LA-U dell'OLIVO
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 inserito:: Aprile 09, 2024, 12:05:10 pm 
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Roberto Montagna caro Roberto (scusa la confidenza affettiva) mi piacerebbe mi conoscessi di più e in Fb lo puoi fare.

Io sono nato al sociale e alla politica (nell'ordine di importanza per me) a 60 anni nel 1996 e ho cominciato con l'Ulivo (quindi ForumUlivista come mi sono inventato dovessi chiamarmi, nel nostro forum ulivo.it) sai quello di Prodi, sì siamo quelli traditi dalla sinistra e dal centro. Posso scrivere di tradimento perché non sono vestito da politico, sono figlio della periferia di Milano e sono anche "poco colto".

Per questo sto tentando la pazzia di far nascere l'Olivo Policonico, cioè un gruppo di lavoro con le radici in quell'area, che ci si vergogna quasi di nominare, il centrosinistra, che si mettono volontariamente a studiare un Progetto decennale, facendolo nascere vivendo tra la Gente e tra i suoi problemi.
Inizialmente lontano dai partiti o in ogni caso senza subirne l'influenza anche involontariamente vessatoria del libero pensare.

Non é un compito impossibile trovato il gruppo iniziale di operatori del Progetto, si tratta di decidere in partenza quelli sono le priorità nell'insieme di problemi gravi che infestano la nostra società e i suoi abitanti. Il metodo, affatto politico, é noto e usato da tempo da coloro che sono attivi nella loro impresa, si chiama AZIENDALISMO, cioè la difesa degli interessi aziendali e forte attaccamento convinto alle sorti dell'impresa.
Nel nostro caso sarà il Progetto Decennale Nazionale da presentare agli Italiani e alla politica.
     
Mi bastano 30 persone (venti, uno per regione e dieci in piattaforma virtuale come coordinatori) per lanciare "il nuovissimo prodotto in "campo", ci possiamo riuscire noi OLIVO e persone DELLA OPINIONE PUBBLICA Organizzata, nuova organizzazione da formare, senza bandierine da sventolare e senza scatolette di sardine, nel tascapane. Vi terrò informati ciaooo   

ggg

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 inserito:: Aprile 09, 2024, 11:55:44 am 
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Anna del Mastro
In genere non vale la pena di condividere granché di tutti quelli mini-filmati, anche se a volte sono divertenti. A volte condivido notizie di qualche giornale on-line per fare un commento perché ho scoperto a mie spese che se scrivo sotto l’articolo, posso ricevere osservazioni sgradevoli e maleducate da persone sconosciute; quindi, preferisco ripostate l’articolo con un mio parere , almeno così posso ricevere commenti, anche di dissenso , ma almeno educati, dagli amici.

Gianni Gavioli
Anna del Mastro Per questo critico uno dei tanti errori di FB, il negare spesso la condivisione tra utenti, la difesa contro imbecilli esiste. Ma negare il confronto tra noi é grave, chiusi in gabbia si sta male, ci toglie dignità! - Io faccio da anni il copia incolla oppure il condividere con miei commenti, "orientati secondo il mio pensiero", anche per superare "citando news" la mia limitata cultura. ciaooo


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 inserito:: Aprile 09, 2024, 11:52:40 am 
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Renzi non vuole battaglie ma Calenda è irremovibile: serve coerenza

Storia di Francesco Giordano


Fornito da Notizie.it
Matteo Renzi è tornato nuovamente sotto i riflettori con l’avvicinarsi delle elezioni Europee e proprio su questo argomento ha avuto modo di lanciare un monito a Carlo Calenda. L’ex premier ha ribadito di non voler rispondere a coloro che vogliono dare vita ad una “battaglia nel fango di basso livello“ aggiungendo che per il suo partito Italia Viva non servono veti, ma idee.

Nessun veto
Renzi ha tenuto a precisare che non ha intenzione di rispondere a coloro che vogliono attaccare il suo progetto con quella che ha definito una “battaglia nel fango di basso livello”. Una frecciatina lanciata al partito Azione di Carlo Calenda. Ma l’ex premier è andato oltre, sottolineando come il suo partito, Italia Viva, non fa politica con sondaggi e veti, ma solo con idee e voti.
Per questo motivo il suo progetto è aperto a chiunque voglia dare una mano senza porre alcun limite, con l’unica eccezione di lavorare insieme per realizzare i progetti europei fissati dal partito. Questo è in sintesi il commento che Renzi ha fatto in merito alla sua intesa per la lista Stati Uniti d’Europa.

La nota di Azione
A tal proposito non si è fatta attendere la risposta di Carlo Calenda che, tramite una nota condivisa dal suo partito Azione, ha essenzialmente sottolineato di rimanere sulle sue posizioni. Stando a quanto condiviso, per il partito rimangono indissolubili i punti principali che sono coerenza e qualità della lista proposta.

Per questo motivo Azione non vuole accettare un’alleanza con coloro che “si porta dietro Cuffaro, Cesaro e Mastella o candidare chi viene pagato da dittature straniere“.

