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 inserito:: Ottobre 31, 2025, 12:07:12 am 
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Quando Henry Ford morì nel 1947, la sua famiglia non ereditò semplicemente un impero — aprì un caveau e vi trovò una fortuna. All’interno delle riserve private della Ford Motor Company giacevano quasi 700 milioni di dollari in contanti, mai toccati da banche o investitori.
Fu una rivelazione che sconvolse persino il mondo degli affari. Ford aveva costruito uno dei più grandi imperi industriali della storia — e lo aveva fatto senza prendere in prestito neanche un centesimo.
Mentre altri costruttori automobilistici si appoggiavano a Wall Street, Ford mantenne la sua azienda privata, finanziando tutto internamente — dalle linee di montaggio della Model T al gigantesco impianto di River Rouge, che divenne il cuore pulsante della manifattura americana. Rifiutava di contrarre prestiti, emettere azioni o cedere il controllo. Le banche offrivano influenza; Ford preferiva l’indipendenza.
La sua logica era semplice ma radicale: “Se devi alla banca 100 dollari, è un tuo problema. Se le devi 100 milioni, è un problema loro.” Lui non voleva avere a che fare con nessuno dei due casi.
Negli anni ’20, la Ford Motor Company era diventata un ecosistema economico autosufficiente — produceva il proprio acciaio, il proprio vetro, persino la propria elettricità. Il denaro proveniente dalla vendita di ogni Model T non usciva dall’azienda: alimentava la prossima invenzione, il prossimo stabilimento, il prossimo esperimento.
E funzionò. Quando la Grande Depressione travolse i concorrenti sommersi dai debiti, la macchina finanziata privatamente di Ford continuò a girare. Poteva rallentare la produzione, pagare i lavoratori e aspettare che passasse la tempesta — tutto senza una sola telefonata dalla banca.
Così, quando i suoi eredi scoprirono centinaia di milioni di dollari in contanti sigillati nel caveau dell’azienda, non si trattò di avidità. Fu la prova definitiva dell’ossessione di Ford per il controllo — e della sua sfida al mondo finanziario che un tempo lo aveva deriso.
In un’epoca in cui le aziende ballavano al ritmo di Wall Street, Ford marciava al proprio — il suono dei pistoni, del progresso e dell’indipendenza assoluta.
Non costruì solo automobili. Costruì un nuovo tipo di potere — uno che non aveva bisogno di chiedere il permesso.
Avresti avuto il coraggio di seguire il tuo istinto, contro ogni banchiere d’America — e di finanziare il futuro con le tue sole tasche?


da FB

 42 
 inserito:: Ottobre 29, 2025, 07:35:51 pm 
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Post di Marco Taradash

Marco Taradash

Scegliere fra la Rana e la Fenice.
Trump e Putin da Orban per decidere le sorti dell’Europa.
…Dell’Ucraina e quindi dell’Europa. Chi non capisce che non ci può essere un’Europa autonoma e forte se l’Ucraina finirà nelle mani della Russia o in una zona amorfa controllata da Putin e Trump è o inconsapevole o collaborazionista del non ancora definito (ma anche questo dipende dalla soluzione ucraina) neo fasciostalinismo russo-americano.
Se i tre a Budapest troveranno un accordo a spese della sovranità e libertà ucraina l’Unione Europea sarà messa di fronte a una alternativa drastica: fare la rana e quindi lasciarsi bollire a fuoco lento fino a sciogliersi in una brodaglia velenosa di rimpianti e risentimenti, oppure incendiare le navi alle sue spalle, mettere in shutdown l’attuale organizzazione mantenendo attivo soltanto l’essenziale e rifondare l’Unione attraverso un’assemblea costituente che nel giro di pochi mesi ri-costruisca una Europa basata sul federalismo, sulla sussidiarietà, e su istituti di democrazia liberale operanti a ogni livello, nella federazione e negli stati.
Dentro i volenterosi, fuori gli ipocriti, i furbi e i sabotatori.
Sarà un passaggio durissimo e pieno di rischi, ma fra la Rana e la Fenice qualcuno alla fine dovrà decidere.


Matteo Di Nenno
L'Europa potrà essere davvero federale, ormai, solo federandosi con l'America e con la Russia. Altrimenti diventerà come e peggio di questa America e di questa Russia. Chi non capisce che la federazione seve a governare e civilizzare l'inevitabile interdipendenza di tutto e tutti in tutto il "globo terraqueo", non a conseguire un'impossibile indipendenza dal nemico nel proprio territorio, non ha mai letto il Manifesto di Ventotene o, peggio, non l'ha mai capito.


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Gianni Gavioli
Matteo l'Europa Deve Essere Federale di SUO! Non federata con chicchessia! Cioè serva o cliente di questo o quello. E da Stati Uniti d'Europa deve offrire alla Russia una qualsivoglia Intesa che ci garantisca entrambi nella nostra Pace Europea! La Russia ha al vertice menti capaci di capire che restando quella che è oggi, alimenta solamente quel complesso di inferiorità che impone ad ogni stupido isolazionismo di starsene in un angolo del N.O.M.
ggg

