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Organizzazioni armate di estrema destra in Italia

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Questo elenco delle principali organizzazioni armate di estrema destra in Italia include organizzazioni attive nel paese in diversi periodi storici, di diverse entità e con scopi diversi, ma accomunate dall'uso, da parte di singoli esponenti o aderenti, delle armi a scopo eversivo e dall'orientamento politico di estrema destra, sia reazionaria che rivoluzionaria.
La maggior parte di queste organizzazioni si svilupparono, dopo la seconda guerra mondiale, nei cosiddetti anni di piombo, tra la fine degli anni sessanta e la metà del anni settanta del XX secolo. Per ciascuna organizzazione vengono specificati sia il nome che la sigla più frequentemente usata per riferirsi a essa. Per un analogo elenco di organizzazioni ispirate a ideologie di sinistra, vedi le organizzazioni armate di sinistra in Italia.

Nome esteso   Sigla   Periodo   Luogo   Ispirazione   Principali azioni

Associazione Protezione Italiani
API   1961-1979   Italia, Austria[senza fonte]
Nazionalismo italiano, Repubblicismo Italiano Socialismo Italiano Repubblicanesimo Italiano
Attentati in Alto Adige

Avanguardia Nazionale
AN   1960 - 1976 (ufficialmente)   Italia   neofascismo, anticomunismo, G.A.R.
Strage di Gioia Tauro (coinvolgimento), omicidi contro militanti comunisti, strage di Peteano, coinvolgimento nella strategia della tensione, sostegno ai golpe
Bergisel Bund

BB   1939-1971   Alto Adige   Austrofascismo, Fronte Patriottico, separatismo dall'Italia   Attentati contro gli italiani dell'Alto Adige
Comitato per la liberazione del Sudtirolo

BAS   1956-1969   Alto Adige   Nazismo, Austrofascismo, Antitalianismo
Attentati e omicidi contro gli italiani dell'Alto Adige

Disoccupati Italiani Nazionalisti   DIN   1991   Italia   Nazionalismo, Razzismo, Xenofobia
Omicidio di Auro Bruni
Ein Tirol
KET   1978-1991   Alto Adige
Neonazismo, separatismo dall'Italia, Antitalianismo
Attentati contro gli italiani dell'Alto Adige

Falange Armata
FA   1990-1994   Italia   estrema destra, mafia di Cosa nostra
Omicidi, depistaggi e attentati
Fasci di azione rivoluzionaria

FAR   1946-1950   Italia   Nazionalismo italiano, Reduci della RSI, pensiero di Julius Evola
assalto alla stazione radio di Monte Mario

Fronte Nazionale
FN   1967-1971   Italia   Nazionalismo italiano, Neofascismo, Organizzazione Gladio, Junio Valerio Borghese
attentati contro i tedeschi dell'Alto Adige, Golpe Borghese

Fronte Nazionale Rivoluzionario
FNR   1972 - 1975
Toscana   Nazionalismo italiano, Organizzazione Gladio
strategia della tensione

Gruppo Stieler
GS   1956-1957
Alto Adige   Austrofascismo Nazismo, separatismo dall'Italia   Attentati dinamitardi contro gli italiani in Alto Adige

Movimento di Azione Rivoluzionaria
MAR   1962 - 1974
Lombardia   Nazionalismo, Organizzazione Gladio
Incendio alla Pirelli-Bicocca (14 gennaio 1971)

Movimento italiano Adige
MiA   1978-1988   Alto Adige   nazionalismo italiano, neofascismo, Organizzazione Gladio
Attentanti contro monumenti simbolo dei tedeschi dell'Alto Adige

Movimento politico Ordine Nuovo
MPON   1965 - 1973
Italia   neofascismo, Centro Studi Ordine Nuovo, neonazismo, nazimaoismo
strage di piazza Fontana e accusa della strage di piazza della Loggia (procedimento in corso); omicidi (es. quello del giudice Vittorio Occorsio), strage di Peteano, varie bombe su treni

Movimento Rivoluzionario Popolare
MRP   1979-1980   Italia   Nazionalismo, Socialismo nazionale, Comunitarismo
attentati dinamitardi a sedi governative socialiste e democristiane, al PCI ed alle istituzioni militari

Nuclei Armati Rivoluzionari
NAR   1977 - 1981
Italia   Nazionalismo italiano, Gerarchia Fascista, Socialismo nazionale, spontaneismo armato di destra   33 omicidi, tra magistrati (Mario Amato), forze dell'ordine, cittadini, ex membri del gruppo (Francesco Mangiameli) e militanti di sinistra; strage di Bologna (85 morti); coinvolgimenti con la Banda della Magliana e altra criminalità comune.

Ordine Nero
ON   anni settanta
Italia   Neofascismo, Ordine Nuovo, Gerarchia Fascista, Socialismo nazionale
attentati a linee ferroviarie, strage dell'Italicus

Squadre d'Azione Mussolini
SAM   1969-1974   Italia   Fascismo, Anticomunismo
Aggressioni fisiche e attentati dinamitardi contro sedi comuniste in Italia

Terza Posizione
TP   1979 - 1980
Italia   Gerarchia Fascista, terzomondismo, Socialismo nazionale, Peronismo
aggressioni violente ai danni di comunisti e delle Forze armate italiane

Rosa dei Venti
RDV   1972 - 1974
Italia   Junio Valerio Borghese, anticomunismo, militarismo   Golpe Borghese

Unione Forze Identitarie   UFI   2012-2021   Italia   Jihad bianca, nazionalsocialismo, neofascismo   Propaganda web, preparazione atti terroristici[1][2][3][4][5][6]

Note
1.   ^ Roma. Terrorismo, arrestato il fondatore della “Jihad bianca”: avevano struttura paramilitare suprematista neofascista, su inliberauscita-it.cdn.ampproject.org. URL consultato il 25 dicembre 2021 (archiviato dall'url originale il 25 dicembre 2021).
2.   ^ Terrorismo, arrestato il fondatore della "Jihad bianca": avevano struttura paramilitare suprematista, su romatoday.it.
3.   ^ Terrorismo, arrestato a Roma il fondatore della "Jihad bianca": l'accusa di associazione sovversiva, su roma.repubblica.it.
4.   ^ Jihad bianca, un pordenonese tra i leader dell'organizzazione, su ilgazzettino.it.
5.   ^ Roma, arrestato il leader dell’Unione forze identitarie con l’accusa di associazione sovversiva: “Si ispiravano a Breivik e Traini”, su ilfattoquotidiano.it.
6.   ^ Roma, arrestato il leader dell’Unione forze identitarie per associazione sovversiva. Esaltava la strage di Traini coi suoi collaboratori, su open.online.

Voci correlate
•   Anni di piombo
•   Estrema destra
•   Neofascismo
•   Organizzazioni armate di sinistra in Italia
•   Cronologia delle persone uccise durante gli anni di piombo
•   Terrorismo
•   Terrorismo nero
•   
V · D · M
Anni di piombo

 Portale Fascismo
 Portale Storia d'Italia
Categorie:
•   Organizzazioni armate del neofascismo
•   Organizzazioni terroristiche attive durante gli anni di piombo
•   Neofascismo in Italia
[altre]
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Estrema sinistra
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L'estrema sinistra, chiamata a volte anche sinistra rivoluzionaria[1] o sinistra radicale[2], è un'area politica molto vasta e diversificata composta da correnti di pensiero e organizzazioni, nell'ambito della sinistra italiana e mondiale, che hanno come obiettivo comune il superamento del capitalismo tramite una rivoluzione culturale, e l'instaurazione di una società egualitaria, collettivista, in cui non è consentita la proprietà privata dei mezzi di produzione[3][4][5][6][7]. Nell'ambito della discussione sulle forme di governo, esponenti della sinistra estrema, sia in Italia che all'estero, hanno spesso negato valore al parlamentarismo liberale, visto come espressione del potere capitalista contro il proletariato, facendo talvolta appello alla lotta armata contro qualsiasi istituzione reputata repressiva (terrorismo rosso).[8][9]. Gran parte di tali correnti e organizzazioni fanno in effetti riferimento al pensiero marxista e/o anarchico (a loro volta divisi nelle varianti del trotskismo, marxismo-leninismo, stalinismo, comunismo, anarco-comunismo e, a partire dal XX secolo, femminismo e ambientalismo ecosocialista).[10][11][12][13][14]

