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Autore Discussione: PARTITO DEMOCRATICO - ...  (Letto 39397 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Settembre 23, 2007, 11:24:08 pm »

23 settembre 2007

Un codice etico per il PD

Sarà fondato sulla legalità.

"Il Partito democratico si dara' un codice etico fondato sui principi della legalità. Non importa se perderemo qualche pezzo in seguito a questa scelta, ma è importante segnare una distanza precisa, neutralizzando i condizionamenti dei poteri criminali". Lo ha detto Walter Veltroni, a Palermo per un incontro con gli industriali siciliani. Per Veltroni il tema non può interessare solo il Pd: "Ci vogliono regole generali a livello nazionale e regionale che determinino una linea comune su questo fronte". Veltroni ha poi sottolineato che se "è importante il principio della presunzione di innocenza fino alla conclusione dei diversi gradi di giudizio, c'è anche un problema di opportunità da tenere presente".

"Dopo il 14 ottobre, comunque vadano le cose - ha aggiunto Veltroni - inizia un lavoro comune attorno a un tema centrale, decisivo per il destino dell'Italia, perchè le condizioni in cui si trovano alcune aree arretrate, rischiano di non far crescere il Paese. Si tratta di uno sforzo di liberazione che deve chiamare a raccolta le forze migliori della politica insieme a quelle della società civile. Ma i partiti e la politica devono dimostrarsi credibili".

Serve un segnale forte: "La lotta alla mafia e ai poteri criminali senza quartiere, quale aspetto centrale del processo di modernizzazione del Paese passa anche attraverso il gran numero degli imprenditori che non pagano il pizzo. E' una battaglia liberale. In questo senso le parole di Napolitano sono importanti. Questa sfida - ha concluso Veltroni - riguarda tutti e riguarda il futuro dell'Italia perchè la mafia non c'è solo quando spara, ma è nella vita delle persone che non sono libere, dentro quella degli imprenditori che pagano il pizzo".

da veltroniperlitalia.it
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« Risposta #31 inserito:: Settembre 27, 2007, 09:38:40 am »

Europa 25 set.

No, saranno eletti tanti under 35

di Giovanna Melandri


Caro direttore,
adesso che le liste a sostegno dei candidati segretari del Pd sono state presentate, di tutto abbiamo bisogno tranne che di alimentare false rappresentazioni. Anche perché ogni candidato e candidata a essere padre o madre fondatore e fondatrice del Pd è una ricchezza comune di tutti. La lista "Con Veltroni, Ambiente, Innovazione, Lavoro" è nata per portare nella costituente delle idee nuove su tre temi.

Tre temi come l'ambientalismo del progetto, tanto lontano dalla cultura nimby che spesso paralizza l'esperienza ecologista in Italia, l'innovazione legata alla società della conoscenza e il lavoro; un lavoro ricco di sapere e di autonomia creativa che è ancora così indispensabile all'autorealizzazione e alla libertà delle persone.

Ed è per questo che questa lista è nata dall'incontro concreto di storie, culture ed esperienze diverse: pensata in modo plurale. Ecodem, sindacalisti, giovani organizzati nei partiti e fuori da essi (come l'esperienza dei Mille di Luca Soffi), ricercatori ed esponenti del mondo della ricerca e del sapere. Tutti insieme hanno promosso questa esperienza, tutti con l'idea di affidare a molti ragazzi e ragazze il compito di rappresentare nell' assemblea costituente le ragioni dell'innovazione.

E infatti sono tantissimi i nostri giovani candidati in tutta Italia a partire da Roma, Milano, Palermo e Torino dove oltre il 50% delle teste di lista ha poco più di trentanni, e sono certa che quando tireremo le somme vedremo che molti dei ragazzi under 35 che sostengono Walter Veltroni entreranno nell'assemblea costituente grazie alla lista "Con Veltroni, Ambiente, Innovazione, Lavoro".
Voglio ricordare peraltro, e anche ringraziarli pubblicamente, i molti candidati autorevoli che si sono offerti "in garanzia" per l'elezione di una nuova classe dirigente. Porto L'esempio di Giuliano Amato, che nel grossetano si è candidato numero tre lasciando lo spazio a due giovani; o a quelli dì Anna Finocchiaro, Lilli Gruber, Giulio Santagata, Tiziano Treu e molti altri che trascineranno nei loro collegi l'elezione di giovanissimi delegati e delegate.

Ma ecco il punto, su cui desidero amichevolmente rispondere a Roberto Giachetti, che ci ha paradossalmente accusati di essere "chiusi ai giovani". Tutti potranno tra qualche ora vedere bene quanti ragazze e ragazzi, che hanno condiviso sin dallinizio il percorso di formazione di questa lista, saranno in posizione da essere eletti.

Quello che pochi potranno vedere è la difficoltà anche tra le candidature più giovani di far posto alle ragazze. Anche qui, anche nei movimenti giovanili organizzati, nei partiti o fuori da essi quando si va alla stretta finale prevalgono le candidature maschili. Ed essendoci noi dati, grazie al cielo, un regolamento ferreo su questo punto, i conflitti sono stati non pochi in tutta Italia.

Roberto Giachetti sa molto bene quanto io personalmente abbia tentato sino agli ultimi istanti prima della presentazione della lista di Roma di trovare una soluzione per dare piena rappresentanza anche al movimento di giovani che egli ha promosso e che però non aveva partecipato sin dall'inizio alla costruzione della lista.

Le accuse di Giachetti sono irricevibili proprio perché lui sa bene dove il nodo non è stato sciolto: anche lui come tanti altri mi ha posto a Roma la questione in termini ultimativi. O un ragazzo o nulla. Mentre su Roma avevamo ancora lo spazio per eleggere alcune giovani donne.

Da qui a parlare di una lista "chiusa ai giovani' ne corre. Con noi saranno spero eletti tra i fondatori del Pd moltissimi ragazzi e ragazze. I ragazzi delle associazioni giovanili dei Ds e della Margherita (tra cui i presidenti Pina Picierno e Fausto Raciti) i rappresentanti di associazioni giovanili laiche e religiose (a Milano Osama al Saghir, presidente giovani comunità islamiche) a Roma Tobìa Zevi, fino a pochi mesi fa presidente dei giovani della comunità ebraica, molti ragazzi del movimento dei Mille, Mattia Stella leader dei giovani per la costituzione, molti ambientalisti, sindacalisti, giovani lavoratori e ricercatori.

Addirittura in alcune regioni, come la Basilicata il 100% dei nostri candidati ha meno di 35 anni. Facciamo tutti adesso una bella campagna elettorale, rispettandoci a vicenda. Ogni candidato rappresenta una storia, un vissuto, che da oggi si tramuta in impegno attivo. Io ringrazio i tanti ragazzi che hanno deciso di accettare con slancio e tra mille difficoltà questa sfida e spero che ci troveremo presto nello stesso partito con i giovani "del pulmino".

Giovanna Melandri

da veltroniperlitalia.it
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« Risposta #32 inserito:: Settembre 28, 2007, 12:04:31 am »

POLITICA

Gawronski e Gavazzoli-Schettini presentano il loro ticket e un nuovo movimento

"Peccato, Veltroni non ha capito che noi intercettiamo l'antipolitica"

Pd, la corsa a due degli economisti

I candidati per le primarie restano cinque

La denuncia di Schettini, tagliato fuori per insufficienza di liste: "Di oltre 50 ne sono rimaste 16 nelle ultime ore scomparsi capilista e chi doveva vidimare". In Liguria, Toscana, Lazio e Puglia

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Il partito democratico non è ancora nato ma c'è già chi sente il bisogno di "democratizzarlo". Ovviamente dal suo interno, non standone fuori, ma standone dentro. Dice Piergiorgio Gawronski, economista dello sviluppo dei paesi più poveri, uno dei candidati alle primarie del 14 ottobre: "Peccato che Veltroni non abbia capito che gente come me, o come Jacopo Gavazzoli Schettini non ha mai pensato di correre contro di lui ma per aggiungere alla sua candidatura. Per dargli più forza. Peccato. Comunque ora siamo qua, io e Jacopo, insieme nelle primarie. E insieme anche dopo, con un nuovo movimento per democratizzare questo nuovo partito in cui continuiamo a credere".

Questa mattina, saletta dell'hotel Nazionale, piazza di Montecitorio, a due passi da Camera e palazzo Chigi. Un luogo a suo modo simbolico, scelto spesso da chi vuol fare politica ma ne è ancora fuori. E' ufficiale: i candidati per le primarie del Pd diventano cinque invece che sei. Il sesto non si è perso per strada - "forse qualcuno ci sperava" sorride Jacopo Gavazzoli Schettini - ma correrà insieme con Piergiorgio Gawronski. Un secondo ticket, quindi, oltre quello di Veltroni e Franceschini.

"L'idea c'è venuta a fine agosto" racconta Gawronski, "perché i nostri programmi hanno molti punti in comune", così come le loro storie di economisti etici e dello sviluppo e di outsider della politica. Adesso quell'idea è diventata operativa anche perché senza ticket Gavazzoli-Schettini sarebbe scomparso. Spazzato via per insufficienza di liste. Un fastidioso nome in più in una corsa - quella per le primarie del Pd - per qualcuno molto più affollata rispetto alle previsioni.

Il ticket degli outisder diventa dunque movimento "per intercettare il sentimento dell'antipolitica". "Il 13 ottobre, quando chiude la campagna elettorale, noi lanceremo il nuovo movimento che avrà sue liste già nelle provinciali di novembre" spiega Gawronski. Per compagni di strada, aggiunge, "abbiamo persone scoraggiate da questa politica perché chi è andato in piazza con Grillo non è antipolitico, vuole però una politica diversa; è con noi anche la base dei partiti che non ne può più dei loro dirigenti". Il programma ha tre obiettivi: "Un partito democratico veramente nuovo; riforme vere nel senso di un maggioritario a doppio turno bilanciato da maggiori garanzie democratiche; rinnovamento della politica, ad esempio cambiare i meccanismi di accesso alla pubblica amministrazione e ai concorsi". Per maggiori dettagli i due candidati rinviano ai rispettivi siti on line.

