PRODI
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POLITICA IL PUNTO
Il primo duello Veltroni-Berlusconi la parola chiave è: governabilità
di MARCO BRACCONI
ROMA - "Mercoledì Napolitano scioglie le Camere", dice il centrista Tabacci dopo aver incontrato Prodi.
Ma la campagna elettorale è già iniziata. Prima silenziosamente, tra le righe delle prime giornate di consultazioni a Palazzo Giustiniani. Oggi, con Berlusconi e Veltroni davanti alle telecamere, prima uno e poi l'altro.
Di fatto è andato in onda il primo faccia a faccia tra i due duellanti dell'aprile 2008. Veltroni-Berlusconi.
L'un contro l'altro armati. Di qua il candidato di sempre, che prova a conquistare Palazzo Chigi per la terza volta. Di là il sindaco di Roma, che lancia la sfida nel nome della novità. Il primo in vantaggio nei sondaggi. Ma il secondo ha un'arma non più segreta - il Pd che si presenta da solo - da non sottovalutare.
Basta ascoltare quanto hanno detto in Senato dal palchetto allestito per la stampa nella sala degli Specchi per capire che le rispettive strategie sono in parte già decise.
Il capo di Fi sfrutterà, ossessivamente, il fallimento del governo Prodi. Dal carovita alla munnezza, non a caso citata anche oggi a Palazzo Giustiniani. Per il centrodestra sarà un refrain continuo, al quale però si affiancheranno poche parole d'ordine: meno tasse, più soldi per le famiglie e pugno duro su immigrazione e criminalità.
Su questi temi il leader del Pd, dalla "discesa in campo di Torino" in poi, ha già fatto capire di voler puntare.
E la sua esigenza, specularmente opposta a quella del suo avversario, è quella di lasciare sullo sfondo l'esperienza del precedente esecutivo. Ma la parola su cui più di tutto conta Veltroni per rimontare i cinque o sei punti che potrebbero fargli cogliere almeno un pareggio è una sola: "governabilità".
Ad oggi, infatti, l'anello debole della larghissima coalizione di centrodestra è la mancata risposta al vento dell'antipolitica che soffia - e soffia bipartisan - nel Paese. Una tramontana gelata contro la politica dei "venticinque partiti", la politica "che litiga", che "non decide" e che "si chiude nelle sue beghe autoreferenziali". Nella Cdl, una alleanza da Storace a Casini - e Fini ha già fatto capire di avere ben presente il problema - non c'è una risposta. Dall'altra parte, se il Pd si presenta da solo con il suo programma, sì.
Il Cavaliere è ormai uomo politico esperto, e sa che contro un Pd non coalizzato con la Cosa rossa l'armamentario della propaganda anticomunista è una pistola quasi scarica. Per questo, c'è da aspettarsi, non faticherà a metterlo in soffitta. Più difficile trovare risposte efficaci alla questione che ogni giorno Veltroni solleverà davanti al Paese: "Meno tasse, più crescita, più sicurezza, ma come si fa se si va al governo in dieci partiti, e come al solito non si riuscirà a governare?"
Se il Pd andrà da solo, o si limiterà ad accordi tecnici per il Senato, sarà insomma una campagna elettorale nuova. Nella quale i singoli temi potrebbero essere preceduti da una questione preliminare e di fondo: che risposta la politica può dare alla politica in crisi?
Basti un solo esempio.
Senza coalizioni "coatte" Veltroni potrebbe essere in grado, un mese prima del voto, di dare la sua lista di ministri. Il Cavaliere, alla guida di una gioiosa macchina da guerra di nove o più partiti, potrà fare altrettanto?
