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16  Forum Pubblico / LA COSTITUZIONE, la DEMOCRAZIA, la REPUBBLICA, VANNO DIFESE! Anche da Noi Stessi. / La morale Laika: “tutto sarà lecito, e basta”? = VELENI culturali da ripianare inserito:: Ottobre 04, 2024, 12:35:15 pm
La morale Laika: “tutto sarà lecito, e basta”?

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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
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17  Forum Pubblico / "INTESA OLIVO POLICONICO". PROGETTO DI GOVERNO PER PRIORITA'. / La ragione deve aiutarci a superare la logica del conflitto Verso il vertice Onu inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:46:16 pm
•    Opinioni Cattolici e Politica
•   Editoriali

Verso il vertice Onu. La ragione deve aiutarci a superare la logica del conflitto
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Mauro Magatti sabato 21 settembre 2024
Nelle intenzioni del segretario generale dell’Onu, António Guterres, il “Summit del futuro” ha l’ambizione di realizzare «una visione inclusiva e sostenibile del nostro pianeta attraverso l’adozione di patti e dichiarazioni strategiche in grado di orientare le politiche e le azioni globali». I temi all’ordine del giorno (sviluppo sostenibile, pace, innovazione tecnologica, giovani, governance globale) sono tutti fondamentali. E saranno affrontati nella prospettiva di un multilateralismo basato su cooperazione e dialogo.
Se si guarda allo stato attuale del pianeta – attraversato da gelidi venti di guerra, in fase di de-globalizzazione e sempre più incerto sugli impegni presi in tema di lotta al riscaldamento globale – il Summit può apparire una iniziativa velleitaria. Un incontro di “anime belle” incapaci di confrontarsi con la dura realtà delle cose, che va in tutt’altra direzione. Prova evidente di un’Organizzazione delle Nazioni Unite ormai irrilevante e che perciò si rifugia in dichiarazioni generiche, a fronte della sua incapacità di contribuire a risolvere le crisi che scuotono il mondo.
Una lettura di questo tipo non è priva di buone ragioni. Non c’è dubbio, infatti, che le tante crisi globali sono la prova dell’inadeguatezza degli assetti istituzionali costruiti dopo la Seconda guerra mondiale.
Che vedevano proprio nell’Onu l’embrione di un una nuova forma di governance internazionale. Una crisi che ha nell’involuzione del Consiglio di sicurezza, bloccato dai veti incrociati delle grandi potenze (Usa, Cina, Russia, Regno Unito e Francia), la sua manifestazione più evidente.
In realtà, il Summit intende sollevare proprio tale questione: come va riprogettata l’Onu di fronte alle sfide del tempo presente?
Negli ultimi novant’anni il mondo ha fatto enormi passi in avanti, tutti nella direzione di rendere ancora più urgente il rafforzamento di una governance globale. Citiamo tre grandi trasformazioni: la possibilità della guerra atomica che minaccia l’umanità; l’integrazione tecno-economica che ha ormai tessuto un’interdipendenza da cui non ci si può più separare; l’emergere del cambiamento climatico che colpisce il pianeta nella sua interezza.
In tali nuove condizioni storiche, la linea di Guterres è quella della ragione contro la stupidità, del dialogo contro la sopraffazione. Al contrario, è la visione del mondo che domina nelle cancellerie della maggior parte dei Paesi – tutta centrata sugli interessi nazionali e sui relativi obiettivi di potenza – a essere anacronistica e irrealistica. Il tema della guerra, ad esempio, lo avvertiamo tutti molto vicino. Ma, come è stato ripetuto da tante voci autorevoli, nel contesto contemporaneo l’idea stessa di “vittoria” perde di significato. A dimostrarlo l’insensato attacco di Putin all’Ucraina (con più di un milione di morti!) che ha creato una situazione disastrosa da cui ora nessuno sa più come uscire: comunque andranno le cose, il vincitore non ci sarà. Avranno, avremo perso tutti.
Lo stesso si può dire per quanto riguarda l’economia. Se la globalizzazione pensata ingenuamente come panacea di tutti i problemi ha manifestato i suoi limiti, allo stesso modo l’idea di rinchiudersi in una guerra commerciale tra aree del mondo, oltre a essere senza futuro, non è neppure praticabile.
I temi dell’energia, delle materie prime, della finanza, della tecnologia riguardano necessariamente tutti. E, d’altra parte, non ci può essere alcuna crescita economica senza continuare il processo di integrazione di quella quota di popolazione ancora esclusa dal benessere che oggi siamo in grado di generare.
Per non dire delle grandi questioni delle migrazioni e del riscaldamento climatico, questioni che possono essere affrontate solo nello spirito del dialogo e della collaborazione, cercando di trovare quei compromessi – sempre difficili, ma necessari – per andare nella direzione del bene comune, sempre più pre-condizione di ogni sviluppo locale.
Ha dunque ragione Guterres: il mondo ha bisogno di una nuova governance se non vuole sprofondare nella spirale di una “guerra civile globale”. Affinché questa visione possa affermarsi è però necessario che l’opinione pubblica si mobiliti. A cominciare dai giovani.
Non è vero che il mondo è andato avanti perché il più forte ha sconfitto il più debole. La storia piuttosto insegna che si avanza perché di fronte alle sfide più difficili la ragione, nella sua integralità, è capace di illuminare la strada del futuro, animando quella speranza di un mondo migliore che letteralmente smuove le montagne. L’auspicio, pertanto, è che nelle scuole, nelle università, nelle associazioni e nelle parrocchie si parli nelle prossime settimane dei risultati o delle mancanze di questo summit. Aiutiamoci a sconfiggere la logica triste della potenza e del conflitto per abbracciare con speranza l’unica via che la nostra ragione ci indica per il futuro di tutti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/oltre-la-logica-del-conflitto
18  Forum Pubblico / O.P.O.N. PIATTAFORMA VIRTUALE: LE PERSONE COMUNICANO TRA LORO E IL TERRITORIO. / Elly Schlein dovrà rispondere è se si può creare un campo largo o progressista. inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:44:04 pm
13 settembre 2024
    
Benvenuti nella newsletter Diario Politico che per due volte a settimana vi propone un punto di vista sui fatti politici. Potete registrarvi qui e scrivere all’indirizzo: newsletter.politica@rcs.it

 
Che cosa resterà? La foto del boccale di birra e il prosit al campo (quasi) largo? O la rimarcata distanza tra il capo del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte e il leader di +Europa Riccardo Magi?
 
Quanto è accaduto giovedì sera alla festa di Avs ci racconta tanto dello stato di salute dell'opposizione, che va decifrato con una doppia lente, stando ben attenti alla differenza tra ciò che appare e ciò che è.
 
Sotto il profilo comunicativo, e non è poco, cinque primi attori, Conte-Fratoianni-Bonelli-Schlein-Magi in ordine di apparizione in foto, hanno cercato di trovare un terreno comune. Un modo per rispondere anche all'input della segretaria del Pd. Ossia: dobbiamo unirci per essere un'alternativa vera a questa maggioranza. Va bene, quindi, per ora, anche un "patto della birra" in favore di fotografi. Tutti insieme sul palco, tranne Carlo Calenda e Matteo Renzi. Ossia senza una quota significativa del centro del centrosinistra.
 
Ma il punto è un altro. E cioé: uniti su cosa? Prendiamo l'Ucraina. Alla festa di Avs Riccardo Magi ha spiegato che secondo il diritto internazionale un Paese militarmente aggredito ha il diritto di essere tutelato dagli alleati e di difendersi. A quel punto il pubblico ha fatto sentire la propria contrarietà.  Mentre Giuseppe Conte ribatteva che la via diplomatica è quella da privilegiare.
 
La domanda alla quale per prima Elly Schlein dovrà rispondere è se si può creare un campo largo o progressista che dir si voglia, senza trovare una sintesi su politica estera, Jobs Act o agenda Draghi.
 
Secondo i sondaggi, questa estate, pur con tutti i suoi sussulti, non ha smosso l'equilibrio dei consensi.  All'opposizione, quindi, il tempo non manca. (di Marco Ascione)           
 

I vannacciani e  l'eredità della fiamma
   
 di Claudio Bozza
    
Il 19 e 20 settembre, a Viterbo, si terrà «Noi con Vannacci», il primo raduno nazionale di tutti i sostenitori del generale Roberto Vannacci, oggi eurodeputato della Lega eletto con oltre 560 mila preferenze. Sarà una due giorni politicamente molto rilevante, perché mentre Vannacci continua pubblicamente a smentire la volontà di voler costruire un nuovo partito, al contempo i suoi fedelissimi (molti militari o ex) stanno invece lavorando alacremente per mettersi in proprio. Ma non hanno fretta, perché la scissione dal Carroccio avverrà solo al momento opportuno: «La gatta frettolosa fa i gattini ciechi», profetizza Fabio Filomeni, incursore della Folgore che fu istruttore nell’Esercito di un giovanissimo Vannacci. E oggi Filomeni è presidente de «Il mondo al contrario», l’associazione culturale che prende il nome dal libro best seller del generale e che da poco si è trasformata in movimento politico, con tanto di organizzazione territoriale in tutta Italia e diramazioni estere fino in Ungheria e Russia. Un segnale di cui c’è poco da interpretare. Quello di Viterbo, per i vannacciani d’Italia, sarà una prima fondamentale, una ghiotta occasione per dimostrare la propria (eventuale) forza. A organizzare la macchina dell’evento c’è Umberto Fusco, ex senatore del Carroccio: «Organizzo la Pontida di Vannacci: la Lega di Salvini non la vota più nessuno», ha affermato in un’intervista a Il Foglio. Dato quasi per scontato che, prima o poi, il nuovo partito di Vannacci romperà gli indugi, è interessante provare a capire che contenitore sarà. L’obiettivo emerge limpido parlando con una fonte al vertice de «Il Mondo al contrario»: «Ricreare una sorta di Msi in versione 2024, per dare ricostruire tutti quei valori che furono il fulcro della Fiamma e che oggi non sono rappresentati a dovere». Il recinto valoriale e politico di riferimento sarà quindi questo. Nel frattempo, però, Vannacci è già andato oltre: «Con Afd bisogna confrontarsi», ha detto l’eurodeputato dopo l’ultimo boom del partito di ultradestra in Germania. Mentre Fusco promette: «Ne vedremo delle belle».
 

M5S, il «no» a Renzi  che non può cadere
   
 di Emanuele Buzzi
   
C’eravamo tanto odiati. Sempre. Dietro le incomprensioni e le strategie per far naufragare l’alleanza con Italia viva e il centrosinistra c’è senza dubbio anche il pessimo rapporto con Matteo Renzi dei Cinque Stelle. Movinento  e renziani si sono sempre guardati in cagnesco. La loro antipatia è reciproca. Inguaribile. E va oltre quel «basta veti» chiesto a più riprese da Elly Schlein. Basti pensare allo scontro, con tanto di diretta streaming tra l’allora premier in pectore e leader dem Renzi e l’allora capo politico M5S Grillo. Era il febbraio 2014. «Tu sei una persona buona che rappresenta un potere marcio. Un minuto? Non te lo do. Non abbiamo nessuna fiducia in te», disse l'attuale garante M5S. «Sono uno di quelli che pagavano il biglietto per venire a vedere il tuo spettacolo», replicò Renzi. E ancora: «Esci da questo blog, da questo streaming, è un luogo dove c'è il dolore vero c'è bisogno di affrontare le questioni reali». Grillo se ne va e i rapporti restano gelidi. Nel 2018 dopo la vittoria alle elezioni i Cinque Stelle tendono la mano al Pd per formare un governo. Sembra andare tutto per il meglio, quando Renzi, con un’intervista a «Che tempo che fa», fa saltare il banco. Solo diciotto mesi dopo, il senatore toscano fonda Italia viva e appoggia il governo Conte II. Salvo poi fa cadere il governo. La frattura non si ricompone più. Il presidente M5S bolla Renzi come «un affarista». Il leader di Iv dal canto suo liquida la questione ligure come un fatto privato: «Conte non ci vuole perché non ha ancora digerito la sostituzione con Draghi. Vive di rancore per il passato». Le avverse tifoserie, oggi come allora, sostengono i loro leader con toni più che accesi. E il campo largo ha contorni sempre più sfumati.
 
