LEGA e news su come condiziona il governo B.
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L'intervista
Castelli: i nostri voti sono determinanti
Vorrei che gli alleati lo ricordassero
Il sottosegretario del Carroccio: ora contano i risultati
ROMA — Sottosegretario Roberto Castelli, più ci si avvicina al federalismo e più c'è il sospetto che qualcuno voglia frenare, sopire, troncare. Insomma, sabotare. «Sospetto? La certezza. Noi della Lega lo sosteniamo da sempre. Non siamo così ingenui da pensare che si possa a abbandonare un sistema centralista senza incontrare fierissime resistenze».
Resistenze che arrivano anche dal centrodestra. «L'area centralista è trasversale. Ma intorno al federalismo c'è un vasto consenso, anch'esso trasversale. Ci sarà uno scontro culturale oltre che politico». Sui giornali c'è chi teme che la service tax calderoliana aumenti gli esborsi dei cittadini. «Come si fa a dire una cosa del genere? È ovvio che nel complesso la pressione fiscale non aumenterà. Sul Giornale si dice che non si capisce cos'è? Evidentemente è il solito giornalista centralista».
Ma la convince la service tax? «Il nome è immaginifico, ma il concetto è chiaro. Peraltro, non trovavo nulla di scandaloso neanche nell'Ici: un conto è averlo in un sistema centralista, un altro in uno federalista. Ma quello che conta è che i Comuni abbiano una loro capacità impositiva». Berlusconi pare non abbia una gran fretta, che voglia temporeggiare. E La Russa si è precipitato a spiegare che il partito guida al Nord è il Pdl non la Lega. «Berlusconi ha sempre rispettato gli impegni e non dubitiamo che sia ancora così. Quanto ad An, ricordo che il federalismo fiscale è nel programma di governo. Comunque stiamo arrivando al redde rationem e tutti cercano di posizionarsi nelle loro trincee».
Anche la Lega. «Ricordo sommessamente che dal 2001 al 2006 il nostro voto non era determinante. Avevamo un potere di moral suasion, almeno quando l'Udc non faceva le bizze. Ma le cose sono cambiate». È una minaccia? «Non voglio fare veti o ultimatum. Registro solo che ora i nostri voti sono determinanti in Parlamento. Va bene l'amicizia, ma quel che conta ora sono i risultati». E il caso Gelmini? Bossi definisce il ministro «incompetente» e preferisce tre insegnanti a uno. «Non saprei. Ho avuto un maestro unico e mi sono trovato benissimo. Ma conosco altri che ne hanno avuto tre e che si sono trovati altrettanto bene». E sulla giustizia? Fu lei a bocciare i braccialetti elettronici che il nuovo Guardasigilli vuole introdurre. «Allora erano costosissimi e inefficienti. Ma è stato otto anni fa e il ministro assicura che ci sono progressi. Non ho motivo di dubitarne».
Alessandro Trocino
09 settembre 2008
da corriere.it
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Ma cosa ci guadagnano veramente i capitani coraggiosi dal salvataggio di Alitalia ?
Il solito: favori dal governo
Pubblicato da Tiziano Scolari alle 11:48 in Alitalia
Nei giorni scorsi mi chiedevo che cosa avesse veramente spinto i 16 capitani coraggiosi a investire i loro soldi nel salvataggio di Alitalia.
Certo, la pressione di Berlusconi ha avuto un ruolo importante; certo, il fatto di investire su un'azienda da cui vengono tolti tutti i debiti e a cui vengono lasciate solo le attività che producono utili ha sicuramente aiutato la creazione della cordata italiana. Certo, il fatto che la nuova compagnia gestirà in una situazione di sostanziale monopolio la tratto Milano-Roma, quella che (mi sembra di ricordare) è la terza più redditizia tratta aerea in europa convincerebbe anche me.
Tuttavia queste motivazioni non bastano e come spesso accade mi viene in aiuto L'Espresso che fa una bella fotografia di gruppo degli investitori per spiegare quali sono i reali interessi dietro l'acquisto di Alitalia.
