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Autore Discussione: MOVIMENTO 5 STELLE.  (Letto 35491 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Luglio 18, 2018, 09:27:54 pm »

Di Maio alla costante ricerca di un nemico. Il turno di Confindustria

Francesco Gerace - @FrancescoGerace
 
18 luglio 2018

Di Maio alla costante ricerca di un nemico. Il turno di Confindustria

L’associazione degli Industriali critica il provvedimento varato dal governo. Il vicepremier attacca: “Terrorismo psicologico per impedirci di cambiare”
 
Da quando è nato il M5s ha sempre cercato un nemico: i partiti, i poteri forti, i banchieri, la stampa e potremmo continuare per molto. Chi si aspettava che una volta al governo questo schema cambiasse è rimasto terribilmente deluso. Sin da subito il capo politico Luigi Di Maio ha cercato un nemico contro cui poter aizzare i suoi sostenitori. In questi giorni lo scontro è stato ancor più acceso.
Il Decreto dignità ha molte falle, e Di Maio ha deciso di nasconderle sotto la propaganda dei nemici del cambiamento. Inizialmente gli strali del ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico si sono concentrati sull’Inps e sul suo presidente. La colpa? Aver realizzato una relazione tecnica allegata al provvedimento in cui evidenzia che con lo stesso si avrebbe la conseguenza di ottomila posti di lavoro in meno all’anno. Inaccettabile per Di Maio, che quindi ha iniziato a invocare i poteri forti, le manine magiche che a sua insaputa hanno allegato la tabella e quant’altro.
Oggi il nemico è un altro: Confindustria. Infatti l’associazione degli industriali italiani, con la direttrice generale Marcella Panucci, in audizione alla Camera alle commissioni riunite Finanze e Lavoro, ha non solo confermato le stime dell’Inps, ma addirittura sostiene che genererà “potenziali effetti negativi sull’occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (quella contestata da Di Maio, in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi)”.
Secondo Confindustria, il testo “pur perseguendo obiettivi condivisibili” rende “più incerto e imprevedibile il quadro delle regole” per le imprese “disincentivando gli investimenti e limitando la crescita”. Per gli imprenditori la stretta sui contratti “parte da presupposti sbagliati” e non tiene “in considerazione i dati effettivi degli ultimi anni. C’è il presupposto di aumento eccessivo della precarietà. Noi condividiamo la lotta agli abusi, ma nel decreto ci sono misure eccessive rispetto all’obiettivo. I dati non mostrano un aumento della precarietà. La migliore strada è agire sul costo del contratto a tempo indeterminato, con una riduzione netta del costo del lavoro”.
Tali parole non potevano suscitare le ire di Luigi Di Maio che sul suo account Facebook addita Confindustria di fare “terrorismo psicologico per impedirci di cambiare. Sono gli stessi che gridavano alla catastrofe se avesse vinto il no al Referendum, poi sappiamo come è finita. Sappiamo come finirà anche in questo caso”. Dunque un nuovo nemico da offrire in pasto ai suoi seguaci sui social, anche per oggi la missione è compiuta: nascondere l’incapacità e l’inattività dietro i poteri forti contrari al cambiamento.

Da - https://www.democratica.com/focus/dimaio-confindustria-decreto-dignita/
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« Risposta #16 inserito:: Luglio 20, 2018, 09:54:13 am »

Ottomila posti di lavoro a rischio? Di Maio sapeva tutto una settimana prima
Il ministro: «La legge non consente di rimuovere Boeri prima della scadenza del mandato».
Ma le carte scagionano il presidente Inps

Pubblicato il 17/07/2018 - Ultima modifica il 17/07/2018 alle ore 15:44

ALESSANDRO BARBERA
ROMA

Luigi di Maio comprende solo ora - e lo ammette lui stesso - quanto sia complicata l’arte del governare. Procedure, autorizzazioni, nulla osta, pareri e affini. Dopo aver denunciato l’esistenza di una «manina» che all’ultimo momento avrebbe introdotto una stima «non scientifica» (cit. Giovanni Tria) sull’impatto occupazionale del decreto dignità (ottomila occupati in meno all’anno), il superministro del Lavoro ha scaricato ogni responsabilità sul presidente dell’Inps Tito Boeri, capo della struttura che ha realizzato quella stima.

Ma rimuovere Boeri prima della scadenza del mandato (a gennaio 2019) non è possibile, perché la presidenza dell’Istituto di previdenza non è soggetta alle regole dello spoil system: «La legge non ci consente di rimuoverlo», ammette il ministro. C’è di più: farebbe un errore, perché non c’è stata nessuna «manina» che ha tramato contro di lui. Tutto è avvenuto alla luce del sole, ogni procedura è stata rispettata e i collaboratori di Di Maio hanno avuto la stima una settimana prima della pubblicazione del testo del decreto in Gazzetta Ufficiale. Una settimana prima, non 24 ore, come apparso in alcune ricostruzioni: La Stampa ha i documenti che lo provano. 

Tutto inizia il due luglio, quando l’ufficio legislativo del ministero del Lavoro scrive all’Inps per chiedere di predisporre «con la massima urgenza» la platea dei lavoratori coinvolti «al fine di quantificare il minor gettito contributivo». Detto fatto: quattro giorni dopo, il sei luglio, la segreteria tecnica di Boeri spedisce all’ufficio legislativo del ministero quanto richiesto. Mail certificata e testo non lasciano dubbi: la scheda che stima impietosamente il calo degli occupati è sul tavolo del ministero sei giorni prima della bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato, il 12 luglio.

La relazione tecnica verrà ritoccata il giorno prima della pubblicazione in Gazzetta su richiesta della stessa Ragioneria - accade l’11 di luglio - ma per ragioni che non hanno nulla a che vedere con quella stima: il funzionario della Rgs, che per mestiere è chiamato a verificare le coperture finanziarie di ogni provvedimento, chiede di quantificare gli effetti del decreto sul sussidio di disoccupazione. Dunque nessun giallo, nessun complotto, e d’altra parte sarebbe stato incredibile da parte dell’Inps - che dipende funzionalmente dal ministero del Lavoro - un atteggiamento diverso. Al professore milanese non resta che il peccato originario: quello di essere stato nominato a quell’incarico dall’ex premier ora all’opposizione, Matteo Renzi. Ma è poco più di un peccato originario: basta chiedere a chi in quei mesi ha avuto l’occasione di assistere alle conversazioni fra Boeri e il leader Pd.

 Licenza Creative Commons

Da - http://www.lastampa.it/2018/07/17/economia/ottomila-posti-di-lavoro-a-rischio-di-maio-sapeva-tutto-una-settimana-prima-XMN9Pz0WYDRVX5rjKlBn0I/pagina.html
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« Risposta #17 inserito:: Luglio 28, 2018, 12:41:38 pm »

Il sottosegretario all'Interno, esponente del M5s, conosce meglio di chiunque altro cosa significa coabitare con Salvini

15 luglio 2018, 09:15

"Sui migranti la linea del governo è condivisa". Intervista a Carlo Sibilia
L'ultimo caso è quello del barcone con i 450 migranti a bordo, intercettato a largo di Linosa con l'intervento della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza per salvare naufraghi che si sono lanciati in mare. Ma è, appunto, solo l'ultimo episodio di una ormai lunga serie. E, quando si tratta di migranti, non sono mancate le divergenze tra i diversi ministri competenti: Interno, Difesa, Infrastrutture. Ma secondo il sottosegretario all'Interno, Carlo Sibilia, esponente M5s, "la linea del governo è condivisa" e anche se - dice all'AGI - "qualche volta ci possono essere delle sbavature, poi si raggiunge l'obiettivo senza danno per nessuno". "Non ci sono super uomini seduti sulle poltrone" osserva.

Ogni giorno però si registra un nuovo caso: la linea dura del ministro dell'Interno Salvini non sta funzionando?
"Al contrario - risponde in un'intervista all'AGI il pentastellato Sibilia - stiamo dimostrando che la linea del governo è condivisa e non a scopo elettorale visto che non abbiamo scadenze imminenti in tal senso. Quindi i tentativi di far dividere la maggioranza tra buoni e cattivi non funzionano. Dannoso per il paese chi va avanti su questa strada. Del resto le parole del primo ministro Conte sui 450 migranti di Linosa confermano quanto dico. Le porte e i porti del nostro paese sono aperti per chi ha diritto di asilo e protezione. Chi non ha questi diritti non può essere un problema che l'Italia deve gestirsi da sola. Siamo la porta d'ingresso dell'Europa e il nostro problema è un problema di tutti. Esistono tante altre porte in un casa, non solo quella d'ingresso. C'è la cucina, il salotto, la camera da letto. Con questo voglio dire che c'è bisogno di fervida e solerte collaborazione europea".

Nella gestione dei migranti e dei barconi che continuano ad arrivare vicino al nostro paese, sono emersi conflitti tra le competenze dei diversi ministeri: Interno, Difesa, Infrastrutture. Come 'armonizzare' e riuscire a far parlare il governo con una voce sola come chiede il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella?

"Ogni attività del governo ha competenze interministeriali. Questo è un approccio sano in una democrazia matura come la nostra, è il sistema di controllo e bilanciamento che ci consegna la nostra Costituzione. Sono pochissime se non inesistenti le attività che una sola persona può intraprendere in autonomia. È per questo che il governo si fonda su un contratto specifico che vincola le forze politica a mantenere una linea. Oggi le dichiarazioni del premier Conte rispondono alla giusta esigenza di chiarimento chiesta da Mattarella. I ministeri devono comunicare tra loro sempre di più. Stiamo rodando una macchina complessa in una situazione politica difficile. Non ci sono super uomini seduti sulle poltrone. Qualche volta ci possono essere delle sbavature, ma poi si raggiunge l'obiettivo senza danno per nessuno".

Sibilia è esponente M5s, Salvini è della Lega: come va la 'coabitazione' al Viminale? su cosa sta lavorando?
"Al Viminale abbiamo dei compiti abbastanza definiti. Ma io sono un fautore del lavoro di squadra. Se la squadra funziona e lavora in sinergia si ottengono i risultati. In qualsiasi campo vale questa regola. Noi serviamo a risolvere i problemi della gente e dobbiamo essere giudicati per questo. In un solo mese di attività in un ministero complesso com'è il Viminale si fa appena in tempo ad ambientarsi. Ma ho già avuto modo di incontrare i capi Dipartimento della struttura che si occupa degli Affari Interni e Territoriali e del Personale. Una volta il ministro dell'Interno era il ministro dei sindaci. Ecco, voglio provare sempre di più ad essere vicino a chi è in trincea ogni giorno e deve affrontare i problemi anche se svuotato di risorse economiche. Dobbiamo dare risposte sul livello micro, ad esempio il pagamento 'incagliato' per un lavoro già svolto, e nel lungo periodo, digitalizzando in maniera spinta il rapporto con le strutture territoriali. Abbiamo bisogno di personale fresco che si tuffi nella valutazione di innovazioni utili".

