ILVO DIAMANTI -

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Arlecchino:
Scissione e scandali, il Pd perde voti e Grillo lo sorpassa.
Bene Gentiloni Il premier è il leader più apprezzato. Cresce la domanda di stabilità.
I Democratici perdono quasi due punti in un mese, il centrosinistra si allarga ma è frammentato. Il 70% ritiene gravi i fatti emersi con l’indagine Consip

Di ILVO DIAMANTI
04 marzo 2017

Nel Pd - e intorno al Pd - è successo di tutto nelle ultime settimane. È il riflesso del voto al referendum del 4 dicembre 2016. E delle immediate dimissioni di Matteo Renzi da capo del governo. Il sondaggio dell'Atlante politico di Demos per Repubblica mostra come questi eventi abbiano prodotto conseguenze significative non solo nel Pd. Ma sugli orientamenti degli elettori. Di sinistra e nell'insieme. Il Pd, infatti, paga la scissione con oltre due punti percentuali. Si attesta poco oltre il 27% e viene superato dal M5S.

Il Movimento 5Stelle, grazie ai guai del PD riesce a contenere gli effetti dei propri. A Roma, in particolare. I "Democratici e Progressisti" - DP - sono accreditati di circa il 4% dei consensi. Abbastanza per "contare", con l'attuale legge elettorale. Proporzionale. Ma non per andare oltre il ruolo di "minoranza attiva".

Tuttavia, se consideriamo anche il Campo Progressista, appena "aperto" dall'ex sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, e le altre componenti di Sinistra, per prima SI, diventa evidente come l'area di centro-sinistra si sia, complessivamente, allargata. Ora sfiora il 38%. Circa 3 punti in più rispetto a un mese fa. Il problema, però, è che allargamento e frammentazione, a sinistra, procedono insieme. E, anzi, si moltiplicano. Le differenze: divengono divisioni. Confini profondi.

LE TABELLE …

Anche a destra, conclusa la lunga stagione ispirata da Silvio Berlusconi, si stenta a cogliere segni di ripresa. Soprattutto, di aggregazione. Da un lato, si assiste alla crescita dei Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. Oltre il 6%. Ormai costituiscono un concorrente: per FI e, anzitutto, per la Lega di Salvini. Entrambi in calo di 2-3 punti.

Nell'insieme, emerge un quadro più frammentato del consueto. A Destra e a Sinistra. Ma, soprattutto, più difficile da ricomporre, vista la difficile coabitazione fra i principali pezzi del mosaico. Per quasi 3 anni, d'altronde, il sistema politico italiano si è raccolto e diviso intorno a Matteo Renzi. Così oggi è difficile trovare nuovi riferimenti, nuovi muri. In base ai quali "schierarsi". Basta scorrere la graduatoria delineata a partire dal grado di fiducia verso i leader. Mai tanto frastagliata come oggi. Soprattutto, ovviamente, a sinistra. Su tutti svetta la figura del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. Apprezzato da quasi un elettore su due. Non per caso. Perché, per scelta, recita la parte del comprimario. E rimane fuori dalla scena "rissosa" di questa fase. Gentiloni è seguito dagli "antagonisti". Di Maio, Salvini e Meloni. Nell'ordine. Tutti fra il 35 e il 37%. Mentre i "protagonisti" della scissione nel PD sono in fondo alla classifica. Roberto Speranza, Enrico Rossi e Massimo D'Alema galleggiano fra il 15 e il 17%. Solo Pier Luigi Bersani ottiene un consenso maggiore, intorno al 30%. Ma solo un anno fa superava il 39%.

D'altra parte, la scissione non incontra grandi consensi, dentro e fuori il PD. Salvo che a sinistra, com'era prevedibile. Gli stessi leader dell'opposizione interna, Andrea Orlando e Michele Emiliano, dispongono, a loro volta, di un grado di fiducia limitato. Circa il 25%.