 
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Matteo Di Nenno
Gianni Gavioli Federarsi non significa asservirsi e una "una qualsivoglia Intesa che ci garantisca entrambi" c'è già. Nel Consiglio di Sicurezza delle "Nazioni Unite" due Stati europei, Francia e Gran Bretagna, hanno lo stesso status di USA, Russia e Cina. Se al posto di Parigi e Londra ci fosse Bruxelles conterebbe davvero come gli altri, certo, ma come gli altri non faremmo affatto la Pace! Le confederazioni tra Stati sovrani e indipendenti non servono a un piffero. La stessa NATO, in realtà, è l'impero americano. Se gli USA la piantassero di fingersi nostri "alleati" e ci annettessero insieme alla Groenlandia e al Canada, come piacerebbe a Trump, canadesi ed europei, da vassalli che sono oggi, diventerebbero cittadini statunitensi a tutti gli effetti. Allora potremmo anche votare quel Presidente degli Stati Uniti che oggi, alla faccia del "taxation without representation", ha promesso ai suoi elettori di "tassare noi per non tassare gli americani". L'ha ribadito nella cerimonia d'insediamento della sua Amministrazione e l'ha ottenuto al vertice della NATO, con Meloni che prima ha applaudito e poi obbedito come un tacchino che festeggiasse il Giorno del ringraziamento mettendosi nel forno. Solo da concittadini dello stesso Stato si può, non fare la Pace, ma litigare civilmente: da privati concorrenti nello stesso mercato, con i propri candidati alle elezioni, con gli avvocanti davanti alla legge uguale per tutti. Pure io credo che anche in Russia esistono "menti capaci di capire che restando quello che è oggi", uno Stato che difende la propria sovrana indipendenza in modo sempre più paranoico, la Russia può solo mettersi in un angolo come il topo che ricorda spesso Putin. Gli Oligarchi di Gazprom, per esempio, che ci hanno guadagnato dalla guerra in Ucraina? Per non parlare di Musk che è stato licenziato dal Pentagono e ha pagato una fortuna a Trump per vendergli una Tesla. Chi ha un po' di sale in zucca capirà sicuramente che gli Stati Uniti non si fanno col "nemico del nemico" per difendersi meglio, ma col nemico per non doversi più difendere.
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Gianni Gavioli
Matteo Di Nenno Di solito non apro o proseguo dispute fumose, sono vecchio e non intendo perdere il tempo che mi resta, inseguendo manipolazioni che conosco da anni.
Ignoro le manipolazioni fesse.
Ma questa non é fessa, ho sollevato in questi giorni una ipotesi che nessuno ha ancora fatto, neppure i "cagnolini di Putin traditori dei propri paesi".
Devo correggerti non per te ma per chi legge cose da me firmate.
Se scrivo:
"l'Europa Deve Essere Federale di SUO!" non intendo altro che questo.
Se scrivo: "E da Stati Uniti d'Europa si deve offrire alla Russia una qualsivoglia Intesa che ci garantisca entrambi nella nostra Pace Europea!"
Intendo INTESA tra Europa e Russia, non altri.
E trascuro altre inesattezze.
Preciso invece:
L'intento della mia Immaginazione ha solo due punti come obiettivi da raggiungere (a favore di tre popolazioni, quella Russa, quella Ucraina e quella Europea) far capire a Putin che da anni massacra popolazioni e continua a non essere nessuno, nell'Ordine Mondiale, che se la Pace Europea fosse entrata nella sua testa e in quella della sua Corte, unitamente a quella di una Europa che profitti della sua enorme potenzialità (non soltanto militare ma culturale, ambientale e del sereno vivere della bella gente europea) questo e quello ci RENDEREBBE PIU' Forti, non più dipendenti o soggiogati da pericolosi fuoriusciti di testa, ma soltanto obbligati al consenso (quello buono) delle nostre popolazioni, finalmente aggiornate al buon vivere.
ciaooo

 43 
 inserito:: Ottobre 29, 2025, 07:32:31 pm 
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Gianni Gavioli
Il Gruppo dirigente della Federazione Russa conosce quanto pesa la fascinazione di Trump per Putin.
Conta quanto può ricavare al momento, da compromessi anche pericolosamente scivolosi.
Perché invece Putin e la sua corposa Intelligencija non valutano la Convenienza Totale di un avvicinamento all'Europa, ignorando le illusioni di un POLO Russo che gli USA, la Cina ed Altri, non permetteranno mai si possa sedere alla tavola del Nuovo Ordine Mondiale di Pace Attiva, nel business mondiale?
In disparte erano tenuti e in disparte saranno in futuro, magari anche sottomessi.
Per avvicinarsi all'Europa Basterebbe loro dare più Vera Democrazia in Russia e trattare con l'Europa alla pari, senza patologie curabili da una parte e dall'altra.
Il Polo Europa avrebbe si quel posto nel N.O.M. e con un peso adeguato a Veri Valori, non da Propaganda di pagliacci al guinzaglio!
ggg

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Post di Paolo Migliaro

Paolo Migliaro
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Sergey Karaganov, politologo vicino a Putin: "Noi siamo in guerra con l'Europa". L'ennesima dimostrazione che la Nato non c'entra nulla.

