PARTITO DEMOCRATICO (dopo il voto).

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Politica
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PD: VELTRONI, SIAMO PARTITO NUOVO BASTA CON RIUNIONI DEGLI EX


Milano, 24 mag. - (Adnkronos) - "Siamo un partito nuovo. Basta con le riunioni degli ex e basta con il guardare al gruppo sanguigno di ognuno".

Lo ha detto Walter Veltroni, leader del Partito democratico, nel suo intervento al primo forum dei circoli lombardi del Pd, tenutosi oggi a Milano.

Veltroni ha sottolineato che il Pd deve puntare sul "radicamento sul territorio.

Dobbiamo essere un partito federale dentro un'idea federale dello Stato.

Dobbiamo recuperare un alfabeto ricco, farci da soli la nostra agenda e recuperare il tema dei giovani

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Il PD Messinese chiede ufficilamente aiuto al Segretario Nazionale

(contributo inviato da Soufiya il 27 maggio 2008)

OMICIDIO DEL PARTITO DEMOCRATICO IN PROVINCIA DI MESSINA



Segnalo un fatto gravissimo avvenuto in Sicilia, nella provincia di Messina in occasione delle elezioni provinciali: la lista del Presidente collegata al candidato presidente della Provincia Paolo Siracusano, non è stata presentata dalla segreteria provinciale di Messina per la partecipazione alla competizione elettorale, adducendo motivazioni poco chiare che non rispondono al vero, come ad esempio la non correttezza della documentazione esibita, quando fino a poche ore prima le persone che si erano incaricate della raccolta ed autentica delle firme erano state rassicurate sulla bontà degli aspetti burocratici.

Inoltre i suddetti incaricati per la consegna delle firme e dei documenti, hanno riscontrato grosse difficoltà ed ostruzionismo nel ricevere la firma, indispensabile , di un consigliere provinciale, infatti pur essendo presenti in quella sede 4 consiglieri provinciali, si sono tutti rifiutati di apporre la firma per futili motivi, solo dopo alcune ore di attesa un quinto Consigliere Provinciale ha apposto la firma necessaria.

Di queste liste si era fatto garante il deputato regionale, on. Filippo Panarello, poiché erano composte nella quasi totale maggioranza da persone provenienti dall’ex DS, mentre le persone provenienti dall’ex Margherita sono andate a comporre la lista ufficiale del PD a cura del segretario provinciale on. Franco Rinaldi. La scelta di inserire tutti i candidati ex- Margherita nella lista ufficiale Pd e tutti gli ex- DS candidati nella lista del Presidente, era stata voluta dal Segretario Provinciale, nonostante i pareri contrari di tutti i rappresentanti dei circoli locali, le condizioni sono state irremovibili. Misteriosamente poche ore prima della consegna delle liste, il consigliere provinciale uscente, ex DS, Filippo Isaja, ha fatto il passaggio dalla Lista del Presidente alla lista ufficiale del PD. Tutti gli altri ex diessini sono rimasti tagliati fuori, perché chi era incaricato di consegnare la Lista del Presidente non si è presentato agli appuntamenti.

Ora sarebbe da stupidi pensare che le liste non siano state presentate per un errore o una mancanza e sarebbe ancora più da stupidi considerarci talmente scemi da non pensare che è stata una precisa scelta politica, che ha danneggiato enormemente una parte di appartenenti al PD che avevano investito nella candidatura, prendendo anche degli impegni economici con tipografie, giornali e tv per la pubblicità e soprattutto si stavano già impegnando con gli elettori. Hanno perso tutto, cosa più importante la faccia e dietro loro anche i circoli ed i loro rappresentanti che li sostenevano.

Guarda caso da questa faccenda ci guadagnano i due consiglieri provinciali uscenti, che sono gli unici due candidati forti della Lista ufficiale del PD e sono accompagnati, da giovani o semisconosciuti, provenienti da realtà piccolissime, che non rappresentano, per quanto ci riguarda, il Collegio elettorale di Taormina e che hanno possibilità di essere eletti pressoché pari allo zero.