 
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Da - https://api-esp.piano.io/story/estored/313/18168/-1/5383429/797722/vib-cm10jm2t6000p01f0hzlideub?sig=69e537ff42a6edf0fec8c8d98f5e9b2f7539e6b776a18a8b22e297e13fc2ce55

19  Forum Pubblico / LA NOSTRA COLLINA della più BELLA UMANITA', quella CURIOSA. / Post di Lavinia "Il fuoco che ti porti dentro" di Antonio Franchini. inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:38:59 pm
Post di Lavinia
 
Lavinia Marchetti

Ho finalmente avuto modo di leggere Post di Lavinia


Lavinia Marchetti

Ho finalmente avuto modo di leggere "Il fuoco che ti porti dentro" di Antonio Franchini. Libro dedicato alla madre si muove fra Napoli e Milano, due città che vanno a intersecarsi alla storia personale di Franchini: figlio di Angela, la protagonista del romanzo. Franchini ci descrive una donna terribile, il peggio del peggio se si pensa da chi saremmo voluti essere educati e cresciuti. Una donna violenta, caparbia, una donna che disprezza tutto ciò che non rientra nelle sue c… Altro...

Vikk Paciuko
Non leggerei mai un romanzo con questo mood. La vita è sufficiente da sola a deprimere.
Basta essere un po' intelligenti per deprimersi o divenire carogne. Amplificare l'empatia oppure usare gli altri per i propri fini. Divenire meloni o poeta. Fascista o soccorritore. Serial killer o il "buon samaritano".
Quando vedo la gente risvegliarsi dal coma mediatico e ringalluzzirsi riguardo alle novità, intese nell'accezione della teoria dell'informazione, penso che siamo prevedibili come automi presi in massa.
La storia dei cerca persone, walkie talkie e pannelli solari esplosi in Libano con un centinaio di morti e oltre 5mila feriti non è stato affrontato dalla TV di stato e dalla politica come lo sdoganamento di un attentato terroristico di stato, indiscriminato, che ha coinvolto civili in uno stato vicino.
È stato raccontato come la capacità del mossad di infiltrarsi nelle fila del nemico.
Nessuno guarda con sospetto il proprio smartphone, adesso. Nessuno collega il fatto agli Usa che fanno divieto della tecnologia cinese, dicono, per spionaggio. Basta sabotare degli elettrodomestici e farli esplodere poi quando ritenuto utile? È stata la tesi per la massa, questa.
Nessuno si chiede perchè anche i pannelli solari siano esplosi? Ovvero, nessuno deduce che la storia dei 20 grammi di esplosivo nei dispositivi sabotati sia una copertura per una tecnologia capace di far esplodere le batterie al litio?
Se non fossero esplosi anche i pannelli solari coi quali la tecnologia ha interferito non avrei sentito dissonanze cognitive.
Precedenti: rainews ha intervistato, qualche anno fa, medici palestinesi che raccontavano di feriti civili con organi interni implosi che non sapevano come curare. Esperti ipotizzavano armi a micro onde.
Un romanzo del genere è ben poca cosa rispetto all'orrore del mondo reale per chi lo sappia ascoltare e vedere.
Israele ritiene di non aver limiti ma questo dà la stessa libertà da qualsiasi regola agli iraniani, capaci di produrre una bomba nucleare sporca, che non esplode ma può contaminare aree vaste, con radiazioni mortali nel breve e nel lungo periodo.
Statisticamente, il mossad non può fermare tutti i kamikaze non con dei coltelli, delle auto o delle armi da fuoco e ucciderli sul posto. Non può bloccare tutti i kamikaze con una bomba nucleare sporca fatta deflagrare nel centro di Tel Aviv. Visto che l'Onu non conta piú niente per netanyahu che si aspettano in israele? (Idem per putin.)
Quello che si è visto in qualche film che ha preconizzato scenari ritenuti improbabili ora si avverano. Eserciti privati. Miliardari con in mano il volo spaziale, i media e la politica. Le entità statuali in minorità rispetto ai colossi multinazionali.
In Iraq, sempre per una inchiesta di rainews delle passate gestioni, cioè non telemeloniana, si è appreso sia esplosa una bomba nucleare sporca, con vittime nel tempo e radiazioni ambientali che lo testimoniano. Tutto zittito.
Come la mancata esplicitazione delle implicazioni per il futuro degli elettrodomestici dopo l'attentato indiscriminato di Israele che ha sdoganato l'attentato stragista di stato.

    1 sett
Autore
Lavinia Marchetti
Vikk Paciuko Per quanto possa essere d'accordissimo politicamente, tra l'altro basta seguire BIFO, wu-ming, leggere Umanità nova, ecc ecc per avere un quadro chiarissimo della situazione (e saperla non cambia una virgola), non vedo cosa c'entri con la mia lettura di un romanzo...cioè poiché sta succedendo tutto ciò che scrivi, ed è vero, io non dovrei più leggere? Mi spieghi il nesso?

    1 sett
    Rispondi

Vikk Paciuko
Lavinia Marchetti io non lo leggerei, tu non sei legata a me come gemella siamese e mi molesti mentre leggi, quindi hai inteso la mia opinione come una censura, erroneamente.
20  Forum Pubblico / "INTESA OLIVO POLICONICO". PROGETTO DI GOVERNO PER PRIORITA'. / Debole e divisa, la Opposizione, TORNANO I LEGASTELLATI . . . inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:35:49 pm
Debole e divisa, la maggior garanzia per i legastellati è l’inconsistenza dell’opposizione

25 Giugno 2018
Alessandro Franzi


I risultati dei ballottaggi dimostrano l'assenza di un'alternativa solida al governo Conte. Il centrodestra (FI-FdI) è un'opposizione di facciata, il Pd perde anche nelle roccaforti. A guadagnarne è Salvini, il cui iper-attivismo mediatico offusca persino l'alleato 5 Stelle

Debole e diviso, forse persino impreparato. Davanti all’avanzata del governo legastellato, il fronte antipopulista si scopre inadeguato alla sfida. Se c’è un dato che può rassicurare Matteo Salvini e Luigi Di Maio sul futuro dell’esecutivo è proprio l’inconsistenza delle opposizioni, come hanno fotografato anche gli esiti dei ballottaggi. Intanto il tandem di governo continua a crescere nei sondaggi. Stando alle stime più recenti il Carroccio e i Cinque Stelle ormai avrebbero raggiunto il 60 per cento, voto più voto meno. Un bel salto in avanti, per due partiti che il 4 marzo avevano conquistato, rispettivamente, il 32 e il 17 per cento. È una ascesa rapida, a tratti imprevista e, per il momento, non priva di conseguenze. La crescente popolarità del leader leghista Salvini ha iniziato a preoccupare i grillini. La Lega vicina al 30 per cento insidia il primato pentastellato (secondo alcuni istituti di ricerca il sorpasso sarebbe già avvenuto). Intanto l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, è sempre più in difficoltà. Offuscato dalla bulimia mediatica dell’alleato e pressato dai suoi stessi parlamentari.

L’assicurazione sulla vita del governo, però, è rappresentata dalle opposizioni. Finché gli avversari di Lega e Cinque Stelle proseguono su questo spartito, a Palazzo Chigi possono stare tranquilli. Da destra a sinistra, la mappa delle minoranze è sorprendentemente impalpabile. Ogni partito paga i propri errori e le tante debolezze. L’opposizione meno interessata a fare l’opposizione è proprio il centrodestra che infatti ha vinto molti ballottaggi trainato dalla Lega. Dopo che per settimane Di Maio aveva posto un veto sulla presenza di Silvio Berlusconi, Forza Italia non ha votato la fiducia al governo di Giuseppe Conte. In questi mesi il Cavaliere è il leader che si è schierato più apertamente contro il Movimento 5 Stelle: accusando i grillini, non sempre a torto, di giustizialismo, pauperismo e di aver portato in Parlamento una classe politica ignorante. Eppure da qualche tempo l’ex premier sembra sparito dalla scena. Non potendo rompere con Salvini – che di fatto gli ha soffiato la leadership del centrodestra – e non potendosi permettere, da imprenditore, di avere dei nemici a Palazzo Chigi, il Cav ha preferito fare un passo indietro. I suoi parlamentari voteranno contro i provvedimenti che non condividono, ma alle Camere nessuno si attende barricate. Dopotutto sono in molti, tra i deputati e i senatori forzisti, a sperare che la legislatura si interrompa prima del tempo per andare a nuove elezioni. Sarebbe l’occasione perfetta per tornare al governo, con una coalizione di centrodestra a forte trazione salviniana. Berlusconi lo sa, e agisce di conseguenza. Uomo d’affari e politico navigato, è consapevole che la sua classe dirigente, in Parlamento e nelle amministrazioni locali, è pronta a trasferirsi armi e bagagli con la Lega. In questo momento dichiarare apertamente la guerra al Carroccio potrebbe mettere a rischio la stessa esistenza di Forza Italia.

Non potendo rompere con Salvini – che di fatto gli ha soffiato la leadership del centrodestra – e non potendosi permettere, da imprenditore, di avere dei nemici a Palazzo Chigi, il Cav ha preferito fare un passo indietro. I suoi parlamentari voteranno contro i provvedimenti che non condividono, ma alle Camere nessuno si attende barricate

E poi ci sono i Fratelli d’Italia. La linea nazionalista e sovranista imposta da Matteo Salvini ha già conquistato gran parte dell’elettorato di Giorgia Meloni. Eppure, quando si è tratto di votare la fiducia, l’ex ministra ha deciso di astenersi nei confronti del governo Conte. Ha scelto un’opposizione mediatica, che nei fatti assomiglia più a una benevola neutralità. Dopotutto i rapporti con il Carroccio restano buoni, nessuno sembra avere troppa voglia di marcare la distanze. Non a caso i leghisti hanno spinto per affidare la poltrona di vicepresidente della Camera – in sostituzione del ministro Lorenzo Fontana – al capogruppo di FdI, Fabio Rampelli. Né stupisce che da via Bellerio si voglia affidare a Fratelli d’Italia anche la presidenza del Copasir, la commissione sui servizi segreti che il Partito democratico considera di propria pertinenza come principale forza di opposizione al governo Conte.