(4 febbraio 2008)
da repubblica.it
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Cena «politica»
Prodi: resto fuori, avanti le nuove generazioni
Il Professore riunisce i suoi: dobbiamo aiutare Walter e vincere, così il mio lavoro proseguirà
ROMA — Febbre elettorale. Romano Prodi l'ha già alta e, mentre il Quirinale si prepara ad annunciare lo scioglimento delle Camere e il voto in aprile, a Palazzo Chigi il premier dimissionario, nonché presidente e fondatore del Pd, carica e sprona i prodiani in vista di una battaglia politica che i sondaggi danno tutta in salita. Brindisi, qualche piccolo regalo e tante analisi a sfondo elettorale ieri sera nella sede del governo. Attorno al tavolo, Prodi e i fedelissimi. O perlomeno alcuni di loro (i ministri Bindi e Santagata, i parlamentari Magistrelli, Monaco, Barbi, Gozi, Soliani, oltre alla moglie Flavia). Cena di piacere, che inizialmente doveva riunire solo le donne prodiane. Cena resa inevitabilmente piccante dall'imminente sfida elettorale.
«Dobbiamo e possiamo vincere — ha esordito il Professore, che nel pomeriggio aveva incontrato Veltroni e Franceschini — e le nostre armi saranno la novità rappresentata dal Pd e l'unità che riusciremo a produrre attorno alla candidatura di Walter a premier: su questo, pretendo il massimo impegno da parte di tutti».
Avrà anche un futuro da nonno, Prodi, e probabilmente qualche sassolino da togliersi nei confronti di più di un alleato, ma chi spera in sfoghi o in regolamenti di conti dovrà aspettare a lungo: «Il momento è difficile, è una campagna elettorale che coglie il Paese in un passaggio molto delicato: solo vincendo potremo continuare il lavoro impostato dal mio governo, che stava dando frutti importanti ». Un Prodi tonico, pronto ad affrontare per l'ennesima volta le trincee elettorali: «Darò il mio contributo in prima persona», ha assicurato. Ma subito dopo, quando le urne saranno chiuse e le percentuali avranno disegnato la nuova geografia della politica italiana, lui si tirerà da parte. Non ci saranno prolungamenti alla sua avventura da parlamentare.
L'aveva detto giorni fa, l'ha ripetuto ieri sera ai suoi fedelissimi, dopo averlo ufficialmente comunicato nel pomeriggio anche a Veltroni e a Franceschini: «Non intendo ricandidarmi né alla Camera né al Senato. Ritengo sia giunto il momento che una nuova generazione politica si faccia avanti. Ed è mio dovere dare l'esempio. Ho avuto la fortuna di avere tanto dalla vita. Ora penso sia il momento che altri abbiano la possibilità di mettersi alla prova».
Pensione in vista? «No — assicurano i suoi —: Prodi continuerà ad occuparsi di politica e del Pd, ma in modo diverso da quanto fatto finora».
Piuttosto, azzarda qualcuno, nel passo indietro del Professore si potrebbe anche leggere un indiretto messaggio a Silvio Berlusconi, l'avversario di sempre. Come a dire: anche per il Cavaliere, arrivato alla sua quinta candidatura a premier dal 1994 ad oggi, è forse giunto il momento di tirarsi fuori dalla mischia.
Invitati
All'incontro hanno partecipato la Bindi, Barbi, Monaco, Gozi e la Magistrelli
Sintonia
Il premier dimissionario Romano Prodi e Rosy Bindi
Francesco Alberti
06 febbraio 2008
da corriere.it
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Alla nuova fiera di roma
Prodi: «Dopo il voto guideremo il Paese»
Il premier ha aperto i lavori dell'assemblea del Pd. Finocchiaro: mi candido alla presidenza della Sicilia
ROMA - «Credo che la pazienza sarà una virtù necessaria, quando dopo le elezioni torneremo alla guida del Paese». Romano Prodi apre con queste parole l’assemblea costituente del Partito Democratico alla nuova Fiera di Roma accolto da un'ovazione della platea e dalle note di «What a wonderfoul word» nella versione di Joey Ramones. E ancora: «Il Pd raggiungerà la maggioranza dei consensi perché è una forza che affronta con serietà e idee nuove i problemi dell’Italia». Il premier ha quindi ribadito che non si presenterà alle elezioni di aprile: «Non mi ricandido, serve rinnovamento e coerenza». Oltre a Prodi, sul palco ci sono il segretario del Pd Walter Veltroni e il suo vice Dario Franceschini, Anna Finocchiaro e Antonello Soro. La Finocchiaro ha approfittato di quella che ha definito «una giornata importante per il Pd» per annunciare la sua candidatura alla presidenza della Regione Sicilia. «In Sicilia è possibile rompere il dominio del centrodestra, il cui governo ha mostrato incapacità di cogliere le possibilità dell'isola» ha detto. È seguito un fortissimo applauso da parte dell'assemblea dei delegati.
