LEGA e news su come condiziona il governo B.
Admin:
Dl anticrisi, il governo fa il gioco delle tre carte
Hanno aumentato pochi giorni fa dello 0,30 per cento il contributo per l'assicurazione contro la disoccupazione. Adesso, l’hanno già levato. Sembra il gioco delle tre carte: prima l’aumento degli ammortizzatori per chi in questi tempi di crisi è rimasto senza lavoro. Poi, nello stesso decreto anticrisi si decide che l’Inps – quello che le indennità di disoccupazione le deve versare – destini 350 milioni di euro al Fondo per l’occupazione. Un fondo di investimento che dovrebbe creare lavoro, ma non certo aiutare chi non ce l’ha. A sollevare il paradosso sono stati i tecnici del servizio Bilancio della Camera. Gente che i conti li sa fare e che ha chiesto chiarimenti al governo: in sostanza, vogliono sapere se il contributo dell'Inps al Fondo per l'occupazione possa pregiudicare la realizzazione delle finalità cui quelle risorse erano destinate.
Ma le calcolatrici dei tecnici del servizio Bilancio, nel decreto anticrisi di magagne ne hanno trovate anche altre. A cominciare dal tanto decantato bonus-famiglie. Secondo i tecnici, i soldi non ci sono. O almeno non per tutti: le difficoltà nello stimare la platea di cittadini che potrà richiedere il bonus famiglia – spiegano dal servizio Bilancio – «potrebbe determinare squilibri tra la domanda del bonus e le risorse a disposizione». «Il beneficio – aggiungono – appare configurarsi come un diritto soggettivo e, come tale, da soddisfarsi in ogni caso, mentre l'erogazione del bonus appare subordinata alle disponibilità degli enti erogatori del monte dei contributi e delle ritenute a portare a compensazione. Sul punto – concludono – appare necessario un chiarimento da parte del Governo».
Ma è il decreto nel suo complesso ad avere dubbia copertura. Gli interventi decisi dal governo verrebbero coperti da entrate la cui entità «non è in genere suffragata da elementi e dati oggettivi, quanto piuttosto da ipotesi e previsioni», spesso non «suscettibili di oggettivo riscontro». In particolare, i tecnici si riferiscono a tutte quelle entrate che «implicano una volontaria adesione» dei contribuenti, come quelle riferite al «riallineamento dei valori fiscali dei bilanci delle società», chiaramente incerto ed ipotetico. Tra le voci di copertura, c’è anche l'utilizzo del Fas, il fondo per le aree sottosviluppate: un Fondo «di recente già oggetto di riduzioni» e la cui spesa rischia di essere «dequalificata» perché le sue risorse sono state destinate ad altro.
Insomma, i tecnici dicono che sarebbe «utile disporre di un quadro complessivo», perché su quei 6 miliardi e 342 milioni di euro stanziati contro la crisi, c’è una gran confusione. Ad esempio, sembrerebbero «includere le disposizioni» degli articoli 25 sulle Ferrovie e 26 su Tirrenia, che invece hanno già «autonome norme di copertura», mentre non è incluso l'articolo 19, quello relativo agli ammortizzatori sociali, che «appare solo parzialmente trovare un'autonoma compensazione».
09 Dic 2008
© 2008 L'Unità.it Nuova Iniziativa Editoriale Spa
Admin:
Le riforme mancate, l'altolà alla Lega e la tentazione presidenzialista
di Marco Conti
ROMA (14 dicembre) - Lentamente e in mezzo a un gran polverone, cominciano a stabilizzarsi le posizioni dei partiti sul tema delle riforme. Il pressing della Lega di questi ultimi giorni ha avuto il pregio di stanare le ipocrisie che stavano affossando in una palude il lavoro avviato al Senato. Silvio Berlusconi continua a negare qualsiasi confronto con l'opposizione.
A spiegare i motivi provvedono oggi sui giornali una cerchia di stretti collaboratori. Nel frattempo però i ministri del suo governo continuano a incontrare i corrispettivi del governo-ombra e i temi del confronto, invece di limitarsi alla riforma della giustizia, si ampliano.
Si ha l'impressione di un premier che non voglia sporcarsi le mani e che, temendo di rimanere impigliato nelle maglie del confronto, manda avanti i "suoi" e aspetti di scoprire l'effetto che fa.