Fin qui la parte propositiva. Ma il ticket è anche il risultato di quello che è successo nelle retrovie del Partito Democratico nella fase delicatisisma della creazione delle liste per partecipare alla costituente del nuovo partito. Una cronaca sconosciuta, che quasi nessuno ha raccontato, per evitare di accendere polemiche e di sciaquare i panni sporchi fuori casa. In realtà una lotta ai lunghi coltelli da parte dei big della politica per stare dentro e avere i posti migliori nelle liste e nei collegi.

Una lotta contro i mulini a vento da parte di chi voleva provarci e si è ritrovato, racconta Gavazzoli Schettini "a fare i conti con capilista scomparsi nelle ultime 24 ore prima di consegnare le liste e consiglieri provinciali che dovevano vidimare le liste irranggiungibili proprio sabato pomeriggio, a poche ore dalla consegna".
 
Jacopo Gavazzoli-Schettini

Certo, Gavazzoli Schettini sa perfettamente di essere partito con pochi numeri, zero organizzazione e di aver avuto solo due mesi per mettere insieme il minimo richiesto: 25 liste in almeno cinque diverse regioni; ognuna con un numero di candidati tra 5 e 10 e con minimo un centinaio di firme. Non una cosa semplice quando non hai un partito nè una segreteria dietro di te e hai due mesi e mezzo di tempo di cui uno agosto. "E però - racconta Gavazzoli che nella vita lavora a Bruxelles e fa l'economista etico - il fatto è che 72 ore prima della consegna (le 24 del 22 settembre ndr) avevamo circa 50 liste, 48 ore prima 35, 24 ore 26 e siamo riuscite a consegnarne solo 16".

E' successo in Liguria, Toscana, Lazio e Puglia, "candidati scomparsi all'ultimo secondo, avevano cambiato idea. Alle ore 18 del 21 settembre, a sei ore dalla consegna, una imprenditrice toscana che doveva garantire per una decina di liste non è semplicemente venuta all'appuntamento". Una moria di candidati subìta anche gli altri outsider che però erano riusciti a mettersi in zona sicurezza. Al blogger Adinolfi sono rimaste 50 liste su 70-80 previste. Gawrosnki è rimasto con trenta. Per un'unghia, ma ce l'ha fatta.

(26 settembre 2007)

da repubblica.it
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« Risposta #33 inserito:: Ottobre 01, 2007, 04:52:29 pm »

L'incontro con i cinque candidati alla segreteria del nuovo partito «Primarie del Pd, al voto più di un milione»

Prodi: «Sono convinto che supereremo questa cifra, che è un'enormità». «Gli sfidanti? Sono concorrenti, non nemici»
 
 
ROMA - Un milione di elettori alle primarie «è un'enormità, una cifra straordinaria. Ma sono convinto che la supereremo». È la previsione del premier Romano Prodi a proposito del 14 ottobre al termine dell'incontro con i candidati alla segreteria del Partito democratico, Walter Veltroni, Enrico Letta, Rosy Bindi, Mario Adinolfi e Piergiorgio Gawronski.

«NON E' GARA TRA NEMICI» - Prodi ha annunciato che il confronto pre-elettorale tra i cinque pretendenti alla carica di segretario del Pd ci dovrebbe essere. «Il confronto si farà - ha spiegato il premier - lo ho accettato e fatto mio immediatamente proprio per dimostrare che in gara ci sono candidati ma con un obiettivo comune». Su come si svolgerà questo confronto tra i cinque candidati, ovvero se avverrà in televisione, Prodi non si è sbilanciato: «Gli aspetti tecnici non li ho approfonditi». «Questa mattina abbiamo fatto proprio una bella chiacchierata su cosa è questa gara», che, ha precisato il premier, «è tra concorrenti e non tra nemici». «Le regole - ha aggiunto Prodi - sono comuni, l'obiettivo è comune. E soprattutto è comune l'idea del Partito democratico, di che partito vogliamo: un partito che rinnovi veramente la societá italiana; un partito che sia partito, quindi non diretto dall'alto, da forze economiche o mediatiche, ma che si esprima in un elevatissimo numero di partecipanti alla votazione del 14 ottobre. Su questo ci siamo soffermati. Per questa giornata sono giá in moto 35 mila volontari, abbiamo oltre 10 mila seggi, abbiamo una risposta popolare molto forte».

NUMERI E PREVISIONI - «Quindi - ha ribadito Prodi - ci avviamo verso un'espressione di voto larga e grande. È inutile fare numeri, perchè quando si dice un milione è molto poco, un milione, invece, è un'enormitá. Ma sono convinto che lo supereremo. Ma giá un milione è una cifra straordinaria, perchè confrontato con quanto avviene negli altri Paesi e nel centrodestra italiano non si è mai affrontato nulla di simile».

CARICHE E NOMINE - Secondo il fondatore dell'Ulivo, il Partito democratico che nascerà avrà «un’anima», il che vuol dire «non voler controllare la società italiana, non essere il partito delle cariche e delle nomine, ma essere il partito che esprime la società, riprende il grande pluralismo, la grande diversità e la grande fusione delle culture che è stata la base dell’Ulivo dieci anni fa». E a proposito dei rapporti con gli altri attuali alleati in seno all'Unione, Prodi ha spiegato che «tutta la coalizione potrà giovarsi di un punto di riferimento proprio perchè la coalizione stessa ha bisogna di un Pd forte e responsabile. Ne sono profondamente convinto, non solo perchè è l'unica condizione per vincere le elezioni, che già sarebbe sufficiente, ma è anche la condizione per trovare più facilmente una sintesi».

01 ottobre 2007
 
da corriere.it
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« Risposta #34 inserito:: Ottobre 01, 2007, 05:03:09 pm »

Musica nuova
Nicola Piovani


Speriamo che la volata finale di queste cosiddette primarie del Pd non si presenti in toni aggressivi, e che sia civile, dialettica e garbata, magari più di quello che si è visto finora. Gli sfidanti del 14 ottobre non dimentichino che dal 15 ottobre dovranno essere i leali alleati di un nuovo partito che nasce per unire, non per dividere, e nel quale si ripongono tante speranze di cambiamento, chiunque ne diverrà il segretario.

Noi elettori di sinistra siamo abituati da anni a votare contro qualcosa o peggio contro qualcuno, e invece domenica 14 voteremo a favore.

Ha scritto felicemente Curzio Maltese: Bindi, Letta, Veltroni, stavolta abbiamo l’imbarazzo della scelta.

Un nuovo partito nasce - deve nascere, ci auguriamo che nasca - coniugando anime diverse, radici diverse, storie diverse, diversi punti di vista che riconoscono diverse priorità, diverse agende delle urgenze. E proprio su queste diverse urgenze penso debba avvenire la scelta di noi elettori - al di là dell’urgenza allarmante, da tutti condivisa, di una nuova decente legge elettorale.

Per esempio, so che tanti come me avvertono come tema fondamentale di un partito e di un paese civile la difesa della laicità dello stato, quella laicità che viene spesso mortificata anche a livello culturale da tanti pulpiti autorevoli. La laicità dello stato dovrebbe stare a cuore anche e soprattutto a chi, come me, è tutt’altro che ateo, a chi ha una visione sacra della vita e della religiosità del vivere. Laicità politica significa coltivare e incentivare il rispetto per le religioni, anche quelle degli altri, quelle con le quali dovremo sempre di più convivere, per fortuna. Significa proteggere i bambini dai danni che produce il panico dei bigotti, educarli al pluralismo, alla libertà di pensiero. Laicità è anche rispettare la libertà della ricerca scientifica, quella libertà offesa dall ultimo insensato referendum: in quell’occasione molti, troppi ponzipilati si sono astenuti, barcamenati.

Altro esempio: siamo più d’uno a pensare che la politica culturale non sia una ciliegina sulla torta. Secondo il Berlusconi-pensiero Bisogna fare cassa: tutto il resto è poesia poesia usato come dispregiativo. Ritengo invece che le manifestazioni spettacolari nelle piazze fiorite a Roma negli anni recenti siano una vera e propria ricchezza cittadina: parlo di quegli eventi per i quali è stato da più parti bacchettato il sindaco Veltroni, prima le buche nelle strade, poi il rock and roll. Ma tali avvenimenti non vanno criticati nei termini stretti dell espressione artistica, vanno visti invece come momenti di forte aggregazione e costruzione di un identità collettiva, sempre più preziosa nelle moderne metropoli che tendono ad isolare l individuo dentro un linguaggio di comunicazione strettamente televisivo.

Certo, l’acustica del Flauto magico a piazza del Popolo non sarà perfetta; le finezze del Samba brasiliano si apprezzano meglio al chiuso di un teatro vellutato anziché a piazza di Siena con 200.000 chiassosi spettatori; la musica di Morricone svela i suoi tesori timbrici più in un ligneo auditorium che in piazza del Campidoglio. Questi limiti veniali fanno logicamente storcere il naso ai puristi, e lo so anch’io che una vera politica culturale non può esaurirsi nei cosiddetti eventi popolar-pirotecnici: su questo il dibattito dovrà essere aperto, apertissimo. Ma, per una comunità metropolitana, il gesto di uscire di casa per aggregarsi intorno a un cantante pop, o a un quartetto jazz, o a un orchestra sinfonica all aperto, o anche a un cabarettista debuttante, piuttosto che sonnecchiare davanti a un reality-show, è un momento rilevante della costruzione di una identità cittadina. Può riderne un elite intellettuale ma, come cantava De Gregori, è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa quando viene la sera. Altro che ciliegina sulla torta!

