LEGA e news su come condiziona il governo B.

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La Lega Lombardo

Colloquio con Raffaele Lombardo

di Roberto Di Caro


Da solo alle europee col suo Mpa. Pugno di ferro con gli alleati per mostrare chi comanda in Sicilia. E battere la 'Congiura dei pistacchi' di Cuffaro e Schifani. I piani del governatore. Colloquio con Raffaele Lombardo  Raffaele LombardoNon è tipo che le manda a dire, Raffaele Lombardo, a sentirlo quando la fidata signora Bonanno gli gira le richieste della mattinata: "Quello non lo voglio, con le schifezze che ha combinato non è il caso venga a rottamarsi da noi... Chi? Ha qualcosa da dirmi o è solo per scodinzolarmi attorno?... Ma sono pazzi o cretini? Siamo in emergenza e dovrei subire il loro ostruzionismo?".
L'ultima battuta è per quanti nella sua maggioranza gli hanno ormai dichiarato guerra aperta: l'Udc dell'ex presidente Totò Cuffaro e la parte del Pdl legata al presidente del Senato Renato Schifani e al senatore di Catania Pino Firrarello. I tre del 'Patto del pistacchio', come l'ha chiamato il viceministro Gianfranco Micciché, Forza Italia ma vicino a Lombardo. A Bronte, patria del pistacchio, i tre si sono visti a ridosso dell'Epifania per studiare come far cadere Lombardo: donde l'altra definizione, la 'Congiura dei senatori', che evoca Giulio Cesare e le idi di marzo.

Presidente, le stanno facendo la forca?
"Ci provano. Ma non ci riescono. Ho la sensazione che presto deporranno le armi".

Ma è la sua maggioranza.
"Pezzi. Gente miope. Gelosa. Tutti aggrappati a Berlusconi. Epigoni. Pochi resteranno in campo, gli altri faranno perdere le loro tracce".

Schifani, in effetti, senza Berlusconi...
"L'ha detto lei. Ha un caratteraccio, come me. Ma in fondo è un uomo per molti versi stimabile".

Intanto però, c'è un progetto di legge...
"Sulla morte del presidente. Degli stupidi immaginano che in caso di sfiducia o impedimento io me ne vada a casa e l'assemblea resti. Non è così: si va tutti a casa! Comunque ancora non l'hanno presentato...".

Porta male, una cosa del genere.
"Sì, ma a loro. C'è un Lombardo che si permette... che vuole adeguare il sistema a una prospettiva di federalismo fiscale e alla realtà della recessione: non è che voglio fare la rivoluzione, ma se non razionalizziamo e non tagliamo le spese, affondiamo. E il vecchio sistema cerca di resistere".

Ma in commissione legislativa, per il voto sulla riforma degli Ato, cioè sullo smaltimento rifiuti, se ne sono andati tutti i consiglieri Udc e Pdl.
"Il presidente, Pdl, è rimasto. E definisce 'una benefica rivoluzione' il testo".

Votato solo dai suoi e dal Pd.
"E che dovevo fare? Assecondare gli ostruzionisti? Rischiare il disastro ambientale? Vado avanti con chi ci sta. Il Pd ha fatto passare alcuni emendamenti che non condivido, ma li modificheremo in aula con il buon senso e la buona volontà".

Scusi, ma lei ce l'ha ancora una maggioranza?
"Molto più ampia di prima! Vede, io sono uno che tende all'unanimità. I riottosi, venuti alla luce i loro interessi maligni, non potranno che piegarsi ai superiori interessi della collettività".

Maggioranze a geometria variabile?
"No, è ciò che accade ogni giorno. A dicembre in commissione è uscita una riforma della pubblica amministrazione che taglia assessorati e indennità. Votata all'unanimità. Il trasversalismo è nella logica autonomista: non c'è nulla di ideologico".