In agenda non c'è infatti solo il faccia a faccia tra il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il ministro-ombra Lanfranco Tenaglia, ma anche quello tra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e il suo corrispettivo ed esponente di punta del Pd Pierluigi Bersani. E' forse questa la dimostrazione più evidente di quanto sia difficile ipotizzare un riformismo a "costo-zero" e che parlare di federalismo fiscale nell'attuale situazione, non sia proprio facile. Il temporeggiare del Cavaliere irrita la Lega che tenta di forzare la mano al leader del centrodestra ipotizzando una trattativa su giustizia e federalismo con il Pd. Berlusconi si arrabbia, alza il telefono, rimette in riga l'alleato e risponde alle insidie dei lumbard rispolverando il rapporto con l'Udc, tentando quindi di minare in questo modo il ruolo che il Carroccio ha assunto nella coalizione.
Tirando le fila del tatticismo berlusconiano e dei ripetuti "stop and go" di queste ultime settimane, se ne ricava l'immagine di un premier in attesa, che non esclude il confronto con l'opposizione ovviamente sulla sua agenda, ma che resta scettico e, soprattutto, non intende delegarlo ad altre forze politiche.
Il marasma nel quale si agita ormai da settimane il Pd di Veltroni non aiuta certo ad attribuire responsabilità e meriti del mancato confronto. Fatto sta che nel rapporto maggioranza-opposizione si è ben lontani dai propositi della campagna elettorale nella quale si parlava di statuti e di obbligo di consultazione. Alla fine ne risente però anche l'azione di governo che appare ancor più rallentata. Berlusconi non ha assolutamente voglia di caricarsi di questo onere, ed è quindi facile prevedere che sabato, in occasione della conferenza stampa di fine anno, attribuisca la responsabilità alla farraginosità del processo decisionale, al bicameralismo perfetto e alla mancanza di potere da parte del premier.
D'altra parte, con il ritorno sul tappeto della riforma delle pensioni, siamo agli evergreen che da quattordici anni allietano il confronto politico (riforma delle pensioni, riforma della giustizia e riforma istituzionale), senza che su nessuno di questi temi sia stata data una risposta definitiva.
Un modo per uscire dal rischio della paralisi economica ed istituzionale, lo offre oggi il ministro della Difesa Ignazio La Russa che, sul Giornale,
rilancia la riforma presidenzialista e la pone con pari dignità a fianco della riforma della giustizia e del federalismo.
In questo modo il "pacchetto unico" di riforme che il premier intende trattare con gli alleati, si arricchisce di un elemento decisivo destinato a mutare definitivamente la fisionomia della nostra Repubblica.
Resta solo da vedere se il "ghe pensi mi" ha la stessa presa sull'elettorato di quindici anni fa.
da ilmessaggero.i
Admin:
Summit
Il governo di via Bellerio e l'asse del Nord con la Moratti
Il «fronte lombardo» tenta l'ultimo affondo prima dello sbarco dei francesi
Nel luogo simbolico dell'antipolitica dove negli anni Novanta la Lega disegnava gli scenari secessionisti del Nord, Milano batte un colpo sul caso Malpensa e si mette di traverso a governo e imprenditori, agli alleati e ai capitani coraggiosi nella trattativa per il partner della nuova Alitalia. Via Bellerio, storica sede del Carroccio, è dal primo pomeriggio di ieri l'avamposto di un nuovo fronte politico istituzionale che mette paletti, detta condizioni, scarta l'alleanza con Air France, chiede la liberalizzazione degli slot dello scalo lombardo, propone Lufthansa come partner privilegiato per la compagnia di volo nazionale presieduta da Roberto Colaninno.
Non è un caso se il sindaco Letizia Moratti sceglie di essere lì nel freddo gennaio milanese, oltre quello storico portone dove un tempo Umberto Bossi faceva notte prima di andare in pizzeria coi fedelissimi a disegnare le strategie della Lega di lotta e di governo. E' lì che è nato il fronte del Nord, la galassia scontenta che urlava «Roma ladrona», il progetto federalista. Ed è lì che oggi riparte una strana alleanza istituzionale e politica, il sindaco di Milano e il leader della Lega, il presidente della Regione e quello della Provincia una volta tanto insieme per difendere un aeroporto che sembra condannato a un ruolo minore dalla scelte romane, dai conti economici della nuova compagnia, dalla scelta del partner straniero. Come una nemesi storica, otto mesi dopo la battaglia contro il governo di centrosinistra Bossi, Formigoni e Letizia Moratti si trovano a difendere l'aereoporto di Malpensa dalle decisioni del governo amico e dal silenzio imbarazzato del premier Silvio Berlusconi, lo stesso che in primavera aveva brandito lo scalo come una scimitarra contro Romano Prodi e Tomaso Padoa Schioppa, accusati di non aver difeso l'italianità e il territorio, e di essersi piegati agli interessi di Air France. C'è disagio, c'è fastidio, c'è la sensazione di essere presi in giro.
