Giorgio NAPOLITANO.
Admin:
Giorgio Napolitano non lascia sereno, raccomandazione al successore: "Serve senso della Costituzione..."
Pubblicato: 31/12/2014 22:09 CET Aggiornato: 31/12/2014 22:09 CET
Giorgio Napolitano se ne va. Lascia il Quirinale, dopo quasi nove anni. Se ne va e, come era noto, torna ad annunciarlo nel messaggio di fine anno per gli italiani. Ma non se ne va ‘canticchiando’. Costretto a lasciare per via dell’età, Napolitano non è sereno. E non per via degli acciacchi da ultra 90enne. Non è sereno, ma anzi molto preoccupato, perché “nemmeno nell’anno che si chiude ci siamo risollevati dalla crisi mondiale del 2009”, perché “il contesto internazionale è critico come mai negli ultimi due decenni” e perché l’antipolitica galoppa. E’ per questo che il messaggio quirinalizio di fine 2014 assume quel “tratto speciale e diverso” annunciato dallo stesso presidente nelle prime battute del suo discorso. E’ infatti un messaggio intriso di note personali, un messaggio che parla agli italiani ma va ad infilarsi in una metaforica bottiglia destinata a chi siederà sullo scranno più alto delle istituzioni dopo Napolitano: il successore.
Seduto al tavolo da lavoro del suo studio alla Palazzina, arazzo di Lille sullo sfondo, bicchiere d’acqua di fianco, Napolitano chiarisce subito che sta parlando “a chi presto mi succederà nelle funzioni” da presidente della Repubblica. Funzioni “che sto per lasciare, rassegnando le dimissioni”. La data non viene indicata, ma con tutta probabilità cadrà alla metà di gennaio, dopo il discorso con cui Matteo Renzi chiuderà il semestre italiano di presidenza europea a Strasburgo. Di fatto, quello di questa sera è un discorso in cui Napolitano accetta di mettere in pubblica piazza quelle “crescenti limitazioni e difficoltà nell’esercizio delle funzioni di capo dello Stato” che negli ultimi ha incontrato per “l’età raggiunta”. “Ho il dovere di non sottovalutare i segni di affaticamento e le incognite che essi racchiudono e non esitare a trarne le conseguenze – spiega agli italiani - Ritengo di non poter ricoprire oltre la carica cui fui chiamato nel 2006”.
“Re Giorgio”, come lo ha chiamato il New York Times quando dal Quirinale forgiò il governo Monti, è nudo. Il presidente lascia e accetta di parlare senza pudori dei suoi affanni di anziano davanti alla sua nazione. “Ho fatto del mio meglio per preservare l’unità nazionale…”, spiega Napolitano, lasciando ad altri la facoltà di “giudicare”. Della serie: ho dato tutto, ora vado ma non senza raccomandazioni. Che sono imprescindibili. Necessarie, dati i tempi cupi e anche se il 2014 ha avviato il processo di riforme istituzionali: questo è “innegabile”, rimarca Napolitano, ancora una volta a sostegno del governo che lascia in eredità, il governo Renzi. Tra “alti e bassi, abbiamo evitato di confermare quell’immagine di Italia instabile che tanto ci penalizza – dice – e abbiamo messo in moto, nonostante la rottura di febbraio scorso (il passaggio dal governo Letta al governo Renzi, ndr.), il cambiamento”. Il presidente del Consiglio ringrazia a modo suo, su twitter:
Ma non è del governo Renzi che Napolitano vuole parlare questa sera di fine d’anno. Del resto, lo ha già fatto ampiamente nel discorso di auguri alle alte cariche dello Stato prima di Natale. Il capo dello Stato parla alle forze politiche tutte, si raccomanda per l’elezione del suo successore: “una prova di maturità e responsabilità nell’interesse del paese” che “chiude la parentesi di eccezionalità costituzionale” rappresentata dai 9 anni di mandato. E poi, tutto il resto, è per gli italiani e per il suo successore.