di Marco Imarisio
«Un grande Paese ha bisogno di una ideologia di Stato. Altrimenti non è niente. E quando la perde evapora la nazione stessa. L’antica Roma ce l’aveva, l’Italia di oggi no. Forse è per questo che da molti secoli non siete un grande Paese».
Al Forum economico di San Pietroburgo dello scorso giugno non era sfuggito a nessuno l’elogio del professor Karaganov fatto da Putin in persona, accompagnato persino da una pacca sulla spalla. «Mi ha fatto piacere. Credo che lui sia d’accordo con la mia visione del mondo».
Le coordinate di Karaganov, politologo, uno dei fondatori del Valdai Club alle cui riunioni Putin prende parte regolarmente, sono contenute in un testo di pochi mesi fa, Il sogno della Russia nel XXI secolo, dove propone l’adozione di una ideologia statale nel suo Paese, una sorta di nuovo collettivismo spirituale nel cui nome devono essere sacrificate le libertà individuali. Non si conosce l’opinione di Putin sul saggio di Karaganov. Ma il fatto che sia stato pubblicato sul sito del ministero degli Esteri e in quello del Consiglio di sicurezza è già un indizio.
«Gli Usa non rappresentano il peggio della civiltà occidentale. Sono molto più razionali di voi europei — nel nominarci, il sorriso di Karaganov diventa una smorfia di disgusto — e quindi diventa più facile trattare con loro. Ma Donald Trump non ha interesse nel fermare la guerra in Ucraina, se non quello della vanagloria personale, a meno che non vi sia una escalation verso un disastro totale, un fiasco come quello dell’Afghanistan, oppure un incidente nucleare. Lui e l’America ne stanno traendo beneficio, prosciugando l’Europa, spogliandola delle sue risorse, facendosi pagare per tenere in vita Kiev. Perché mai dovrebbe fermare tutto?».
L’idea di Karaganov per concludere il conflitto ucraino è quasi irriferibile. Nell’estate 2023 sostenne la necessità di lanciare una testata nucleare sulla Polonia.
«Era un paradosso. Io dicevo solo che bisogna reinstallare il sentimento della paura nel genere umano, che ha completamente perso il timore di Dio e della guerra. Per questo dico che se voi ci attaccaste, dovremmo rispondere con l’atomica. Io spero nella pace, e sono grato a Putin e Trump per i loro sforzi. Ma i vertici e le strette di mano non bastano. A cominciare dagli Usa, tutti devono capire che noi non stiamo combattendo contro l’Ucraina. La nostra è una guerra contro l’Europa unita. Contro l’Europa di Napoleone e Hitler. Le vostre élite hanno perso ogni forma di credibilità e di autorità, e per questo cercano una guerra contro di noi. Per fermarle, potrebbe essere necessario uno choc».
L’osservazione sul piccolo dettaglio che la Russia ha invaso uno Stato sovrano si perde nell’esposizione della sua ideologia statale, che sembra piacere anche a Putin e sembra pensata in contrasto alla discutibile idea del nostro continente, condivisa da entrambi.
«Tengo a precisare che io e l’attuale presidente siamo due entità separate. Non sempre siamo d’accordo. Lui pensa che la fine dell’Urss sia stata la più grande tragedia del ventesimo secolo, io credo invece che le due Guerre mondiali siano state molto peggio. E sono entrambe cominciate in quell’Europa che oggi è la culla dell’individualismo più sfrenato, di un consumismo contro natura che ha generato un neofemminismo nichilista, la negazione della Storia e una inaccettabile libertà dei costumi. Quello che io propongo è una idea basata sul ritorno a valori comuni, antichi e condivisi. Io ho creato una ideologia per leader veri. E se vuoi esserlo davvero, sei obbligato a limitare le libertà individuali e civili. La missione della Russia è quella di fermare il degrado dell’uomo e di liberare il mondo dalle egemonie globali. E siamo finalmente sulla strada giusta. Forse per questo Trump è affascinato da Putin. Il presidente americano sa che siamo obbligati a vincere questa guerra. Ma il tempo delle sue scelte si sta avvicinando. O sta con noi, oppure sta con l’Europa».

da Fb (con miei comenti invisibili)