Ma ci sono enormi interessi concreti. Sulla riforma della sanità, che attacca il sistema clientelare Udc, parte della sua maggioranza ha presentato un progetto di legge alternativo a quello dell'assessore, l'ex magistrato Massimo Russo.
"Progetto che è stato cestinato. Mi si accusa di attuare il piano di rientro della spesa sanitaria sottoscritto dal precedente governo regionale: con l'imparzialità di un uomo come Russo, che non si fa tirare la giacca da nessuno, compresi i miei amici".

La Sanità siciliana rischia il commissariamento.
"Sarebbe uno scandalo. Metteremmo le carte in tavola, dichiarando tutto ciò che altri hanno fatto per impedirci di raggiungere i risultati attesi".

Però lei rischia la paralisi amministrativa: anche sul piano energetico sono fermi 900 progetti per circa 4 miliardi di euro.
"Perché è stato passato al setaccio e modificato. Contributi a famiglie e imprese perché ciascuno possa installare sul garage o sul capannone il suo pannello solare o il minieolico, stop ai grandi impianti che devastano il territorio e arricchiscono solo grandi imprese non siciliane".

E come la mettiamo con gli scioperi in Gran Bretagna contro la siciliana Irem?
"Ma quella è xenofobia! Si godono milioni di islamici e scioperano contro un regolare appalto vinto da una nostra impresa! Se non fanno marcia indietro non prenderemo neppure in considerazione l'ipotesi del rigassificatore Erg-Shell a Priolo. E ci muoveremo per cacciare dalla Sicilia tutto ciò che c'è di inglese!".

Ce l'ha con le grandi imprese?
"No, ma finora ci hanno lasciato solo inquinamento e qualche posto di lavoro, sempre meno. Ora questi signori devono compensare il territorio. E, col federalismo fiscale, le tasse le devono pagare qui".

Secondo gli esperti, il federalismo fiscale vi costerà sui 6 miliardi di introiti.
"Mi sono battuto e ho ottenuto che nella legge si parlasse di accise sulla benzina. Sa quanto incassa lo Stato sull'energia qui prodotta e la benzina raffinata? Dodici miliardi di euro. Quei soldi dovranno venire a noi. Avremo sei miliardi in più, non in meno".

Nella legge si dice: 'Per nuove funzioni'.
"E noi ce le accolleremo: le ferrovie, tanto peggio di così non può andare. Sono orientato a prendere anche Siremar e Tirrenia, cedere fino al 49 per cento con gara pubblica a un privato che le gestisca e dividere gli utili. Così per le autostrade".

Il governo Berlusconi continua a sfilarle via fondi già stanziati: per finanziare le misure per lo sviluppo, inclusa la rottamazione dei frigoriferi...
"Per ragioni di pronto cassa. Si è impegnato a ripristinarli. E io mi fido del Cavaliere, ho un presidente del Consiglio amico: finché c'è lui non ci sono problemi. Dopo non garantisco, ma sarà fra trent'anni".

Un colpo basso, la legge elettorale per le europee, con sbarramento al 4 per cento.
Lombardo con alcuni sostenitori
in un mercato di Catania"O un modo per rilanciarmi. Ogni impedimento è giovamento, si dice da noi. Che è un modo per credere nella provvidenza divina: lo scriva, anche se lei non ci crede. Comunque noi andremo da soli".

Lei sta trasformando il suo Mpa in una sorta di Lega meridionale.
"Movimento per le autonomie. Un partito leggero al centro, che difende regole e princìpi etici: solidarietà, sussidiarietà, no a fecondazione eterologa ed eutanasia. Sul territorio democraticamente si organizza e sceglie vertici e candidati. Terremo il congresso a fine marzo. Abbiamo consiglieri e deputati in quasi tutte le regioni del Sud, una sede a Milano, contatti in Veneto con ex seguaci del movimento di Panto, a fine mese sarò a Bologna e Firenze. In Puglia sarebbe un bel colpo la Poli Bortone...".

Il suo sbarco al Nord non piacerà alla Lega.
"Avremo un rapporto di alleanza-competizione. Se dovrò fare a pugni con la Lega piuttosto che con Tremonti lo farò in maniera civile e ragionevole".