Ma il segnale che arriva da via Bellerio, dall'improvvisato vertice di governo metropolitano, non è di quelli da trascurare, è importante come la stretta di mano di Letizia Moratti a Umberto Bossi, scandita dalle parole appena pronunciate dal sindaco nell'intervista al Corriere: «Le scelte strategiche per il Paese non possono essere lasciate nelle mani degli imprenditori». Si incontreranno domani Berlusconi e Bossi. Per disinnescare le tensioni e forse per battersi una pacca sulle spalle o per prendere tempo, anche se di tempo, da qui al 13 gennaio, data di partenza della Compagnia che gestirà la nuova Alitalia, ce n'è poco. Ma i contraccolpi del caso Malpensa rischiano di incrinare i rapporti già tesi tra Milano e Roma, tra il governo nazionale e quello locale. Il segnale del sindaco Moratti in via Bellerio sembra proprio questo: con la crisi di Malpensa, si amplifica una questione del Nord per il governo di Berlusconi e della Lega, tornano a galla i malumori per i ritardi sull'Expo, sui finanziamenti, sul mancato via libera alle nuove metropolitane. Una questione che riporta a galla la bocciatura a ministro di Roberto Formigoni, il potente presidente della Regione che fin dall'inizio aveva prospettato la soluzione ideale per lo scalo lombardo: liberalizzazione degli slot, autonomia nella scelta del partner per Malpensa, sì a Lufthansa e no ad Air France. E che offre al presidente della Provincia, Filippo Penati, uno dei leader del centrosinistra milanese, l'occasione di entrare a gamba tesa contro tutti: le grandi imprese che firmavano gli appelli in difesa dello scalo e oggi si defilano; il premier Berlusconi che prometteva il rilancio e si è rimangiato tutto.
E' una vicenda assurda, paradossale, perfino vergognosa quella di Malpensa, dice l'economista Marco Vitale: «L'unica battaglia che resta da fare al Nord è quella della liberalizzazione degli slot, anche se questo va contro agli interessi di bottega della nuova compagnia che deve gestire Alitalia. E' evidente che solo ridimensionando il fantastico capital gain garantito da una gestione in monopolio si può ridare un ruolo e un futuro a Malpensa». La sinistra assiste allo scontro da lontano, mette in evidenza le contraddizioni all'interno del centro destra: Penati si è conquistato uno spazio prima degli altri, ha evidenziato i limiti dell'imprenditoria del Nord e l'inerzia della politica romana, ha evitato di stare alla finestra, come capitò a Walter Veltroni un anno fa, appena insediato segretario del Partito democratico. E adesso si mette al centro di questa battaglia, propone una vertenza comune, con Bossi, la Moratti e Formigoni. Malpensa non è soltanto argomento della Lega o del centro destra. Parla Di Pietro, e va giù duro con gli interessi delle cordate. parla il ministro ombra Bersani, e invece di infierire mostra attenzione alle ragioni di una parte importante del Paese. Tocca alla politica intervenire, dice Letizia Moratti. Ma An tace, i leader di Forza Italia mostrano imbarazzo. Il sindaco di Roma Alemanno difende Fiumicino e gli accordi raggiunti per la salvaguardia dell'occupazione.
C'è confusione. Air France o Lufthansa? Il partito di Malpensa o quello di Fiumicino? Bossi, da via Bellerio, rimette il Nord sul tavolo del governo, diventa portavoce di un interventismo che rischia di mettere in discussione, un'altra volta, un'intesa che sembrava perfetta: Berlusconi, gli imprenditori del Nord, la difesa della territorialità. Il colore dei soldi e la necessità di raggiungere presto il pareggio e gli utili in bilancio per Cai e la cordata di imprenditori coinvolti, rappresentano il peggior nemico di Malpensa, dice l'economista Tito Boeri. Dopo un lungo giro, siamo nella stessa situazione di otto mesi fa. Con la differenza che i contribuenti italiani hanno 4 miliardi di euro in meno nelle tasche, si sono accollati loro i costi del disastro di Alitalia. Su questa vicenda, spiegano gli economisti, ci deve essere qualcosa che vale e non poco: il grande business dei passeggeri del Nord. Altrimenti come si spiegherebbe la tenacia e la pazienza che, in questa vicenda, stanno dimostrando i dirigenti di Air France? Il fronte del Nord prova a far sentire la sua voce: è una verifica politica, quella che esce dal vertice di via Bellerio, anche se un po' sfumata nei toni. Una liberalizzazione delle rotte, oggi, sembra incompatibile con il piano di Cai firmato dal governo: nessuno tra gli imprenditori della nuova Alitalia vuole la concorrenza in casa. Si riuscirà a cambiare in corsa Air France con Lufthansa? Difficile. Malpensa resta un rebus: ma stavolta sotto esame non c'è il centrosinistra. Il caso è tutto interno al centrodestra
GianGiacomo Schiavi
06 gennaio 2009
da corriere.it
Admin:
Maroni in visita a Lampedusa: «Gli sbarchi finiranno NEL 2009»
Lega: 50 euro per il permesso di soggiorno
Stop di Fini: «Norme discriminatorie»
L'emendamento al decreto anti-crisi: parere favorevole del governo.