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Algo Ferrari

Al Bano e Pupo si dovrebbero vergognare!
Da Daria Kryukova
Russia, 2025: che ballino i cigni
Insieme a Diana Loginova (in foto)!sono stati arrestati anche il batterista e il chitarrista della band Stoptime. Arrestati per aver cantato canzoni di cantanti russi — artisti amatissimi con milioni di fan — che il regime di Putin ha bandito perché si sono espressi contro la guerra. Immaginate se in Italia venissero vietati, che so, Achille Lauro o Ghali.
«Voglio guardare il balletto, che ballino i cigni
Che tremi il nonno per il suo “Lago” in silenzio
Fuori dai miei schermi Soloviev, che ballino i cigni»
Questa canzone di Noize MC è stata dichiarata estremista in Russia.
Oggi viene cantata dai giovani mentre mimano la danza dei piccoli cigni — perché, anche se troppo giovani per ricordare, conoscono bene il significato: in URSS Il lago dei cigni passava in TV solo quando il leader moriva o c’era un colpo di Stato.
E il loro sogno oggi è lo stesso: vedere la Russia finalmente libera.
Il Teatro Mariinskij può continuare a mettere in scena La Bayadère, Kim Kimin incantare il pubblico con i suoi salti leggeri, Valerij Gergiev dirigere magistralmente Chovanščina di Musorgskij, e Vincenzo De Luca ripeterci che invitare Gergiev è un atto di rispetto verso la cultura russa — e che il contrario è russafobia.
Ma questa non è più cultura. La vera cultura russa, oggi, è una ragazza di 18 anni, arrestata in strada per aver cantato Noize MC e Monetochka.
Una giornata nera. E una Pietroburgo nera.
Il più grande russofobo del mondo si chiama Vladimir Putin, e sta cercando di annientare tutto ciò che è ancora vivo in Russia, fermare il tempo. Ma non ci riuscirà.
Al Bano e Pupo ci parleranno ancora di pace e dialogo — faranno appelli alla comprensione e alla “fratellanza dei popoli”, magari in qualche intervista pomeridiana sulla RAI o davanti al Cremlino, tra sorrisi diplomatici e malinconiche canzoni anni ’80. Ma, ovviamente, nessuno di loro spenderà una sola parola per difendere una ragazza di 18 anni in manette il cui unico crimine è aver cantato in strada.
Diana viene portata in tribunale in manette, come una criminale pericolosa.
Il suo crimine? Aver cantato le canzoni di “agenti stranieri”. E la chitarra? Un’arma pericolosissima.
È il terrore animale del regime davanti a ogni manifestazione di pensiero, di libertà, di giovinezza.
E questa è stata, tra le altre, una delle ragioni per cui Putin ha iniziato questa guerra.
Le cause sono molte, e nessuna riguarda davvero l’Ucraina: la guerra è una conseguenza della dittatura in Russia. Illudersi che “qualsiasi pace” in Ucraina metterà fine a tutto questo è un grave errore.
Putin ha bisogno della guerra. Gli serve per stringere ancora di più il controllo interno, per schiacciare ogni voce, ogni ribellione, ogni speranza.
E una delle ragioni più profonde è questa: ha completamente perso il contatto con i giovani.
I giovani russi oggi non capiscono più perché un vecchio che non sa usare nemmeno internet debba ancora decidere delle loro vite. Sono nati e cresciuti sotto di lui — e ne hanno abbastanza.
Non vogliono più vivere in un paese dove la musica è reato, la chitarra è un’arma, la danza è sovversione e la speranza è sedizione. Lo sapete, nell’Unione Sovietica circolava una battuta:
«Oggi suona il jazz, domani venderà la Patria».
Niente di nuovo — tutto ciò che era vietato allora come “nemico”, lo è anche oggi.
Niente di nuovo — tutto quello che allora era vietato come “nemico”, oggi lo è di nuovo.
Solo che adesso al posto del jazz ci sono Monetochka, Noize MC e una chitarra suonata per strada.
Ma anche oggi, in mezzo al buio, in mezzo alla paura, qualcuno canta. Qualcuno balla. Qualcuno non si piega.
E finché in Russia ci sarà almeno una ragazza con una chitarra e un sogno di libertà, nulla sarà perduto.
Perché i cigni, alla fine, balleranno davvero.

da FB

 44 
 inserito:: Ottobre 29, 2025, 07:28:28 pm 
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L'accaduto del 7 ottobre contro il Popolo di Israele è Disumano!
Ciò che accadde ed è accaduto prima e dopo il 7 ottobre è Umano!  Il peggio di ciò che arriva a commettere l'Umanità!
Infatti si può e si deve correggere.

Il Disumano deve soltanto Sparire dalla faccia della Terra e dal suo sottosuolo e possono farlo solo coloro che hanno voluto e praticato il 7 ottobre.
Oppure chi li vuole estinguere, ripetendo l'infamita' di massacrare la popolazione.
L'UMANITÀ spesso sbaglia e agisce come il Male la porta ad agire.
LA DISUMANITA' ci vive nel Male e ci vive in modo incorreggibile sempre e per intero.

E la differenza conta, è il cancro del mondo!
ggiannig

 45 
 inserito:: Ottobre 29, 2025, 07:25:29 pm 
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Primitivismo


Disambiguazione – Se stai cercando la corrente artistica, vedi Primitivismo (arte).
Il primitivismo o anarco-primitivismo è un insieme di correnti culturali moderne che individuano la «vera dimensione dell'essere umano e della società» nell'abbandono della modernità e nel ritorno ad uno stile di vita primitivo[1].

Origini
Uno dei precursori di queste teorie fu il filosofo svizzero Jean-Jacques Rousseau, che indicò, nel Discorso sulle scienze e le arti e in altre opere, lo "stato di natura" come lo stato felice dell'umanità e l'eccessiva modernizzazione della cultura e dell'uomo come l'origine delle diseguaglianze e dell'infelicit4]. John Zerzan auspica che in un vicino futuro le città divengano musei di un'epoca passata che non deve tornare.

Arte del XX secolo
Piero Raffa nel suo libro Avanguardia e realismo ricorda «il ruolo che il gusto del primitivo ha giocato nella rivoluzione avvenuta in tutte le arti» del XX secolo. Specificando ulteriormente continua scrivendo che è nel primitivo che «gli artisti hanno cercato soprattutto un modello formale che permettesse loro di elaborare la stilizzazione, con la quale intendevano rinnovare i linguaggi artistici».[5]