I sedici investitori hanno tutto da guadagnare nell'aiutare il governo. Numerosi soci della cordata si apprestano a spartire una torta miliardaria. Aeroporti, autostrade, il Ponte sullo Stretto di Messina, gli appalti milanesi per la realizzazione dell'Expo 2015.La famiglia Benetton, le aziende di Salvatore Ligresti e l'imprenditore piemontese Marcellino Gavio sono i nomi di spicco di uno schieramento che con il governo si confronta ogni giorno su tariffe, permessi di costruzione, gare pubbliche, via libera ambientali. A questo terzetto fa capo l'Impregilo, una delle maggiori imprese di costruzioni italiane. E questo solo per iniziare.
Capiamoci, dei privati fanno un investimento solo se hanno da guadagnarci. Però sarebbe nel mio interesse, in quanto cittadino italiano, che nel momento in cui il governo debba decidere a chi far costruire le opere per l'Expo di Milano 2015 (solo per fare un esempio) possa scegliere l'azienda che assicura il miglior rapporto qualità/prezzo. Questo non succederà perchè il governo sarà "costretto" a scegliere quell'azienda di proprietà di uno dei sedici che ha, bontà sua, salvato Alitalia (con i nostri soldi).
Ah ... l'antico male di questo paese, la cattiva commistione tra Politica ed Economia non finisce mai di affliggerci.
da scheggedivetro.blogosfere.it
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Leghisti a congresso con l'estrema destra europea
Marco Filippetti
I leghisti cercano alleanze con l’estrema destra europea per dar manforte alle loro “crociate” contro le moschee. L’eurodeputato Mario Borghezio, parteciperà, dal 19 al 21 settembre, al “Congresso contro l’islamizzazione” indetto a Colonia dal movimento di destra "Pro Köln". Ne dà notizia il sito informativo francese Rue 89 (fondato da giornalisti dell'autorevole quotidiano Libération).
La galassia della destra xenofoba europea si ritroverà nella città tedesca di Colonia per cercare di innalzare muri ideologici e anche fisici contro quella che viene chiamata l'«invasione musulmana», a difesa delle città «cristiane» europee. Si sa che l’ultradestra rivendica da sempre la superiorità cristiana contro “il cattivo" musulmano dalla scimitarra affilata, rievocando episodi epici come la battaglia di Lepanto o quella di Poitiers dove il re cristiano Carlo Martello “cacciò” dalla Francia le truppe musulmane nel 732 dC.
A destare qualche perplessità è la presenza al congresso di un deputato di un partito di governo di un paese fondatore della Ue, nonché titolare del ministero degli interni e delle riforme. Mario Borghezio della Lega Nord appunto.
La Lega è un partito molto complesso, che si potrebbe definire “multilivello”. A differenza dei partiti politici provenienti dalla tradizione novecentesca il “Carroccio” ha decine di anime interne. Quella di governo capitanata da Maroni e Bossi, quella legata ai piccoli e medi imprenditori lombardo-veneti, quella sindacale vicina al mondo del lavoro, quella dei sindaci "sceriffo" con a capo Flavio Tosi, primo cittadino di Verona e Gentilini, pro sindaco di Treviso. Addirittura nei primi anni di fondazione della Lega Nord c’era anche un gruppo che si identificava come “comunisti padani” successivamente disciolti e fuoriusciti.
Ma in questo caso parliamo della Lega populista e xenofoba, quella che nel Nord Est mantiene rapporti con l’estrema destra più razzista come “Forza Nuova”. Quella Lega capitanata da Mario Borghezio che arringa le folle inneggiando violentemente alla superiorità della Padania e alla “cacciata” dei mussulmani e degli immigrati dal nostro Paese. Sicuramente non tutto il partito ha le posizioni di Borghezio. Ma se un eurodeputato leghista partecipa ad un convegno con i neonazisti, le correnti più “moderate” dovrebbero prendere posizione in proposito visto che sono al governo di un Paese democratico.