Gli esempi soprascritti sono alcuni dei motivi per i quali il 14 ottobre voterò per Valter Veltroni. Ma il giorno dopo, chiunque vinca, sarò pronto ad applaudire il primo segretario del Pd.

Si è anche detto che il progetto e le speranze del nuovo partito sarebbero troppo ottimistiche, utopistiche, ingenue, in una parola veltronesche. Insomma, sperare di imboccare per il nostro paese una strada di civiltà e dignità sarebbe roba per sognatori. Può darsi. Ma, lo diceva Flaiano, chi rifiuta il sogno, deve masturbarsi con la realtà.

Pubblicato il: 01.10.07
Modificato il: 01.10.07 alle ore 8.35   
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« Risposta #35 inserito:: Ottobre 03, 2007, 10:39:09 pm »

Chi gioca con i numeri

Bruno Miserendino


Ma un milione di persone che va a votare per fondare un partito, sono abbastanza, poche, tantissime, o un flop? In tempi come questi, dove il vento dell’antipolitica soffia forte e molti italiani pensano che i partiti sono roba da buttare a mare, il semplice buon senso imporrebbe di considerare il traguardo del milione come uno straordinario risultato. Se non altro perché un evento del genere non si è mai registrato nella storia dei partiti moderni.

Eppure un dibattito tipicamente italiano impazza. Invece di guardare la sostanza dell’avvenimento, si guarda la soglia. Ognuno stabilisce quella oltre cui il risultato può essere considerato una catastrofe o un trionfo, l’asticella dei desideri o delle paure viene spostata in continuazione, e l’effetto è di trasformare l’avvenimento in una partita di coppa: se si segna più di un gol (un milione) ci si qualifica, altrimenti si torna a casa. L’aspetto un po’surreale di questo dibattito è che non coinvolge tanto gli avversari del nascente partito democratico, ossia tutti quelli che avrebbero un miope ma legittimo interesse di bottega a sminuire l’evento, ma proprio i protagonisti del Partito che nasce. In questa strana “partita del milione” che sta agitando la vigilia delle primarie, Veltroni ci vede l’inconfondibile segno del “Tafazzismo”, ossia quella pervicace voglia della sinistra di farsi del male anche quando fa bene, ma forse c’è qualcosa di più singolare. Magari riguarda pochi pasdaran, ma sembra in azione quel tipico atteggiamento per cui se le cose vanno bene il merito è di tutti, anzi soprattutto di quelli che hanno sfidato il favorito, se invece le cose vanno al di sotto della soglia stabilita (da loro) la colpa sarà del candidato numero uno. Un marziano, oppure semplicemente un europeo, potrebbe chiedere: ma come, non stanno per fare un partito insieme?

Invece la spiegazione, se a votare andranno meno di un milione, sembra già pronta: è il segno che hanno votato solo gli apparati di Ds e Margherita, mentre il popolo dell’Ulivo e la società civile sono rimasti alla finestra o indifferenti. Non a caso, poiché, come dice anche Fassino, è possibile che vada a votare più di un milione, l’asticella viene tirata sempre più su. Qualcuno, in questi giorni, va dicendo che sarebbe un flop anche se andassero a votare in due milioni.

Infatti il paragone che si fa è quello con le primarie di due anni fa, quando votarono in quattro milioni. Un evento che tutti sanno irripetibile, se non altro perchè le condizioni erano molto diverse. Allora quella marea che invase i banchetti per le firme fino a tarda notte e che incoronò Prodi fu la straordinaria risposta del popolo di centrosinistra alla sfida di Berlusconi. Fu il modo di dire, caro Cavaliere, tu hai il governo, il potere e le tv ma noi siamo uniti, abbiamo un leader e ti diamo una dimostrazione di forza in attesa di dartela alle elezioni. Bisognerà pure ricordare a Parisi, ad esempio, che votarono anche gli elettori e i simpatizzanti di Rifondazione, dei Verdi, dell’Udeur di Mastella. E lo stesso Parisi allora aveva detto (prima) che già mezzo milione di partecipanti sarebbe stato un successone. E nessuno, allora, aveva preteso confronti tv tra i candidati, pur trattandosi di primarie per la premiership. Adesso le cose sono diverse. C’è un governo di centrosinistra che non gode di grande popolarità, Berlusconi è all’opposizione, il clima del paese è quello che è. E soprattutto si chiama la gente a fondare un partito, dopo averne sciolti due.

Insomma, è ovvio che il livello di partecipazione sarà un indicatore importante per il futuro del Pd e sarà un segnale anche del gradimento di Veltroni. Ma il 14 ottobre bisognerà valutare tanti dati: il numero dei partecipanti, certo, ma anche le percentuali dei candidati, la distribuzione geografica dei voti, la tipologia degli eletti. Può darsi che abbia ragione Rosy Bindi quando dice che porsi l’obiettivo di un milione di partecipanti è riduttivo e controproducente, e può darsi che abbia buoni motivi per sperare di prendere più voti se andranno alle urne molti più del fatidico milione. Può darsi perfino che abbia ragione chi dice che i confronti diretti avrebbero invogliato più gente e reso più chiaro il confronto programmatico. Sarà. Ma qualche dubbio viene. L’impressione, che peraltro hanno in molti, è che dietro tutte questi legittimi argomenti, ci sia più terra terra la voglia di molti di non dare a Veltroni (e a Franceschini) tutta l’agibilità politica che chiedono per affrontare una sfida del genere. Questo si capirà presto, il 15 ottobre.

L’unica cosa che non ha senso fare è dire che se ci va meno gente del previsto la colpa è di uno solo, perché i conti col risultato li dovranno fare tutti. Questo direbbe il buon senso.

Pubblicato il: 03.10.07
Modificato il: 03.10.07 alle ore 8.37   
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« Risposta #36 inserito:: Ottobre 04, 2007, 11:22:44 pm »

Primarie in tv: nasce un fronte anti-Pd

Natalia Lombardo


Lo sfogatoio dei malumori contro il Pd. In commissione di Vigilanza prendono corpo maggioranze trasversali accomunate dall’insofferenza verso il nuovo partito, nella quale si tuffa la Cdl. Il radicale Beltrandi attacca l’informazione sulle primarie: meno Pd e più spazio ai contrari, perché «non siano una manifestazione di regime». Nel giorno in cui il tribunale civile ha respinto il ricorso di Pannella sull’esclusione dalla corsa, il radicale della Rosa nel Pugno ha presentato un atto d’indirizzo: la Rai deve «fare da subito un'informazione corretta, completa, imparziale ed obiettiva sulle primarie» del Pd «dando voce anche a coloro che si oppongono a questo processo politico».

Una mossa a sorpresa, per l’Ulivo. Dalle firme in calce si vede com’è spaccata l’Unione, per la seconda volta unita al centrodestra: Tranfaglia (Pdci), Pedrini (Idv), Satta (Udeur), De Laurentiis (Udc), Galli (Lega Nord), Paolo Brutti (Sd) e il “fuoruscito” dell'Ulivo Bordon. Dopo un turbolento ufficio di presidenza la Vigilanza (contrati Ulivo e Rifondazione) ha deciso di discutere oggi il documento, e l’obiettivo è arrivare al voto. Se, come sembra, FI si associa, il testo passa. Rinviate invece le mozioni trasversali per licenziare il Cda Rai.

Fabrizio Morri, capogruppo Ulivo, contesta il «tentativo di togliere spazio al Pd per darne di più a chi è contrario»: non essendo un confronto elettorale fra partiti la mozione «è strumentale, mira a a oscurare Veltroni e il Pd». Nel testo, infatti, si contesta all’informazione tv di «aver avuto come centro la candidatura di Veltroni» e di non aver presentato le «pecurialità» dei candidati alternativi. Ma non sono Bindi o Letta a protestare, bensì i radicali...

Furibondo il ds Giulietti, che gestì la comunicazione nelle primarie del 2005: «Ho passato la vita a illuminare i referendum radicali, e ora si fa questo attacco mirato per togliere spazi, non per aggiungerne». L’Authority per le Tlc, dopo la richiesta del Comitato Veltroni, ha sollecitato i media ad informare i cittadini sulle primarie. «L’Authority ha ripreso l’atto d’indirizzo del 2005», spiega Giulietti, «perché i media diano un’adeguata informazione alle modalità di esercizio di voto, nel rispetto di qualunque processo di allargamento della partecipazione, protetto dalla Costituzione». Ma in Vigilanza stanno esplodendo i conflitti nell’Unione, per la gioia della Cdl. Per esempio, dai reclami dell’udeur Satta contro Anno Zero e Ballarò, è nata la convocazione di Santoro, Vespa, Floris e un conduttore di Primo Piano, per un’indagine su «criteri e metodologie informative» dei programmi di approfondimento Rai.

Eppure il Cda aveva appena dato mandato (anzi, spronato) il direttore generale Cappon ad intervenire in caso di violazioni della Carta dei Doveri Rai, pur rispettando «piena autonomia dei giornalisti». Il presidente Petruccioli sintetizza così: «Né tabù, né censure, ma nessun lassismo» neppure per i collaboratori (leggi: Travaglio).

Ieri Cappon ha presentato il piano industriale al Cda. Petruccioli ha risposto alle critiche del Senato e dell’azionista Padoa Schioppa: «Giudizi non sufficientemente fondati, né attenti ai limiti e gli obblighi di legge», i dati siano «documentati e verificabili». Il Cda è «pienamente legittimo» e sa cosa fare. La Ue, infine minaccia ancora l’Italia di sanzioni se non cancella la Legge Gasparri. Il ministro Gentiloni ha ottenuto da Prodi una sollecitazione per il ddl rinviato alla Camera al 2008: «Si discuta al più presto».