Difficile affermarsi, quando il leader che ha riassunto gli orientamenti elettorali - a favore o contro, ma, comunque, "intorno" alla propria persona - ha cambiato ruolo. Posizione. Matteo Renzi. Non è più premier. Né segretario del PD. Così, in attesa di nuove elezioni politiche e delle primarie del partito, il PD appare sospeso. Perché Renzi, nel bene e nel male, resta ancora "al" centro (e "il" centro) del sentimento e del ri-sentimento politico.

Il PdR, infatti, per quanto discusso, appare un riferimento più solido e radicato, fra gli elettori, del PD'Al. Il Partito di D'Alema. Il quale non è il promotore né l'organizzatore della scissione. Ma, di certo, ne è l'ispiratore.

Anche a destra, d'altronde, i rapporti di forza non appaiono molto chiari. Berlusconi ottiene un apprezzamento personale del 30%. Non sovrasta e non divide più la politica italiana, come un tempo. Ma non soccombe. Semmai: "incombe". E Luca Zaia, governatore del Veneto, indicato dal Cavaliere alla guida del Centro-destra, incontra il favore di circa un terzo degli elettori. Non solo del Nord. D'altronde, ha un profilo politico poco "leghista". Semmai, "democristiano". Non per caso, il primo a reagire contro questa candidatura è stato proprio Matteo Salvini.

Tuttavia, in questo clima incerto, si coglie un diffuso senso di attesa. Perché il protagonista della scena resta Matteo Renzi. Dimissionario, ma solo per marcare il peso della propria assenza. E per scandire i tempi del proprio ritorno. Alla guida del partito, anzitutto, visto che - per sua stessa decisione - le Primarie del PD si svolgeranno il prossimo 30 aprile. Certo, gli incidenti di percorso imprevisti non mancano. Di recente, il padre, Tiziano Renzi, è stato indagato per "traffico di influenze". Quasi 7 elettori su 10 ritengono che si tratti di fatti "gravi". Ma, per ora, questa vicenda non pare aver condizionato la credibilità del leader del PD(R). Secondo il sondaggio di Demos, infatti, Renzi, alle prossime primarie, non sembra avere avversari.

Si spiega anche così il sentimento positivo che accompagna il premier Paolo Gentiloni. Di gran lunga il più apprezzato dei leader. Anche se appare più impegnato a sottrarsi alle occasioni del dibattito politico. Piuttosto che a parteciparvi, in prima linea. O forse proprio per questo. Perché, in mezzo a tante polemiche, a tanta incertezza, cresce la richiesta di continuità e di governo. Di continuità al governo. Così, in poco meno di due mesi, "l'aspettativa di vita" del governo guidato da Gentiloni è cresciuta. E se due mesi fa il 63% riteneva che non sarebbe arrivato a fine legislatura, oggi, la maggioranza (52%) pensa che, al contrario, durerà fino alla scadenza naturale del voto. L'anno prossimo.

Certo, viste le vicende attuali e le prossime incombenze, più che una certezza appare un auspicio. Segno di una domanda di stabilità. Molto diffusa in questo Paese instabile.

© Riproduzione riservata 04 marzo 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/03/04/news/pd_scissione_sondaggio-159703843/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T2

Arlecchino:
Europei sì, ma con disincanto. Scende la fiducia nella UeEuropei sì, ma con disincanto.
Scende la fiducia nella Ue
Mattarella con i rappresentanti dei gruppi parlamentari europei (ansa)
"Giusto e incompiuto", così è visto il progetto sessant'anni dopo.
Ma la maggioranza considera rischioso uscire dall'Unione. Il sondaggio Demos

Di ILVO DIAMANTI
25 marzo 2017

OGGI a Roma si celebra il sessantesimo anniversario dei Trattati di Roma. Che segnano l'avvio della costruzione europea. Anche se gli accordi originari si limitavano alla Comunità economica e all'energia atomica. Mentre, in seguito, le materie si sono moltiplicate. E anche la Ue si è allargata. A Roma, però, oltre a chi celebra l'Europa, si riuniranno coloro che la contestano.