Con lei verrà Gianfranco Micciché, si dice.
"Ma no! Una delle persone alle quali Berlusconi è più legato è proprio Micciché. Il loro rapporto è viscerale, inscindibile".

E Salvatore Cintola dall'Udc, Nino Strano da An.
"Cintola rischia l'espulsione dall'Udc perché parla bene del mio governo, ma io non potrei garantirgli il posto di senatore che ora lui occupa. Strano è un fraterno amico, ma legatissimo a Fini e La Russa".

Entrambi diedero vita nel '93 a Sicilia libera: poi venne fuori in un'inchiesta che soldi e supervisione erano di Leoluca Bagarella.
"Strano è un esuberante, di minchiate ne ha fatte tante, ma dopo tanti anni di impegno politico non ha un soldo in tasca. E io ho una predilezione per la gente così...".

(05 febbraio 2009)
da espresso.repubblica.it

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Il Carroccio: il coordinamento ad un super assessore

Gli alleati replicano: progetto inutile e incostituzionale

Polizia regionale e ronde padane in Lombardia lite Lega-Forza Italia

di RODOLFO SALA

 

MILANO - Polizia lombarda alle dipendenze della Regione e ronde di cittadini che dovranno essere formati nella stessa Accademia preposta all'aggiornamento degli agenti. La Lega sente il vento delle elezioni e sulla sicurezza va avanti come un treno. Anche a costo di dichiarare guerra ai suoi alleati. Come succede al Pirellone, dove il Carroccio sfida Formigoni e il Pdl presentando un progetto di legge che istituisce la Polizia regionale alle dipendenze di un super-assessorato - anzi, di un "ministero alla Sicurezza" - che dovrebbe coordinare il lavoro delle polizie locali, che ora dipendono da sindaci e presidenti di Provincia. E a capo di questa direzione centrale i leghisti vogliono che ci sia il governatore, oppure un assessore da lui delegato. Ovviamente il testo prevede anche il riconoscimento formale delle ronde: "Abbiano concordato tutto con il ministro Maroni", assicura il capogruppo Stefano Galli.

Ma il progetto presentato ieri va ben oltre la normativa del 2003, che ha regolamentato le polizie locali e previsto l'istituzione dell'Accademia regionale. E i primi ad accorgersene sono gli alleati. Che sparano a zero. L'assessore alla Protezione civile Stefano Maullu, di Forza Italia, ritiene la proposta non solo "inutile perché il coordinamento tra i diversi corpi è già previsto dalla normativa in vigore", ma anche "incostituzionale dal momento che le polizie locali non possono essere in capo alla Regione".

Più che una voce isolata, un fuoco di sbarramento: tutti i forzisti insistono tra l'altro sui costi eccessivi che il varo del "poliziotto lombardo" comporterebbe, e con il capogruppo Paolo Valentini fanno capire che in consiglio regionale daranno battaglia per bocciare il progetto: "Tutto è migliorabile, ma in questo momento non si sentiva la necessità di riformulare completamente la legge attuale". "Una legge - aggiunge il capogruppo di An Roberto Alboni - che anche altre Regioni vogliono adottare".

E l'Udc (partito che i leghisti vorrebbero espellere dal centrodestra lombardo perché non ha votato in Parlamento il federalismo): "Si avvicina il voto e partono gli slogan, ma la strategia di chi soffia sul fuoco non ha senso). Le opposizioni sono sul piede di guerra e parlano di "propaganda per alimentare la paura". Ma i leghisti non mollano: "Noi andiamo avanti".