Risultato raggiunto: caos totale nei circoli locali con, in casi estremi dimissioni e fuori uscite dal partito (Circolo Letojanni), in quelli meno estremi, ma forse molto più gravi la scelta dell’astensionismo o di votare altri candidati che non appartengano al PD. LO SCHIFO TOTALE! Secondo voi questa è una buona partenza per radicare il PD nel territorio? Secondo voi questo PD siciliano e della Provincia di Messina ha qualcosa a che vedere con quelli che sono i principi del PD…a questo punto se esistono? Secondo voi questo è un buon metodo per iniziare il ricambio della classe dirigente? Lo sapete quante sono le donne candidate nella lista ufficiale del PD del Collegio di Taormina? ZERO!!!!

Qualcuno ha la bontà di illuminarmi con qualche risposta? Perché quaggiù è buio pesto e di democratico in questo Partito Democratico c’è veramente poco.

Io sono una componente dimissionaria del Coordinamento Cittadino del PD del Circolo di Letojanni, al momento rimango semplice iscritta al partito, ma se le risposte che cerco non arrivano, allora valuterò questo silenzio come assenso ad una situazione vergognosa e di conseguenza lascerò il Partito e… non sarò l’unica.

Signori qualcuno si svegli e ci dia una risposta, perché nella provincia di Messina si sta perpretando l’omicidio del Partito Democratico, e se non ci date una mano voi allora a chi ci dobbiamo rivolgere, visto che gli organi provinciali e regionali hanno generato tutto questo caos e malcontento?

Grazie.
Soufiya – Circolo PD Letojanni


da partitodemocratico.gruppi.ilcannocchiale.it

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L'intervista

«Governo, solo fuochi d'artificio La Chiesa ha diritto di parlare»

Veltroni: mi piacerebbe una donna alla guida dell'«Unità»



ROMA — Onorevole Veltroni, l'opposizione è accusata di essere troppo morbida, accondiscendente. Come se ci fossero le larghe intese, anche se non avete pareggiato ma perso. «No. È come se ci fossero due mondi separati, uno virtuale e uno reale. Nel mondo virtuale, lettori e scrittori di giornali di varie dimensioni se la cantano e se la suonano. Nel mondo reale, è successo che alla prima prova parlamentare il governo sia andato sotto proprio grazie alla nostra opposizione che qualcuno giudica fin troppo dura; ed è il primo provvedimento che arriva. Purtroppo, il nostro è un Paese di politici d'antan. Un Paese politicamente di pasticcioni e furbacchioni, che si divertono a confondere dialogo e opposizione. Nel mondo reale, la questione è semplice: si dialoga sulle riforme, ci si oppone sui contenuti».

Questo significa che terrete duro anche sulle questioni care al premier, tipo il sistema tv? E lui è d'accordo? «Sono sempre più affascinato dai nostri padri costituenti. Uomini come Calamandrei, cui il Pd dedicherà un convegno in autunno. Uomini che non litigavano su Rete4 ma su democrazia e totalitarismo, su Usa e Urss; però scrivevano le regole insieme. Dopo è cominciata un'altra stagione, di melassa, gelatina, marmellata, confusione. Quella stagione è finita: ci si può opporre con fermezza su Rete4 e denunciare la scomparsa della cordata Alitalia, senza che per questo il dialogo sulle riforme debba interrompersi. Così come è finito il clima di scannatoio durato quindici anni. Io ho cominciato a usare toni nuovi già in campagna elettorale; il leader dello schieramento a noi avverso l'ha fatto soltanto dopo la vittoria».

Da Bassolino in giù, è un fiorire di laudatori: Berlusconi, rappresentato come malvagio, è ora definito statista. Non siete passati da un eccesso all'altro? «Io non ho mai detto nessuna di queste cose. Se il Paese è così malridotto, buona parte della responsabilità grava su Berlusconi, che è stato per quattro volte presidente del Consiglio. E che rappresenta un sistema di valori, una visione del mondo cui bisogna opporsi con sempre maggior forza ed energia, contro cui si deve dare una solare battaglia culturale e ideale». Lei si è appena seduto al suo tavolo. «Sì. E appena ci siamo seduti, per prima cosa gli ho detto: "Capiamoci bene. Se questo dialogo è un esercizio di buone maniere, mi interessa poco, per quanto le buone maniere siano preferibili a quelle cattive. Se invece è un dialogo per scrivere insieme le regole del gioco democratico, allora sarò un interlocutore leale. Ripartiamo dal pacchetto Violante. Riformiamo la legge elettorale per le Europee, ma senza tagliare fuori le altre forze: non voterò mai uno sbarramento che superi il 3%". Attendo segni che corrispondano alle parole. Altrimenti, sarò il primo a riconoscere che è stato inutile».