Da - https://www.msn.com/it-it/notizie/politica/renzi-non-vuole-battaglie-ma-calenda-%C3%A8-irremovibile-serve-coerenza/ar-BB1lg8rJ?ocid=msedgdhp&pc=HCTS&cvid=c6a1a2a578a9412c9308048a568c4144&ei=43

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 inserito:: Aprile 08, 2024, 02:28:05 pm 
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Arabia Saudita, il progetto Neom non sarà più così faraonico. L’impatto su Tecnogym, Webuild e Trevi

di Vincenzo Piccolo

L’Arabia Saudita ridimensiona il suo ambizioso progetto di sviluppo Neom a causa sia dei tempi di esecuzione sia di una maggior prudenza finanziaria

Ultim'ora News
L’Arabia Saudita ha deciso di ridimensionare il suo ambizioso progetto di sviluppo Neom che rientra nel piano del principe ereditario, Mohammed bin Salman, per ridurre la dipendenza economica del paese dal petrolio. I motivi sarebbero legati sia a un tema di tempi di esecuzione sia a una maggior prudenza finanziaria.
The Line: piani ridotti e impatto sui lavoratori
Inizialmente l'obiettivo era di far diventare la futuristica città The Line, al confine tra Egitto e Giordania, un vivace centro con 1,5 milioni di residenti entro il 2030. Tuttavia, ora si stima che accoglierà meno di 300.000 persone entro lo stesso periodo, con soli 2,4 km del progetto completati rispetto ai 170 km previsti. Questa decisione ha già portato al licenziamento di alcuni lavoratori, secondo quanto riportato da Bloomberg.
Neom: pressioni finanziarie e nuove strategie
Neom, oltre a The Line, comprende altri progetti come una città industriale e sviluppi turistici. La riduzione dei piani riflette le pressioni finanziarie sul progetto. Il fondo sovrano del regno sta cercando nuove fonti per finanziare Neom, considerando l'importanza strategica del programma Vision 2030. Il Public Investment Fund (Pif) sta valutando una serie di opzioni per raccogliere liquidità, inclusa l’emissione di bond, ha riportato Bloomberg News. Le riserve cash del fondo sovrano sono scese a 15 miliardi di dollari al settembre, il livello più basso dal 2020. Nel 2022 il principe ereditario Mohammed aveva detto che la prima fase di Neom sarebbe costata 1,2 trilioni di riyal (320 miliardi di dollari) entro il 2030. La metà di questa somma dovrebbe provenire dal Pif.
•   Leggi anche: Webuild vince il contratto da 1,4 miliardi per la linea ad alta velocità a Neom, la città del futuro in Arabia Saudita
Idrogeno Verde: un'opportunità futura
Un elemento chiave di Neom è anche il progetto per creare l'idrogeno verde, un combustibile sostenibile. Questo potrebbe aprire nuove opportunità economiche per l'Arabia Saudita. Finora il principale successo è stato lo sviluppo di un progetto di oltre 8 miliardi di dollari per costruire centrali solari ed eoliche che verranno utilizzate per creare l'idrogeno verde. Il regno spera di diventare uno dei più grandi produttori mondiali di tale carburante mentre cerca di ridurre la sua dipendenza dalle vendite di petrolio.
Tecnogym: coinvolgimento e prospettive
Tecnogym, leader nel settore del fitness e del benessere, è coinvolta in diversi aspetti chiave del progetto Neom, come lo sport, la salute e il turismo, sottolineano gli analisti di Equita sim. Inoltre ha una relazione diretta con Neom Investment Fund, il fondo strategico di investimento creato per supportare lo sviluppo di Neom, titolare del 6% del capitale (acquistato a fine novembre 2023). « Technogym è già coinvolta nella fase di consulenza e progettazione, e ci aspettiamo che mantenga un ruolo privilegiato anche nella fase esecutiva, con la fornitura dell’attrezzatura», prevedono gli analisti di Equita, non vedendo impatti dalla notizia dal momento che gli obiettivi iniziali apparivano comunque piuttosto ambiziosi e che il progetto rimane un driver visibile e di medio/lungo periodo a supporto delle crescite di Technogym nell’area del Medio Oriente (il 10% del fatturato totale).
•   Leggi anche: Technogym, perché gli arabi di Neom hanno pagato un premio del 15% in azioni e derivati per avere il 6%
Come vengono colpite Webuild e Trevi
Webuild e Trevi Finanziaria Industriale sono attive in Arabia Saudita nel settore delle costruzioni. Webuild ha 5,5 miliardi di euro di ordini o 10% del backlog (portafoglio ordini). «Tuttavia, ad oggi l'esposizione di Webuild a The Line è limitata con l'ordine principale: vale 4,7 miliardi di dollari che riguarda lo sviluppo di Trojena dove pensiamo si concentreranno gli investimenti nel breve dato che sarà l'area che ospiterà i giochi asiatici invernali 2029», affermano gli analisti di Equita.
Mentre Trevi Finanziaria Industriale è esposta allo sviluppo di The Line essendo a oggi il principale contractor per la palificazione delle fondamenta. I lavori del gruppo sono i primi a essere realizzati nel progetto complessiv. In più, tra fine 2023 e inizio 2024 la società ha vinto un importante ordine con altri tre lotti in assegnazione nel 2024. Equita ha un rating buy sia su Technogym sia su Webuild con target price, rispettivamente, a 10,80 euro e a 3 euro. A Piazza Affari la prima è stabile a 8,85 euro e la seconda sale dello 0,98% a 2,26 euro. Invece, trevi segna un +0,29% a 0,3415 euro. (riproduzione riservata)
Orario di pubblicazione: 08/04/2024 10:03
Ultimo aggiornamento: 08/04/2024 11:50

Da https://www.milanofinanza.it/news/arabia-saudita-il-progetto-neom-non-sara-piu-cosi-faraonico-l-impatto-su-tecnogym-webuild-e-trevi-202404081150001194

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 inserito:: Aprile 08, 2024, 12:56:14 pm 
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Sinestesie letterarie  ·
Roberto Daprà  · sonSpdeorta9a1 ra298u rmte:4410l05m91zt7g2h8m7lha o81o a4afe  ·

“Un tempo sarebbe stato facile amarmi. Ero dolce. Credevo nelle promesse, nelle parole. Giustificavo tutto, anche il male che sentivo e non ammettevo. Mi prendevo la colpa, anche se non la capivo. Pur di non perdere chi amavo, sopportavo ogni mancanza, anche quando mancavo io e non sapevo più ritrovarmi. Abbracciavo senza chiedere nulla in cambio. Ero indifesa. Da proteggere. Da distruggere. Oggi è difficile amarmi, restarmi accanto. Rispettare i miei spazi, comprendere i miei silenzi, la mia indipendenza, il mio bisogno di vivere e di costruire usando solo le mie forze. Io che del mio equilibrio cercato, sofferto e trovato ne faccio un vanto da gridare al presente ogni giorno.