Pubblicato il: 04.10.07
Modificato il: 04.10.07 alle ore 9.22   
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« Risposta #37 inserito:: Ottobre 08, 2007, 11:18:27 am »

Dopo un anno ci siamo
Piero Fassino


È passato un anno esatto dal quel 7 ottobre 2006, quando a Orvieto insieme a Romano Prodi, a Francesco Rutelli, a Walter Veltroni e a tanti dirigenti di DS e Margherita, varammo il progetto del Partito Democratico. A molti appariva un progetto così ambizioso da richiedere un tempo di incubazione lungo, tant´è Prodi indicò nelle elezioni europee del 2009 il traguardo per la costituzione del nuovo partito. In tanti prevaleva scetticismo e diffidenza. Ad altri ancora appariva un progetto utopico o velleitario.

A un solo anno da Orvieto, invece, il Partito Democratico sta per vedere, la luce e domenica 14 ottobre un enorme quantità di donne e uomini sarà protagonista della nascita del Partito Democratico. Lo sforzo della mobilitazione di queste settimane dice più di ogni parola: oltre 35.000 candidati, metà dei quali donne e almeno un terzo espressione della società civile.

E poi 60.000 scrutatori; 11.000 seggi; tanti ragazzi e ragazze tra i candidati; centinaia e centinaia di iniziative in tutta Italia. Cifre e fatti che dicono quanto infondato e caricaturale sia rappresentare il Partito Democratico come operazione burocratica di apparati o di ceto politico.

Ma non è solo la dimensione organizzativa a dirci che si sta per consumare un evento straordinario. Sono soprattutto le ragioni politiche per cui il PD nasce a rendere evidente quanto questo progetto possa cambiare la politica italiana.

In tempi di antipolitica crescente il PD è, in primo luogo, una risposta positiva di buona politica. A un´opinione pubblica che guarda con diffidenza ai partiti perché li sente estranei e distanti, noi offriamo l´occasione di prendere la politica nelle proprie mani. Chiamiamo i cittadini a scegliere, decidere, a essere protagonisti in prima persona, con il voto, della fondazione del PD.

Il Partito Democratico si dimostra così lo strumento per cambiare la politica italiana. Intanto perché in una politica segnata da divisioni, scissioni e separazioni, il PD è un progetto che unisce: due grandi partiti - Ds e Margherita - si fondono, aggregano altre forze - i Repubblicani europei, una parte dei socialisti , movimenti ambientalisti - e soprattutto chiamano a raccolta quella grande quantità di italiani che in questi anni si sono riconosciuti nell´Ulivo e tanti altri ancora che vogliono un´Italia giusta, moderna, dinamica. E questa scelta di unità già produce i suoi effetti sul sistema politico: proprio la costituzione del Partito Democratico ha sollecitato Berlusconi e Fini a riprendere il progetto di un grande partito conservatore competitivo con il PD. Casini e il suo partito hanno accentuato la propria autonomia dalla destra. E nella stessa Lega c´è chi si interroga. E a sinistra, forze politiche tradizionalmente gelose della loro identità, dei loro simboli, dei loro nomi - Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, una parte dei Verdi - riflettono sulla possibilità di un´aggregazione unitaria. Insomma: il PD come strumento per ridisegnare il sistema politico, superando la crescente frammentazione del sistema politico che oggi vede sedere in Parlamento rappresentanti di 24 partiti e proprio per questo appare ai cittadini fragile e poco credibile.

Nel realizzare questo processo il Partito Democratico ci consente anche di realizzare un altro obiettivo di grande valore politico: per la prima volta nella storia italiana le diverse culture riformiste si riuniscono in un unico partito politico, che ha la possibilità di essere il primo partito italiano, di rappresentare oltre un terzo del corpo elettorale e di fare così del riformismo la cultura maggioritaria del Paese. Un progetto aperto a cui ci auguriamo vogliano unirsi presto altre energie riformiste, come il ricostituito Partito Socialista.

E, infine, il Partito Democratico rappresenta lo strumento essenziale per consolidare e rafforzare la maggioranza di governo e l´azione dello stesso Esecutivo guidato da Romano Prodi. Sappiamo tutti, infatti, che il centrosinistra vive ogni giorno la divaricazione tra ciò che il governo fa e la percezione che ne hanno gli italiani.

Quel che Prodi e il suo governo fanno è molto. E giustamente il Presidente del Consiglio lo ha rivendicato in questi giorni: un nuovo protagonismo sulla scena internazionale, una ritrovata collocazione in Europa, l´avvio del risanamento dei conti pubblici, il rilancio della crescita economica, un nuovo patto sociale per ridisegnare welfare e diritti, una politica fiscale più giusta, la modernizzazione del Paese. E la stessa Finanziaria 2008 è la dimostrazione di quanto sia stata efficace la strategia perseguita nei primi 15 mesi di governo.

E tuttavia la percezione che la maggioranza degli italiani hanno del governo è altra: prevale l´immagine di una maggioranza fragile, esposta a continue divisioni, spesso sull´orlo di un incidente o di una crisi. E´ una percezione certo dilatata dai media, ma che trae ragione dal carattere composito di una maggioranza - 14 partiti in Parlamento, 11 al Governo - di cui ogni giorno emergono più i fattori divaricanti che quelli coesivi. Il Partito Democratico è una risposta anche a questo problema: perché assai diversa può essere la vita di una coalizione plurale se la sua forza principale è - come oggi sono i DS - una forza di circa il 20% oppure un partito del 35% come sarà il Partito Democratico. Una forza di vasto consenso elettorale, di forte radicamento sociale, di larga esperienza di governo locale e nazionale, ha certamente molte maggiori possibilità di tenere unita e coesa una coalizione ampia e plurale, riducendo i rischi delle spinte centrifughe.

Insomma: il Partito Democratico come leva per fare uscire il sistema politico dalla crisi di fiducia che oggi lo rende poco credibile agli occhi dei cittadini. E il Partito Democratico come lo strumento per guidare l´Italia in una fase nella quale grandi cambiamenti - il lavoro flessibile, la sostenibilità dello sviluppo, il welfare delle opportunità, il futuro dei giovani, la società multietnica, la domanda di sicurezza dei cittadini, la crisi delle istituzioni democratiche - tutti chiedono una grande forza progressista e riformista capace di tenere insieme modernità e diritti, innovazione e tutele, crescita economica e coesione sociale, meriti e bisogni, partecipazione e decisione.

Una sfida appassionante per rinnovare le idee della sinistra e farle incontrare con le idee di altre esperienze e culture progressiste, dando vita così a un grande Partito Democratico portatore di un progetto riformista e unitario di governo e di modernizzazione dell´Italia.

Per questo non dobbiamo avere paura della sfida che sta davanti a noi. Cambiare è prima di tutto iniziare una nuova vita. Cambiare significa misurarsi con il proprio tempo e con le domande di una società in movimento.

Cambiare è avere fiducia nel futuro e volerlo costruire.

Ed è questa la ragione per cui il 14 ottobre non finisce una storia, ma ne comincia una più grande, di cui ancora una volta saranno protagonisti donne e uomini che credono nei valori di pace, libertà, giustizia, uguaglianza, democrazia e solidarietà.

Pubblicato il: 07.10.07
Modificato il: 07.10.07 alle ore 19.07   
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« Risposta #38 inserito:: Ottobre 08, 2007, 11:22:32 am »

Dario Franceschini: «Il ticket è stato fondamentale per evitare la conta tra Ds e Dl»
Simone Collini


«Più voti avrà Veltroni, più avrà una forza politica che nessun segretario di partito ha mai avuto. Negli schemi tradizionali, i segretari sono sempre stati eletti dai congressi, dai comitati centrali. Essere eletti attraverso il voto di centinaia di migliaia di persone dà una forza straordinaria. Avere questa forza e non usarla per cambiare tutto sarebbe colpevole». Per questo, Dario Franceschini dice che all´indomani del 14 ottobre non andrà fatta semplicemente «un´opera di manutenzione»: «Dovremo fare la rivoluzione». Il che vuol dire, per il capogruppo dell´Ulivo alla Camera che corre in ticket con Veltroni alle primarie del Partito democratico, non solo che vanno dati «segnali di cambiamento profondi», ma anche che dovrà esserci «meno tattica, equilibrismi e anche meno dietrologie e sospetti».

Si è scritto molto sull´uscita di Veltroni sul taglio dei ministri. Anche qui siamo nel campo delle dietrologie e dei sospetti?

«Veltroni ha consegnato un tema, dicendo che si tratta di una competenza del presidente del Consiglio».

E lei che dice?

«Esattamente questo. Se Prodi deciderà di ridurre la composizione numerica e razionalizzare la composizione di governo, il Partito democratico sosterrà questa decisione, non farà resistenze al fatto di avere meno ministri e sottosegretari. Se Prodi deciderà diversamente, andrà bene lo stesso. Stiamo parlando di una prerogativa del presidente del Consiglio. I partiti danno dei suggerimenti».

Dice il ministro De Castro che Veltroni deve occuparsi di più del partito, perché del governo si occupano ministri e premier.

«Non c´è nessun bisogno di dirlo in modo ultimativo, è già così nei fatti. Sappiamo dall´inizio che l´allargamento dell´area di consenso del Pd passa per forza attraverso la qualità dell´azione di governo. E viceversa, un Pd che si rafforza e che mette in campo la disponibilità a fare scelte coraggiose aiuta il governo. Faccio veramente fatica a capire dove sia il problema in questo caso, perché normalmente, di fronte a un´ipotesi di riduzione del numero dei ministri, sono i partiti a opporre resistenza. Veramente, non capisco il perché delle polemiche».