Non è un caso che per ben due volte Napolitano citi Papa Francesco, autorità morale tra le più rispettate e seguite in Italia, a giudicare dagli ultimi studi sul clima di sfiducia verso le istituzioni e i partiti politici. Cita il Pontefice quando parla di “rischio di cadere nell’indifferenza globale” e quando lancia un appello alla “pace e alla fraternità”. E’ come se, parlando mentre sul sito a cinquestelle Beppe Grillo gli fa il controcanto, Napolitano voglia sottolineare con estremo allarme il clima di sfiducia che rischia di travolgere tutti e tutto, presidenza della Repubblica inclusa. Il presidente lo avverte su di sé, non si fa da parte, si prende anche il calo dei consensi e le critiche. A testa alta da lord inglese come è sempre stato nel suo stile, altezzoso a costo di sembrare scostante, inflessibile sulle sue convinzioni che definirebbe ‘costituzionali’, assolutamente non ideologiche. Lui, post-comunista e critico della dottrina dei soviet ai tempi in cui i suoi compagni del Pci si dicevano comunisti e lo guardavano con lo sdegno riservato ai ‘miscredenti’.
Quello di stasera è un presidente che si rende conto che anche questi suoi tratti più moderni non sono stati sufficienti per risolvere i problemi del paese. “Tutte le misure pubbliche degli ultimi anni stentano a produrre risultati” su “povertà e “disoccupazione giovanile”, dice Napolitano, per via di “debolezze e distorsioni antiche della nostra struttura sociale e del nostro senso dello Stato…”. Da qui l’allarme contro la “criminalità organizzata, l’economia criminale, la corruzione”, scoperchiati dall’inchiesta giudiziaria su “mafia capitale” cui Napolitano dedica un ampio passaggio del suo intervento. Il lascito di cui va più fiero è il governo Renzi, ma per il resto l’antipolitica avanza, la politica viene “bollata in modo indiscriminato come inadeguata e inetta”, sul sito a cinquestelle Grillo gli fa il controcanto in contemporanea, l’appello: “Non lasciamo occupare lo spazio pubblico a italiani indegni…”. E qui arriva la citazione degli “italiani degni” dall’astronauta Samanta Cristoforetti, a Serena Petricciuolo, ufficiale della guardia costiera che sulla nave Etna, la notte di Natale, ha aiutato una profuga nigeriana a partorire. E ancora Fabrizio, citato solo per nome forse per motivi di privacy, il medico di Emergency che si è ammalato di ebola durante il suo servizio in Sierra Leone.
E’ con loro che Napolitano lancia il suo messaggio, la sua raccomandazione finale agli italiani. La “politica” deve riacquisire “i valori morali di cultura e solidarietà”, ma “da ciascuno di voi deve arrivare un impulso importante per il rilancio e il futuro dell’Italia”. Perché dal modo in cui reagiamo alla crisi e alle difficoltà nasceranno nuove prospettive di sviluppo su cui dobbiamo puntare, dall’alto e dal basso”. Quindi il lascito per il suo successore: “Più si più si diffonderanno senso di responsabilità, senso del dovere, senso della Costituzione e della nazione, più si potrà creare quel clima di consapevolezza che animò l’Italia post bellica e rese possibile la grande trasformazione del paese”. L’addio: “Mettiamocela tutta con passione, creatività e spirito di sacrificio: ciascuno faccia la sua parte al meglio, io stesso ci proverò, resterò vicino al cimento e agli sforzi dell’Italia e degli italiani…”.
Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/12/31/giorgio-napolitano-_n_6400742.html?utm_hp_ref=italy
Admin:
Il congedo di Napolitano: «Ho fatto del mio meglio. Reagiamo alla crisi, nascerà una nuova Italia»
di Vittorio Nuti
31 dicembre 2014
Sto «per lasciare le mie funzioni, rassegnando le dimissioni: ipotesi che la Costituzione prevede espressamente». In apertura del suo discorso di fine anno al paese il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano conferma l’intenzione di lasciare il Colle. «I partiti - aggiunge - si preparino serenamente all'elezione di un nuovo capo dello Stato, «destinato a chiudere una parentesi» (la sua elezione per due mandati, eccezione nella storia repubblicana). «L'età da me raggiunta, sottolinea, porta con se difficoltà nell'espletamento dei compiti istituzionali particolarmente complessi», e «ho il dovere di non ignorare i segni dell'affaticamento». L'appuntamento è, come sempre, alle 20.30.