E di ronde è tornato a parlare ieri Roberto Maroni ai microfoni di Radio 24, ospite della trasmissione di Giuliano Ferrara. "Ma quale razzismo, i primi a istituirle sono stati i sindaci di sinistra, ma ovviamente se una cosa viene fatta dalla Lega, allora è razzista". E comunque dopo l'approvazione del pacchetto sicurezza che le prevede, le ronde adesso sono una realtà: "Associazioni di cittadini che girano disarmati con il telefonino solo per segnalare situazioni di allarme". E magari, insiste Maroni, fossero state istituite prima: "Forse gli ultimi stupri non sarebbero avvenuti". E sempre a proposito delle ultime misure varate in tema di sicurezza, il ministro invoca la fine delle "strumentalizzazioni": "Non c'è alcun obbligo per i medici italiani di denunciare i clandestini che hanno in cura, solo l'abrogazione di una norma del '98 che li obbligava invece a non denunciare".

(10 febbraio 2009)
da repubblica.it

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«Atteggiamento al livello della classe politica che non riesco a spiegarmi»

Il ministro degli Esteri romeno: «Nel governo italiano incitazioni a xenofobia»

Diaconescu: «Atteggiamenti da parte di rappresentanti del governo italiano volti a incitare alla xenofobia»
 
 
BUCAREST (ROMANIA) - E' ancora tensione diplomatica tra Italia e Romania. Il ministro degli Esteri romeno Cristian Diaconescu ha espresso rammarico per quelli che ha definito «alcuni atteggiamenti, soprattutto da parte di alcuni rappresentanti del governo italiano volti, attraverso una retorica molto aggressiva e provocatrice, a incitare alla xenofobia». Alla radio statale «Romania Actualitati», Diaconescu ha sottolineato come «questo non sia un comportamento europeo».

IL PARERE DEL MINISTRO - «In Italia esiste un certo atteggiamento al livello della classe politica, del governo, che non riesco a spiegarmi», ha proseguito il ministro degli Esteri romeno. «Ogni Stato ha il diritto sovrano di sanzionare con la durezza che ritiene necessaria i reati commessi da qualsiasi persona, ma non è giusto lanciare l'anatema contro un'intera comunità », ha detto ancora Diaconescu, definendo «deplorevoli» i reati commessi dai connazionali all'estero. Inoltre ha ricordato che nelle ultime settimane Bucarest ha avuto contatti diretti con Roma per cooperare nei casi di delinquenza ad opera di romeni. Ricordando la prossima apertura di nuovi consolati in Italia e Spagna, Diaconescu ha sottolineato che, all'estero, i romeni devono capire che «la migliore immagine sarà quella creata da loro stessi». «La delinquenza ci nuoce e a dispetto di tutti gli sforzi possibili a livello istituzionale è quasi impossibile equilibrare la situazione», ha concluso.


10 febbraio 2009
da corriere.it

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«Dal ministro frasi pericolose. La protesta è sacrosanta»

di Simone Collini


«Sono affermazioni sconcertanti. Aizzare in questo modo gli animi degli studenti è molto pericoloso».

Achille Serra scuote la testa quando gli vengono riferite le parole di Renato Brunetta, quel «guerriglieri» che il ministro della Pubblica amministrazione ha scagliato contro i ragazzi dell’Onda.

Il senatore del Pd tira fuori un libro che ha pubblicato tre anni fa, quando era prefetto di Roma: “Poliziotto senza pistola”. È come lo avevano ribattezzato i cronisti di Milano, per via della sua propensione per la mediazione. Serra legge la parte dedicata al ‘68, quando da vicecommissario si misurò con la contestazione studentesca. «È colpa dello Stato se in quegli anni difficili si creò un antagonismo forte tra il movimento studentesco e le forze dell’ordine. È colpa dello Stato, che non ha saputo trovare la via del dialogo».


Vede il rischio di un ripetersi della situazione?
«Non si può dire agli studenti che sono dei guerriglieri o, ancora più sconcertante, che non hanno neanche la dignità dei guerriglieri, che sono una cosa seria».

Perché secondo lei il ministro ha fatto simili affermazioni?
«Non saprei, però evidentemente non si è reso conto di che cosa significhi una provocazione dell’ordine pubblico. Aizzare così gli animi degli studenti mi sembra, oltre che superficiale, molto pericoloso».

