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Autore Discussione: MOVIMENTO 5 STELLE.  (Letto 35561 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Novembre 16, 2018, 03:33:26 pm »

M5s, perché abbiamo scritto Supernova – replica a Ivo Mej

Politica | 14 settembre 2017

Marco Canestrari

Ivo Mej dedica una recensione a “Supernova – Com’è stato ucciso il MoVimento 5 Stelle”, il libro che ho scritto insieme a Nicola Biondo (qui trovate l’indice dei capitoli).

Inizia con un complimento: ci definisce “Cassandre”. Cassandra, figura della mitologia greca, era dotata del dono della profezia, con la sventura di non essere mai creduta. Insomma: diceva la verità ma non se la filava nessuno. A noi sta bene anche così.

Più modestamente, ci è capitato di assistere da protagonisti alla nascita del MoVimento in due momenti chiave: io ho lavorato in Casaleggio Associati dal 2007 al 2010, ho collaborato all’organizzazione dei due V-Day e delle prime liste civiche ed ero l’inviato di Gianroberto presso i MeetUp, la cinghia di collegamento tra lo Staff del Blog e gli embrioni del MoVimento sul territorio; Nicola è stato capo della comunicazione M5S alla Camera dei Deputati dal 2013 al 2014, all’inizio dell’avventura parlamentare.

Mej sostiene che lamentiamo un complotto ai nostri danni perché “non abbiamo trovato un editore”. Nessun complotto: questo libro è nato grazie alle donazioni sulla piattaforma Produzioni dal Basso di 596 lettori, che hanno coperto le spese come i viaggi per raggiungere le fonti e le parcelle dei professionisti che ci hanno assistiti. È stata una nostra scelta: non volevamo appartenere a nessuno, se non ai nostri lettori, e non volevamo essere vincolati, avendo altri impegni di lavoro, ai tempi che gli editori impongono agli autori. Supernova non è mai stato offerto a nessun editore: la scelta di chiedere sostegno “dal basso” è stato un omaggio allo spirito originario del MoVimento.
Nella conferenza stampa ci siamo limitati a sottolineare il fatto – a nostro parere singolare – che nessun editore si sia fatto avanti, in un anno, per chiederci se avessimo cambiato idea.

Il giornalista prosegue con alcune critiche di carattere politico alla nostra analisi: il filo conduttore è la nostra presunta esagerazione nel giudizio negativo di alcuni comportamenti e dichiarazioni di figure di primo piano del M5S. Con ironia, afferma che i conflitti di interessi di Renzi e Berlusconi “sembrano nulla” rispetto a quelli che attribuiamo noi alla struttura che gestisce i processi democratici e l’anagrafica del partito. Il riferimento è all’Associazione Rousseau, presieduta da Davide Casaleggio, pure presidente di Casaleggio Associati, azienda dove è stata inizialmente sviluppata la piattaforma e i cui uffici ospitano oggi quelli dell’associazione.
Mej mi attribuisce, poi, un concetto che non ho mai espresso: l’interpretazione elastica da parte dell’On. Di Battista della regola che obbliga gli eletti M5S a ricandidarsi una sola volta sarebbe – per me – un pericolo per la democrazia.
E nemmeno il cambio di opinione del Blog e del M5S rispetto al regime di Putin, secondo Mej, pare essere grave rispetto alle politiche di Berlusconi su questo argomento.

Insomma, scrive, “siamo ancora anni luce lontano dalle porcate cui ci hanno assuefatto tutti gli altri partiti italiani”.
E quindi? Il M5S ha un “bonus porcate” da spendersi prima di raggiungere la concorrenza?

Su questo e su altro noi ribadiamo, invece, un concetto caro ai due fondatori: il M5S non deve essere il meno peggio. Deve essere il meglio: coerente, trasparente, onesto. Grillo sintetizzò così il pensiero, nel 2006: “Non voglio più scegliere tra il peggio e il leggermente meno peggio, la merda fumante e quella appena tiepida”. Non credo ci sia bisogno di ricordare quante volte dalle colonne di questo giornale si sia denunciato il malcostume di utilizzare i conflitti di interessi grossi per coprire quelli più piccoli.

Detta con altre parole: se il MoVimento alza, meritoriamente, l’asticella delle aspettative non può paragonarsi a chi fa peggio per giustificare i propri cedimenti. Altrimenti, non è più il MoVimento.

Sui metodi di propaganda in Rete del M5S Supernova riporta fatti discussi con preoccupazione anche all’estero, oltre ai commenti di Gianroberto. Se questi fatti, questi commenti e la nostra valutazione siano o meno interessanti, lo lasciamo giudicare ai nostri lettori. Così come saranno i nostri lettori a giudicare se siano “pettegolezzi” le trecento pagine di memorie e testimonianze che abbiamo raccolto dai protagonisti, alcuni ancora tali, della nascita e crescita del primo partito del Paese.

Mej ricorda anche la mia candidatura col M5S alle Europee del 2014, che il Blog bloccò a parlamentarie in corso. Lo fa, probabilmente, perché la ricordo anche io in Supernova.
Intanto, lo devo ringraziare della notizia inedita che ha scovato: pare che io avessi superato le primarie. Deve avere ottime fonti a Milano, perché i risultati di quel primo turno non sono mai stati resi noti.

A differenza di quanto scrive, io non lo ritengo affatto un episodio irrilevante. All’epoca mi dissi fiducioso della decisione dei Garanti di escludermi perché – scrissi pubblicamente – ritenevo fosse la prova che Gianroberto volesse allontanare ogni sospetto di conflitto di interessi (vennero infatti dichiarati incandidabili tutti i dipendenti e collaboratori attuali o ex della Casaleggio Associati). Mi fidai perché sapevo bene che un mio ex collega, ora socio dell’azienda, aveva intenzione di ricandidarsi nel suo Comune, dopo averlo già fatto una volta e tentato anche la via di Roma nel 2013. Questa norma avrebbe creato certamente tensione in ufficio, così mi dissi: “Gianroberto, evidentemente, preferisce sopportare questi malumori piuttosto che sporcare l’immagine del MoVimento”.
Poche settimane dopo le elezioni, però, Casaleggio nominò capo della comunicazione M5S a Bruxelles Filippo Pittarello, all’epoca dipendente dell’azienda. Evidentemente la mia fiducia era stata mal riposta e il problema non era il conflitto di interessi. Qual era, dunque?

Per finire: Mej, lo scorso venerdì, ci ha chiesto più volte perché abbiamo scritto Supernova. Gli abbiamo risposto che, tra le motivazioni più importanti, sentivamo l’esigenza di rendere onore ai tanti attivisti che ci hanno creduto fin da subito e che si sentono oggi traditi. Non pare ancora soddisfatto. Ce ne faremo una ragione, ma voglio comunque ribadire il concetto.

Per chi non ne ha fatto parte, è difficile capire quanto fosse totalizzante l’impegno nei confronti di questo sogno, diventato oggi un incubo. Ci sono state persone che hanno sacrificato salute e famiglia prima per i MeetUp, poi per le liste civiche, infine per il MoVimento 5 Stelle. Per cosa? Per vedere parlamentari spendere 1000-1200 euro al mese in ristoranti (dati da tirendicondo.it)? Che votano, in Aula, spesso e volentieri, il contrario di quanto deciso dagli iscritti? Per vedere il MoVimento diventare un partito?

Concludo questa mia replica con le parole che mi ha scritto ieri un attivista storico. Non un ragazzino ingenuo, ma un uomo maturo che già lo era quando buttò il cuore oltre l’ostacolo dieci anni fa:

“Ciao Marco, ho ricevuto il libro e l’ho cominciato a leggere. Ti ringrazio molto soprattutto per il grande lavoro di informazione ma arrivato a pagina 50 ho dovuto smettere. Non ce la faccio. Mi si apre una ferita non ancora rimarginata. Lo leggerò tutto quando il mio cuore sarà guarito. Grazie e scusami per non avercela fatta. In tutti i sensi”.

A lui e ai tanti che provano questi sentimenti è dedicato Supernova.

Politica | 14 settembre 2017

Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/09/14/perche-supernova-replica-ivo-mej/3856244/
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« Risposta #31 inserito:: Novembre 16, 2018, 03:44:11 pm »

Marco Canestrari, chi è l’autore del libro che fa vedere le stelle ai 5 stelle

Il countdown via Twitter volge al termine, il libro che promette rivelazioni sui vertici grillini è ormai pronto per la vendita. Temutissime dal gruppo parlamentare 5 Stelle, mal viste dallo stesso Beppe Grillo, le pagine scritte da Marco Canestrari --- con Nicola Biondo su quanto accaduto negli ultimi anni ai piani alti della galassia pentastellata potrebbero destabilizzare l’intero Movimento già alle prese con la difficilissima crisi di Roma. Il pamphlet si intitola Supernova, come le esplosioni delle stelle, sottolinea oggi Marco Imarisio del Corriere della Sera: “L’opera completa uscirà tra due mesi e sarà finanziata attraverso crowdfunding, su supernova5stelle.it, ma da ieri notte è visibile on line il primo capitolo “.

LA TELEFONATA BURRASCOSA
Secondo gli autori del libro, pochi giorni prima della morte di Gianroberto Casaleggio, fra lo stesso Casaleggio e Beppe Grillo ci sarebbe stata una telefonata tempestosa. Il motivo? Secondo quanto sarà scritto nel libro, Casaleggio non avrebbe informato Grillo di alcuni passaggi fondamentali per il movimento: la nascita del Blog delle Stelle e la piattaforma Rousseau: “In questo modo – dicono Canestrari e Biondo – non è più il blog di Grillo al centro delle attenzioni; il motore propulsore di M5S, la sua comunicazione, migrano altrove”.

L’ARTICOLO DELLA STAMPA
L’ultima telefonata tra i due fondatori sarebbe stata condita anche da qualche Vaffa. E’ quanto svela oggi su La Stampa Jacopo Iacoboni dando conto del libro in uscita di Canestrari e Biondo. Secondo quanto ricostruisce il giornalista del quotidiano diretto da Maurizio Molinari, fu una conversazione amara e dai toni molto duri. Scrive Jacoboni: “«Non ti voglio più sentire», grida dunque al telefono Casaleggio a Grillo. Pochi giorni dopo muore, e Grillo piange, senza aver avuto possibilità di un chiarimento con il suo amico. Non è uno scontro casuale, però, quello tra i due: è una divergenza strutturale su ciò che sta accadendo al Movimento, e sulla strada da prendere. Grillo confida ai suoi: «mi girano le scatole» – scrivono Biondo e Canestrari – per cos’è diventato il Movimento. Ha nostalgia degli inizi, naif ma puri. È estromesso da scelte di fondo che avvengono senza che lui le conosca”.

COSA HA DETTO CANESTRARI
Ex collaboratore di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio, Marco Canestrari è uscito dal cono d’ombra nell’aprile scorso quando ha rilasciato una scoppiettante intervista a un conoscitore dei meandri pentastellati come Iacoboni de La Stampa. Ha descritto il Movimento come “un sistema che allontana le competenze e avvicina i ciarlatani”, ha aperto il fuoco contro Luigi Di Maio bollandolo come un leader autonominatosi al Tg1 la cui ascesa politica ha coinciso con quella di Matteo Renzi. Quindi ha annunciato la nascita del portale maquantospendi.it perché “non ho contribuito a far nascere il Movimento per poi vedere un parlamentare che spende 32mila euro in vitto in tre anni a spese del contribuente”.