I segni riguarderanno anche la Rai? La sua proposta dell'amministratore unico non è già stata respinta? «Vedremo. Aspettiamo risposte. Eleggere un altro Consiglio d'amministrazione pieno di ex parlamentari sarebbe un gravissimo errore. Preferisco un amministratore delegato nominato dal governo e approvato dal Parlamento all'assurdo sistema attuale. Un manager al di sopra delle parti. Un aspetto cruciale, in un Paese dove l'informazione è egemonizzata dal capo del governo ». Alla vigilanza Rai andrà Leoluca Orlando? «Siamo favorevoli alla sua candidatura. La sosterremo. E ricordo che, quand'eravamo maggioranza, votammo il candidato proposto dal centrodestra, Storace. La maggioranza non può sindacare sul nome indicato dall'opposizione».

Non teme si saldi, tra tv e politica, una forza avversa al Pd, di grande appeal elettorale? Magari attorno a quella che Santoro definisce ironicamente la banda dei quattro: lui, Travaglio, Beppe Grillo, Di Pietro? «Da tempo ho rotto con la logica del " pas d'ennemis a gauche", nessun nemico a sinistra. Non vivo con questo incubo; altrimenti non potremmo assolvere al compito che spetta a una grande forza riformista del 34%. Non possiamo tornare indietro. È fisiologico che si creino aree di critica più radicale, da rispettare, con cui dialogare. Magari assumendo talora posizioni più radicali delle loro. Noto che Di Pietro è favorevole al reato di immigrazione clandestina. Noi no». Il governo è in luna di miele, l'opposizione sembra nell'angolo. «La luna di miele si interromperà molto presto, anche prima di quanto pensiamo. La destra ha vinto le elezioni sulla linea della paura: paura degli immigrati, dei rom, dell'impoverimento. E la paura rende più facile vincere, ma molto più difficile governare. Ora siamo alla fase dei fuochi d'artificio. Quando il fumo dei fuochi si sarà diradato, quando vedremo che i fatti di violenza proseguono, i campi rom ci sono ancora, l'impoverimento continua, allora ci sarà un effetto boomerang. Mai come oggi sono preoccupato: l'insicurezza sociale, e anche personale, è stata incanalata sulla linea dell'egoismo sociale. Ma questo fa saltare il principio solidale. È la dilatazione del Nimby: fate tutto, ma non da me. È la logica delle ronde, del blocco stradale, del "mi faccio giustizia da solo". Poi non c'è da stupirsi se qualche energumeno con svastica va a spaccare le vetrine degli immigrati».

Il sindaco Pd di Marano, Salvatore Perrotta, è molto Nimby. Guida la rivolta sulle barricate. «Da lontano è facile decidere ogni cosa. Un sindaco vive in mezzo alla sua comunità, non può non sentirne gli umori. Ma gli uomini pubblici devono trovare la forza di non fare le cose più ovvie, quelle che piacciono a tutti». Cosa pensa delle critiche del governo Zapatero al nostro? «I giudizi di un governo su un altro governo sono sempre spiacevoli, e non andrebbero formulati. Ma dobbiamo essere consci che c'è lo sguardo dell'Europa su di noi. Un governo che dichiara fuorilegge 650 mila immigrati, compresi 300 mila badanti e moltissimi altri lavoratori, è un governo che viene tenuto d'occhio. Che facciamo? Arrestiamo 650 mila persone in un Paese che non costruisce un carcere da anni? Apriamo 650 mila procedimenti in tribunali che impiegano dieci anni per chiudere un processo? Ecco perché dico che il risveglio dalla notte dei fuochi d'artificio sarà doloroso, e pericoloso».

Ma sull'economia Tremonti vi ha messo in difficoltà. Paghino banche e petrolieri, dice. Lei cosa risponde? «Paghino banche e petrolieri, sono d'accordo. Il problema è che fare con quei soldi. Detassare gli straordinari va bene, anche se l'esclusione dei dipendenti pubblici è ingiusta e crea problemi di incostituzionalità. Ma sarebbe meglio intervenire sulla contrattazione di secondo livello. I benefici di Tremonti escludono precari, anziani, donne: le categorie più esposte al rischio di impoverimento. Quanto ai mutui, non è difficile prevedere un'altra delusione. Già i consumatori fanno notare che si tratta di una dilazione, non di una rinegoziazione. Il fatto stesso che le banche abbiano subito detto sì desta un legittimo sospetto ». Sul federalismo fiscale lei ha aperto un dialogo con Formigoni. Ma Chiamparino la pensa diversamente. «Io la penso come Chiamparino: federalismo solidale differenziato. Avvicinare il fisco alla vita dei cittadini, senza spezzare il vincolo di solidarietà tra regioni diverse: altrimenti avremo al Nord una California e al Sud un paese povero».