Note
^ Pierpaolo Pracca, A tavola nel paese che non c'è, Il leone verde edizioni, 2011, p. 75, ISBN 978-88-6580-010-2.
^ Per una bibliografia del primitivismo, su Carmilla on line, 26 agosto 2010. URL consultato il 2 febbraio 2017.
^ Gandhi venne a conoscenza del libro grazie a Henry S. Salt, biografo di Thoreau, mentre era studente all'Università di Oxford. Ne rimase entusiasta e il 26 ottobre 1907 lo pubblicò nella sua rivista Indian Opinion; vedi Articolo, su Le Monde Diplomatique, 2005. URL consultato il 2 febbraio 2017 (archiviato dall'url originale il 6 marzo 2016).
^ Si vedano per esempio le opere degli antropologi:
Marvin Harris, Cannibali e re, le origini delle culture, traduzione di Mario Baccianini, Universale Economica Feltrinelli, 2007, ISBN 978-88-07-81030-5.
Desmond Morris, Lo Zoo umano, Mondadori, 2005, ISBN 88-04-53776-0.
Jared Diamond, Il peggior errore della specie umana, su appelloalpopolo.it. URL consultato il 2 febbraio 2017.
Oltre a opere di filosofi ecologisti come Daniel Quinn (Ishmael, The Story of B, Beyond Civilization).
^ Piero Raffa, Avanguardia e realismo, Milano, Rizzoli, maggio 1967, p. 108.
Bibliografia
Jean-Jacques Rousseau, Discorso sulle scienze e le arti, 1750.
Jean Jacques Rousseau, Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza tra gli uomini, 1754.
Henry David Thoreau, Walden, ovvero La vita nei boschi, 1854.
Bob Black, L'abolizione del lavoro Archiviato il 5 maggio 2019 in Internet Archive., Torino, Nautilus, 1992.
John Zerzan, Ammazzare il tempo Archiviato il 6 maggio 2019 in Internet Archive., Torino, Nautilus, 1995.
Theodore Kaczynski detto Unabomber, Il manifesto contro la società tecnologica, con un'introduzione di Claudio Risé, Milano, Società Editrice Barbarossa, 1997.
Theodore Kaczynski, Il manifesto di Unabomber. La società industriale e il suo futuro, a cura di Antonio Troiano, traduzione di Roberto Migliussi, Roma, Stampa Alternativa, 1997, ISBN 88-7226-352-2.
John Zerzan, Dizionario primitivista Archiviato il 5 maggio 2019 in Internet Archive., Torino, Nautilus, 2004.
John Zerzan, Futuro primitivo Archiviato il 6 maggio 2019 in Internet Archive., Torino, Nautilus, 2006.
Ted Kaczynski, Contro la civiltà tecnologica, Torino, Nautilus, 2006.
John Zerzan, Primitivo attuale, Roma, Stampa Alternativa, 2004, ISBN 88-7226-793-5.
Green Anarchy Collective, Green Anarchy. Introduzione al pensiero e alla pratica anarchica di anticivilizzazione, Torino, Nautilus, 2004, SBN CAG1722837.
Massimo Fini, Il vizio oscuro dell'Occidente. Manifesto dell'antimodernità, Venezia, Marsilio, 2004, ISBN 88-317-8175-8.
John Zerzan, Il Crepuscolo delle macchine Archiviato il 6 maggio 2019 in Internet Archive., Torino, Nautilus, 2013.
Miguel Amorós, Primitivismo e storia Archiviato il 5 maggio 2019 in Internet Archive., Torino, Nautilus, 2018.

da wikipedia

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 inserito:: Ottobre 29, 2025, 07:02:54 pm 
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Fabrizio Illuminati

Un commentatore al post di Andrea Sartori scriveva che i nostri sensi di colpa originano dalla constatazione che l'Occidente è la fonte primaria di guerre e destabilizzazioni nel mondo. È necessario invece ribadire con forza che l'Occidente, e bisogna vedere cosa è Occidente e da quando vogliamo partire per definirlo, certamente NON è la fonte primaria di guerre e destabilizzazioni nel mondo. Sicuramente non nel mondo moderno e contemporaneo, dove anzi l'Occidente Euroatlantico dal 1945 in poi ha svolto uno straordinario ruolo di moderatore e stabilizzatore dei conflitti. Destabilizzazioni e guerre sono venuti prima dal movimento comunista internazionale (Cina 1949, Corea 1950, Caraibi 1959, Tibet 1959, Sud America anni '60, Vietnam e Indocina anni '60 e' 70, Angola, Etiopia, Zimbabwe ecc, con le truppe mercenaries cubane, anni '70, Afghanistan 1980, ecc ecc), cui si contrappose, con esiti alterni, la dottrina Eisenhower del contenimento. Dopo il crollo (temporaneo, come si è poi capito) dell'impero sovietico, il testimone delle guerre e della destabilizzazione è stato raccolto dal Panislamismo radicale internazionale, al quale più recentemente si sono affiancati il risorto imperialismo russo e la rinata spinta egemonica globale della Cina. Tre imperialismi, etnici territoriali religiosi o culturali che siano, che hanno in comune il tratto fondamentale del totalitarismo. Impermeabile a qualsiasi contaminazione di valori e idee, contrario all'orizzonte stesso di un'evoluzione, di un progresso dello spirito umano. Che è poi, da Socrate ad oggi, il filo rosso che tra vittorie e sconfitte, arretramenti e balzi in avanti, stasi e riprese, attraversa tutta la storia dell'Occidente e ne costituisce il cuore. Allora, perché, da dove nascono i nostri sensi di colpa verso l'infinito oceano anti-occidentale che costituisce i 5/6 del mondo e che è all'attacco, oggi più che mai? Paradossalmente ma non troppo, dal nostro stesso progresso. Con l'aumentare del senso morale crescono la consapevolezza delle proprie manchevolezze e allo stesso tempo si accresce la comprensione, la giustificazione delle mire e delle colpe altrui. Meccanismo purtroppo ben noto, che ha segnato la fine di tante civiltà avanzate, quando si sono dovute confrontare con la barbarie, avendo rinunciato, per accresciuta consapevolezza e superiorità morale, agli stessi strumenti che i barbari invece non si fanno scrupolo di continuare ad usare. La seconda causa è ovviamente che con il progresso tecnologico, culturale, morale, e al crescere della libertà di informarsi e di conoscere, noi possiamo indagare e discutere a piacimento di tutta la nostra storia e di tutti i nostri passati crimini e misfatti, veri o presunti. Mentre questo non è possibile per il buco nero degli oceani totalitari, ovvero i rimanenti 5/6 del mondo. Lì non abbiamo testimonianze, documenti, archivi, studi, dibattiti, memorie. I genocidi degli armeni e dei greci, il Rwanda, i boat people, Olodomor, il grande terrore, Pol Pot, il grande balzo in avanti, la rivoluzione culturale, e tanto, tanto altro. Per noi, e purtroppo anche per loro, solo vaghi accenni "storici" di cui non rimane traccia fuori dai pochi paludati centri di studio e istituzioni di ricerca. Eppure parliamo complessivamente di più di almeno un centinaio di milioni di morti. È questo enorme stacco di consapevolezza della realtà della barbarie mondiale immutabile che ci circonda che rende così fragile l'Occidente, diviso e litigioso nel suo intrinseco pluralismo, e che potrebbe far deragliare definitivamente il suo plurimillenario progetto di progresso universale.

