LEGA e news su come condiziona il governo B.

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LA NOTA

Governo malato di eccesso di sicurezza

Segni di sfilacciamento su misure anti crimine e riforma della giustizia



Probabilmente si tratta soltanto di sbavature, di iniziative coordinate male. Ma non si può dire che ieri il governo abbia dato prova di compattezza: né sulla questione dell'uso dell'esercito nelle città, né in materia di giustizia, e neppure sul piano dei rapporti di forza parlamentari. Si può anche liquidare come un incidente di percorso il ruzzolone di ieri alla Camera, dove il governo è stato bocciato su un decreto. Ma qualche segnale di sfilacciamento è indubbio. Le divergenze fra il presidente della Camera, Gianfranco Fini e quello del Senato, Renato Schifani sulla riforma del Csm sono emerse in modo esplicito: sebbene Fini si sia poi affrettato a diplomatizzarle.

Il suo accenno ad una politica viziata da una «visione unilaterale» dei rapporti con la magistratura, non è passato inosservato. Ha dato l'impressione di una critica larvata al modo in cui il premier Silvio Berlusconi cerca di plasmare il sistema giudiziario. Nelle parole di Fini si avverte il timore che un braccio di ferro prolungato e sfibrante con i giudici diventi un boomerang per il centrodestra; e non venga capito dall'elettorato. Forse il presidente della Camera dà voce anche alle preoccupazioni del Quirinale, determinato a svelenire la situazione e perplesso di fronte all'ipotesi di una riforma del Csm, di cui Giorgio Napolitano è presidente.

Tuttavia, non si può dare per scontato che fra un mese lo sfondo sarà meno avvelenato. Oggi Antonio Di Pietro presenterà alla Corte di cassazione il quesito referendario che vuole abrogare il lodo Alfano. Quanto alle misure sulla sicurezza, la confusione promette di crescere: oltre tutto con un fronte europeo insidioso per palazzo Chigi. L'attacco del Consiglio d'Europa contro il governo italiano per la politica sui «rom» è la conferma di un rapporto sfibrato e conflittuale.

Mostra un centrodestra guardato a Bruxelles con una diffidenza pervicace. Probabilmente si è di fronte ad un pregiudizio esagerato. Ma certo non è da sottovalutarsi, su un tema delicato come i diritti umani. Non contribuisce alla chiarezza l'eterogeneità delle reazioni sull'utilizzo dei militari nelle città. Nella maggioranza la decisione non incontra consensi unanimi: basta registrare il rifiuto del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ad impiegare i soldati per le strade della capitale. È come se l'esigenza di bruciare le tappe nei primi cento giorni spingesse il governo a prendere misure magari incisive ma viziate da una logica emergenziale; forse, poco meditate; e comunque, non sempre condivise fino in fondo da ogni alleato. Fini propone di rimediare tenendo le Camere aperte più a lungo del solito per approvare le ultime leggi. Ma le assenze che ieri hanno provocato la caduta del cosiddetto «decreto milleproroghe » dicono che il centrodestra in questa fase è almeno distratto; ed incline a disertare l'aula per eccesso di fiducia nei propri numeri parlamentari.


Massimo Franco
30 luglio 2008

da corriere.it

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POLITICA

Il ministro: "Mai più col cappello in mano a Roma"

Bozza finale del ddl, oggi l'incontro con Tremonti

Ecco il piano di Calderoli per il nuovo federalismo

DAL nostro inviato PAOLO BERIZZI

 

BERGAMO - Si rigira tra le mani le pagine. Le scorre lentamente, come fossero le Sacre Scritture. Eccola qui, dopo la seconda e decisiva spremitura, l'ultima bozza del disegno di legge sul federalismo fiscale. Il ministro per la Semplificazione, Roberto Calderoli - che per scriverla si è giocato le vacanze, "ho iniziato a fine maggio, un lavoraccio, però così com'è direi che può funzionare" - la presenta a Repubblica prima di salire a Lorenzago di Cadore e portarla "in dono" a Tremonti: "Compie gli anni oggi, gli faccio un bel regalo, no?".