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/intervista_sibilia_m5s_governo_lega_salvini_conte-4158367/news/2018-07-15/
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« Risposta #18 inserito:: Agosto 25, 2018, 05:18:45 pm »

“Grillini totalitari e Di Maio inadeguato”: lo schiaffo di Giordana ai Cinquestelle
Su Facebook l’ex capo di gabinetto della sindaca attacca gli ex amici e sconfessa anche le ultime scelte della giunta Appendino
Dopo la vittoria solo Paolo Giordana era al fianco di Chiara Appendino. L’ex capo di gabinetto fu molto importante nelle scelte elettorali e successive all’insediamento
Pubblicato il 24/08/2018 - Ultima modifica il 24/08/2018 alle ore 08:37

LUCA FERRUA
TORINO

Non erano tre amici al bar, ma il legame era ancora più solido dell’amicizia. Condividendo progetti e strategie e avevano fatto qualcosa di impossibile «si erano presi Torino». Ora, non al bar ma a Palazzo Civico dei tre ne è rimasta solo una, Chiara Appendino. La sindaca.

Gli altri due, Paolo Giordana e Luca Pasquaretta hanno preso altre strade. Pasquaretta lo farà ufficialmente dal 1° settembre, mentre Paolo Giordana lo ha fatto da tempo. Per entrambi hanno pesato vicende giudiziarie, ma se Pasquaretta si sente ancora parte della squadra, Paolo Giordana no. E dopo averlo lasciato intendere ai suoi amici più stretti ieri lo ha manifestato con un post su Facebook che più chiaro non si può.

Lo schiaffo a Di Maio 
L’unico uomo che Appendino aveva voluto al fianco nella prima trionfale passeggiata per le vie della città con la fascia tricolore ha scritto: «Dopo qualche tempo di esitazione e di silenzio ho deciso di romperlo. Ho avuto la fortuna di conoscere Di Maio personalmente e di discutere di alcune cose concrete faccia a faccia (c’era con lui il fidato Spadafora ed eravamo negli uffici della Camera). Ho avuto la netta impressione che, sebbene ci mettesse una buona dose di impegno, fosse strutturalmente limitato, una specie di scolaretto che in quinta elementare pensa di poter dare l’esame di Maturità. Non è possibile affidare la nostra nazione nelle mani di persone così improvvisate, che non si rendono conto del contesto e che non hanno gli strumenti per comprendere la realtà che li circonda».

Il post è molto più lungo e non lascia spazio all’immaginazione, si rilegge nei passaggi chiave la lucidità e la cattiveria dello spin doctor di Appendino non la leggerezza del potente che si fa incastrare per una multa sul bus: «Di Maio non è uno statista o un politico, è uno che per caso in questo mondo malato senza selezione della classe dirigente si è trovato a rivestire un ruolo ben più grande di ciò che può sopportare, purtroppo montandosi la testa e pensando di essere ciò che non è: il salvatore della Patria. Prima va a casa è meglio è».

Un segnale futuro 
Quello di Paolo Giordana non è uno sfogo ma un’uscita frutto di un percorso che da qualche giorno lo vede dialogare con il presidente della Circoscrizione 8 Davide Ricca. Sicuramente una strada non causale per un politico abituato a soppesare azioni e parole, una visione del governare che lo aveva fatto soprannominare sia «Rasputin» che «Richelieu». Giordana prende anche le distanze dalla Torino a Cinquestelle: «Non sono mai stato 5 Stelle e speravo che la componente “civica” (sostenuta anche dal sindaco, vi ricordate quante volte sui manifesti di Chiara c’era il simbolo dei 5 Stelle? Praticamente mai) potesse essere l’inizio di un nuovo cammino per Torino. Alla fine però i 5 Stelle “totalitari” hanno inglobato tutto e gli effetti si vedono. Purtroppo. Ma per il bene di Torino ci sarà ancora una volta (forse l’ultima) possibilità di ricominciare».

Proprio questo post apre al futuro di Giordana in una città che sta cercando nuove alleanze a cominciare da quella coalizione anti-populista che potrebbe sostenere la sempre più probabile ricandidatura di Chiamparino. Su Facebook Giordana dice molto e quello che non esprime chiaramente lo esplicita con un «mi piace» (che equivale a sono d’accordo nel linguaggio del social network) a un post dell’ex assessore Claudio Lubatti: «Incredibile ma vero: sostituendo la parola Paese con la parola Città, e la parola Di Maio con Appendino, il post non perde comunque di significato».

«Basta ignoranza» 
Il fedele consigliere di Chiara Appendino diventa un avversario che guarda a un futuro diverso, a un’altra Torino e anche qui le sue parole non sono casuali: «Per me comunque la questione è semplice trovare persone di buona volontà che siano stufe di subire l’ignoranza, la superficialità e la sciatteria di questi e vogliano impegnarsi. Davvero però non per uno strapuntino o una poltrona. Tutto questo senza vincolo di partito o di parte qui in gioco c’è l’Italia che tra 6 mesi è fallita più della Grecia ed è carne da macello per le multinazionali (ma tanto di questo Di Maio mica se ne accorge, lui pensa all’aeroplanino e a 1 milione di euro restituito al fondo per il microcredito mandando in tv quel sempliciotto di Cabetta)».

Divisione su tutto come due strade che viaggiano in direzione ostinata e contraria. Su tutto. «Le cose - scrive sempre Giordana - che avevo suggerito per gli enti locali di cui avevo parlato anche con Luigi Marattin che necessitano di un po’ di approfondimento e che per Torino vorrebbero dire mal contati una ventina di milioni di euro in più ovviamente giacciono lettera morta. Però le loro priorità sono le pagine dei giornali, solleticare la pancia delle persone e non risolvere i problemi».

La rottura 
Una rottura sicuramente insanabile con Giordana coincide, con il giro di boa dell’amministrazione Appendino. E anche per questo in molti si aspettano un cambio di passo in Comune. Una presa di distanza dal passato. Giordana dal passato si allontana a tutta velocità e giustifica la scelta come una presa di coscienza: «Per chi si chiedesse il perché di queste parole: la nostra vita è troppo breve per permetterci di pregiudicare con scelte scellerate il destino di milioni di persone che verranno. Lo considero un dovere morale».

 Licenza Creative Commons

Da - http://www.lastampa.it/2018/08/24/cronaca/grillini-totalitari-e-di-maio-inadeguato-lo-schiaffo-di-giordana-ai-cinquestelle-IkvAG9sOvxjREIWgZogRdM/pagina.html
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« Risposta #19 inserito:: Settembre 17, 2018, 12:12:05 pm »

Dietrofront su Giarrusso

Pubblicato il: 15/09/2018 10:06

Dietrofront sulla vicenda Dino Giarrusso. "Non sarà 'il controllore' di alcun concorso, come invece ha scritto qualcuno, perché non esiste una figura di 'controllore' e perché questo Ministero ha pieno rispetto dell’autonomia delle università e non vuol sostituirsi ad alcun organo ispettivo esistente, tantomeno alla magistratura". E' quanto ha affermato il viceministro dell'Istruzione, Lorenzo Fioramonti, intervenendo per "mettere fine alle polemiche pretestuose e talvolta grottesche nate intorno alla nomina di Dino Giarrusso nel mio staff, chiarendo definitivamente la questione".

Avendo "ricevuto decine di segnalazioni su presunte irregolarità riguardanti concorsi universitari, ho chiesto a Dino di svolgere anche un'altra attività: raccogliere queste segnalazioni, leggerle e aiutarmi a rispondere a chi le ha inviate" ha precisato Fioramonti, ricordando che l'ex Iena è stata nominata "mio segretario particolare già a fine luglio, nei tempi e nei modi previsti dalla legge. In quel ruolo si sta occupando a norma di legge di coordinare la comunicazione del mio ufficio e curare le mie relazioni istituzionali, in ragione del suo incarico".

"La legge - aggiunge il sottosegretario all'Istruzione - prevede che la nomina del segretario particolare sia fiduciaria (non tramite concorso, trattandosi di un ruolo non organico al Ministero) e decade con la fine del mandato".

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.

Da - http://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/09/15/dietrofront-giarrusso_08ZAIePiySDpnICifjSD3N.html
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« Risposta #20 inserito:: Settembre 17, 2018, 11:06:12 pm »

PSICOPOLITICA: LA ROBOTIZZAZIONE DI LUIGI DI MAIO

GIORGIO MAJORINO
11 settembre 2018

In un intervento recente sul Corriere (9/9/2018), il critico televisivo Aldo Grasso esprimeva il suo sconcerto per l’espressione gelida e per lo sguardo nel vuoto di Casaleggio junior. Ora ci si può chiedere se anche Luigi Di Maio abbia un visual impact, che riveli una stereotipia dell’aspetto rafforzante una specifica immagine, forse voluta, forse connaturata.

Il suo collega Salvini è immerso nella grossolanità fonetica di noi lombardi, Renzi ci invade con l’isterica rabbiosità toscana, Berlusconi cerca di sedurci con il sorriso del venditore di pubblicità e Prodi sembra invitarci alle delizie gastronomiche di una salumeria bolognese (e ce ne sono anche altri). Per Di Maio accade qualcosa di diverso.

L’attenzione visiva di chi lo guarda, è concentrata sul sorriso incessante mentre i muscoli facciali sembrano poco mobili, gli occhi fissi, c’è un contenuto scuotimento del capo e mancano gesticolazioni, soprattutto delle mani. Cioè c’è una rigidità che si potrebbe definire artificiosa. Un paragone, ahimè non felice, forse potrebbe essere fatto con Andreotti. Solo un velato timbro partenopeo rivela la propria origine etnica, anche se ben lontano dalla vivacità scrosciante di un Totò o di un De Filippo.

Il tutto poi è immerso in un look perfetto che sembra quasi dipinto addosso e non indossato. Lo scuro dell’abito fa risaltare ancora di più il candore della camicia che a propria volta fa risplendere il sorriso bianchissimo. Da quel sorriso bianchissimo poi, escono le parole, precise e forbite (quasi…). Qualcuno potrebbe obiettare che quello che importa è il contenuto dei discorsi. Non credo: che efficacia avrebbe avuto Mussolini se non si fosse affacciato a Palazzo Venezia e se il Padre Eterno non avesse convocato Mosè sul monte Sinai, tra tuoni e lampi, per consegnarli i 10 Comandamenti? E oggi, inoltre, viviamo in un’età dell’immagine esasperata.

Ma tutto questo che funzionalità può avere, considerando che Di Maio è un uomo politico e quindi non possiamo credere che comportamenti e atteggiamenti siano solo risvolti, quasi un po’ anomali, della sua personalità? O per lo meno, possono esserlo, ma vengono utilizzati e rafforzati magari dal clan Casaleggio, per più ampi orizzonti.