CHI E’ MARCO CANESTRARI
Trentatré anni, originario di Pavia poi trapiantato a Torino, sposato, oggi Marco Canestrari vive a Londra dove fa il programmatore informatico. Come lui stesso spiega nel suo sito, dopo aver frequentato la Facoltà di Ingegneria informatica all’Università di Pavia (senza però aver terminato gli studi) nel 2006 ha iniziato a lavorare a Milano presso la Casaleggio Associati “dove mi sono occupato come sviluppatore e videomaker, di alcuni progetti tra cui beppegrillo.it, antoniodipietro.it e italiadeivalori.it”. Ed è proprio in occasione di una festa dell’Italia dei Valori nel 2006 che arriva l’incontro con Grillo e Casaleggio. Tra i lavori svolti, Canestrari cita anche lo sviluppo della nuova interfaccia di gestione editoriale dei contenuti per il sito del Fatto Quotidiano.
Dall’organizzazione dei V-Day alla gestione dei MeetUp, dal raccordo tra Grillo e il fantomatico staff all’accompagnamento del leader durante le visite con gli ambasciatori stranieri, per alcuni anni è stato tra i collaboratori più stretti dell’ex comico.

L’INIZIO DEL DIRETTORIO, LA FINE DEI MEETUP
Non ha parlato esplicitamente del suo libro prossimo all’uscita, ma in una recente intervista a Radio Radicale Canestrari ha fornito una approfondita analisi del Movimento 5 Stelle visto con gli occhi di chi ha vissuto dall’interno le fasi iniziali di questa avventura. “Non individuo l’entrata in Parlamento come l’inizio della mutazione – ha detto parlando della metamorfosi grillina -, la individuo nello specifico con la formazione del direttorio, dopo le elezioni europee”. E’ in quel momento che i 5 Stelle cambiano davvero pelle. “Inizia a sgretolarsi tutta la struttura messa in piedi, viene meno la regola principe: non ci sono leader”. Secondo la ricostruzione di Canestrari, quello che lui definisce “l’errore madre” non era farina del sacco di Casaleggio senior (“sono a conoscenza che non è stato un suo errore, a lui è stato imposto”). Ne consegue comunque che oggi, come è ancora più palese con la confusione scatenatasi su Roma, “nel Movimento ci sono tre soggetti che gestiscono il potere e sono in lotta tra di loro anche se non lo ammetteranno mai: l’azienda Casaleggio Associati, Grillo e il direttorio”. Canestrari li definisce “tre blocchi di potere con interessi da difendere che sono in contrasto tra di loro”.

TUTTI VOGLIONO LE LISTE DEGLI ISCRITTI
Il vero oggetto conteso sono gli iscritti al Movimento. “Esiste un database, gestito dalla Casaleggio Associati, con un numero sterminato di persone iscritte al blog, credo sia anche nella disponibilità di Grillo”, ha aggiunto Canestrari. “Parliamo di una mole sterminata di dati, qualcosa di cui va golosissimo chi ha in mano il potere politico nel Movimento. Consente infatti di poter raggiungere con un clic centinaia di migliaia di persone e convincerle che tu hai ragione”. Non solo: “Si tratta anche di sapere chi all’interno del gruppo parlamentare ha votato a favore e chi contro il direttorio”. E questa informazione così sensibile può trasformarsi in un’arma di ricatto politico, eccolo il vero pomo della discordia. I dati, le informazioni. Utili a chi fa politica, così come a chi fa impresa. Chissà se l’interesse di queste due anime del Movimento continuerà a coincidere.
19/09/2016

Da - https://formiche.net/2016/09/canestrari-libro-cinque-stelle/
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« Risposta #32 inserito:: Novembre 18, 2018, 11:22:52 pm »

E nell’anticorruzione spunta un articolo che “blinda” Casaleggio

06 NOVEMBRE 2018

Il disegno di legge del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede riconosce Rousseau come soggetto politico e consegna a Davide il potere sul Movimento

DI EMANUELE LAURIA
 
Dallo spazza-corrotti al blinda-Casaleggio il passo è breve. E nel ddl Bonafede, scritto per contrastare i reati contro la pubblica amministrazione, spuntano alcune norme che "sanano" il complesso e contestato assetto di comando di M5S. Il provvedimento, in pratica, dà dignità politica a Rousseau, l'associazione privata di cui fanno parte Davide Casaleggio e Massimo Bugani, che lavora nello staff di Di Maio. Rousseau, formalmente, non ha alcun ruolo all'...

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« Risposta #33 inserito:: Dicembre 16, 2018, 10:46:40 am »

CATEGORIA: RES PUBLICA

Tasse sulle imprese, i giochi di prestigio spacciati per crescita

 Scritto da Francesco Bruno
Il 13 Dicembre 2018

Sabato 8 dicembre, Luigi Di Maio ha inviato una lettera a “Il Sole 24 Ore”. Si può considerare come un buon segnale, tendente al dialogo con il tessuto imprenditoriale. Dopo mesi passati a diffondere una cultura ostile, appare opportuno che il Governo voglia ascoltare le imprese. Se le intenzioni non possono essere biasimate, preoccupano maggiormente i contenuti. Uno degli argomenti trattati nella lettera riguarda il capitolo delle tasse sulle imprese: «Iniziamo ad abbassare le tasse» scrive Di Maio. Contemporaneamente, il Ministro elenca le misure in materia che l’Esecutivo si appresta ad adottare.

Si inizia con quello che è rimasto dell’idea flat tax, una sorta di topolino partorito da una montagna. Dal 2019, 15% di aliquota per le partite Iva e le piccole imprese con ricavi fino a 65 mila euro. Dal 2020, imposta sostitutiva opzionale al 20% per chi ha ricavi compresi tra i 65 i 100 mila euro.

Una misura che favorisce principalmente i lavoratori autonomi piuttosto che le piccole imprese. I primi hanno infatti costi meno elevati. Sicuramente avvantaggia i giovani professionisti che iniziano la carriera lavorativa e che hanno, pertanto, fatturati minori. Ma pone problemi di incentivi e di equità.

Gli stessi sono stati analizzati dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), in un’audizione parlamentare. Secondo il Presidente dell’UPB Pisauro. «(…) in corrispondenza del passaggio tra regime forfettario e quello con imposta sostitutiva (in corrispondenza della soglia di 65.000 euro di ricavo), si verifica una cosiddetta trappola di povertà (aliquota marginale superiore al 100 per cento) dovuta al disegno della tassazione per classi e non per scaglioni(…)»..

«Infatti se un aumento dei ricavi fa superare la soglia del regime forfettario, tutto il reddito subisce un incremento di aliquota di cinque punti e non solo la parte eccedente, come accade nel caso di imposta per scaglioni. (…)  dunque, emergono dei forti disincentivi all’incremento dei ricavi, che possono incentivare anche l’evasione (…)». Ma da qui al primo gennaio 2020, chissà.

Vi è un altro tema di compliance, più nascosto. L’abbassamento dell’aliquota per i piccoli lavoratori autonomi di certo non aiuterà la lotta alla piaga delle false partite Iva. Soprattutto se si considera insieme alla stretta sui contratti a termine disposta dal Decreto Dignità.

In termini di equità invece, fa notare ancora Pisauro che «(…) la riforma introdotta con il disegno di legge di bilancio si applica a una ampia porzione del lavoro autonomo: circa l’80 per cento dei lavoratori autonomi e delle imprese individuali si colloca sotto la soglia dei 100.000 euro di fatturato».

«Questo assetto configura un sistema speciale di tassazione per particolari tipologie di contribuenti (imprenditori individuali e lavoratori autonomi), che sussiste in parallelo a quello dell’imposta personale progressiva al quale rimangono sottoposti i lavoratori dipendenti, i pensionati e gli altri contribuenti non coinvolti (…) (ad esempio, un lavoratore dipendente con 40.000 euro di reddito paga circa 5.000 euro di imposte sul reddito in più di un autonomo in regime forfettario; il differenziale passa a circa 11.500 euro in corrispondenza di un imponibile di 80.000 euro)».

Tali effetti distorsivi si verificano quando si vuole adottare una riforma (la flat tax) che dovrebbe essere necessariamente completa per dispiegare i suoi effetti, ma -non potendola implementare per motivi di risorse- si finisce per scompigliare ancor di più un sistema fiscale iniquo e inefficiente pur di sventolare una bandierina.

Passiamo a un altro punto della lettera. «Abbassiamo sensibilmente l’Ires. La riduciamo di 9 punti, dal 24% al 15%, ed estendiamo questa aliquota al 15% anche ai soggetti Irpef che investono utili in beni strumentali. I contratti di lavoro che rientrano nell’agevolazione sono quelli a tempo indeterminato e determinato».

Il Ministro sembra voler far credere al lettore che l’aliquota Ires venga ridotta di ben 9 punti percentuali. Non ci è dato sapere l’intenzionalità del passaggio, ma ovviamente non corrisponde al vero (altrimenti costerebbe miliardi di euro). In realtà, la misura riguarda gli imprenditori che decideranno di non intascare tutti gli utili conseguiti. Sulla parte di tali utili destinati a investimenti in beni strumentali o nuove assunzioni, si applicherà l’aliquota ridotta. Suona un po’ diverso.

Anche qui però, il Ministro omette dei fatti altrettanto importanti. La misura infatti non è stata accolta con favore dal mondo imprenditoriale, poiché contestuale all’abrogazione di altre misure giudicate più importanti. Come detto in audizione parlamentare dal Presidente dell’Istat: «Nel complesso i provvedimenti analizzati generano una riduzione del debito di imposta IRES per il 7% delle imprese, mentre per più di un terzo tale debito risulta in aumento».

«L’aggravio medio di imposta è pari al 2,1%: l’introduzione della mini-IRES (-1,7%) non compensa gli effetti dell’abrogazione dell’ACE (+2,3%) e della mancata proroga del maxi-ammortamento (+1,5%)».

Tornando alla lettera, Di Maio conclude il capitolo tasse con ottimismo. «La pressione fiscale inizia quindi a scendere e inizia a scendere per quelli che hanno sempre pagato di più fino ad ora, i più piccoli».

La misura sulla tassazione delle imprese
Come segnalato da Luciano Capone, la tassazione sulle imprese aumenterà di oltre sei miliardi nel 2019. Dovrebbe poi scendere negli anni a venire. Si obietterà che gran parte degli aumenti di tasse riguardano il settore finanziario e assicurativo e non i “piccoli”. Tuttavia, servirebbe uno sforzo riflessivo maggiore. Tra chi paga formalmente le tasse e chi ne sostiene realmente il peso (famiglie e consumatori), sussiste una grande differenza.

Non è da escludere che il nuovo dialogo in corso porti a nuove agevolazioni fiscali per le aziende. Si rischia però di portare avanti qualche misura di breve respiro e di scarso impatto, con coperture da trovare.

Bene il dialogo, ma la cultura della crescita non si improvvisa con misure estemporanee.