L'impressione è che lei punti a dividere la Sinistra Arcobaleno e ad allearsi con una sua parte. «Non si tratta di dividerli. Certo l'Unione non tornerà. Mentre è possibile costruire un nuovo centrosinistra, avendo un interlocutore su posizioni più radicali delle nostre, ma senza prendere più nulla a scatola chiusa. Non contano i buoni sentimenti. Contano i programmi condivisi». D'Alema dice che il leader giusto per Rifondazione è Vendola. «Non interferisco con quanto accade in un altro partito, con la loro discussione. Mi limito ad augurarmi che sia una discussione vera. Finora ho visto una reazione autoassolutoria. Come se la loro sconfitta fosse colpa mia, e non di chi ha messo fine al centrosinistra; ostacolando le cose migliori del governo Prodi, dalla riforma del welfare alle missioni all'estero». D'Alema è molto attivo. «Ognuno dice la sua opinione, ed è legittimo che lo faccia. D'Alema ha detto di voler fondare una fondazione culturale, non un partito nel partito. Sono portato a prendere sul serio le parole delle persone serie. Il lavoro della fondazione culturale di D'Alema sarà molto utile al Pd». Ma dell'opinione di D'Alema sulla tentazione della Chiesa per il potere e il patto con la destra, lei che pensa? «Non c'è nessun patto. L'Italia è un Paese particolare; ma l'influenza della Chiesa non mi spaventa certo. La Chiesa ha diritto di esprimere la sua opinione; non possiamo applaudirla se difende gli immigrati, e zittirla se critica la fecondazione assistita. Sta a noi difendere la laicità della politica ».

Non negherà che il Pd abbia perso voti cattolici, a vantaggio dell'Udc e della destra. «Certo, l'Udc in mezzo prima non c'era; quando l'offerta politica si arricchisce, i voti si diversificano. Ma chissà se questi flussi sono reali. In Italia non si prende il 34% senza intercettare una parte rilevante del voto cattolico. Il referendum sulla fecondazione assistita l'avevamo perso 75 a 25. Piuttosto, noto che dal governo Berlusconi sono scomparse le personalità di cultura cattolica, comprese quelle d'indubbio spessore come Pisanu e Formigoni. Hanno prevalso personalità di cultura berlusconiana». Le toccherà occuparsi anche di giornali. Il Pd ne ha due, «Europa» e «l'Unità», molto diversi. La linea di Menichini non è la stessa di Padellaro. «È una divisione che viene da altri tempi storici. Ora per l'Unità si è trovata una soluzione splendida. Sono stato direttore di quel giornale quando andava bene. Da segretario ds ho avuto il coraggio di fermare l'emorragia, e grazie al lavoro di Folena l'Unità rinacque subito. Ora Soru, uno degli uomini più convinti del progetto del Pd, definirà un'idea nuova del giornale coerente con l'obiettivo di parlare a pubblici nuovi e raccontare in profondità la società italiana. E Gentiloni lavora a rafforzare la nostra presenza nel web e nel sistema tv».

Quale direttore vorrebbe per «l'Unità»? «Non sta a me decidere. Certo, in un mondo di giornali che fanno prediche femministe ma hanno ai vertici pochissime donne, mi piacerebbe proseguire la rivoluzione che abbiamo avviato portando — dopo le molte che abbiamo fatto eleggere in Parlamento — una donna alla direzione dell'Unità». È giusto o no che Roma dedichi una via ad Almirante? «Ho preferito fare una scelta più limpida: mandare un messaggio di riconciliazione alla città dedicando strade ai caduti degli anni di piombo, di destra e di sinistra. Persone innocenti vittime della violenza. Una violenza che, come dimostrano i fatti dell'università, può rinascere specie se in una comunità si crea un clima di tensione e contrapposizione ».