da FB 26 ottobre 2025

 47 
 inserito:: Ottobre 29, 2025, 07:01:03 pm 
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Gli italiani di Crimea: una tragedia dimenticata – Aspenia Online

Posta in arrivo

ggiannig <ggianni41@gmail.com>
10:27 (8 ore fa)
a me

Gli italiani di Crimea: una tragedia dimenticata – Aspenia Online https://share.google/tmWw3IGofQKnizgSp
 

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 inserito:: Ottobre 29, 2025, 06:57:10 pm 
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E se nei Paesi Bassi tornassero di moda i pro-europei?

Posta in arrivo

ggiannig <ggianni41@gmail.com>
17:03 (1 ora fa)
a me

https://open.substack.com/pub/davidcarretta/p/e-se-nei-paesi-bassi-tornassero-di?utm_campaign=post&utm_medium=email

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 inserito:: Ottobre 28, 2025, 12:32:44 am 
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Fabrizio Illuminati

Un commentatore al post di Andrea Sartori scriveva che i nostri sensi di colpa originano dalla constatazione che l'Occidente è la fonte primaria di guerre e destabilizzazioni nel mondo. È necessario invece ribadire con forza che l'Occidente, e bisogna vedere cosa è Occidente e da quando vogliamo partire per definirlo, certamente NON è la fonte primaria di guerre e destabilizzazioni nel mondo. Sicuramente non nel mondo moderno e contemporaneo, dove anzi l'Occidente Euroatlantico dal 1945 in poi ha svolto uno straordinario ruolo di moderatore e stabilizzatore dei conflitti. Destabilizzazioni e guerre sono venuti prima dal movimento comunista internazionale (Cina 1949, Corea 1950, Caraibi 1959, Tibet 1959, Sud America anni '60, Vietnam e Indocina anni '60 e' 70, Angola, Etiopia, Zimbabwe ecc, con le truppe mercenaries cubane, anni '70, Afghanistan 1980, ecc ecc), cui si contrappose, con esiti alterni, la dottrina Eisenhower del contenimento. Dopo il crollo (temporaneo, come si è poi capito) dell'impero sovietico, il testimone delle guerre e della destabilizzazione è stato raccolto dal Panislamismo radicale internazionale, al quale più recentemente si sono affiancati il risorto imperialismo russo e la rinata spinta egemonica globale della Cina. Tre imperialismi, etnici territoriali religiosi o culturali che siano, che hanno in comune il tratto fondamentale del totalitarismo. Impermeabile a qualsiasi contaminazione di valori e idee, contrario all'orizzonte stesso di un'evoluzione, di un progresso dello spirito umano. Che è poi, da Socrate ad oggi, il filo rosso che tra vittorie e sconfitte, arretramenti e balzi in avanti, stasi e riprese, attraversa tutta la storia dell'Occidente e ne costituisce il cuore. Allora, perché, da dove nascono i nostri sensi di colpa verso l'infinito oceano anti-occidentale che costituisce i 5/6 del mondo e che è all'attacco, oggi più che mai? Paradossalmente ma non troppo, dal nostro stesso progresso. Con l'aumentare del senso morale crescono la consapevolezza delle proprie manchevolezze e allo stesso tempo si accresce la comprensione, la giustificazione delle mire e delle colpe altrui. Meccanismo purtroppo ben noto, che ha segnato la fine di tante civiltà avanzate, quando si sono dovute confrontare con la barbarie, avendo rinunciato, per accresciuta consapevolezza e superiorità morale, agli stessi strumenti che i barbari invece non si fanno scrupolo di continuare ad usare. La seconda causa è ovviamente che con il progresso tecnologico, culturale, morale, e al crescere della libertà di informarsi e di conoscere, noi possiamo indagare e discutere a piacimento di tutta la nostra storia e di tutti i nostri passati crimini e misfatti, veri o presunti. Mentre questo non è possibile per il buco nero degli oceani totalitari, ovvero i rimanenti 5/6 del mondo. Lì non abbiamo testimonianze, documenti, archivi, studi, dibattiti, memorie. I genocidi degli armeni e dei greci, il Rwanda, i boat people, Olodomor, il grande terrore, Pol Pot, il grande balzo in avanti, la rivoluzione culturale, e tanto, tanto altro. Per noi, e purtroppo anche per loro, solo vaghi accenni "storici" di cui non rimane traccia fuori dai pochi paludati centri di studio e istituzioni di ricerca. Eppure parliamo complessivamente di più di almeno un centinaio di milioni di morti. È questo enorme stacco di consapevolezza della realtà della barbarie mondiale immutabile che ci circonda che rende così fragile l'Occidente, diviso e litigioso nel suo intrinseco pluralismo, e che potrebbe far deragliare definitivamente il suo plurimillenario progetto di progresso universale.