Io che credo nell’Amore molto più di ieri. Amore che non ha nulla a che fare con le briciole, con l’arroganza, con l’assenza, con l’infedeltà. Oggi è difficile amare la donna che sono diventata. Dopo i sogni sfumati, le ali spezzate, le labbra spaccate. Sicura delle mani da stringere che vorrei e degli occhi che non vorrò più incrociare. È difficile. Forse è impossibile. Sicuramente è raro incontrare un’anima che ci ami oltre noi stessi, dove fingiamo di essere forti mentre imploriamo gli abbracci di chi possa amarci sapendoci fragili e imperfetti. Io dell’amore non so molto, forse. Non posso insegnarlo. Ma so che ha a che fare con il rispetto. E con le scelte che non s’impongono, ma si costruiscono. Insieme.

Quando si diventa l’unica scelta e mai un’opzione tra tante. Alla persona che sono stata devo tanto, soprattutto scuse. Alla persona che sono, un promemoria: ricordati delle tue ali, ricordati di te.”

Gabriel Garcià Marquéz
 da “L’amore ai tempi del colera”

DA FB 8 APRILE 2024

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 inserito:: Aprile 08, 2024, 12:53:23 pm 
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Sinestesie letterarie  ·
Roberto Daprà  · sonSpdeorta9a1 ra298u rmte:4410l05m91zt7g2h8m7lha o81o a4afe  ·

“Un tempo sarebbe stato facile amarmi. Ero dolce. Credevo nelle promesse, nelle parole. Giustificavo tutto, anche il male che sentivo e non ammettevo. Mi prendevo la colpa, anche se non la capivo. Pur di non perdere chi amavo, sopportavo ogni mancanza, anche quando mancavo io e non sapevo più ritrovarmi. Abbracciavo senza chiedere nulla in cambio. Ero indifesa. Da proteggere. Da distruggere. Oggi è difficile amarmi, restarmi accanto.

Rispettare i miei spazi, comprendere i miei silenzi, la mia indipendenza, il mio bisogno di vivere e di costruire usando solo le mie forze. Io che del mio equilibrio cercato, sofferto e trovato ne faccio un vanto da gridare al presente ogni giorno.
Io che credo nell’Amore molto più di ieri. Amore che non ha nulla a che fare con le briciole, con l’arroganza, con l’assenza, con l’infedeltà. Oggi è difficile amare la donna che sono diventata. Dopo i sogni sfumati, le ali spezzate, le labbra spaccate. Sicura delle mani da stringere che vorrei e degli occhi che non vorrò più incrociare. È difficile. Forse è impossibile. Sicuramente è raro incontrare un’anima che ci ami oltre noi stessi, dove fingiamo di essere forti mentre imploriamo gli abbracci di chi possa amarci sapendoci fragili e imperfetti.

Io dell’amore non so molto, forse. Non posso insegnarlo. Ma so che ha a che fare con il rispetto. E con le scelte che non s’impongono, ma si costruiscono. Insieme. Quando si diventa l’unica scelta e mai un’opzione tra tante.

Alla persona che sono stata devo tanto, soprattutto scuse. Alla persona che sono, un promemoria: ricordati delle tue ali, ricordati di te.”

Gabriel Garcià Marquéz
 da “L’amore ai tempi del colera”
ph web

DA FB 8 APRILE 2024

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 inserito:: Aprile 07, 2024, 12:15:24 pm 
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Che formichina Mfe, i ricavi scendono e i profitti salgono. Ma con la tv che muore tagliare i costi non basta

di Fabio Pavesi
 tempo di lettura 5 min

Cologno è tra i gruppi tv più redditizi di tutta Europa. Merito del taglio dei costi, visto che il trend dei ricavi è in calo. Ma una strategia basata sul contenimento dei costi non produce effetti positivi all’infinito. E c’è quello spinoso dossier Prosieben