Su queste carte, per la Lega, è impressa la madre di tutte le riforme. La rivoluzione democratica che secondo Bossi "cambierà il Paese", che sgraverà il Nord della "zavorra centralista" e farà finalmente decollare il Sud. L'impianto è noto: "I soldi vanno direttamente alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Così - dice Calderoli reduce dal summit di Ponte di Legno con Bossi e il ministro dell'Economia - ammazziamo la finanza derivata, quel sistema per cui i soldi finiscono a Roma e poi i sindaci vanno con il cappello in mano a chiedere l'elemosina".

Diciannove articoli spalmati su sette "capi" (le cifre, per la cronaca, sono indicate in numeri romani). Sulla copertina, la scritta: "Schema di disegno di legge per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione: delega al Governo in materia di federalismo fiscale". Tecnicamente c'è da studiare e parecchio. Il titolare della Semplificazione l'ha fatto.

Si è messo sotto assieme a una squadra di professori universitari: costituzionalisti e economisti. "Oggi ci vediamo a Calalzo di Cadore. Abbiamo limato, visto, rivisto. Questo benedetto testo l'ho presentato alle Regioni, ai Comuni, alle Province. Ai gruppi dell'opposizione. Qualcuno diceva che era un testo generico: oggi non lo è più. Però forse abbiamo deluso Rutelli...". Sorride, Calderoli, indica l'articolo 10, quello sul "finanziamento di Roma capitale": "Aveva detto che ci eravamo dimenticati. E invece eccolo, non ho fatto il furbo. Prima era nel codice delle autonomie, adesso l'abbiamo portato di qui per evitare che andasse a traino e finisse in coda...".

Lo "schema" federalista si regge su pilastri cardine: primo, l'autonomia fiscale del territorio (stabilito dall'articolo 119 della Costituzione). Subito dopo c'è il passaggio dalla "spesa storica" alla logica della premialità, degli incentivi agli enti virtuosi. In sostanza: finita la storia che chi più spende - Regioni, Comuni, Province - , e dunque peggio amministra, e dunque dilapida, si becca più soldi dallo Stato.

"Puntando sulle autonomie economico-finanziarie, si responsabilizzano i vari livelli di governo. Ciascun livello deve potersi autofinanziare con un'imposta legata alle competenze più proprie - spiega il ministro - Per il Comune la casa, per la Provincia le auto e i trasporti, e per la Regione tutti i servizi alla persona". Risultato sperato: coinvolgere i Comuni nella lotta all'evasione fiscale. "I sindaci andranno a stanare i furbetti. Perché è nel loro interesse, ne va del finanziamento delle casse".

E qui c'è un altro punto centrale: la tipologia di tributi richiesti al cittadino ("gli enti saranno flessibili nelle detrazioni, nelle esenzioni, nelle deduzioni") sarà collegata ai servizi erogati. "Io cittadino potrò giudicare l'operato degli amministratori, quello che mi offrono e quello che mi chiedono. E' una forma di controllo diretto". Se il sindaco non fa il suo dovere, scattano sanzioni automatiche da parte dello Stato.
Il Sud.

Per i fautori dell'equazione federalismo uguale "interessi del Nord" Calderoli ha la risposta pronta. "Questo sistema è perfettamente compatibile con le Regioni meridionali, anche con quelle più arretrate. Non solo perché gli dà la possibilità di sopravvivere - con la prossima finanziaria alcune scomparirebbero. Ma anche perché indica la strada per il rilancio della loro economia. Io dico: vuoi farti una fiscalità di vantaggio? Benissimo. Però non è più come prima che ti davo 10 milioni e tu sparivi. Così abbatti il nero, la crisi dell'occupazione, la criminalità".

Altri principi contenuti negli articoli: la perequazione ("Se una macchina fa 10 km con un litro dev'essere così a Milano come a Roma come a Palermo") e la solidarietà. "Questo è un federalismo solidale. Le Regioni più ricche devono aiutare quelle meno sviluppate. E lo stesso vale per i Comuni. Ma le risorse ognuno se le gestisce, non saranno più ripartite da Roma".