RIPRESA - Il Paese ha davanti grandi «sfide economiche che si vincono solo con il cambiamento che deve rompere incrostazioni e privilegi», spiega Prodi nel suo intervento, dicendosi convinto della necessità di «un riformismo nuovo e di un cambiamento per garantire la ripresa economica». E difende l'operato della sua seppur breve prermanenza a Palazzo Chigi: «Nelle condizioni date, siamo stati molto bravi».
REDISTRIBUZIONE - «È motivo di profondo orgoglio essere riusciti, nel momento stesso in cui risanavamo i conti dello Stato, a redistribuire un punto di Pil ovvero 15 miliardi di euro alle fasce più deboli della società - ha detto Prodi -. Una redistribuzione resa possibile da quei successi nella lotta all'evasione fiscale e nella diminuzione della spesa pubblica che oggi ci vengono riconosciuti da tutti, a partire dalla Ue».
IRAQ - E sulla politica estera: «Nel 2006 abbiamo combattuto e sconfitto una politica di isolamento in Europa, una linea di politica estera che era ed è lontana dal nostro concetto di pace. Per questo motivo siamo tornati a casa dall'Iraq».
VELTRONI - «Sono al fianco di Walter per rispondere alle domande che arrivano dalle realtà internazionali e alla crisi del sistema - ha concluso il premier dimissionario -. Stiamo lavorando per una grande forza di centrosinistra che raggiungerà la maggioranza nel Paese. Il Partito Democratico è l'insieme di culture politiche che affondano le loro radici in storie diverse il cui terreno però è comune ed è quello del riformismo».
D'ALEMA - Una candidatura, quella di Veltroni, elogiata anche da D'Alema, presente all'assemblea. «Quello che mi auguro è che i leader del mondo trovino a riceverli in Italia un leader contemporaneo e non si trovino nell'imbarazzante situazione di venire a visitare un sito archeologico restaurato e tirato a lucido per l'occasione. Il senso della sfida è tra passato e futuro del Paese - ha detto, senza risparmiare Berlusconi da una battuta pungente -. Abbiamo già vinto una sfida di importanza storica: la nascita del Pd segna la fine di una lunga transizione della politica italiana e l'inizio di una nuova stagione. Comincia una nuova epoca. Ora è importante vincere anche la sfida del 13 aprile».
DELEGATI - L'assemblea costituente del Pd dà ufficialmente il via alla campagna elettorale. I 2.800 delegati eletti alle primarie sono chiamati ad approvare lo statuto e il manifesto del partito, ma soprattutto a incoronare Veltroni candidato premier. Il logo «Partito Democratico, Veltroni presidente» è l'unica novità della scenografia rispetto alla prima assemblea di Milano. Il colore verde domina gli sfondi e sul palco. Tra i presenti, il presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, Matteo Colaninno e il senatore Nuccio Cusumano.
16 febbraio 2008
da corriere.it
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19/2/2008
BILANCIO DEL PREMIER - La mia eredità
di ROMANO PRODI
Caro direttore,
l’editoriale di Luca Ricolfi, apparso ieri sul suo giornale, mi impone di
intervenire in quanto - pur di sostenere le proprie tesi in vista della
competizione elettorale - l’editorialista non si fa scrupolo di usare in
modo strumentale e scorretto molte cifre che si riferiscono all’azione del
mio governo. Per evitare ulteriori «incomprensioni», mi permetterà di far
seguire a ogni considerazione «virgolettata» di Ricolfi, la valutazione
ufficiale mia e del governo, confidando di evitare un successivo rimpallo di
dichiarazioni.
«Lotta all’evasione. La cifra di (almeno) 20 miliardi recuperati è altamente
controversa, ed è stata messa in dubbio da vari analisti e centri di studio
indipendenti. Per il 2006, unico anno per il quale si dispone già di dati
completi, non è nemmeno certo che esista un effetto-Visco (la mia migliore
stima fornisce un recupero di evasione di appena 1,7 miliardi)».
