LEGA e news su come condiziona il governo B.

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28/8/2009


Chiesa-Lega la posta è il territorio
   
FRANCO GARELLI


L’aspro dibattito pubblico seguito alla tragedia in mare degli immigrati eritrei indica che siamo forse a un punto di svolta dei rapporti della Chiesa con la Lega Nord, che su questi temi può coinvolgere anche l’esecutivo di cui essa fa parte o di cui sembra essere la padrona. Da entrambe le parti sono volate parole grosse, che hanno portato il Vaticano e la Cei a dire che nel Mediterraneo si sta consumando una nuova Shoah.

Che l’Occidente finge di non vedere; e con lo stato maggiore leghista che ha reagito a muso duro, accusando i Vescovi di dire «parole senza senso», di «inventarsi nuovi comandamenti», di lanciare messaggi che alimentano i viaggi in mare dei clandestini che poi finiscono in tragedie. Dalla Padania è persino giunta la minaccia di rivedere il Concordato, anche se Bossi a questo punto ha smorzato la polemica, ricordando che «la Chiesa fa il suo mestiere, noi il nostro». Ma al di là dei toni più o meno forti, è del tutto evidente che quella che si sta concludendo è una delle settimane di maggior passione e scontro tra la Lega Nord e la Chiesa, per la distanza che ormai separa - in tema di politiche migratorie e sociali - i due mondi.

Oggetto della contesa, dunque, non è la politica globale del governo in carica, che su vari aspetti valorizza la presenza della Chiesa nel paese; ma uno dei suoi punti qualificanti, rappresentato da quell’insistenza sui temi dell’ordine e della sicurezza che - a detta dei vescovi - produce la chiusura del Paese verso gli immigrati e alimenta l’indifferenza verso quanti cercano di emigrare per sfuggire alla fame, alla guerra, a condizioni disumane. La Chiesa non intende disgiungere legalità e solidarietà, ma richiama il governo e la nazione a non vivere solo di ordine pubblico e di respingimenti; così come vorrebbe che le forze politiche che si richiamano all’identità cattolica accettassero le indicazioni della sua dottrina sociale Il nuovo braccio di ferro tra Lega e Chiesa indica almeno tre cose.

Anzitutto che l’unica voce critica sui temi sociali e dell’immigrazione che preoccupa la Lega Nord è quella della Chiesa cattolica, nonostante che nel Paese vi siano molte altre forze sociali, politiche e religiose che da tempo protestano contro le scelte del governo e dei leghisti in questo campo. Proprio perché la considera come la spina nel fianco più ostica per attuare il suo no ad un’Italia multietnica, il Carroccio riconosce alla Chiesa una capacità di mobilitazione pubblica sui temi sociali ben superiore a quella su cui possono contare gli stessi partiti dell’opposizione. A più riprese la Lega si è contrapposta agli appelli del card. Tettamanzi, che auspicava la nascita a Milano di nuove moschee e un rapporto più sereno con l’islam; mentre ha sempre reagito con fastidio alle forti proteste della Cei per l’introduzione del reato di immigrazione clandestina nel pacchetto sicurezza varato dal governo.

In secondo luogo emerge che la Lega Nord ritiene di avere una posizione così forte nel Paese e nell’arena politica da usare con i vescovi toni pesanti, persino ricattatori. Per parare la critica di essere l’anima di una politica migratoria senz’anima, Bossi sfida paradossalmente il Vaticano ad aprire le sue porte ai clandestini, ricordando che proprio la città del Papa è quella che ha le mura più spesse e gli accessi più riservati; in ciò dimenticando tutti i gruppi religiosi e le parrocchie che operano sul territorio per far fronte alle varie emergenze sociali, tra cui quelle dei nuovi flussi migratori.