Tuttavia, il sentimento critico verso la Ue non si esprime solo attraverso le mobilitazioni nelle strade e nelle piazze romane. C'è, infatti, un'insofferenza diffusa, verso la Ue, che attraversa tutti i Paesi che ne fanno parte. Vecchi e nuovi. Non per caso, i partiti euroscettici o apertamente anti-europei hanno assunto proporzioni sempre più ampie. In particolare, in Francia, ma anche in Italia. E mirano, apertamente, a conquistare il governo. Nazionale. Questo orientamento risulta chiaro nel sondaggio dell'Osservatorio europeo sulla sicurezza condotto, nei mesi scorsi, da Demos (per la Fondazione Unipolis). La fiducia nella Ue appare, infatti, in declino, quasi dovunque. Ad eccezione dei Paesi che vi hanno aderito più di recente.

Fra quelli monitorati nel sondaggio: Polonia e Ungheria. Nei quali si osservano gli indici di fiducia più elevati, superiori al 60%. Il consenso appare maggioritario anche in Germania (55%), che costituisce il centro e il riferimento della Ue. Ma anche in Spagna, che si è affidata alla Ue per ottenere sostegno alla propria "giovane" democrazia e alla propria incerta economia. Il sentimento europeista si presenta, invece, molto più debole nel Regno Unito, dove si è consumata, di recente, la Brexit. Ma soprattutto in Francia e, da ultimo, in Italia, dove si osserva l'indice di fiducia verso la Ue più limitato: 34%. Meno di metà, rispetto a vent'anni fa. D'altronde, nel nostro Paese, dirsi europeisti è "impopolare". Fra i simpatizzanti dei maggiori partiti, solo nella base del Pd il consenso alla Ue appare maggioritario. Senza, peraltro, essere plebiscitario. Si ferma, infatti, poco sopra la maggioranza assoluta. Ma fra i sostenitori di Fi, del M5s e, soprattutto, della Lega il sentimento europeista risulta debole. Fra i leghisti: fragilissimo.

Dovunque, i dubbi riguardano non tanto il progetto, ma il percorso: il modo in cui è stato perseguito e realizzato. In Italia, Francia, Germania, Spagna, perfino in Polonia e in Ungheria: oltre 7-8 cittadini su 10 definiscono l'Unione Europea "un obiettivo giusto realizzato in modo sbagliato". Solo nel Regno Unito si osserva un orientamento più scettico. Il problema è che dovunque è cresciuta la convinzione che si tratti di una via che non porta da nessuna parte.

Infatti, tra i "soci fondatori", solo in Germania, la capitale di questa Patria incompiuta, la maggioranza dei cittadini ritiene che "il progetto della Ue sia ancora importante e vada rilanciato". Nonostante tutto. Mentre negli altri Paesi nei confronti dell'Europa prevale il senso di distacco. Soprattutto in Italia e in Francia, per non parlare del Regno Unito, dove è larga la convinzione che si tratti di un ideale ormai logorato. Oppure, semplicemente, in-credibile. Al quale guardare con scetticismo. Così, la convinzione europeista prevale in misura larga soprattutto in Ungheria e Polonia. Gli ultimi arrivati.

Forse perché il tempo non ha consumato l'entusiasmo popolare. Oppure perché l'Unione Europea costituisce ancora un appiglio importante, sul piano economico, ma anche della democrazia.

Gli orientamenti dei cittadini emersi in questo sondaggio, peraltro, spiegano bene il significato della "questione europea". Che, sessant'anni dopo l'avvio, agli occhi dei cittadini, risulta irrisolta. Un progetto giusto e incompiuto. Realizzato in modo sbagliato. L'Europa: appare, cioè, un "progetto", ma non ancora un "soggetto". Si pone, infatti, all'incrocio di diversi progetti e soggetti "nazionali".