Forse perché qualcuno teme un "premier ombra". C´è questo rischio, secondo lei?

«No. In Italia il governo è di coalizione, quindi il premier ha una funzione di sintesi, di costruzione di posizioni su cui si ritrova tutta l´alleanza. Il segretario di un partito ha un ruolo diverso, mette in campo idee, proposte. Inoltre, la funzione di un partito, e questa è una delle sfide che dobbiamo recuperare, deve tornare a essere quella che è stata per molti anni in Italia e che nell´ultimo decennio si è smarrita. Cioè affrontare i temi quotidiani ma senza rinunciare alla funzione di indicare un modello sociale verso il quale fare gli sforzi quotidiani».

Insomma sbaglia chi ricorre alla dietrologia?

«Qui siamo tutti sulla stessa barca. Sappiamo perfettamente che il Pd è l´approdo della transizione degli ultimi anni. Non c´è altro dopo. Se Walter ha accettato di imbarcarsi in quest´impresa e se io ho detto sì alla sua richiesta di dare una mano, non è fare un po´ di manutenzione o costruire un contenitore nuovo. Qui si tratta veramente di fare una rivoluzione nella politica italiana, proprio perché sappiamo che questa è l´ultima opportunità. La gente aspetta segnali di cambiamento profondi».

Dovrete lavorare anche a una nuova legge elettorale. Sembra ci siano convergenze sul sistema tedesco. La sua opinione?

«Gli italiani non vogliono un sistema elettorale per cui i governi si fanno dopo le elezioni. Da noi il sistema tedesco importato così, in blocco, comporterebbe che una piccola forza politica al centro può diventare l´arbitro dei destini politici del paese. Diverso sarebbe un sistema proporzionale ispirato a quello tedesco, ma con dichiarazione preventiva delle alleanze. Su questo si può ragionare».

Con chi? Berlusconi dice che con questa maggioranza non si discute nessuna riforma.

«Per noi rimane valido il principio che legge elettorale e riforme istituzionali vanno approvate con la maggioranza più larga possibile. Ma questo non significa che serva l´unanimità, perché altrimenti questo diventerebbe un diritto di veto».

Quindi?

«Quella con cui sono stati approvati in commissione Affari costituzionali della Camera il Senato federale e la riduzione del numero dei parlamentari è già una larga maggioranza».

La prossima sarà un´alleanza sempre di centrosinistra?

«Il nostro dovere è lavorare nel centrosinistra, però non possiamo più presentarci con margini di ambiguità che poi rendono impossibile la vita di governo. Il Pd dovrà chiudere la stagione in cui si mettono insieme tutti quelli che sono contro un avversario, anche quelli più impossibili da conciliare tra loro, e poi si scrive il programma. Bisogna rovesciare. La coalizione va fatta solo tra forze veramente omogenee, che scrivono un programma chiaro, breve e vincolante. Il Pd andrà al voto con le forze che condividono lo stesso programma. Potrebbe alla fine scegliere anche di andare da solo. Perché stiamo parlando di un cambiamento talmente importante che vale la pena di mettere in conto anche il rischio di perdere».

Alle primarie lei corre in ticket con Veltroni, una decisione contestata da Rosy Bindi.

«Il fatto che io e Veltroni abbiamo girato insieme l´Italia ha accelerato molto la logica di superare le provenienze. Se c´è una cosa che rivendico nell´aver accettato la proposta di Walter è che questo ha evitato che le primarie diventassero il luogo di una conta tra Ds e Margherita. Cioè l´opposto esatto di quello che si doveva fare. E che si è fatto».

Si fanno previsioni e si discute di quanti dovranno partecipare alle primarie per parlare di successo. Lei che dice?

«Che chiunque fa un numero azzarda una cosa impossibile da prevedere. C´è una grande partecipazione alle iniziative a cui partecipo, mi aspetto di vederla tradotta in numeri».

Come paragone si prendono i quattro milioni delle primarie per Prodi candidato premier.

«Paragone assurdo. Intanto perché erano primarie di tutta la coalizione, e poi perché quella era una sorta di mobilitazione antiberlusconiana, per il cambio di governo».

Non fa numeri e non fa neanche previsioni della percentuale di voti per Veltroni?

«Dico solo che più voti avrà e più si metterà nelle mani di chi è chiamato a costruire il nuovo partito una forza politica che nessuno ha mai avuto. I segretari sono sempre stati eletti dai congressi, dai comitati centrali. Essere eletti da centinaia di migliaia di persone dà una forza straordinaria. Per questo dico che dopo non dovremo fare manutenzione, dovremo fare la rivoluzione. Avere questa forza e non usarla per cambiare tutto diventerebbe colpevole».

Pubblicato il: 07.10.07
Modificato il: 07.10.07 alle ore 19.09   
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« Risposta #39 inserito:: Ottobre 10, 2007, 12:44:30 pm »

Rutelli: il Pd è la risposta alla crisi della politica

Alla crisi attuale del sistema politico «il centrodestra risponde ponendosi come obiettivo la richiesta di elezioni anticipate per consentire a Silvio Berlusconi di tornare a candidarsi alla presidenza del Consiglio. Ragionano come su un’astronave impazzita.

Il Pd è invece la risposta politica a questa crisi». Così Francesco Rutelli, vicepremier e ministro dei Beni culturali, nel suo intervento a un incontro organizzato dalla componente liberal del Partito democratico, con Enzo Bianco, Enrico Morando, Valerio Zanone e Franco Bassanini.

Il leader della Margherita, rivolgendosi agli interlocutori liberal-democratici presenti, pone l'accento sulla consonanza riscontrata sul suo “manifesto dei coraggiosi” perché «è un indicatore, un punto di riferimento da cui Veltroni ha dimostrato di non voler prescindere». Occorre, dice, «fissare il programma, dire cosa si vuole fare e poi costruire le alleanze per governare il Paese», mentre la Cdl, «ripropone, come nel '94, nel '96, nel 2001 e nel 2006, Berlusconi con Fini, Casini e Bossi». Non «è questa la risposta per ridare fiducia ai cittadini».

Altri indicatori importanti, per verificare «la capacità di questo governo di fare riforme», sono per Rutelli, «l'approvazione dei ddl Bersani, sulle liberalizzazioni, Gentiloni sul sistema radiotelevisivo e Lanzillotta sugli enti locali». Ma il vice premier si sofferma anche sul «principio di autorità, un’autorità serena e garantista che deve essere al centro dell'essere democratico».

Autorità e regole, «non è possibile» che in questo Paese, dice Rutelli, «studenti si mobilitino e impacchettino il proprio liceo per entrare a scuola 20 minuti dopo». E il riferimento è agli studenti del Mamiani di Roma. Così come non è possibile che non esista più «la certezza della pena. Ormai il concetto di certezza è sganciato dal concetto di pena. In Italia non esiste più la pena, non esiste il concetto di condanna, un elemento di deterrenza che è fondamentale».

Rutelli poi torna sulla crisi del sistema politico: «Il fatto rilevante in sé e' la nascita del Pd, perché è un contributo alla semplificazione del sistema. E' chiaro chi risponde, e chi è investito deve dar conto del mandato ricevuto». D'altra parte, aggiunge il ministro, «è così in tutte le democrazie. E' chiaro che in Germania risponde Merkel o in Inghilterra Brown. Solo in Italia non è così. Agli italiani dobbiamo dare la certezza di chi risponde».

Oggi, invece, «abbiamo la nascita del 37° partitino, quelli che De Rita definisce “coriandoli”». Così come «al Senato ogni settimana nasce un partito con soggetti che sono dotati di un senatore e mezzo, altri con tre quarti di senatore».

da lanuovastagione
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« Risposta #40 inserito:: Ottobre 10, 2007, 12:46:18 pm »

Fassino: il 14 ottobre portiamo la politica dai cittadini

Le elezioni primarie del Pd del 14 ottobre saranno un evento non solo per l'ampia mobilitazione, «ma per le ragioni politiche che ispirano la nascita del nuovo partito». Lo ha sottolineato il segretario nazionale dei Ds, Piero Fassino, in un incontro a Mestre con i candidati veneziani e mestrini, fra cui Amos Luzzato, capolista di Venezia centro storico.

Quattro le ragioni fondamentali indicate da Fassino. «In tempi di anti-politica della politica noi diamo una risposta di buona politica chiamando direttamente i cittadini ad essere i protagonisti della fondazione di questo partito. Portiamo la politica dai cittadini realizzando un evento democratico partecipativo che non ha eguali nella storia di questo Paese e non solo».

Il Pd, ha continuato Fassino «è lo strumento che può riorganizzare l'intero sistema politico perché unisce in una politica abituata tradizionalmente alle separazioni. E’ la risposta a uno dei temi su cui è maturata la crisi di credibilità della politica italiana, cioè la frammentazione. Mettiamo in campo un processo di aggregazione. Proprio perché nasce il Pd, Fini e Berlusconi hanno cominciato a discutere dell'ipotesi di dar vita a un grande partito di centro-destra, Casini e l'Udc hanno accentuato la loro presa di distanza dalle altre forze di centro-destra e la nostra sinistra (Rifondazione Comunista, Comunisti italiani, parte dei Verdi) è sollecitata a verificare la possibilità di un’aggregazione».

Con il Pd «per la prima volta le diverse storie, culture, correnti riformiste del nostro Paese si uniscono in un solo partito. La sfida più avanzata - precisa il segretario dei Ds - è quella di costruire un unico grande partito riformista che faccia diventare il riformismo una delle culture maggioritarie del Paese».