Dal centrodestra al centrosinistra, lo scenario è ancora peggiore. Pesantemente sconfitto alle elezioni del 4 marzo, il Partito democratico resta alle prese con un problema ormai patologico di leadership. In attesa del prossimo congresso, il reggente della segreteria Maurizio Martina prova a tenere unite le fila. Ma il socio di maggioranza del partito resta, seppure dietro le quinte, Matteo Renzi, e il destino del partito si lega inevitabilmente al suo futuro. L’ex premier punta a guidare il Nazareno anche nei prossimi anni, ma sembra aver definitivamente perso la popolarità che nel giro di poco tempo lo ha portato a Palazzo Chigi. Intanto la guerra tra correnti che si era riaccesa negli ultimi mesi è finita nel congelatore. Davanti all’incredibile avanzata di Lega e Cinque Stelle, i toni delle polemiche interne sono stati leggermente abbassati di tono. Eppure le scelte sulla nuova linea politica continuano a dividere il gruppo dirigente. Martina ha chiesto ai parlamentari di incalzare il governo sui temi concreti. Proprio pochi giorni fa i dem hanno presentato una proposta di legge per incentivare il Reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni. Una misura per combattere la povertà e denunciare le irrealizzabili promesse grilline sul reddito di cittadinanza.

Pesantemente sconfitto alle elezioni del 4 marzo, il Partito democratico resta alle prese con un problema ormai patologico di leadership. In attesa del prossimo congresso, il reggente della segreteria Maurizio Martina prova a tenere unite le fila. Ma il socio di maggioranza del partito resta, seppure dietro le quinte, Matteo Renzi, e il destino del partito si lega inevitabilmente al suo futuro. L’ex premier punta a guidare il Nazareno anche nei prossimi anni, ma sembra aver definitivamente perso la popolarità

Inutile dire, però, che l’iperpresenzialismo mediatico di Salvini sta mettendo in crisi anche il Pd. «L’opposizione sta cadendo nella trappola di Salvini commentando ogni fesseria (anche gravissima) che dice», ha detto Carlo Calenda, ex ministro e protagonista della nuova fase al Nazareno. «E siccome Salvini ne dice dieci al giorni, finisce che l’agenda la fanno loro. Lavorare su alternativa, idee e proposte subito e mobilitarsi seriamente. Chiacchiere a zero». Facile a dirsi, molto meno a realizzarsi. Le Amministrative hanno indebolito ancora di più il Pd che ha perso a favore del centrodestra (e quindi di Salvini) in quelle che erano considerate Regioni Rosse. Tre città su tutte: Pisa, Siena e Massa. Imola è andata invece al Movimento 5 Stelle. Risultato finale: 28 sfide vinte dal centrodestra, 20 dal centrosinistra, 5 dai 5 Stelle.

Opposizione debole e frammentata, dunque. In alcuni casi persino sparita. Dove è finita la quarta gamba del centrodestra, il polo centrista, che avrebbe dovuto bilanciare l’estremismo leghista? Pochissimi gli eletti, scomparsi i simboli. I capi corrente d’area sono praticamente usciti di scena. Maurizio Lupi è iscritto al gruppo Misto della Camera, Raffaele Fitto si è ritirato in un momentaneo silenzio, Lorenzo Cesa è uscito dai radar. Rispetto alle ambizioni della vigilia ha finito per perdere consistenza anche il progetto politico della sinistra. Dopo il tracollo elettorale, Liberi e Uguali ha iniziato a perdere pezzi. A breve inizierà il tesseramento in vista del congresso. Entro fine anno Mdp e Sinistra Italiana concluderanno il percorso verso il partito unitario. Intanto Possibile, il partito di Pippo Civati, ha già preso le distanze e sta studiando un progetto comune con il movimento transnazionale di Yanis Varoufakis. E così si va avanti, in ordine sparso. Le iniziative fioriscono una dopo l’altra. È il caso, ad esempio, di Futura, la rete organizzata da Laura Boldrini. Ulteriore progetto fondativo nel campo progressista, ennesimo tentativo di dare vita un nuovo fronte antipopulista.

da - https://www.linkiesta.it/2018/06/debole-e-divisa-la-maggior-garanzia-per-i-legastellati-e-linconsistenz/
21  Forum Pubblico / "INTESA OLIVO POLICONICO". PROGETTO DI GOVERNO PER PRIORITA'. / Vedo nero Il valzer sovranista di Salvini e la preoccupante risacca reazionaria. inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:32:25 pm
Vedo nero Il valzer sovranista di Salvini e la preoccupante risacca reazionaria
Mario Lavia

L’incrocio tra la crescita dei partiti di estrema destra in Europa e il dilagare di orientamenti antisemiti, nel loro vicendevole alimentarsi, identifica il più grave problema di questo tempo: la tenuta democratica

In Italia c’è dunque un partito amico dei para-nazisti austriaci, la Lega, un partito che fa parte dell’esecutivo e ha persino la vicepresidenza del Consiglio con il suo leader Matteo Salvini. Va bene tutto ma un partito di governo così sensibile alle parole d’ordine dei para-nazisti dovrebbe costituire un motivo di inquietudine per tutta la democrazia italiana, a partire da una presidente del Consiglio che ha già di suo problemi di credibilità sul piano internazionale; e per gli aderenti italiani al Partito popolare europeo, cioè Forza Italia, i cui amici austriaci giustamente combattono i “neri” austriaci. Ieri Antonio Tajani ha fatto un accenno a questa posizione dei popolari di Vienna senza minimamente porsi il problema della  contraddizione tra questo e il governare insieme agli amici dei para-nazisti austriaci.
La questione degli orientamenti di Salvini forse  suscita qualche apprensione anche al Quirinale. Sergio Mattarella, parlando a Marzabotto, ha sottolineato che «quanto accade ai confini della nostra Unione europea suona monito severo. I fantasmi dell’orrore non hanno lasciato la storia»: il riferimento era all’Ucraina ma il pensiero si attaglia anche all’avanzata dei reazionari nel cuore dell’Europa.


Questi fantasmi dell’orrore sono tra noi.
È un problema democratico il fatto che Salvini abbia salutato l’affermazione della Fpö, il «partito fratello» che si richiama al sangue viennese e simili amenità che, come tutti sanno, erano parte integrante dei discorsi dell’imbianchino di Vienna: ecco cosa dovrebbe denunciare l’opposizione invece di perdere tempo con le piccole risse interne.

La Lega si appresta all’annuale appuntamento di Pontida del 6 ottobre dove, oltre ai nazi austriaci, ci saranno altri bei reazionari come il premier ungherese Viktor Orbàn, il leader dei sovranisti olandesi Geert Wilders, probabilmente in collegamento Marine Le Pen, il leader dei sovranisti portoghesi di Chega, André Ventura, una significativa rappresentanza dell’Internazionale nera che ha tra i suoi tratti distintivi quello nauseabondo dell’antisemitismo in piena continuità con le follie disumane del già citato imbianchino viennese.
Certo, non c’è il nazismo alle porte poiché, a differenza degli anni Trenta, le democrazie per quanto malridotte appaiono in grado di contenere questa onda reazionaria che si sta alzando sulla vecchia Europa: se le forze democratiche si uniscono possono ben isolare i partiti reazionari, e non ci sarebbe alcun tradimento del voto popolare, perché governa chi è capace di formare una maggioranza parlamentare, non semplicemente chi arriva primo: vale per Jean-Luc Mélenchon (che poi non era nemmeno primo), vale per l’austriaco  Herbert Kickl, uno che ha fatto campagna elettorale utilizzando il soprannome di cancelliere del popolo, un tempo usato per descrivere Hitler.

Ma il problema è più serio. È che l’incrocio tra la crescita dei partiti reazionari e il dilagare di orientamenti antisemiti, nel loro vicendevole alimentarsi, identifica il più grave problema di questo tempo. La caccia all’ebreo in quanto ebreo, l’altra faccia dell’odio contro gli immigrati (vero, Salvini?).
Ora, se il 6 ottobre ci sarà la sfilata reazionaria e paranazista ospitata dal vicepresidente del Consiglio, il giorno prima, il 5, a un anno dal giorno in cui i lupi di Hamas stuprarono Israele, è prevista una  manifestazione a Roma pro-Palestina che è stata vietata dalla Questura ma che si terrà ugualmente con l’evidente obiettivo di creare incidenti.
Le forze di polizia in questi giorni stanno elevando i livelli di sicurezza per prevenire o reprimere le manifestazioni di antisemitismo e di odio verso il popolo di Israele, un odio sfrontatamente espresso al riparo della condanna del governo Netanyahu, come si è visto l’altro giorno a Milano con l’esibizione dei cartelli contro Liliana Segre. È risuonata la lugubre frase : «ll 7 ottobre è la data di una rivoluzione», ed è incredibile che questa vergogna sia stata consentita e non punita. Antisemitismo, sovranismo, xenofobia, nostalgia per i discorsi più infami del Novecento: una miscela che si allunga anche da noi e che lambisce, anzi penetra, fin nel governo italiano. Questo, qui e ora, è il problema numero uno.

da https://www.linkiesta.it/2024/10/il-valzer-sovranista-di-salvini-e-la-preoccupante-risacca-reazionaria/
22  Forum Pubblico / N.O.M. NUOVO ORDINE MONDIALE, I POLI DI ATTRAZIONE ma gli STATI UNITI d'EUROPA? / AGGIORNAMENTO URGENTE Conflitto in Libano Ciao Arlecchino, ... inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:30:45 pm
Medici Senza Frontiere   
...
AGGIORNAMENTO URGENTE
Conflitto in Libano

Ciao Arlecchino,

probabilmente sai già dell'escalation del conflitto in Libano: bombardamenti israeliani hanno colpito diverse aree del paese. Per ora si contano circa 600 morti e quasi 2.000 feriti e migliaia di famiglie sono in fuga.
Ci siamo attivati subito per aiutare: distribuendo nei rifugi materassi e kit d'igiene, fornendo cure e supporto psicologico con le nostre cliniche mobili e gestendo un servizio telefonico di assistenza psicologica anche a distanza.

Siamo in Libano dal 1976. Tra le persone in fuga ci sono anche nostri colleghi. Ci hanno riferito di aver assistito a bombardamenti in prossimità delle loro case e di essere rimasti bloccati nel traffico diverse ore nel tentativo di raggiungere luoghi più sicuri. Altri colleghi non sono riusciti a scappare, sono ancora bloccati in casa, mentre i caccia isrealiani continuano a volare sopra le loro teste.

Ti stiamo raccontando di questa guerra devastante da quasi un anno.
Oggi il tuo sostegno è più che mai necessario per rispondere a emergenze come questa, a Gaza, in Libano e ovunque serva.

Dagli aiuti alle persone in cerca di riparo in Libano, alle cure per la poliomelite e la malnutrizione dei bambini a Gaza: il tuo sostegno oggi permette ai nostri team di intervenire tempestivamente nelle emergenze come questa per salvare la vita di chi è in difficoltà. Per questo ti chiediamo di sostenerci con una donazione oggi.