Che si incontrano e si scontrano su basi negoziali. Mantenendo salde le identità e gli interessi "nazionali". Così, dovunque, i cittadini si dicono europei "nonostante". In altri termini, non hanno fiducia verso la Ue, ma, in maggioranza, ritengono rischioso uscirne. Non per convinzione. Ma per timore di quel che potrebbe avvenire "senza". Se, cioè, il percorso unitario si interrompesse. E ciascun Paese se ne andasse per la propria strada.

Così, a mio avviso, la minaccia alla Ue non viene dal dissenso aperto di chi manifesta, oggi, a Roma. Ma dal distacco implicito e silenzioso. Perché la protesta è un segno di riconoscimento. Seppure critico e polemico. Per questo la minaccia non viene tanto dal sentimento anti-europeo, ma dal disincant-europeo.

© Riproduzione riservata 25 marzo 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/03/25/news/europei_si_ma_con_disincanto_scende_la_fiducia_nella_ue-161340683/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T2

Arlecchino:
M5s, né destra né sinistra: il partito "pigliatutti" che punta ai delusi della politica

Le mappe.
È difficile isolare priorità specifiche del programma Cinquestelle, ma si tratta di una scelta strategica.
Grillo e Casaleggio devono fare i conti con un elettorato molto differenziato, sia socialmente che politicamente. Come in passato la vecchia Dc

Di ILVO DIAMANTI
10 aprile 2017

Nei giorni scorsi il M5S si è recato a Ivrea. A celebrare Gianroberto Casaleggio, un anno dopo la sua morte. Ma anche, indubbiamente, a celebrare se stesso. Il MoVimento. Infatti, in questa fase politica fluida, il M5S si muove a proprio agio. D'altronde, si definisce un non-partito. Simbolo della non-politica di questo (non)Paese.

Casaleggio, d'altronde, è stato figura significativa della non-politica italiana e del non-partito che ne è divenuto il riferimento. Co-fondatore del M5s, ne interpreta l'anima digitale. Ma anche il modello "personale" ed "ereditario". A presiedere l'evento, infatti, era il figlio, Davide, che ne ha preso il posto. Non solo in azienda, ma anche nel M5s. Accanto a Grillo. D'altra parte, la personalizzazione, contestuale alla mediatizzazione, è divenuta regola dominante della politica. Osservata da tutti i partiti – o sedicenti tali. Tanto più dopo l'irruzione della rete. Ivrea è stata scelta perché da lì è partita la "carriera" professionale – e quindi politica – di Casaleggio. Alla Olivetti. Più di un'azienda: un modello di ricerca applicata all'economia e alla società. "Insediato" sul territorio. Si pensi all'Istao, un centro studi e formazione, alle porte di Ancona, intitolato ad Adriano Olivetti. Importante anche per chi si occupa di politica e di amministrazione. A Ivrea, non per caso, era presente anche Chiara Appendino. Sindaca 5s di Torino. Eletta lo scorso giugno. Bocconiana. Così Ivrea, per il M5s, costituisce un luogo "esemplare". Adeguato, peraltro, a rappresentare il suo "bacino elettorale", che non pare risentire delle polemiche sollevate da recenti episodi. Da ultimo: la bocciatura di Marika Cassimatis, la candidata vincitrice delle Comunarie online a Genova, esclusa da Beppe Grillo. Nonostante tutto, Il M5s non perde colpi e i sondaggi lo indicano davanti a tutti, o, comunque, accanto al PD, per consensi elettorali. Ivrea, come ho detto, raffigura efficacemente l'identità sociale del M5s. Il soggetto politico più rappresentativo – e attraente – presso gli imprenditori, i lavoratori autonomi e presso i tecnici del privato. Peraltro, raccoglie consensi ampi e superiori alla media anche in altri settori. Fra gli operai, gli impiegati pubblici. E tra gli studenti. Anche perché è il (non)partito di gran lunga preferito fra i giovani (sotto i 30 anni). E fra gli adulti-giovani (30-44 anni).