da FB 26 ottobre 2025

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 inserito:: Ottobre 28, 2025, 12:27:14 am 
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Tetyana Bezruchenko

Quello che ho apprezzato davvero in quella trasmissione è stato il “coming out” di Carlo Calenda: ha volutamente ammesso il suo errore nel collaborare con la Federazione Russa, nonostante l’annessione della Crimea e l’invasione del Donbas. Questo è per me il punto principale di quel “dibattito”. Ammettere i propri errori è il primo passo nel rimediare il problema.
Il problema vero  è l’invasione “su larga scala” della propaganda del Cremlino della televisione italiana, che usa i talk show per diffondere al 100% le narrazioni pro-Mosca. Dal 2014 —e/o almeno dal 2022 — basterebbe un solo fact-checker per ogni programma: ogni volta che certi “giornalisti” o “esperti” aprissero bocca, sentiremmo un “beep”. E Calenda non avrebbe dovuto chiamare un bugiardo “bugiardo”, sarebbe stato già chiaro molto prima chi sono tutti questi “ospiti”.
Vorrei proporvi un altro fatto che in Italia è passato quasi inosservato: provate a cercarlo su Euronews.
Un ex eurodeputato britannico, Nathan Gill, è stato arrestato per aver ricevuto denaro in cambio di discorsi pro-Mosca e di sostegno alle narrazioni del Cremlino al Parlamento Europeo. Indovinate da dove spuntava deputato? Era del partito della pro-Brexit. Ha ammesso che è stato pagato per portare quella narrativa. Però questo è solo la punta del iceberg, perché solo nel 2025 è stato condannato per i discorsi del 2018-2019. Quante vite sono finite in mezzo di orrore per quei discorsi pagati?
Italia dovrebbe cominciare a liberare il campo mediatico e aprire le indagini serie per capire quanto lo spazio mediatico è manipolato.
Lo ripeto: la propaganda del Cremlino non è un problema per gli ucraini — è un problema gravissimo per l’Italia.
#testiecontesti
Tetyana Bezruchenko

Leggete questo testo che riassume la situazione
https://www.facebook.com/share/p/17UA84JvsG/?mibextid=wwXIfr



Alex Orsi
Sartori Andrea
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Un mio contatto ha avuto una levata di scudi a sfavore perché ha scritto che i Nativi Americani Cherokee praticavano la schiavitù. È oramai un fiorire trasversale (non solo a sinistra, ma anche tra i cosiddetti "fascio-tradizionalisti") di anti-occidentalismo per cui solo noi siamo cattivi, mentre africani, arabi, turchi, cinesi, civiltà precolombiane sarebbero state pacifiche.
Ogni civiltà umana ha praticato lo schiavismo e l'imperialismo, e il genocidio non è prerogative della giacche blu, dei nazisti (o di Israele...)… Altro...
Fabrizio Illuminati
Un commentatore al post di Andrea Sartori scriveva che i nostri sensi di colpa originano dalla constatazione che l'Occidente è la fonte primaria di guerre e destabilizzazioni nel mondo. È necessario invece ribadire con forza che l'Occidente, e bisogna … Altro...