Twitter @frabruno88

Da - http://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/12/13/tasse-imprese-crescita/?uuid=96_f2K36nPx
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« Risposta #34 inserito:: Gennaio 04, 2019, 06:33:25 pm »

Di Maio ha spiegato all'AGI tutta la strategia del governo su startup e innovazione
Il ministro dello Sviluppo economico racconta in dettaglio i punti della manovra che riguardano startup, investimenti, blockchain e piani per digitalizzare il Paese

Di RICCARDO LUNA 25 dicembre 2018, 12:39

Di Maio ha spiegato all'AGI tutta la strategia del governo su startup e innovazione

  “Buon Natale!”. Sono da poco passate le undici del mattino della vigilia di Natale del primo anno di governo gialloverde. Dopo giorni concitati come non si erano mai visti, dopo le lacrime di Emma Bonino in difesa del Parlamento, dopo la notte dei senatori alle prese con una manovra economica che avrebbero votato senza neanche il tempo di leggerla, dopo le ennesime polemiche furibonde che facevano da contraltare agli ennesimi post di giubilo e ai foglietti con scritto vero e falso, è scattata la tregua. Da Milano ci è appena arrivata la foto di Matteo Salvini in un ospedale vestito da Babbo Natale. E da Pomigliano la voce di Luigi Di Maio arriva forte e chiara nella redazione dell’AGI.
E’ un giorno strano per una intervista, ma c’è qualcosa nella legge di bilancio che è passata al Senato come è passata e che passerà alla Camera esattamente come è passata al Senato, ovvero un voto e passa la paura, c’è qualcosa di importante che è rimasto fuori dai radar, qualcosa che nessuno ha notato, qualcosa che chi si occupa da anni di questi temi considera il primo vero “Innovaction Act” italiano. La prima legge che dà un impulso serio, concreto e forse decisivo ad un ecosistema ricco di talenti, ma povero di soldi e per questo soprattutto assolutamente marginale. Parliamo di startup, ma non solo. Parliamo del futuro di ragazzi che invece che andarsi a cercare il reddito di cittadinanza proveranno a creare una azienda, una di quelle aziende ad alto contenuto di tecnologia in grado di crescere in fretta, e crearlo davvero il reddito per chi ci lavorerà.

Di Maio oggi vuole parlare solo di questo. Non gli chiederemo dei rapporti con la Lega o della durata del governo; non gli chiederemo se oggi si riaffaccerebbe sul balcone di palazzo Chigi esultando per il 2,4 per cento che nel frattempo è divento 2,04, o se ripeterebbe una frase temeraria come “abbiamo abolito la povertà”; e neppure come sarà il Natale a casa Di Maio dopo le polemiche che hanno travolto il padre e l’azienda di famiglia. Oggi parliamo di futuro e la voce del vice presidente del Consiglio è squillante. Quasi sollevata vien da pensare perché finalmente può parlare di un pacchetto di misure di cui si discuteva da anni e che il suo staff al ministero dello Sviluppo Economico ha infilato in extremis nella legge di bilancio, innescando una accelerazione virtuosa che, se ci sarà, sarà qualcosa che non si è mai vista prima da queste parti.

Allora, partiamo dalle startup. Nella manovra ci sono alcune delle norme che attendevamo da anni. E non ne ha parlato nessuno. Neanche tu. Eppure muove tanti soldi.
"Primo, io sono scaramantico. E quindi “non dire gatto se non ce l’hai nel sacco”. Aspettiamo l’approvazione definitiva che è sostanzialmente in dirittura di arrivo perché alla Camera non ci saranno modifiche. E poi ho previsto un appuntamento al ministero a gennaio che si chiamerà “Open Mise” in cui inviterò tutto il mondo dell’innovazione per presentare questi strumenti e spiegare la strategia. La strategia è questa: mettere l’Italia alla pari con gli altri Paesi europei che stanno facendo politiche molto competitive per le startup. E non solo sviluppare le startup italiane, ma anche fare campagna acquisti all’estero e portarne qualcuna in Italia. Gli strumenti che abbiamo messo in piedi permetteranno di portare l’Italia al livello di altri paesi, come la Francia e la Inghilterra, che sostanzialmente in questi anni hanno rubato le nostre menti migliori, i nostri Leonardo da Vinci, i nostri Ferrari, gli Olivetti".

Più che rubato li hanno attratti perché da noi non c’erano le condizioni per far crescere le loro aziende. Mancavano le risorse.
"Io ti dico che la strategia che stiamo portando avanti si divide in due. Una parte punta a creare un habitat favorevole a chi vuole fare startup. L’altra punta a digitalizzare le piccole e medie imprese, le pmi. Per le startup tutto ruoterà attorno al Fondo Innovazione Italiano, che permetterà anche investimenti di privati. Per questo abbiamo formalizzato le figure dei business angels per esempio…”

Formalizzato vuol dire che li avete riconosciuti, ovvero che oltre una certa soglia di investimenti in startup puoi definirti business angel: giusto?
“Sì. Esistono per la legge italiana. Lo so che non dovremmo gioire su una cosa che avremmo dovuto fare tanto tempo ma l’abbiamo fatta e sulla base di questo riconoscimento avranno una serie di vantaggi. Inoltre nella conversione del decreto semplificazione che inizierà subito dopo la Befana anche la blockchain esisterà per la legge italiana. Infine abbiamo creato alcune fiscalità di vantaggio sia per i PIR, i piani individuali di risparmio, che quelle aziende che acquistano quote di startup…”.

Fermiamoci un attimo per capire: sui PIR avete deciso che il 5 per cento vada in capitali di rischio, il venture capital. Il 5 per cento sono tanti soldi. Come glielo spieghi agli italiani che una parte dei loro risparmi sarà investita in capitali di rischio? (Come accade in tanti altri paesi del resto).
"Capitali di rischio è sbagliato come parola. L’investimento che noi stiamo favorendo con questo 5 per cento ci consente di investire nel futuro e quindi favorirà lo sviluppo di un futuro migliore per l’Italia. E accanto a questo lo Stato si impegna a investire il 15 per cento degli utili che percepisce dalle società partecipate in venture capital…"

Sono circa 400 milioni di euro l’anno.
“Esatto. Sono tanti soldi ma tutto questo ruota attorno ad un concetto: dobbiamo colmare un gap e servivano delle misure molto spinte per recuperare. Fra PIR, utili delle partecipate e tutta la fiscalità di vantaggio per chi investe in startup innovative…"

Quali saranno i vantaggi per le aziende che comprano una startup?
"Per chi acquista il 100 per cento di una startup e la tiene per almeno tre anni parliamo del 50 per cento, mentre per gli investimenti semplici il 40…"

Questo dovrebbe affrontare uno dei problemi che da sempre affliggono il settore: la mancanza delle cosiddette exit, cioè il fatto che nessuno si compri la nostre startup.
"Sì, sono detrazioni fiscali molto importanti che assieme agli altri provvedimenti ci consentono di fare un intervento choc, di dare una bella scossa".

Torniamo al venture capital. Con i fondi del MISE puntate a investimenti diretti in startup o a investire nei fondi esistenti?
"Noi vogliamo esserci nel Fondo per l’Innovazione, per orientare gli investimenti, e lo stesso faranno altri enti dello Stato, d’ora in poi potranno farlo. Allo stesso tempo noi abbiamo un altro fondo, da 45 milioni, che ci servirà per gli investimenti diretti nelle nuove tecnologie. Quindi, 90 milioni li voglio usare per entrare nel Fondo Innovazione, possedendone una quota come MISE per stare nel comitato che decide gli investimenti. Poi Invitalia cederà Invitalia Ventures a Cassa Depositi e Prestiti (400 milioni circa, ndr), e a sua volta CDP apre a un suo fondo di circa 600 milioni che già voleva fare sul venture capital. Quindi all’inizio dell’anno prossimo superiamo abbondantemente il miliardo di euro con la novità che lo Stato può investire direttamente in questi fondi. Accanto a questi altri 45 milioni che erano nel bilancio del MISE ci servono per un’altra cosa importante: la blockchain applicata al made in Italy. Per combattere la contraffazione, useremo la blockchain già nel 2019”.

Ok, la blockchain è sicuramente una delle tecnologie emergenti, anche se converrai che in pochi hanno capito di cosa si tratta davvero. Come la spieghi quando te lo chiedono?
"Ogni volta che spiego io la blockchain c’è un esperto di blockchain che muore nel mondo, ma lo farò ugualmente. E’ come se ci fosse sempre un notaio accanto a te che ti certifica la provenienza di un prodotto, o l’autenticità di una transazione. E’ come un notaio virtuale che garantisce per te".

E per il made in Italy come influisce?
"Vogliamo sperimentare questa tecnologia in una delle filiere più colpite dalla contraffazione in modo che l’utente finale possa conoscere l’esatta provenienza di quel prodotto artigianale o alimentare quando lo va ad acquistare. Noi in questo modo garantiamo l’autenticità di un prodotto italiano. In questo modo portiamo la blockchain fuori dal mondo nerd dove sta adesso".

I 45 milioni del MISE sono tutti per la blockchain?
“No ci serviranno anche per fare esperimenti nel campo dell’intelligenza artificiale. Abbiamo fatto adesso una call per formare un comitato di esperti e presto faremo la prima riunione con l’obiettivo di sperimentare l’intelligenza artificiale in alcuni settori. Uno su tutti, te lo dico ma non ti dico con chi lo farò, è la semplificazione normativa. Ci sono delle società che dispongono di software in grado di dirci dove si sovrappongono e a volte contraddicono le varie leggi italiane. Così potremo intervenire a colpo sicuro”.

Come si concilia questo pacchetto startup con il resto della manovra?
“Sono perfettamente integrati, perché mentre noi investiamo nel futuro, in sviluppo e tecnologia, creiamo le condizioni per la pace sociale perché non c’è sviluppo senza pace sociale. Gli interventi sul welfare che andiamo a fare puntano a questo e a far riemergere quelle persone che oggi vivono ai margini, nelle periferie delle nostre città abbandonati a loro stessi”

Quali sono le startup italiane che ti hanno colpito di più in questi anni.
"Quelle che resistono. La capacità di resilienza dei nostri startupper è molto più alta che altrove. Preferisco non fare nomi, ma tra le migliori ce ne sono un paio nel fintech che stanno facendo molto bene, altre nell’ambiente, come quella che un anno fa è stata premiata da StartupItalia! che fa le traversine dei treni con gli scarti degli pneumatici…”

Si chiama GreenRail, e la cosa paradossale è che lavora in tutto il mondo ma non con Ferrovie dello Stato.
"Lo so, è veramente assurdo, infatti la promessa che ho fatto loro è stata di metterli in contatto con Ferrovie. Poi c’è una terza startup che mi piace molto, è quella che in Basilicata di propone di promuovere i prodotti della terra, hanno creata un portale con un loro brand che è diventato di moda a Londra e Berlino. Per dire che non parliamo solo di innovazione tecnologica".

Se c’è qualcosa che ancora manca è la possibilità per la pubblica amministrazione di lavorare con una startup: oggi una startup non può diventare fornitrice di un ente pubblico perché non hai i requisiti di bilancio per iscriversi al mercato della pubblica amministrazione. Farete qualcosa anche su questo?
"Con le aziende di Stato lo stiamo valutando e ci saranno novità presto, nei prossimi mesi. Poi è auspicabile che lo faccia anche la pubblica amministrazione ma ho un timore. Finora il pubblico era alla mercé della prima proposta che arrivava. Per questo vorrei prima rafforzare la cultura dell’innovazione dello Stato e poi gradualmente aprire il mercato. Per evitare di ripetere i disagi creati dalla digitalizzazione a macchia di leopardo che c’è stata finora”.