Caratteristiche
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Nell'estrema sinistra vi sono essenzialmente due filoni: uno socialista-comunista (vedi leninismo, ecosocialismo e trotskismo) e l'altro anarchico (vedi anarco-comunismo, mutualismo).[senza fonte]
Fra le tante organizzazioni e movimenti dell'estrema sinistra, si hanno sostanziali differenze nei metodi con cui ottenere i propri obiettivi.
Vi sono partiti politici come Die Linke (Germania), Partito della Rifondazione Comunista (Italia) e Coalizione della Sinistra Radicale (Grecia) che intendono abbattere il capitalismo (a differenza della sinistra riformista che intende solo migliorarlo a favore delle classi lavoratrici) per via parlamentare, accedendo al potere tramite elezioni.
Altre organizzazioni si dichiarano prettamente rivoluzionarie, ritenendo che - al di là di eventuali usi di strumenti elettorali e parlamentari - il capitalismo debba essere abbattuto come intero sistema assieme a tutte le sue regole di potere attraverso una effettiva rivoluzione popolare; tra questi si collocano i movimenti anarchici e trotskisti.[15]
Altre organizzazioni invece si costituiscono come gruppi clandestini militarizzati che mirano a scatenare una lotta armata per la presa del potere da parte del popolo .
Anche in ambito artistico-culturale si è parlato di estrema sinistra, ad esempio riferendosi al situazionismo.
All'inizio del XXI secolo all'interno dell'estrema sinistra[16] oltre alla difesa dei diritti dei lavoratori si sono affermati in modo crescente il pacifismo, l'ambientalismo, la critica all'imperialismo e al capitalismo, la solidarietà verso i popoli del terzo mondo e verso le fasce più deboli della popolazione (come gli immigrati), la lotta per i diritti LGBT (non sempre condivisa da tutta l'estrema sinistra[17]). Ciò ha contribuito allo sviluppo del variegato movimento no-global.[senza fonte]
Far-left, extreme-left, radical left
Luke March, politologo dell'Università di Edimburgo, definisce estrema sinistra («far-left») in Europa come coloro che si pongono alla sinistra della socialdemocrazia, da loro considerata insufficientemente di sinistra. March divide l'estrema sinistra in due diverse categorie: tra la sinistra radicale(«radical left») che accetta il sistema democratico, ma chiede un cambiamento fondamentale del sistema capitalista; ed extreme left (tradotto in italiano sempre come "estrema sinistra"[18]), ostile alla democrazia liberale e che denuncia ogni compromesso con il capitalismo. March individua inoltre quattro sottogruppi all'interno della politica europea contemporanea di estrema sinistra, ovvero comunisti, socialisti democratici, socialisti populisti e populisti sociali.[19]
Un'ulteriore differenza tra radical left ed extreme left secondo March sarebbe anche un approccio più pragmatico della prima, rivolto essenzialmente a modificare le condizioni di vita in cui si vive, al contrario della seconda incentrata invece in dibattiti dottrinali.[18]
Vít Hloušek e Lubomír Kopeček aggiungono caratteristiche secondarie a quelli identificati da Luke March e Cas Mudde, come l'antiamericanismo, l'antiglobalizzazione, l'opposizione alla NATO e il rifiuto dell'integrazione europea.[20]
L'aggettivo «radical» (radicale) viene utilizzato nella letteratura in lingua inglese dal XVIII secolo per indicare quei partiti politici che esprimono favore o perseguono strategie volte prevalentemente al riformismo e al mutamento dell'ordine sociale. Durante il XIX secolo iniziò a essere impiegato sia come riferimento a quelle formazioni politiche di sinistra di stampo progressista e sia nell'espressione «radical left» (sinistra radicale) per indicare le organizzazioni e i movimenti di estrema sinistra impegnati anche in azioni terroristiche, come le italiane Brigate Rosse[21][22] e la tedesco-occidentale Rote Armee Fraktion[23].
Intorno agli inizi degli anni 2000 sulla falsariga dell'utilizzo statunitense del termine radicale il suo significato viene sempre più legato al fenomeno dei nuovi movimenti di massa come quello no-global o del cosiddetto popolo di Seattle.[senza fonte]

Sinistra radicale ed estrema sinistra
La definizione di March è stata ripresa anche nella pubblicistica in lingua italiana da politologi come Marco Damiani. Il termine "sinistra radicale" è usato da un lato come termine-ombrello che racchiuderebbe "tutte le forze che si oppongono alle politiche neoliberiste", e che dal punto di vista operativo raggrupperebbe i partiti che si collocano alla sinistra dei partiti socialisti e socialdemocratici. D'altra parte però oltre a questa prima definizione l'autore distingue ulteriormente tra l'"estrema sinistra", che raggrupperebbe i partiti che intendono operare una trasformazione rivoluzionaria del sistema politico, e la "sinistra radicale" in senso proprio, che invece, pur criticando alla radice le élites politiche dei sistemi capitalisti, accetta le regole e i metodi della democrazia. Tali forze propugnerebbero quindi il ricorso a riforme di sistema, laddove l'"estrema sinistra" non escluderebbe invece il ricorso alla violenza. La differenza della "sinistra radicale" rispetto alla "sinistra riformista" sarebbe quindi soltanto nel grado di radicalità delle riforme proposte.[18]
Se quindi le forze di estrema sinistra sarebbero definibili come forze "antisistema", secondo la definizione di Giovanni Sartori (ossia forze la cui ideologia si contrappone al sistema dominante e ne ostacola il funzionamento), le forze di sinistra radicale ricaderebbero invece nella categoria dei partiti anti-establishment, ossia forze che criticano radicalmente il sistema politico (democratico) dominante ma non se ne collocano al di fuori.[18]
Come esempio idealtipico della differenza tra queste due collocazioni politiche viene portato il sistema politico greco di inizio anni Duemila, che vede un partito di estrema sinistra, il Partito Comunista Greco e un partito di sinistra radicale, il Synapismos, poi trasformatosi in Syriza. Come mostra il caso greco, le forze di sinistra radicale sono inoltre disposte ad assumere, a certe condizioni, incarichi di governo in sistemi politici liberaldemocratici accettando trattative e compromessi con forze di altro tipo, cosa che invece le forze di estrema sinistra, anche laddove raggiungano risultati significativi, rifiutano.[18]

L'estremismo
 Lo stesso argomento in dettaglio: Sinistra comunista e Ultrasinistra.
Nell'ambito di quell'area politica diversificata definita generalmente come estrema sinistra si individuano particolari orientamenti e organizzazioni politiche che sono stati storicamente descritti con i termini "ultrasinistra" o "estrema sinistra" (in un senso specifico). Si avanza in questi casi la critica di estremismo quando i livelli di trasformazione della realtà perseguiti sono ritenuti esagerati, o risultano inopportunamente eccessivi i metodi di lotta politica, o si riscontra il rifiuto di impegnarsi per obiettivi che non siano immediatamente connessi al traguardo fondamentale (massimalismo), o si rileva una chiusura settaria in sé stessi rifiutando unità d'azione con forze di orientamento affine ma divergente in qualche aspetto (settarismo).
L'ultra-sinistra («ultra-gauche» in francese e «ultra-leftism» in inglese) è una particolare corrente del comunismo marxista che è strettamente correlata al comunismo dei collettivi o comitati («council communism») e al comunismo di sinistra. Le correnti di estrema sinistra sono spesso oggetto di critiche da parte di altre fazioni della sinistra. L'organizzazione comunista International Communist Current rifiuta di lavorare con i gruppi della sinistra tranne che con altri comunisti o anarchici. Gilles Dauvé (noto anche come Jean Barrthot), un teorico comunista di sinistra, sostiene che tutti i regimi borghesi dovrebbero essere contrastati e che i rivoluzionari non dovrebbero difendere la democrazia liberale dal fascismo.
In francese il termine «ultra-gauche» viene usato per definire un movimento comunista sviluppatosi a partire dal pensiero di teorici come Amadeo Bordiga, Otto Rühle, Anton Pannekoek, Herman Gorter e Paul Mattick e successivamente Jacques Camatte e Gilles Dauvé. Questo punto di vista comprende due tradizioni principali, una tradizione olandese-tedesca tra cui Rühle, Pannekoek, Gorter e Mattick e una tradizione italiana a partire da Bordiga. Queste tradizioni si sono unite nell'ultra-sinistra francese dagli anni 1960.[24] Il teorico politico Nicholas Thoburn definisce queste tradizioni «l'attualità [...] dell'ultra-sinistra storica».[25]
Il termine ebbe origine negli anni 1920 nei movimenti operai tedeschi e olandesi, originariamente riferendosi a un gruppo marxista contrario al bolscevismo e alla socialdemocrazia e con alcune affinità con l'anarchismo.[26] L'estrema sinistra è definita in particolare dalla sua posizione di marxismo antiautoritario che generalmente implica un'opposizione allo Stato e al socialismo di Stato, così come alla democrazia parlamentare e al lavoro salariato. In opposizione al bolscevismo l'estrema sinistra pone in genere forte enfasi sull'autonomia e l'auto-organizzazione del proletariato.