Condivide l’appello a moderare i termini lanciato ai politici dall’Associazione nazionale funzionari di polizia?
«Pienamente. I funzionari di polizia stanno sulla strada, sanno che con le provocazioni il pericolo di avere delle reazioni scomposte è reale. Lo abbiamo visto nel ‘68, quando lo Stato non seppe trovare la via del dialogo. Che va cercato a tutti i costi e in qualunque modo».

Cosa succedeva allora e che cosa si rischia di far succedere oggi?
«Gli studenti non si rendevano conto che noi poliziotti eravamo dei giovani come loro, e che lanciare una bottiglia molotov a noi non significava tirarla allo Stato. Se si aizzano gli animi a rimetterci sempre sono purtroppo le forze dell’ordine, che si trovano in piazza a dover contrastare la rabbia di questi giovani che si sentono chiamare guerriglieri, e gli studenti stessi».

Il ministro però, pur dopo molte sollecitazioni, non ha fatto dietrofront.
«Io mi auguro che lo faccia, perché per un governo è doveroso ricercare il confronto con i giovani, fino all’esasperazione. In questo caso non c’è stato neanche il minimo tentativo di ricercare un dialogo».

Questo vuol dire che sposa la causa dei contestatori?
«No, non significa questo. Però da tecnico dell’ordine pubblico, più che da politico, non posso non sottolineare il pericolo di certe affermazioni e le conseguenze che possono provocare. Conseguenze che non si vanno poi, se non indirettamente, a riversare sul governo e su chi pronuncia certe parole, ma, ripeto, sulle forze dell’ordine».

Secondo lei la gravità delle affermazioni richiedere un intervento del premier?
«Non credo che Brunetta abbia bisogno di tutele. Il ministro in altre circostanze ha dimostrato di essere molto più prudente, riveda la sua posizione e non definisca più né sbandati né guerriglieri studenti che reclamano una loro autonomia e un loro diritto allo studio. La protesta di questi ragazzi è sacrosanta».
scollini@unita.it


20 marzo 2009
da unita.it

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Francesco Scommi ,   28 luglio 2009, 16:48

Le spine del Cavaliere     


Passa il decreto anticrisi alla Camera, ma Berlusconi ha parecchie gatte da pelare con la sua maggioranza. Ammette la necessità di modifiche al Senato per placare la Prestigiacomo che rivuole le deleghe sulla politica energetica, soffoca la protesta leghista sulle missioni all'estero al prezzo di uno smarcamento di Bossi, deve ancora disinnescare la fronda dei parlamentari meridionali

Il dl anticrisi, appena approvato dalla Camera, potrebbe essere modificato in Senato. E' quanto ha anticipato il presidente del Consiglio che, subito dopo il voto sul decreto a Montecitorio, ha risposto con un "penso di sì" alle domande dei cronisti sull'eventualità di introdurre modifiche al provvedimento, anche quelle richieste dal ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo che oggi ha ribadito di aver avuto "la parola del premier". La Prestigiacomo punta a riacquistare il potere di controllo sulle scelte di politica energetica che il decreto ha sfilato al suo ministero.

Berlusconi era presente oggi nell'Aula della Camera per il voto sul decreto che ha scatenato le proteste dell'opposizione non solo per il merito del provvedimento ma anche per la scelta del governo di ricorrere al voto di fiducia. Annunciando in Aula il voto favorevole del Pdl (che contiene, tra le altre cose, lo scudo fiscale, la maxisanatoria per colf e badanti, la moratoria dei debiti per le piccole e medie imprese per la quale è però necessario un accordo con le banche), il capogruppo del partito alla Camera Fabrizio Cicchitto ha riassunto i provvedimenti approvati in: "Premi per l'occupazione, ammortizzatori sociali, contenimento dei costi bancari, prime modifiche al sistema pensionistico, regolazione delle badanti, scudo fiscale (che si accompagna a provvedimenti contro i paradisi fiscali), intervento sui tempi di pagamento dello Stato alle imprese, detassazione degli investimenti, attenuazione del Patto di stabilità".