Il pacchetto è pronto. Il calendario pure. "Stiamo spingendo sull'acceleratore. Dal Cadore scenderemo in Puglia dove scriveremo gli ultimi passaggi. E' un giro d'Italia. Perché questa è una riforma di tutti e per tutto il Paese. Presenterò il disegno di legge con Bossi, Tremonti, Fitto e Ronchi. Nella prima settimana di settembre esame preliminare in consiglio dei ministri. Dopo il 15, l'approvazione. Poi inizia l'iter. L'obiettivo - conclude Calderoli - è partire con il periodo di transitorietà subito dopo il 2009. Quindi si andrà a regime. Gradualmente ma definitivamente. Così, poco alla volta, tutte le macchine faranno 10 km con un litro".

(18 agosto 2008)

da repubblica.it

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A LORENZAGO

Federalismo, Bossi torna all'attacco «Sia la volta buona o ci pensa il popolo»

ROMA - Può durare da tre a cinque anni la transizione verso il definitivo riassetto federale del Paese e i termini scattano dalla fine del 2008, vale a dire dal momento dell'approvazione della legge delega in Parlamento. È il ruolino di marcia indicato dal ministro Roberto Calderoli. Ma intanto Umberto Bossi, tornato a Lorenzago dopo 5 anni, fa sapere che nessuno deve bloccare la riforma come accadde la volta precedente e che, in tal caso, ci sono dietro l'angolo soluzioni «sbrigative».
 
SOLUZIONI SBRIGATIVE - «Speriamo che questa volta sia la volta buona altrimenti dovremo pensare ad altre soluzioni, molto più sbrigative. La volontà popolare di conquistare la libertà può avvenire anche attraverso i mezzi che sa usare il popolo», ha detto il ministro delle Riforme che a sorpresa ha raggiunto Calderoli e Tremonti a Lorenzago dove si festeggia anche il compleanno del ministro dell'Economia. Da Bossi, poi, qualche anticipazione: con la riforma «si potrà arrivare ad una riduzione degli sprechi perchè si cambia il modo di finanziare le regioni, non più sulla spesa storica ma sulla spesa calcolata media». «Oggi - ha aggiunto - è calcolata sulla spesa storica e ogni regione riceve al di là di quanto effettivamente spende».

I PALETTI - Intanto, però alleati e avversari, ma anche le associazioni degli Enti locali, continuano a mettere paletti al suo progetto. A cominciare dalle richieste perentorie del reggente di An. Intervistato dal «Quotidiano nazionale», Ignazio La Russa ha ribadito che la riforma federalista va inserita all'interno di un quadro di riforme istituzionali. Di più non ha aggiunto, ma il riferimento a un bilanciamento di tipo presidenzialista, tema da sempre caro a Fini, rimane sullo sfondo. Come che sia, è un paletto da cui non può prescindere il progetto di Bossi e Calderoli. Del quale si conosce ancora poco. Ma quel poco basta per far mettere le mani avanti a Italo Bocchino, che avverte: mai Alleanza nazionale potrebbe approvare norme penalizzanti per il Mezzogiorno.

BOZZA CALDEROLI - Sono petizioni di principio, non ancora il preludio di una guerra dal momento che la «bozza Calderoli» - diciannove titoli raggruppati in sette capitoli - rimane ignota. Si sa soltanto che il caposaldo deve essere la fine della finanza derivata, cioè la procedura per cui Comuni, Province e Regioni sono stati in questi decenni soltanto ufficiali pagatori di somme la cui entità veniva stabilita dal governo centrale per essere divisa di concerto tra i soggetti interessati. Proprio dai Comuni sono venute le prime e puntuali richieste. Se ne è fatto portavoce il vicepresidente dell'Anci, Osvaldo Napoli. Il quale, pur apprezzando la bozza del ministro leghista, ha chiesto che le funzioni fondamentali di competenza di Comuni e Città metropolitane vengano fissate già nella legge delega e non rimandate ai decreti delegati. Per Napoli, quindi, sono da considerarsi funzioni fondamentali i servizi alla persona, all'ambiente, la catalogazione fiscale dei beni immobili (decentramento del catasto), la sicurezza e il decoro urbano, l'istruzione.