LE TABELLE

In definitiva, è un "partito pigliatutti", che batte sul tasto dell'innovazione e del futuro, per caratterizzare il marchio della sua offerta politica sul piano generazionale.

Peraltro, è difficile isolare le priorità specifiche del suo programma. Non per caso Davide Casaleggio, ospite di Lilli Gruber a Otto e mezzo, venerdì sera, ha evitato accuratamente di fornire riferimenti e contenuti precisi, riguardo alle scelte del M5s, nella prossima fase. Preferendo, al proposito, sottolineare la propria in-competenza. In quanto ad altri spetterebbe questo compito. Allo stesso tempo, ha rifiutato di dire per quale partito, o meglio, quali partiti avesse votato in passato. Non per timidezza e neppure per ambiguità. Ma per opportunità. Per strategia. Non diversamente da Grillo, il quale, all'opposto, ha espresso posizioni diverse e talora divergenti, su temi e materie sensibili. Per prime: l'immigrazione, l'euro e l'Europa. Il fatto è che entrambi, Grillo e, dunque, Casaleggio, debbono fare i conti con un elettorato molto differenziato. Sotto il profilo sociale, ma anche della posizione politica. Solo la Dc, nella Prima Repubblica, mostrava un elettorato altrettanto spalmato, da destra verso sinistra. E, per questo, ancorato al centro. Così, la base del M5s oggi si divide e si colloca, politicamente: intorno al centro e fuori dallo spazio politico.

Infatti, il 45% dei suoi elettori si dichiara "esterno" ed "estraneo" alla distinzione fra destra e sinistra. Mentre gli altri si distribuiscono, senza troppi squilibri, nello spazio politico. E gravitano, dunque, "mediamente" al centro. Così si spiega la reticenza dei leader del M5s a "esporsi", esprimendo posizioni apertamente schierate. Perché al M5s si dice vicino circa uno su 4 fra gli elettori della Lega, di FI, della Destra-FdI e, sul versante opposto, di Sinistra Italiana. Ma suscita interesse, per quanto in misura minore, anche fra gli elettori del PD e dei Centristi. Perché "deluderli"? Perché scoraggiare la tentazione, da parte loro, di votare proprio per il M5s, nel caso, più che possibile, prevalesse la delusione verso il proprio partito di riferimento? Verso la politica?

LO SCENARIO - Metodo 'quirinarie' per Palazzo Chigi: gli anti-Di Maio puntano su Casaleggio jr

D'altronde, se osserviamo lo spazio politico, le "tensioni" fra i partiti che si posizionano intorno e vicino al M5s appaiono evidenti. Soprattutto nel Centro-sinistra. Dove gli elettori del PD e gli scissionisti del MDP-Articolo 1, guidati da D'Alema e Bersani, condividono, lo stesso, identico punto dello spazio politico. E ciò conferma il sospetto che le differenze e le divergenze che hanno prodotto la scissione abbiano ragioni non tanto "politiche". Ma, piuttosto e soprattutto, "personali". Dettate da rivalità e incompatibilità ricorrenti e di lunga data. Non per caso, proprio Renzi, a Bari, ha lamentato che "da noi non può funzionare se il primo che ti accoltella è il tuo compagno di partito".

Così, non può sorprendere la capacità competitiva, sul mercato politico, del M5s. Il non-partito "centrale" (senza essere "centrista", per echeggiare Emmanuel Macron) di uno spazio politico "senza stelle". Dove si agitano post-partiti divisi. Oppure cresciuti all'ombra del Capo. E oggi logorati dal declino del Capo e dalla competizione fra capi non altrettanto autorevoli.