Se utilizziamo i (noiosi) parametri psicoanalitici, possiamo fare l’ipotesi che comportamenti irrigiditi e ripetitivi facciano parte di quella cintura difensiva che è stata costruita per difendere un proprio Sè narcisistico. Ma poiché qui non stiamo facendo la diagnosi clinica del sig. Di Maio. ci interessa capire quali effetti tutto ciò abbia sulla gente. Dobbiamo tenere conto che nella terribilmente complessa e confusa nostra psichicità, gli elementi esterni vengono continuamente introdotti dentro di noi. Vi saranno persone che tenderanno a respingere con fastidio questa intrusione ma altri tenderanno ad accaparrarsene frammenti da integrare nel proprio Sè, fruendo così del sentimento di piacere e di sicurezza che danno le caratterizzazioni narcisistiche.

In parole povere il Di Maio si accampa dentro di noi e si collega al nostro narcisismo, come una protesi efficiente ed anche attesa. Proprio l’efficienza delle azioni e dei pensieri che il narcisismo, erroneamente, sembra trasmettere, da l’illusione che le vistose promesse declamate verranno soddisfatte. È un errore perchè il narcisismo ha solo un obiettivo: mantenere la cintura difensiva attorno al proprio Sè, senza venire a patti con la realtà. Costi quel che costi (agli altri…).

Da - https://www.glistatigenerali.com/psicologia/psicopolitica-la-robotizzazione-di-luigi-di-maio/
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« Risposta #21 inserito:: Settembre 23, 2018, 05:41:09 pm »

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08 SETTEMBRE 2018
Il Sole 24 Ore



Il taglio del cuneo è parte della riforma fiscale: si farà Torna la Cig straordinaria
Per Alitalia controllo pubblico. Venture capital per Pmi ad alto potenziale
«Confermeremo Industria 4.0 e il taglio del cuneo si farà, è parte della riforma fiscale. Ora che non siamo più antagonisti, abbiamo lavorato dalla stessa parte del tavolo anche per cercare insieme soluzioni concrete alla massa di scadenze, reiterazioni e adempimenti. Per le agevolazioni favoriremo in particolare l’accesso delle piccole imprese». Il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio parla delle misure cui sta lavorando per la legge di bilancio, mentre «già a settembre sarà introdotta la cigs di 2 anni per i lavoratori di aziende che chiudono». Alitalia avrà «prevalente controllo pubblico». Su Telecom: no alla vendita di Sparkle.

Carmine Fotina - Claudio Tucci
Ministro Di Maio, anzitutto una riflessione sul messaggio del Papa contenuto nell’intervista al direttore del Sole 24 Ore, Gentili. Messaggio fondato sulla centralità del lavoro e dell’impresa. «Il lavoro - dice il Papa - crea dignità, non i sussidi, quando non legati al preciso obiettivo di ridare lavoro e occupazione, creano dipendenza e deresponsabilizzazione».
È un messaggio importante che noi recepiamo con grande attenzione e facciamo nostro come governo. Sulla frase che mi sottolineate voglio dire che è un concetto che noi sposiamo in pieno. È quello che faremo con il reddito di cittadinanza che ha questa finalità. Ridare dignità alla persona. Il reddito di cittadinanza non è sussidio. Ha la finalità di assicurare un reddito mentre la persona si forma e si attiva per rientrare nel mercato del lavoro. È fondamentale che passi questo concetto. Chi ottiene il reddito di cittadinanza è obbligato a essere preso in carico dai centri per l’impiego e deve assicurare otto ore di lavoro al comune di residenza. Se chi percepisce il reddito rifiuta tre proposte di lavoro perde il reddito. Non è assistenza. E dal 2019 sarà realtà.
L’accordo su Ilva è fondamentale per la difesa dell’industria in Italia e nel Sud. Si apre una fase nuova con l’industria fra le vostre priorità? Proporrete misure in legge di bilancio?
Spesso veniamo descritti come quelli contro le imprese e contro l’industria. Non è così, siamo consapevoli che l’impresa è il volano di sviluppo per il nostro paese. Ci sarà grande attenzione, rifinanzieremo i contratti di sviluppo, la legge 181 sulle aree di crisi oltre alle misure di carattere fiscale. Soprattutto investiremo in nuove tecnologie per aumentare la produttività delle nostre aziende.
Industria 4.0: confermerete nel 2019 iperammortamento, superammortamento e bonus formazione?
Confermeremo le misure di Industria 4.0 per il 2019. Stiamo lavorando per articolare meglio le misure, riducendo la burocrazia per l’accesso e favorendo un maggiore utilizzo da parte delle piccole imprese, specie al Sud, che ancora fanno troppa fatica a entrare nei circuiti virtuosi di maggiori investimenti, crescita e ingresso nei mercati esteri. Rifinanzieremo il fondo di garanzia a patto e condizione che sia maggiormente a misura di Pmi. È allo studio in tempi rapidi un progetto con Cdp per sbloccare i crediti delle imprese con la Pa.
Avete definito il quadro macroeconomico con il ministro Tria?
La manovra sarà realizzata per il benessere del paese. E ci sarà il reddito di cittadinanza, il superamento della Fornero e l’avvio della flat tax. L’obiettivo è la felicità degli italiani tenendo i conti in ordine, la leva finanziaria generata dalle misure che introdurremo creerà sviluppo. Il debito si abbasserà proprio grazie alle misure coraggiose che intraprenderemo.
È vero, come dice Salvini, che quota 100 aiuterà a creare occupazione giovanile? Il taglio al cuneo ci sarà in legge di bilancio?
Superare la legge Fornero sblocca posti utili per le nuove assunzioni. Ma soprattutto ci permette di svecchiare la pubblica amministrazione, con nuove risorse, giovani e formate per le nuove sfide di uno stato più snello, quello che io chiamo Smart Nation. Il taglio del cuneo rientra nella riforma della tassazione in generale, si farà.
Confermerete il bonus Sud per l’occupazione stabile?
Sarà una delle misure che intendiamo garantire. Avvieremo altre misure per l’aumento dell’occupazione stabile in tutto il paese e per favorire anche le trasformazioni di contratti a tempo determinato.
Quota 100 per tutti: quale platea? Quali costi? Quali vincoli?
Stiamo lavorando a tutti i dettagli. Tanti cittadini hanno paura di non rientrarvi. Stiamo approntando una vera quota 100 che consentirà un ricambio generazionale nel pubblico e nel privato.
Cosa altro pensate di inserire in manovra sul lavoro? Il recupero della Cigs per la cessazione delle attività?
La Cigs per cessazione sarà inserita nel decreto urgenze entro fine settembre e almeno per i prossimi due anni, darà ai lavoratori delle aziende cessate la possibilità di non restare senza ammortizzatori nell’attesa di una ricollocazione per 12 mesi. È una promessa che dovevo agli operai Bekaert, una delle aziende che è scappata all’estero lasciandoli per strada. Riguarda moltissimi operai che ho incontrato in questi mesi in tutta Italia.
Avete dati sugli effetti del decreto dignità? C'è qualcosa da correggere o integrazioni da fare?
È ancora prematuro per valutare gli effetti, ma le prime informazioni che stiamo raccogliendo ci rassicurano sulle trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato. Il decreto dignità è stato solo un primo intervento. Ora mettiamo mano alle norme per gli imprenditori perché il primo precario in Italia è l’imprenditore, spesso anche più dei suoi dipendenti. I prossimi provvedimenti saranno dedicati a i nostri piccoli e medi imprenditori.
Alitalia: la prima mossa è cercare il partner aereo? Ci sono contatti solidi con compagnie cinesi?
Su Alitalia siamo già al lavoro e stiamo valutando la migliore soluzione. Ci sono contatti con tutti i potenziali investitori. L’obiettivo è quello di trovare un partner che garantisca solidità alla azienda, in un momento in cui la crescita di mercato ci consiglia di mantenerla a prevalente controllo pubblico.
Telecom: incontrerà gli azionisti francesi? Vi piace il progetto di scorporo della rete e la società unica con Open Fiber?
Non è in agenda al momento. La fibra è strategica per il paese. Il mio obiettivo è che il paese sia cablato. Ma non permetteremo che si venda Sparkle.
Pensate a una legge di semplificazione per le imprese?
La struttura ministeriale ha avviato colloqui con le principali associazioni datoriali e i principali consigli nazionali dei professionisti: non più antagonisti, abbiamo lavorato dalla stessa parte del tavolo cercando insieme soluzioni concrete alla matassa di scadenze, reiterazioni e adempimenti previsti a oggi dall’ordinamento. A breve uscirà un provvedimento che sarà in grado di dare respiro alle aziende: abbiamo raccolto istanze puntali cui intendiamo dare seguito perché andranno a rimuovere ostacoli dispendiosi, inutili e senza vantaggi diretti. Amplieremo l’utilizzo della “decertificazione” al mondo delle attività produttive per semplificare il rapporto tra amministrazioni e imprese. In più siamo pronti a realizzare il codice del lavoro che semplificherà la vita ai datori di lavoro eliminando oltre 140 leggi e centinaia di decreti che oggi rendono difficoltosa la comprensione delle norme.
Nella legge di bilancio ci saranno norme per rafforzare la Cdp come banca pubblica di investimento?
La nostra ambizione è costituire una banca pubblica per gli investimenti, ispirata al modello francese, che sostituisca tutti gli attuali enti e fondi di investimento che erogano contributi. Quando le nostre aziende vanno all’estero vengono continuamente battute da aziende tedesche e francesi che hanno le banche pubbliche nazionali che le sostengono. Inoltre per potenziare il mercato del private equity e in particolare il venture capital stiamo studiando misure per convogliare una quota del risparmio privato verso le Pmi ad alto potenziale innovativo, anche attraverso la creazione di una piattaforma pubblica che, grazie alla garanzia dello Stato, favorisca gli investimenti privati in innovazione.
Come valuta l’intesa Fincantieri-Autostrade per ricostruire il Ponte?
L’abbiamo sempre detto Autostrade ci mette i soldi ma il ponte lo deve costruire un’azienda pubblica.

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Carmine Fotina
Claudio Tucci

Da - http://www.quotidiano.ilsole24ore.com/edicola24web/edicola24web.html?testata=S24&edizione=SOLE&issue=20180908&startpage=1&displaypages=2
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« Risposta #22 inserito:: Ottobre 01, 2018, 08:50:52 pm »


M5S in trincea contro Mattarella: “Uomo di diritto, non economista”
Di Maio attacca i media: fanno terrorismo sullo spread. Oggi Eurogruppo a Bruxelles e nuovo test sui mercati
Il Presidente Sergio Mattarella e il vicepremier Matteo Salvini ieri a Ostia hanno partecipato alla celebrazione per i 50 anni della fondazione dell’associazione nazionale Polizia di Stato

Pubblicato il 01/10/2018

Ilario Lombardo
Roma
La storia potrebbe ripetersi. E ci sono tutte le premesse perché i 5 Stelle scatenino un nuovo assalto al Colle, come fece Luigi Di Maio a fine maggio, chiedendo l’impeachment. Solo che questa volta la campagna grillina, dopo aver abbattuto l’argine del ministro dell’Economia Giovanni Tria, potrebbe travolgere anche tutte le burocrazie ministeriali, dirigenti e tecnici che lavorano nei ministeri e che la furia giacobina dei 5 Stelle considera contigui al potere del passato. Anche a fine maggio erano giorni di grande tensione, quando il destino del governo rimase appeso per ore al nome del possibile ministro dell’Economia. Il veto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sulla scelta di Paolo Savona fu l’innesco dell’esplosione di Di Maio contro colui che per mesi gli aveva facilitato le trattative per trovare una maggioranza. 