Intervenire contro corruzione «in modo unitario»
Il presidente quasi novantenne si è rivolto al paese in diretta a reti unificate (e sul web) dal suo studio, alla Palazzina del Quirinale. In chiusura, parole accorate agli ascoltatori: «Mettiamocela tutta con passione, combattività e spirito di sacrificio. Ciascuno faccia la sua parte al meglio». Tra i problemi più urgenti e attuali, Napolitano cita la corruzione e la criminalità organizzata, da «affrontare su larghe basi unitarie» perchè si tratta di piaghe capaci di «infilarsi in ogni piega della realtà trovando sodali e complici in alto».
No al ritorno alle monete nazionali
Dal presidente, anche parole di elogio per come l'Italia «ha colto l'opportunità del semestre (europeo, ndr) per sollecitare un cambiamento delle politiche dell'Unione europea che accordino priorità al rilancio solidale delle nostre economie» Poi la messa in guardia dall’ipotesi di abbandonare la moneta unica, ventilata ultimanente da Lega e Forza Italia: « Niente di più velleitario e pericoloso, invece, di certi appelli al ritorno alle monete uniche e della disintegrazione dell'euro». Un ampio passaggio del discorso è dedicato agli italiani che si sono messi in luce e si sono distinti in vari campi. In tempi difficili come questi, non si può lasciare il campo sui media «solo agli italiani indegni», occorre «rendere omaggio agli italiani esemplari».
La soddisfazione per gli italiani in evidenza
A titolo di esempio, Napolitanbo ricorda Fabiola Gianotti, chiamata a guidare il Cern, l’astronauta Samantha Cristoforetti o Fabrizio, il medico italiano di Emergency contagiato dal virus Ebola. E Serena Petriucciolo, ufficiale medico della Marina che ha aiutato una profuga nigeriana a dare alla luce la sua bimba, oltre a tutti quegli italiani che hanno prestato occorso ai passeggeri del traghetto in fiamme sulla rotta tra la Grecia e l'Italia. «Siamo orgogliosi di questi italiani campioni di cultura e solidarietà» afferma il capo dello Stato.
«Non cedere alla sfiducia in tutta la politica»
Le parole d'ordine, per quello che dopo nove anni sul Colle è dunque l'ultimo discorso di fine anno di Giorgio Napolitano, sono fiducia e coraggio, parole di incoraggiamento rivolte soprattutto ai cittadini italiani, con toni che si preannunciano sobriamente ottimistiche per la stagione di riforme avviata dal premier Renzi: alla politica, il capo dello Stato ha già espresso le sue priorità e raccomandazioni nelle ultime settimane. «Non bisogna cedere alla sfiducia in tutta la politica», raccomanda Napolitano agli italiani, anche se, ammette, «tutti gli interventi pubblici messi in atto in Italia negli ultimi anni stentano a produrre effetti decisivi, che allevino il peso delle ristrettezze e delle nuove povertà per un così gran numero di famiglie e si traducano in prospettive di occupazione per masse di giovani tenuti fuori o ai margini del mercato del lavoro».
«Ritrovare le fonti della coesione nazionale»
«Guardando ai tratti più negativi di questo quadro, e vedendo come esso si leghi a debolezze e distorsioni antiche della nostra struttura economico-sociale e del nostro Stato, si può essere presi da un senso di sgomento al pensiero dei cambiamenti che sarebbero necessari per aprirci un futuro migliore, e si può cedere al tempo stesso alla sfiducia nella politica, bollandola in modo indiscriminato come inadeguata, inetta, degenerata in particolarismi di potere e di privilegio», ha aggiunto Napolitano. Ma «non puo', non deve essere questo l'atteggiamento diffuso nella nostra comunità nazionale. Occorre ritrovare le fonti della coesione, della forza, della volontà collettiva che ci hanno permesso di superare le prove piu' dure in vista della formazione del nostro Stato nazionale unitario e poi del superamento delle sue crisi piu' acute e drammatiche».