Secondo Dauvé:
L'estrema sinistra nacque e crebbe in opposizione alla socialdemocrazia e al leninismo, che era diventato lo stalinismo. Contro di loro affermava la spontaneità rivoluzionaria del proletariato. La sinistra comunista tedesca (in effetti tedesco-olandese), e i suoi derivati, sostenevano che l'unica soluzione umana risiedeva nell'attività propria dei proletari, senza che fosse necessario educarli o organizzarli... Ereditando il mantello dell'estrema sinistra dopo la guerra, la rivista Socialisme ou Barbarie apparve in Francia tra il 1949 e il 1965.[27]
Le idee dell'ultra-sinistra storica vennero ampiamente riproposte nella nuova sinistra degli anni 1960 e in particolare dal maggio 1968 nei movimenti socialisti libertari come Big Flame, situazionismo e autonomismo.
Il termine ultra-sinistra viene inoltre usato in modo dispregiativo per attaccare quelle posizioni ritenute massimaliste e non in relazione con il contesto o le risorse disponibili. La tradizionale critica marxista di tale posizione iniziò con L'estremismo, malattia infantile del comunismo di Vladimir Lenin, il quale attaccò quanti (come Anton Pannekoek o Sylvia Pankhurst) nella nascente Internazionale Comunista rifiutavano di lavorare con i socialisti parlamentari o riformisti. Lenin caratterizzava l'ultra-sinistra come una politica di purezza, la dottrinale «ripetizione delle 'verità' del puro comunismo».[28] I leninisti usavano tipicamente questo termine contro i loro rivali a sinistra. Per esempio, Betty Reid del Partito Comunista della Gran Bretagna scrisse in un opuscolo del 1920 iintitolato Ultra-Leftism in Britain che il partito non portava «alcuna rivendicazione esclusiva di essere l'unica forza a sinistra», ma rigettava i gruppi alla sua sinistra come ultra-sinistra, con Reid che delinea l'estrema sinistra come gruppi che erano trotzkisti, anarchici o sindacalisti o che «sostengono la linea del Partito Comunista Cinese».[29] I trotzkisti e altri valutano il Terzo Periodo dell'Internazionale Comunista in cui descriveva i partiti socialdemocratici come socialfascisti come una strategia dell'ultra-sinistra.[30] Il termine è stato reso popolare negli Stati Uniti dal Partito Socialista dei Lavoratori al tempo della guerra del Vietnam, usando il termine per descrivere gli oppositori del movimento contro la guerra, incluso Gerry Healy.[31] L'ultra-sinistra è spesso associata al settarismo di sinistra, condizione i cui critici giudicano essere quella di un'organizzazione socialista che sembri anteporre i propri interessi in una visione a breve termine agli interessi a lungo termine della classe operaia e dei suoi alleati.[senza fonte]

Partiti politici e movimenti
Europa
 Lo stesso argomento in dettaglio: Estrema sinistra in Europa.
Francia
 Lo stesso argomento in dettaglio: Estrema sinistra in Francia.
Secondo Irene Pereira, "Le nozioni di" sinistra radicale" o "sinistra della sinistra" sono prima di tutto il risultato del declino del blocco orientale e del fatto che il Partito comunista non era quindi più in grado di attrarre l'intera sinistra. È anche la necessità di situarsi in relazione al Partito Socialista Francese, che diventa un partito di governo dagli anni '80, che giustifica il loro uso[32] ”. Designati come "sinistra radicale", "sinistra combattiva" o "sinistra anticapitalista" dagli scienziati politici, questi gruppi si trovano alla "sinistra della sinistra" dei movimenti riformisti e antiliberali.
Italia
 Lo stesso argomento in dettaglio: Estrema sinistra in Italia.
L'estrema sinistra, che prese in vari periodi anche il nome di sinistra rivoluzionaria o sinistra extraparlamentare o nuova sinistra, si presentò a partire dagli anni '60 del XX secolo in forma di numerosi gruppi politici che si distinguevano dalla sinistra riformista (Partito Socialista Italiano e Partito Socialista Democratico Italiano) e anche dallo stesso Partito Comunista Italiano (che pur rifiutava, almeno ufficialmente, ogni "cedimento" al riformismo), ritenendo che questi avessero abbandonato le istanze rivoluzionarie presenti nel movimento dei lavoratori. Il termine "extraparlamentare" fu molto usato negli anni del Sessantotto in quanto le organizzazioni dell'estrema sinistra non erano presenti in parlamento e rifiutavano la democrazia parlamentare, considerata obsoleta e inefficace per risolvere i problemi della società moderna, nonché strumento della borghesia per esautorare le masse dall'iniziativa politica. Successivamente però alcune di esse, senza mutare tale giudizio, si presentarono alle elezioni politiche e amministrative per utilizzare quegli spazi come tribuna per farsi conoscere ed esporre le proprie posizioni.
Americhe
Canada
In Canada, c'è il Partito socialista canadese, un piccolo partito marxista (tendenza detta impossibilista e che rifiuta il riformismo) fondato nel 1904-1905 dalla fusione della Lega socialista canadese e del Partito socialista della Columbia Britannica.
Va anche citato il Partito comunista canadese (marxista-leninista), un partito anti-revisionista che iniziò come maoista prima di passare alla cosiddetta corrente " filo-albanese ", considerando la Repubblica popolare cinese come "revisionista".
Stati Uniti
 Copertina di un opuscolo antirazzista pubblicato nel 1931 dal Partito Comunista degli Stati Uniti d'America.
L'estrema sinistra americana era molto attiva negli anni '60 e '70. Si distingue a livello ideologico da una lotta più marcata (e talvolta violenta) per i diritti delle minoranze. Possiamo citare, tra gli altri, l'American Indian Movement, il Black Panther Party, il National Black United Front o il Revolutionary Communist Party - United States.
L'American Indian Movement (AIM) è un gruppo di diritti civili dei nativi americani negli Stati Uniti. È stato fondato a Minneapolis - Saint Paul da Dennis Banks e Clyde Bellecourt con il sostegno dell'avvocato Douglas Hall e dell'avvocato del Black Panther Party Matt Eubanks. Nel 1972 il movimento occupò il quartier generale del Bureau of Indian Affairs a Washington. È noto soprattutto dall'occupazione di Wounded Knee nel 1973.
Il Black Panther Party è un movimento rivoluzionario afroamericano formato in California nel 1966 da Bobby Seale e Huey Newton. Ha raggiunto una scala nazionale prima di declinare a causa delle tensioni interne e delle azioni svolte dallo Stato. L'organizzazione è nota per il suo programma " Free Breakfast for Children", l'uso del termine "pigs" per descrivere gli ufficiali di polizia corrotti e per aver portato armi da fuoco nel parlamento californiano.
Il National Black United Front è un movimento afroamericano formato nel giugno 1980 a Brooklyn (New York).[33] Secondo la NBUF, quasi 1 500 persone provenienti da 35 Stati negli Stati Uniti e da 5 altri Paesi hanno formato questo collettivo nel 1980, il gruppo è passato in cinque anni da 5 locali a più di 18, essendo presenti in più di 40 città. Oltre alle sue attività nazionali, il gruppo ha poi sostenuto Maurice Bishop, leader del governo popolare rivoluzionario di Grenada assassinato nel 1983 (evento che ha provocato l'invasione americana ) , nonché gruppi anti- apartheid come il Congresso Nazionale Africano o il Congresso Panafricano di Azanie. L'NBUF stabilisce inoltre contatti con Cuba e l'Iraq. È stato descritto come un movimento cristiano di sinistra, più o meno vicino al nazionalismo nero, che lavora nella continuazione di Million Man March e Malcolm X. Nel 1979, la NBUF fu presieduta da padre Herbert Daughtry, che salutò la fuga di Assata Shakur, attivista del Black Liberation Army, in un articolo pubblicato sul New York Amsterdam News dal titolo "Run Hard Sister, Run Hard" (Corri veloce sorella, corri veloce!).
Herbert McClosky e Dennis Chong sostengono che negli Stati Uniti d'America i gruppi di estrema sinistra sono profondamente estranei alla società statunitense e molto critici nei confronti di ciò che percepiscono come la degenerazione spirituale e morale delle istituzioni e considerano la società statunitense come dominata da forze cospirative che lavorano per sconfiggere i loro obiettivi ideologici.[34]
America latina