Le similitudini sono tante: oggi come quattro mesi fa al centro del dibattito c’è la politica economica, le ricette, gli scenari finanziari, le reazioni dei mercati. In questi giorni di forte stress rifà capolino proprio Savona, il suo piano di maxi investimenti e torna come un vago presagio la sua idea di avere un piano B - smentito dal governo - di uscita dall’euro. I toni sono di nuovo esacerbati, inaspriti dalle reazioni di Di Maio che definisce «aguzzini» tutti quelli che prima di lui stavano a Palazzo Chigi, e accusa i giornali di fare nientedimeno che «terrorismo mediatico», un gioco cinico di autolesionismo per «far schizzare lo spread sperando in un altro colpo di Stato finanziario». Sono le stesse parole usate per anni da Silvio Berlusconi: il golpe finanziario, i «giornali irresponsabili e nemici dell’Italia», gli stessi che nella società disintermediata secondo il M5S «non contano più nulla». Il frasario berlusconiano aveva già investito i magistrati del Csm, rei di aver votato un ex parlamentare del Pd come vicepresidente, colpevoli «di fare politica», complici del «vecchio sistema». 

 LEGGI ANCHE - Salvini: “Correggere la manovra? Si va fino in fondo”. Di Maio: “Da Pd e Forza Italia terrorismo mediatico” 

Tutti finiscono nell’obiettivo della rivoluzione sovranista, di chi inneggia al consenso del popolo per fare piazza pulita nelle istituzioni. Hanno cominciato con il Tesoro e la Ragioneria dello Stato ma «sappiamo - ha detto ieri Di Maio - che ci sono tecnocrati che ci remano contro, in tutti i ministeri». Il capo politico del M5S ha parlato nello studio di Massimo Giletti su La 7, guardando ripetutamente il pubblico, chiamando l’applauso, come legittimazione popolare contro chiunque si stagli sulla sua strada. Anche il Quirinale. Di nuovo il Quirinale. Sabato, nelle ore subito successive al monito di Mattarella, i vertici dei 5 Stelle si sono sentiti con Di Maio. I ministri Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede, Riccardo Fraccaro, il capogruppo Francesco D’Uva. Bisogna decidere come rispondere agli avvertimenti del Capo dello Stato sui conti e sulla sostenibilità del bilancio. 

Un esponente molto in vista del governo dice stizzito: «Che ne sa lui? È un costituzionalista mica un economista». Viene difesa la linea sugli investimenti per abbattere il debito e un altro traduce le paure di tutti, Di Maio in primis: «Non è che alla fine ci sta dicendo che è pronto a non firmare la manovra? Deve farlo per forza». Sono infuriati, considerano un colpo basso il comunicato del Colle, «prematuro», perché ancora non ci sono i numeri e le tabelle della nota al Def, attesi per oggi. Si spiega anche così la frase fuggita al sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, poi ritrattata, contro «i segnali negativi lanciati delle opposizioni» che, «come le parole di Mattarella contribuiscono a scoraggiare gli investitori e mettere in agitazione i mercati». 

Oggi o più probabilmente domani potrebbe arrivare la sentenza di creditori e investitori sui rendimenti dei titoli italiani e sullo spread. Il governo è spaventato, i grillini più dei leghisti, perché entro la settimana ci sarà anche il verdetto sul rating di Moody’s. Oggi Tria andrà all’Eurogruppo a spiegare a tutti i ministri dell’Economia perché ha ceduto sul deficit al 2,4 per cento e come farà a rendere fattibile una legge di Stabilità del genere. In Europa, a Strasburgo, arriverà anche Savona e pure il premier Giuseppe Conte si sta organizzando per portare tranquillità a Bruxelles. Lo farà puntando tutto sugli investimenti. La cabina di regia a Chigi è già convocata per martedì. 
 
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Da - http://www.lastampa.it/2018/10/01/italia/ms-in-trincea-contro-mattarella-uomo-di-diritto-non-economista-StQqNtiM3fnGigsmqtPXVN/pagina.html
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« Risposta #23 inserito:: Ottobre 21, 2018, 11:11:20 pm »

Italia a 5 Stelle, oggi la chiusura. Grillo: "Il Capo dello Stato ha troppi poteri".
Di Maio. "Resteremo nella Ue". Conte: "Avanti fino al 2023"

Il vicepremier dal salotto di "In mezz'ora" cerca di rassicurare i mercati. E annuncia un manifesto e il lavoro per la creazione di un nuovo gruppo al Parlamento Europe.
Ma non risponde alla domanda su a chi appartenga la famosa "manina".

Al Circo Massimo l'intervento del premier Conte e di Beppe Grillo: "Cambieremo il mondo"

Di CARMINE SAVIANO
21 ottobre 2018

Italia a 5 Stelle, la seconda giornata al Circo Massimo
 
Italia a 5 Stelle, oggi la chiusura. Grillo: "Il Capo dello Stato ha troppi poteri".
Di Maio. "Resteremo nella Ue".
Conte: "Avanti fino al 2023"
ROMA - Sono tre i messaggi che chiudono la due giorni di Italia a 5 Stelle. Uno rassicurante, affidato a Luigi Di Maio: "Non usciremo mai dall'Europa". Il secondo, baldanzoso, scandito dal premier Giuseppe Conte: "Le opposizioni si mettano l'animo in pace, arriveremo al 2023". Infine il terzo, rivolto al Quirinale e lanciato da Beppe Grillo: "Dobbiamo togliere poteri al Capo dello Stato: serve una riforma". Così il capo politico, il premier e il fondatore del Movimento 5 Stelle chiudono la quinta festa nazionale dei grillini dal Circo Massimo di Roma.

Di Maio: "Orgoglioso di Conte". Dal palco agli studi televisivi. Luigi Di Maio lancia messaggi rassicuranti all'Europa e ai mercati: "Vogliamo restare nell'Unione Europea e nell'euro. E io ne sarò sempre il garante". E poi lancia attestati di stima al premier Conte: "Sono orgoglioso di lui: l'esempio di un cittadino che si fa Stato”. Poi ripete: "non c'è nessuna intenzione di uscire dall'Europa e non c'è un piano B. C'è solo un piano A. E finché sarò in questo governo sarà sempre garantito che l'Italia resti in Europa e nell'euro".

APPROFONDIMENTO
Fico e Di Maio: le due voci del M5S al Circo Massimo che aspetta Grillo

Di ANNALISA CUZZOCREA
L'intervento del premier. E dal palco della kermesse grillina al Circo Massimo interviene anche il presidente del Consiglio di Ministri: "Andremo avanti fino al 2023: ci aspetta un cammino ancora lungo, gli oppositori se ne facciano una ragione", dice il premier allontanando così i venti di crisi arrivati sul governo dopo il caso della "manina" che aveva modificato il testo del decreto fiscale. Il premier cerca di spostare l'attenzione dai problemi con la Lega affermando che: "Stiamo riformando il fisco più iniquo d'Europa". E sul reddito di cittadinanza: "Ci sarà, noi manteniamo le promesse". Poi racconta ai militanti le modalità del suo ingresso nel Movimento: "Conoscevo i 5 Stelle, già 5 anni prima mi era stata chiesta la disponibilità per l'organo di autogoverno della magistratura, e io all'epoca dissi 'non vi conosco', ma mi fu risposto di fare solo il mio dovere e non ho mai ricevuto una sola indicazione in 5 anni".

Italia a 5 Stelle, Di Battista in collegamento: "Giusta la battaglia di Di Maio. Manovra ottima legge"

Verso le europee. E se il premier affronta anche un cavallo di battaglia della retorica grillina - il salvabanche: "Ai truffati dalle banche ho fatto una promessa: non vi lasceremo soli. Queste persone avranno un miliardo e mezzo. Noi le promesse le manteniamo - non mancano elementi di carattere organizzativo. Affidati al capo politico, Luigi Di Maio. Che annuncia per le prossime europee che anche che il Movimento Cinque Stelle "sta lavorando a un gruppo che metta insieme sensibilità che sono state tradite sia a destra sia a sinistra". Dunque, spiega il vice premier, i grillini pensano ad un futuro gruppo parlamentare al Parlamento europeo che "sostituisca Forza Italia e Pd che a livello europeo hanno tradito gli elettori. Non voglio uscire da Ue e Euro ma lavoriamo a un nuovo progetto europeista".

Beppe Grillo: "Togliere i poteri al capo dello Stato". E la chiusura della kermesse è affidato al padre fondatore del Movimento. Grillo si affida all’ironia: "Noi abbiamo cambiato il mondo...guardate a Conte cosa è successo in 4 mesi, era un cazzo di professorino, che faceva l'esegesi del diritto e ora è qui, cazzo ... noi cambieremo il mondo". Lo afferma Beppe Grillo dal palco di Italia 5 Stelle soffermandosi poi sul leader del Movimento Luigi Di Maio. "Nessuno mette in difficoltà Di Maio, solo io posso farlo, perché so tutte le cose vere ma non le dirò mai". E poi un messaggio al Quirinale: "Dovremmo togliere i poteri al capo dello stato, dovremmo riformarlo. Il vilipendio... Un capo dello stato che presiede il csm, capo delle forze armate. Non è più in sintonia col nostro modo di pensare".

La manina. Di Maio glissa poi sulla domanda relativa alla famosa "manina" che avrebbe inserito nel decreto fiscale la versione del condono che è stata cassata ieri.  "E' stato un errore o c'è stato dolo Questa è la grande domanda", dice il ministro per lo Sviluppo economico e al lavoro, "Io personalmente- aggiunge- non solo ho fiducia nella Lega ma negli esponenti della Lega. "Se c'è stato errore o dolo - conclude - questo poi lo chiariremo".
Noi non siamo un partito, non cerchiamo consenso, non viviamo di stipendi pubblici, ma stiamo in piedi grazie ai lettori che ogni mattina ci comprano in edicola, guardano il nostro sito o si abbonano a Rep:. Se vi interessa continuare ad ascoltare un'altra campana, magari imperfetta e certi giorni irritante, continuate a farlo con convinzione.