«Fatto del mio meglio per rafforzare l’unità nazionale»
L’appello del capo dello Stato, nel corso del suo discorso, è a «bonificare il sottosuolo marcio e corrosivo della nostra società. E bisogna farlo insieme, società civile, Stato, forze politiche senza eccezione alcuna. Solo riacquisendo intangibili valori morali la politica potrà riguadagnare e vedere riconosciuta la sua funzione decisiva». Da parte sua, Napolitano ribadisce con forza di aver «fatto del mio meglio» per rafforzare «l'unità nazionale», chiedendo a tutti gli italiani ad «essere in sintonia con l'imperativo dell'unità nazionale». Poi ricorda che solo «diffonderanno il senso di responsabilità, il senso della legge, della Costituzione, in una parola il senso della Nazione» si potrà «creare quel clima che animò la ricostruzione postbellica», la stagione d’oro dell’Italia moderna.
Strada riforme intrapresa, ora «portarle a conclusione»
La richiesta di Napolitano agli italiani di trovare in se stessi la forza per ripartire, il «fare del proprio meglio» (caro al premier Renzi e fondamento del metodo scout) può contare, per il capo dello Stato, su un fattore positivo e incoraggiante: «La strada delle riforme è stata intrapresa», ricorda, e «l'auspicio espresso nel messaggio di fine anno 2013 si è realizzato. Ribadite anche «le ragioni dell'importanza della riforma del Parlamento e innanzitutto del superamento del bicameralismo paritari, nonché della revisione del rapporto tra Stato e Regioni», capisaldi del riformismo del premier Matteo Renzi.
Dimissioni (anticipate) ormai imminenti
La cornice è quella di sempre, ma per la notte di S. Silvestro 2015 il messaggio di fine anno del capo dello Stato agli italiani è quanto mai carico di significati. Le dimissioni (anticipate) dalla carica, più volte annunciate da Giorgio Napolitano, sono alle porte. E questa volta, a meno di due anni dalla rielezione da parte del Parlamento in seduta comune, il 20 aprile 2013, l'abbandono del Colle è definitivo. Quindi le parole di Napolitano sono in pratica il commiato definitivo dagli italiani. Il messaggio, circa 22 minuti, è leggermente più breve del passato ma particolarmente incisivo. Con l'obiettivo di scuotere un Paese in difficoltà, spaventato e sulla difensiva. E’ il nono e ultimo discorso agli italiani per Giorgio Napolitano.
Possibile giro di boa il 13 gennaio
Nel chiudere la lettura del suo intervento, Napolitano promette di restare «vicino al cimento e agli sforzi degli italiani con infinita gratitudine»: «Non lo dimenticherò, grazie ancora». Quello di questa stasera è il nono ed ultimo discorso di fine anno di Napolitano, dopo un primo mandato al Quirinale di sette anni, dal 2006 al 2012, ed un secondo di circa 620 giorni, dall'aprile 2013 a oggi, 21 mesi in tutto. Le su dimissioni ufficiali dall'incarico presidenziale sono attese a partire dal 13 gennaio, termine ufficiale del semestre di presidenza italiana della Ue in concomitanza di un discorso del premier Matteo Renzi a Strasburgo.
Nove anni di discorsi di Capodanno
Nel suo primo discorso, nove anni fa, la priorità indicata agli ascoltatori fu il recupero di un clima di fiducia nelle istituzioni e nella politica, seguito, l'anno successivo, da un incalzante appello a non considerare l'Italia in declino, e soprattutto a dare spazio ad innovazione e merito. Nel 2008 il Colle mostrò preoccupazione per i numeri dell'occupazione, ma pronosticò anche un'Italia migliorata dalla crisi. Nel 2009 Napolitano auspicò invece riforme come unica strada per battere la crisi e far funzionare lo Stato. Dodici mesi dopo nelle sue parole si affacciò un certo pessimismo per il futuro del paese, se non si fossero create nuova occupazione e condizioni di vita dignitose per tutti i cittadini. Nel 2011 e 2012 le parole chiave furono l'appoggio al governo della “strana maggioranza” guidato da Monti e lotta alla corruzione, oltre alla crisi economica perdurante. Infine, un anno fa, ancora le riforme non fatte e da fare.