La stima del recupero di evasione per oltre 20 miliardi di euro è robusta ed
ampiamente documentata dai documenti ufficiali presentati dal governo al
Parlamento. A sostegno della credibilità della stima è l’andamento
dell’elasticità delle entrate tributarie al Pil.
Dal 2001 al 2005 è stata pari allo 0,75 per cento. Nel 2006 è stata pari al
2,6 per cento; nel 2007 è stimata all’1,6 per cento. È vero che nel corso
del 2006 anche altre economie sviluppate hanno avuto un aumento
dell’elasticità, tuttavia laddove essa è aumentata di più (Spagna),
l’incremento è stato inferiore alla metà di quello raggiunto in Italia.
Più in dettaglio, l’imposta maggiormente sensibile alla lotta all’evasione è
l’Iva da scambi interni, la quale ha un termine di confronto molto chiaro
per misurare l’emersione di base imponibile: i consumi interni. A partire da
maggio 2006, il gettito Iva da scambi interni è aumentato a tassi più che
doppi rispetto alla crescita dei consumi interni. Anche nel 2007, il gettito
Iva da scambi interni ha superato nettamente l’incremento dei consumi
interni. In sintesi, è emersa senza alcun dubbio nuova base imponibile.
In ogni caso, la discussione sulla quantità di risorse recuperate non può
offuscare un punto politico incontrovertibile, sottolineato innanzitutto
nella letteratura economica: i condoni favoriscono l’evasione. I 20 condoni
realizzati dal governo che ci ha preceduti hanno sicuramente determinato
l’ampliamento dell’irregolarità fiscale. E non a caso, l’Italia ha ancora un
procedimento in corso presso la Corte di Giustizia Europea per il condono
Iva del 2003, proprio per l’effetto di tale condono sull’evasione e quindi
sul gettito Iva per il Bilancio della Commissione Europea (alimentato
dall’imposta raccolta nei Paesi membri). La discontinuità nella politica
fiscale con il governo da me presieduto ha certamente innalzato la
correttezza nel comportamento dei contribuenti.
«Quel che in compenso è certo è che il governo Prodi ha sempre tenuto basse
le previsioni sulle entrate fiscali, e proprio grazie a questo artificio
contabile ha fatto emergere i vari “tesoretti”». Innanzitutto, oltre che
nell’extragettito non previsto, i risultati della lotta all’evasione sono
presenti nel gettito previsto in conseguenza di precise misure di intervento
contenute nel decreto di luglio 2006 e nella legge finanziaria per il 2007.
La quantificazione di tali misure ha avuto il vaglio della Ragioneria
Generale dello Stato e dei Servizi competenti di Camera e Senato. In
particolare, il decreto del luglio 2006 conteneva misure antievasione
quantificate in quasi 3 miliardi euro, mentre la legge finanziaria per il
2007 associava agli interventi antievasione quasi 6 miliardi di euro. In
sintesi, quasi la metà degli oltre 20 miliardi di recupero di evasione sono
frutto di un ventaglio di interventi dall’impatto finanziario ufficialmente
previsto e «bollinato».
E comunque, a proposito di previsioni «tenute basse», va sottolineato che le
previsioni devono soddisfare precisi criteri di contabilità pubblica. Il
ministero dell’Economia e delle Finanze poteva incorporare nelle previsioni
soltanto l’effetto di misure direttamente quantificabili. Il miglioramento
della regolarità dei comportamenti è per definizione non quantificabile ex
ante, in quanto dovuto al clima fiscale promosso dal governo: dalla
credibile eliminazione dei condoni, al riavvio dell’attività dell’Agenzia
delle Entrate, anche con iniziative esemplari su grandi evasori. I risultati
del clima fiscale si misurano ex post, in particolare attraverso
l’elasticità di specifiche imposte rispetto a specifiche basi imponibili.
Si aggiunga poi un’altra circostanza: per un Paese ancora fortemente
indebitato come l’Italia mancare di prudenza con le previsioni finanziarie -
come ad esempio capitò al governo Berlusconi nei Dpef 2003-2006 - può essere
molto dannoso. Costruire quadri finanziari poco realistici significa esporsi
al rischio di entrate più basse rispetto a quanto stimato e di spese
pubbliche destinate a crescere, proprio a causa di una programmazione
«lassista», ben più di quanto sia consentito dall’andamento dell’economia.