Ultim'ora News
| Eredità Berlusconi, potenziale interesse di Pier Silvio per Villa Grande a Roma
Il luogo comune, quasi un mantra che circola ormai da qualche anno, recita che «la televisione generalista è morta». Ma a chi ne ha già decretato la fine andrebbero mostrati i conti dell’ex Mediaset (oggi Mfe), che si appresta a chiudere il 2023 con profitti netti ben sopra i 200 milioni di euro.
Il bilancio sarà diffuso il prossimo 17 aprile, ma l’amministratore delegato Pier Silvio Berlusconi nei giorni scorsi in un’intervista al Corriere della Sera ha anticipato che gli utili saranno superiori ai 217 milioni con cui era stato archiviato il bilancio del 2022.
Continuare a produrre profitti rilevanti, con una redditività operativa, come vedremo, sopra l’11% dei ricavi non è da tutti e dice che nel caso di Mfe la televisione generalista non è affatto passata a miglior vita.
Certo, il contesto non è dei migliori: l’assedio degli Ott e in genere delle tv a pagamento di colossi come Netflix, Disney e Paramount erode il mercato tradizionale e sottrae audience, ma per ora non decreta la fine di un modello di business.
Dal 2017 gli utili cumulati hanno superato il miliardo
Nel caso di Mfe il pieno di profitti del 2023 allunga una striscia positiva che dura dal 2017 (l’ultima perdita risale al 2016) e che ha visto cumulare utili per oltre un miliardo in sette anni. Il consenso degli analisti, in attesa dei conti che saranno pubblicati a metà mese, stima utili netti per oltre 220 milioni con ricavi per 2,8 miliardi e un ebit di 322 milioni.
Vista così, si confermerebbe una redditività operativa del gruppo (posseduto al 50% da Fininvest) sopra all’11%, un livello invidiabile per il settore in Europa e che Mfe riesce a garantire ormai da anni. E che neanche la pandemia ha scalfito.
I conti dei primi nove mesi 2023 indicavano ricavi per 1,86 miliardi, spinti anche da un ottimo terzo trimestre per la raccolta pubblicitaria, che ha segnato un +8% facendo probabilmente da traino per l’ultima parte dell’anno, tradizionalmente la più ricca per l’advertising televisivo. E il primo trimestre di quest’anno si sarebbe chiuso con una raccolta pubblicitaria in aumento di un ulteriore 5%.
•   Leggi anche: Mfe pronta a superare 217 milioni di utili nel 2023. In crescita la pubblicità a inizio 2024 e il titolo sale in borsa
Solo Discovery ha una redditività simile a quella di Mfe
Se si guarda allo stato di salute della tv in Italia, Mfe è un caso a sé. Il pachiderma Rai non fa testo, data la cronica inefficienza gestionale che porta la tv di Stato, che con il canone fa i due terzi dei suoi ricavi, a chiudere stancamente ogni bilancio annuale con un pareggio se non con perdite.
Il canale La7 di Urbano Cairo non ha mai insidiato il duopolio televisivo. La tv del patron di Rcs fattura ogni anno intorno ai 100 milioni e fatica a portare a casa un piccolo utile. L’unico canale che può vantare una redditività analoga a quella dell’ex Mediaset è Discovery, che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni e che sta acquisendo sempre più primedonne (da Maurizio Crozza a Fabio Fazio) per i suoi programmi in prima serata che stanno erodendo punti di share alla concorrenza.
Semaforo rosso invece, con bilanci travolti dalle perdite, per la pay tv Sky. Per non parlare di Dazn, che ha scommesso sul calcio rimediando per ora solo buchi nei conti.
In Europa Mfe è tra i gruppi tv più redditizi
Dalla crisi delle emittenti si salva quindi l’ex Mediaset. Che tra l’altro, se si getta lo sguardo all’Europa, risulta tuttora il gruppo con una delle redditività più elevate. Mfe infatti vanta un ebit margin all’11,5%, più alto di due punti percentuali rispetto a quello del colosso Rtl. La Itv britannica si ferma a poco sotto il 9%. Una profittabilità operativa più elevata ce l’ha solo la francese Tf1, che realizza un ebit pari al 13% dei ricavi.


I guai di Prosieben
In coda alla classifica della profittabilità spunta Prosieben Sat1, il gruppo di cui Mfe è primo socio con il 28,8% del capitale e il 29,9% dei diritti di voto. La tv tedesca viene da un pessimo 2023: i ricavi sono scesi del 7,5% a 3,85 miliardi. Il margine industriale è sceso del 15%, con l’ebit in rosso e una perdita netta per 134 milioni. A contribuire all’ebit negativo sono stati ben 324 milioni di svalutazioni di attività. Tra l’altro il gruppo (in cui Mfe pur essendo primo azionista non ha lo stesso peso nella gestione) è indebitato per 1,5 miliardi con una leva di 2,7 volte. Prosieben è di fatto una conglomerata di attività: accanto all’entertainment classico gestisce business, come i dati, i video e il commerce, che poco hanno a che fare con la tv tradizionale. Tra l’altro si tratta di attività con redditività risicate. L’area commerce, ad esempio, ha chiuso il 2023 con un mol di 59 milioni su 844 milioni di ricavi. E non è un caso che Mfe sia di recente andata all’attacco proponendo lo spin off delle attività non core proprio per ripristinare livelli adeguati di profittabilità. Le stime del management per il 2024 non sono esaltanti. I ricavi di Prosieben sono attesi a 3,95 miliardi, con il margine lordo a 575 milioni. Nel 2023 a decretare la perdita netta sono stati oltre 300 milioni di svalutazioni di asset: per capire se il gruppo nel 2024 tornerà in utile occorrerà vedere se il ciclo delle svalutazioni sarà concluso o meno.
•   Leggi anche: Mfe, ecco perché non ci sarà guerra con Prosiebensat in assemblea. Ora c’è spazio per la collaborazione
Mfe vuole lo spin off e un cambio di rotta in Germania
Oggi Prosieben è il gruppo in Europa con le peggiori performance operative con un ebit margin al 3,5% contro l’11,5% di Mfe e il 10% della media degli altri competitor. Numeri che spiegano la volontà di Mfe di cambiare pelle a Prosieben. Tra l’altro si tratta di un investimento che pesa: acquisita una prima quota del 10% nel maggio del 2019 per 330 milioni, l’ex Mediaset ha poi continuato a comprare quote fino ai livelli attuali. Ma se nel 2019 Prosienben valeva in borsa oltre 3,3 miliardi, oggi la capitalizzazione si è ridotta a 1,6 miliardi. Quando Mfe entrò nel capitale, cinque anni fa, i titoli Prosieben valevano 15 euro, oggi sono fermi a 6,6 euro. Per Mfe l’avventura nella tv tedesca segna minusvalenze teoriche per quasi 300 milioni. Ecco perché un cambio di rotta è più che necessario. Si vedrà a fine aprile all’assemblea del gruppo, a cui Mfe ha proposto lo spin offe delle attività non core, se Cologno segnerà un punto a suo favore o inizerà un lungo braccio di ferro.