LE RICHIESTE DEI COMUNI - A queste richieste Napoli ne aggiunge un'altra: la possibilità per i Comuni di imporre una tassa di scopo per finanziare fino al 100%, e non al 30% come è attualmente previsto, le opere che vogliono realizzare. Il tutto condito dalla semplificazione radicale della fiscalità sugli immobili, riducendo a una sola «grande tassa» le 10 o 11 tasse sulla casa (un pò sul modello francese). Calderoli legge e annota. Così, proprio rivolto ai sindaci, ha ammonito che sta per finire il tempo dell'indulgenza per i sindaci poco virtuosi. Al cattivo amministratore che non sa governare il bilancio o lo sfora oltre una certa soglia, vanno comminate sanzioni automatiche prevedendo la limitazione delle assunzioni o il blocco della spesa a disposizione del sindaco quando non l'obbligo di imporre nuove tasse locali. Si tratta di un meccanismo sanzionatorio mai venuto alla luce, ma già in qualche misura previsto nel Codice delle Autonomie dell'ex ministro Linda Lanzillotta. (Ansa)


18 agosto 2008

da corriere.it

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25/8/2008 (7:24) - L'INTERVISTA

Calderoli: "Formigoni? Lasciatelo parlare..."
 
Il ministro: «Roberto si ricordi che chi va piano va sano e va lontano»

UGO MAGRI
ROMA


Sul federalismo, ministro Roberto Calderoli, lei procede come una lumaca...
«Chi lo sostiene?».

Roberto Formigoni, governatore della Lombardia. Un vostro alleato. Preferirebbe un passo più da bersaglieri.
«Chi va piano va sano e va lontano, dicevano i nostri vecchi. E chi va forte... Tante volte si è provato a realizzare il federalismo, ma regolarmente un bastone è finito tra le ruote».

Qual era lo sbaglio?
«Quello di imporre la soluzione, o di calarla dall’alto».


Lei, invece?
«Cerco di far nascere il federalismo dal basso, dal territorio, da tutto il territorio. Mezzogiorno compreso».

Però intanto Formigoni, un ex democristiano, mette la freccia e la sorpassa in leghismo...
«Mi vengono in mente quei piloti che alla play-station battono tutti. Ma sulla pista vera è diverso».


Cosa succederà quando al Sud cominceranno a fare due conti sul fisco federale?
«Chi si è messo al lavoro, come la Sicilia, ha capito immediatamente che federalismo fiscale significa entrate maggiori, non minori. Mi è piaciuto quello che dice Vendola, presidente della Regione Puglia...».

Ma come! E’ di Rifondazione comunista...
«A me sembra che voglia accettare la sfida federalista. Altri, invece, non ci sono arrivati. Questione di tempo».


Avrà più inciampi a destra o a sinistra?
«Diciamo fifty-fifty».

Il peggior nemico?
«La palude».

Qualcuno obietta: prima di trattare sui soldi, le Regioni devono farsi dare dallo Stato le competenze indicate nella Costituzione. Non è che lei, Calderoli, mette il carro davanti ai buoi?
«Quando cercavamo di fare il federalismo costituzionale, ci dicevano che era meglio partire da quello fiscale. Oggi, il contrario. Ma in fondo conta poco».

Poco?
«Abbiamo studiato le cose in modo da superare il problema. E Formigoni, che se ne intende, sa come».

Lo spieghi a noi.
«Dopo la legge delega sul federalismo fiscale, serviranno i decreti delegati attuativi. Mentre il governo si occuperà di quelli, il Parlamento potrà approvare, nella doppia lettura richiesta, il federalismo costituzionale».

Quanto tempo prevede che ci vorrà, per mettere insieme l’intero pacchetto?
«Un anno, un anno e mezzo al massimo».