A proposito: che ti pare dei primi passi del nuovo commissario di governo per la trasformazione digitale Luca Attias?
"Sono contento perché sta operando in continuità con il lavoro svolto prima da Diego Piacentini e dal suo team. Sono molto contento e collaboriamo con loro anche per tutto ciò che riguarda il reddito di cittadinanza".

E’ vero, come si era detto all’inizio, che il funzionamento della complessa macchina del reddito di cittadinanza passerà anche dal lavoro del Team Digitale?
"Assolutamente. Con loro abbiamo fatto una serie di cose che ci serviranno per il portale. Tieni conto che tutto il processo di identificazione, presentazione dei documenti e accesso al reddito sarà fatto tutto in digitale, mentre con il reddito di inclusione dovevi andare ai centri per l’impiego a consegnare le carte. Quindi abbiamo fatto tutto un lavoro di accesso alle banche dati e adesso la mia grande sfida per il 2019 è andare verso l’identità digitale generalizzata. Noi dobbiamo consentire al cittadino, quando ha la carta di identità, di avere anche una identità digitale che gli consenta di accedere a tutti i servizi della pubblica amministrazione”.

Da quello che dici, intravedo una svolta sul tema: in Italia c’è l’identità digitale, si chiama SPID, ha appena superato i tre milioni di utenti, ma nessuno può davvero dire che sia un successo. E’ vero che state pensando di cambiarla, di passare da un modello per cui il cittadino acquista SPID dai privati, ad un altro in cui lo Stato la eroga a tutti?
"Non ho nessun pregiudizio nei confronti di SPID. Il Team digitale ha sviluppato diverse possibilità compresa la carta di identità digitale. Ora dobbiamo decidere in quale direzione andare. La cosa certa è che, anche grazie alla misura del reddito di cittadinanza, abbiamo l’occasione di fare identificare milioni e milioni di persone in più che dovranno identificarsi se vorranno prendere il reddito di cittadinanza".

Dovranno prendere tutti lo SPID?
"Stiamo lavorando in questa direzione".

Il decreto sarà l’8 gennaio?
"Sarà nei primi giorni dopo il rientro. Il testo è pronto, occorre solo convocare il consiglio dei ministri".

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Torniamo per un istante al tema startup, ma il discorso vale anche per il resto: su questi argomenti, che non sono né di destra né di sinistra ma dovrebbero essere patrimonio di tutti, non varrebbe la pena di avere un atteggiamento bipartisan? Nelle passate legislature c’era l’intergruppo parlamentare innovazione che portava avanti congiuntamente certe battaglie. E’ possibile ripetere quella esperienza in questo clima politico?

"Non c’è bisogno neanche di dirlo. In questo periodo, al di là degli scontri sulla manovra, quando ho fatto le due call al MISE su blockchain e intelligenza artificiale, la composizione è uno spaccato dell’intera società. Per esempio nel gruppo di esperti sull’intelligenza artificiale ci sono sindacalisti fra gli altri, perché quel mondo sa che le innovazioni in arriveranno rivoluzioneranno il lavoro. Tutti sanno quanto è fondamentale questo momento storico per cogliere le opportunità dei cambiamenti. Aggiungo un’altra cosa importante: tutto il pacchetto Industria 4.0 dei precedenti governi lo abbiamo rimodulato sulle aziende piccole e medie al posto delle grandissime, e lo abbiamo aperto al cloud. Voglio dire che se hai una piccola azienda e fai un investimento sul cloud questo fa parte degli sgravi fiscali previsti dalla legge. Prima non si poteva fare”.

Torniamo alla manovra. Avete recuperato in extremis la webtax. In realtà in Italia c’era già una legge, da un anno, ma era scritta così male che il ministero dell’economia non ha mai fatto il decreto attuativo perché avrebbe punito le imprese italiane al posto dei cosiddetti giganti della Silicon Valley. Ora ce n’è una nuove versione, con un gettito previsto di 500 milioni l’anno: come funzionerà?

"Prima di tutto voglio dire che con me il MISE sarà un baluardo contro derive anti web e anti digital. Anche questa web tax, che non è una misura punitiva, ha bisogno di un decreto ministeriale MEF-MISE per essere attuata e noi vigileremo in tale senso; non che al MEF ci siano derive anti web, ma noi abbiamo un obiettivo, guardare a quello che fanno gli over the top; per questo sono previsti parametri che guardano al fatturato mondiale che sostanzialmente si rivolgono agli over the top che contribuiranno in misura del 3 per cento del fatturato fatto in Italia e contribuiranno a riallineare la posizione di estremo vantaggio che hanno in alcuni settori, penso soprattutto al turismo e al commercio".

Fate in tempo a far tutto per aprile?
"Sì, sì, sì. Questa è una delle cose che faremo per prime anche perché ne va del gettito della manovra, ne abbiamo estremamente bisogno".

Il 23 dicembre era l’anniversario di una norma che ha compiuto due anni che ha a che fare con l’innovazione: il FOIA, il Freedom of Information Act, che possiamo tradurre come il diritto di conoscere la verità. Molto usata dai giornali vicini al M5s quando eravate all’opposizione perché, per esempio, vi consentiva di scoprire dove erano finiti i Rolex regalati a palazzo Chigi. Adesso che siete al governo, è vero che limiterete la portata del FOIA, che qualche ministro sta pensando di ridurlo?
"No, no, anzi, chiunque ci stia pensando non so a quale indirizzo politico risponda. Noi vorremmo fare un vero FOIA. A livello internazionale il principio di accesso agli atti è molto più esteso di quello che avviene in Italia. Noi vogliamo andare nella direzione di estendere ancora di più quel diritto, di renderlo ancora più forte. Per fare un esempio, noi quei Rolex li abbiamo visti quando siamo arrivati a Palazzo Chigi prima per riuscire ad avere le informazioni è stato impossibile. Quindi smentisco la voce che dice che staremmo pensando di restringere il FOIA: è vero il contrario".

Parlando di innovazione, nei comizi da qualche tempo continui a dire che la sorpresa del 2019 saranno le riforme istituzionali, ovvero il taglio di 345 parlamentari. Contestualizziamo: nel contratto di governo vi eravate impegnati a ridare centralità al Parlamento. Diciamo la verità: anche alla luce della discussione azzerata sulla manovra, avete fatto il contrario. E adesso?
"Sicuramente questa legge di bilancio essendo stata modificata in corsa per l’accordo com la Commissione europea, ci ha costretto a ridurre i tempi della discussione. Fa parte di una dinamica che non aveva nessuna nostra intenzione, abbiamo una maggioranza solida sia alla Camera che al Senato non abbiamo nessuna paura della discussione, ma il maxiemendamento aveva una serie di interventi che erano frutto dell’accordo con l’Unione europea. Ciò detto non si va nella direzione di voler mortificare le democrazia e i parlamentari perché nello stesso provvedimento dove si prevede di ridurne il numero di 345 unità, ci sono referendum propositivi senza quorum per i cittadini. Aumentiamo strumenti di partecipazione diretta e abbiamo meno bisogno di un numero così alto di parlamentari".

Torniamo all’innovazione. Sul tema auto elettriche avete dovuto fare un mezzo passo indietro o no? L’impressione è che su questo la Lega vi abbia frenati.
"La somma di investimento per gli incentivi per le auto elettriche è identica al punto di partenza. Avevo promesso che non ci sarebbero state tasse per le auto degli italiani e così è. Con l’eccezione dei macchinoni inquinanti che vengono tassati per finanziare l’acquisto con rottamazione fino a 6mila euro di una auto elettrica. Poi bisognerà fare molto di più nei prossimi anni. Tra l’altro come MISE stiamo finanziando un’area di Torino dove la Fiat produrrà la 500 elettrica, portando finalmente anche l’Italia in questa partita.

Restiamo sul tema auto: si guideranno da sole anche in Italia? Quando?
"Lo vedremo molto presto. Intanto alla commissione europea abbiamo detto che non possono discutere degli impatti etici di questa tecnologia in comitati ristretti ma che è necessario aprire la discussione ai parlamenti nazionali. Perché sul tema dell’auto senza guidatore nascerà inevitabilmente un grande dibattito su come debba essere scritto l’algoritmo che dovrà scegliere quali scelte far fare alla vettura".

Il successo dell’auto che si guida da sola passa anche dall’arrivo di un nuovo tipo di connettività: il 5G. C’è qualche su questo punto nella legge di bilancio?
"Reputo il 5G una legge del contrappasso perché si prende la cosiddetta banda “700” e costringe le tv a spostarsi per far posto a questa nuova tecnologia. E per evitare ricorsi nella legge di bilancio c’è una norma che elimina la riserva di un terzo delle frequenze per le tv locali. In questo modo le tv nazionali avranno lo stesso spazio di prima perché vanno ad occupare le frequenze che le tv locali di fatto non usavano e liberano frequenze per il 5G. C’è stata un’opera di mediazione al tavolo tv del MISE che ha funzionato mettendo d’accordo tutti".

Qualche giorno fa hanno scioperato Ansa e Aska. Avvenire avrà qualche problema con i tagli all'editoria. Cosa ci dobbiamo dal governo nel 2019 per il giornalismo?
"Dialogo, sicuramente dialogo. Ovviamente teniamo fede agli impegni che abbiamo preso con gli elettori, ma il nostro obiettivo resta quello di assicurare un graduale disintossicazione dai fondi pubblici, in modo tale possano stare sul mercato come tanti altri soggetti che sul mercato ci sono comunque".

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it
 
Da - https://www.agi.it/politica/manovra_intervista_di_maio_innovazione_startup-4769969/news/2018-12-25/
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« Risposta #35 inserito:: Gennaio 24, 2019, 06:12:19 pm »

La vera storia del falso sui "Savi di Sion", spiegata dal sito dell'ebraismo italiano

In un post sul sito Moked, si ricostruisce la storia del Protocollo e si critica duramente la scelta di Lannutti di condividerne i contenuti, considerati un falso storico conclamato da un secolo

22 gennaio
2019,07:04

Un post delirante. Così Moked, il sito dell'ebraismo italiano definisce quello scritto dal senatore Lannutti, che poi si è scusato: "Il senatore del Movimento Cinquestelle Elio Lannutti (eletto come capolista nel Lazio) ha pensato bene di attirare l'attenzione sulla sua ultima fatica letteraria con una squallida trovata promozionale. Un delirante post su Facebook - si legge sul sito - in cui avvalora le tesi sostenute ne I protocolli dei Savi di Sion, il falso storico creato dalla polizia segreta zarista all'inizio del Novecento che è alla base dell'antisemitismo moderno e di molti complottismi".