Fabio Sabatini
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Fateci caso: in Italia, qualsiasi personaggio con un minimo di visibilità disposto a sostenere pubblicamente l’assurdo ha una buona probabilità di diventare una celebrità nazionale. Sostenere tesi palesemente false garantisce posti fissi nei talk show e il supporto di eserciti di bot — a condizione che quelle assurdità coincidano con i talking points del Cremlino e dell’internazionale dell’estrema destra (ormai l’unica “internazionale” rimasta in vita).
Chi diffonde la paura dei vaccini, chi nega l’efficacia delle terapie fondate sul metodo sperimentale — una delle battaglie più subdole e distruttive del mondo MAGA — chi rilancia teorie complottiste su immigrazione, energie rinnovabili, euro, stampa di moneta, “nazismo” dell’Ucraina o “mamme di Mariupol”: tutti trovano spazio.
Si ha l’impressione che, se domani la Russia riscoprisse la pietra filosofale, vedremmo sfilare schiere di “esperti” pronti a spiegare che si può trasformare la cacca in oro (ma l'Europa ce lo impedisce).
Vale in particolare per alcuni professori universitari. Gli accademici sono preziosi per la disinformazione: insinuano il dubbio che la comunità scientifica sia “divisa”, alimentano il confirmation bias dei creduloni e legittimano le bufale con la propria carica universitaria. Aiutano a presentare le menzogne come interpretazioni alternative, sullo stesso piano dei fatti accertati.
Questi accademici sono molto rari — forse uno ogni diecimila — ma bastano a inquinare il dibattito: una voce stonata, amplificata dalla propaganda, può coprire il lavoro silenzioso di 9.999 persone serie.
Perché un personaggio decaduto sul piano della reputazione accademica come Jeffrey Sachs è diventato una celebrità in Italia? Perché ripete parola per parola una propaganda che nel nostro dibattito pubblico si è talmente sedimentata da non essere più riconosciuta come “aliena”.
Non credo, però, che tutti i ciarlatani che propagano assurdità in televisione o sui social siano “utili idioti” della Russia, per dirla con un'espressione spesso attribuita a Lenin.
Mosca non ha la forza di controllare tutto questo. Piuttosto, si è determinata una pericolosa convergenza di interessi: tra gli obiettivi della guerra ibrida russa, le debolezze del sistema mediatico italiano, le ambizioni personali di studiosi di dubbia integrità (e generalmente marginalizzati dalla comunità scientifica), i bias cognitivi e le pulsioni antieuropee dell’estrema destra e di una parte della sinistra — con la prima ormai divenuta sempre più mainstream.
A questo si aggiunge un pubblico stanco, provato da anni di difficoltà economiche e abituato da due decenni di televisione commerciale a cercare adrenalina e intrattenimento anziché informazione e approfondimento.
In Italia abbiamo assistito al collasso dell’etica professionale del giornalismo televisivo, all’eclissi del fact-checking e alla progressiva erosione delle competenze.
Non solo mancano i giornalisti capaci di analizzare problemi complessi, ma anche quelli in grado di riconoscere chi le competenze le possiede davvero. Chi sa leggere un CV accademico o distinguere una correlazione da un nesso causale è ormai un’eccezione.
E sempre meno giornalisti sanno distinguere una fonte affidabile da un canale di disinformazione russo. Può sembrare normale in un mondo dove perfino la Casa Bianca promuove nelle istituzioni noti agenti della disinformazione straniera, ma resta un segnale drammatico.
Come ha scritto Nona Mikhelidze (Istituto Affari Internazionali), in Italia la disinformazione è diventata una forma di intrattenimento. I talk show, plasmati più dall’infotainment che dal giornalismo, sono sistematicamente trasformati in teatri di manipolazione. Con il pretesto dell’“equilibrio”, si mettono sullo stesso piano verità e falsità: le bugie — come quelle sulla pericolosità dei vaccini o sull’Ucraina dominata dai nazisti — vengono presentate come “opinioni” che hanno lo stesso valore di fatti accertati, nel contesto di un collasso deontologico che ha reso l’accertamento dei fatti sempre più minoritario e inessenziale ai fini del modello di business dei mezzi di informazione. Uno scenario estremamente funzionale alla propaganda manipolatrice dei regimi autoritari.
Figure legate al Cremlino vengono invitate senza trasparenza persino in trasmissioni finanziate dal servizio pubblico; quando la disinformazione va in onda, nessuno la corregge. Così, canali controllati da Mosca — come RT o Sputnik — o blog di pura propaganda finiscno per essere citati come fonti affidabili.
Lo scambio Calenda–Sachs non ha solo smascherato un singolo individuo: ha messo a nudo, per una sera, la crisi strutturale di un intero ecosistema mediatico. Sachs è il simbolo di un paradosso: una biografia accademica usata come scudo per diffondere, con apparente autorevolezza, messaggi di disinformazione sistematica.
Il risultato è devastante: la normalizzazione della narrazione del Cremlino, l’erosione della fiducia nelle istituzioni e la diffusione del cinismo come abitudine mentale.
La standing ovation internazionale per Calenda, in questo senso, segnala il desiderio di cambiamento di una minoranza che non ne può più di bugie così grossolane da diventare un insulto all’intelligenza comune. È una nicchia, certo. Ma ogni reazione civile comincia come un’anomalia — ed è per questo che la macchina della disinformazione cerca di screditare chi reagisce.
In effetti, non se ne può più.
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PS: Questo thread è tratto dal mio blog (il link è nei commenti), dove si legge meglio — e dove ci si può iscrivere alla newsletter per ricevere nuovi approfondimenti su economia e politica.
Autore
Fabio Sabatini
Ecco il link: https://substack.com/@fabiosabatini/note/c-170281193...
Fabio Sabatini (@fabiosabatini)
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Fabio Sabatini (@fabiosabatini)

    7 h

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Massimiliano Bondanini
Per par condicio a ogni verità sarà contrapposta una invereconda bugia

    1 h

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Daniela Nardi
Fabio Sabatini, Grazie professore. Non ho seguito il confronto con Calenda ma, per puro caso, un altro intervento di Sachs a Piazza pulita. Presentato come il massimo esperto di economia, dopo averlo ascoltato per un po', certi ragionamenti non mi tornavano, frasi e giudizi dal sentore propagandistico (era il tono che era "stonato"). Ora, speravo che qualcuno potesse fugare il dubbio sul mio senso critico e ho sperato che fosse lei. Quindi, grazie. Aggiungo che era sconcertante vedere che i giornalisti ospiti del confronto e definiti "specialisti", si erano azzittiti di fronte alle analisi di Sachs e annuivano imbarazzati.

    6 h

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Luigi Spagnolo
Il dibattito pubblico, in Italia e non solo, si riduce ai talk show televisivi, e al nuovo talk show 24/7 a cui tutti possiamo partecipare: i social.
Lo scambio tra Calenda e Sachs a dire il vero non mi pare abbia cambiato granché, visto che le tifoserie continuano a pensarla allo stesso modo, pro e contro. E il fatto che Sachs sia un personaggio quantomeno discutibile e filoputiniano non rende Calenda chissà quale gigante del pensiero e paladino dell'Occidente. Sono tutti pupazzetti di un teatrino che continua imperterrito.

    6 h

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    Modificato

Luca Gaballo
Sono d’accordo su tutto tranne la premessa. Conosco un sacco di imbecilli cui nessuno da retta e che nei e poi mai riuscirebbero a infilarsi in un talk shaw.

    2 h

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Michele Tizzoni
Tutto vero, ma non sono del tutto d'accordo sul fatto che questi accademici di cui parli siano così rari. Il panorama universitario italiano è pieno di queste figure. E molti di loro non sono affatto marginalizzati, anzi.

    4 min

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Giulio Lo Iacono
Bellissimo post

    2 h

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Paolo Sinigaglia
Sì, adoriamo i freak…

 


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