Tradizione partita nel 1949 con Einaudi
Il primo “Messaggio del Presidente della Repubblica agli Italiani per il Nuovo Anno” risale all'immediato dopoguerra (1949, presidente Luigi Einaudi), e da allora costituisce un appuntamento fisso del 31 dicembre. Nella prassi, è una sorta di bilancio consuntivo ai cittadini italiani dell'anno appena trascorso - soprattutto riguardo i principali temi dell'agenda politica e le emergenze del Paese - ma è anche l'occasione per indicare le priorità e i traguardi cui dovrebbe tendere l'Italia. Il discorso viene pronunciato dal capo dello Stato davanti alle telecamere posizionate nel suo studio alla Palazzina del Quirinale. Viene diffuso in TV e in radio, a reti unificate, e sul web, in diretta dal Palazzo del Quirinale e dura tra i 15 e i 20 minuti.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-12-31/napolitano-discorso-congedo-il-presidente-repubblica-194126.shtml?uuid=ABlkmOXC
Admin:
Arrigo Levi: «Quando Napolitano nel 2013 mi disse che stava male»
Il secondo mandato del Presidente: «Insistevano, lui buttò sul tavolo un plico di referti. Poi si sentì obbligato a cedere e non ho più sentito un cenno alle sue paure»
Di Marzio Breda
Giorgio Napolitano ha chiuso il secondo mandato in una condizione paradossale e amara. Dopo aver accettato una rielezione che gli era stata chiesta da un largo fronte di partiti e che fu consacrata dagli applausi dell’intero Parlamento, è stato quasi di continuo sotto attacco. Politicamente e mediaticamente. Considerando a posteriori quella sua scelta, ne è valsa la pena?
«Certo che ne è valsa la pena, perché c’era in gioco l’interesse nazionale. Cioè qualcosa che per lui contava più di qualsiasi prezzo ci fosse da pagare». Così dice Arrigo Levi, inviato e corrispondente nelle capitali di mezzo mondo, saggista e infine consigliere del Quirinale nelle stagioni di Ciampi e Napolitano, essendo amico di entrambi. Abituato a cogliere anche da piccoli dettagli la verità di un uomo, racconta un episodio illuminante per capire in quale chiave il senso dello Stato sia da applicare all’azione di questo presidente ormai vicinissimo al congedo.
«Era un giorno di metà aprile del 2013 e mi presentai nel suo studio per sentire che cosa pensava delle tante pressioni, dei partiti ma non solo, affinché restasse al suo posto. Se insistono, come fai a dire di no?, gli domandai. E lui, di solito molto misurato, quel giorno ebbe uno sfogo. Buttò sul tavolo un plico di referti medici, e mi disse: ma allora non hai capito? Non sai che non sto bene? Che ho altro cui pensare? Ecco perché sono indisponibile».
Poi però cambiò opinione.
«Sì, passate ventiquattr’ore si sentì obbligato a cedere. Sciolse la riserva e fu rieletto. Da allora sembrò dimenticare tutto. Si rimise al lavoro e non ho mai più udito dalla sua bocca neppure un cenno alla stanchezza o alle preoccupazioni personali. Né tantomeno alle polemiche venute dopo. Sono persone, lui come Ciampi, di una stoffa particolare. Appartengono alla generazione che viene dall’antifascismo e che si identifica in una concezione del dovere molto forte. Se si fosse sottratto a quella chiamata nel nome della Patria - e so di usare un’espressione fuorimoda e spesso carica di valenze retoriche - Napolitano avrebbe vissuto il proprio ritiro come una diserzione. Insomma, era indispensabile che rimanesse al suo posto per la salute della Repubblica. Per fortuna, con grande sacrificio, ha onorato l’impegno».
Resta curioso che, nel Paese in cui trionfa l’epos giovanilistico e il premier Renzi cita di continuo il mito di Telemaco, ci si sia affidati a una persona che viaggiava già verso i novant’anni. Quale significato simbolico si può ricavarne?
«Mi mette un po’ a disagio una questione del genere, dato che sono quasi coetaneo di Napolitano», dice Levi, con una punta di civetteria. «Credo che nei momenti di svolta si riconosca il valore dell’esperienza e della continuità. Non dimentichiamolo: un anno e mezzo fa l’Italia era paralizzata da una crisi politica senza precedenti, una crisi di sistema. Era logico, dato che stavamo attraversando tempi eccezionali, ricorrere a qualcuno che avesse vissuto una lunga parabola dentro le istituzioni, anche se il suo vecchio percorso politico era lontano da quello di molti».