Replicando alle accuse dell'opposizione Cicchitto ha poi dichiarato: "Potrei fare un elenco pillola per pillola di questi provvedimenti: ognuno di essi interviene su un problema economico significativo. Vista la situazione preferiamo le pillole dei farmacisti ai bisturi dei chirurghi e dei dottor Stranamore alla Visco, che possono fare tagli devastanti al corpo di una società insieme complessa e delicata qual è la nostra. Meglio le pillole che questo governo sta dando ad un sistema economico insieme vitale e in difficoltà per un'infezione proveniente dall'esterno, che non l'intervento traumatico messo in atto nemmeno a colpi di bisturi, ma usando la sciabola, come avvenne con la legge finanziaria del 2007".

Affondo del capogruppo alla Camera del Pdl anche contro il candidato alla segreteria del Pd Pierluigi Bersani: "Lei, onorevole Bersani, è sempre prodigo nei confronti dell'attuale governo di battute sarcastiche, certamente degne della migliore tradizione parlamentare, e poiché lei è stato anche uno dei ministri, fra i più importanti, del precedente governo, le devo dire che non abbiamo ancora capito se Prodi è caduto per non aver seguito i lungimiranti consigli che lei gli dava, oppure se è venuto meno proprio per aver seguito alla lettera i suoi suggerimenti" ha ironizzato.

Compatto in Aula il fronte Pdl - Lega Nord. I deputati del Carroccio hanno votato sì al decreto anticrisi e il capogruppo alla Camera Roberto Cota ha definito quella del governo "la politica con la 'p' maiuscola che cerca di dare delle risposte concrete a delle esigenze reali, che emergono nella vita di tutti i giorni, mentre invece la politica con la 'p' minuscola si parla addosso e non entra mai nel merito delle cose. Oppure dice tutto e il contrario di tutto, a seconda della convenienza" ha detto Cota precisando che "il governo ha il consenso della gente se governa bene. E noi in questo momento abbiamo il consenso della gente". Il deputato leghista ha anche accusato il Pd di usare "il Parlamento in funzione del vostro congresso, che dovrete celebrare a ottobre. Giorno dopo giorno, state utilizzando le istituzioni - ha detto Cota -. E allora, noi ci auguriamo che questo congresso avvenga al più presto, perché non è interesse di alcuno avere una opposizione che non entra nel merito delle cose. Il nostro interesse, come maggioranza, sarebbe invece quello di avere un'interlocuzione reale sui provvedimenti e proposte alternative" ha detto.

Il premier, tuttavia, deve fare i conti con il dissenso, nei confronti del decreto, del Movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo che non ha partecipato al voto. La protesta dei lombardiani (denunciano la scarsa attenzione del decreto per il Mezzogiorno) fa il paio con una certa fibrillazione che attraversa la componente meridionale del Pdl, a cui si è messo a capo il siciliano Gianfranco Micciché. Il sottosegretario ex Forza Italia punta a recuperare fondi per il Sud e a rafforzare il ruolo dei parlamentari del Mezzogiorno e, all'interno del governo, della conterranea Prestigiacomo. Berlusconi, per tentare di placare la rivolta, ha in cantiere un "piano per il sud" da presentare entro la fine del mese.

Sembra essere rientrato invece, sebbene al prezzo di una spericolata acrobazia diplomatica, l'ammutinamento della Lega nord sulle missioni all'estero. Prima il leader del Carroccio Umberto Bossi, poi il ministro Roberto Calderoli, avevano nei giorni scorsi ostentato scetticismo sull'opportunità politica di proseguire la missione militare in Afghanistan. Calderoni aveva ventilato il ritiro anche dal Libano e dai Balcani. Bossi oggi ha fatto marcia indietro, non rinunciando tuttavia a rimarcare la propria posizione critica: "Mi sembra che portare le donne al voto in Afghanistan sia un'illusione che costa moltissimo. Poi dopo io farò quello che dice la maggioranza". E quello che dice la maggioranza Berlusconi lo ha sintetizzato così: "Non si cambia linea".

da aprileonline.info

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