Sei tu che puoi rendere possibile tutto questo.
...
Grazie per il tuo sostegno.
Un abbraccio,

Laura Perrotta
Direttrice Raccolta Fondi
Medici Senza Frontiere
23  Forum Pubblico / O.P.O.N. PIATTAFORMA VIRTUALE: LE PERSONE COMUNICANO TRA LORO E IL TERRITORIO. / Salvini spiega il 'caos' treni di oggi - E CERCA IL CAPRO ESPIATORIO. inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:28:18 pm
"Un chiodo piantato su un cavo". Salvini spiega il 'caos' treni di oggi
Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture punta il dito contro una ditta privata: "Risponderà dell'errore". Costa (M5s), "come mai basta un chiodo per fermare l'Italia?". Bonelli chiede le dimissioni del leader leghista e dei vertici Rfi

Giovanni Lamberti 02 ottobre 2024


GUASTO-TRENIMATTEO SALVINI
AGI - Altra giornata nera per i pendolari costretti a fare i conti con l'ennesimo guasto (questa volta tra Roma Termini e Roma Tiburtina) che ha messo in ginocchio la circolazione dei treni italiani. Il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini, parlando con i giornalisti, spiega così le ragioni del caos: "C'è stato un errore di una ditta privata che stanotte ha piantato un chiodo su un cavo. Il tempo di reazione di fronte a questo errore non è stato all'altezza che la seconda potenza industriale d'Europa deve avere. Il privato ne risponderà", ha spiegato il leader della Lega.


"Ho chiesto che emergano le responsabilità, chi ha sbagliato dovrà risponderne - ha aggiunto Salvini -. Ho chiesto i nomi e i cognomi" di chi "non ha fatto bene il suo lavoro. E ho chiesto una verifica delle centraline d'alimentazione in tutta Italia".

Su quanto è successo "stanno lavorando gli ingegneri perché non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, i nuovi treni pendolari, gli intercity, l'Alta velocità, la Tav, il Brennero e tutto il resto e poi se uno alle 3 di notte, a Roma, pianta il chiodo nel posto sbagliato rovina la giornata di lavoro a migliaia di persone. Non è possibile - ha sottolineato il ministro - che un errore di un privato possa fermare mezza Italia".
"La motivazione addotta dal ministro dei Trasporti forse è ancora più sconcertante di questa ennesima giornata di passione per migliaia e migliaia di italiani - è la replica del vicepresidente della Camera, Sergio Costa (M5s) -.
La domanda che vorremmo porgli è: come è possibile che basti un chiodo su un cavo per bloccare per un giorno intero la settima potenza del G7? Ci aspettiamo dal ministro chiarezza, non sui nomi del fantomatico operaio, ma sullo stato della nostra rete infrastrutturale".

"Oltre 100 treni cancellati e ritardi fino a 4 ore per l'ennesimo guasto sulla rete ferroviaria italiana - evidenzia Angelo Bonelli portavoce di Europa Verde e parlamentare AVS -. Salvini, il peggior ministro dei trasporti della storia della Repubblica, dà la colpa del blocco ferroviario di oggi ad un chiodo! Ma quanti chiodi bloccano il trasporto nel nostro Paese considerato che ogni settimana ci sono guasti, ritardi e cancellazioni di treni? Il nostro trasporto è stato abbandonato mentre questo governo con Salvini ha destinato 14 miliardi di per fare il ponte sullo stretto di Messina riducendo drasticamente il fondo nazionale sul trasporto pubblico. Salvini, impegnato a fare tutto specialmente sui social tranne che a fare il ministro, dovrebbe dimettersi e con lui i vertici di RFI", conclude Bonelli.

Da https://www.agi.it/authors/giovanni-lamberti/
24  Forum Pubblico / L'ITALIA RIDOTTA ad ARCIPELAGO di FEUDI REGIONALI e GRUPPI di POTERE. / Bonelli chiede le dimissioni del leader leghista e dei vertici Rfi. inserito:: Ottobre 03, 2024, 12:25:30 pm
"Un chiodo piantato su un cavo". Salvini spiega il 'caos' treni di oggi

Il ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture punta il dito contro una ditta privata: "Risponderà dell'errore".

Costa (M5s), "come mai basta un chiodo per fermare l'Italia?".

 Bonelli chiede le dimissioni del leader leghista e dei vertici Rfi


Giovanni Lamberti 02 ottobre 2024


GUASTO-TRENIMATTEO SALVINI
AGI - Altra giornata nera per i pendolari costretti a fare i conti con l'ennesimo guasto (questa volta tra Roma Termini e Roma Tiburtina) che ha messo in ginocchio la circolazione dei treni italiani. Il vicepremier e ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini, parlando con i giornalisti, spiega così le ragioni del caos: "C'è stato un errore di una ditta privata che stanotte ha piantato un chiodo su un cavo. Il tempo di reazione di fronte a questo errore non è stato all'altezza che la seconda potenza industriale d'Europa deve avere. Il privato ne risponderà", ha spiegato il leader della Lega.


"Ho chiesto che emergano le responsabilità, chi ha sbagliato dovrà risponderne - ha aggiunto Salvini -. Ho chiesto i nomi e i cognomi" di chi "non ha fatto bene il suo lavoro. E ho chiesto una verifica delle centraline d'alimentazione in tutta Italia".

Su quanto è successo "stanno lavorando gli ingegneri perché non è possibile investire miliardi di euro per comprare nuove carrozze, i nuovi treni pendolari, gli intercity, l'Alta velocità, la Tav, il Brennero e tutto il resto e poi se uno alle 3 di notte, a Roma, pianta il chiodo nel posto sbagliato rovina la giornata di lavoro a migliaia di persone. Non è possibile - ha sottolineato il ministro - che un errore di un privato possa fermare mezza Italia".
"La motivazione addotta dal ministro dei Trasporti forse è ancora più sconcertante di questa ennesima giornata di passione per migliaia e migliaia di italiani - è la replica del vicepresidente della Camera, Sergio Costa (M5s) -.
La domanda che vorremmo porgli è: come è possibile che basti un chiodo su un cavo per bloccare per un giorno intero la settima potenza del G7? Ci aspettiamo dal ministro chiarezza, non sui nomi del fantomatico operaio, ma sullo stato della nostra rete infrastrutturale".
"Oltre 100 treni cancellati e ritardi fino a 4 ore per l'ennesimo guasto sulla rete ferroviaria italiana - evidenzia Angelo Bonelli portavoce di Europa Verde e parlamentare AVS -. Salvini, il peggior ministro dei trasporti della storia della Repubblica, dà la colpa del blocco ferroviario di oggi ad un chiodo! Ma quanti chiodi bloccano il trasporto nel nostro Paese considerato che ogni settimana ci sono guasti, ritardi e cancellazioni di treni? Il nostro trasporto è stato abbandonato mentre questo governo con Salvini ha destinato 14 miliardi di per fare il ponte sullo stretto di Messina riducendo drasticamente il fondo nazionale sul trasporto pubblico. Salvini, impegnato a fare tutto specialmente sui social tranne che a fare il ministro, dovrebbe dimettersi e con lui i vertici di RFI", conclude Bonelli.

Da FB 2 ottobre 2024
25  Forum Pubblico / L'ITALIA RIDOTTA ad ARCIPELAGO di FEUDI REGIONALI e GRUPPI di POTERE. / Vedo nero Il valzer sovranista di Salvini e la preoccupante risacca reazionaria inserito:: Ottobre 01, 2024, 11:40:40 pm
Vedo nero Il valzer sovranista di Salvini e la preoccupante risacca reazionaria
Mario Lavia
L’incrocio tra la crescita dei partiti di estrema destra in Europa e il dilagare di orientamenti antisemiti, nel loro vicendevole alimentarsi, identifica il più grave problema di questo tempo: la tenuta democratica

In Italia c’è dunque un partito amico dei para-nazisti austriaci, la Lega, un partito che fa parte dell’esecutivo e ha persino la vicepresidenza del Consiglio con il suo leader Matteo Salvini. Va bene tutto ma un partito di governo così sensibile alle parole d’ordine dei para-nazisti dovrebbe costituire un motivo di inquietudine per tutta la democrazia italiana, a partire da una presidente del Consiglio che ha già di suo problemi di credibilità sul piano internazionale; e per gli aderenti italiani al Partito popolare europeo, cioè Forza Italia, i cui amici austriaci giustamente combattono i “neri” austriaci. Ieri Antonio Tajani ha fatto un accenno a questa posizione dei popolari di Vienna senza minimamente porsi il problema della  contraddizione tra questo e il governare insieme agli amici dei para-nazisti austriaci.
La questione degli orientamenti di Salvini forse  suscita qualche apprensione anche al Quirinale. Sergio Mattarella, parlando a Marzabotto, ha sottolineato che «quanto accade ai confini della nostra Unione europea suona monito severo. I fantasmi dell’orrore non hanno lasciato la storia»: il riferimento era all’Ucraina ma il pensiero si attaglia anche all’avanzata dei reazionari nel cuore dell’Europa.


Questi fantasmi dell’orrore sono tra noi.
È un problema democratico il fatto che Salvini abbia salutato l’affermazione della Fpö, il «partito fratello» che si richiama al sangue viennese e simili amenità che, come tutti sanno, erano parte integrante dei discorsi dell’imbianchino di Vienna: ecco cosa dovrebbe denunciare l’opposizione invece di perdere tempo con le piccole risse interne.

La Lega si appresta all’annuale appuntamento di Pontida del 6 ottobre dove, oltre ai nazi austriaci, ci saranno altri bei reazionari come il premier ungherese Viktor Orbàn, il leader dei sovranisti olandesi Geert Wilders, probabilmente in collegamento Marine Le Pen, il leader dei sovranisti portoghesi di Chega, André Ventura, una significativa rappresentanza dell’Internazionale nera che ha tra i suoi tratti distintivi quello nauseabondo dell’antisemitismo in piena continuità con le follie disumane del già citato imbianchino viennese.
Certo, non c’è il nazismo alle porte poiché, a differenza degli anni Trenta, le democrazie per quanto malridotte appaiono in grado di contenere questa onda reazionaria che si sta alzando sulla vecchia Europa: se le forze democratiche si uniscono possono ben isolare i partiti reazionari, e non ci sarebbe alcun tradimento del voto popolare, perché governa chi è capace di formare una maggioranza parlamentare, non semplicemente chi arriva primo: vale per Jean-Luc Mélenchon (che poi non era nemmeno primo), vale per l’austriaco  Herbert Kickl, uno che ha fatto campagna elettorale utilizzando il soprannome di cancelliere del popolo, un tempo usato per descrivere Hitler.

Ma il problema è più serio. È che l’incrocio tra la crescita dei partiti reazionari e il dilagare di orientamenti antisemiti, nel loro vicendevole alimentarsi, identifica il più grave problema di questo tempo. La caccia all’ebreo in quanto ebreo, l’altra faccia dell’odio contro gli immigrati (vero, Salvini?).
Ora, se il 6 ottobre ci sarà la sfilata reazionaria e paranazista ospitata dal vicepresidente del Consiglio, il giorno prima, il 5, a un anno dal giorno in cui i lupi di Hamas stuprarono Israele, è prevista una  manifestazione a Roma pro-Palestina che è stata vietata dalla Questura ma che si terrà ugualmente con l’evidente obiettivo di creare incidenti.
Le forze di polizia in questi giorni stanno elevando i livelli di sicurezza per prevenire o reprimere le manifestazioni di antisemitismo e di odio verso il popolo di Israele, un odio sfrontatamente espresso al riparo della condanna del governo Netanyahu, come si è visto l’altro giorno a Milano con l’esibizione dei cartelli contro Liliana Segre. È risuonata la lugubre frase : «ll 7 ottobre è la data di una rivoluzione», ed è incredibile che questa vergogna sia stata consentita e non punita. Antisemitismo, sovranismo, xenofobia, nostalgia per i discorsi più infami del Novecento: una miscela che si allunga anche da noi e che lambisce, anzi penetra, fin nel governo italiano. Questo, qui e ora, è il problema numero uno.

da https://www.linkiesta.it/2024/10/il-valzer-sovranista-di-salvini-e-la-preoccupante-risacca-reazionaria/
26  Forum Pubblico / ESTERO. MONDO DIVISO in OCCIDENTE, ORIENTE e ALTRE REALTA'. / Federico Rampini, New York 10 febbraio 2024 inserito:: Settembre 30, 2024, 07:13:50 pm
Benvenuti alla newsletter che è il nostro appuntamento settimanale, ogni sabato mattina. Vi prometto una lettura molto personale di alcuni eventi globali che selezionerò come "la chiave" per dare un senso alla settimana. Con una particolare attenzione alle mie due sedi di lavoro, attuale e recente: New York e Pechino. "The place to be, and the place to look at..."
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L'establishment lancia la rinascita di San Francisco. Poi tocca all'America...