Inutile ricordarle che le radici di Napolitano nel Pci sono state il pretesto di intermittenti recriminazioni del centrodestra. Mentre dalla sinistra più estrema gli si imputava un’eccessiva arrendevolezza verso Berlusconi, con l’accusa di averlo salvato quando i suoi governi vacillavano.
«È trascorso molto tempo da quando il Pci era un problema in Italia e non lo è più da almeno vent’anni. In ogni caso Napolitano non è mai stato condizionato da quel passato, a lui interessava la stabilità del Paese. Perciò, evocare Berlusconi in un bilancio della sua doppia presidenza, significa parlare di cose completamente irrilevanti. Berlusconi ha rappresentato un fenomeno politico interessante e originale, da studiare perché ha coinvolto molti italiani, magari ossessionandoli per un verso o per l’altro. Ma credo di poter dire che, per gente come Napolitano e Ciampi, l’ex Cavaliere non sia mai stato un’ossessione. Semmai, verrebbe da dire, un incidente nella storia della Repubblica».
E lo stesso vale per Grillo e per altri protagonisti dell’antipolitica?
«Mi sembra che valgano gli stessi dubbi, che pongo senza arroganza. Quanto sono significative queste figure, che hanno magari una presa sull’opinione pubblica, nella vicenda nazionale? Sono dei patrioti? Quale impronta possono lasciare nell’identità di un Paese e nelle sue istituzioni? Davvero si può ritenere che la Storia si esprima attraverso di loro? Non siamo forse troppo schiacciati sul presente e troppo pronti a inventarci un mito, o un incubo, al giorno?».
Ragionamenti che Arrigo Levi estende alle critiche rivolte a Napolitano per la sfida con certi settori della magistratura. Le liquida con un’alzata di spalle: «Non credo, assolutamente, che un uomo come lui abbia fatto nulla che deragliasse dai principi repubblicani, che si sia mosso fuori da una piena consapevolezza dei suoi doveri. Lo dimostra la tranquillità - in quel caso ben più che un dono di carattere - con cui ha affrontato quella prova di forza». Che è stata «dura», e il consigliere Levi lo ammette, «ma che non va sovrastimata».
Per lui bisognerebbe dunque relativizzare e contestualizzare criticamente quegli snodi sui quali la politica si è dilaniata. Quando Napolitano inventò il governo «tecnico» di Mario Monti e poi tenne a battesimo le «larghe intese» di Enrico Letta e, per ultimo, l’esecutivo «di scopo» (e lo scopo erano le riforme) di Matteo Renzi. Tre esempi in cui si è contestato al presidente di essere andato oltre i suoi poteri costituzionali. Polemiche malposte pure queste, per Levi. Che le respinge perché maturate «nella mente di chi ha una memoria breve». Basta riandare indietro nel tempo, spiega, per trovare «molti precedenti» di capi dello Stato che, nei periodi di crisi, «hanno colmato i vuoti della politica con scelte penetranti e incisive».
In definitiva: «Era, ed è, loro compito prendere certe decisioni, senza curarsi di ciò che vorrebbero le maggioranze o le opposizioni, ma avendo come unica bussola un’idea di patriottismo repubblicano».
15 gennaio 2015 | 09:25
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Da - http://www.corriere.it/politica/15_gennaio_15/arrigo-levi-giorgio-napolitano-rielezione-malato-a57dac44-9c8c-11e4-8bf6-694fc7ea2d25.shtml
Admin:
Il miracolo di Napolitano e le colpe di quanti (a destra) non ci hanno capito niente
Pubblicato: 14/01/2015 20:59 CET Aggiornato: 1 ora fa
Gaetano Quagliariello
Diceva Francois de La Rochefoucauld che l'ipocrisia è l'omaggio che il vizio rende alla virtù. Ora, non sta certo a me assegnare patenti di virtù e di vizio, ma che nell'atteggiamento ondivago di una parte dello schieramento politico nei confronti di Giorgio Napolitano vi sia stata e vi sia una buona dose di ipocrisia mi pare fuori di dubbio.