Infine, «il Pd rappresenta lo strumento per rafforzare e consolidare la maggioranza di Governo nell'esecutivo prossimo. C'è una divaricazione tra quello che il governo fa e l'immagine che gli italiani hanno di una maggioranza fragile, sempre sull'orlo di una crisi. Il Partito democratico è una risposta a tutto questo perché non è la stessa cosa se il principale partito di una coalizione di quattordici, è una forza come oggi sono i Ds del 20% o se sarà, come il Pd, una forza del 35%. Cambia radicalmente la capacità di guida e di coesione».

E’ in questo senso che la candidatura di Walter Veltroni assume un significato ancora più preciso. «Intorno a Walter Veltroni – sottolinea Fassino – si può raccogliere un vastissimo consenso nel Paese, in ogni regione compreso il nord, perché rappresenta bene quell'apertura alla società, quella cultura dell'innovazione e del cambiamento, senza pregiudizi». Il leader della Quercia invita a non misurare i dirigenti politici pensando al luogo in cui sono nati, a chi gli chiede perché non abbiano pensato a un candidato del Nord.

«I dirigenti politici si misurano nella loro qualità, popolarità, capacità, non dal luogo in cui sono nati. Si prendono in considerazione - spiega il segretario nazionale dei Ds - per la testa che hanno e per le azioni che sono capaci di mettere in campo. Non credo che dobbiamo risalire a una teoria lombrosiana per cui è meglio chi è nato in un posto piuttosto che in un altro».

«Una delle cifre che vogliamo dare al Pd - dice Fassino - è quella di un grande partito capace di guidare la modernizzazione del Paese e mi pare che il modo in cui Veltroni ha esercitato tutte le funzioni più importanti - penso al riconoscimento unanime del modo in cui dirige oggi una città difficile e complessa come Roma e agli apprezzamenti per come ha fatto il ministro dei Beni Culturali - testimoniano ampiamente la qualità e la forza della sua candidatura».

da la nuova stagione
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« Risposta #41 inserito:: Ottobre 10, 2007, 12:58:00 pm »

Solo per il 20% l'esponente ds come leader porterà «molti più voti»

Pd, in calo l'effetto-Walter

Previsto un milione alle urne

Il favorito è al 70%, la Bindi conquista i consensi extra partiti


Diversamente da gran parte delle consultazioni elettorali, l'interesse per le prossime primarie del Partito Democratico — e il parametro di misura del loro successo o insuccesso — non sta tanto nell'esito in sé, ormai scontato, quanto nell'ampiezza della partecipazione e del consenso ottenuto dagli «altri» candidati, al di là del vincitore.

In una ricerca di opinione svoltasi pochi giorni fa, ha dichiarato di volersi «sicuramente» recare a votare il 14 ottobre quasi metà dell'elettorato di Democratici di Sinistra e Margherita nel loro insieme. Come spesso accade nei sondaggi, molte — la gran parte — di queste dichiarazioni non si tradurranno poi in comportamenti veri. Ma, al di là della sua effettiva (scarsa) capacità previsiva, il dato resta assai significativo: esso indica l'interesse, che, malgrado tutto, la creazione del nuovo partito suscita nell'elettorato del Partito Democratico. E la presenza di intenzionati a partecipare anche al di fuori degli elettori di Ds e Margherita mostra come l'attenzione nei confronti della prossima consultazione sia assai estesa. Lo prova anche il fatto che, rispetto ad un analogo sondaggio effettuato prima dell'estate, si registra un incremento nelle intenzioni di voto dichiarato. La partecipazione preannunciata è all'incirca simile negli elettorati Margherita e Ds, con una lieve accentuazione in quest'ultimo. Ancora, paiono più propensi a recarsi a votare i meno giovani, forse più legati all'identità tradizionale dei partiti che daranno luogo alla nuova forza politica.

Alle precedenti primarie, quelle che indicarono Prodi quale candidato alle elezioni, parteciparono, si dice (ma nessuna documentazione affidabile è stata mai fornita), circa quattro milioni di persone. In quel caso, tuttavia, si trattava al tempo stesso di un voto «per» Prodi, e, forse ancor più, di un segnale «contro» Berlusconi. Non è questo il caso alle prossime consultazioni del Pd. Per questo, le previsioni sulla partecipazione sono assai più contenute e gran parte degli osservatori ritiene che l'afflusso di un milione di persone potrebbe già essere considerato un successo.

Come si è detto, la vittoria di Veltroni è scontata. Preannuncia il voto favorevole verso il sindaco di Roma addirittura il 70% dell'elettorato potenziale, ancora una volta con una (comprensibile) accentuazione tra i Ds. Tra gli altri candidati appare molto quotata Rosy Bindi, che sembra attirare maggiormente i voti degli elettori meno «organici » a Ds e Margherita e quelli provenienti dagli altri partiti. Enrico Letta si classificherebbe terzo.

Ma quali potrebbero essere le conseguenze delle primarie del Pd sullo scenario politico complessivo? Gran parte degli intervistati, a destra come a sinistra, è scettica e prevede che l'elezione di Veltroni a leader del Pd farebbe affluire al massimo «qualche voto in più» e avrebbe scarsa influenza sulla popolarità del governo.

Quest'ultima affermazione appare fondata. Il governo sta attraversando un periodo tormentatissimo. Lacerato al suo interno da contrasti apparentemente insanabili e minato dall'esterno, non tanto da parte dell'opposizione, quanto dal diffondersi tumultuoso degli atteggiamenti e dei comportamenti legati all'antipolitica. Queste difficoltà si riflettono ovviamente anche sui livelli di consenso — giunti ai minimi storici — e su quelli delle intenzioni di voto espresse nei sondaggi, che vedono il centrodestra in vantaggio di poco meno di dieci punti.
Va detto però che quella attuale è una situazione da sempre caratteristica del periodo precedente al varo della Finanziaria. Tutti gli esecutivi che si sono succeduti nel nostro Paese, di destra o di sinistra, hanno vissuto in modo tormentato, talvolta drammatico, le settimane antecedenti all'approvazione della legge. Per questo, la futura popolarità dell'esecutivo sembra dipendere più dai contenuti della Finanziaria che dalle sorti del Pd.
La cui nascita potrà, come molti osservatori sostengono (lo ha di recente suggerito in modo assai efficace Michele Salvati nel suo ultimo libro) dare un forte impulso al centrosinistra. Ma non aiuterà ad accrescere il consenso per il governo. Anzi, con l'emergere dell'alternativa Veltroni, potrebbe forse produrre l'effetto contrario.


Renato Mannheimer
09 ottobre 2007

da corriere.it
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« Risposta #42 inserito:: Ottobre 10, 2007, 11:30:59 pm »

POLITICA

Come e dove votare.

Lo spoglio inizia alle 20. I primi risultati già nella notte

Il video-appello dei cinque candidati. Soro: "Concorrenti, non nemici"

Meno quattro al giorno delle primarie

"In scena il kolossal della politica italiana"

Migliavacca: "Con uno sforzo enorme garantite trasparenza e certezza del voto". Seggi in 7mila comuni

stampate 950 schede diverse. Un esercito di 70 mila volontari per 35 mila candidati

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - La confusione è ancora allegramente tanta ma la situazione pare sotto controllo quando mancano quattro giorni a quello che viene definito "il kolossal della politica italiana". Uno sforzo enorme per numero dei protagonisti - 35 mila candidati tra nazionali e regionali distribuiti su 1.888 liste nazionali a cui si aggiungono le 1.656 regionali - e visto e considerato che per le primarie del Pd non possono essere coinvolte né prefetture né ministero dell'Interno.

Era fine giugno quando fu decisa la data delle primarie. Non c'era ancora nulla, neppure un vero ufficio, si può dire. In poco più di tre mesi, agosto compreso, è stata messa in piedi un'organizzazione capillare sotto la regia dei tre coordinatori - Maurizio Migliavacca, Mario Barbi e Antonello Soro, ds, prodiani e dl, i tre codici sorgente del pd -, di Nico Stumpo, direttore dell'Ufficio tecnico amministrativo nazionale a cui fanno capo i vari Utap, un po' le prefetture del pd, di Maurizio Chiocchetti che ha in carico il voto all'estero anche via internet e di decine e decine di volontari.

"Abbiamo cercato di garantire tanto la trasparenza quanto la certezza del voto", chiarisce Migliavacca rispondendo a chi in queste ore allude a possibili brogli sia nelle operazioni di voto che negli scrutinii. "Sono tanti i tentativi di denigrare e creare ombre su questo voto, le primarie danno fastidio", commenta Chiocchetti, tanti e provenienti anche dalla stessa maggioranza. Non è vero, ad esempio, che ci sono difficoltà per trovare le sedi dei seggi nel sud del paese, "non ci risulta" tagliano corto gli interessati, "la distribuzione è capillare ed omogenea".

Antonello Soro sottolinea "lo sforzo enorme dietro queste primarie per la nascita di un grande partito popolare che infastidisce molto il centrodestra. Noi però auspichiamo che loro facciano la stessa cosa". Qualche goccia di veleno nelle parole del prodiano Mario Barbi il quale si augura che, poichè un terzo dei candidati non risultano iscritti ai due partiti "anche un terzo degli eletti nelle due assemblee costituenti risulti non iscritto ai due partiti".