© Riproduzione riservata 10 aprile 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/04/10/news/m5s_ne_destra_ne_sinistra_il_partito_pigliatutti_che_punta_ai_delusi_della_politica-162607510/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1

Arlecchino:
Ri-leggere Eddy. Sette anni dopo

Di ILVO DIAMANTI
17 aprile 2017

Sette anni dopo, il dubbio che mi dis-turba è che Eddy non gradirebbe. Di essere commemorato. In modo quasi rituale. Lui, così ir-rituale, contro-intuitivo e ironico. Nel linguaggio e, prima ancora, nello sguardo.

Temo che non approverebbe di essere commemorato così, regolarmente, quasi di routine. Eppure la memoria è non solo utile, ma necessaria. Serve a vivere. A guardare oltre. La memoria. Serve a scrivere e a riscrivere la nostra biografia. E io coltivo la memoria di Eddy per egoismo. Perché mi aiuta. A osservare il mondo intorno a me. Io, peraltro, non ho mai smesso di utilizzare le sue categorie, le sue definizioni. E, anzitutto, il suo modo ibrido di affrontare i problemi. Di "dirli". Passando dalla filosofia, alla politica, dal calcio alle canzoni. Senza soluzione di continuità.

Citare Berselli, ha scritto di recente Riccardo Bocca, sull'Espresso, è un esercizio d'obbligo per decodificare la politica e il flusso inesauribile degli stili di vita. D'altronde, viviamo tempi ibridi, nei quali tutto scorre davanti a noi, intorno a noi. La politica, la filosofia, le canzoni: si susseguono. Senza soluzione di continuità. Come uno spettacolo, nel quale ciascuno di noi recita diversi ruoli, diverse parti. Senza soluzione di continuità. Il digitale ha, poi, aggiunto la possibilità di comunicare sempre, dovunque, comunque. Con chiunque. Senza soluzione di continuità. Anche se, forse, più che di possibilità si tratta di illusione. Perché nell'era digitale noi siamo sempre connessi. E sempre soli.

Tuttavia, Berselli ha colto, come pochi altri, segni e passaggi significativi, nella loro apparente ir-rilevanza. Negli anni Sessanta, ad esempio, (in "Adulti con riserva", pubblicato da Mondadori nel 2007) racconta che, ascoltando una trasmissione radiofonica pomeridiana, capì "che la storia aveva subìto un'accelerazione". Si trattava di "Bandiera Gialla", programma musicale di Gianni Boncompagni, "con la complicità di Renzo Arbore. Severamente vietato ai maggiori di anni diciotto". Gianni Boncompagni se n'è andato anche lui. Berselli ne aveva seguito, con cura, le tracce. Alla ricerca dei cambiamenti etici, estetici e an-estetici che attraversavano il Paese.

Segnalati, per esempio, da "Non è la Rai", programma cult che, negli anni Ottanta, annunciò "la dissacrazione televisiva sulle reti Fininvest". Così, continuo a parlare con Eddy, a leggere e rileggere i suoi testi. Anche se venire ritualizzato non gli piacerebbe. Lui, "venerato maestro". Suo malgrado. Ma, caparbiamente "bianconero", senza esitazioni. Come me.

Berselli. Post-italiano. In attesa di diventare europeo. Io continuo a (re)citarlo, perché pochi, al pari di lui, sono stati capaci di pre-dire il destino dei soggetti politici. In particolare, quelli che guardava con maggiore attenzione. E passione. Come quando, dopo il voto del 13-14 aprile 2008, sulla rivista "Il Mulino", definì il PD un "partito ipotetico". In difficoltà a scegliere un percorso preciso fra "Partito mediatico, partito liquido, partito volatile; oppure partito solido e radicato nel territorio".