Assumendo il biennio del Napolitano bis quale paradigma di un novennato che ha incrociato una delle fasi più difficili nella storia del nostro Paese, non si può infatti non ricordare come tutto sia iniziato: con una sfilata di capi di partito al Quirinale, Silvio Berlusconi in testa, a chiedere con il cappello in mano un sacrificio a un anziano servitore dello Stato desideroso di godersi la sua bellissima età. Con un Parlamento annichilito dalla sua stessa impotenza ad applaudire un discorso d'insediamento che inchiodava la politica alle sue responsabilità, e ce la inchioda tuttora. Con lo sblocco di un governo di larghe intese che il Cavaliere e l'allora PdL avevano fortemente invocato e il Pd aveva sostanzialmente subìto.
Allo stesso modo non possiamo non ricordare come è andata a finire. Con un traumatico cambio di governo. Con il centrodestra e il centrosinistra attraversati da profondi sconvolgimenti. Con alcuni dei plauditores della prima ora impegnati a fare di tutto perché i risultati ai quali Giorgio Napolitano aveva vincolato l'accettazione del secondo mandato non fossero raggiunti, salvo poi ri-convertirsi sulla via del Nazareno.
Al Capo dello Stato che l'Italia ha salutato con smarrimento e commozione nel giorno delle sue dimissioni dobbiamo il fatto che il filo della riforma del sistema non si sia spezzato nonostante sollecitazioni così numerose e così violente. In un'Italia indebolita dalla crisi economica e ancor più dalla crisi politica, Giorgio Napolitano ha incarnato il senso più genuino e autentico del patto costituzionale sul quale la nostra Repubblica si fonda. E' stato un presidente in grado di assumersi le sue responsabilità di fronte al ritrarsi degli altri poteri, e di assecondarne il moto spontaneo a ogni sussulto di vitalità dell'elettroencefalogramma della politica.
In una legislatura nella quale il campo moderato avrebbe potuto essere spazzato via, il sacrificio di Giorgio Napolitano ha impedito l'implosione del sistema e offerto alle forze politiche dell'arco costituzionale una seconda e poi una terza possibilità. A giudicare dalle reazioni di scomposto giubilo che hanno accompagnato la sua uscita dal Quirinale, è evidente che parte di quelli che più avrebbero potuto avvantaggiarsi di questa fase costituente non ci hanno capito niente. Fino all'ultimo giorno.
Da - http://www.huffingtonpost.it/http://www.huffingtonpost.it/gaetano-quagliariello/il-miracolo-di-napolitano-e-le-colpe-di-quanti-a-destra-non-ci-hanno-capito-niente_b_6472336.html?1421265597&utm_hp_ref=italy/il-miracolo-di-napolitano-e-le-colpe-di-quanti-a-destra-non-ci-hanno-capito-niente_b_6472336.html?1421265597&utm_hp_ref=italy
Admin:
Quirinale, l'ingombrante ruolo di Giorgio Napolitano da emerito: interverrà, voterà per il successore, sarà presente in Aula
Pubblicato: 13/01/2015 16:37 CET Aggiornato: 37 minuti fa
Dal suo appartamento, al primo piano del monastero Mater Ecclesiae, dietro la basilica di San Pietro, il papa emerito Benedetto XVI guarda le meraviglie del Vaticano. E ogni giorno, accompagnato da monsignor Georg Gänswein, suo segretario e prefetto della Casa Pontificia, fa una passeggiata tra gli alberi e le fontane dell’orto, prima di dedicarsi alla meditazione e alla lettura. Dai suoi studi di palazzo Giustiniani Giorgio Napolitano osserverà e seguirà i lavori del Senato. E poi dal suo scranno di senatore a vita, a palazzo Madama, potrà intervenire, se lo riterrà opportuno, sui temi delle riforme e, soprattutto, voterà, e non solo per il successore. Meditazione ma anche voto.