MARIO CALABRESI

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/10/21/news/di_maio_unione_europea_manovra-209565574/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr
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« Risposta #24 inserito:: Ottobre 22, 2018, 01:49:43 pm »

Italia a 5 Stelle, Grillo: "Il Capo dello Stato ha troppi poteri". Di Maio. "Resteremo nella Ue". Conte: "Avanti fino al 2023"

Il vicepremier dal salotto di "In mezz'ora" cerca di rassicurare i mercati. E annuncia un manifesto e il lavoro per la creazione di un nuovo gruppo al Parlamento Europe. Ma non risponde alla domanda su a chi appartenga la famosa "manina". Al Circo Massimo l'intervento del premier Conte e di Beppe Grillo: "Cambieremo il mondo"

di CARMINE SAVIANO

21 ottobre 2018


ROMA - Sono tre i messaggi che chiudono la due giorni di Italia a 5 Stelle. Uno rassicurante, affidato a Luigi Di Maio: "Non usciremo mai dall'Europa". Il secondo, baldanzoso, scandito dal premier Giuseppe Conte: "Le opposizioni si mettano l'animo in pace, arriveremo al 2023". Infine il terzo, minaccioso, rivolto al Quirinale e lanciato da Beppe Grillo: "Dobbiamo togliere poteri al Capo dello Stato: serve una riforma". Così il capo politico, il premier e il fondatore del Movimento 5 Stelle chiudono la quinta festa nazionale dei grillini dal Circo Massimo di Roma. E sulle parole di Grillo, l'intervento del segretario del Pd, Maurizio Martina: "Giù le mani da Mattarella".
Italia 5 Stelle, l'attacco di Beppe Grillo: "Il capo dello stato ha troppi poteri"


Di Maio: "Orgoglioso di Conte"
Dal palco agli studi televisivi. Luigi Di Maio lancia messaggi rassicuranti all'Europa e ai mercati: "Vogliamo restare nell'Unione Europea e nell'euro. E io ne sarò sempre il garante". E poi lancia attestati di stima al premier Conte: "Sono orgoglioso di lui: l'esempio di un cittadino che si fa Stato".Poi ripete: "non c'è nessuna intenzione di uscire dall'Europa e non c'è un piano B. C'è solo un piano A. E finchè sarò in questo governo sarà sempre garantito che l'Italia resti in Europa e nell'euro".

Di ANNALISA CUZZOCREA
L'intervento del premier

E dal palco della kermesse grillina al Circo Massimo interviene anche il presidente del Consiglio di Ministri: "Andremo avanti fino al 2023: ci aspetta un cammino ancora lungo, gli oppositori se ne facciano una ragione", dice il premier allontanado così i venti di crisi arrivati sul goveno dopo il caso della "manina" che aveva modificato il testo del decreto fiscale. Il premier cerca di spostare l'attenzione dai problemi con la Lega affermando che: "Stiamo riformando il fisco più iniquo d'Europa". E sul reddito di cittadinanza: "Ci sarà, noi manteniamo le promesse". Poi racconta ai militanti le modalità del suo ingresso nel Movimento: "Conoscevo i 5 Stelle, già 5 anni prima mi era stata chiesta la disponibilità per l'organo di autogoverno della magistratura, e io all'epoca dissi 'non vi conosco', ma mi fu risposto di fare solo il mio dovere e non ho mai ricevuto una sola indicazione in 5 anni".
Italia a 5 Stelle, Di Battista in collegamento: "Giusta la battaglia di Di Maio. Manovra ottima legge"

Verso le europee
E se il premier affronta anche un cavallo di battaglia della retorica grillina - il salvabanche: "Ai truffati dalle banche ho fatto una promessa: non vi lasceremo soli. Queste persone avranno un miliardo e mezzo. Noi le promesse le manteniamo - non mancano elementi di carattere organizzativo. Affidati al capo politico, Luigi Di Maio. Che annuncia per le prossime europee che anche che il Movimento Cinque Stelle "sta lavorando a un gruppo che metta insieme sensibilità che sono state tradite sia a destra sia a sinistra". Dunque, spiega il vice premier, i grillini pensano ad un futuro gruppo parlamentare al Parlamento europeo che "sostituisca Forza Italia e Pd che a livello europeo hanno tradito gli elettori. Non voglio uscire da Ue e Euro ma lavoriamo a un nuovo progetto europeista".

Beppe Grillo: "Togliere i poteri al capo dello Stato"
E la chiusura della kermesse è affidato al padre fondatore del Movimento. Grillo, con tanto di manina al seguito, si affida all'ironia: "Noi abbiamo cambiato il mondo...guardate a Conte cosa è successo in 4 mesi, era un cazzo di professorino, che faceva l'esegesi del diritto e ora è qui: noi cambieremo il mondo". Sul "figlioccio" Luigi Di Maio: "Nessuno lo mette in difficoltà, solo io posso farlo, perché so tutte le cose vere ma non le dirò mai". E poi un messaggio minaccioso al Quirinale: "Dovremmo togliere i poteri al capo dello stato, dovremmo riformarlo. Il vilipendio... Un capo dello stato che presiede il csm, capo delle forze armate. Non è più in sintonia col nostro modo di pensare".

Poi una battuta rivolta a Salvini. "Io non lo conoscevo Salvini, l'ho incontrato una volta in aeroporto, e io ero già l'Elevato e Salvini percepiva questa potenza che emanava il mio fisico come razza superiore alla sua. Allora lui si è avvicinato, timido, e mi ha detto: 'signor grillo c'è mia mamma al telefono, la potrebbe salutare?' io a lei ho detto 'signora perchè non ha preso la pillola quel giorno?'".

La manina
Resta ancora uno degli argomenti principali della kermesse: Di Maio glissa sulla domanda relativa alla famosa "manina" che avrebbe inserito nel decreto fiscale la versione del condono che è stata cassata ieri.  "E' stato un errore o c'è stato dolo Questa è la grande domanda", dice il ministro per lo Sviluppo economico e al lavoro, "Io personalmente- aggiunge- non solo ho fiducia nella Lega ma negli esponenti della Lega. "Se c'è stato errore o dolo - conclude - questo poi lo chiariremo".
Le reazioni
Martina, Pd: "Giù le mani dal Capo dello Stato". "Il comico miliardario prenda in giro chi vuole, non c'è alcun problema a farsi due risate al circo di domenica, ma lasci stare la Costituzione e il ruolo di garanzia del Quirinale. Il Capo dello Stato non si tocca caro Grillo". Così il segretario del Partito democratico Maurizio Martina.

Bonelli, Verdi: "Grillo vuole dare i poteri alla Casaleggio?". "Grillo afferma  che bisogna togliere poteri al presidente della Repubblica perché non coincidono con il loro modo di pensare. Grillo immagina e sogna una riforma costituzionale che trasferisca i poteri alla Casaleggio?". Lo dichiara Angelo Bonelli dei Verdi.

De Petris, Leu: "Attacco inquietante". "L'attacco di Grillo alla presidenza della Repubblica è estremamente inquietante e pericoloso. Il fondatore dell'M5S indica chiaramente, rivolto al suo popolo in occasione particolarmente rilevante, l'arrembaggio a uno dei cardini della Costituzione come obiettivo". Così la senatrice di Lee Loredana De Petris, presidente del gruppo Misto.

© Riproduzione riservata
21 ottobre 2018

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/10/21/news/di_maio_unione_europea_manovra-209565574/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr
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« Risposta #25 inserito:: Ottobre 29, 2018, 12:41:19 pm »

Equilibri impossibili/ Così tramonta il format di lotta e di governo

PER APPROFONDIRE: format, governo   
Così tramonta il format di lotta e di governo

Di Mario Ajello

Si sta spezzando l’ossimoro: quello del partito di lotta e di governo. È un format che si ripete da decenni, che non ha funzionato mai, che nasce a sinistra - nel Pci degli anni ‘70 nella sua marcia di avvicinamento verso il potere ma senza rinunciare alla retorica e dalla comodità da opposizione - e che via via sfilacciandosi e logorandosi è arrivato adesso al suo epilogo.

La scarsa partecipazione alla festa 5 Stelle, insieme alla stanchezza e alla fine della spinta propulsiva che quella piazza ha messo in scena, possono essere un indizio di questo passaggio d’epoca. E in questo senso perfino Grillo, in mezzo ai suoi attacchi forsennati, sembra sentire a modo suo la necessità di qualche trasformazione governista - in tandem con Salvini che non pareva proprio il suo tipo - per M5S. Ossia mostra, e Conte e Di Maio più di lui, di accorgersi dei limiti e delle impossibilità di un partito fondamentalista del Vaffa alle prese con la pratica della risoluzione dei problemi che implica di dire più sì e meno no.

L’ossimoro di colpo, ma finalmente, si presenta come un ferro vecchio nelle circostanze attuali che richiedono o il governo o la lotta e non la riproposizione stantia, come è stato finora nei giallo-verdi, di una ricetta continuamente sperimentata con insuccesso.

Il mix lotta-governo del Pci venne affossato dal terrorismo delle Brigate rosse. Quando poi, nel ‘94, la «gioiosa macchina da guerra» di Occhetto stava per andare al potere, ma con retorica iper-sinistrese inadatta al compito, Berlusconi le taglia la strada.

Quando lo schema “dentro” ma anche “fuori” viene inflitto da Rifondazione comunista e da buona parte del suo partito di riferimento al premier Prodi, si sono visti i risultati (e anche scene tragicomiche di ministri in piazza contro l’esecutivo di cui facevano parte). Renzi invece al governo è andato, ma una volta lì, nell’illusione di poter recuperare voti di sinistra finiti al grillismo o all’astensionismo, ha usato a sua volta l’ossimoro, praticando un populismo dall’alto che non ha giovato né a lui né al Pd.

Basterebbero questi rapidi esempi per spingere M5S e Lega di fuggire dalla trappola. Adesso - mentre il gioco si fa duro, risultati veri e netti vanno portati a casa e s’impone una linearità e una serietà che hanno fatto troppo difetto - qualcosa dovrebbe cambiare. Anche la baraonda sul condono fiscale, un tema topico, ha dimostrato per i 5 stelle che o si è capaci di accettare un compromesso su una questione scomoda e lo si rivendica con coraggio, senza tornare partito di lotta solo per vellicare l’ideologia della propria gente e sottomettervisi, oppure l’effetto è quello della fiction e del gioco «manine» e «manone». E gli elettori del movimento - come si evince anche dai sondaggi - si accorgono della finzione.

L’ossimoro da abolire è quello di cui è impregnata la manovra economica, in cui lotta e governo convivono, con netta prevalenza della prima sul secondo. Non c’è crescita nella manovra perché la sua morale è quella di prendere voti presso l’elettorato di riferimento, sia dei gialli sia dei verdi, invece di allargare lo sguardo oltre i propri interessi e steccati cercando di creare consenso anche dove non ce l’hanno.

Questo l’atteggiamento che distingue i partiti di governo e i veri statisti, che si fanno responsabili degli interessi generali e della crescita per tutti, dai partiti di lotta e di governo che pensano anzitutto a tenersi stretto il rispettivo zoccolo duro. Prediligendo il particolarismo al patriottismo.