Un'alternativa ancora irrisolta, che riproduce e moltiplica la sua incertezza sul popolo dei "sinistrati", sempre in bilico fra la "nostalgia di rivoluzioni impossibili" e l'idea, fin troppo razionale, di "riforme possibili". I "sinistrati". Contaminati dal "gene altruista". Predisposti alla sconfitta. Anche perché incapaci di rassegnarsi a governare a lungo, senza dividersi, senza lacerazioni. Per questo continuo e continuerò a "commemorare" Eddy. Perché parlare con lui mi serve. A dare risposte a problemi mai risolti. Anche se rischio, ogni anno, di concludere la mia memoria berselliana allo stesso modo. Con le stesse parole. Chiedendomi, di fronte alle vicende e alle figure che affollano il nostro mondo, il mondo intorno a noi: "Che cosa avrebbe scritto Eddy?".

© Riproduzione riservata 17 aprile 2017

DA - http://www.repubblica.it/rubriche/bussole/2017/04/17/news/ri-leggere_eddy_sette_anni_dopo-163187375/?ref=RHPPRB-BH-I0-C4-P3-S1.4-T1

Arlecchino:
Italia senza certezze: sorpasso Pd sul M5s, ma la crisi della politica genera sfiducia
Il sondaggio. Risale anche il centrodestra unito. Ma nessun polo supererebbe oggi il 40 per cento.
La confusione tra i partiti provoca il caos anche sulle questioni legate al quotidiano.
Lo dimostra il parere della gente su legittima difesa e Ong

Di ILVO DIAMANTI
13 maggio 2017

Alcuni importanti eventi hanno segnato la politica in Italia, negli ultimi mesi. In particolare, le primarie del Pd, (stra)vinte da Matteo Renzi. Il quale, dopo la bocciatura del referendum costituzionale, si è ripreso il partito. Quanto al governo, si vedrà. Il sondaggio di Demos per l'Atlante Politico pubblicato da Repubblica sengala, comunque, alcuni mutamenti significativi nel clima d'opinione.

Anzitutto, negli orientamenti di voto. Secondo le stime di Demos, infatti, il Pd ha nuovamente superato il M5s. Di poco. Un punto solamente. Sufficiente, però, a cambiare le gerarchie elettorali fra i due soggetti politici principali, dopo il declino di Silvio Berlusconi e del suo partito. I quali, tuttavia, resistono. Forza Italia, infatti, è stimata oltre il 13% e la Lega di Salvini le è vicina. Così si ripropone una triangolazione, per alcuni versi, simile a quella emersa dalle elezioni politiche del 2013. Quando Pd, M5S e Forza Italia - insieme alla Lega - avevano conquistato una quota di elettori molto simile. Intorno al 25%. Naturalmente, molto è cambiato da allora. Anzitutto, gli equilibri tra Fi e Lega. Nel 2013 la Lega, guidata da Roberto Maroni, superava di poco il 4%, mentre il Pdl intercettava quasi il 22%. Poi, ovviamente, è cambiato il volto del Pd. Proposto, allora, da Bersani, oggi da Renzi. Mentre il M5s ha ancora il profilo di Grillo. Ma ha consolidato la sua presenza nel Paese. Visto che, nel frattempo, ha conquistato, fra l'altro, il governo di Roma e Torino. Due Capitali (anche se in senso diverso). Questo scenario è confermato dalle stime di voto degli altri partiti. A destra di Fi, come a sinistra del Pd, si osserva un complessivo arretramento. I soggetti politici di Centro, infine, occupano uno spazio quasi residuale. Schiacciati dai tre "poli" maggiori. Che, nel sondaggio, intercettano oltre l'80% dei voti. Questo assetto, però, appare tutt'altro che strutturato. Soprattutto a Centro-destra, dove l'asse tra Fi e Lega è messo in discussione. Dalla Lega di Salvini.