"Secondo il senatore Lannutti, che da anni rivendica un ruolo da protagonista nella difesa dei diritti dei consumatori - si legge su Moked - il comportamento di Mayer Amschel Rothschild, 'l'abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, portò alla realizzazione di tale documento di denuncia".
"Suddiviso in 24 paragrafi - prosegue Moked- viene descritto come soggiogare e dominare il mondo con l'aiuto del sistema economico, oggi del globalismo, dei banchieri di affari e finanza criminale, si legge sul profilo Facebook di Lannutti, il cui penultimo saggio 'Morte dei Paschi. Dal suicidio di David Rossi ai risparmiatori truffati. Ecco chi ha ucciso la banca di Siena' porta la prefazione del vicepremier Luigi Di Maio.

In un testo di cui il senatore ha riportato il link sul proprio profilo si legge: 'Rothschild aiutò e finanziò l'ebreo Adam Weishaupt, un ex prete gesuita, che a Francoforte creò il famigerato gruppo segreto dal nome 'Gli Illuminati di Baviera'. Weishaupt prendendo spunto dai 'Protocolli dei Savi di Sion' elaborò verso il 1770 'Il Nuovo Testamento di Satana', un piano che porterà una piccola minoranza di persone al controllo globale. La sua strategia si basava sulla soppressione dei governi nazionali e alla concentrazione di tutti i poteri sotto unici organi da loro controllati'.

"Loro - prosegue il testo segnalato - hanno un piano ben preciso che portano avanti a piccoli passi, proprio per non destare alcun sospetto. Creare la divisione delle masse, è un passo fondamentale, in politica, nell'economia, negli aspetti sociali, con la religione, l'invenzione di razze ed etnie ecc... scatenare conflitti tra stati, così da destabilizzare l'opinione pubblica sui governi, l'economia e incutere timore e mancanza di sicurezza nella popolazione. Corrompere con denaro facile, vantaggi e sesso, quindi rendere ricattabili i politici o chi ha una posizione di spicco all'interno di uno stato o di un organo statale. Scegliere il futuro capo di stato tra quelli che sono servili e sottomessi incondizionatamente".

---
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.
Se invece volete rivelare informazioni su questa o altre storie, potete scriverci su Italialeaks, piattaforma progettata per contattare la nostra redazione in modo completamente anonimo.

Da - https://www.agi.it/cronaca/savi_sion_lannutti_moked-4879034/news/2019-01-22/
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« Risposta #36 inserito:: Gennaio 28, 2019, 05:02:18 pm »

Di Antonio Atte

C'era una volta la lotta alla casta.

L'occasione è di quelle solenni, parliamo di un convegno sulla Shoah, in vista del giorno della memoria.

Presenti il presidente della Camera Roberto Fico, il sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti, il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti, la presidente dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni.

Oltre a una folta delegazione di parlamentari.

Il giorno 17 gennaio l'Ufficio del Cerimoniale della Camera inoltra via mail l'invito ai deputati per il convegno 'Trasmettere ed insegnare la Shoah è impossibile?', organizzato oggi presso l'Aula del Palazzo dei gruppi parlamentari. E tra i destinatari del messaggio c'è anche Carla Ruocco del M5S, presidente della Commissione Finanze della Camera. Ma, rileva l'Adnkronos, alle 9.47 di oggi - a meno di un'ora dall'inizio del convegno - la segreteria della deputata cinquestelle risponde all'invito del cerimoniale con una domanda: "Per la Presidente On. Carla Ruocco è stato riservato un posto tra le autorità? Gradirei essere informato al (segue numero di telefono)".

Peccato però che a leggere quel messaggio di risposta ci fossero, in copia, anche gli altri parlamentari, tra cui Laura Ravetto di Forza Italia. La quale non ha risparmiato una stilettata alla Ruocco: "Le autorità... e poi erano gli altri la casta", ha commentato via mail l'esponente azzurra. E anche il suo messaggio arriva (appositamente) a tutti. Lo scambio di mail non è passato inosservato, tanto che nelle chat interne del parlamentari cinquestelle qualcuno scherza sull'accaduto.

"I 5 Stelle si svelano da queste piccole cose - dice Ravetto all'Adnkronos - Nessuno dei colleghi con cui ho a che fare del mio o degli altri partiti, da Lega a Fdi a Pd, si sarebbe mai sognato, prima di un convegno, di chiedere un posto riservato tra le autorità. E' una cosa che si commenta da sola". E sulla sua mail ironica aggiunge: "Non ho resistito... Dov'è l'uno vale uno? Ho trovato i toni abbastanza curiosi, io non mi sarei mai permessa", prosegue l'esponente azzurra, che chiude con una battuta: "Uno vale uno e poi ci sono le autorità. E soprattutto i posti riservati per le autorità".

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.

Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/01/25/posto-tra-autorita-per-ruocco-scatta-ironia_L8VptlrGPpl9ydIHqgKLnL.html
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« Risposta #37 inserito:: Febbraio 03, 2019, 10:34:59 am »

Tav, Di Battista alla Lega: "Non rompa o torni da Berlusconi".

Di Maio: "Con noi al governo non si farà mai “Tav, Di Battista alla Lega: "Non rompa o torni da Berlusconi".
Di Maio e Di Battista a Penne, nel Pescarese, con la candidata alle regionali Marcozzi (ansa)

Si infiamma la lite nel governo sulla Torino-Lione. Il ministro dello Sviluppo: "Le peggiori lobby tifano per l'opera". Il leader del Carroccio replica: "C'è un'ipotesi di intesa, comunque andremo avanti". Conte: "Il contratto prevede una revisione del progetto". E cresce la tensione anche sul caso Diciotti
02 febbraio 2019

Sono insieme in campagna elettorale, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Entrambi in Abruzzo con la candidata Sara Marcozzi (qui si vota per le regionali il 10 febbraio). E scelgono di far esplodere lo scontro con la Lega sulla Tav, all'indomani della visita di Matteo Salvini al cantiere di Chiomonte. Usando toni di una durezza finora sconosciuta. Mentre il premier, Giuseppe Conte, prova a trovare una via d'uscita diplomatica: "Il contratto prevede la revisione del progetto".

---
APPROFONDIMENTO
Tav, lite Salvini-Di Maio, si tratta con Francia e Ue per dare il via alle gare
DAL NOSTRO INVIATO PAOLO GRISERI

Comincia Di Maio, al mattino, parlando da Penne, in provincia di Pescara. "Le peggiori lobby di questo Paese vogliono che si inizi a fare la Tav, che è a zero. Noi stiamo dalle parte delle opere utili, quando i grandi potentati cominciano a tifare per la Torino-Lione noi stiamo dall'altra parte". Poi lancia l'avvertimento: "Finché ci sarà il Movimento 5 Stelle al governo, per quanto mi riguarda la Tav non ha storia".

Tav, Di Battista a Salvini: "Opera inutile, non rompa i c.....i o torni da Berlusconi"
Accanto a lui, nella tournée abruzzese, Alessandro Di Battista, frontman del Movimento, da sempre in prima linea nella battaglia anti-Tav. E proprio Di Battista, in diretta Fb da Chieti, rincara la dose: "Se la Lega intende andare avanti su un buco inutile che costa 20 miliardi e non serve ai cittadini tornasse da Berlusconi e non rompesse i c...". E poi: "Ancora la Tav? Una stronzata".

Tav, Di Maio: "Finché M5s è al governo Torino-Lione non ha futuro"
Matteo Salvini prova a moderare i toni. Anzi, forse con una punta di veleno, lascia capire che c'è una mediazione in corso. Anche lui parlando dall'Abruzzo, dice: "Troveremo un'intesa con i Cinquestelle. C'è già un'idea di compromesso sulla Tav. C'è un'ipotesi per ridurre l'impatto ambientale. In ogni caso andiamo avanti". Anche Di Maio, più tardi, raffredda la polemica: "A Salvini dico: non utilizziamo i temi dei nostri oppositori per farci dividere".

A sera, quando lo scontro è già deflagrato, interviene Giuseppe Conte. "Sulla Tav - si legge in una nota di Palazzo Chigi - ho preso un impegno a nome del governo: di procedere alla decisione finale non sulla base di sensibilità personali o di una singola forza politica. Il contratto di governo prevede una 'revisione' del progetto. Abbiamo interpretato questa clausola quale necessità di procedere all'analisi costi-benefici".

Riccardo Fraccaro, dei Cinquestelle, ministro dei rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, ripete appunto: "Sulla Tav la posizione del governo è che dobbiamo aspettare l'analisi su costi e benefici". Questo mentre il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, assicura che i risultati del dossier saranno presto resi pubblici: "Tra pochi giorni avrete l'analisi costi benefici della Tav", dice. Una bozza - quella del rapporto costi-benefici - pronta già dal 15 gennaio ma finora "blindata" dal ministero.

Giorgio Mulè, deputato e portavoce di Forza Italia, ironizza: "A Di Maio qualcuno dovrebbe sussurrare che se a volere la Tav sono le 'peggiori lobby del paese', allora lui è al governo con i primi rappresentanti di questa lobby....".

Ma i rapporti dei 5Stelle con l'alleato leghista sono difficili anche su un altro tema: quello della richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini sul caso Diciotti.

---
Caso Diciotti, immunità per Salvini: il no al processo spacca il Movimento
DI ANNALISA CUZZOCREA

Se i vertici del Movimento sembrano intenzionati a salvare in qualche modo il ministro dell'Interno - e lo stesso premier Conte ha parlato di una responsabilità collegiale sulla vicenda - diversi esponenti escono allo scoperto manifestando apertamente il loro disagio. È il caso della senatrice Virginia La Mura: "Nessuno può evitare un processo grazie al Parlamento e io non potrei mai acconsentire a una cosa del genere, che è palesemente contraria ai miei principi e a quelli del M5S. E non se ne dovrebbe affatto discutere", scrive su Facebook.

E aggiunge un attacco anche sull'autonomia. Altro tema dolente nel rapporto Cinquestelle-Lega.

Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/02/02/news/lega_m5s_tav_di_maio_salvini_diciotti-218087258/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P1-S1.8-T1
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« Risposta #38 inserito:: Febbraio 03, 2019, 08:53:48 pm »

Cos'è rimasto del M5S
   
Di Alessandro Gilioli *

Ieri il leghista Claudio Borghi ha proposto ironicamente di spedire i 47 migranti della Sea Watch in un lussuoso Club Med sulle coste della Tunisia, mostrandone con una mappa la vicinanza al punto di mare in cui sono stati soccorsi.

Nulla di strano, né di nuovo: il linguaggio dell'attuale potere è tutto fatto di irrisione, cattivismo e scherno, insomma siamo in piena continuità con la "pacchia", i "palestrati" e i "bacioni" di Salvini.

È questa l'egemonia culturale del presente, espressione diretta del governo gialloverde e della caccia al consenso basata sulla canalizzazione della rabbia sociale nei confronti dei migranti. È questa la moneta comune dell'oggi, che ogni giorno si autoalimenta: più i leghisti indicano nei migranti il nemico, più si diffonde l'odio verso i migranti stessi; e più si diffonde l'odio verso i migranti, più i leghisti rincarano la dose per incrementare il proprio consenso.

In questo penoso scenario, tuttavia, l'aspetto più interessante - parlando da analisti della politica - è la posizione del Movimento 5 Stelle.

Il M5S, dalla fondazione, non era mai stato xenofobo né aveva posto la questione delle migrazioni al centro del suo programma, in una direzione o nell'altra.