Saremo nel 2010, avremo le elezioni regionali. Ancora Formigoni rivela: Berlusconi mi ha già promesso che governatore in Lombardia resterò io... Risulta pure a voi della Lega?
«Ci risulta che si deciderà quando sarà il momento. Lui o uno dei nostri, lo vedremo sotto elezioni».

Ma allora Berlusconi perché promette?
«Per legittimare Formigoni nel suo ruolo attuale. Se già il premier dicesse che nel 2010 il Presidente della Lombardia sarà un altro, Formigoni si domanderebbe che ci sta a fare al Pirellone adesso».

Parlando di elezioni: a che punto siete sulla legge per le Europee?
«Spero di parlarne con Berlusconi in settimana».

Il premier che cosa ha in mente?
«Uno sbarramento del 5 per cento. Per lui sarebbe meglio. Porterebbe ad avere 4 partiti nel Parlamento europeo».

Lei invece?
«Preferirei la soglia al 4 per cento. I partiti rappresentati salirebbero a 5. Rispetto agli 11 attuali, ne resterebbero comunque meno della metà».

Il vantaggio?
«Di avere sostanzialmente lo stesso sbarramento in Europa e alle Politiche nazionali. Un sistema più omogeneo».

Forza Italia vorrebbe Casini di nuovo nell’alleanza. E voi?
«Discorsi estivi. Qualcuno ha aperto perfino alla Santanché... Non perdiamoci tempo».

E se l’Udc tornasse davvero all’ovile?
«La questione non si pone proprio. Casini si è perfino candidato premier in alternativa a Berlusconi. Come farebbe a sedersi nel suo governo?».

da lastampa.it

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«La lista dei reati inclusi è decisa e non cambierà»

Maroni: intercettazioni, la corruzione resta

«Non dobbiamo più curarci di polemiche fasulle. Vicino al premier c'è chi agisce per convenienza personale»

 
 
ROMA — L'accordo con la Libia? «Noi siamo pronti ai pattugliamenti delle coste, dunque mi aspetto che sia subito operativo. Ma adesso è l'Europa a dover intervenire per fermare i flussi». Il monito del Papa? «L'Italia ha già fatto la sua parte, altri devono rispondere all'appello». Lo scontro sulla giustizia? «Basta con le questioni personali e le polemiche strumentali, abbiamo i numeri e il consenso per approvare una grande riforma». Agosto è trascorso senza particolari emergenze da affrontare, ma Roberto Maroni ha ben presente quali problemi attendono la ripresa dell'attività del governo e in particolare del ministro dell'Interno.

I risarcimenti concessi al regime di Tripoli saranno sufficienti a fermare gli sbarchi? «Il nostro accordo era subordinato alla realizzazione e al finanziamento di un sistema di protezione dei confini libici a sud, nel deserto, che è stato studiato da Finmeccanica. La parte più rilevante del patto, a parte l'autostrada, è questa perché rappresenta la contropartita per avviare i nostri controlli nelle acque libiche».

È convinto che saranno consentiti?
«Motovedette ed equipaggi sono pronti da tempo. Nei prossimi giorni sentirò l'ambasciatore Abdul Hafed Gaddur con il quale avevamo già un'intesa. Manca soltanto il via libera operativo, ma intanto mi aspetto che la polizia locale aumenti i controlli per fermare i flussi. Il nostro obiettivo è la chiusura della rotta, proprio come avvenne con l'Albania».

Fino al 15 agosto gli arrivi erano raddoppiati rispetto allo scorso anno. C'è ancora una situazione di emergenza?
«Il vero problema è che la maggior parte dei clandestini provengono da Paesi in guerra e dunque non ci sono le condizioni per rimpatriarli. Chiedono asilo politico e molti hanno i requisiti per ottenerlo. La collaborazione con Tripoli diventerà fondamentale per il nostro Paese, ma certo non risolverà il problema dell'immigrazione in Europa».