Il balletto sulle infrastrutture è assai rappresentativo di questa impossibilità, cocciutamente perseguita, di essere di lotta e di governo. Gli oppositori di Salazar, in Portogallo, dicevano: gubernar no es asfaltar. Si sbagliavano: governare è anche asfaltare. Più ponti, più autostrade, più valichi, più tunnel, come dice Salvini, ma lo stesso Salvini proprio perché partecipa all’esecutivo dell’ossimoro non trova il coraggio di far passare queste sue istanze presso gli alleati. E la paralisi su questo capitolo importante della crescita è il rischio grave che stiamo correndo.
Non è liberale la coesistenza dell’opposizione nel governo - derivante anche dal fatto che oggi l’opposizione vera fuori dal governo non c’è - perché annichilisce l’idea di società aperta, fatta di sfide a tutto campo e non di calcoli di bottega. E profuma di rattrappimento, che è il contrario della libertà di movimento per far crescere meglio se stessi e, dal punto di vista non solo economico ma anche politico-culturale, il resto del Paese.

Mario Vargas Llosa, premio Nobel, liberale doc, nella sua autobiografia appena pubblicata in Spagna - «La llama de la tribù» - scrive che «brillare, morire, scontrarsi e cambiare con la vivacità degli eroi dei romanzi d’avventura produce buona storia». Restare immobilizzati nelle proprie presunte certezze produce la solita cronaca assai andante. E alla fine - chissà se davvero i grillini lo stanno capendo - non conviene più.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lunedì 22 Ottobre 2018, 06:30

Da - https://www.ilgazzettino.it/politica/governo_format-4054765.html
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« Risposta #26 inserito:: Novembre 03, 2018, 08:56:37 pm »

2 NOVEMBRE 2018

M5S, l'intervista inventata a Dijsselbloem: l'attacco inesistente alle finanze italiane - il confronto

Alcuni giorni fa "MoVimento 5 Stelle Europa" ha pubblicato sulla sua pagina Facebook il video di un'intervista all'ex presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem della quale - come ha sottolineato "Il Post" in un articolo - ha distorto i contenuti fino a inventarsi intere dichiarazioni.

In questa clip mettiamo a confronto l'intervista originaria della rete Usa CNBC a Dijsselbloem con il video tradotto e pubblicato dagli M5S, comparso originariamente sul sito Pandora Tv.
 

Nell'intervista originaria, l'ex presidente dell'Eurogruppo ha affermato che "il debito sovrano [Italiano] è per la maggior parte in mano a investitori italiani, fondi pensione italiani e banche italiane". Per questo motivo l’Italia non può permettersi l'aumento dei tassi di interesse sui propri titoli di Stato, conseguenza inevitabile della sfiducia degli investitori internazionali nei confronti della manovra economica del governo Lega-M5s.
 
Secondo il video M5S, invece, Dijsselbloem "invita apertamente i mercati a lanciare un attacco alle finanze italiane, spiegando loro anche come devono fare, e cioè orchestrando un danno ai titoli italiani, facendo così salire gli interessi sul debito all'Italia".
 
Sempre nel video dei pentastellati, la voce fuori campo afferma che l'ex presidente dell'Eurogruppo sostenga che il popolo italiano debba percepire la distruzione dell'economia italiana e il crollo delle banche "come un'implosione". Non vi è traccia di questa dichiarazione nell'intervista alla Cnbc. Così come nell'intervista originaria Dijsselbloem non cita mai Mario Draghi o eventuali piani per far salire lo spread
 
Il video M5s, inoltre, nel corso del suo "riassunto" cita ZeroHedge definendola “una prestigiosa rivista americana". In realtà si tratta di un blog associato alla far-right Usa (la destra radicale americana)
 
Di Alessandra Del Zotto

Da - https://video.repubblica.it/dossier/governo-lega-m5s/m5s-l-intervista-inventata-a-dijsselbloem-l-attacco-inesistente-alle-finanze-italiane-il-confronto/318570/319200?ref=fbpr
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« Risposta #27 inserito:: Novembre 04, 2018, 06:50:18 pm »

Il M5s poteva non sapere quanto sarebbe costato fermare la Tap?

Di Maio aveva parlato di "penali" per 20 miliardi.

In realtà si tratta di risarcimenti, il cui conto potrebbe però essere ancora più elevato

Di PAGELLA POLITICA DI AGI
30 ottobre 2018, 07:20

Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio, a proposito del Tap, ha dichiarato il 27 ottobre: “Non è semplice dover dire che ci sono delle penali per quasi 20 miliardi di euro, ma così è, altrimenti avremmo agito diversamente”. Alla domanda di un giornalista se non lo sapessero durante la campagna elettorale ha risposto: “No, perché le carte ovviamente un ministro le legge quando diventa ministro, soprattutto a noi del M5s non ci hanno mai fatto leggere niente”. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in una lettera ai cittadini di Melendugno, aveva poi chiarito che, tecnicamente, non si tratta di penali bensì di risarcimenti, il cui conto potrebbe arrivare a 35 miliardi. Ma il M5s poteva non sapere, come sostiene Di Maio?

La contestazione
Il suo predecessore allo Sviluppo economico, Carlo Calenda, il giorno successivo su Twitter ha smentito questa ricostruzione. Calenda, rivolgendosi qui al presidente del Consiglio Conte, ha scritto: “Se sostieni che esistano carte nascoste e penali dimostralo. Se invece parli dei costi di un risarcimento erano ben conosciuti da tutti. In primo luogo da quelli che hanno detto che avrebbero chiuso il Tap in due settimane”.

L’ultimo riferimento è in particolare ad Alessandro Di Battista, che il 2 aprile 2017, aveva dichiarato a una manifestazione no-Tap che: “Con il governo del M5S quest’opera la blocchiamo in due settimane”.

Ma vediamo di fare chiarezza sulla questione delle penali.

Che cosa sono le penali?
Con “penale” si fa normalmente riferimento alla “clausola penale” disciplinata dall’articolo 1382 del codice civile. In base a questo: “La clausola, con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l'effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno”.

Traducendo: secondo la legge, insomma, si tratta di una clausola che deve essere esplicitata nel contratto, che stabilisce la somma che una parte del contratto deve all’altra in caso di ritardo o inadempimento. In questo modo, da un lato si limita il risarcimento a una somma predeterminata e dall’altro si rende non necessario, per chi chiede il risarcimento, provare il danno subito.

In assenza di clausole penali, l’entità del risarcimento viene normalmente stabilita dal giudice dopo aver ascoltato le ragioni delle parti.

Quando è coinvolto lo Stato, normalmente si applica il diritto amministrativo e non quello civile. Ma, semplificando una questione giuridica che sarebbe altrimenti molto complessa da spiegare, possiamo dire che anche in questo caso trovano applicazione i principi generali sul risarcimento del danno e sulle penali.

Erano previste penali per il Tap?
L’avvocato del movimento No Tap Michele Carducci ha presentato una richiesta di accesso civico agli atti (Foia) a vari ministeri chiedendo, tra le altre cose, chiarimenti sull’esistenza e l’entità di eventuali clausole penali.

Nessuno dei Ministeri interpellati ha risposto di essere a conoscenza dell’esistenza di queste penali.

Il Ministero dello Sviluppo economico ha chiarito meglio la situazione. Nella sua risposta ha spiegato che: “Una eventuale revoca dell’autorizzazione rilasciata […], col conseguente annullamento del progetto, causerebbe una serie di danni a soggetti privati […] e pubblici, configurando richieste di rimborso degli investimenti effettuati nonché dei danni economici connessi alle mancate forniture”.

Dunque sembra che si possa dire con un buon margine di certezza che non esiste alcuna clausola penale riguardo la Tap.

Quindi non c’è una quantificazione predeterminata dei risarcimenti dovuti, ma un suo annullamento causerebbe sicuramente dei danni a soggetti privati e pubblici, che potrebbero avanzare richieste di rimborso.

A quel punto toccherebbe poi a giudici o arbitri stabilire l’entità di tale rimborso. Dunque al momento possiamo solo avere stime non certe sul costo di annullamento dell’opera.

Le stime
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, in una lettera ai cittadini del Comune di Melendugno, ha affermato che “se il Governo italiano decidesse adesso, in via arbitraria e unilaterale, di venire meno agli impegni sin qui assunti anche in base a provvedimenti legislativi e regolamentari, rimarrebbe senz’altro esposto alle pretese risarcitorie dei vari soggetti coinvolti nella realizzazione dell’opera e che hanno fatto affidamento su di essa”.

Anche qui sembra confermata la tesi sull’assenza di clausole penali ma sulla presenza certa di pretese risarcitorie dei soggetti coinvolti, se l’opera fosse bloccata.

Sempre secondo Conte, “i costi potrebbero aggirarsi, in base a una stima prudenziale, in uno spettro compreso tra i 20 e i 35 miliardi di euro”.

Un’altra stima, proveniente dal sottosegretario allo Sviluppo Andrea Cioffi e riferita dal sindaco di Melendugno Marco Potì, parlava invece di circa 20 miliardi di euro. Di questi 3,5 miliardi sarebbero di risarcimenti per i costi già sostenuti, 11,2 miliardi per il mancato utile sui flussi del gas, e “se questo gas non arriva ai clienti con cui hanno fatto i contratti ma si vende sul mercato turco, costerebbe 7 miliardi di euro”.

Ancora più alte le cifre ipotizzate dalla società di Stato azera Socar e dalla britannica British Petroleum, coinvolte nella realizzazione del progetto: come riportano alcuni quotidiani, i risarcimenti potrebbero oscillare tra i 40 e i 70 miliardi di euro, a detta delle due società.

Come abbiamo già detto, il fatto che si parli di stime e non di cifre precise rafforza la tesi dell’assenza di clausole penali, che darebbero importi prestabiliti. Ma vediamo se è vero, come afferma ancora Di Maio, che i pentastellati non potessero conoscere la situazione in particolare riguardo ai risarcimenti miliardari in caso di blocco del gasdotto.

Il M5s poteva non sapere?
Per cercare di rispondere a questa domanda ce ne poniamo altre tre: chi può chiedere il risarcimento, perché e quanto?

Chi e perché
Come sintetizza il presidente del Consiglio Conte nella sua lettera ai cittadini di Melendugno, i soggetti che sicuramente chiederebbero un risarcimento del danno sarebbero il consorzio Tap e i suoi azionisti (Socar, BP, Snam, Fluxys, Enagas, Axpo) “per i costi di costruzione e di mancata attuazione dei relativi contratti e per il mancato guadagno da commisurare all’intera durata della concessione (25 anni)”; le società importatrici di gas (tra cui: Edison, Shell, Eon e altri ancora) “che hanno già comprato il gas a prezzi scontati e che mirerebbero a trasferire allo Stato italiano i maggiori costi di approvvigionamento per i prossimi 25 anni”; e gli “shipper di gas che si ritroverebbero a perdere margini per vendite in Turchia anziché in Italia”.

Che il consorzio Tap e i suoi azionisti avrebbero potuto chiedere dei risarcimenti in caso di annullamento dell’opera era chiaro fin dal 20 maggio 2015, quando il ministero dello Sviluppo economico firmò il Decreto di attuazione unica del progetto, che approva il progetto definitivo dell’opera e incarica il consorzio stesso di terminare il lavori entro il 2020.