LE TABELLE

È, tuttavia, chiaro che, se queste stime venissero, almeno, "approssimate", in caso di elezioni, nessuna maggioranza sarebbe possibile. Perché nessun Polo o Partito riuscirebbe a superare la soglia del 40%, necessaria a conquistare la maggioranza dei seggi. Occorrerebbe, dunque, formare coalizioni più "larghe". Fra soggetti di famiglie politiche diverse e perfino contrastanti. Ma l'operazione appare difficile. Gli elettori del Pd, infatti, non sembrano gradire un'alleanza con Fi, ancor meno con il M5s. Mentre appare maggiore (ma complicata) l'attrazione reciproca tra M5s, Lega e Fdi. Per ora, comunque, la prospettiva del voto anticipato interessa una minoranza di elettori (43%). Più ampia nella Lega, nei Fdi e, soprattutto, nel M5s. Ma la maggioranza assoluta degli intervistati auspica che l'attuale governo duri fino a fine legislatura. Prevista l'anno prossimo. Il governo Gentiloni, d'altronde, mantiene un buon livello di gradimento. Intorno al 40%. Come due mesi fa. Insomma, non entusiasma, ma, in tempi come questi, è difficile sollevare passioni, in politica.

La fiducia verso il premier, Paolo Gentiloni, per quanto in calo di qualche punto, resta elevata: 44%. La più elevata fra i leader testati. Matteo Renzi, dopo le Primarie, ha ripreso quota: 39%, 6 punti in più rispetto a due mesi fa. È affiancato da Giorgia Meloni. Molto più apprezzata del proprio partito. Salvini, Di Maio e Pisapia si attestano fra il 32 e il 35%. Gli altri, più sotto. In fondo, con meno del 20%, troviamo Roberto Speranza e Massimo D'Alema. La scissione dal Pd non pare aver giovato loro, sul piano del consenso personale.

Attraversiamo, dunque, una fase instabile. Mentre diverse questioni agitano il dibattito pubblico. Ne segnaliamo alcune.

Anzitutto, l'uso delle armi per legittima difesa, definito dalla legge appena approvata alla Camera. In particolare, a proposito della possibilità di usare un'arma di notte "nel proprio domicilio". Tuttavia, la maggioranza delle persone ritiene che, in casa nostra, "sparare" all'aggressore sia sempre legittimo. Lo pensano, soprattutto, gli elettori di Centro-destra, ma anche del M5s. Lo dimostra la legittima difesa. Mentre la base del Pd si divide in modo quasi eguale. E solo più a "Sinistra" si vorrebbe limitare al massimo la possibilità di "sparare" in casa propria.

C'è poi la questione dei vaccini, intorno alla quale non c'è proprio discussione, visto che oltre 9 persone su 10 li ritengono indispensabili a garantire la salute dei bambini. Senza se e senza ma.

Infine: le Ong. Le Organizzazioni di Volontariato Internazionale Non Governative. Al centro di numerose polemiche, in seguito alle recenti affermazioni del procuratore di Catania, secondo il quale "alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti". Al fine di "destabilizzare l'economia italiana per trarne dei vantaggi". Senza entrare nel merito, queste parole sembrano aver indebolito la credibilità delle Ong, che ottengono un grado di fiducia (42%) molto inferiore rispetto alle "Associazioni di volontariato", tout-court (63%). Quasi a sottolineare come, per la maggioranza degli italiani, le Ong non siano "associazioni di volontari". Ma, appunto, qualcosa di diverso. E oscuro.

Il dibattito politico, quindi, incrocia e confonde questioni tanto più critiche quanto più riguardano la nostra vita quotidiana. Anche perché non sono chiari i riferimenti politici generali. Intanto, la scadenza del voto si avvicina. Non è chiaro, però, quando sarà. Fra un anno? Prima? È la cronaca di un Paese incerto. Dove l'incertezza politica logora la fiducia della società, nelle istituzioni. E, ovviamente, nell'economia. Ma al ceto politico non sembra interessare troppo.

© Riproduzione riservata 13 maggio 2017

Da - http://www.repubblica.it/politica/2017/05/13/news/italia_senza_certezze_sorpasso_pd_sul_m5s_ma_la_crisi_della_politica_genera_sfiducia-165308855/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1

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