Non che facesse dell'accoglienza una propria battaglia, ma aveva posizioni sfumate e controverse. Ad esempio, nel 2013 depositò una proposta di legge sullo Ius Soli molto avanzata, perfino migliore di quella del Pd che poi naufragò a fine legislatura. Per contro, Grillo sul suo blog parlava di "sacri confini della patria".

Ma - appunto - non era questione centrale del programma grillino che si fondava su ben altre colonne: l'ambientalismo e le rinnovabili, la democrazia diretta, la fine dei privilegi dei politici, l'attenzione al precariato etc.

Sull'immigrazione - come si dice in politichese - nel Movimento 5 Stelle c'erano "sensibilità diverse".

Il suo essere privo di ideologie, portato alle conseguenze estreme, li rendeva privi anche di una visione sistematica: quindi erano assai assertivi nelle loro battaglie verticali (quelle suindicate) ma incerti e tiepidi se non disinteressati su molto del resto, compresi fra l'altro i diritti civili.

Così si è arrivati al Contratto di governo, dove la questione dell'immigrazione è solo al punto 13, il terzultimo.

In altre parole: nemmeno allora i grillini pensavano che questa sarebbe diventata la questione fondamentale su cui il governo si sarebbe caratterizzato mediaticamente (e non solo). La questione che avrebbe "dettato l'agenda", come si dice sempre in politichese.

Fra l'altro, nel Contratto non si accennava all'ipotesi di chiudere i porti, ma si scivolava tra il contrasto al business e la revisione del Trattato di Dublino, ponendo semmai più direttamente la questione dei rimpatri, che poi col tempo si è rivelata inapplicabile.

Nel tempo si è anche vista la straordinaria maestria mediatica con cui Salvini ha imposto la questione delle migrazioni come centrale, fondamentale, peraltro raccogliendo frutti in un terreno su cui in molti avevano già seminato prima, dalle trasmissioni di Del Debbio ai decreti di Minniti.

Adesso siamo finiti qui: con il M5S incerto se inseguire Salvini al punto di rinnegare i suoi fondamentali principi, cioè opponendo l'arrocco della politica nel suo Palazzo alle richieste della magistratura, accettando il principio che un potente, al contrario dei normali cittadini, può difendersi dal processo anziché nel processo.

Ma questa è solo l'ultima tappa di un percorso che dura da un anno.
Il percorso che ha visto la Lega dilagare con la sua ideologia xenofoba e razzista; e il M5S abbozzare, accettare, poi emulare ed inseguire (ricordate i "taxi del mare" di Di Maio?) insomma farsi complice alla fine dell'egemonia culturale xenofoba, chiusa, incivile, a tratti perfino inumana che ci ha portato oggi al linguaggio derisorio e beffardo verso chi è in balia del mare da settimane dopo aver attraversato il deserto e subito indicibili torture.

In termini astratti - cioè senza entrare nel contenuto politico - la conclusione è che quando un partito con un'ideologia incontra un partito senza un'ideologia, quello senza un'ideologia è morto.

Detta altrimenti: se non hai un sistema di valori "giusto" da opporre a quello "sbagliato", ti mangiano.
Vale oggi per il M5S sulla questione migranti come è valso per il Pd e la sinistra sulle questioni economico-sociali, quando per trent'anni ha emulato i liberisti trovandosi infine vuoto, senza identità - e senza voti.

In termini contenutistici la resa culturale del M5S allo stronzismo della Lega è una delle pagine più tristi della pur ricca storia di derive italiane.

Così com'è assai triste il pavido silenzio del medesimo movimento sul revanscismo patriarcale e ultrà cattolico con cui i suoi sodali Fontana e Pillon vorrebbero cancellare mezzo secolo di conquiste di diritti civili. E più in generale è tristissima l'acquiescenza nei confronti di questa nuova egemonia culturale di estrema destra. Acquiescenza che a volte diventa compartecipazione, come nel caso delle allucinanti posizioni antisemite dell'onorevole Lannutti su cui i vertici grillini non hanno ritenuto di prendere posizione (per molto meno, un partito che vuol dirsi civile fa partire un'immediata pratica di espulsione).

Fino a due o tre anni fa (non un secolo) il Movimento 5 Stelle aveva tra i propri numi tutelari anche Dario Fo, Stefano Rodotà e Gino Strada. Oggi con Strada siamo agli insulti reciproci, Fo e Rodotà purtroppo non sono qui a poter dire la loro.

Chissà se è per pavidità, per potere o per assenza di una visione sistematica che così tanto è cambiato da quando il M5S si ispirava a loro tre, o a Occupy Wall Street, e l'eurodeputato Corrao da Bruxelles mi diceva che loro erano il Podemos italiano.

* da Piovono Rane - L'Espresso
(29 gennaio 2019)

Da - http://temi.repubblica.it/micromega-online/cose-rimasto-del-m5s/
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« Risposta #39 inserito:: Febbraio 14, 2019, 07:10:46 pm »

La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio

Dopo la debacle abruzzese il capo politico annuncia: più radicamento sul territorio, nessun obbligo di presentarsi alle amministrative ovunque, possibilità di appoggiare le liste civiche. Intanto le liste delle europee le deciderà lui

14 febbraio 2019, 07:28

La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio
 Dopo tre giorni di silenzio, Luigi Di Maio si fa vivo e trae, in un lungo intervento sul blog delle stelle, le conclusioni della dura esperienza delle elezioni in Abruzzo. In sintesi: il movimento compie una svolta, si apre alle alleanze elettorali (ma solo con liste civiche, sia chiaro) e tenta la strada del radicamento nelle periferie del Paese. Proprio quello che, per scelta o per natura, non aveva fatto in tutti questi anni.
Ma sia chiaro, avverte il capo politico dell’M5S, i problemi sarà lui personalmente ad affrontarli proprio in quanto capo politico. Il che potrebbe essere letto come un avvertimento: nessuno pensi di cambiare cavallo. Forse non è un caso che in queste ore sia stato fatti circolare il testo del regolamento in vista delle elezioni europee del 26 maggio, e qui c’è scritto che sarà il capo politico ha decidere le cose fondamentali in tema di formazione delle liste, e che la base verrà consultata (consultata) tramite la piattaforma Rousseau.

“Abbiamo un problema”
"In questi due giorni dopo le elezioni ho riflettuto. Mi sono chiesto se fosse il caso di dire una verità che tutti nel Movimento conosciamo, ma nessuno ha ancora avuto il coraggio di dire". Nella sua analisi del voto Di Maio mette in fila i risultati "dopo la Sicilia, dopo il Molise, dopo l’Abruzzo". Ecco la prima ammissione: "Se non siamo riusciti a conquistare una regione con Giancarlo Cancelleri nonostante il 35%, con Andrea Greco nonostante il 38% e con Sara Marcozzi, persone che hanno dato l’anima nel territorio per anni e che hanno fatto l’impossibile, è chiaro che ci sono alcuni problemi di fondo”. Problemi (e qui c’è l’avvertimento) “che come Movimento dobbiamo affrontare. Che io come capo politico del Movimento 5 stelle intendo affrontare".

Signori si cambia. E se non siamo pronti non si parte
Quello che segue ha più il tono dell’analisi di un segretario di un partito vecchio stile, che non della promessa di un leader movimentista. "È necessario arrivare sempre alle amministrative con un percorso che preveda un lavoro sul territorio fatto di incontri con categorie, mondo del sociale, con gli amministratori”, riflette Di Maio, “Non improvvisando come a volte accade".

Non a caso il capo politico M5s aggiunge: "Questo vuol dire pure che dove non siamo pronti dobbiamo smetterla di presentarci. Mi ha colpito il fatto che in alcune regioni in questi anni siamo rimasti nella nostra 'zona di comfort', evitando di incontrare categorie importanti come ad esempio quelle dell’imprenditoria e del volontariato. È ora di farlo".

L’apertura alle liste civiche
"Dobbiamo affrontare il tema dell’organizzazione nazionale e locale, dobbiamo aprire ai mondi con cui sui territori non abbiamo mai parlato a partire dalle imprese, dobbiamo decidere se guardare alle liste civiche radicate sul territorio”, prosegue. Un inciso, quello sule liste civiche, che sa tanto di rottura del tabù rispettato coscienziosamente fino ad ora, vale a dire il dogma dell’autonomia. Meglio soli che male accompagnati, quindi sempre soli: è stata questa la linea vigente fino alla fine dello spoglio abruzzese.

La svolta del Movimento 5 Stelle annunciata da Luigi Di Maio
 Non sarà più così, anche se “questo processo non si concluderà dall’oggi al domani e richiederà mesi e impegno da parte di tutto il Movimento per poi arrivare alla formulazione di proposte da votare su Rousseau". Tutti dovranno essere coinvolti: "Abbiamo anche da migliorare la presenza del governo e dei parlamentari sul territorio, di questo parleremo alla prossima assemblea dei parlamentari". Chissà se cambieranno anche i criteri per la selezione delle candidature alle politiche, un giorno. Meno parlamentarie, più valutazioni sulla presa dei singoli nei confronti dell’elettorato di riferimento.

Deciderà lui
Nel frattempo escono le nuove regole in vista delle europee. Sarà Luigi Di Maio a scegliere i capilista per le circoscrizioni plurinominali, anche se poi il nome dovrà essere ratificato dagli iscritti su Rousseau. Sempre al capo politico M5s spetterà inoltre l'ultima parola su tutte le candidature. Insomma, le liste le farà lui.

Lo si legge sul “Regolamento per le Europee del 26 maggio 2019”: "Il Capo Politico, sentito il Garante, provvede alla scelta dei candidati capilista nelle singole circoscrizioni plurinominali rispettando il criterio della residenza, del domicilio personale o professionale e/o del centro principale degli interessi vitali della persona nella circoscrizione plurinominale di riferimento. I candidati predetti potranno essere scelti anche tra i candidati che hanno avanzato la loro candidatura per le circoscrizioni plurinominali e in ogni caso dovranno rispettare i criteri dell’Art 1. I nomi dei capilista così identificati saranno ratificati - viene precisato - dal voto degli iscritti su Rousseau”.

Anche sulla 'compatibilità' delle candidature l'ultima parola spetta sempre a Di Maio: "Come previsto dallo Statuto, il Capo Politico, sentito il Garante, ha facoltà di valutare la compatibilità della candidatura con i valori e le politiche del Movimento 5 Stelle". E così ci sarà, nelle mani di Di Maio, anche la funzione di controllore e garante dell’ortodossia. Non un particolare secondario.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.