di Aldo Cazzullo
28 maggio 2008

da corriere.it

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POLITICA

Eletta la Direzione nazionale, 120 persone dalle varie anime del partito

Bindi ritira la mozione. D'Alema e Rutelli non intervengono. Prodi apprezza tratto ulivista

Pd, tregua armata tra le correnti

di CLAUDIA FUSANI

 

ROMA - Nel Pd è tregua balneare ma armata fino ai denti. Non conviene a nessuno adesso tentare la mossa da scacco matto, nessun regolamento di conti. Tutti però, e s'intendono le correnti (sette o otto) che in modo più o meno organizzato si muovono nel partito, tengono la loro posizione e stanno pronti. Veltroni è e resta il segretario di tutti, non avrebbe senso contarsi proprio adesso che Berlusconi è tornato Caimano e ragala un po' di colla all'opposizione. Il congresso, quindi, può attendere. E il segretario guadagna tempo utilissimo per far crescere e radicare la creatura Pd.

Con queste premesse, decise nei giorni scorsi tra caminetti e riunioni, i lavori dell'Assemblea nazionale del Partito democratico, la prima dopo l'uno-due elettorale, non potevano che essere la fotografia della tregua decisa a tavolino e la certificazione dei due obiettivi principali: costruire il partito ("il tesseramento parte a luglio, non abbiamo mai creduto al partito liquido bensi a uno radicato nel territorio" ha detto Veltroni) e puntare alle Europee del 2009 costruendo prima la casa europea.

Parisi e i prodiani fuori dall'Assemblea nazionale. Ma i lavori - un solo giorno anzichè due - sono stati anche la fotografia dello scontento che si muove nella base del partito e tra i prodiani. Nella Direzione nazionale eletta oggi - 120 persone anima e motore del partito e organo che andrà piano piano a sostituire i 2.800 dell'Assemblea costituente - alla fine entrano tutti, da Massimo D'Alema a Rosy Bindi. Tutti tranne Parisi e i prodiani che hanno lasciato l'assemblea con buon anticipo e in ordine sparso.

Il malcontento prende corpo subito dopo l'intervento di Veltroni. Anna Finocchiaro elenca l'ordine dei lavori e informa l'assemblea che dovrà essere votata la Direzione nazionale (120 persone), che il segretario ha un suo listone "composto su base proporzionale rispetto ai risultati delle primarie" e che "tra le 14 e le 17 sarà possibile presentare altre liste purchè abbianmo almeno 280 firme di delegati". Il fatto è che non ci sono e non ci saranno altre liste alternative a quella di Veltroni perchè, dice con sarcasmo l'onorevole Mario Barbi con polo e zainetto sulle spalle, "nessuno conosceva le condizioni per presentare altre liste. Lo sappaimo adesso, così come abbiamo saputo l'ordine del giorno dell'assemblea due giorni fa dai giornali".

Botta e risposta. Se Barbi parla da sotto il palco, Parisi - da sempre il più convinto oppositore della riproposizione del meccanismo delle correnti nel Pd - si fionda al microfono. La relazione, dice, "è una comprensibile difesa di quello che è stato fatto. Purtroppo, però, l'unico giudizio sul nostro operato e sulla dirigenza resta quello degli elettori a livello nazionale, a Roma e nella Sicilia". Sul fatto, poi, che "il Pd è l'Ulivo che si è fatto partito" come sostiene Veltroni, Parisi taglia corto: "Allora vuol dire che si è fatto male...(il Pd ndr)". Ma poi arriva al dunque. E il dunque è che "questa assemblea non ha il numero legale" e quindi "non può votare la Direzione nazionale". Nel padiglione, tra i delegati cala il gelo. I numeri confermano quello che dice il professore ulivista: in sala ci sono solo 1225 seggiole, alcune sono vuote, altre sono occupate da giornalisti, agli stand si sarebbero accreditati solo 800 delegati anzichè i 2.800 previsti. Il numero legale scatta a quota 1400 voti.