Allo stesso modo, una volta approvato il progetto, era chiaro che avrebbero potuto vantare delle pretese risarcitorie le società importatrici di gas, che avevano firmato i contratti venticinquennali già a settembre 2013, così come gli shipper.

Che il risarcimento, infine, venga calcolato considerando i costi già sostenuti e i mancati guadagni lo stabilisce il codice civile, in particolare l’articolo 1223, che dovrebbe applicarsi al Tap anche in base ai principi del diritto internazionale privato (l. 218/1995 artt. 58-63).

Quanto?
Quindi, il fatto che ci sarebbero stati diversi soggetti titolati a chiedere un risarcimento per le perdite subite e per i mancati guadagni, in caso di annullamento dell’opera, era chiaro già da anni.

Ma era chiaro anche che l’entità del risarcimento sarebbe stata così elevata?
Qui la questione si fa più complessa, perché come già detto ci muoviamo prevalentemente nel terreno delle stime. L’unica cifra certa è quella sul costo dell’opera: secondo quanto affermato a gennaio 2017 da Ian Bradshaw, managing director del Tap, tale costo è di 4,5 miliardi di euro. La stessa stima è ripresa anche dai più recenti documenti del consorzio che sta costruendo il gasdotto. In base a questi il 90% dei 4,5 miliardi sono già stati spesi o impegnati, dunque un eventuale rimborso dei costi già sostenuti supererebbe i 4 miliardi di euro.

Le cifre ulteriori – su altri costi sostenuti, danni e mancati guadagni – sono anche oggi di difficile previsione, anche perché il Tap è parte di un’opera ben più ampia, il Corridoio meridionale del gas.

Secondo un esperto di sicurezza energetica da noi sentito, e che preferisce rimanere anonimo per il suo coinvolgimento con diverse importanti aziende del settore, il costo dell’annullamento dell’opera nell’ordine di grandezza delle decine di miliardi era comunque ampiamente prevedibile già dopo il via libera all’opera nel 2015. C’erano, e ci sono, grossi margini di incertezza sulla cifra finale – la differenza tra i 20 miliardi di cui parla Cioffi e i 70 di cui parlano Socar e BP è enorme – ma che sarebbe stata a dieci zeri era abbastanza chiaro a tutti gli addetti ai lavori.

Abbiamo provato a contattare più volte sia il Ministero dello sviluppo economico sia il Sottosegretario Cioffi, per chiedere in base a quali documenti rimasti nascosti ai membri dell’esecutivo fino al loro insediamento fossero state fatte le stime che di recente hanno reso palese l’impossibilità di bloccare il Tap, ma non abbiamo mai avuto risposta sul punto. Restiamo ovviamente a disposizione per eventuali chiarimenti e integrazioni.

Conclusione
Di Maio ha torto a parlare di “penali” riguardo al Tap. In base a quanto affermato da diversi Ministeri, nonché dallo stesso presidente del Consiglio Conte, sembra chiaro che non esistano. Esiste invece la sostanziale certezza che un’eventuale retromarcia del governo sul Tap darebbe il via a numerose richieste di risarcimento.

Che queste richieste ci sarebbero state, e quali sarebbero stati i soggetti titolati ad avanzarle, era chiaro da anni. Sul “quanto” di queste richieste è vero che sia difficile elaborare delle stime precise in assenza di una documentazione dettagliata che forse è in possesso del Mise (ma non abbiamo avuto conferme o smentite sul punto dal Ministero). Ma che si sarebbe trattato di decine di miliardi, secondo gli esperti, era ampiamente prevedibile.

Insomma, il M5S avrebbe dovuto sapere già durante la campagna elettorale che fermare il Tap avrebbe portato a richieste di risarcimento miliardarie da parte di diversi soggetti.

Se avete delle frasi o dei discorsi che volete sottoporre al nostro fact-checking, scrivete a dir@agi.it

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/fact-checking/tap_penali_risarcimenti_di_maio_m5s-4546649/news/2018-10-30/
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« Risposta #28 inserito:: Novembre 15, 2018, 12:10:46 pm »

Cosa c'è scritto nel report sulla blockchain della Casaleggio

La società di Davide Casaleggio ha pubblicato un report sulla tecnologia nata con bitcoin.

I temi toccati, le opportunità riscontrate per aziende e pubblica amministrazione, i rischi. E le polemiche sorte in queste ore

Di ARCANGELO ROCIOLA 14 novembre 2018, 11:26

La Casaleggio Associati ha presentato a Milano un report sulla tecnologia blockchain. 53 pagine in cui l’azienda spiega le opportunità di business legate a questa nuova tecnologia. Tutto parte dalla constatazione del mercato della blockchain, che, si legge nel report, nel 2017 aveva raggiunto quota 339 milioni di dollari a livello globale ma che già si prevede che nel 2018 arriverà a sfiorare i 2,5 miliardi. Le previsioni lasciano intendere che entro il 2027 il 10% del Pil mondiale sarà generato da prodotti e servizi legati alla blockchain.

Da qui muove lo studio, che si prefigge di esplorare gli ambiti in cui la blockchain è e sarà applicata in futuro. Il report ha avuto il supporto economico di Poste Italiane e Consulcesi, società che offre soluzioni blockchain, fondata da Andrea e Massimo Tortorella che qualche mese fa hanno pubblicato il loro libro di esordio “Cripto-Svelate”, pubblicato da Paesi edizioni.

Secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano del 13 novembre entrambe le società avrebbero sponsorizzato il report con 30 mila euro ciascuna.  L’articolo de Il Fatto e un altro pubblicato da La Stampa sempre sul report della Casaleggio hanno portato le opposizioni in Parlamento a parlare di conflitto di interessi (Huffington Post). Il deputato Pd Francesco Boccia ha paragonato la Casaleggio alla Fininvest di 25 anni fa, mentre un altro dem, Carmelo Miceli, chiede che la società pubblichi i nomi dei propri clienti.

Il motivo della polemica è che il governo, per volontà del ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, qualche mese fa ha annunciato in finanziaria l’istituzione di un fondo da 45 milioni di euro proprio da destinare a società interessate in investimenti in questa tecnologia (Il Sole 24 Ore). Ha replicato alle accuse Davide Casaleggio, dicendo che la sua società “non usufruirà di quel fondo” e che il compito della Casaleggio Associati è raccontare “come singole tecnologie possano cambiare completamente il business dell'azienda in Italia”.

Questo racconto parte da una definizione di questa tecnologia, per arrivare alle sua applicazioni pratiche. Dai prodotti finanziari ai contratti, dalla gestione della filiera all’economia dei token, fino al ruolo dello Stato, che potrebbe usarla per il voto, o il catasto. Ma tutto parte dalla blockchain, il protocollo che ha permesso la nascita delle criptovalute basato su un registro distribuito dove vengono registrate in maniera permanente e immodificabile le informazioni scambiate nella rete. Per alcuni, al netto delle difficoltà di applicazione (ne parlerà il report, ne abbiamo parlato qui), si tratta di una rivoluzione pari a quella di Internet, o della partita doppia (Edward Luttwak).
 
La blockchain, nel report della Casaleggio
“Il primo livello di utilizzo della blockchain è quello legato alla funzione di registro immodificabile”, si legge nel report. “Le attività riportate sul registro non possono essere cambiate da nessuno e non possono essere rimosse. Grazie a questa caratteristica, la tecnologia blockchain permette nella sostanza di avere un notaio digitale che certifica fatti e dati e che attribuisce loro una data certa”.

Una sorta di “notarizzazione distribuita degli eventi” che potrebbe generare “una nuova modalità di archiviare e dimostrare fatti rispetto a molti argomenti, legati ai singoli individui ma anche alle aziende, allo Stato, agli oggetti di intelligenza artificiale e tanto altro”. “Questa nuova possibilità di certificazione e fruizione dei contenuti, porterà in primo luogo alla nascita di nuovi motori di ricerca che permetteranno di leggere, confrontare e analizzare queste informazioni con una nuova importante dimensione, quella temporale”, è poi il suggerimento di scenario suggerito.

Gli effetti della blockchain sulla filiera
“La tecnologia blockchain supporta le aziende nelle tracciabilità di filiera”, continua il report, “seguendo il prodotto dalle origini dei suoi componenti al momento in cui raggiunge il consumatore finale. L’azienda guadagna in termini di affidabilità e credibilità e dispone di uno strumento efficiente per monitorare i fornitori. Il consumatore finale invece ha finalmente l’opportunità di conoscere l’intera filiera dei prodotti. In entrambi i casi è poi possibile registrare un vantaggio in termini economici, laddove l’utilizzo della tecnologia renda possibile l’eliminazione degli intermediari”.

Ci sono già degli esempi. Alcuni diventati piuttosto popolari sui social. Come quello di Carrefour che permette da qualche mese ai clienti italiani di accedere alle informazioni relative al prodotto acquistato attraverso un QR Code e di consultare i dati relativi ai prodotti. O Barilla che ha avviato una sperimentazione in cui sono coinvolti i produttori di basilico che tracciano tutti i dati relativi a coltivazione, irrigazione, antiparassitari impiegati e sfalcio.

Ma, si legge, “anche lo Stato può essere protagonista nella certificazione delle filiere. Ad esempio la Food Standard Agency britannica ha portato a termine un progetto pilota in un macello al fine di certificare l’ottemperanza della legge all’interno della struttura”. Così come il settore della moda, o della navigazione.

Le opportunità individuate per le aziende
Ma al di là della filiera, l’interesse per il controllo di ciò che avviene dei propri prodotti è qualcosa che può riguardare anche le aziende: “Sono numerose le aziende che optano per creare dei registri basati su blockchain consultabili solo internamente o dai partner. Un nuovo sistema basato sulla trasparenza può rendere più fluido lo svolgimento del monitoraggio dei processi a tutti i livelli e per tutte le persone ed entità coinvolte”.

Le tecnologie di voto
Nella fase di esplorazione delle applicazioni possibili dei registri blockchain, il report fa un passaggio anche sui “processi di voto”. “Alcuni esempi esistono già come la piattaforma blockchain Bitshares, il partito Liberal Alliance che in Danimarca ha testato su piccola scala un sistema di voto blockchain nel 2014 o l’esempio più recente del voto di Zugo, in Svizzera”.

Scenari possibili, e il Parlamento italiano lo scorso settembre ha inviato un’indagine conoscitiva per esplorare l’applicabilità di questa tecnologia al voto in Italia. Lo studio è ancora alle sue fai iniziali, ma va detto che al momento la maggioranza degli esperti di blockchain ritiene inutile l’uso di questa tecnologia per il voto per i rischi legati alla sicurezza e alla segretezza.

L’economia dei token 
Chiusa la parte esplorativa delle applicazioni, il report si concentra sulle caratteristiche dell’economia blockchain, legata al concetto di token. “La seconda caratteristica della blockchain dopo i registri non modificabili è quella dei token, ovvero delle monete digitali”, spiaga la Casaleggio. Infatti bitcoin non è altro che il token più famoso al mondo. L’oggetto virtuale, la moneta, o se preferite l’’informazione’ che viene scambiata all’interno della blockchain per un determinato valore di mercato (quello dei bitcoin, per esempio, è di circa 6mila dollari).