Infine occorre notare che al centro della contesa tra i vescovi e la Lega Nord vi è la competizione tra due diverse visioni della realtà che passano anche attraverso la questione migratoria. I vescovi italiani, soprattutto quelli del Nord Italia, sono ben consapevoli di quanto la Lega sia radicata sul territorio e della sua capacità di interpretare il sentire di quelle popolazioni. Vent’anni fa i vescovi e i preti della Lombardia e del Veneto, hanno del tutto sottostimato la capacità di penetrazione delle idee leghiste su territori che erano politicamente bianchi, ritenendo che la Dc e i gruppi ecclesiali fossero in grado di interpretare il sentire comune. Oggi Lega e Chiesa invece si contendono il territorio, le domande della gente, la capacità di rappresentare il mondo locale. I preti e i vescovi di alcune aree del Nord sanno che se nelle omelie insistono troppo sui temi della solidarietà verso gli immigrati la gente comincia a rumoreggiare in chiesa; ma sono anche consapevoli che se non tengono alto il loro messaggio sociale e religioso disperdono il senso stesso della proposta cristiana.

La tregua tra Lega Nord e Chiesa sembra dunque sul punto di rompersi. La prima, pur caratterizzandosi perlopiù per un’anima laica, ha da tempo adottato la religione cattolica come una sacra volta per difendere i valori della tradizione contro la presenza multietnica, dell’islam in particolare. Dal canto suo, la Chiesa anche grazie all’ossequio leghista al cattolicesimo ha visto maggiormente riconosciuto il suo ruolo nel paese, certificato dai provvedimenti a suo favore varati dalla maggioranza di governo. Si tratta di un equilibrio destinato a infrangersi se i leghisti chiedono alla Chiesa di occuparsi soltanto delle questioni di sacrestia (lasciando a loro libertà di azione sui temi emergenti) e se la Chiesa non intende rinunciare a giocare in senso forte la sua anima più solidale.

da lastampa.it

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Sui media esteri le dimissioni del direttore di Avvenire e il conflitto con la Cei

Le Monde: "Le scappatelle imbarazzano la Chiesa".

Feltri al Nyt: "Mi fate domande ingiuriose"

El Pais: "Berlusconi pericolo pubblico"

Wsj: "Crepa tra Vaticano e premier"


di ENRICO FRANCESCHINI e ANAIS GINORI

LONDRA - Per il quotidiano spagnolo El Pais è "un pericolo pubblico". Il New York Times scrive che, per attaccare chi lo critica, sta "ignorando il proprio paese, messo duramente alle corde dalla crisi finanziaria". Il Wall Street Journal parla di "tensioni sempre più profonde" con il Vaticano. E le dimissioni del direttore dell'Avvenire occupano ampio spazio sulle principali testate della stampa internazionale, in particolare nei paesi cattolici o in regioni, come a New York e Boston negli Stati Uniti, dove la presenza cattolica è particolarmente forte.

In Spagna, per esempio, El Pais, uno dei giornali contro cui il premier ha minacciato azione legale (per la pubblicazione delle foto dei party con donne in topless nelle sua villa in Sardegna), dedica un articolo agli ultimi sviluppi del caso, intitolato "Berlusconi costringe alle dimissioni il direttore del giornale dei vescovi italiani", facendo la sua "prima vittima", e in un editoriale parte, ricostruendo i punti essenziali della vicenda, il giornale afferma senza mezzi termini: "Quest'uomo, è, come ha detto sua moglie Veronica, 'ridicolo', però è anche un pericolo pubblico".

La medesima tesi, cioè che Dino Boffo, dimettendosi dall'Avvenire per le polemiche scatenate dalle accuse di omosessualità contenute in un articolo del Giornale di Vittorio Feltri, di proprietà del fratello di Berlusconi, sia diventato "una vittima" del primo ministro, ossia che l'operazione abbia come mandante ultimo il presidente del Consiglio, è condivisa da altri organi di stampa stranieri, come il New York Times, che mette oggi in prima pagina le dimissioni di Boffo e anche nell'edizione internazionale (l'International Herald Tribune) fa un titolo a quattro colonne: "Giornale cattolico perde un round nelle guerre del sesso in Italia". L'autorevole quotidiano newyorchese sottolinea che il Giornale, "considerato il portavoce della coalizione di centro destra", ha pubblicato un "audace" editoriale che ha preso in giro l'accento "mitteleuropeo" di papa Benedetto XVI, "che è tedesco", e ha esortato la Chiesa cattolica a confrontare la sua "ipocrisia" sulla sessualità di preti dalla "debole carne" così come la sua storia di "sodomia e pedofilia con chierichetti", per poi passare agli attacchi personali contro Boffo.