Perché l'esperimento californiano può servire da modello
Saranno i “poteri forti” a salvare San Francisco dal suo degrado, e magari a trasformarla in un modello utile per altre città? L’ultima speranza per fermare la spirale della decadenza urbana viene dalla mobilitazione dei milionari (e qualche miliardario) della Silicon Valley? Sarebbe un caso in cui l’establishment economico torna a interpretare un ruolo positivo, esprime una classe dirigente impegnata in prima persona nella ricostruzione di una società funzionante… dopo che lo stesso establishment aveva contribuito a lungo a seminare ideologie del caos. Se l’esperimento dovesse produrre risultati positivi a San Francisco, chissà che il concetto di una “rinascita guidata dai poteri forti” non si possa applicare ad altre zone del paese o all’intera nazione. Magari includendo in questo ruolo un intervento dell’establishment sull’emergenza Joe Biden: il caso drammatico di un presidente che rischia di essere incapacitato e purtuttavia ostinato a restare in carica e ricandidarsi.

La decadenza di un ex-paradiso
Ho raccontato in passato la discesa agli inferi di San Francisco, città che mi è personalmente cara perché lì ebbe inizio la mia vita americana un quarto di secolo fa, e perché mia figlia è rimasta a vivere nelle vicinanze (insegna all’università nella Silicon Valley). Il declino di quel gioiello di città avvenne “prima lentamente, poi tutto d’un colpo”, per citare la celebre descrizione di una bancarotta da parte del romanziere Ernest Hemingway. L’ideologia ebbe un ruolo determinante, come in altre metropoli governate da un’ala sinistra molto radicalizzata del partito democratico: sindaci e procuratori generali convinti di essere dei Robin Hood con la missione di svuotare le carceri, decisi a usare il meno possibile il codice penale quando i delinquenti appartengono a minoranze etniche, persuasi che la depenalizzazione dei reati fa bene ai poveri. Autorità scolastiche impegnate in una crociata contro la meritocrazia quasi che sia una perfida “invenzione bianca” per sottomettere gli altri: quindi esami sempre più facili, promozioni a tutti, corsie preferenziali per i ragazzi di colore.

Le radici nella rivoluzione anni Sessanta
Questa deriva a sinistra s’innestava su tradizioni antiche: San Francisco era stata la culla della prima rivoluzione di costumi all’insegna del giovanilismo antiautoritario, il Free Speech Movement (Berkeley 1964) aveva anticipato di quattro anni il Maggio Sessantotto europeo; la Summer of Love del 1967 aveva dato alla nascita il movimento hippy. Tante cose buone erano nate in quella stagione movimentista: femminismo, ambientalismo, pacifismo, tolleranza verso tutte le diversità. In quegli anni era nata anche una cultura della droga, di cui però si sono misurati ben presto la pericolosità e i danni. La San Francisco di oggi è diventata una caricatura di tutto ciò che può andare storto nelle rivoluzioni. Tutti gli ideali degli anni Sessanta si sono rovesciati nella loro interpretazione più estremista, distruttiva, fanatica e intollerante. Il diritto a uccidersi con le droghe è diventato sacrosanto e la conseguenza è un’ecatombe di morti per overdose sui marciapiedi della città. “Obbligare” un tossicodipendente a curarsi contro la sua volontà viene considerato un abuso contro la libertà.
Pandemia e fuga dalla città, consegnata alle gang
Nella decadenza recente di San Francisco l’acceleratore finale è stata la pandemia. Da una parte, con il dilagare del lavoro remoto, ha aggravato la fuga dalla città da parte di tanta manodopera tecnologica, uno svuotamento che ha “consegnato” sempre più il centro cittadino a drogati, malati mentali, senzatetto, e bande criminali. D’altra parte, sempre durante la pandemia nella primavera-estate del 2020, l’uccisione dell’afroamericano George Floyd da parte di un poliziotto bianco a Minneapolis, l’esplosione del movimento Black Lives Matter, hanno portato il movimento anti-razzista a una deriva estremista con l’uso della violenza contro la polizia, la demonizzazione di tutte le forze dell’ordine, manifestazioni degenerate in saccheggi. San Francisco, pur senza raggiungere le punte estreme della vicina Oakland o di Portland nell’Oregon, è stata una delle città trasformate in laboratori anarchici quando i sindaci di sinistra hanno tagliato fondi alla polizia e certi magistrati hanno trattato i poliziotti come gli unici presunti criminali. Fra i danni, va annoverata la chiusura di supermercati e grandi magazzini da parte di catene come Banana Republic, Nordstrom, Whole Foods: presi di mira da gang di rapinatori organizzati, che la polizia non poteva o non voleva più contrastare (inutile arrestarli se la procura li libera subito; e se corre molti più rischi del ladro il poliziotto, il cui arresto verrà passato al vaglio per sospetti abusi). Questo lo stato dell’arte negli ultimi anni.
Minoranze etniche contro il degrado
Ora i segnali di un’inversione di tendenza, per quanto limitati, cominciano a moltiplicarsi. Dietro sembra proprio esserci la regìa dei “poteri forti”, mobilitati per salvare una città ricca di storia e tradizioni imprenditoriali, una culla di rivoluzioni tecnologiche. Nel 2022 ci fu il referendum locale, vittorioso, che cacciò il procuratore generale Chesa Boudin (carica elettiva): figlio di “terroristi rossi” degli anni Sessanta-Settanta, fedele all’ideologia rivoluzionaria dei genitori, convinto di fare il bene del popolo lasciando i criminali in libertà (un tratto comune con i terroristi rossi italiani: la totale indifferenza verso la sorte delle vittime). Un’altra vittoria, sempre nel 2022, in un altro referendum cittadino che licenziò in tronco i membri eletti dello School Board, una sorta di Sovrintendenza delle scuole: costoro avevano abolito certi esami di matematica per migliorare “l’equità” visto che alcune minoranze etniche (black, latinos) avevano risultati inferiori alla media. La rivolta contro quella forma assurda di “egualitarismo” fu tanto più interessante in quanto a guidarla erano le famiglie asiatiche: le più penalizzate da quelle misure di appiattimento e impoverimento dell’istruzione, perché i loro figli sono sistematicamente i migliori in matematica. Sta diventando sempre più frequente negli Stati Uniti che siano proprio le minoranze etniche a ribellarsi contro quelle élite che “per fare il loro bene” impongono forme di egualitarismo insopportabili perfino ai presunti beneficiari.

Il miracolo provocato da Xi Jinping
 Tra gli altri segnali di una parziale inversione di tendenza, a San Francisco ci fu il caso dell’azienda locale Salesforce (specializzata nella ricerca del personale) che minacciò di spostare in altra sede la propria convention annua Dreamforce a causa dell’insicurezza; e di colpo ottenne garanzie su una maggiore presenza di polizia dalla sindaca London Breed (una donna afroamericana che all’origine era molto radicale, ora si è spostata su posizioni più moderate). La prova generale di un possibile miglioramento c’era stata nel novembre scorso quando San Francisco aveva ospitato il summit internazionale dell’Apec-Asean e il bilaterale Biden-Xi Jinping: di colpo eano scomparsi i senzatetto, tossicodipendenti e spacciatori che abitualmente “possiedono” il centro. A riprova che, volendo, si può anche agire contro la loro volontà. Ora chi vuole che il miglioramento prosegua sta facendo campagna per eleggere dei politici più moderati nel Board of Supervisors, una sorta di Politburo del consiglio comunale che ha poteri di veto sul bilancio municipale e sulle decisioni della sindaca. Il Board è in mano all’estrema sinistra e questo lega le mani alla sindaca London Breed.
Di recente la sinistra radicale dominante a San Francisco ha fatto notizia anche perché vorrebbe distribuire delle Reparations (risarcimenti) a tutti i black per compensarli dello schiavismo dei loro antenati. Le somme che San Francisco dovrebbe stanziare secondo i promotori sarebbero tali da provocare la bancarotta municipale. 
In tutte le vicende recenti – i referendum vinti contro l’estremismo, i piccoli passi verso un ritorno di ordine pubblico – si è vista una regìa degli imprenditori locali. Un’inchiesta del Wall Street Journal ricostruisce il loro ruolo, fa nomi e cognomi, elenca le ong e le associazioni locali a cui hanno dato vita.

Quali industriali scendono in campo
Spiccano nomi come l’asiatico-americano Garry Tan, chief executive dell’incubatore di start-up Y Combinator. Secondo Tan la San Francisco degli anni scorsi “si era cavata gli occhi da sola”, talmente rifiutava di vedere la realtà del degrado e di riconoscerne le cause. Un altro esponente della riscossa imprenditoriale è Marc Benioff, chief executive di Salesforce. C’è anche Bob Fisher, erede della dinastia che ha creato il marchio Gap: a lui si deve una campagna pubblicitaria che vuole ricostruire l’orgoglio cittadino, ricordando a tutti i capitoli esaltanti della storia di San Francisco: dalla creazione dei jeans Levi’s al ponte del Golden Gate, fino all’invenzione dell’iPhone nella vicina Silicon Valley, o la nascita di Twitter, Uber, Airbnb. Nessun’altra città al mondo forse può vantare di aver dato i natali a così tante imprese innovative. Bei tempi: perché non dovrebbero poter ritornare? Tra le associazioni mobilitate per questa rinascita ci sono TogetherSF Action (dietro c’è Michael Moritz che fu presidente del fondo d’investimento Sequoia), GrowSF e AbudantSF, tutte sostenute e finanziate da imprenditori locali.
La politica "manipolata dal denaro"? Ma nessuno obiettava quando i soldi andavano a Black Lives Matter
Queste campagne hanno già scatenato contro-narrazioni e controffensive. L’estrema sinistra che domina il consiglio comunale denuncia il “potere del denaro”. Non lo denunciava quando lo stesso establishment finanziava proprio i politici più radicali, com’è accaduto fino a pochi anni fa. Peraltro, le ultime campagne degli imprenditori sono a sostegno di candidati democratici: San Francisco è una città pressoché mono-partito, i repubblicani sono talmente marginali da essere irrilevanti. La battaglia in corso da parte dei “poteri forti” tenta di sostituire l’estrema sinistra con la componente più moderata del partito democratico.
Si può obiettare in generale sul ruolo del denaro nella democrazia americana. E' una tradizione antica: qui le lobby agiscono alla luce del sole, il Primo Emendamento interpretato in modo elastico offre una tutela molto ampia a chiunque voglia raccogliere fondi, finanziare campagne e candidati. E' un modello controverso, certo. Ma le obiezioni sui "poteri forti" erano silenti quando fiumi di denaro andavano a cause progressiste o sedicenti tali: ong ambientaliste, movimenti Lgbtq, Black Lives Matter sono stati inondati di donazioni da parte di miliardari. I procuratori che da anni scarcerano criminali hanno fatto campagna elettorale con i soldi di George Soros. Se questo è il sintonomo di una democrazia malata, bisognava accorgersene anche quando i beneficiari erano altri. Comunque i soldi da soli non fanno la differenza, altrimenti Hillary Clinton avrebbe stravinto nel 2016 contro Donald Trump: disponeva di fondi molto superiori a lui. L'intervento dei "poteri forti" più spesso ha segnalato, sottolineato e accompagnato degli spostamenti di umore nell'opinione pubblica.
L’esperimento va seguito con attenzione, sia perché San Francisco è una città-laboratorio, con un ruolo speciale nella storia americana, sia perché un eventuale successo potrebbe ispirare degli emuli. La mancanza di un establishment oggi si sente a livello nazionale. Se ci fossero i “poteri forti” di una volta, con l’influenza che esercitarono in altre epoche storiche, oggi avrebbero già costretto sia Donald Trump sia Joe Biden a farsi da parte. E’ lecito sognare? E’ paradossale che il sogno in questione auspichi il ritorno di una “classe dirigente”?   