“La particolarità di questi oggetti digitali è quella di non essere riproducibili”, e qui è chiaro perché Bitcoin ha avuto il suo successo. La non duplicabilità di una moneta, di un valore, di una informazione garantita dalla blockchain è un po’ il sacro graal delle teorie economiche. Il report lo spiega con un esempio: “Se scattiamo una foto con il nostro smartphone e la condividiamo con qualcuno la stiamo copiando: il risultato è che esisteranno due copie della stessa foto localizzate ciascuna su un device. I token invece, per quanto trattasi sempre di oggetti digitali, una volta ceduti non sono più a disposizione e non è più possibile spenderli nuovamente, come se la foto che inviamo non potesse essere più visualizzabile sul nostro cellulare una volta inviata. Il passaggio di proprietà viene infatti scritto sui registri blockchain e il token è a disposizione solo del nuovo proprietario”.

Come un oggetto digitale (un token nella blockchain) acquista valore
“Un secondo utilizzo dei token consiste nella possibilità di attribuirgli un valore del mondo reale”, come il valore che diamo a un bitcoin. “Oggi ad esempio è possibile acquistare un palazzo a New York del valore di 30 milioni di dollari tramite la sua cosiddetta “tokenizzazione del valore” sulla blockchain di Ethereum. Il concetto di tokenizzazione consiste nella possibilità di rappresentare il valore di un certo bene in tante azioni, tanti token appunto, e venderli direttamente on line su una blockchain”.

Le Ico
Il report poi si sofferma sulle ICO, definito “un fenomeno popolare” che non è altro che “raccogliere soldi dai privati (crowdfunding) per finanziare iniziative o società suddivise in token e vendute su blockchain attraverso le cosiddette ICO (Initial Coin Offering)”. Un metodo “sempre più utilizzato, tanto che il valore di offerte raccolte del 2017, pari a oltre 6 miliardi di dollari, è stato eguagliato nel primo trimestre del 2018”.

Gli Smart contract
“Gli Smart Contract sono contratti che si autogestiscono”. Più che autogestiscono forse si autolegittimano, senza più bisogno di una persona per ottenerne l’attuazione. “Si attuano da soli. Come da soli possono verificare l’effettivo realizzarsi delle condizioni stabilite e erogare il compenso dovuto o avviare un’azione prevista”. Ad esempio, spiega il report “se si concorda di ricevere una spedizione di mozzarelle e non si vuole che la temperatura vada mai sopra i 14°C, un sensore potrà monitorare la temperatura nel furgone. Il pagamento della spedizione o della penale potrà essere eseguito direttamente tramite contratto stipulato, che avrà a disposizione i borsellini di criptovaluta dei due interlocutori per importi predefiniti”.

L’ultimo anello della blockchain
“Analizzando il mondo delle blockchain con le lenti del business, emerge un punto strategico dove le aziende devono posizionarsi. È l’ultimo anello della blockchain. L’anello che collega la catena digitale al mondo fisico. Proprio attraverso questo passaggio si riesce a gestire il processo e creare una blockchain che possa generare valore nel mondo reale”.

Esistono tre tipi di ultimi anelli, elenca il report:

• L’Internet delle cose, oggetti che permettono tramite i loro sensori e sistemi attivi di registrare eventi e di farne accadere.

• I sistemi per l’utilizzo delle criptovalute nel mondo fisico, che permettono di trasformare il valore virtuale in reale.

• Il valore legale, che permette di rendere vincolanti gli Smart Contract definiti anche nel mondo fisico.

Ma il collegamento al mondo reale necessita di un elemento imprescindibile in una società di diritto. Una base giuridica su cui operare, un contesto normativo: “ad oggi in Italia non è stata ancora codificata la possibilità di raccogliere investimenti tramite le ICO (Initial Coin Offering) e non a caso le aziende italiane che hanno utilizzato questo metodo lo hanno fatto all’estero, segnatamente in Svizzera e Malta”.

I lati oscuri della blockchain
Il primo che elenca il report è quello più noto di tutti. La tecnologia blockchain, le criptovalute, gli smart contract, sono energivori. Consumano una quantità enorme di energia e la loro applicazione su larga scala è difficile senza una riduzione dei costi del consumo energetico (sostanzialmente dovuto al fatto che una catena di blocchi è fatta di computer che validano le operazioni, per funzionare e risolvere algoritmi consumano energia, e più si estende la catena, più ne nascono, oggi sono circa 1.600, più energia si consuma).

L'energia che serve alla blockchain
“La rete Bitcoin è oltre 10 mila volte più potente dei 500 supercomputer del mondo messi assieme”, riprende il report. “La tecnologia blockchain prevede che le transazioni debbano essere accettate dalla rete e organizzate in blocchi. Per farlo viene utilizzato il sistema Proof of Work (PoW) che consiste nel dover lavorare per almeno 10 minuti su blockchain, nel tentativo di risolvere in modo semplice problemi matematici casuali e complessi (se i computer ci mettono meno a risolverli il sistema li rende più complessi) e nell’essere poi ricompensati con la creazione di nuova criptovaluta”.

La blockchain Bitcoin oggi ha un consumo di energia complessivo pari a quello di uno stato occidentale come la Svizzera o l’Olanda. “Si stima che per la fine del 2018 il consumo generato dalla blockchain di Bitcoin varrà 7.7 gigawatts e che l’80% dei costi dei cosiddetti “minatori” (ovvero coloro che risolvono questi problemi matematici in 10 minuti) è proprio dovuto al consumo di elettricità”.

I problemi di privacy
“Un dato scritto su blockchain rimane per sempre visibile a tutti. Un commerciante a cui paghiamo un prodotto può vedere nel nostro account la nostra disponibilità presente e futura di Bitcoin e potrebbe inoltre vedere la nostra storia di acquisti effettuati con altri esercenti o privati. Questa trasparenza crea evidenti problemi di privacy. Per risolverli sono nati sistemi per criptare i dati o creare borsellini elettronici paralleli”.

I problemi di sicurezza
“La sicurezza di un sistema distribuito si basa sul fatto che non esiste un sistema centrale da cui recuperare, ad esempio, le credenziali di accesso. Se si smarriscono o vengono rubate le credenziali di un borsellino Bitcoin, non esiste un sistema di “recupera password””, avverte il report. “Al fine di tutelarci, sono stati dunque sviluppati sistemi distribuiti tramite gli Smart Contract, ad esempio su Ethereum. Tuttavia, se non lo prevediamo tramite gli Smart Contract, non esiste un paracadute: se inviamo dei Bitcoin ad un account sbagliato, l’operazione rimane irreversibile”.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/economia/casaleggio_report_blockchain-4619866/news/2018-11-14/


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« Risposta #29 inserito:: Novembre 15, 2018, 11:04:41 pm »

Di Battista non ci sta: "Ribelliamoci"

Pubblicato il: 20/10/2018 15:43

Dibba non ci sta. All'indomani del declassamento dell'Italia da parte di Moody's, l'ex parlamentare M5S entra a gamba tesa nel dibattito sulla manovra. "L'Italia è sotto attacco", scrive su Facebook. "Credo che chiunque abbia avuto a che fare con lo studio del sistema finanziario - sottolinea - se lo sarebbe aspettato. Io, da parlamentare, mi sono occupato della 'Bancocrazia', la forma più moderna di Stato totalitario, e onestamente me l'aspettavo. Il problema, lo ripeto, non è il deficit al 2,4%, o il reddito di cittadinanza, o il superamento della legge Fornero. Il problema è che per la prima volta si è deciso di tirare fuori denari per ripristinare alcuni diritti economici e sociali dei cittadini e non per garantire le solite entrate alle banche d'affari".

"E se tale scelta politica dovesse per di più produrre un aumento del Pil e un conseguente abbassamento del deficit per tutti coloro che hanno obbligato gli Stati sovrani a tagliare la spesa pubblica, a privatizzare i loro gioielli, a mettere le mani sui diritti dei lavoratori o sulle pensioni gli si metterebbe male".

"L'Italia, salvo rare eccezioni, non è mai stato, storicamente, un paese di ribelli. Tuttavia una ribellione democratica e di partecipazione è necessaria. E tale ribellione passa indubbiamente attraverso una campagna di informazione necessaria per far capire ai cittadini che senza il loro supporto nessun governo, sia esso di destra, di sinistra, di centro o populista, avrà mai le mani libere per potere realizzare, autonomamente, le proprie politiche. Chi è di destra avrà idee di destra. Ebbene sappiano costoro che senza un briciolo di sovranità finanziaria tali idee non potranno mai vedere la loro concretizzazione. Ai compagni, quelli veri, se ancora ci sono, dico che i loro rappresentanti dentro o fuori le Istituzioni, negli ultimi 25 anni, si sono piegati".

"Hanno studiato -prosegue Di Battista- più lo spread che le condizioni di vita nelle periferie. A questo punto il Popolo italiano deve assumersi le proprie responsabilità. Votare non basta, l'avete visto, provano in ogni modo a rendere l'esercizio del voto un'attività pressoché inutile. Il Popolo italiano ha il dovere di difendere non la politica di Salvini o del Movimento o del Pd o della sinistra antagonista ma il sacrosanto diritto di un Parlamento e di un governo ad esser sovrani e a rispondere delle loro scelte di fronte al Popolo stesso, non di fronte ad organismi internazionali che ambiscono, da decenni, alla privatizzazione delle società".

"Sarà un caso ma l'escalation di attacchi nei confronti dell'Italia è partita dall'annuncio della possibile nazionalizzazione delle autostrade. Nazionalizzazione che va portata a termine, per quanto mi riguarda, il prima possibile. E' indispensabile - sottolinea - che il governo oggi sia unito e che le opposizioni, che hanno il diritto a contrastare la maggioranza, capiscano che qui non è in gioco il destino di un governo ma la speranza che milioni di cittadini ancora hanno nei confronti della politica la quale deve ribadire il suo primato rispetto alla grande finanza".

"Io ritengo di aver fatto la mia parte durante i 5 anni da parlamentare. Ovviamente, qualora fosse richiesto, sento il dovere di mettermi al servizio di una battaglia di civiltà che si può vincere solo a colpi di informazione! Vanno spiegati i conflitti di interesse tra le agenzie di rating e i grandi istituti finanziari. Va spiegato il perché una politica che intende rendere di nuovo pubblici determinati asset strategici sia così contrastata a Bruxelles. Vanno informati i cittadini dei legami tra banche d'affari e pezzi grossi dei passati governi o della commissione europea. Le battaglie si possono vincere o perdere. Certamente - conclude - si perdono se ci si lascia intimorire da minacce sempre meno velate da parte di chi, sulla privatizzazione dei diritti ha costruito il suo impero. Coraggio!"

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