Atteggiamenti prudenziali non solo sono giustificati, ma costituiscono la
base onesta per una buona e corretta programmazione finanziaria.
«Uso dell’extragettito. Quale che sia l’origine del cosiddetto extragettito
(gettito non previsto dal governo), è incontrovertibile che i contribuenti
non hanno visto sgravi fiscali per 20 miliardi di euro (la lotta
all’evasione fiscale non doveva servire a ridurre le tasse ai contribuenti
onesti?). Essi hanno invece assistito, nel corso del 2007 a una sistematica
opera di dissipazione del gettito non previsto. Visco metteva i soldini nel
salvadanaio, i “ministri di spesa” lo rompevano tutte le volte che si
accorgevano che era pieno (Dl 81, Dl 159, Finanziaria 2008)».
Se quello che scrive il professor Ricolfi fosse vero, nel 2007 avremmo
dovuto assistere a un aumento delle spese di pari entità rispetto ai
guadagni ottenuti in termini di gettito con la migliore crescita economica e
con la lotta all’evasione. Ma così non è stato. Non abbiamo ancora i dati
definitivi, ma le informazioni ufficiali a disposizione ci consentono di
affermare che:
il disavanzo pubblico sarà con grande probabilità sotto il 2% del Pil, ben
al di sotto del 2006 e degli anni precedenti;
il fabbisogno di cassa delle Amministrazioni Pubbliche potrebbe essere
risultato nel 2007 «prossimo per l’intero anno a 38 miliardi, circa il 2,5%
del Pil (il valore più basso degli ultimi quattro decenni)» (p. 28,
Bollettino Economico Bankitalia, gennaio 2008);
Sulla base di elaborazioni dei dati Bankitalia resi noti l’11 febbraio 2008,
l’andamento delle spese di cassa del bilancio statale riferito all’intero
2007 mostra rispetto al 2006 che le spese correnti al netto degli interessi
passivi (questi ultimi aumentati tra il 2006 e il 2007 di circa 7 miliardi
di euro) sono praticamente rimaste invariate in termini nominali (e quindi
calate in termini reali di circa il 2%);
mentre le spese in conto capitale, così come tutti ci chiedevano, sono
aumentate di poco più di 8 miliardi di euro; e, di conseguenza, che le spese
totali al netto degli interessi sono aumentate del 2,1%, restando
sostanzialmente invariate in termini reali. Ricordo solo che il tasso di
crescita delle spese negli anni precedenti era ben superiore, quasi il
doppio, di quanto realizzato dal mio governo.
Aggiungo anche che nei miei 20 mesi di governo l’aumento delle entrate e il
controllo delle spese - a cominciare da quelle rientranti nei «costi della
politica» - hanno consentito di ridurre il cuneo fiscale di cinque punti
percentuali sulle imprese e sui lavoratori; di riformare l’imposta sulle
imprese con un abbassamento dell’aliquota di cinque punti e mezzo; di
introdurre semplificazioni e facilitazioni («forfettone») per le piccole
imprese; di ridurre l’aliquota Irap, di abbassare la pressione fiscale sui
redditi medio-bassi. Certo - ma ne sono orgoglioso - abbiamo aumentato le
risorse destinate ai più poveri (pensionati e incapienti), ai precari
(introduzione dell’indennità di maternità, dell’indennità malattie, migliori
condizioni per le pensioni future, facilitazioni per il riscatto ai fini
pensionistici della laurea), alle giovani coppie in affitto e l’elenco
potrebbe continuare.
«Morale. Il governo Prodi consegna all’Italia una situazione nella quale non
c’è più alcun extragettito da spendere e, se anche qualche risorsa dovesse
mai spuntare fuori, verrebbe immediatamente bruciata per coprire i 7-8
miliardi di spese non messe in bilancio dalla Finanziaria 2008».