Movimenti di estrema sinistra si sono impiantati nell'America meridionale dagli anni '30, in particolare formazioni guidate dai trotskisti sotto la guida di leader carismatici come gli argentini Nahuel Moreno o J. Posadas. In Brasile, il partito comunista brasiliano e il Partito Socialismo e Libertà, derivante da una divisione della sinistra del Partito dei Lavoratori guidato dal senatore Heloísa Helena, nonostante le sue recenti battute d'arresto elettorali, detiene diversi incarichi di deputati e senatori e ha quasi 150.000 membri.
Ci sono anche gruppi armati come le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia - Esercito del Popolo, il Movimento Rivoluzionario Tupac Amaru o l'M-19 (Movimiento 19 de Abril), ad esempio, spesso accusati di essere finanziati dal Traffico di droga e dal rapimento di ostaggi (come Íngrid Betancourt). Che Guevara e Fidel Castro erano figure dell'estrema sinistra sudamericana. Il Partito Comunista di Cuba, al potere nel Paese dalla sua creazione nel 1965 e l'unico partito autorizzato, è considerato di estrema sinistra da Le Monde diplomatique[35].
Ci sono anche partiti più democratici come il Movimento della Sinistra Rivoluzionaria in Cile, creato da studenti e sindacalisti, anche se il suo passato gli ha dato più di un profilo di gruppo armato fino al 1995, o il Movimento rivoluzionario orientale, un partito della politica uruguaiana con una storia relativamente simile a quella del MIR cileno prima di diventare democratico nel 1985. Il Fronte Ampio, che desidera porre fine al tradizionale bipartitismo della classe politica cilena, è una coalizione eterogenea che raggruppa i movimenti e le formazioni politiche dei cittadini che vanno dall'estrema sinistra[36],[37] alla centro-sinistra e che punta all'integrazione o reinserimento dell'estrema sinistra nel gioco politico democratico.
Asia
Corea del Nord
Assieme a Cuba, Laos, Cina e Vietnam, la Corea del Nord è uno degli ultimi cinque Stati socialisti al mondo. Dall'indipendenza nel 1948, il Paese è stato guidato dal Fronte Democratico per la Riunificazione della Patria, una coalizione di tre partiti, di cui il Partito del Lavoro di Corea è il partito dominante. È il principale partito di estrema sinistra nel Paese[38][39] e detiene di fatto il potere tramite la famiglia Kim. Le altre due componenti minori della coalizione politica sono il Partito Chondoista Chongu e il Partito Socialdemocratico di Corea, entrambi di sinistra. Il Partito del Lavoro segue l'ideologia di Juche, un sincretismo delle idee marxiste-leniniste adattato al nazionalismo coreano e articolato attorno all'autonomia militare, all'autosufficienza economica e all'indipendenza politica per consentire l'emergere di una società socialista[40].
India
I principali partiti dell'estrema sinistra in India sono il Partito Comunista d'India, il Partito Comunista d'India (Marxista) che ha 9 rappresentanti al Lok Sabha e 11 al Rajya Sabha, e il Partito Comunista d'India (maoista)[41] che sta conducendo una lotta armata contro lo Stato. Alcuni partiti di estrema sinistra si sono uniti ad altri partiti di sinistra e di centro-sinistra nel Fronte di Sinistra.
Il naxalismo è un movimento composto da diversi gruppi rivoluzionari attivi in quindici Stati federati e territori dell'India. I Naxaliti cercano di organizzare i contadini per giungere a una riforma agraria tramite metodi radicali, inclusa la violenza. Il termine "Naxal" deriva da Naxalbari, un villaggio situato nel distretto di Darjeeling, a nord del Bengala Occidentale, dove ha avuto origine il movimento. Il movimento è considerato "terrorista" dalle autorità e combattuto, ma è comunque popolare con la maggior parte della popolazione dei territori colpiti dal conflitto[42]. La guerriglia naxalita gode di un significativo supporto nelle regioni in cui è presente. Secondo uno studio del quotidiano The Times of India, il 58% delle persone ha una percezione positiva della guerriglia, rispetto a solo il 19% per il governo.
Israele e territori palestinesi
•   I movimenti di estrema sinistra sono piuttosto rari in Israele. Spesso hanno come rivendicazioni principali l'indipendenza dello Stato di Palestina e migliori condizioni sociali, come l'Hadash (Fronte democratico per la pace e l'uguaglianza), un movimento che raggruppa diverse associazioni comuniste e si allea con la Lista Comune araba e gli anarchici contro la barriera di separazione israeliana.
•   Il parlamento palestinese ha 3 partiti considerati di estrema sinistra: il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), il Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina e il Partito Popolare Palestinese. Sono radicalmente antisionisti, a volte accostati al neoantisemitismo, anticapitalisti, sostenitori del marxismo-leninismo, hanno compiuto attacchi armati e il FPLP ha commesso anche attacchi terroristici contro i civili israeliani (come il massacro dell'Aeroporto di Lod, l'attentato all'interscambio di Geha e l'incidente del bus 300)[43][44][45][46]. Hanno 5 deputati. I movimenti palestinesi di estrema sinistra hanno legami molto forti con le loro controparti europee, francesi in particolare[47].
Laos
Il Partito Rivoluzionario del Popolo Lao (Lao: Phak Pasason Pativat Lao) è il partito comunista del Laos. Dal 1975 è l'unico partito politico autorizzato nel Paese. Gli organi decisionali sono il Politburo e il Comitato centrale. Ogni cinque anni si tiene un congresso che elegge i membri del Politburo e del comitato centrale. Anche il Congresso ha eletto un segretariato, ma questo organo è stato abolito nel 1991. Il partito ha le sue origini nel Partito Comunista Indocinese fondato da Ho Chi Minh nel 1930. Nel febbraio 1972, durante il secondo congresso del partito, il nome del Partito popolare laotiano fu cambiato in "Partito rivoluzionario popolare laotiano".
Vietnam
Il Partito Comunista del Vietnam (Đảng Cộng Sản Việt Nam) è il partito al potere in Vietnam. Segue il modello marxista-leninista. Il partito è stato fondato nel 1931 con il nome di Partito Comunista Indocinese (PCI). Il PCI creò quindi nel 1941 la lega del Viet Minh per guidare la sua lotta per l'indipendenza del Vietnam. I comunisti vietnamiti nel Nord, incluso Ho Chi Minh, annunciano lo scioglimento del PCI, l'11 novembre 1945, per motivi tattici. Il partito continua comunque ad esistere, in quanto organo di governo del Viet Minh. Fu ricostituito nel 1951 con il nome di Partito dei lavoratori del Vietnam. Prende il nome attuale nel 1976.
Africa
Sudafrica
Il Partito Comunista Sudafricano è stato fondato il 30 luglio 1921 a Città del Capo. È il prodotto dell'unione tra la Lega socialista internazionale, la Federazione socialdemocratica di Città del Capo, il Partito comunista di Città del Capo, la Società ebraica e socialista di Città del Capo, la Società ebraica e socialista di Johannesburg, il Club marxista di Durban e alcuni altre entità locali in Sudafrica. Secondo il suo manifesto, proclama la sua fede nell'avvento di un Sudafrica di lavoratori, bianchi e neri, in un Paese libero dal sistema capitalista e dalla distinzione tra classi sociali. William H. Andrews, un sindacalista ed ex parlamentare laburista che si oppose alla guerra al fianco del Regno Unito nel 1914, fu quindi eletto come primo segretario generale del partito.
Il movimento principale che afferma di essere dell'estrema sinistra è quello dei Economic Freedom Fighters, un partito che afferma di essere anticapitalista e panafricano, guidato da un dissidente del Congresso Nazionale Africano, Julius Malema. Si conta inoltre tra le file dell'estrema sinistra il Partito Comunista Sudafricano e i vari movimenti ad esso associati. Alcuni scienziati politici considerano Nelson Mandela di estrema sinistra per i suoi legami con i movimenti comunisti.[48]
L'organizzazione piattaformista Fronte comunista anarchico di Zabalaza investe in lotte di base con una prospettiva anarco-comunista e rivoluzionaria in Sudafrica e nel resto dell'Africa meridionale[49].


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V · D · M
Spettro politico sull'asse "destra-sinistra"

V · D · M
Organizzazioni politiche internazionali
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 inserito:: Novembre 23, 2024, 05:19:14 pm 
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/News/Orsi & Tori/Mps, grazie al tandem Lovaglio-Bai, per lo Stato è quasi missione compiuta. Ma occhio ai soci strani

ORSI & TORI
Mps, grazie al tandem Lovaglio-Bai, per lo Stato è quasi missione compiuta. Ma occhio ai soci strani
di Paolo Panerai


Grazie al risanamento operato da amministratore delegato e vicedirettore generale ora la banca è stata valutata 7,3 miliardi. Ma la presenza di Caltagirone e Delfin non deve influenzare Bpm | Banche: ecco i titoli su cui puntare dopo l’avvio del risiko | Chi comanda nel terzo polo Banco Bpm, Mps, Anima? Ecco gli equilibri
Ultim'ora news 18 novembre ore 9

Hanno fatto più del loro dovere e hanno salvato Mps. Sono l’amministratore delegato Luigi Lovaglio e il vicedirettore generale Maurizio Bai. Lovaglio, dopo l’ottima operatività in Unicredit (specialmente in Polonia) e poi al vertice del Credito Valtellinese, è arrivato a Siena nel febbraio del 22; Bai è nel Monte dei Paschi dal 1988 e ha percorso lì tutta la carriera, partendo da semplice impiegato.
Appena si sono incontrati, si sono subito intesi e Lovaglio, con grande esperienza ai vertici di altre banche ha capito che Bai, senese, poteva essere l’uomo chiave per il recupero commerciale e tecnico della clientela, tanto è vero che da responsabile business imprese e private banking, lo ha subito promosso a chief commercial officer di imprese e privati e subito dopo, a sottolineare che è il suo numero due, lo ha promosso vice direttore generale, essendo lui, oltre che ad, anche direttore generale.