Da - https://www.agi.it/politica/di_maio_m5s_svolta-4997197/news/2019-02-14/
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« Risposta #40 inserito:: Febbraio 14, 2019, 07:24:51 pm »

DALLA RIVOLUZIONE VERDE ALL’ELEMOSINA DI STATO, IL TRADIMENTO M5S
   
ALDO FERRARA
29 settembre 2018

Il fascio-accattonismo: povertà per tutti e benessere per nessuno
Il controllo delle masse nacque con il fascismo alla ricerca di una massa critica di sostegno in un momento storico in cui la Grande Guerra aveva falcidiato lavoro e opportunità di crescita. Senza mezzi di produzione, senza risorse autoctone, l’Italia trovò nel fascismo la giustificazione per un processo di falsa crescita basata sul neo-imperialismo coloniale del “ posto al sole”. Nacque l’idea di assicurare con sussidi il sostegno delle masse, dando pane e sussidi con l’aspettativa di nuove conquiste. Dopo la Liberazione, l’Italia della ricostruzione vide nel clientelismo e nell’assistenzialismo a pioggia il mezzo di controllo dell’elettorato. E siamo andati avanti così per anni. Oggi ritorna l’idea elettoralistica, senza prospettiva, di assicurarsi l’elettorato con il più becero assistenzialismo, una forma di istituzionalizzazione dell’accattonaggio, l’elemosina per legge. Il pane attraverso il lavoro e la ricerca della felicità mediante le rose, sono state sempre il credo di un vecchio socialismo senza frontiere ma anche senza prospettive. La necessità di un nuovo socialismo che renda paritetica la società, indipendentemente dal censo e dalle capacità di spesa, passa attraverso la costruzione del lavoro e la ricerca di risorse nuove non certo attraverso la soddisfazione dell’accattonaggio. Il neo-assistenzialismo accattone porterà voti ma nuove povertà, finché non arriveranno le nuove tendenze del XXI secolo, capacità di produzione sostenibile e equamente distribuita. Il neo-populismo accattone impererà fino all’avvicendamento naturale verso lo sviluppo delle possibilità sostenibili di lavoro. Dare il pane elemosinato è il perfetto neo-fascismo, dare il lavoro e le opportunità il neo-socialismo. Ne deriva un concetto nuovo di produzione sostenibile che è quello della pariteticità tra le masse, e ne deriva anche che la vera opportunità è quello dello sviluppo meritocratico al contrario dell’assistenzialismo diffuso di cui è intriso il concetto di reddito di cittadinanza, che reca in sé il marchio della “povertà per tutti”.

Ecco il vero tradimento del 5S: nati per un sostegno concreto alla rivoluzione sostenibile, antifossili, hanno finito per ingenerare un controtendenza di restaurazione del vecchio sistema assistenziale, con il reddito di cittadinanza che è elemosina per legge e istituzionalizzazione del precariato. Al contrario avrebbero dovuto sostenere la rivoluzione sostenibile come era nella primigenea ispirazione di Grillo. Al contrario ha prevalso la linea aziendalistica di Casaleggio che aveva ed ha per mira il controllo dell’elettorato o di quota parte di esso. Lo stesso dicasi per la Lega, nata negli anni Ottanta per il sostegno alla PMI e finita oggi nel vortice del controllo elettoralistico del Centro-Sud dove spopola con l’assistenzialismo d’antan. Ha tradito le aspettative padane, malgrado avesse intercettato le istanze della produzione, come era nella Lega di Bossi che conquistò la Stalingrado d’Italia, Sesto S. Giovanni dove la massa operaia e dei salariati  vide nella Lega il nuovo PCI. Conquista dell’elettorato e del potere attraverso l’assistenzialismo sono dunque il neo-fascismo?

Il PD con il reddito di inclusione ha seguito la stessa strada, mimetizzandosi nel copia-incolla. Deduzione: il cripto-fascismo sta dilagando come tsunami politico, contaminando anche partiti storici e un pezzo consistente d’Europa.

TAG: assistenzialismo, clientelismo, Cripto-fascismo, il posto al sole, neo-fascio-populismo
CAT: Occupazione, Partiti e politici

Da - https://www.glistatigenerali.com/occupazione_partiti-politici/dalla-rivoluzione-verde-allelemosina-di-stato-il-tradimento-m5s/
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« Risposta #41 inserito:: Febbraio 14, 2019, 07:28:36 pm »

DALLA CINA

Lao Xi: Di Maio rischia di far saltare la visita di Xi Jinping in Italia

I colpi di testa del governo italiano su Venezuela e Francia, causati da Di Maio, mettono l’Italia in una posizione pericolosa rispetto a Usa e Cina

11.02.2019, agg. alle 08:52 - Lao Xi
 
Gli stati antichi avevano confini labili, decisi in sostanza dall’influenza del sovrano dominante, o dal timore ispirato da loro eserciti. I limes romani o la muraglia cinese non erano linee precise ma avvertimenti di potenza: chi supera questo spazio lo fa a suo rischio e pericolo. Il confine era un segnale che se violato metteva in pericolo lo Stato.

Ci sono voluti secoli per arrivare ai confini definiti sulla carta e difesi metro per metro con filo spinato, mine e soldati armati fino ai denti. Il senso però rimane lo stesso del tempo antico: la frontiera va difesa, pena il crollo di tutto lo Stato. Cioè dai tempi antichi fino ad oggi è la politica estera che definisce uno Stato all’interno, e viceversa la sua politica interna che definisce la politica estera.

Quindi cosa vuole ottenere Roma oggi attaccando la Francia e schierandosi con il Venezuela di Maduro? Il problema è che Parigi ha una serie di dossier con i quali può rivalersi sull’Italia e lo dovrà fare, perché altrimenti rinuncerebbe alla sua politica estera, al suo essere Stato. La Francia, diversamente dall’Italia, ha ben chiaro le prerogative e i doveri di uno Stato.

Lo stesso toccherà fare alla Spagna, che si era schierata con grandissima forza in Venezuela contro Maduro e a favore di Guaidó.

In altri termini, in un momento di grande difficoltà dell’Italia in Europa e nel mondo, l’Italia si è creata due nemici da due paesi che le erano invece vicini. Ciò si può fare in politica estera, ma se si hanno obiettivi chiari. Ma, sarà per la distanza, sarà per l’ignoranza, non ci è chiaro quale sia l’obiettivo di politica estera perseguito nell’attirarsi l’inimicizia di Francia e Spagna.

C’è un obiettivo di “esportazione del proprio dibattito interno”, come ha acutamente osservato Stefano Folli qualche giorno fa su Repubblica. Ma tutto ha un costo, e per l’Italia pestare i calli a tutta l’Europa e agli Usa su Francia e Venezuela potrebbe essere un costo ben maggiore di quello che chiunque possa sopportare.

E forse non è finita. L’Italia avrebbe promesso di firmare un memorandum sulla Via della Seta con Pechino durante la prossima visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia e Francia a fine marzo. L’Italia sarebbe il primo paese occidentale a firmarlo. Adesso sono in corso dure trattative tra Cina e Stati Uniti sul commercio che scadono il 1° marzo. Non è chiaro come finiranno, ma è chiaro che, al di là del commercio, il fastidio americano verso la Cina è ormai a 360 gradi e ha sempre più aspetti di sicurezza e militari.

Quindi firmare tale accordo sulla Via della Seta è destinato a irritare gli Usa, già nervosi per l’appoggio di Roma a Maduro. Ciò specie se l’accordo sul commercio Usa-Cina non si trova. Non firmare l’accordo sulla via della Seta, a questo punto, dopo le promesse fatte, irriterà la Cina. Il tutto con conseguenze da ogni parte.

Tutti questi elementi destabilizzanti in politica estera sono gravi come e più di una politica economica sbagliata, anche se gli effetti hanno riflesso meno immediato.

La domanda prima e ovvia è: che cosa sta facendo il giovane Luigi Di Maio? Qui la risposta, altrettanto ovvia, è: fa quello di cui è capace, rompe tutto come un bambino impazzito con un bastone in una cristalleria. Ma del resto non sa cosa sia una cristalleria, non sa cosa ci faccia lì, e non sa cosa sia un bastone… e nessuno vicino a lui glielo insegna.

La domanda meno ovvia è: che cosa sta facendo il ministro degli Esteri Enzo Moavero? Non agisce, evidentemente, appiattito per timore della propria sopravvivenza politica. Solo che lui sa o dovrebbe sapere tutto su bastoni e cristallerie.

In questo modo alla fine sia Di Maio sia il ministro degli Esteri fantasma giocano facendone pagare il prezzo al paese.

Per molto meno in altri tempi il premier Silvio Berlusconi, entrato in rotta di collisione con gli Usa sulla Russia e con l’Europa sull’euro, è saltato. Berlusconi e la sua Forza Italia allora erano molto più forti di Di Maio, M5s e Moavero. Questi potranno sopravvivere alla confusione che stanno montando? Improbabile.

Il problema vero però sono altri: quale sarà il prezzo che l’Italia dovrà pagare per avere scelto costoro? Come li si manda a casa il prima possibile? E cosa verrà dopo?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - https://www.ilsussidiario.net/news/politica/2019/2/11/dalla-cina-lao-xi-di-maio-rischia-di-far-saltare-la-visita-di-xi-jinping-in-italia/1846462/?fbclid=IwAR2rBPkBOFhwFV4a73LG6L3VpqtL22dW7WPrQCTmMJozdUsGFmPn4wAzeuA
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« Risposta #42 inserito:: Febbraio 17, 2019, 10:08:14 pm »

'Privacy a rischio', rivolta contro Rousseau

 Pubblicato il: 14/02/2019 17:10

Di Antonio Atte

Rivolta nel Movimento 5 Stelle contro il 'Grande Occhio' di Rousseau. All'interno del gruppo parlamentare pentastellato cresce sempre di più l'insofferenza nei confronti delle regole per le rendicontazioni. Nel mirino ci sarebbe la procedura che regola il funzionamento di tirendiconto.it (sito su cui deputati e senatori sono tenuti a rendicontare spese e restituzioni di parte del loro 'stipendio') e, in particolare, l'obbligo di caricare fatture e cedolini con dati sensibili, giudicato "lesivo della dignità personale" da non pochi grillini (al momento circa una decina i malpancisti). Polemica che i vertici M5S hanno provato a smorzare specificando che i dati in questione possono essere tranquillamente oscurati.

Il malcontento covato da tempo, ovvero da quando sono state introdotte le nuove regole, sarebbe esploso negli ultimi mesi. Tant'è vero che, apprende l'Adnkronos, alcuni eletti hanno deciso di scrivere allo 'Staff' M5S per mettere nero su bianco le loro lamentele, annunciando l'intenzione di non caricare più sul portale i documenti che attestano l'avvenuta esecuzione del bonifico. Tra questi, la deputata Gloria Vizzini, che ha più volte affrontato la questione in uno scambio epistolare con lo 'Staff' grillino. "I documenti che dovremmo caricare - spiega la pentastellata - contengono informazioni sui nostri familiari: sono dati che non intendo condividere con Davide Casaleggio. Mi dicano quanto devo dare e io restituisco tutto, infatti i bonifici li ho effettuati. Ma non tocchino la mia privacy".

Nella risposta a una mail di sollecito inviatale dallo 'Staff' - e visionata dall'Adnkronos - Vizzini lancia un pesante j'accuse nei confronti del meccanismo di tirendiconto: "Il sito - scrive - è organizzato in modo violento e lesivo della dignità del parlamentare e non si possono caricare i bonifici senza prima aver superato degli step in cui si devono inserire fatture e cedolini contenenti dati sensibili e che diventano immediatamente proprietà dell'Associazione Rousseau, ossia della Casaleggio Associati (aspetto quest'ultimo che farò presente nelle sedi opportune, istituzionali e non)".