Il messaggio degli attacchi al direttore dell'Avvenire, prosegue l'articolo, "è chiaro: che un giornale cattolico dovrebbe stare attento a non criticare la vita personale del primo ministro". La corrispondente Rachel Donadio sente anche il parere di Feltri, che afferma di avere pubblicato le notizie sui problemi giudiziari di Boffo "per interessare l'opinione pubblica e per vendere copie", dichiarando di non avere discusso la cosa con Berlusconi: "E' una domanda che trovo irrilevante se non ingiuriosa", dice il direttore del Giornale. Conclude il quotidiano di New York: "Critici e alleati di Berlusconi dicono che egli sta avventurandosi in acque pericolose con la Chiesa e fomentando un ambiente in cui tutte le critiche sono viste come atti di slealtà".

Il titolo del Wall Street Journal è "un direttore dà le dimissioni dopo un conflitto con Berlusconi", e l'articolo afferma che Boffo, "influente direttore di un quotidiano cattolico che aveva criticato la vita privata del primo ministro" italiano, è diventato "vittima di una guerra di giornali che ha aperto una crepa tra il Vaticano e il premier". Le dimissioni, prevede il quotidiano finanziario americano, "aumenteranno probabilmente le tensioni tra il Vaticano e Berlusconi". Parole analoghe usa il quotidiano spagnolo La Vanguardia: "Costretto a dimettersi dopo aver criticato lo stile di vita di Berlusconi, il direttore del giornale dei vescovi è vittima di una campagna di discredito". La notizia ha fatto il giro del mondo: ne parlano l'Irish Examiner in Irlanda, il Toronto Star in Canada, il Clarin in Argentina, il Guardian in Gran Bretagna, la Suddeutsche Zeitung e altri giornali in Germania. Altri due quotidiani britannici, il Telegraph e l'Independent, rivolgono invece l'attenzione alla proiezione del documentario "Videocracy" alla Mostra del Cinema di Venezia: il Telegraph riporta le accuse a Berlusconi di "censura" della pellicola, l'Independent la descrive come un ritratto "del volto comico ma sinistro dell'Italia" berlusconiana. Sempre l'Independent, in un secondo articolo, riferisce le dimissioni di Boffo, affermando che sono la prova che a questo punto "sono stati tolti i guantoni" nel confronto tra il Vaticano e il primo ministro italiano.

Sulla vicenda, lo spagnolo Periodico de Catalunya interviene con un'intervista a Concita De Gregorio, direttrice dell'Unità, che dice: "Boffo è il primo della lista". L'intervistatore le chiede se ha paura, e lei replica: "No, non ho paura. Ma Berlusconi ha scelto Feltri per dirigere il giornale della sua famiglia per attaccare tutta la stampa indipendente".

Il francese Le Monde pubblica oggi un pezzo dal titolo "Le scappatelle di Berlusconi imbarazzano la Chiesa e il Vaticano". Le dimissioni di Boffo vengono considerate una "prima vittoria del clan di Berlusconi nel conflitto in corso", scrive il quotidiano francese che ha intervistato anche il vaticanista di Repubblica Marco Politi. "Una parte della Chiesa non nasconde più il suo imbarazzo", continua il giornale che nota come la "moralità" del Cavaliere non sia l'unico punto di scontro. Anche la politica del governo sull'immigrazione, con la creazione del reato di clandestinità, ha provocato l'ira delle gerarchie ecclesiastiche.

(4 settembre 2009)
da repubblica.it

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