•   Non salvataggio ma operazione compiuta
È stato in primo luogo grazie a loro se il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, ha potuto piazzare nei giorni scorsi un’altra quota importante della banca senese, vendendo il 15% a 1,1 miliardi, valutando a questi livelli l’intera banca 7,3 miliardi. E mantenendo una quota residua, lo stato ha la possibilità di fare prossimamente un altro importantissimo recupero di quanto ha impiegato per salvare la Banca senese dal disastro che era stato creato negli anni scorsi dai vari gestori che si sono susseguiti da quando era cominciata la crisi.
Quindi, non solo salvataggio ma operazione compiuta, grazie all’ultimo management, con la prospettiva di recuperare tutti i 5,4 miliardi investiti negli ultimi anni per salvare la più antica banca d’Italia e, secondo molte fonti, del mondo intero. Infatti, la capitalizzazione salirà ancora e ai 2,7 miliardi incassati in larga parte con il terzo collocamento, avrà la possibilità di cedere al momento opportuno il restante 11,7% anche per la cifra mancante al recupero o addirittura fare una plusvalenza.
Quindi, per una volta, grazie principalmente management degli ultimi anni, lo stato potrebbe chiudere anche con un guadagno dopo i disastri per altre banche fallite, come quelle venete.
Quale sarà l’approdo di Mps?
Il vero problema ora è quale potrà essere l’approdo di Mps. La banca è incarnata con la realtà e le particolarità di Siena, per anni è stato un dominio degli enti locali, fino a quando è approdata in Borsa. E quando gli enti locali hanno scelto amministratori e dirigenti capaci, il Monte dei Paschi era stata una banca molto efficiente. Direttori generali come Carlo Zini, che aveva fatto pratica alla controllata Banca Toscana, o come Divo Gronchi, avevano sempre onorato il prestigio storico della banca: certo venivano nominati dagli enti locali e dalla Fondazione, ma sapevano far prevalere sempre gli interessi della banca e quindi di Siena e di tutta la comunità.
I problemi sono cominciati quando sono salite le ambizioni dei politici e il culmine è avvenuto quando cominciò la stagione delle privatizzazioni del settore bancario. In particolare, le crepe cominciarono a formarsi quando erano saliti alla presidenza persone meno preparate e quando iniziò la stagione delle fusioni auspicate da Bankitalia per la ristrutturazione del sistema bancario.
La pietra dello scandalo
La pietra dello scandalo fu la privatizzazione di Bnl, la principale banca pubblica dello stato. L’idea del governatore della Banca d’Italia di allora, Antonio Fazio, era quella di far fondere Bnl in Mps. Siena non sarebbe più stata padrona della sua banca con oltre 500 anni di vita. E ricordo benissimo che il presidente della fondazione di allora, l’avvocato di origine calabrese, grande appassionato di cavalli, Giuseppe Mussari, si mise assolutamente di trasverso a quella fusione voluta da via Nazionale. Naturalmente dietro Mussari c’era tutta la politica dominante (di sinistra) senese e in realtà l’intera città.
Rifiutata Bnl e vedendo il processo in atto di crescita di dimensione delle banche proprio per aggregazione, Mussari e tutta Siena dietro di lui, a cominciare dall’ex-sindaco e dirigente del Monte, Pierluigi Piccini, concepirono l’acquisto della Banca popolare Antonveneta, dove Silvano Pontello, l’ex-collaboratore di Michele Sindona, che durante la campagna del divorzio aveva portato una tangente ad Amintore Fanfani, era riuscito a creare un grande sviluppo almeno apparente.

La vicenda Antonveneta
A comprare Antonveneta, trasformata in spa, erano stati nel 2007 gli spagnoli di Santander al termine dsll’opa su Abn Amro, che a sua volta aveva rilevato l’istituto padovano dopo una lunga guerra contro la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani e sborsando alcuni miliardi che resero ricchi tutti gli industriali e industrialotti veneti e lombardi che erano stati azionisti della banca.
Fu allora, che per crescere e non fondersi con altre banche, i capi di Mps decisero di impegnarsi per 10 miliardi di euro per prendere la proprietà della banca con sede a Padova. Fu l’inizio della fine.
Ne seguì la crisi, con i vertici indagati e anche il caso della morte dell’addetto alla comunicazione della Banca buttato o caduto dalla finestra. Insomma, tutte cose note. E a seguire si sono succeduti presidenti, compreso il bravo Alessandro Profumo, ex sviluppatore di Unicredit, che ha pagato quel periodo di tempeste con un duro processo da cui è risultato assolto. Ma Mps non reggeva più, schiacciata dai crediti deteriorati, e quindi nel 2017 si è arrivati all’intervento dello stato. Che appunto ora ha la possibilità di recuperare almeno gran parte degli oltre 5 miliardi investiti grazie al lavoro di Lovaglio e Bai.
A chi finirà la banca senese?
Ma il problema è a chi finirà la banca senese, perché naturalmente le ambizioni non mancano e proprio in occasione della vendita del 15% è entrato Banco Bpm (una volta chiamata Banca popolare di Milano), guidata da un banchiere capace come Giuseppe Castagna. Ma insieme hanno anche investito il gruppo Caltagirone e il gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio, che procedono appaiati e con voglia di comando anche in Mediobanca e in Generali oltre ad avere (Caltagirone) interessi profondi, oltre al cemento, anche nei giornali a partire a il Messaggero di Roma per salire tutta la costa adriatica fino a Venezia con il Gazzettino, oltre che una significativa presenza in Puglia.
Castagna, che è banchiere esperto e professionale, pur di ottenere il controllo del Monte dei Paschi o, forse ancor prima della vendita del residuo in mano allo Stato, farà alleanza con Caltagirone e C.? Il fatto che le grandi banche siano controllate, co-controllate o anche solo significativamente partecipate da imprenditori per di più pugnaci, è inusuale e tutt’altro che ideale per l’inevitabile sovrapposizione fra attività industriale (specialmente se c’è anche il controllo di media) e attività di credito, per gli eventuali conflitti di interesse che possono crearsi.
Naturalmente ci sono le banche centrali che hanno poteri di controllo, ma in questo caso ha un ruolo fondamentale anche lo Stato e in particolare il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti: saprà resistere alle pressioni esistenti all’interno del suo governo?
Il nodo dell'indipendenza di Mps
Con in mano ancora una quota che può essere molto importante, c’è da augurarsi che lo Stato, dopo aver usato denaro pubblico per salvare Mps, oltre a rientrare di quanto ha investito, sia animato dalla saggezza di mantenere l’indipendenza della banca, sia pure sotto l’egida di Banco Bpm. Perché il ruolo storico e fondamentale che Mps aveva sempre avuto era verso il sistema delle pmi; un ruolo che aveva perso ma che ora ha recuperato appunto dedicandosi a sostenere la piccola e media impresa, compreso il settore agricolo, tipici della Toscana e delle altre zone dove Mps ha la sua forza.
Castagna, che ha l’attrezzatura e la voglia di creare il terzo polo bancario italiano dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, abbia anche la saggezza di rispettare quanto Lovaglio e Bai hanno saputo fare, cercando tutte le sinergie possibili ma conservando l’approccio verso il vero mondo produttivo piccolo e medio che, lo ripeto, è tipico della zona-cuore di Mps, e che è fondamentale per lo sviluppo delle aziende (poche grandi e pochissime grandissime) nel bacino principale toscano e delle regioni limitrofe dove l’accoppiata Lovaglio-Bai hanno saputo ricreare un tessuto di crediti sani, profittevoli, orientati allo sviluppo.
Banco Bpm ha ancora, forse, lo spirito della banca popolare: potrebbe quindi facilmente entrare in sintonia con l’attuale gestione senza necessariamente arrivare alla fusione con la banca più antica del mondo. È un percorso virtuoso che la tecnologia potrebbe favorire. Avrà questo spirito il capo di Banco Bpm, se riuscirà a conquistare il comando di Mps?
Non pochi dubitano, visto che nel capitale di Banco Bpm è già presente il gruppo Caltagirone, anche se solo con quote contenute. La Banca d’Italia e la Consob non hanno niente da dire su ipotesi similari, dove attraverso il controllo di media e partecipazioni industriali, si possano sommare quote su quote di banche e assicurazioni? Oppure prevarrà la posizione politica ben definita e sostenuta da alcuni mezzi di comunicazione?
Crediamo che sia importante per un equilibrato rapporto fra credito, attività industriali e poteri di informare, che le autorità preposte facciano conoscere la loro posizione. Anche perché Castagna, se vuole unirsi a Mps, ha sicuramente anche altre possibilità di sostegno dal mondo propriamente più finanziario. E poi perché non fare di Mps una public company orientata all’unico servizio di risparmiatori, investitori e industrie?
Milano al centro di Euronext
«Milano al centro di Euronext», ha titolato MF di mercoledì 13 novembre, riportando in un’intervista le ottimistiche e teoriche dichiarazioni, proprio a Milano, a Class Cnbc, di Stephane Boujnah, ceo della teorica borsa europea.
Come si può dire che Milano è al centro dell’Europa borsistica, vista in primo luogo la dimensione di Milano e l’assenza da Euronext di Germania, Spagna e non solo?
Non è per polemizzare con l’amministratore delegato di Euronext, che anzi ringraziamo per avere concesso l’intervista, ma le sue parole sono a un tempo irrealistiche e quindi devianti. Capisco che, essendo il capo della Borsa pseudo europea con sede principale a Parigi, tenti di dare in primo luogo un’immagine positiva della Borsa italiana, ma così ci si allontana dalla realtà. Nel mercato principale, da quando è nato Euronext, abbiamo assistito principalmente all’uscita dal listino di alcuni degli stessi maggiori gruppi italiani, che fino ad allora non avevano osato lasciare Piazza Affari per non apparire transfughi; ma ora lo hanno potuto fare in tutta tranquillità perché tanto continuano a essere quotati in Euronext.
Il problema della concorrenza fiscale
Peccato che siano andati quasi esclusivamente ad Amsterdam e per una ragione molto semplice: per la legislazione fiscale e societaria iper-agevolata. Ecco il primo punto, Monsieur Boujnah. Non si può parlare di un successo quando consentendo di entrare nel network con l’appellativo di Euronext, le borse di Paesi come l’Olanda che fanno concorrenza fiscale agli altri membri della Ue, non si fa altro che squilibrare le borse degli altri Paesi. Come regolarmente è avvenuto.
Lei potrà obiettare che lo squilibrio esiste anche fuori dalla Borsa. Vero che alcuni Paesi, non solo l’Olanda, sfruttando la loro natura e dimensione (si pensi all’Irlanda) fanno concorrenza fiscale al resto dell’Unione. Non vi è dubbio che si continua a parlare di Europa unita quando le disparità sono quelle esistenti non fra regioni dello stesso Paese, ma fra Paese a Paese, rendendo così precaria, come si sta verificando anche in questi giorni anche per le differenze politiche, la possibilità di formare un governo della Ue. Personalmente penso che purtroppo la pseudo Borsa con sede principale a Parigi è espressione della pseudo Unione Europea. Con in più la mancanza della borsa del maggior Paese dell’Europa e del quarto, che invece in quest’ultimo caso è alleata e integrata addirittura con la Svizzera. Fino a quando non si riuscirà a far entrare in Euronext Germania e Spagna, oltre a molti altri Paesi, Gentile Monsieur Boujinah, non sarei mai così ottimista come lei.