"Ribadisco che ho restituito, restituisco e restituirò ciò che mi sono impegnata a versare, ma assolutamente non nelle forme imposte e decise non si sa bene da chi", rimarca Vizzini in un altro passaggio della mail, chiedendo allo 'Staff' di "firmarsi con nome e cognome" in virtù della "trasparenza tanto decantata". "Pretendo - aggiunge ancora - ricevuta dei bonifici effettuati all'Associazione Rousseau se volete che continui a versarli".

In un'altra missiva Vizzini allega i bonifici da 6mila euro per i territori alluvionati relativi ai mesi di luglio, agosto e settembre 2018. Ma avverte: "Non ho intenzione di caricare i miei documenti o le mie spese su tirendiconto.it perché sarebbe violata la mia privacy o quella di persone terze che non hanno la delibera sui propri dati; ci sarebbero dati riferiti a me (o a terze persone) che non voglio siano nella completa disponibilità della Casaleggio Associati".

Il 9 dicembre la deputata scrive ancora allo 'Staff': "In applicazione e rispetto del Regolamento Ue 2016/679" (noto come Gdpr - General Data Protection Regulation), "previa consultazione con i miei legali, vi informo che non è mia intenzione comunicare all'Associazione Rousseau, titolare del trattamento dei dati così come risulta dall'informativa privacy, alcun dato sensibile riguardante la mia persona".

Ma Vizzini non è la sola ad aver sollevato la questione del regolamento Gdpr. "Anche io - si sfoga un'altra deputata, che ha scelto però di rimanere anonima - dopo essermi consultata con il mio legale ho deciso di non caricare i miei dati sensibili. Quello di ti rendiconto è un apparato farraginoso e il sistema della giustificazione dei rimborsi coinvolge terzi che non hanno dato assenso al trattamento dei dati sensibili. E io non intendo mettere in piazza informazioni sui miei figli e la mia famiglia".

In totale sarebbero una decina, tra deputati e senatori, i parlamentari M5S che, pur avendo effettuato i bonifici per le restituzioni, si sarebbero rifiutati o sarebbero pronti a rifiutarsi di caricare i propri dati sensibili sulla piattaforma. A queste perplessità lo 'Staff' ha replicato sempre via mail specificando che "tutti i dati ritenuti sensibili, presenti nei documenti che il portale chiede di caricare" possono essere "preventivamente oscurati, così come indicato chiaramente nel portale". Ma questo non sarebbe bastato a fugare i dubbi degli eletti più diffidenti.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.

Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2019/02/14/privacy-rischio-rivolta-contro-rousseau_ac9z4AYk7oerhX1Zrhe8AJ.html
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« Risposta #43 inserito:: Febbraio 17, 2019, 10:11:54 pm »

Per il M5S arriva il momento delle scelte ineludibili

Lunedì l’assemblea sulle regionali abruzzesi, subito dopo la decisione sul processo a Salvini per la nave Diciotti.

Contemporaneamente il dibattito sulla riforma del Movimento. Grillo a Roma, ma solo da martedì

Di SIMONA ZAPPULLA 15 febbraio 2019, 21:55

Un week-end per riflettere, poi lunedì sera giungerà il momento della verità per il Movimento 5 stelle. Si terrà infatti l'assemblea congiunta di deputati e senatori che servirà a fare un'analisi del voto abruzzese, alla luce soprattutto della svolta annunciata dal capo politico M5s, Luigi Di Maio. Non ci sarà, secondo quanto apprende l'AGI, Beppe Grillo il cui arrivo a Roma era previsto in un primo momento per lunedì, poi spostato al giorno successivo.
Il Garante M5s da martedì quindi sarà nella Capitale, per il suo show 'Insomnia' al teatro Brancaccio, ed è però molto probabile che ci sia un faccia a faccia tra Di Maio e Grillo, anche alla luce anche delle novità determinanti che aspettano il Movimento.

Temi divisivi
Per il M5s potrebbe essere una svolta cruciale: sul tavolo tanti i temi, dalla riorganizzazione del Movimento - ma nessun pentastellato la vuole chiamare 'segreteria politica' anche se gli potrebbe somigliare molto - all'apertura ad alleanze con liste civiche a livello locale. Tutti temi divisivi: molti tra gli ortodossi, che fanno riferimento al pensiero di Roberto Fico, non hanno alcuna intenzione di diventare come gli altri partiti e non vogliono derogare rispetto ai principi delle origini; ma molti altri, decisamente più pragmatici in linea con il leader Di Maio, sono d'accordo sul cambiamento che serve, così dice qualcuno, "a non farci perdere sempre in occasione delle elezioni amministrative dove non abbiamo mai chance contro le 'corazzate' degli altri".

Tabù destinati a cadere
Alcuni parlamentari sostengono da anni la necessità di rivedere quelli che sono stati dei veri e propri tabù. Così come il dibattito sulla possibilità di derogare ai due mandati parlamentari: anche su questo fronte il No è stato sempre categorico ma adesso uno spiraglio sembra aprirsi nel caso in cui i due mandati siano stati a livello locale.

Diciotti
Calde previsioni
Di Maio dovrà affrontare tutti questi temi lunedì sera e il dibattito si preannuncia acceso. Anche perché la riunione si tiene proprio alla vigilia della seduta della Giunta per l'Immunità del Senato che dovrà decidere sul caso di Matteo Salvini per la vicenda Diciotti. Anche su questo le posizioni sono molto distanti dentro M5s e nella giornata di lunedì potrebbe esserci un voto sul Blog per chiedere agli iscritti di esprimersi. Un voto che potrebbe essere a 'rischio'? "Non credo - risponde all'AGI un autorevole esponente M5s - il nostro popolo non vuole che cada il governo e quindi penso proprio che prevarrà il no".
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it.

Da - https://www.agi.it/politica/m5s_diciotti_riforma_movimento_assemblea-5008768/news/2019-02-15/
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« Risposta #44 inserito:: Febbraio 20, 2019, 11:11:18 pm »

Cosa ha voluto dire Beppe Grillo parlando di Comma 22 e sindrome di Procuste

A proposito del quesito sul caso Diciotti rivolto agli utenti di Rousseau, il comico genovese tira in ballo il romanzo di Joseph Heller e il mito greco.

Una forte critica all'attuale stato di salute del M5s che sceglie riferimenti colti per non essere troppo esplicita. Azzardiamo un'interpretazione delle sue parole

Di FRANCESCO RUSSO 17 febbraio 2019, 18:56

Beppe grillo comma 22 sindrome Procuste
Non sono proprio comprensibili a tutti le citazioni utilizzate da Beppe Grillo per criticare il quesito sulla piattaforma Rousseau con la quale gli aderenti al M5s dovranno esprimersi sul caso Diciotti. Se i riferimenti adottati possono non sfuggire a una persona di media cultura, è invece molto più complicato comprendere il messaggio del comico genovese, che ha cercato volutamente di non essere diretto per evitare una critica troppo esplicita all'operato odierno del movimento di cui è cofondatore, che sarebbe equivalsa a una sconfessione.
"Se voti Sì vuol dire No. Se voti No vuol dire Sì. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!", scrive Grillo sui social network. Il riferimento è alla formulazione del quesito. Ovvero: “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?"

L'illusione della scelta
È chiaro che chi risponderà "sì" chiederà ai senatori pentastellati della Giunta per le immunità di votare "no" alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania, che accusa il ministro dell'Interno di sequestro di persona ai danni dei migranti rimasti bloccati per alcuni giorni su un'imbarcazione della Guardia Costiera. Chi risponderà "no", viceversa, dirà "sì" al processo nei confronti di Salvini. Che c'entra il Comma 22?

Il riferimento è al titolo del romanzo di Joseph Heller che narra le vicende di un gruppo di aviatori statunitensi appartenenti a uno stormo di bombardieri operante in Italia durante la seconda guerra mondiale. Il Comma 22 stabilisce che "chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo". Ovvero, c'è l'illusione di una scelta che nasconde in realtà un'unica opzione obbligata.

Grillo non tira quindi fuori il Comma 22 per irridere la formulazione del quesito (dove appunto il sì vuol dire no e il no vuol dire sì), giacché - sulla carta - due opzioni ci sono. È invece probabile che il cofondatore intenda alludere alla certezza che, alla fine, prevarrà il no al processo a Salvini. Le memorie depositate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, sposano infatti la tesi del ministro dell'Interno: la decisione di negare uno sbarco immediato ai migranti raccolti dalla Diciotti fu una scelta collegiale di tutto il governo.

Voler processare Salvini significa quindi voler mandare a processo tutto il governo (a maggior ragione se sono vere le voci secondo cui i giudici di Catania intendono indagare anche Conte e Toninelli). Anche qualora gli iscritti a Rousseau votassero così, ciò potrebbe significare la fine dell'esecutivo, a meno che i parlamentari del M5s, dopo aver seguito in Giunta le istruzioni della base, non si vogliano prendere la responsabilità di votare altrimenti in Aula, una soluzione che metterebbe in discussione tutta la teoria pentastellata della democrazia diretta.

E la sindrome di Procuste? Essa prende il nome da un brigante del mito greco, il quale offriva la sua locanda ai viaggiatori solitari. Se costoro erano bassi, li accomodava in un letto lungo e ne stirava le membra finché non lo occupassero per intero. Se i malcapitati erano alti, finivano invece su un letto corto e le parti del corpo che sporgevano venivano segate via. Fu l'eroe Teseo a metter fine alle sue malefatte. In psicologia tale locuzione, spiega Repubblica, "indica la condizione per cui una persona tende a disprezzare e se possibile svantaggiare chi considera avere maggior talento e più possibilità di successo. Un disturbo psicologico quindi, che nasce dal non saper accettare la propria condizione rispetto ad individui più preparati o dotati. Ovvero dal non sopportare la propria mediocrità".

Volendo ritenere il M5s preda di questa sindrome, sembrerebbe più che altro di sentire le critiche di un Berlusconi, secondo il quale i pentastellati sono rosi dall'odio e dall'invidia sociale a causa del loro complesso di inferiorità. È nondimeno probabile che anche Grillo avverta nel M5s un crescente complesso di inferiorità: quello nei confronti della Lega, soprattutto dopo il voto in Abruzzo. Il comico intende quindi scuotere la sua creatura da un ripiegamento su se stessa che le impedisce di crescere, uno schiacciamento sulle posizioni del Carroccio che nasconde la coscienza di avere un capitale politico e un'esperienza amministrativa inferiori a quelli di un alleato sempre più ingombrante.

Cadere vittima della sindrome di Procuste potrebbe quindi significare, per un iscritto a Rousseau, votare per mandare a processo Salvini sulla spinta emotiva dell'insofferenza per il crescente successo della Lega, che era partita come partner di minoranza e ora nei sondaggi allarga sempre più la distanza dagli alleati. Ma, facendo fuori Salvini, si fa fuori tutto il governo. Quindi una vera scelta non c'è. Comma 22.

Verrebbe infine quasi da pensare che il cofondatore appoggi il progetto di Di Maio di rendere il M5s un partito vero, che possa competere ad armi pari in contesti, come le elezioni amministrative, dove non conta tanto la rabbia degli elettori quanto l'attesa di un'amministrazione efficiente che i pentastellati, come insegna il caso di Roma, non riescono sempre a soddisfare.

@cicciorusso_agi

Da - https://www.agi.it/politica/beppe_grillo_comma_22_sindrome_procuste-5015034/news/2019-02-17/
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