo non ci sia speranza. Io credo che la battaglia culturale dell'immediato futuro, per l'Occidente tutto intero, sia se andare verso un sistema a democrazia dilatata o a democrazia contratta. Le primarie del Pd del 14 ottobre 2007, quelle americane di questi mesi, vanno nella direzione della democrazia dilatata a vasta partecipazione popolare, dove la forza della leadership trae origine dalla forza anche quantitativa della cittadinanza che vuole decidere. Le vicende del Pd delle ultime settimane, invece, appartengono allo schema della democrazia contratta, dove l'idea di efficienza coincide con lo schema dell'uomo solo al comando, di destra memoria. E allora ha ragione Michele Magno e torto lei. Direttore, attenzione, non confonda i piani: non prenda una delusione personale sul fronte della democrazia (ne ho subite anche io, di cocenti), come una delegittimazione tout court dell'idea stessa di democrazia, anche di democrazia diretta, che della democrazia è la frontiera da andare a toccare, prima o poi. Non derubrichi la questione: è veramente la battaglia culturale da combattere, in questo tempo di cupa allegria in cui hanno piazzato la nostra vita.
Mario Adinolfi
Risponde Giuliano Ferrara:
Non ho alcuna delusione politica da scontare, mi creda. Ho una illusione culturale e civile da (continuare a) coltivare, è diverso. Le primarie sono per il Pd il fatto di ieri e la legittimazione di quel partito per oggi e per domani. Non è che ogni tre mesi o sei mesi la democrazia cambia di qualità e richiede un nuovo Michels per analizzarne il carattere oligarchico. Ora i capi elettori si organizzano e riorganizzano dopo il trauma elettorale, ma l'interessante è che abbiano deciso di essere, se lo confermano, capi elettori di un corpo elettorale aperto, non capicorrente di un corpo di iscritto costituito alla vecchia maniera.
(a me pare una marcia indietro rispetto all'idea originale della "oligarchia bene organizzata" simile alla democrazia e mi va bene così, bella Giuliano, ci si vede per un cornetto da Linari, offro io)
dal blog di Mario Adinolfi
Admin:
26 maggio 2008, 14.00.19
Così italiani
26 maggio 2008, 11.56.00
Manca il racconto. Sì, il racconto dell'Italia moralmente devastata di questo inizio di millenno, il racconto di un paese senza appigli e senza approdi, che procede come zattera alla deriva. Se non avessimo avuto Dante, per raccontare il caos italiano di inizio Trecento, ci saremmo appesi almeno a un Cecco Angiolieri, senza Pirandello ci saremmo serviti di un Petrolini, senza Eduardo forse bastava Totò, senza il genio neorealista e il sogno di Fellini, la crisi dei decenni immediatamente precedenti a questo l'avrebbe disegnata solo Alberto Sordi.
E noi, per colmo della sfiga, nel tempo agghiacciante di un paese agghiacciante in cui ci è stato dato di vivere, non abbiamo né un Dante né un Pirandello, né un Eduardo né un Fellini. Allora c'è chi ci dice che la narrazione di quel che stiamo vivendo dobbiamo andarla a cercare nei film di Vanzina o nei Cesaroni, che saranno loro a rimanere.
Invece, guardate Boris. Boris sta all'Italia come Lost sta all'America. La nostra farsa contro la loro tragedia, le nostre mignottelle in Parlamento contro il loro 11 settembre, il nostro culto della mediocrità contro la loro idea western della realtà dei buoni contro i cattivi.
Boris è quello che un tempo avremmo definito un "telefilm" a lunga serialità, è arrivato alla seconda stagione e va in onda il lunedì sera su Fox. E' un racconto metatelevisivo (televisione nella televisione, nella narrazione del dietro le quinte della realizzazione della fiction "Gli occhi del cuore", con evidente rimando al pirandelliano teatro nel teatro, virato in farsa). Ma ovviamente è molto di più. E' l'Italia allo specchio. Anzi. Guardare una puntata di Boris è come piazzare sullo specchio una striscia di cocaina, tirarla su ed è lo stesso effetto: euforizzante all'inizio, deprimente nel down, comunque dà dipendenza neuronale se non fisica.
Prendete questo spezzone. Quello in cui il regista della fiction René Ferretti (interpretato da uno strepitoso Francesco Pannofino che oggi sarà mio ospite a Contro Adinolfi, su Nessuno Tv canale 890 di Sky in diretta alle 12.45 anche in streaming video o su Radio Città Futura) impone la mediocrità al più grande attore italiano, per adeguarlo al livello dei suoi colleghi attori incapaci.
In questa richiesta a Roberto Herlitzka di fare la faccia "a cazzo di cane" si annida il male dell'Italia.
Guardate Boris, guardatevi allo specchio. L'affresco è colossale, è una Cappella Sistina deformata, ci siamo dentro tutti come in un giudizio universale.
Ci sono la nostra guerra tra poveri, il potere che opprime e i kapò sensibili.
C'è la creatività ridotta a cinica e cialtrona serialità.
dal blog di Mario Adinolfi.
Admin:
28 maggio 2008, 8.38.49
Utilità
Ma noi siamo qui sui blog perché, in fondo, abbiamo semplicemente bisogno di sfogarci?
Ne discuto a Unomattina dalle 9.30 con quel geniaccio di Massimo Gramellini, che con i blog ha i pregiudizi che hanno molti giornalisti.
Vediamo che ne esce fuori.
(intanto, Veltroni prova a fare il duro con Berlusconi in un'intervista a Aldo Cazzullo, ma non ci crede manco lui...Walter, apriti un blog e sfogati anche tu)
dal blog di Mario Adinolfi
Navigazione