Tra i movimenti che interverranno ci sarà il fiammingo Vlaams Belang, nato sulle ceneri del Vlaams Blok, partito ultranazionalista sciolto dall’Alta Corte belga per incitamento alla discriminazione e all’odio razziale. Saranno presenti alcuni membri dell’Npd, organizzazione tedesca dichiaratamente neonazista che in certi stati del nord della Germania arriva a prendere il 30 per cento dei consensi. In occasione del 60° anniversario della fine delle seconda guerra mondiale, gli attivisti dell’Npd provocarono duri scontri a Berlino. I neonazisti pretesero di arrivare in corteo alla Porta di Brandeburgo, nei pressi del Memoriale della Shoah, sventolando bandiere con la croce uncinata. Due anni fa invece, alcuni senatori dell’ Npd eletti al Bundestraart (il Senato federale) uscirono dall’aula mentre la Camera osservava un minuto di silenzio in memoria delle vittime di Auschwitz.
Al convegno hanno aderito anche i “pezzi grossi” dell’estrema destra del Vecchio continente. L’austriaco Fpö, partito dell’ex governatore della Carinzia, Jorge Haider, ma soprattutto il leader del Front National, il francese Jean Marie Le Pen, da sempre punto di riferimento politico delle destre ultranazionaliste. Mario Borghezio intanto ha confermato in una recente intervista la sua presenza, dichiarando di non sapere della partecipazione di gruppi neonazisti.
Altre presenze inquietanti sono quelle dei cosiddetti teorici della destra radicale. Dovrebbe essere certa la presenza del movimento "Lavoro, Famiglia e Patria" di Henry Nitzsche (già membro della Cdu ma indotto ad abbandonare il partito a seguito di sempre più esplicite manifestazioni di simpatia per l’estrema destra neonazista. Nitzsche porta le istanze dell' Npd in Parlamento), e della rivista, anch’essa tedesca, Nation-Europa, fondata da ex appartenenti alle Ss e le cui pagine vantano la firma di Alain de Benoist, ideologo della “Nouvelle Droite” -la nuova destra francese- che tanto successo riscuote anche a casa nostra, come si può riscontrare visitando il sito internet dei “Giovani Padani” (organizzazione giovanile della Lega) che lo inseriscono tra i “Buoni Maestri”, o nei vari spazi informativi dell’estrema destra nostrana.
Ultime adesione vengono da altri movimenti xenofobi tedeschi come i “Republikaner” e la “Deutsche Liga für Volk und Heimat” (cioè lega tedesca per il popolo e la patria). Ci saranno anche ospiti provenienti dal mondo anglosassone e da Oltreoceano. Dagli Usa arriverà il “Robert Taft Group”, e dalla Gran Bretagna gli ultranazionalisti del British National Party, protagonisti della protesta contro la più grande moschea d’Europa, quella di Frinsbury Park a Londra.
Secondo lo storico francese Jean-Yves Camus, uno dei maggiori studiosi dei movimenti dell'estrema destra in Europa, gli organizzatori dell'evento si sarebbero riuniti qualche tempo fa ad Anversa per lanciare un movimento europeo contro l'islamizzazione delle città. Quella di Colonia potrebbe essere solo una prima tappa di una strategia comune ben piu ampia. E la Lega che fa?
Pubblicato il: 22.08.08
Modificato il: 11.09.08 alle ore 10.01
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Europa alt a Maroni
Paolo Soldini
Sarà pure di cattivo gusto, ma è difficile sottrarsi alla tentazione del «noi lo avevamo detto». La norma del decreto sicurezza che introduce l’aggravante di «clandestinità» sui reati penali commessi da stranieri non è conforme al diritto comunitario. Va annullata e subito, se l’Italia vuole evitare, oltre che nuove brutte figure, severe sanzioni della Ue. Secondo molti, l’aggravante non è conforme neppure alla Costituzione italiana, come hanno sostenuto questo giornale, i parlamentari dell’opposizione e i più autorevoli costituzionalisti che si sono espressi sull’argomento. Si tratta, insomma, dell’ennesima rodomontata del governo e particolarmente del ministro dell’Interno Roberto Maroni, il quale la sua "tolleranza zero" tende a manifestarla più verso il diritto e la logica che verso i criminali.