Come si deve intervenire?
«Lunedì prossimo sarò a Parigi e chiederò alla presidenza francese interventi forti e decisivi, anche perché il rischio forte è che si apra una nuova rotta che passa dal Marocco e arriva in Spagna. Il vero rimedio è la trattativa con i Paesi d'origine, ma è l'Unione europea a doverla affrontare in maniera strutturale».

Papa Benedetto XVI chiede ai governi azioni politiche più efficaci per fermare le stragi in mare.
«Condivido le sue parole al cento per cento perché la soluzione è in un grande progetto comune. In assenza di una politica europea ogni Stato cerca di tamponare l'emergenza dei flussi senza però risolvere il problema. L'appello del Pontefice arriva nel momento in cui l'Italia ha dimostrato l'efficacia della politica, adesso tocca all'Europa».

Le carrette affondano nel canale di Sicilia. Rivolgersi a Bruxelles non è un modo per scaricare il problema?
«No, anche perché con l'ampliamento dell'area Schengen l'Italia è espropriata dal controllo sulle frontiere terrestri. Chiudere la porta di Lampedusa non basta. Io propongo un comitato permanente composto da Spagna, Francia, Italia, Malta, Portogallo e Grecia che affronti l'emergenza e definisca le strategie».

Questo secondo lei risponde all'appello del Pontefice?
«La gestione dei flussi migratori è una grande sfida che deve essere affrontata come si fa per l'economia con il consiglio Ecofin e la Banca centrale. La Commissione europea deve avere potere sull'immigrazione e non lasciare iniziativa a singoli Stati. Qualche giorno fa Laura Boldrini, portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati, ha denunciato le pessime condizioni dei centri di accoglienza maltesi. Perché non si interviene?».

Resta convinto della necessità di rendere l'immigrazione clandestina un reato?
«Ho già chiesto ai capigruppo del Senato di mettere subito in calendario il disegno di legge per approvarlo con urgenza».

Secondo Silvio Berlusconi la vera emergenza sono le intercettazioni. Non è d'accordo?
«Alla Camera c'è il disegno di legge del governo e noi stiamo cercando di capire che cosa ha intenzione di fare il ministro Alfano. Siamo favorevoli alla sua approvazione con la precisazione che deve rimanere la possibilità di eseguire intercettazioni per i reati di mafia e per quelli contro la pubblica amministrazione».

Il premier vuole eliminare corruzione e concussione.
«Il provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri: questi reati ci sono e rimarranno».

Nessuna possibilità di modifica?
«Ascolteremo gli argomenti di Berlusconi, ma la posizione della Lega non è cambiata e non può cambiare. Anche perché non ce ne sarebbe motivo. Dobbiamo avere l'ambizione di lavorare nei prossimi cinque anni per un sistema più moderno efficace senza curarci delle polemiche fasulle e senza farci condizionare dalle convenienze o dalle contingenze».

Si riferisce a Berlusconi?
«Proprio no. Mi riferisco a chi gli sta intorno, a quei consiglieri che pensano di fare i suoi interessi, come è avvenuto con il provvedimento per la sospensione dei processi».

Nella lettera spedita al presidente Schifani è stato lo stesso presidente del Consiglio a rivendicarne la paternità della norma.
«Abbiamo la forza e i numeri per fare una riforma ambiziosa che renda la giustizia equa e utile per i cittadini: questo è il nostro obiettivo. Dobbiamo spoliticizzare quella piccola parte della magistratura che si muove per fini propri e mettere il resto in condizione di perseguire i reati. Sbaglia chi ritiene che dietro questo progetto ci siano chissà quali interessi o addirittura la P2. Noi abbiamo in mente la tutela dei cittadini, le intercettazioni sono soltanto un aspetto».

Quali sono gli altri?
«Separazione delle carriere, obbligatorietà dell'azione penale, giustizia civile. Io dico: superiamo le divisioni e lo scontro con le toghe eliminando l'aspetto punitivo e recuperando una collaborazione fra poteri».



Fiorenza Sarzanini
01 settembre 2008

da corriere.it

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