Il futuro è in chiaroscuro
Se Mfe conserva, come abbiamo visto, buona salute sotto l’aspetto della redditività, non si può certo dire che sia nel migliore dei mondi possibili. La tv generalista non è morta, ma di sicuro è avviata su un sentiero di declino. I ricavi da anni non crescono: tengono a fatica. La gestione tiene sotto controllo i costi, ma la tendenza del fatturato è discendente. Nel 2017 Mediaset fatturava oltre 3,5 miliardi con un ebit margin del 6,5%. Oggi i ricavi sono a 2,8 miliardi con un ebit margin salito all’11,5%. Segno di un’attenzione maniacale ai costi che ha fatto aumentare la profittabilità operativa pur con ricavi in calo. Ma una strategia basata sul contenimento dei costi non produce effetti positivi all’infinito.
La Spagna è molto più profittevole dell’Italia
Tra l’altro è la Spagna e non l’Italia la gallina dalle uova d’oro del gruppo guidato da Pier Silvio Berlusconi. Se si spacchettano i business geografici, ecco che nel 2022 Mediaset Espana, che fattura poco più del 30% dei ricavi complessivi, ha apportato oltre il 60% dell’utile operativo del gruppo. E nei primi 9 mesi del 2023 l’incidenza della Spagna sulla profittabilità operativa totale è salita ulteriormente. Il mercato italiano appare invece più difficile, anche se in Italia il gruppo Mfe continua ad avere il 40% dell’audience e una quota ancora più alta nella raccolta pubblicitaria. (riproduzione riservata)

•   Leggi anche: Non solo politica: i 27 anni in borsa della Mediaset- Mfe del Cav
Milano Finanza - Numero 069 pag. 21 del 06/04/2024


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 inserito:: Aprile 06, 2024, 07:03:59 pm 
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SOLO PER ADULTI.
ggg

 29 
 inserito:: Aprile 06, 2024, 07:02:39 pm 
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INFORMAZIONI: VERITÀ O COMPLOTTISMO?


Storia militare
Storia dell'Europa

Forse non tutti sanno che...
Post di
Gaetano Antonio Riotto

 
Forse, non tutti sanno che:
Marocchinate, stuprata e arsa viva dai liberatori: la terribile scoperta.

 
La lettera ritrovata in un vecchio fascicolo dall'Associazione Vittime delle Marocchinate riporta a galla la storia di un'altra vittima innocente, stuprata e data alle fiamme nel 1944.
Stipato in uno degli scaffali più remoti dell’arichivo di Stato c’è un fascicolo logoro di anni. Lo strato di polvere che lo avvolge dimostra una triste verità: ciò che contiene non interessa a nessuno. Eppure lì dentro ci sono storie che aspettano solo di essere raccontate. Storie di esistenze interrotte, di crimini orrendi di cui si è persa memoria. Delitti brutali per cui nessuno ha pagato. Sul frontespizio si leggono tre parole che sono uno pugno nello stomaco al politicamente corretto: "Violenza delle truppe alleate".
 
Qualcuno forse ha già sentito parlare dei goumier. Qualcuno probabilmente no. Si tratta delle truppe straniere, marocchine e algerine, inquadrate nell’esercito francese. Risalendo l’Italia per liberarla dal nazifascismo si lasciarono dietro sangue e orrore: 60mila stupri e più di mille omicidi. Ecco, nel fascicolo di cui parlavamo tutto questo è messo nero su bianco. Le centinaia di fogli dattiloscritti ricostruiscono i fatti e attribuiscono le responsabilità come solo i documenti ufficiali sanno fare. I maniera secca, diretta, inconfutabile. Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Nazionale Vittime delle Marocchinate, ci si è imbattuto nel corso delle sue ricerche. È stato lui a riaprire il vecchio fascicolo dimenticato. Sono mesi ormai che legge e rilegge quei documenti. Studia. Ricostruisce. Archivia. E ogni giorno emerge qualcosa di nuovo e terribile. L’ultima storia riportata alla luce è quella di Carmela.
 
Di lei si sa poco e nulla. Non cosciamo il suo volto nè quanti anni avesse o che lavoro facesse. Ma sappiamo con certezza che era di Cassino, nel Frusinate, e che l’avanzata dei libertori per lei ha significato l’annientamento. Nel 1944 venne stuprata e arsa viva dalle truppe coloniali francesi. Le prove di questa barbarie sono contenute in una lettera scritta da Giulio Pastore, deputato e segretario generale delle Acli, il 6 agosto del 1948. La missiva, indirizzata all’ambasciata francese di Roma e al ministero degli Affari esteri italiano, è un sollecito al pagamento di un indennizzo alla figlia della vittima, Giuseppina. I risarcimenti corrisposti da Parigi alle vittime delle “marocchinate” si aggiravano attorno alle 15mila lire: 5mila di acconto e 10mila di saldo. La figlia di Carmela, come risulta dal documento, non aveva ricevuto nulla, nonostante quest’ultima avesse “a suo tempo prodotto alla Commissione francese a ciò preposta (con sede in Roma Hotel Plaza), documentata domanda intesa a ottenere un indennizzo”.
 
Quel risarcimento, si legge ancora nella missiva, le spettava “per essere stata la di lei madre V. Carmela fu Antonio violentata e arsa viva dalle truppe marocchine di stanza a Monte Caira (Cassino)”. “È un documento sconvolgente – commenta Ciotti – che attesta una violenza terribile ai danni di una donna italiana, prima violentata e poi data alle fiamme. Durante le nostre ricerche abbiamo accertato numerosi casi di stupro, soprattutto in Sicilia, Campania, Lazio e Toscana, ma questo è il caso più aberrante”. “Credo che la magistratura debba avviare un’indagine, gli autori – conclude – potrebbero essere ancora in vita e vanno perseguiti dalla legge italiana. Serve la collaborazione delle autorità francesi, affinché aprano i loro archivi, se non agli studiosi italiani almeno alla magistratura”.
Di: Elena Barlozzari-fonte: ilgiornale.it-immagini da: google.
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Giacomo Bianchi
Esperto/a di Inglese

Quale terribile fatto storico è poco conosciuto?
ATTENZIONE FOTO NON ADATTE A PERSONE SENSIBILI
Stupro di Nanchino
Gli orribili eventi sono noti come il massacro di Nanchino o lo stupro di Nanchino, poiché si stima che 20.000 donne, inclusi alcuni bambini , siano state violentate durante l'occupazione.
 