Bisogna educare i piccoli e medi imprenditori
Lei sa bene che le pmi sono la vera struttura dell’Italia e a Euronext Milano abbiamo appena superato le 200 unità, meno della metà di Parigi. Lei cerca, non è una critica, di dire che Euronext ha fatto in Italia il centro operativo e molte altre cose; che Euronext ha superato per capitalizzazione Londra (ci mancherebbe, visto i Paesi che ne fanno parte). Il suo tentativo di essere ottimista è chiaro, ma è anche chiaro che Euronext è Europa solo nel nome.
Lei ha una grande responsabilità e un grande potere: dovrebbe gestire le cose per evitare vantaggi societari e fiscali così smaccati delle società quotate in Paesi come con l’Olanda. In secondo luogo, visto che tocca lei il tema, occorre che si faccia in modo, con pressione sua sul governo italiano, che Euronext Milano abbia almeno mille società quotate in cinque anni. Per far questo non basta quanto finora è stato fatto. Occorre una propaganda a tappeto e un sistema di educazione dei piccoli e medi imprenditori, per il quale obiettivo, se le fosse utile, le nostre strutture ipermultimediali sono a Sua disposizione. (riproduzione riservata)

Ultimo aggiornamento: 16/11/2024 08:28

Da - https://www.milanofinanza.it/news/mps-grazie-al-tandem-lovaglio-bai-per-lo-stato-e-quasi-missione-compiuta-ma-occhio-ai-soci-strani-202411152004438887

 14 
 inserito:: Novembre 23, 2024, 05:13:34 pm 
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 inserito:: Novembre 23, 2024, 05:09:49 pm 
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Le memorie di Merkel: «Ecco perché frenai l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica»

di Mara Gergolet e Paolo Valentino

In uscita «Libertà». «Trump affascinato da Putin»

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DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE

BERLINO - Le memorie di Angela Merkel, Libertà, usciranno martedì prossimo, in contemporanea in trenta Paesi. Per l’Italia saranno pubblicate da Rizzoli. Da mesi, attorno al manoscritto si è generata un’enorme attesa: cosa dirà, dopo il lungo silenzio, l’ex cancelliera che ha guidato la Germania per 16 anni e che poi è scomparsa dalla vita pubblica? In tanti hanno cercato di entrare nella ristretta cerchia di chi ha potuto leggere Libertà in anteprima. Tuttavia, ogni accesso era regolato da rigidi accordi di riservatezza, firmati a livello internazionale, che vincolano i lettori al segreto. Il Corriere era tra questi. Non solo, ma il Corriere ha anche incontrato Angela Merkel per un’intervista esclusiva: parla di Russia, di Europa, di Italia e dei suoi leader, e ovviamente dei molti temi di Libertà, e sarà pubblicata domani.
Ieri mattina, intanto, quando Die Zeit — con quasi una settimana di anticipo rispetto alla pubblicazione ufficiale — ha rotto gli indugi, uscendo prima della concorrenza, in Germania si è scatenata una grande fibrillazione. E i primi contenuti hanno cominciato a circolare rapidamente. Prima di passare agli estratti, una notizia per i lettori italiani: Angela Merkel, che inizierà presto un tour che la porterà anche negli Stati Uniti (dove il 2 dicembre parlerà delle sue memorie con Barack Obama), farà tappa anche in Italia. Sarà a Milano l’11 dicembre e presenterà il libro all’Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, insieme a Walter Veltroni. I posti sono limitati, ma si potrà accedere — finché gli ingressi gratuiti non andranno esauriti — semplicemente iscrivendosi qui: www.ispionline.it/merkel.
È stata una precisa richiesta dell’ex cancelliera, che vuole incontrare il suo pubblico di lettori, le persone con cui ha sempre amato dialogare. Riprendiamo, vincolati dall’accordo di riservatezza, quanto diffuso da Die Zeit e poi da Politico. Merkel, parlando della propria infanzia nella Ddr, descrive la vita sotto una dittatura come «vivere sempre sul filo del rasoio». «Anche se una giornata iniziava in modo spensierato, tutto poteva cambiare in pochi secondi se i limiti politici venivano superati, mettendo in pericolo le nostre vite».

APPROFONDISCI CON IL PODCAST
Trump, secondo Merkel, è stato per molti versi il suo opposto: «Eravamo su due livelli diversi. Trump era emotivo, io fattuale. Una soluzione ai problemi sollevati non sembrava essere il suo obiettivo». E aggiunge: «Il presidente russo sembrava affascinarlo molto. Negli anni successivi, ebbi l’impressione che i leader con tendenze autocratiche e dittatoriali esercitassero su di lui una certa fascinazione».
Politico evidenzia anche il giudizio di Merkel sulla logica di Trump: che è quella dell’«immobiliarista», secondo cui solo uno vince, prevalendo sull’altro, e non esistono situazioni in cui i vantaggi possono essere condivisi.
Merkel affronta anche il tema dell’Ucraina e spiega perché, al vertice Nato di Bucarest nel 2008, insieme al presidente francese Nicolas Sarkozy, si oppose all’ingresso del Paese nella Nato: «Ritenevo che fosse illusorio pensare che lo status di candidato all’adesione avrebbe protetto l’Ucraina (e la Georgia) dall’aggressione di Putin».
Significativo uno scambio con il presidente russo: lui le disse: «Non resterai cancelliera per sempre e allora loro (l’Ucraina e la Georgia, ndr) diventeranno membri della Nato. E io voglio impedirlo». La risposta di Merkel, riportata nel libro, è tagliente: «Ed io pensai: nemmeno tu sarai presidente per sempre».

Da -  https://www.corriere.it/esteri/24_novembre_22/merkel-memorie-5aef80c8-3f93-49ae-b91c-1a1c49ff9xlk.shtml?bsft_clkid=a13b3a41-f48b-4328-8e93-ae1193c43159&bsft_uid=f02a4890-ff86-4bda-b333-0a8a473c8f8a&bsft_mid=eb93aff5-63b1-45c0-aead-52e8c50fafe2&bsft_eid=5520f418-055d-fc6e-1848-0c90e11f15f8&bsft_txnid=5a3371a3-bbf3-4164-8042-113f118db91a&bsft_utid=f02a4890-ff86-4bda-b333-0a8a473c8f8a-Newsletter_COR_ORE12&bsft_mime_type=html&bsft_ek=2024-11-22T11%3A00%3A00Z&bsft_aaid=72bb9dec-3452-4075-a63c-0f8d60246a1e&bsft_lx=8&bsft_tv=93

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 inserito:: Novembre 21, 2024, 05:47:35 pm 
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 inserito:: Novembre 21, 2024, 10:40:41 am 
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Satelliti di Starlink, Valerio Rossi Albertini: "Hanno la capacità di comunicare in maniera più efficiente rispetto al passato"

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 inserito:: Novembre 21, 2024, 10:08:50 am 
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Tutto cambia nello Spazio già oggi e dopo-Domani.