L’aspetto "europeo" della (s)maronata è stato ieri evocato dal commissario Ue alla Giustizia Jacques Barrot. Il quale non è, per così dire, il più prevenuto nei confronti del governo di Roma, avendo mostrato molta, molta (forse anche troppa) pazienza nel far correggere e limare a dovere l’ordinanza sulla rivelazione delle impronte dei piccoli rom, fino a renderla quasi potabile alle autorità di Bruxelles. Ma di fronte a una violazione del diritto comunitario tanto palese come quella contenuta nel decreto, nel punto in cui modifica l’art. 61 del codice penale, nemmeno Barrot ha potuto far finta di niente. Il punto principale dell’argomentazione del commissario, così come l’ha riferita ieri il suo portavoce, è che la modifica dell’art. 61, introducendo la residenza illegale tra le circostanze aggravanti di eventuali reati non fa distinzione tra cittadini extracomunitari e cittadini della Ue (la norma è diretta principalmente colntro i rom di origine rumena). Per questo motivo, che era stato richiamato anche dai parlamentari del Pd durante la discussione per la ratifica, il servizio giuridico del Parlamento europeo, su richiesta della deputata rumena Adina Valean, aveva emesso un parere di "incompatibilità" con la normativa Ue, ignorato allegramente, va da sé, dai servizi giuridici del ministero dell’Interno (ma che ci stanno a fare?). Il problema, però, non riguarda solo la mancata distinzione tra comunitari e no. Il decreto, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 25 luglio ed è in vigore dal 26, viola un principio giuridico fondamentale, e non solo nella giurisprudenza Ue: quello secondo il quale le aggravanti di reato debbono sempre attenere alla condotta del reo e non alla sua condizione. Un principio semplice semplice, che qualunque studente di Giurisprudenza sarebbe in grado di spiegare perfino al ministro leghista.
E non è tutto. Il portavoce di Barrot ha aggiunto che l’intera materia della sicurezza, con i tre decreti ancora non ratificati, è più che discutibile. Ci sono modifiche da fare, ha spiegato e l’intera legislazione è sotto esame. Vediamo ora se Maroni e soci continueranno a far finta di niente.
Pubblicato il: 18.09.08
Modificato il: 18.09.08 alle ore 8.50
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La vista del leghista
Maria Novella Oppo
L’Alitalia muore? Per intanto sopravvive in ogni anfratto della tv. I dibattiti si ripetono e gli argomenti pure. Per Berlusconi, e i suoi ripetitori, la colpa è della Cgil e dell’opposizione. E anche se non è vero, il messaggio rimbalza da un canale all’altro, le voci si mischiano, le facce si confondono.
Giovanardi, che è un esteta, si è detto colpito dal confronto tra le immagini dei dipendenti Alitalia che festeggiavano il ritiro di Cai dalla trattativa e quella dei licenziati di Wall Street con le loro scatole di cartone (tutto lì dentro: si vede che per produrre miliardi o buchi di miliardi hanno bisogno di poco).
Ma quello che, tra i tanti partecipanti al talk show a reti unificate, ha colpito di più noi spettatori indefessi, è stato il leghista Salvini.
Il quale ha spiegato (anche in dialetto, per i padani) che a lui della bandierina italiana sulle ali degli aerei non importa un fico. E questo si sapeva.
Poi si è preoccupato solo per i lavoratori di Malpensa, perché, è chiaro, quelli di Fiumicino, essendo romani, possono anche andare a quel Paese (l’Italia?).
Pubblicato il: 20.09.08
Modificato il: 20.09.08 alle ore 8.18
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