Nelle parole che Matteo Renzi affida ai cronisti, a margine del suo discorso di chiusura del semestre europeo a Bruxelles, c’è tutta la consapevolezza del peso che continuerà ad avere l’attuale capo dello Stato nel dibattito politico italiano e tutta l’influenza che continueranno ad avere le sue parole, anche quando ci sarà il nuovo presidente: “Giorgio Napolitano – dice Renzi - è un grande presidente, un grande parlamentare europeo, continuerà a fare sentire la sua voce. Sarà un grande servitore del paese anche come senatore a vita”. È la consapevolezza che i due Presidenti, il successore di Napolitano e Napolitano, non saranno come i due Papi, Bergoglio e Ratzinger. Certo, anche Napolitano sgravato dalla fatica degli impegni di un compito gravoso e faticoso, troverà il tempo di recuperare quella normalità di vita limitata dal ruolo e dai protocolli. Non è un caso, che proprio a questo recupero della libertà e della normalità sono dedicate le poche frasi che il presidente ha consegnato a un bambino che lo ha interrogato in piazza del Quirinale durante la manifestazione della Polizia di Stato Una vita da social: “Qui si sta bene, è tutto molto bello - ha aggiunto Napolitano - ma è un po’ una prigione. A casa starò bene e passeggerò”.
Ecco, in quella parola prigione c’è tutto il sollievo per il volgere a termine di un secondo mandato, nel corso del quale la fatica fisica e il “peso dell’età” non hanno trovato corrispondenza nel raggiungimento di quegli obiettivi in nome dei quali il sacrificio era stato accettato. Ma Napolitano non occuperà le giornate alla Ratzinger. Chi ha raccolto le confidenze del capo dello Stato assicura che avrà un ruolo molto attivo, tenendo fede a quel proposito annunciato nel discorso di fine anno. Quando scandì: “Resterò vicino - assicura Napolitano - al cimento e agli sforzi dell’Italia e degli italiani”. Il cimento e gli sforzi degli italiani incrociano la figura del nuovo dello capo dello Stato che prenderà il posto di colui che, nei nove anni che abbiamo alle spalle, ha rappresentato il fulcro della politica italiana. E incrociano anche quel tema delle riforme, strettamente connesso alla definizione del nuovo inquilino del Colle. Stefano Ceccanti, costituzionalista molto stimato sia al Quirinale sia a palazzo Chigi, spiega: “Il ruolo di Napolitano rientra in quella che è la sua natura. Sia pur nella discontinuità delle funzioni ci sarà una continuità nel ruolo, in chiave di sollecitazione delle riforme”.
Una sollecitazione che va oltre le riforme. In parecchi, nel Palazzo, ragionano su come un eventuale “Avatar” del premier al Quirinale, scelto per non fare ombra a palazzo Chigi, non la farebbe nemmeno al suo ingombrante predecessore. Anzi un nuovo presidente Avatar sarebbe inevitabilmente oscurato dal suo predecessore. Come la pensi Napolitano sull’identikit del nuovo capo dello Stato non è un mistero: una figura autorevole, competente, credibile dal punto di vista internazionale. E in parecchi, in questi giorni, dentro il Pd si interrogano su quanta possa essere la capacità di suggestione, di influenza e di indirizzo di Napolitano senatore a vita, visto che - quando si apriranno le urne presidenziali – sarà lì a votare. Già, con un dettaglio di un certo valore simbolico, scritto oggi da Fabrizio D’Esposito sul Fatto: “Napolitano sarà l’unico leader parlamentare durante gli scrutini per l’elezione del dodicesimo capo dello Stato. Sia Renzi sia Berlusconi non saranno presenti (uno perché non è parlamentare, uno perché decaduto, ndr). Così come non voteranno per il Quirinale Bebbe Grillo e Matteo Salvini”. Il presidente emerito quel giorno sarà a palazzo Madama, probabilmente tra i banchi del gruppo misto – così trapela al momento – così come fece il suo predecessore Carlo Azeglio Ciampi. Ciampi però non è mai stato parlamentare dal 1953 di un solo partito, come Napolitano. Per questo in parecchi, tra i parlamentari dem, immaginano l’ex presidente tra i loro banchi. E già circola la battuta: “Così oltre a due Presidenti avremmo due Segretari...”.
DA - http://www.huffingtonpost.it/2015/01/13/quirinale-giorgio-napolitano_n_6462436.html?1421163442&utm_hp_ref=italy
Navigazione