La Cina si mimetizza. Come il Giappone negli anni 80 (ovvero: il protezionismo funziona!)
Il protezionismo bipartisan Trump-Biden ha spinto la Cina a imitare ciò che fece il Giappone negli anni Ottanta, all’epoca di un altro presidente americano protezionista, Ronald Reagan. Viste le barriere doganali sotto forma di dazi introdotte dall’Amministrazione Trump e mantenute perfettamente intatte dal suo successore; visti i generosi aiuti pubblici che l’Amministrazione Biden offre a chi reindustrializza l’America (un’altra forma di protezionismo) i cinesi si comportano di conseguenza: anziché limitarsi a fabbricare in casa propria per esportare sul mercato Usa, ora cominciano a costruire fabbriche negli Stati Uniti oppure in altri paesi nordamericani e da lì vendono negli Stati Uniti. È iniziata così la delocalizzazione alla rovescia, dalla Repubblica Popolare verso il suo principale mercato di sbocco.
Il protezionismo funziona, dunque. Ha effetti benefici, al contrario di quel che predica il “pensiero unico” in voga tra gli economisti.

Pannelli solari, fabbriche cinesi in Ohio e Texas
Il risultato netto della doppia offensiva Trump-Biden a base di dazi e sussidi statali è ben visibile per esempio nella produzione di pannelli solari. Per molti anni gli Stati Uniti – come l’Europa – hanno subito una invasione di pannelli fotovoltaici “made in China”. Spesso venduti sottocosto, in dumping, perché Pechino praticava gli aiuti di Stato molto prima di noi, quei prodotti a basso costo hanno sgominato l’industria americana facendo fallire molti produttori nazionali. Adesso però le aziende cinesi hanno scoperto che conviene venire a fabbricare pannelli sul territorio Usa: per aggirare i dazi e per incassare le sovvenzioni federali dell’Inflation Reduction Act (IRA), la legge di Biden che contiene abbondanti aiuti alle energie rinnovabili. Da quando è entrata in vigore l’IRA ha consentito la creazione di nuove fabbriche di pannelli solari per una capacità produttiva pari a 80 gigawatt; di questa nuova capacità un quarto fa capo ad aziende cinesi. Le nuove fabbriche cinesi che sorgono sul territorio Usa, dall’Ohio al Texas, appartengono a giganti come Longi Green Energy Technology e Trina Solar. Che quindi danno lavoro a ingegneri, tecnici e operai americani. E’ proprio questa la logica virtuosa del protezionismo: creare incentivi ed opportunità tali per cui conviene venire a produrre in casa nostra anziché venderci ciò che viene prodotto altrove. Funzionò ai tempi di Reagan con l’industria automobilistica giapponese, che stava invadendo il mercato americano e metteva in gravi difficoltà Detroit. Reagan usò dei contingenti – limiti quantitativi all’importazione – oltre a pressioni politiche su Tokyo. Fu così che giganti come Toyota cominciarono a costruire fabbriche negli Stati Uniti e ad assumere personale americano. Oggi più di metà dell'occupazione operaia nell'industria automobilistica Usa è impiegata alle dipendenze di case straniere.

Il Messico ruba alla Cina il primato sul mercato Usa
La stessa logica contribuisce a spiegare un dato clamoroso, il sorpasso storico del Messico sulla Cina come esportatore numero uno verso gli Stati Uniti. Non accadeva da vent’anni che la principale fonte di importazioni sul mercato Usa fosse il vicino meridionale. Nel 2023 il deficit commerciale degli Stati Uniti verso la Cina si è ridotto in modo sostanziale, perché le importazioni di beni “made in China” sono scese del 20% a quota 427 miliardi di dollari. Invece le importazioni dal Messico sono state pari a 476 miliardi. Di qui il sorpasso.
A questa storica sostituzione nella classifica dei paesi esportatori hanno contribuito molte cose. La pandemia, e le tensioni geopolitiche Washington-Pechino, hanno consigliato a molte aziende americane di accorciare le proprie catene di fornitori, avvicinandole a casa. Dazi e altre misure protezionistiche hanno colpito la Cina mentre hanno risparmiato i paesi partner degli Stati Uniti nel mercato comune nordamericano, cioè Canada e Messico.

È in corso quel processo di “friend-shoring” o rilocalizzazione in paesi amici, di cui si parla da quando i rapporti tra le due superpotenze sono antagonisti.
Ma a questo rimescolamento degli equilibri e delle mappe della globalizzazione contribuiscono attivamente le stesse multinazionali cinesi. Le grandi aziende della Repubblica Popolare hanno aumentato i loro investimenti, oltre che dentro gli Stati Uniti, anche in Messico. Sicchè una parte delle esportazioni dal Messico verso il mercato settentrionale sono opera di marche cinesi. Anche qui, nulla di nuovo: trent’anni fa avevano cominciato le multinazionali giapponesi e sudcoreane a costruire “maquiladoras” a Tijuana, a pochi km dalla città di San Diego in California, a ridosso del confine Messico-Usa.   

La parola ai lettori
Scrive Loni Mevorah: "Attendevo con molto interesse il Suo reportage dopo la Sua visita, ma a parte un articolo da Riad non ho visto nulla . Mi è sfuggito qualcosa sicuramente perché non credo che sia rimasto “imbavagliato” dalle locali autorità. Mi fa sapere dove lo posso trovare?"
Risponde F.R. Ne sono già uscite diverse puntate, tra cui questa, questa e ancora questa. Ma poiché non posso diventare mono-tematico, e avendo raccolto nei miei viaggi un materiale sovrabbondante, penso che sarà uno dei temi del mio prossimo libro.

Scrive Guido Maione: "Non possiamo meravigliarci di quanto accade in Arabia Saudita. È al potere un monarca illuminato in grado , quindi , di concedere benevolmente alcune riforme ma sempre altrettanto in grado di chiudere la porta nel caso in cui il popolo reclamasse troppe libertà.
L'odiato ex presidente Renzi lo va dicendo da anni che in Arabia è in atto un nuovo rinascimento , ovviamente deciso dall'alto come in tutti gli stati della penisola . Vogliamo farci degli scrupoli o approfittare di questa situazione?  Dopo lo sdegno provocato dall'uccisione del giornalista e aver messo  su un cipiglio severo  con la buffonata di Biden (mi spiace dirlo) che non strinse la mano di Bin Salman ora tutti i politici fanno a gare per vendere armi , tecnologia avanzate in tutti i settori . La nostra Webuild costruirà un pista per la neve (sic) per eventuali olimpiadi invernali nel deserto alla faccia di tutti problemi connessi con l'ambiente. Sarà questa la strada da seguire che ci consentirà di ridurre il vuoto con la Cina e la Russia che ambientalisti sono a corrente alternata ?  Basta decidersi una volta per tutte  e organizzare una politica comune europea (forse avverrà dopo il 2100)"

Scrive Alessandro Bassi: "Lei ha scritto: "Visto da Jeddah tutto ciò che sta facendo Biden per reindustrializzare l’America è un esperimento interessante ma abbastanza marginale, rispetto all’onnipresenza del «made in China» in tutto ciò che mi circonda." La penso esattamente come i Sauditi e non solo loro. Mi piacerebbe visitare l'Arabia Saudita, ma per quanto riguarda la non-reindustrializzazione dell'Occidente basta andare in un centro per il bricolage. L'80/90 % di quello che trova è Made in PRC E cosi in tanti altri centri commerciali. Dalla ciotola per cani all'ago della macchina da cucire."
 
Scrive Sonia Marson a proposito del mio reportage dal porto di Jeddah sul Mar Rosso: "Ci tengo a sottolineare che molte delle cabine di manovra delle gru portuali, dirette o da remoto, sono prodotte in Italia da un’azienda friulana e adottate nel protocollo di produzione dalle aziende cinesi. Noi italiani siamo molto capaci ma a piccoli spot!"

Scrive Enzo Berus: "Vorrei obbiettare a quanto lei scrive in apertura del suo articolo del 12/01, e cioè che: «Lo scivolamento verso quella che papa Francesco chiama la terza guerra mondiale rischia di essere evitato, paradossalmente, da una ritirata Usa sotto la presidenza dell’isolazionista Donald Trump». E spiego: mi è capitato di seguire una ottima ricostruzione del conflitto medio orientale su la7 sotto la titolazione di “Atlantide files”, evidentemente sotto la guida del compianto Andrea Purgatori, da cui si capiva bene (finalmente) che all’origine di tutti gli eventi recenti era l’isolamento nel quale era stato per anni tenuto il regime teocratico degli ayatollah iraniani, e che il primo, e l’unico finora che si era mosso in senso contrario era stato Obama, con l’accordo sul nucleare iraniano del 2015, che aveva revocato le sanzioni a Teheran, in cambio di un controllo sulla proliferazione nucleare. Forse sono stato distratto, ma mi sembra che lei non abbia sottolineato abbastanza l’importanza di questo accordo, ma soprattutto la successiva uscita unilaterale da questo stesso accordo voluta da Trump su richiesta di Israele. Credo che sia evidente come la radice di tutta la malapianta che stiamo vedendo crescere oggi sia proprio lì, e mi dispiace molto che proprio lei, di cui sono un appassionato lettore, non abbia fatto chiarezza su questo, non solo ricordando una delle cose migliori fatte da quello che lei ama definire il suo presidente, ma soprattutto una delle peggiori fatte da Trump. E che quest’uomo finirà per essere rieletto è uno di quegli eventi che non si possono proprio spiegare, una sciagura che pagheremo cara tutti".