In sintesi, quando il governo che ho avuto l’onore di guidare si è
insediato, l’Italia era ancora sotto la procedura per disavanzo eccessivo da
parte dell’Unione Europea. Proprio in questi giorni il Commissario Almunia
ha annunciato che dal prossimo aprile la procedura sarà cancellata. Al tempo
stesso, spese pubbliche, evasione fiscale e disavanzo pubblico erano in
forte crescita, il debito pubblico rispetto al Pil aveva ripreso a salire.
Oggi siamo in una situazione nella quale le spese sono tornate nell’alveo
delle necessità del risanamento, l’area dell’evasione fiscale è stata
visibilmente ridotta, il disavanzo pubblico è solidamente sotto il 3% del
Pil, il debito rispetto al Pil è nuovamente e significativamente in discesa.
I grandi obiettivi del pareggio di bilancio e di un debito pubblico sotto il
100% del Pil non sono più dei miraggi, ma delle mete realistiche che è
diventato possibile raggiungere negli anni a noi più prossimi. E si tratta
di mete che la nuova situazione del bilancio consente di accompagnare alle
misure, altrettanto necessarie, di riduzione del carico fiscale.
Come detto più volte, saranno i prossimi dati di consuntivo 2007 e la
prossima Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica a
certificare il buon andamento delle finanze pubbliche e a aggiornare le
previsioni sul 2008. Mi limito solo a ricordare quanto da altri già scritto
è cioè che il governo che verrà farà bene a preservare la buona eredità che
noi lasciamo sia sul fronte dell’aumento del gettito da evasione sia della
gestione delle spese pubbliche.
Mi scuso per la lunghezza della risposta e per l’elencazione di cifre,
percentuali e dati economici. Ma credo si tratti di una precisazione
doverosa al fine di evitare che tali e tante imprecisioni possano diventare
strumento di mistificazione elettoralistica.
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da lastampa.it
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Prodi annuncia l'addio: «Lascio la politica italiana»
«Il futuro è sempre sereno perchè ci sono cose da costruire. Io ho chiuso con la politica italiana e forse con la politica in generale, ma il mondo è pieno di occasioni dove c'è gente che aspetta aiuto e pace. C'è più spazio ora che prima». Lo afferma il presidente del Consiglio Romano Prodi, nel corso di un'intervista a Sky tg24, rispondendo ad una domanda sul suo futuro.
«Intristisce molto una campagna elettorale in cui si stracciano i programmi», ha poi detto Prodi, riferendosi al gesto compiuto sabato a Milano da Silvio Berlusconi. Per Prodi «i programmi sono il cuore di una campagna elettorale».
Poi sull'inflazione. «Sarebbe ora che si finisse con le previsioni perchè sommando gli aumenti si crea un'angoscia terribile, e non serve». L'aumento dei prezzi «va controllato» sottolinea il premier che ribadisce poi l'importanza di aver fatto le liberalizzazioni: «Sono servite - dice Prodi - ma se il prezzo del grano aumenta del 70% e se il petrolio arriva a 105 dollari c'è un problema».
«Un'ordinaria amministrazione così lunga crea problemi al Paese, tante cose che si dovevano fare ed erano pronte non si possono portare in porto. Cerco di fare un'ordinaria amministrazione piena, sempre rispettando i limiti».
«Cerco di aiutare le imprese, aiutando i nostri lavoratori, aiutando l'export - aggiunge - ma non è facile ed è singolare che si chiami ordinaria amministrazione un processo che dura così a lungo, ma queste sono le regole e vanno rispettate».
Massimo D'Alema telefonerà a Romano Prodi, dopo che il premier uscente ha detto che non farà più politica. «D'altronde - ha detto D'Alema - sono anche vice Presidente del Consiglio e con Prodi ci sentiamo anche più volte al giorno». D'Alema, a Venezia per un convegno, parlando delle affermazioni di Prodi ha detto: «Prodi ha deciso di non candidarsi alle elezioni, non è una novità è una scelta sua di chi vuole lasciare spazio ad una nuova generazione». «Sentirò Prodi - ha aggiunto - come faccio più volte al giorno». D'Alema ha anche aggiunto che per lui si tratta di dichiarazioni di seconda mano che vanno approfondite prima di esprimersi.
Pubblicato il: 09.03.08
Modificato il: 09.03.08 alle ore 20.43
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