Un gran numero di stupri sono stati compiuti sistematicamente dai soldati giapponesi mentre andavano di porta in porta alla ricerca di ragazze e molte donne venivano catturate e stuprate di gruppo. Le donne venivano spesso uccise subito dopo essere state violentate.
I giapponesi erano infuriati a causa dalla forza della resistenza cinese e quando la capitale cinese Nanchino cadde nel dicembre 1937, le truppe giapponesi massacrarono immediatamente migliaia di soldati cinesi che si erano arresi a loro. I giapponesi hanno quindi radunato circa ventimila giovani cinesi e li hanno trasportati su camion fuori dalle mura della città dove sono stati uccisi in un massacro. Le truppe giapponesi furono quindi incoraggiate dai loro ufficiali a saccheggiare Nanchino e massacrare e violentare la popolazione cinese della città.
 
Per sei settimane, la vita dei cinesi a Nanchino è diventata un incubo. Bande di soldati giapponesi ubriachi vagavano per la città, uccidendo, violentando, saccheggiando e bruciando a piacimento. I civili cinesi che sono stati fermati per strada e trovati non possedere nulla di valore sono stati immediatamente uccisi. Durante questo periodo, i soldati dell'esercito imperiale giapponese hanno ucciso civili cinesi e combattenti disarmati che sono stati stimati da 40.000 a oltre 300.000.
I corpi di migliaia di vittime del massacro sono stati scaricati nel fiume Yangtze fino a quando il fiume è diventato rosso del loro sangue. Dopo aver saccheggiato Nanchino di qualsiasi cosa di valore, i giapponesi hanno acceso degli incendi che hanno distrutto un terzo della città.

Da https://it.quora.com/

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 inserito:: Aprile 06, 2024, 06:56:18 pm 
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Roberto Weitnauer