Federico Rampini, New York 10 febbraio 2024
Da corriere.it
27  Forum Pubblico / LA CULTURA E UN DIVERSO CAPITALISMO. - ECONOMIA, FINANZA, MONDO DEL LAVORO. / La Pm dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio: "E’ anticostituzionale" inserito:: Settembre 30, 2024, 07:04:43 pm
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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
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Piazza Pulita, la Pm dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio: «E’ anticostituzionale»

https://www.malpensa24.it/piazza-pulita-legge-nordio-anticostituzionale/
 
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“Storia di Paolino e di Paoletto” – Il racconto di Stefano Massini
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ggiannig <ggianni41@gmail.com>
ven 27 set, 19:23 (2 giorni fa)
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https://www.la7.it/piazzapulita/video/storia-di-paolino-e-di-paoletto-il-racconto-di-stefano-massini-26-09-2024-559895
 
28  Forum Pubblico / L'ITALIA RIDOTTA ad ARCIPELAGO di FEUDI REGIONALI e GRUPPI di POTERE. / l vento del cambiamento: nuovi cambiamenti legislativi in Italia (ironico??) inserito:: Settembre 30, 2024, 07:01:15 pm
Il vento del cambiamento: nuovi cambiamenti legislativi in Italia
25 Marzo 2024

All’orizzonte, l’Italia ha messo in ombra importanti cambiamenti legislativi che promettono di trasformare la vita della gente comune e delineare un futuro più luminoso per la Nazione. Nel prossimo anno, una serie di importanti leggi subiranno cambiamenti significativi volti a semplificare la vita quotidiana dei cittadini e creare una società più giusta ed equa.
Semplificazione dell’amministrazione una delle aree chiave delle riforme imminenti è la riduzione della burocrazia burocratica che i cittadini spesso affrontano quando interagiscono con le agenzie governative. La nuova legge sulla gestione digitale mira a semplificare il processo di presentazione della domanda per vari servizi governativi, come il rilascio di passaporti, patenti di guida e dichiarazioni dei redditi. Inoltre, verrà implementata un’unica piattaforma digitale per consentire ai cittadini di interagire con diverse agenzie governative, eliminando la necessità di spostarsi tra più dipartimenti.
Protezione dell’ambiente L’impegno italiano per la protezione dell’ambiente si è riflesso anche nei prossimi cambiamenti legislativi. La nuova legge sul clima stabilirà obiettivi obbligatori per ridurre le emissioni di gas serra e promuovere le energie rinnovabili. Inoltre, verranno adottate una serie di misure per ridurre l’inquinamento atmosferico e proteggere le risorse idriche, creando un ambiente più sano ed ecologico per le generazioni future.
Giustizia sociale i cambiamenti legislativi in Italia si concentrano anche sulla garanzia della giustizia sociale per tutti i cittadini. La nuova legge anti-discriminazione imporrà sanzioni più severe per i crimini d’odio e amplierà le protezioni per i gruppi vulnerabili come le donne e le persone con disabilità. Inoltre, verrà implementato un salario minimo per garantire un tenore di vita dignitoso a tutti i cittadini che lavorano.
Crescita economica oltre alle iniziative sociali e ambientali, i prossimi cambiamenti legislativi mirano anche a stimolare la crescita economica e creare nuovi posti di lavoro. La nuova legge sull’Industria 4.0 sosterrà lo sviluppo di tecnologie innovative e la digitalizzazione di diversi settori dell’economia. Inoltre, verranno introdotte una serie di agevolazioni fiscali per le imprese che investono in ricerca e sviluppo e per gli imprenditori in erba.
Piano quinquennale i prossimi cambiamenti legislativi sono solo una parte di un piano quinquennale più ampio volto a trasformare radicalmente L’Italia. Il governo prevede di investire pesantemente in istruzione, assistenza sanitaria e infrastrutture nei prossimi anni. L’obiettivo è creare una nazione più istruita, sana e interconnessa in grado di competere sulla scena mondiale.
Trasformazione della vita riassumendo, i prossimi cambiamenti legislativi in Italia promettono di cambiare in modo significativo la vita di tutti gli italiani. Dalla semplificazione dell’amministrazione alla protezione dell’ambiente, dalla promozione della giustizia sociale alla promozione della crescita economica, queste riforme mirano a creare una società più moderna, giusta e prospera. Nei prossimi anni, L’Italia osserverà da vicino come si svolgono questi cambiamenti, creando un futuro più luminoso per la Nazione.
Da  solo eventi24
29  Forum Pubblico / DIFFERENTI e DIVERSI! UGUALI nei DIRITTI e DOVERI, ma DIVISI in CATEGORIE SOCIALI. / antiche carenze inserito:: Settembre 30, 2024, 06:09:47 pm
Debole e divisa, la maggior garanzia per i legastellati è l’inconsistenza dell’opposizione
25 Giugno 2018
Alessandro Franzi

I risultati dei ballottaggi dimostrano l'assenza di un'alternativa solida al governo Conte. Il centrodestra (FI-FdI) è un'opposizione di facciata, il Pd perde anche nelle roccaforti. A guadagnarne è Salvini, il cui iper-attivismo mediatico offusca persino l'alleato 5 Stelle

Debole e diviso, forse persino impreparato. Davanti all’avanzata del governo legastellato, il fronte antipopulista si scopre inadeguato alla sfida. Se c’è un dato che può rassicurare Matteo Salvini e Luigi Di Maio sul futuro dell’esecutivo è proprio l’inconsistenza delle opposizioni, come hanno fotografato anche gli esiti dei ballottaggi. Intanto il tandem di governo continua a crescere nei sondaggi. Stando alle stime più recenti il Carroccio e i Cinque Stelle ormai avrebbero raggiunto il 60 per cento, voto più voto meno. Un bel salto in avanti, per due partiti che il 4 marzo avevano conquistato, rispettivamente, il 32 e il 17 per cento. È una ascesa rapida, a tratti imprevista e, per il momento, non priva di conseguenze. La crescente popolarità del leader leghista Salvini ha iniziato a preoccupare i grillini. La Lega vicina al 30 per cento insidia il primato pentastellato (secondo alcuni istituti di ricerca il sorpasso sarebbe già avvenuto). Intanto l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, è sempre più in difficoltà. Offuscato dalla bulimia mediatica dell’alleato e pressato dai suoi stessi parlamentari.

L’assicurazione sulla vita del governo, però, è rappresentata dalle opposizioni. Finché gli avversari di Lega e Cinque Stelle proseguono su questo spartito, a Palazzo Chigi possono stare tranquilli. Da destra a sinistra, la mappa delle minoranze è sorprendentemente impalpabile. Ogni partito paga i propri errori e le tante debolezze. L’opposizione meno interessata a fare l’opposizione è proprio il centrodestra che infatti ha vinto molti ballottaggi trainato dalla Lega. Dopo che per settimane Di Maio aveva posto un veto sulla presenza di Silvio Berlusconi, Forza Italia non ha votato la fiducia al governo di Giuseppe Conte. In questi mesi il Cavaliere è il leader che si è schierato più apertamente contro il Movimento 5 Stelle: accusando i grillini, non sempre a torto, di giustizialismo, pauperismo e di aver portato in Parlamento una classe politica ignorante. Eppure da qualche tempo l’ex premier sembra sparito dalla scena. Non potendo rompere con Salvini – che di fatto gli ha soffiato la leadership del centrodestra – e non potendosi permettere, da imprenditore, di avere dei nemici a Palazzo Chigi, il Cav ha preferito fare un passo indietro. I suoi parlamentari voteranno contro i provvedimenti che non condividono, ma alle Camere nessuno si attende barricate. Dopotutto sono in molti, tra i deputati e i senatori forzisti, a sperare che la legislatura si interrompa prima del tempo per andare a nuove elezioni. Sarebbe l’occasione perfetta per tornare al governo, con una coalizione di centrodestra a forte trazione salviniana. Berlusconi lo sa, e agisce di conseguenza. Uomo d’affari e politico navigato, è consapevole che la sua classe dirigente, in Parlamento e nelle amministrazioni locali, è pronta a trasferirsi armi e bagagli con la Lega. In questo momento dichiarare apertamente la guerra al Carroccio potrebbe mettere a rischio la stessa esistenza di Forza Italia.

Non potendo rompere con Salvini – che di fatto gli ha soffiato la leadership del centrodestra – e non potendosi permettere, da imprenditore, di avere dei nemici a Palazzo Chigi, il Cav ha preferito fare un passo indietro. I suoi parlamentari voteranno contro i provvedimenti che non condividono, ma alle Camere nessuno si attende barricate

E poi ci sono i Fratelli d’Italia. La linea nazionalista e sovranista imposta da Matteo Salvini ha già conquistato gran parte dell’elettorato di Giorgia Meloni. Eppure, quando si è tratto di votare la fiducia, l’ex ministra ha deciso di astenersi nei confronti del governo Conte. Ha scelto un’opposizione mediatica, che nei fatti assomiglia più a una benevola neutralità. Dopotutto i rapporti con il Carroccio restano buoni, nessuno sembra avere troppa voglia di marcare la distanze. Non a caso i leghisti hanno spinto per affidare la poltrona di vicepresidente della Camera – in sostituzione del ministro Lorenzo Fontana – al capogruppo di FdI, Fabio Rampelli. Né stupisce che da via Bellerio si voglia affidare a Fratelli d’Italia anche la presidenza del Copasir, la commissione sui servizi segreti che il Partito democratico considera di propria pertinenza come principale forza di opposizione al governo Conte.

Dal centrodestra al centrosinistra, lo scenario è ancora peggiore. Pesantemente sconfitto alle elezioni del 4 marzo, il Partito democratico resta alle prese con un problema ormai patologico di leadership. In attesa del prossimo congresso, il reggente della segreteria Maurizio Martina prova a tenere unite le fila. Ma il socio di maggioranza del partito resta, seppure dietro le quinte, Matteo Renzi, e il destino del partito si lega inevitabilmente al suo futuro. L’ex premier punta a guidare il Nazareno anche nei prossimi anni, ma sembra aver definitivamente perso la popolarità che nel giro di poco tempo lo ha portato a Palazzo Chigi. Intanto la guerra tra correnti che si era riaccesa negli ultimi mesi è finita nel congelatore. Davanti all’incredibile avanzata di Lega e Cinque Stelle, i toni delle polemiche interne sono stati leggermente abbassati di tono. Eppure le scelte sulla nuova linea politica continuano a dividere il gruppo dirigente. Martina ha chiesto ai parlamentari di incalzare il governo sui temi concreti. Proprio pochi giorni fa i dem hanno presentato una proposta di legge per incentivare il Reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni. Una misura per combattere la povertà e denunciare le irrealizzabili promesse grilline sul reddito di cittadinanza.

Pesantemente sconfitto alle elezioni del 4 marzo, il Partito democratico resta alle prese con un problema ormai patologico di leadership. In attesa del prossimo congresso, il reggente della segreteria Maurizio Martina prova a tenere unite le fila. Ma il socio di maggioranza del partito resta, seppure dietro le quinte, Matteo Renzi, e il destino del partito si lega inevitabilmente al suo futuro. L’ex premier punta a guidare il Nazareno anche nei prossimi anni, ma sembra aver definitivamente perso la popolarità

Inutile dire, però, che l’iperpresenzialismo mediatico di Salvini sta mettendo in crisi anche il Pd. «L’opposizione sta cadendo nella trappola di Salvini commentando ogni fesseria (anche gravissima) che dice», ha detto Carlo Calenda, ex ministro e protagonista della nuova fase al Nazareno. «E siccome Salvini ne dice dieci al giorni, finisce che l’agenda la fanno loro. Lavorare su alternativa, idee e proposte subito e mobilitarsi seriamente. Chiacchiere a zero». Facile a dirsi, molto meno a realizzarsi. Le Amministrative hanno indebolito ancora di più il Pd che ha perso a favore del centrodestra (e quindi di Salvini) in quelle che erano considerate Regioni Rosse. Tre città su tutte: Pisa, Siena e Massa. Imola è andata invece al Movimento 5 Stelle. Risultato finale: 28 sfide vinte dal centrodestra, 20 dal centrosinistra, 5 dai 5 Stelle.