Quante assenze nell'assemblea. L'incognita del numero legale imbarazza e aleggia per tutto il giorno nel padiglione n.8 della Fiera di Roma. Quello che è certo è che ci sarà una sola lista per la direzione nazionale. "Ma la direzione del partito è il suo Dna - attacca l'ex ministro della Difesa - e noi la stiamo facendo nascere da un equilibrio di correnti". Ecco perchè "si fa fatica a definire democratica questa assemblea". Parisi scende dal palco. Prende la parola il n.2 Dario Franceschini per calmare le acque e difendere il criterio proporzionale con cui sarà composta la lista unica dei componenti della Direzione. "Non solleviamo questioni formali inutili che nascondono invece altre questioni sostanziali...". Parisi, che ascolta in piedi a pochi metri, serra la mascella, alza l'indice e va verso il palco, sotto Franceschini: "Non ti permettere di fare queste insinuazioni...". Mario Barbi resta in platea e organizza la clac. "Qui non c'è il numero legale - grida - la verità è che non ci hanno permesso di presentare una nostra lista...". Anche l'ex sottosegretario Mario Lettieri sale sul palco e chiede la verifica del numero legale. Parisi poi spiega che non lascerà il partito. Ma non entrerà in direzione. Romano Prodi, rigorosamente assente e impegnato in conferenze universitarie in Francia e in Spagna, apprezza gli applausi e "il tratto ulivista dato all'assemblea". Ma resta il grande freddo con il partito e con Veltroni. Le dimissioni restano lì. E la Presidenza un problema di domani, rinviabile.

La rivincita di Rosy? Cosa che invece fa Rosy Bindi, l'altra pasionaria ulivista, che rinuncia all'annunciata mozione per chiedere a Prodi di ritirare le dimissioni da presidente del Pd. E' soddisfatta per il riferimento di Veltroni all'Ulivo ("radice più profonda e importante del Pd") e ancora di più per la standing ovation di oltre un minuto ("il vero riconoscimento a Prodi") che la platea riserva al Professore. "In questi mesi passati - spiega Bindi dal palco - non si era percepito con chiarezza che il Pd è la prosecuzione dell'Ulivo e che la vocazione maggioritaria non è la rinuncia a costruire un nuovo centrosinistra, ma far maturare le forze della sinistra in una prospettiva di governo. Oggi invece il messaggio è stato chiaro".

D'Alema e Rutelli non intervengono. Restano ai margini Francesco Rutelli, leader dei Coraggiosi, e Massimo D'Alema che ha fatto della Fondazioni Italiani-Europei la sua privata cabina di regia, luogo dove discutere e dibattere e stringere alleanze. Entrambi scelgono di non intervenire. D'Alema si limita a definire "equilibrata e serena" una relazione che "aiuta a ripartire". Ma allo stop di Veltroni alle correnti seppure travestite da Fondazioni (come la dalemiana Italianieuropei), l'ex ministro degli Esteri replica: "Il pluralismo va considerato come una ricchezza per il confronto delle idee". Infatti martedì fa nascere Red, gruppo di parlamentari riformatori e democratici.

Marini: "In Europa una federazione col Pse". Sembrano "pacificati" i Popolari legati a Veltroni con un patto di ferro che passa attraverso incarichi e nomine come quella di Gentiloni, diventato responsabile della Comunicazione, e Fioroni (responsabile dell'Organizzazione del partito). Le teorie di Famiglia Cristiana ("Il Pd ha scaricato i cattolici") sono acqua passata. Sul palco sale Franco Marini, presidente in pectore una volta risolto il nodo Prodi. "Questa assemblea - dice - mi è piaciuta perchè non s'è parlato di congresso anticipato, non c'è stato alcun rovesciamento di linea e a Veltroni è stato riconosciuto lo sforzo che ha fatto nonostante la sconfitta elettorale". Adesso c'è da costruire il partito "e questo lo si fa andando sul territorio e battendo l'Italia". Poi Marini apre improvvisamente all'Europa, l'altra spina nel fianco del Pd e di Veltroni, e dice sì "ad una forma federata con il Pse".

Fin qui le anime del partito in stato, si diceva, di tregua armata e che si rispecchiano perfettamente nelle quote della neo-eletta Direzione nazionale: 55% ex ds, 45 per cento ex dl tra cui 20% i popolari, bindiani e rutelliani al 10, più o meno come i lettiani. Veltroni tiene per sè una quota di circa venti nomi "giovani ed espressione della società civile". Tra questi Luca Sofri, Miriam Mafai, la regista Cristina Comencini e l'economista Nicola Rossi.