UN’EUROPA SICURA E PACIFICA SENZA I RUSSI?
Ultimamente gira un breve videoclip in cui si vede la Russia come un tessuto purulento che viene estirpato dalla superficie terrestre e gettato poi in un cestino, mentre il pianeta, risanato, continua a ruotare con una benda curativa sui residuati della ferita.
Questa sequenza l'ho condivisa pure io, perché ritengo che abbia un fondo di verità, ma ritengo che sia anche foriera di alcuni equivoci. Se noi europei vogliamo parlare di sicurezza e pace credo in effetti che sia meglio stare sul piano razionale, senza cadere in atteggiamenti emotivi. Questi ultimi li posso comprendere da parte degli ucraini sotto le bombe e dei loro amici e parenti in Occidente, ma noi al momento dovremmo cercare di essere più freddi e lungimiranti. Difficile anche per noi, in fondo, perché il livello di pericolo sale come una marea scura.
Intanto, vorrei dire che i russi che stanno in Europa tengono nell'insieme un atteggiamento piuttosto guardingo e schivo. Questo è quanto ho notato io qui in Spagna, ad esempio, dove ce ne sono parecchi. Capita ancora di vedere dei ricconi arroganti, ma anche questi stanno molto più spesso tra quattro mura. Hanno in questo momento ben poca propensione a volersi mettere in mostra. Ci sono in giro parecchi ucraini che sono pronti a menare le mani e alcuni scontri si sono già verificati. Ma altri ucraini nauseati da questa guerra e dalle ipocrisie dell'Occidente, oltre che da quelle ben più macroscopiche russe, tendono semplicemente a fare la loro vita col pensiero cupo rivolto a chi è rimasto a casa. Ci sono ucraini e russi che si frequentano, anche se queste occasioni sono molto più rare di un tempo, grazie a Putin.
Credo che sia probabile che almeno alcuni oligarchi vedranno una restrizione dei loro patrimoni occidentali, non di rado di origine eticamente criticabile. Quelle risorse devono andare agli ucraini.
Parliamo però dei russi come popolo. Poi allarghiamo lo sguardo e vediamo cosa significa oggi "un'Europa in pace". I russi non sono abituati alla democrazia e subiscono la propaganda di Putin, forse ne sono in parte persino obnubilati. Le recenti elezioni, per quanto truccate, non sono un bel segno di consapevolezza sociale ed emancipazione civile, a mio modo di vedere.
I popoli hanno le loro colpe, non sono mai del tutto innocenti. E questo vale identicamente per i cittadini russi di oggi: tra assuefazione e indifferenza, hanno le loro indubbie responsabilità. Lo riconoscono diversi intellettuali russi. Tuttavia, non me la sento ovviamente di ritenere i cittadini della Federazione guerrafondai, né mi sogno di equipararli al loro leader che è un assassino seriale e un criminale di guerra.
Forse occorrerebbe del tempo, dopo un ipotetico regime change, per trasformare la società russa arretrata in una società evoluta. Ma penso che sia possibile. La cultura russa ha probabilmente le risorse per raggiungere quell'obiettivo, senza dover perdere la propria identità plurisecolare, ricca di aspetti nobili.
Tutto questo tanto per evitare equivoci. Il punto è insomma considerare un'Europa senza la grave minaccia russa di adesso, non un'Europa depurata dai russi in generale. Ed è questo il vero baricentro della questione inerente il concetto attuale di pace: saper fronteggiare la minaccia incombente, senza cadere nella discriminazione.
Tuttavia, qui subentrano subito due fattori che in questo momento generano una pericolosa contrapposizione in un'Europa tesa che tutti vorremmo in pace: la paura e la ragione, due ingredienti che non si amalgamano molto bene.
Credo che quasi nessuno voglia dare la colpa integrale ai cittadini russi per avere un leader così osceno. Ma il gioco a spostare il pensiero dalla ragione alla paura è tipico di Mosca ed è un gioco per certi versi analogo a quello che Putin fa al suo interno quando aizza i suoi cittadini a odiare l’Occidente, come quando incolpa USA, UK e Kiev dell'attentato al Crocus.
Lo scopo è quello d’infondere sempre più paura agli europei e, parallelamante, di fare uscire i russi dal loro sopore indifferente, orientando i loro animi contro di noi. Alcuni russi sono aizzabili, così come alcuni europei sono spaventabili. Un connubio per noi sfavorevole, è chiaro.
Non sembra che i russi da noi si facciano infinocchiare, ma vai a sapere. E quelli in Russia? Dopotutto, anche gli italiani osannavano Mussolini e i tedeschi Hitler, in patria e fuori. Questo intreccio tra paura e odio mortifica la ragione e complica le cose.
La paura, dunque. La guerra è purtroppo sempre più vicina e qualcuno già non dorme la notte o, al contrario, fa finta di nulla. È comprensibile: tira una brutta aria e la luce intorno è tetra e inquietante.
Nessuno di noi vorrebbe un conflitto. Ma viviamo una fase confusa in cui non sempre si considera che non basta aborrire o ripudiare la guerra per evitarla. A taluni sembra che questo possa certamente bastare. Si citano, totalmente a sproposito  a pappagallo, anche articoli della Costituzione. Sembra cioè che tra di noi da un lato ci siano dei Ghandi e dall'altra dei Chuck Norris. Si tratta di una semplificazione inammissibile. Forse, nemmeno noi siamo tanto evoluti, dopotutto.
Eppure, malgrado la confusione e la inevitabile paura, io penso che ci sia ancora spazio per sperare, intendo per sperare di capire che essere per la pace non dovrebbe significare cadere in una perniciosa illusione. Il guaio, appunto forse rimediabile, è infatti che molti si rifugiano in una dimensione buonista, proprio per sfuggire alla paura.
Davvero basta sempre la pace per dormire sonni tranquilli? La paura è del momento, viene solo voglia di superarla. Una fuga dall’ovvio orrore. Ma poi? A me, mi spiace dirlo, viene in mente il detto sugli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia.
Già, perché è questa la grande illusione: con un accordo di pace Putin si darà certamente una calmata, si fermerà al Donbas e alla Crimea e poi tutto tornerà come prima negli scambi commerciali e culturali, nei viaggi, nella ricerca, nelle collaborazioni, nell'incontro dei popoli e nel lato buono della globalizzazione. L'economia tornerà a tirare a gonfie vele, gli stipendi aumenteranno, saremo più ricchi e non avremo più paura per noi o i nostri discendenti. Chissenefrega dopotutto di quel 20% di Ucraina contesa. C'è ben altro in ballo: la nostra tranquillità.
Non è però così. Dopo il 22 febbraio 2022 tutto è cambiato e, attenzione, molto difficilmente tornerà ad essere come prima. Noi europei (più degli americani) siamo stati davvero stupidi a non intuire come sarebbero andate le cose dopo il 2014 (Crimea) e dopo gli infiltrati nel Donbas. Ma quel che è peggio è che alcuni sedicenti pacifisti credono che si possa facilmente riavvolgere il bandolo della matassa.
Questo va contro ogni sviluppo storico, da tempi immemori. Un vero pacifista, oggi una rarità, conosce invece la storia della Russia, anche recente, e capisce quindi che Putin non vuole affatto la pace, che fa solo finta di auspicarla. Un vero pacifista non si fa fregare, riconosce i piani del Cremlino e comprende che subito dopo l'Ucraina toccherà all'UE orientale (già oggi interessata da pressioni), o magari alla nordica Finlandia, patire per le ingerenze annose e poi per un'invasione de facto come quelle che hanno subìto gli ucraini oppure per un’oppressione del tipo di quella che grava sui bielorussi o sui ceceni.