I numeri - Sono da capogiro: 35 mila candidati per entrambe le consultazioni; 1.888 liste nazionali; 1.656 liste regionali; 187 candidati all'estero distribuiti in dodici liste e suddivisi nelle quattro grandi circoscrizioni (Usa; America centrale e del sud; Europa; Africa-Asia-Oceania); 70 mila volontari tra scrutatori e rappresentanti di lista; 11.195 seggi - 1.500 in più rispetto alle primarie dell'Unione - distribuiti in circa 7000 comuni su un totale in Italia di 8.100 comuni. Mistero sul numero delle schede stampate. Nelle primarie dell'ottobre 2005 a un certo punto mancarono le schede, l'affluenza fu superiore al previsto e furono fatte arrivare in tutta fretta. Stavolta nessuno si sbilancia, vorrebbe dire stimare l'affluenza, un altro capitolo di polemiche, "un milione, no troppo poco, almeno due". Stumpo azzarda "due milioni, forse tre, di schede stampate. Ma sono cifre a caso".

Operazioni di voto - Dalle 7 alle 20 di domenica 14 ottobre. "Cercate il vostro seggio su internet", spiega Barbi. Sul sito (www.partitodemocratico.it) è possibile visualizzare sulla mappa il proprio seggio. In alternativa c'è sempre il numero verde (800 231506). Al seggio occorre portare documento di identità e tessera elettorale. "Siamo in grado di garantire la tracciabilità delle schede, sappiamo esattamente quante sono in ogni seggio". In ogni postazione ci saranno un presidente - non candidato - e due scrutatori, anche loro possibilmente non candidati".

Come si vota - Ci saranno due schede. Quella azzurra elegge il segretario nazionale e i 2.400 membri dell'assemblea costituente nazionale del Pd. Quella grigia i venti segretari regionali e le rispettive assemblee. In tutta Italia ci saranno 950 schede diverse per "la nazionale" e 475 per "le regionali".

Le liste sono bloccate e l'elettore dovrà solo fare una X su quella prescelta: non dovrà cioè scrivere né nomi né altro.

Scrutinio & risultati - Lo spoglio comincerà subito dopo la chiusura dei seggi (ore 20) ognuno dei quali avrà il proprio verbale con resoconto di votanti, voti validi, voti nulli e schede bianche. Lo scrutinio quindi andrà avanti tutta la notte. L'organizzazione ha previsto due previsioni sull'affluenza durante la giornata (ore 12 e ore 17) per avere quella definitiva dopo le 20. Per i risultati sono previste nelle prime ore le rilevazioni per lista da parte di due società specializzate. Gli organizzatori si augurano di poter avere, già nella notte, il quadro dell'assemblea nazionale. Ci vorrà più tempo per quelle regionali. Lo scrutinio avverrà con doppio sistema: ufficiale quello tradizionale, cartaceo; ufficioso, ma più veloce, quello elettronico.

Voto all'estero - Per la prima volta via internet. In questo caso gli orari di voto rispettano i fusi orari. I primi a votare saranno gli italiani che vivono in Asia, Cina, Giappone; gli ultimi voti, tre le due e le quattro del mattino dopo, arriveranno da New York e San Francisco. Sono 69 i posti nell'assemblea costituente per i delegati stranieri. Oltre al voto via internet, sono stati allestiti anche 200 seggi per il voto tradizionale. Il bacino potenziale di elettori si aggira intorno ai ventimila, tanti votarono per l'Unione nelle politiche del 2006. Nelle dodici liste per i quattro candidati (Gawronski-Schettini non "corrono" all'estero) ci sono molti ricercatori e studenti universitari, l'ultima generazione di emigranti.

"Le primarie dei nuovi media e della tecnologia" - L'osservazione è di Antonello Soro che parlando degli "elementi di discontinuità di questo voto, superiori a quelli di continuità", ha sottolineato come molta di questa campagna elettorale sia avvenuta "tramite il web e i nuovi media per cui siamo stati anche un po' delle cavie". Vietata la tivù, pochi i soldi e il tempo a disposizione, la campagna elettorale dei cinque candidati segretari è passata quasi tutta dal web. Dal web passeranno anche alcune operazioni di voto e parte degli scrutinii. E al web i candidati (Soro: "E' la prova che sono stati concorrenti, mai nemici") hanno consegnato il loro video-appello (vedi il video). Rigorosamente, democraticamente, in ordine alfabetico: comincia Adinolfi, finisce Veltroni.

(10 ottobre 2007)
da repubblica.it
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« Risposta #43 inserito:: Ottobre 12, 2007, 12:12:46 pm »

Se la parola d'ordine è partecipazione

Articolo di Andrea Orlando, da "L'Unità"

C'è il rischio che polemiche minori e la preoccupazione per il quadro politico faccia smarrire la rilevanza della strada compiuta sino a qui nella costruzione del Partito Democratico. Fondamentali saranno i primi passi della Costituente. Vorrei indicare alcuni punti per proseguire il percorso.

1. Una questione cruciale: il Pd nasce dalla partecipazione. Lo sottolineiamo troppo poco. Il Pd è il primo partito del nuovo millennio. Nessuna forza politica è nata così nello scorso secolo. La partecipazione, in passato è stata utilizzata come strumento per sostenere le piattaforme di elites, oggi noi chiamiamo i nostri elettori a definire i tratti di un soggetto ancora da forgiare. È una scelta moderna. L'unica possibile per rilegittimare la politica. Questo carattere aperto corrisponde alla domanda di partecipazione attuale.
Si deve constatare, infatti, come la debolezza della politica, dovuta sia alle dinamiche istituzionali, sia al suo sradicamento abbia aumentato in modo esponenziale la capacità di incidere dei poteri di fatto sulla vita pubblica. I grandi processi di acculturazione di base, di mobilità sociale, di individualizzazione della posizione del soggetto nella società hanno prodotto un'incertezza che si traduce in un diverso atteggiamento verso la politica: diffidenza verso la delega della rappresentanza di sé a soggetti duraturi, accentuata domanda di accesso e di riconoscimento individuale da parte dei cittadini nei confronti dei soggetti pubblici.

I grandi cambiamenti in atto generano un'ansia che accentua l'attenzione sulla politica e sui suoi limiti. Ma queste istanze interpellano i partiti in modo critico con aspettative forti. Sempre più le strutture organizzate devono attrezzarsi per consentire, la partecipazione alle discussioni, alle scelte degli elettori, oltre che degli iscritti. Il tema è cosa incontra la domanda di partecipazione: o incrocia la politica, la sua agenda e i suoi luoghi, un ambiente accogliente dove può realizzarsi una sintesi, oppure sarà preda dell'agenda mediatica, con tutto il suo portato di spettacolarizzazione e di radicalizzazione.

A riprova abbiamo verificato, come nel magma del volontariato spontaneo, che arricchisce la vita civile italiana, vi siano state forme di sostegno al nostro partito che vanno dal lavoro alle feste, al finanziamento. Parlo di fenomeni quantitativamente più significativi di quelli che hanno riempito le pagine dei giornali e arricchito la vicenda italiana dell'anti-politica. Per questo il tema da indagare oggi è come la partecipazione va organizzata in un processo dialogante di arricchimento reciproco tra singolo e struttura.

Bene le primarie ma sole non bastano. Vanno garantiti percorsi che portino a forme di definizione partecipata delle piattaforme programmatiche. L'autonomia del soggetto politico si afferma costruendo una zona franca nella quale si intrecciano elaborazione culturale e programmatica, formazione ed iniziative politiche, un ambito nel quale sia possibile accorciare le differenze di partenza economiche e culturali per chi aspira a far parte della classe dirigente. Credo peraltro che questa idea della partecipazione corrisponda ad un'esigenza profondamente moderna dell'individuo e cioè, quella del riconoscimento della sua soggettività, della considerazione che il suo apporto può avere in una fase in cui cresce la paura della spersonalizzazione e vengono meno le ideologie «finalistiche» che spesso l'avevano giustificata.

2. La norma che prevede la presenza alternata dei generi prefigura un partito possibile, diretto da donne e da uomini. Si tratta solo di un presupposto necessario, non ancora sufficiente (lo si è visto con le candidature alle leadership) che costituisce però il riconoscimento della battaglia storica per le pari opportunità. C'è però una conseguenza che va al di la di questo. Si è molto discusso di fusione fredde, di sommatoria. La sommatoria di Ds e Margherita è oggettivamente impedita da questa regola. Gli assetti attuali dei gruppi dirigenti locali e nazionali sono prevalentemente il frutto di accordi tra uomini. Le forze politiche per adempiere a questo criterio si sono costrette a mettere in discussione il loro assetto di fatto. Non è ancora il nuovo ma è il presupposto per fare un passo nella direzione giusta.

3. Il partito democratico può essere un partito federale. L'elezione diretta e contestuale dei segretari regionali è un occasione per costruire un partito che sappia interpretare le peculiarità del Paese. Un assetto federale impone una maggiore consapevolezza e capacità di adesione al quadro generale.

4. La struttura ha un modello di riferimento sino al livello regionale. Il resto è da definire, ma il resto cioè l'interfaccia quotidiana tra singolo e struttura è esattamente il luogo in cui si materializza l'idea di partecipazione. Un partito che si limitasse a chiamare periodicamente a pronunciarsi i propri aderenti su questa o quella candidatura finirebbe inevitabilmente per ridurre la partecipazione a mobilitazione. Esposto costantemente alle incursioni degli interessi particolari, il partito comitato elettorale non risponderebbe alla domanda più attuale della partecipazione di questo tempo: la conoscenza. Solo una struttura che riconosca al singolo un protagonismo continuativo, garantito da un sistema di regole, è in grado di ricostruire un processo di legittimazione dei soggetti politici. Questo protagonismo richiede occasioni di crescita nel dibattito e una rete sul territorio, in ogni realtà in cui questo bisogno si manifesta. È questa la condizione per consolidare lo slancio che verrà dal 14 ottobre.