Opposizione debole e frammentata, dunque. In alcuni casi persino sparita. Dove è finita la quarta gamba del centrodestra, il polo centrista, che avrebbe dovuto bilanciare l’estremismo leghista? Pochissimi gli eletti, scomparsi i simboli. I capi corrente d’area sono praticamente usciti di scena. Maurizio Lupi è iscritto al gruppo Misto della Camera, Raffaele Fitto si è ritirato in un momentaneo silenzio, Lorenzo Cesa è uscito dai radar. Rispetto alle ambizioni della vigilia ha finito per perdere consistenza anche il progetto politico della sinistra. Dopo il tracollo elettorale, Liberi e Uguali ha iniziato a perdere pezzi. A breve inizierà il tesseramento in vista del congresso. Entro fine anno Mdp e Sinistra Italiana concluderanno il percorso verso il partito unitario. Intanto Possibile, il partito di Pippo Civati, ha già preso le distanze e sta studiando un progetto comune con il movimento transnazionale di Yanis Varoufakis. E così si va avanti, in ordine sparso. Le iniziative fioriscono una dopo l’altra. È il caso, ad esempio, di Futura, la rete organizzata da Laura Boldrini. Ulteriore progetto fondativo nel campo progressista, ennesimo tentativo di dare vita un nuovo fronte antipopulista.

da - https://www.linkiesta.it/2018/06/debole-e-divisa-la-maggior-garanzia-per-i-legastellati-e-linconsistenz/
30  Forum Pubblico / DEMOCRATICI PROGRESSISTI e O.P.O.N. Opinione Pubblica Organizzazione Nazionale. / L'inconsistenza dell'opposizione dura ancora, ... (anche da prima del 2018) inserito:: Settembre 30, 2024, 05:00:39 pm
Debole e divisa, la maggior garanzia per i legastellati è l’inconsistenza dell’opposizione

25 Giugno 2018  Alessandro Franzi

I risultati dei ballottaggi dimostrano l'assenza di un'alternativa solida al governo Conte. Il centrodestra (FI-FdI) è un'opposizione di facciata, il Pd perde anche nelle roccaforti. A guadagnarne è Salvini, il cui iper-attivismo mediatico offusca persino l'alleato 5 Stelle

Debole e diviso, forse persino impreparato. Davanti all’avanzata del governo legastellato, il fronte antipopulista si scopre inadeguato alla sfida. Se c’è un dato che può rassicurare Matteo Salvini e Luigi Di Maio sul futuro dell’esecutivo è proprio l’inconsistenza delle opposizioni, come hanno fotografato anche gli esiti dei ballottaggi. Intanto il tandem di governo continua a crescere nei sondaggi. Stando alle stime più recenti il Carroccio e i Cinque Stelle ormai avrebbero raggiunto il 60 per cento, voto più voto meno. Un bel salto in avanti, per due partiti che il 4 marzo avevano conquistato, rispettivamente, il 32 e il 17 per cento. È una ascesa rapida, a tratti imprevista e, per il momento, non priva di conseguenze. La crescente popolarità del leader leghista Salvini ha iniziato a preoccupare i grillini. La Lega vicina al 30 per cento insidia il primato pentastellato (secondo alcuni istituti di ricerca il sorpasso sarebbe già avvenuto). Intanto l’altro vicepremier, Luigi Di Maio, è sempre più in difficoltà. Offuscato dalla bulimia mediatica dell’alleato e pressato dai suoi stessi parlamentari.

L’assicurazione sulla vita del governo, però, è rappresentata dalle opposizioni. Finché gli avversari di Lega e Cinque Stelle proseguono su questo spartito, a Palazzo Chigi possono stare tranquilli. Da destra a sinistra, la mappa delle minoranze è sorprendentemente impalpabile. Ogni partito paga i propri errori e le tante debolezze. L’opposizione meno interessata a fare l’opposizione è proprio il centrodestra che infatti ha vinto molti ballottaggi trainato dalla Lega. Dopo che per settimane Di Maio aveva posto un veto sulla presenza di Silvio Berlusconi, Forza Italia non ha votato la fiducia al governo di Giuseppe Conte. In questi mesi il Cavaliere è il leader che si è schierato più apertamente contro il Movimento 5 Stelle: accusando i grillini, non sempre a torto, di giustizialismo, pauperismo e di aver portato in Parlamento una classe politica ignorante. Eppure da qualche tempo l’ex premier sembra sparito dalla scena. Non potendo rompere con Salvini – che di fatto gli ha soffiato la leadership del centrodestra – e non potendosi permettere, da imprenditore, di avere dei nemici a Palazzo Chigi, il Cav ha preferito fare un passo indietro. I suoi parlamentari voteranno contro i provvedimenti che non condividono, ma alle Camere nessuno si attende barricate. Dopotutto sono in molti, tra i deputati e i senatori forzisti, a sperare che la legislatura si interrompa prima del tempo per andare a nuove elezioni. Sarebbe l’occasione perfetta per tornare al governo, con una coalizione di centrodestra a forte trazione salviniana. Berlusconi lo sa, e agisce di conseguenza. Uomo d’affari e politico navigato, è consapevole che la sua classe dirigente, in Parlamento e nelle amministrazioni locali, è pronta a trasferirsi armi e bagagli con la Lega. In questo momento dichiarare apertamente la guerra al Carroccio potrebbe mettere a rischio la stessa esistenza di Forza Italia.

Non potendo rompere con Salvini – che di fatto gli ha soffiato la leadership del centrodestra – e non potendosi permettere, da imprenditore, di avere dei nemici a Palazzo Chigi, il Cav ha preferito fare un passo indietro. I suoi parlamentari voteranno contro i provvedimenti che non condividono, ma alle Camere nessuno si attende barricate

E poi ci sono i Fratelli d’Italia. La linea nazionalista e sovranista imposta da Matteo Salvini ha già conquistato gran parte dell’elettorato di Giorgia Meloni. Eppure, quando si è tratto di votare la fiducia, l’ex ministra ha deciso di astenersi nei confronti del governo Conte. Ha scelto un’opposizione mediatica, che nei fatti assomiglia più a una benevola neutralità. Dopotutto i rapporti con il Carroccio restano buoni, nessuno sembra avere troppa voglia di marcare la distanze. Non a caso i leghisti hanno spinto per affidare la poltrona di vicepresidente della Camera – in sostituzione del ministro Lorenzo Fontana – al capogruppo di FdI, Fabio Rampelli. Né stupisce che da via Bellerio si voglia affidare a Fratelli d’Italia anche la presidenza del Copasir, la commissione sui servizi segreti che il Partito democratico considera di propria pertinenza come principale forza di opposizione al governo Conte.

Dal centrodestra al centrosinistra, lo scenario è ancora peggiore. Pesantemente sconfitto alle elezioni del 4 marzo, il Partito democratico resta alle prese con un problema ormai patologico di leadership. In attesa del prossimo congresso, il reggente della segreteria Maurizio Martina prova a tenere unite le fila. Ma il socio di maggioranza del partito resta, seppure dietro le quinte, Matteo Renzi, e il destino del partito si lega inevitabilmente al suo futuro. L’ex premier punta a guidare il Nazareno anche nei prossimi anni, ma sembra aver definitivamente perso la popolarità che nel giro di poco tempo lo ha portato a Palazzo Chigi. Intanto la guerra tra correnti che si era riaccesa negli ultimi mesi è finita nel congelatore. Davanti all’incredibile avanzata di Lega e Cinque Stelle, i toni delle polemiche interne sono stati leggermente abbassati di tono. Eppure le scelte sulla nuova linea politica continuano a dividere il gruppo dirigente. Martina ha chiesto ai parlamentari di incalzare il governo sui temi concreti. Proprio pochi giorni fa i dem hanno presentato una proposta di legge per incentivare il Reddito di inclusione introdotto dal governo Gentiloni. Una misura per combattere la povertà e denunciare le irrealizzabili promesse grilline sul reddito di cittadinanza.

Pesantemente sconfitto alle elezioni del 4 marzo, il Partito democratico resta alle prese con un problema ormai patologico di leadership. In attesa del prossimo congresso, il reggente della segreteria Maurizio Martina prova a tenere unite le fila. Ma il socio di maggioranza del partito resta, seppure dietro le quinte, Matteo Renzi, e il destino del partito si lega inevitabilmente al suo futuro. L’ex premier punta a guidare il Nazareno anche nei prossimi anni, ma sembra aver definitivamente perso la popolarità

Inutile dire, però, che l’iperpresenzialismo mediatico di Salvini sta mettendo in crisi anche il Pd. «L’opposizione sta cadendo nella trappola di Salvini commentando ogni fesseria (anche gravissima) che dice», ha detto Carlo Calenda, ex ministro e protagonista della nuova fase al Nazareno. «E siccome Salvini ne dice dieci al giorni, finisce che l’agenda la fanno loro. Lavorare su alternativa, idee e proposte subito e mobilitarsi seriamente. Chiacchiere a zero». Facile a dirsi, molto meno a realizzarsi. Le Amministrative hanno indebolito ancora di più il Pd che ha perso a favore del centrodestra (e quindi di Salvini) in quelle che erano considerate Regioni Rosse. Tre città su tutte: Pisa, Siena e Massa. Imola è andata invece al Movimento 5 Stelle. Risultato finale: 28 sfide vinte dal centrodestra, 20 dal centrosinistra, 5 dai 5 Stelle.

Opposizione debole e frammentata, dunque. In alcuni casi persino sparita. Dove è finita la quarta gamba del centrodestra, il polo centrista, che avrebbe dovuto bilanciare l’estremismo leghista? Pochissimi gli eletti, scomparsi i simboli. I capi corrente d’area sono praticamente usciti di scena. Maurizio Lupi è iscritto al gruppo Misto della Camera, Raffaele Fitto si è ritirato in un momentaneo silenzio, Lorenzo Cesa è uscito dai radar. Rispetto alle ambizioni della vigilia ha finito per perdere consistenza anche il progetto politico della sinistra. Dopo il tracollo elettorale, Liberi e Uguali ha iniziato a perdere pezzi. A breve inizierà il tesseramento in vista del congresso. Entro fine anno Mdp e Sinistra Italiana concluderanno il percorso verso il partito unitario. Intanto Possibile, il partito di Pippo Civati, ha già preso le distanze e sta studiando un progetto comune con il movimento transnazionale di Yanis Varoufakis. E così si va avanti, in ordine sparso. Le iniziative fioriscono una dopo l’altra. È il caso, ad esempio, di Futura, la rete organizzata da Laura Boldrini. Ulteriore progetto fondativo nel campo progressista, ennesimo tentativo di dare vita un nuovo fronte antipopulista.

da - https://www.linkiesta.it/2018/06/debole-e-divisa-la-maggior-garanzia-per-i-legastellati-e-linconsistenz/
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