L'UE orientale sotto pressione è l'UE, ed è la stessa Unione cui appartiene anche la minacciata Finlandia, la stessa Unione in cui ci sono l’Italia, la Germania, la Francia, la Spagna o, che so, la Grecia, la patria storica della democrazia; è cioè la stessa Unione dove viviamo noi e dove diversi russi, oligarchi e non, guarda caso, sono ben felici di abitare. Questa Unione storica è oggi sotto una minaccia estrema e solo l'Ucraina sta attenuando un poco quel pericolo epocale. Per il resto, vedo solo promesse di morte e distruzione da parte di Mosca.
Un vero pacifista sa affrontare la paura e sa ragionare; comprende quindi che una pace siglata con Putin andrebbe radicalmente contro i suoi principi, perché butterebbe nella fogna tutto quanto le nazioni realmente pacifiche hanno creduto e condiviso dopo la fine dell'ultima grande guerra in merito alla libertà dei popoli, alla sovranità delle nazioni e al diritto internazionale: valori di equità e rispetto che sono stati protetti da un'alleanza militare tra paesi democratici e che hanno assicurato all'Europa, un tempo attraversata da terribili e duraturi conflitti, una pace vera per quasi 80 anni. L'Europa ha sofferto e imparato, la Russia no, in tutta evidenza no.
Ma non è solo questione di valori astratti. Un pacifista consapevole e maturo si rende conto che adesso una pace con Putin sarebbe un precedente terrificante, che farebbe letteralmente a brandelli la Carta ONU, cioè si rende conto che quell'accordo con Mosca verrebbe inesorabilmente seguito da altre e peggiori minacce nucleari e che costituirebbe pertanto il preludio di prevaricazioni da parte delle nazioni canaglia del mondo, Russia davanti a tutte.
Sarebbe il caos che cala sui popoli o, per meglio dire, l'inferno sulla Terra.
Ecco: questa è davvero l’evenienza di cui dobbiamo avere la massima paura.
Non c'è nulla di peggio di una pace falsa e instabile. Una pace instabile è però proprio quella che vogliono oggi alcuni sedicenti pacifisti. Essa è come una molla geopolitica compressa che immancabilmente poi scatta. Accordi di questo tipo sono veri e propri scardinatori di principi morali e di giustizia, sono catalizzatori di nuove guerre, come micce veloci accese che si diramano incontrollabilmente verso più esplosivi.
Quella pace finta minerebbe seriamente le nostre vite, la nostra etica e la nostra libertà e va dunque evitata come la peste. Una pace vera non può riposare solo sulla fiducia di chi è inaffidabile. Una pace vera richiede vincoli effettivi, fisici, militari. Contare sulla parola di Mosca è semplicemente da incoscienti.
Ed è per questo che Macron non ha escluso l'eventualità di truppe in Ucraina. È anche per questo che il Viceministro degli esteri polacco, dopo mesi di pazienza, ha annunciato che il suo paese potrebbe abbattere l'ennesimo missile russo che sfida il relativo spazio aereo. Ed è infine per questo che la NATO sta muovendo ingenti truppe ai confini orientali dell'Unione.
Quando Macron dice che non esclude l'eventualità di un invio (concordato) di truppe in Ucraina non fa lo sbruffone e descrive con realismo e franchezza ai cittadini francesi quale sia la situazione contingente causata dallo psicopatico di Mosca. Quando invece Crosetto proclama che l'Italia non invierà mai soldati in Ucraina illude i suoi cittadini (nei fatti l'eventualità non è affatto escludibile a priori). In secondo luogo, così facendo, Crosetto mostra che l'UE non è unita. Come si dice: ha perso un’occasione per tacere. Con la sua lingua inutilmente lunga ha fatto scioccamente il gioco del russo.
In quanto al viceministro polacco, non è che questo si alzi la mattina con l'idea di mettere in guardia Putin per il gusto di farlo, senza pensare alle conseguenze di un'intercettazione. Sono comunicati fondati su considerazioni tecniche e militari ben precise; e anche su considerazioni tattico-strategiche dettate dalla particolare condizione internazionale. La Polonia è stata finora fin troppo "pacifista", a fronte delle pericolosissime provocazioni subite dal matto.
Reagire a quanto sta facendo Mosca sul piano della comunicazione e dei fatti implica purtroppo dei rischi. Come detto, l'escalation è in fondo già iniziata. Un aspetto dovrebbe però essere chiaro e, invece, per alcuni non lo è ancora: il rischio zero non esiste da nessuna parte, tantomeno in guerra.
Le persone irrazionali pretendono l'azzeramento di qualunque pericolo, una condizione irreale; quelle razionali considerano invece un bilancio di rischi con le informazioni di cui dispongono: cosa succede se non faccio niente e cosa succede se invece reagisco in qualche modo. Probabilità di pro e contro.
Per esempio: cosa succede se abbatto il missile e cosa succede se non lo abbatto. Cosa succede se aiuto Kiev a liberarsi dagli invasori e cosa succede se non lo faccio.
In termini informatici si tratta del noto What if. Ma il What if nella strategia internazionale implica che si guardi avanti. Lo devono fare i governi, ma anche i cittadini che quei governi eleggono.
Ogni esecutivo ha comunque il dovere di provvedere alla difesa dei suoi cittadini. Soprattutto quando chi aggredisce di pace proprio non vuole sentirne parlare.
In realtà, gli struzzi non mettono la testa sotto la sabbia per la paura, illudendosi di nascondersi e sfuggire ai pericoli. No, questa è una diceria. Abbassano invece la loro testa al suolo per controllare la loro prole e prendersi cura di essa. Lungi dall'illuderci nel pacifismo buonista e onnipotente, anche noi dovremmo fare così: prenderci cura del nostro futuro (imminente), laddove la sabbia è oggi l'Ucraina. Abbiamo paura oggi, ma dobbiamo evitare di metterci nelle condizioni di avere ancora più paura domani.

Roberto Weitnauer su FB del 30 marzo 2024
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Gianni Gavioli
Essere consapevoli, come cittadini, di "vere realtà" semplici o complesse ci nobilita come cittadini fuori dal gregge (o dal branco che é peggio).
Ed è un fastidio per la cattiva politica, i suoi protagonisti e i loro gregari, tutti racchiusi nella loro componente biotica.
ciaooo

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La ricerca della PACE DEVE essere per una Pace Attiva che deve coinvolgere le popolazioni delle varie Nazioni, non soltanto i vertici. 
Perché la Pace Attiva non esclude la guerra! 
Infatti, ai complici di Putin nella Federazione Russa, sarà necessario far saper che se Putin vuole la guerra mondiale, per l'Occidente Democratico sarà come se la Federazione l'avesse provocata, . . .  la guerra.

Basta considerare stupidamente che il MASSACRO DELL'UCRAINA sia un a lite di condominio!!   
D'ora in poi Coloro che invadono saranno invasi.

Per molti di noi, spero presto moltissimi, il riferimento per la Pace Mondiale nel NUOVO ORDINE MONDIALE sarà l'Umanità prima di tutto il resto. 

ggiannig

Io su Fb del 30 marzo 2024

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