La prima riunione della costituente dovrà dare alcune risposte in proposito. Non penso siano utili ne necessarie altre competizioni per le leadership locali in questa fase. Tanto più che le strutture territoriali Provinciali, Comunali e di zona chiamate avranno vita sino all'avvio del primo tesseramento che potrà iniziare non appena licenziati lo Statuto e il programma fondamentale del Partito.

Questo lavoro con quello di costruzione delle costituenti di zona potrebbe a questo punto avviare la fase di adesione al partito nuovo, che potrebbe così realizzarsi in uno scenario nel quale l'impalcatura organizzativa complessiva del partito si è delineata. Credo quindi sia ipotizzabile che dopo la prima riunione della Costituente Nazionale e di quelle regionali si convochino in ogni zona, secondo le indicazioni dei comitati promotori provinciali tutti coloro che hanno partecipato al voto del 14 Ottobre e si costituiscano le strutture di base eleggendo i delegati nelle costituenti provinciali e comunali laddove le strutture di base siano di ambito sub-comunale.

Gli organismi costituenti così eletti avrebbero appunto il compito di guidare Pd nel territorio e di promuovere la campagna di tesseramento al Pd. Naturalmente va definita la funzione che si intende assegnare alle strutture territoriali. Non è sufficiente prevederne l'esistenza per garantire un effettivo esercizio dei diritti del singolo iscritto e una vita democratica continua, ricca ed aperta.

Credo in questo senso che le costituenti provinciali,
comunali e di zona dovrebbero porsi l'obbiettivo di un coinvolgimento attivo di tutti gli aderenti, offrendo occasioni di lavoro ed elaborazione politica differenziata. Penso a consulte articolazioni della costituente su temi specifici, ad associazioni finalizzate a singole campagne ed anche a soggetti costantemente deputati all’approfondimento e alla formazione politica.

Non azzardo una proposta temporale, tuttavia è ragionevole pensare che tutto questo processo possa compiersi nella primavera del prossimo anno, concludendosi con la campagna di iscrizione al nuovo soggetto politico, primo passo verso la celebrazione del suo primo congresso. Questa ipotesi vedrebbe un progressivo superamento delle strutture costituenti e l'insediamento di gruppi dirigenti scelti in modo diretto dagli iscritti recando modalità stabilite dallo Statuto e dal Regolamento congressuale. Il segno del sostegno dei Ds alla costruzione di un partito vero e forte può venire dalla convocazione dell'Assemblea dei Segretari di Sezione del mese di novembre. Sarà il segno di un patrimonio che si mette ancora una volta a disposizione di questo grande progetto.

da veltroniperlitalia.it
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« Risposta #44 inserito:: Ottobre 12, 2007, 11:50:29 pm »

POLITICA

Il premier consegna al suo sito il messaggio prima del voto di domenica

"Chi vincerà da lunedì si metta al lavoro per rafforzare la politica italiana"

Prodi: "No al rimpasto del governo

E il segretario Pd aiuti la stabilità"

Poi dal Tg3 risponde a Veltroni sulla riduzione dell'esecutivo: "Sì, ma niente colpi di testa"

Per i candidati leader del nuovo partito penultimo giorno di campagna elettorale

 
ROMA - Il Pd che nasce domenica è la "grande novità" per la quale "ho speso tutta la mia vita politica". Lo scrive Romano Prodi, sul suo sito personale, nel penultimo giorno della campagna per le primarie del nuovo partito, rivolgendo gli auguri "più calorosi" a tutti i candidati, impegnati nelle ultime battute di una accesa campagna elettorale. Ma il premier, tra le righe, manda messaggi e trova anche il modo di rispondere a Veltroni: "Nessun rimpasto di governo ma ripensare la struttura. Il leader del partito aiuti la stabilità".

Riferimenti e ammonimenti. Quello del Professore è quasi un "testamento" politico dell'uomo che ha inventato il Partito democratico e che ne sarà il presidente ma non il segretario. Prodi inizia con un pizzico di nostalgia e ripercorre la scelta di impegnarsi in politica, dal 2 febbraio 1995, "pensando proprio all'Ulivo come fusione delle grandi tradizioni riformiste italiane". Ecco il primo ammonimento: il Pd come "fusione": a caldo però, non a freddo; un partito nuovo e aperto alla società civile e non una somma di correnti e posizioni preesistenti. "Ora, dopo 12 anni - dice il premier col tono di una raccomandazione - questo progetto finalmente si compie con un contributo popolare aperto e diffuso, con la nascita del Partito Democratico che proprio dell'Ulivo ha rappresentato fin dall'inizio la meta".

Il futuro. Fino qui il passato e il presente. E il futuro? Prodi scrive il suo ammonimento: "A partire da domenica sera questo partito potrà finalmente avviare il suo processo costituente sotto la guida di un segretario, uomo o donna, chiamato a fare avanzare ulteriormente il lungo ed entusiasmante cammino che abbiamo finora percorso".

Un uomo e una donna. Il premier lascia aperte tutte le possibilità. "Il nuovo segretario - continua - potrà da lunedì mettersi immediatamente al lavoro per dare stabilità alla politica italiana dedicando al partito le energie che io non vi ho potuto dedicare perché impegnato nella quotidiana complessa e difficile attività di governo". Come dire che il presidente del consiglio e il segretario del partito sono due incarichi diversi, sotto tutti i punti di vista, caso mai qualcuno pensi di farli coincidere.

I meriti del governo. Un altro messaggio a Veltroni che anche stamani ribadisce la sua scadenza: otto mesi per fare le riforme. Subito dopo Prodi rivendica al suo governo una serie di meriti dell'esecutivo: "Ha fatto uscire l'Italia dalla crisi finanziaria, l'ha rimessa nel cammino dello sviluppo ed ha iniziato le necessarie correzioni alle iniquità prodotte dai cinque anni del governo della destra". Segue una lunga lista di cose fatte e da fare, ma sottolinea che il suo governo "non ha bisogno di 'rimpasti' per funzionare perché già funziona, anche se trovo giusta ogni iniziativa che ne rafforzi il funzionamento a cominciare dal ripensamento della sua struttura".

Niente personalismi. "Nel frattempo - scrive ancora Prodi - il Partito democratico comincerà la sua vita e potrà farsi carico in modo sempre più responsabile dei grandi compiti che gli spettano". A chi avrà questa "enorme responsabilità" il Professore offre il suo "incoraggiamento" per questa " esaltante sfida". E una raccomandazione: "Chi vincerà, ma non solo lui - conclude il messaggio - avrà il dovere di lavorare sempre per un obiettivo comune e per il consolidamento di un progetto che non può essere frutto di personalismi". Adesso si aspetta domenica, che "sarà una nuova grande festa della democrazia dei cittadini".

La riduzione dei ministri. In una intervista al Tg3, Prodi è anche tornato sull'idea lanciata da Veltroni di dimezzare il numero di ministri e sottosegretari: "Il problema della riduzione dei ministri, degli assessori e del numero di tutti coloro che fanno politica si pone. Ma non è che lo possiamo risolvere con un colpo di testa. E' un problema che deve coinvolgere tutte le strutture politiche del Paese", ha affermato il premier.

Veltroni e il governo. Il Professore si è poi detto "convintissimo" che Veltroni rafforzerà il governo. E il candidato leader risponde a distanza dal palco del Lingotto di Torino: "Qualunque sia l'esito delle primarie dal partito democratico - dice Veltroni - ci sarà il sostegno al governo e al presidente del Consiglio".

Mario Adinolfi. Mario Adinolfi ha puntato tutto sul popolo di internet e dei blogger. E proprio online il leader dei Generazione U ha proposto un gesto pacificatore: ''Mi auguro che la notte del 14 ci ritroveremo tutti e cinque i candidati su un palco, per fare le congratulazioni al vincitore e offrire agli italiani lo spettacolo di un abbraccio comune e dell'inizio di una grande, nuova storia comune''.

Rosy Bindi. Anche la più accanita competitrice di Veltroni, Rosy Bindi, concorda sulla positività del futuro: ''Domenica, insieme, cambieremo la politica italiana. Il Pd nasce con un voto libero e popolare, con una scelta di grande innovazione che segna una vera discontinuità con il passato, ma anche con il presente dei partiti che conosciamo. Nasce nell'interesse del Paese''.

Polemiche. Ma anche oggi non sono mancate le polemiche. A rinfocolarle ci hanno pensato alcuni 'ulivisti' della Margherita che hanno proposto la candidatura della Bindi come la sola vera, in polemica con Veltroni definito un centrista che porta nel Pd il peso dei vecchi partiti, quando le adesioni dovrebbero essere personali e da semplici cittadini.

Enrico Letta. E un appello al ringiovanimento della politica e per un partito post-ideologico, è arrivato da Enrico Letta. ''L'assenza dei giovani in politica, tenuti fuori dal ceto politico, è un vero scandalo'', ha detto sottolineando che ''in Parlamento ci sono solo otto persone di 30 anni. Il problema - ha aggiunto - non è che i trentenni siano migliori dei sessantenni, ma il problema è che i giovani non ci stanno affatto: il sistema della cooptazione, la classe politica, non dà loro spazio tenendoli fuori''.

Piergiorgio Gawronski. Nella corsa alla segreteria oltre a Mario Adinolfi, c'è un altro outsider che ha condotto una campagna elettorale particolarmente combattiva: l'economista Piergiorgio Gawronski. "Ho deciso di proporre il progetto di riqualificazione etico-istituzionale in cui credo ci riconosciamo in molti - dice -, essendo stati i suoi elementi ampiamente discussi negli anni scorsi, fuori dai circuiti politico-mediatici dominanti, nelle nostre associazioni e, in realtà, in modo magari meno 'colto', però anche negli uffici, nelle piazze, e nei bar del nostro Paese".

(12 ottobre 2007)

da repubblica.it
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