Ci sarebbe poi da parlare della base del partito, quella che è salita sul palco e ha preso la parola davanti a una sala mezza vuota. C'è molta delusione ("E' già finito tutto?) e un po' di rabbia ("da mesi cerco di avere qualcuno nel mio circolo ma non mi rispondono neppure"). Ma continuano a crederci. Nel Pd e in Veltroni.

(20 giugno 2008)

da repubblica.it

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Pd, tutti contro Arturo Parisi: «Veltroni resterà segretario»


«Veltroni conduce tra gli applausi di tutti una campagna elettorale difficilissima ma dopo il voto comincia il logoramento. Con una differenza profonda. Negli altri casi i leader erano i candidati di una coalizione alle politiche, in questo caso logorare Veltroni significa indebolire il partito che sta ancora nascendo». Dario Franceschini osserva con dispiacere che «è ricominciato lo sport nazionale dei gruppi dirigenti del centrosinistra: logorare il leader». Il vicesegretario Pd aggiunge che «questa disciplina va abolita» e rilancia sulla conferma della premiership di Veltroni anche per le prossime Politiche: «Penso che questo sia il mandato che ha ricevuto. A meno che qualcuno, in modo disonesto, pensi che il suo compito fosse costruire il Pd e vincere contro il centrodestra in tre mesi e in quelle condizioni».

Franceschini rileva che leader europei come Cameron, Aznar, Merkel, Zapatero e Blair hanno o hanno avuto un orizzonte ampio per impostare un percorso politico: «Possiamo fare così anche noi? Anche perchè è del tutto chiaro - avverte - che il giorno in cui al posto di Veltroni ci fosse un altro, il gioco del logoramento ricomincerebbe daccapo». Parole severe per Arturo Parisi e le sue altrettanto ruvide critiche a Veltroni: «E dov'è la notizia? Parisi fa così da 15 anni. Pensa che ogni momento positivo sia merito suo e ogni difficoltà sia figlia invece della tragica colpa di non aver seguito i suoi preziosi consigli. Parisi approva, Parisi collabora: quella - chiosa - sarebbe stata la novità da titolo».

Stesso parare da Goffredo Bettini, coordinatore del Pd. «Siamo amareggiati dall'attacco così violento e fuori misura a Veltroni» di Arturo Parisi.. Bettini fa il punto sul futuro del partito e all'ex ministro della Difesa dice che «discutere è necessario come il pane, ma farlo a colpi di piccone è inesistente». Bettini difende totalmente il segretario del Pd: «Ma cosa vuole Parisi? Veltroni è stato chiamato da tutti in un momento di sbandamento e di lotta e ha costruito il partito». È facile, aggiunge, «dare lezioni quando si è sempre "trasportati" da chi fa la fatica e ha il coraggio di mettere la faccia in prima persona».

Per il braccio destro di Veltroni il partito deve affrontare «un cammino con modestia e con tenacia». Certo sarebbe stato utile il congresso, ma la maggioranza del partito era contraria e «insistere avrebbe rafforzato in alcuni la sensazione di avere di fronte un imperatore buono in lotta contro gli oligarchi». Ma «l'urgenza», ora che «la luna di miele del governo Berlusconi si sta rapidamente consumando», è quella di «guardare avanti», perché si «incominciano a intravedere tutti gli elementi di una grande mobilitazione di massa».

Anche Rosy Bindi prende le distanze da Arturo Parisi. «Il problema non è mandare a casa il segretario» ma costruire il partito e smettere di portare avanti il dialogo se «rischia di legittimare» un governo a cui invece il Pd si deve proporre come «alternativa». Bindi invita Veltroni «a cominciare a lavorare collegialmente, rispettando, e direi persino valorizzando, anche il dissenso».

«Credo che ci sia una distinzione tra me e Parisi - dice - non sono stata meno dura di lui nel registrare la scarsa democrazia interna, ma penso che le idee mie e quelle di molti possano essere utili se vengono offerte a chi ha la responsabilità del partito». Per superare la «principale difficoltà» che è la «sconfitta elettorale pesante, confermata a Roma e in Sicilia», Bindi suggerisce al segretario che «radicarsi non vuol dire solo fare le tessere ma ricreare un rapporto con la società italiana». Bisogna poi «chiarire bene che la vocazione maggioritaria non è l'autosufficienza», e «farsi carico fin d'ora di ricostruire un nuovo centrosinistra».

Pubblicato il: 23.06.08
Modificato il: 23.06.08 alle ore 11.52   
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