https://www.starlink.com/it/satellite-operators

ggg

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 inserito:: Novembre 20, 2024, 11:53:59 pm 
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Mps, grazie al tandem Lovaglio-Bai, per lo Stato è quasi missione compiuta. Ma occhio ai soci strani
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Grazie al risanamento operato da amministratore delegato e vicedirettore generale ora la banca è stata valutata 7,3 miliardi. Ma la presenza di Caltagirone e Delfin non deve influenzare Bpm | Banche: ecco i titoli su cui puntare dopo l’avvio del risiko | Chi comanda nel terzo polo Banco Bpm, Mps, Anima? Ecco gli equilibri
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Hanno fatto più del loro dovere e hanno salvato Mps. Sono l’amministratore delegato Luigi Lovaglio e il vicedirettore generale Maurizio Bai. Lovaglio, dopo l’ottima operatività in Unicredit (specialmente in Polonia) e poi al vertice del Credito Valtellinese, è arrivato a Siena nel febbraio del 22; Bai è nel Monte dei Paschi dal 1988 e ha percorso lì tutta la carriera, partendo da semplice impiegato.
Appena si sono incontrati, si sono subito intesi e Lovaglio, con grande esperienza ai vertici di altre banche ha capito che Bai, senese, poteva essere l’uomo chiave per il recupero commerciale e tecnico della clientela, tanto è vero che da responsabile business imprese e private banking, lo ha subito promosso a chief commercial officer di imprese e privati e subito dopo, a sottolineare che è il suo numero due, lo ha promosso vice direttore generale, essendo lui, oltre che ad, anche direttore generale.
•   Non salvataggio ma operazione compiuta
È stato in primo luogo grazie a loro se il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, ha potuto piazzare nei giorni scorsi un’altra quota importante della banca senese, vendendo il 15% a 1,1 miliardi, valutando a questi livelli l’intera banca 7,3 miliardi. E mantenendo una quota residua, lo stato ha la possibilità di fare prossimamente un altro importantissimo recupero di quanto ha impiegato per salvare la Banca senese dal disastro che era stato creato negli anni scorsi dai vari gestori che si sono susseguiti da quando era cominciata la crisi.
Quindi, non solo salvataggio ma operazione compiuta, grazie all’ultimo management, con la prospettiva di recuperare tutti i 5,4 miliardi investiti negli ultimi anni per salvare la più antica banca d’Italia e, secondo molte fonti, del mondo intero. Infatti, la capitalizzazione salirà ancora e ai 2,7 miliardi incassati in larga parte con il terzo collocamento, avrà la possibilità di cedere al momento opportuno il restante 11,7% anche per la cifra mancante al recupero o addirittura fare una plusvalenza.
Quindi, per una volta, grazie principalmente management degli ultimi anni, lo stato potrebbe chiudere anche con un guadagno dopo i disastri per altre banche fallite, come quelle venete.
Quale sarà l’approdo di Mps?
Il vero problema ora è quale potrà essere l’approdo di Mps. La banca è incarnata con la realtà e le particolarità di Siena, per anni è stato un dominio degli enti locali, fino a quando è approdata in Borsa. E quando gli enti locali hanno scelto amministratori e dirigenti capaci, il Monte dei Paschi era stata una banca molto efficiente. Direttori generali come Carlo Zini, che aveva fatto pratica alla controllata Banca Toscana, o come Divo Gronchi, avevano sempre onorato il prestigio storico della banca: certo venivano nominati dagli enti locali e dalla Fondazione, ma sapevano far prevalere sempre gli interessi della banca e quindi di Siena e di tutta la comunità.
I problemi sono cominciati quando sono salite le ambizioni dei politici e il culmine è avvenuto quando cominciò la stagione delle privatizzazioni del settore bancario. In particolare, le crepe cominciarono a formarsi quando erano saliti alla presidenza persone meno preparate e quando iniziò la stagione delle fusioni auspicate da Bankitalia per la ristrutturazione del sistema bancario.

La pietra dello scandalo
La pietra dello scandalo fu la privatizzazione di Bnl, la principale banca pubblica dello stato. L’idea del governatore della Banca d’Italia di allora, Antonio Fazio, era quella di far fondere Bnl in Mps. Siena non sarebbe più stata padrona della sua banca con oltre 500 anni di vita. E ricordo benissimo che il presidente della fondazione di allora, l’avvocato di origine calabrese, grande appassionato di cavalli, Giuseppe Mussari, si mise assolutamente di trasverso a quella fusione voluta da via Nazionale. Naturalmente dietro Mussari c’era tutta la politica dominante (di sinistra) senese e in realtà l’intera città.
Rifiutata Bnl e vedendo il processo in atto di crescita di dimensione delle banche proprio per aggregazione, Mussari e tutta Siena dietro di lui, a cominciare dall’ex-sindaco e dirigente del Monte, Pierluigi Piccini, concepirono l’acquisto della Banca popolare Antonveneta, dove Silvano Pontello, l’ex-collaboratore di Michele Sindona, che durante la campagna del divorzio aveva portato una tangente ad Amintore Fanfani, era riuscito a creare un grande sviluppo almeno apparente.
La vicenda Antonveneta
A comprare Antonveneta, trasformata in spa, erano stati nel 2007 gli spagnoli di Santander al termine dsll’opa su Abn Amro, che a sua volta aveva rilevato l’istituto padovano dopo una lunga guerra contro la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani e sborsando alcuni miliardi che resero ricchi tutti gli industriali e industrialotti veneti e lombardi che erano stati azionisti della banca.
Fu allora, che per crescere e non fondersi con altre banche, i capi di Mps decisero di impegnarsi per 10 miliardi di euro per prendere la proprietà della banca con sede a Padova. Fu l’inizio della fine.
Ne seguì la crisi, con i vertici indagati e anche il caso della morte dell’addetto alla comunicazione della Banca buttato o caduto dalla finestra. Insomma, tutte cose note. E a seguire si sono succeduti presidenti, compreso il bravo Alessandro Profumo, ex sviluppatore di Unicredit, che ha pagato quel periodo di tempeste con un duro processo da cui è risultato assolto. Ma Mps non reggeva più, schiacciata dai crediti deteriorati, e quindi nel 2017 si è arrivati all’intervento dello stato. Che appunto ora ha la possibilità di recuperare almeno gran parte degli oltre 5 miliardi investiti grazie al lavoro di Lovaglio e Bai.
A chi finirà la banca senese?
Ma il problema è a chi finirà la banca senese, perché naturalmente le ambizioni non mancano e proprio in occasione della vendita del 15% è entrato Banco Bpm (una volta chiamata Banca popolare di Milano), guidata da un banchiere capace come Giuseppe Castagna. Ma insieme hanno anche investito il gruppo Caltagirone e il gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio, che procedono appaiati e con voglia di comando anche in Mediobanca e in Generali oltre ad avere (Caltagirone) interessi profondi, oltre al cemento, anche nei giornali a partire a il Messaggero di Roma per salire tutta la costa adriatica fino a Venezia con il Gazzettino, oltre che una significativa presenza in Puglia.
Castagna, che è banchiere esperto e professionale, pur di ottenere il controllo del Monte dei Paschi o, forse ancor prima della vendita del residuo in mano allo Stato, farà alleanza con Caltagirone e C.? Il fatto che le grandi banche siano controllate, co-controllate o anche solo significativamente partecipate da imprenditori per di più pugnaci, è inusuale e tutt’altro che ideale per l’inevitabile sovrapposizione fra attività industriale (specialmente se c’è anche il controllo di media) e attività di credito, per gli eventuali conflitti di interesse che possono crearsi.
Naturalmente ci sono le banche centrali che hanno poteri di controllo, ma in questo caso ha un ruolo fondamentale anche lo Stato e in particolare il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti: saprà resistere alle pressioni esistenti all’interno del suo governo?
Il nodo dell'indipendenza di Mps
Con in mano ancora una quota che può essere molto importante, c’è da augurarsi che lo Stato, dopo aver usato denaro pubblico per salvare Mps, oltre a rientrare di quanto ha investito, sia animato dalla saggezza di mantenere l’indipendenza della banca, sia pure sotto l’egida di Banco Bpm. Perché il ruolo storico e fondamentale che Mps aveva sempre avuto era verso il sistema delle pmi; un ruolo che aveva perso ma che ora ha recuperato appunto dedicandosi a sostenere la piccola e media impresa, compreso il settore agricolo, tipici della Toscana e delle altre zone dove Mps ha la sua forza.
Castagna, che ha l’attrezzatura e la voglia di creare il terzo polo bancario italiano dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit, abbia anche la saggezza di rispettare quanto Lovaglio e Bai hanno saputo fare, cercando tutte le sinergie possibili ma conservando l’approccio verso il vero mondo produttivo piccolo e medio che, lo ripeto, è tipico della zona-cuore di Mps, e che è fondamentale per lo sviluppo delle aziende (poche grandi e pochissime grandissime) nel bacino principale toscano e delle regioni limitrofe dove l’accoppiata Lovaglio-Bai hanno saputo ricreare un tessuto di crediti sani, profittevoli, orientati allo sviluppo.
Banco Bpm ha ancora, forse, lo spirito della banca popolare: potrebbe quindi facilmente entrare in sintonia con l’attuale gestione senza necessariamente arrivare alla fusione con la banca più antica del mondo. È un percorso virtuoso che la tecnologia potrebbe favorire. Avrà questo spirito il capo di Banco Bpm, se riuscirà a conquistare il comando di Mps?
Non pochi dubitano, visto che nel capitale di Banco Bpm è già presente il gruppo Caltagirone, anche se solo con quote contenute. La Banca d’Italia e la Consob non hanno niente da dire su ipotesi similari, dove attraverso il controllo di media e partecipazioni industriali, si possano sommare quote su quote di banche e assicurazioni? Oppure prevarrà la posizione politica ben definita e sostenuta da alcuni mezzi di comunicazione?
Crediamo che sia importante per un equilibrato rapporto fra credito, attività industriali e poteri di informare, che le autorità preposte facciano conoscere la loro posizione. Anche perché Castagna, se vuole unirsi a Mps, ha sicuramente anche altre possibilità di sostegno dal mondo propriamente più finanziario. E poi perché non fare di Mps una public company orientata all’unico servizio di risparmiatori, investitori e industrie?
Milano al centro di Euronext
«Milano al centro di Euronext», ha titolato MF di mercoledì 13 novembre, riportando in un’intervista le ottimistiche e teoriche dichiarazioni, proprio a Milano, a Class Cnbc, di Stephane Boujnah, ceo della teorica borsa europea.
Come si può dire che Milano è al centro dell’Europa borsistica, vista in primo luogo la dimensione di Milano e l’assenza da Euronext di Germania, Spagna e non solo?
Non è per polemizzare con l’amministratore delegato di Euronext, che anzi ringraziamo per avere concesso l’intervista, ma le sue parole sono a un tempo irrealistiche e quindi devianti. Capisco che, essendo il capo della Borsa pseudo europea con sede principale a Parigi, tenti di dare in primo luogo un’immagine positiva della Borsa italiana, ma così ci si allontana dalla realtà. Nel mercato principale, da quando è nato Euronext, abbiamo assistito principalmente all’uscita dal listino di alcuni degli stessi maggiori gruppi italiani, che fino ad allora non avevano osato lasciare Piazza Affari per non apparire transfughi; ma ora lo hanno potuto fare in tutta tranquillità perché tanto continuano a essere quotati in Euronext.
Il problema della concorrenza fiscale
Peccato che siano andati quasi esclusivamente ad Amsterdam e per una ragione molto semplice: per la legislazione fiscale e societaria iper-agevolata. Ecco il primo punto, Monsieur Boujnah. Non si può parlare di un successo quando consentendo di entrare nel network con l’appellativo di Euronext, le borse di Paesi come l’Olanda che fanno concorrenza fiscale agli altri membri della Ue, non si fa altro che squilibrare le borse degli altri Paesi. Come regolarmente è avvenuto.
Lei potrà obiettare che lo squilibrio esiste anche fuori dalla Borsa. Vero che alcuni Paesi, non solo l’Olanda, sfruttando la loro natura e dimensione (si pensi all’Irlanda) fanno concorrenza fiscale al resto dell’Unione. Non vi è dubbio che si continua a parlare di Europa unita quando le disparità sono quelle esistenti non fra regioni dello stesso Paese, ma fra Paese a Paese, rendendo così precaria, come si sta verificando anche in questi giorni anche per le differenze politiche, la possibilità di formare un governo della Ue. Personalmente penso che purtroppo la pseudo Borsa con sede principale a Parigi è espressione della pseudo Unione Europea. Con in più la mancanza della borsa del maggior Paese dell’Europa e del quarto, che invece in quest’ultimo caso è alleata e integrata addirittura con la Svizzera. Fino a quando non si riuscirà a far entrare in Euronext Germania e Spagna, oltre a molti altri Paesi, Gentile Monsieur Boujinah, non sarei mai così ottimista come lei.
Bisogna educare i piccoli e medi imprenditori
Lei sa bene che le pmi sono la vera struttura dell’Italia e a Euronext Milano abbiamo appena superato le 200 unità, meno della metà di Parigi. Lei cerca, non è una critica, di dire che Euronext ha fatto in Italia il centro operativo e molte altre cose; che Euronext ha superato per capitalizzazione Londra (ci mancherebbe, visto i Paesi che ne fanno parte). Il suo tentativo di essere ottimista è chiaro, ma è anche chiaro che Euronext è Europa solo nel nome.
Lei ha una grande responsabilità e un grande potere: dovrebbe gestire le cose per evitare vantaggi societari e fiscali così smaccati delle società quotate in Paesi come con l’Olanda. In secondo luogo, visto che tocca lei il tema, occorre che si faccia in modo, con pressione sua sul governo italiano, che Euronext Milano abbia almeno mille società quotate in cinque anni. Per far questo non basta quanto finora è stato fatto. Occorre una propaganda a tappeto e un sistema di educazione dei piccoli e medi imprenditori, per il quale obiettivo, se le fosse utile, le nostre strutture ipermultimediali sono a Sua disposizione. (riproduzione riservata)

Orario di pubblicazione: 15/11/2024 20:00
Ultimo aggiornamento: 16/11/2024 08:28

Da - https://www.milanofinanza.it/news/mps-grazie-al-tandem-lovaglio-bai-per-lo-stato-e-quasi-missione-compiuta-ma-occhio-ai-soci-strani-202411152004438887


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 inserito:: Novembre 20, 2024, 11:50:37 pm 
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Gianni Gaetano Giovanni Gavioli
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David Sassoli

Nel 1976 si aprì a Torino il processo contro le Brigate rosse. Oggi sembra incredibile, ma in quei giorni, in quei mesi, non era facile trovare magistrati e avvocati che vi partecipassero. C'era paura, terrore per le possibili ritorsioni. Un avvocato, Fulvio Croce, presidente dell'ordine, diede il buon esempio, tra una selva di colleghi che, armati di certificati medici, cercava pretesti per non esporsi. Croce fu ucciso, per il suo coraggio. E tra i giornalisti il clima non era diverso. Pochissimi tennero una linea di fermezza. Tra loro, il vicedirettore della Stampa, Carlo Casalegno. Partigiano, democratico, laico, oppositore delle leggi speciali contro il terrorismo, sosteneva che bastava applicare le leggi già esistenti. Gli spararono quattro colpi di pistola al volto, vicino casa. Era il 16 novembre 1977. Carlo, collega formidabile, morì dopo 13 giorni di coma. Un uomo mite, probo, sereno. Un grande italiano: dobbiamo a quelli come lui se possiamo ancora pronunciare la parola democrazia, la parola libertà.

da FB 16/ 11/ 2024

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Loredana Lo Bianco

SOLITUDINE DELLA LETTERA
Considera le lettere dell’alfabeto, aveva scritto su un foglio bianco, in bella grafia. Alcune sono toccate dalla grazia di un senso a venire, e corrono per questo a raggrupparsi. Altre se ne stanno in un angolo, attendono il passaggio di un senso nomade, così potranno essere accolte nella tenda di una parola. Altre ancora soffrono la solitudine, scrutano in lontananza le proprie compagne, che sono anch’esse isolate su una roccia impervia o sulla riva del mare, vorrebbero raggiungerle ma sono obbligate intanto a star lì, nel recinto dell’inerzia, dell’insignificanza. Infine ci sono quelle che per loro natura sono disposte al canto, perché sono abitate dal vento, sono voce, e musica nella voce: le chiamiamo vocali. Sono le più vicine a quel prima della lingua che è respiro e silenzio della natura, o dolore della natura, dolore per la privazione della lingua. Vestono di bianco, queste vocali, perché possano poi prendere sul loro corpo tutti i colori possibili, unendosi alle altre lettere.  Sanno essere l’anima della lingua, essenziali come il sangue che scorre nelle arterie e nelle vene, ma non se ne gloriano, perché sanno anche che nessuna di loro è stata scelta per dare inizio alla parola dell’inizio, anzi un tempo non erano neppure lettere, ma solo soffio, solo voce. Tutte queste lettere vanno a comporre nomi, seguono strade dolci o scoscese per trovare nomi, per nascondere nomi, per sfiorare nomi, per rivelare nomi. Ma lungo questo andare e cercare, lungo questo perdersi e ritrovarsi, esse sognano quel nome che non è dato comporre, un nome-luce che nessun alfabeto può contenere, e abita l’aria, l’acqua, la terra, il fuoco, l’etere. O forse quel nome non abita più neppure questi elementi, è solo cenere, passaggio di vento, polvere interstellare. O persino riverbero che viene dal nulla. Le lettere muoiono, una ad una, per non poter dire quel nome. Nella lingua che rinasce, nella lingua che usiamo, c’è il soffio di quella sconfinata mancanza.
Questo aveva scritto su un foglio bianco, in bella grafia.

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da Tutto è sempre ora di Antonio Prete
Qual è per voi quel nome-luce?

Arturo Infante
È una frase: "non esistono lettere mute".

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