Cassazione: monito contro espulsioni facili
ROMA - «Norme discriminatorie». Il presidente della Camera Gianfranco Fini frena la Lega, che ha proposto una tassa di 50 euro per gli extracomunitari che chiederanno o vorranno rinnovare il permesso di soggiorno. «Mi auguro che la maggioranza rifletta prima di varare norme che nulla hanno a che vedere con la doverosa lotta all'immigrazione clandestina, e che sono oggettivamente discriminatorie nei confronti dei lavoratori stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale» ha detto Fini, bocciando così l'emendamento del Carroccio al decreto anti crisi che ha invece ottenuto il parere favorevole del governo. Anche Giulio Calvisi (Pd), ha parlato di «misura discriminatoria che va aggiungersi alla richiesta agli stranieri che aprono una partita Iva di versare una cauzione di 10 mila euro», come chiede un altro emendamento leghista.
CASSAZIONE: STOP ESPULSIONI FACILI - Per quanto riguarda i clandestini, dalla Cassazione arriva un nuovo monito contro le "espulsioni facili". La Suprema Corte invita infatti i questori a motivare bene i decreti con i quali si intima all'immigrato di allontanarsi dall'Italia e di tenere conto della situazione di povertà in cui si trova. È necessario che il decreto di espulsione motivi bene le cause, «non bastando che si limiti a riprodurre letteralmente la formula della legge senza alcuna indicazione», afferma la sentenza che ribadisce che nell'allontanamento dello straniero bisogna tener conto anche della sua indigenza, perché il disagio in cui vivono gli stranieri senza permesso di soggiorno non consente di capire che è più favorevole per loro allontanarsi con i propri mezzi entro cinque giorni che rischiare di commettere un delitto (restare in Italia) per il quale rischiano come minimo un anno di reclusione.
MARONI: «FINE SBARCHI NEL 2009» - «Spero che il 2009 sia l'anno della fine dell'emergenza clandestini in Italia, così come il 2008 è stato invece l'anno record degli sbarchi», ha auspicato il ministro dell'Interno Roberto Maroni, in visita a Lampedusa. Il problema, ha aggiunto, sarà risolto all'inizio della prossima stagione turistica con l'attuazione dell'accordo con la Libia: «Arriveranno solo turisti, niente più barconi». In breve tempo saranno rimpatriati tutti i clandestini sbarcati negli ultimi giorni a Lampedusa, ha aggiunto il titolare del Viminale, annunciando che la riunione dei ministri dell'Interno e della Giustizia del G8 si svolgerà a fine di maggio proprio a Lampedusa.
09 gennaio 2009
da corriere.it
Admin:
I sondaggisti
«Proposte impossibili ma chiare»
La tattica leghista che dà frutti
«Norme annunciate, l'approvazione non conta»
MILANO — Genuina sensibilità per le preoccupazioni del popolo? Oppure la vecchia astuzia di Bertoldo, sia pure in salsa padana? Come che sia, è accaduto un'altra volta: il Carroccio annuncia a gola spiegata una novità, gli alleati (o il Tar, o la Corte costituzionale) lo bocciano, e il provvedimento sfuma. Soltanto ieri i numerosi go padani hanno ricevuto due stop: quello di Berlusconi in persona riguardo alla tassa sul permesso di soggiorno, quello del Tar sulle multe alle prostitute volute dal sindaco di Verona Flavio Tosi. Eppure, la credibilità cresce. E il consenso, almeno quello misurato dai sondaggi, aumenta. Secondo Nando Pagnoncelli di Ipsos, oggi la Lega sfiorerebbe l'11 per cento a livello nazionale: «Fortissima nei suoi territori tradizionali — spiega il sondaggista — ha ormai sfondato anche in Toscana e in Emilia».
Il tutto, grazie proprio a questa «strategia, peraltro assolutamente coerente con il posizionamento della Lega, che punta a differenziarsi da qualsiasi alleato e ad incassare il dividendo dell'essere, come già si è detto, partito di lotta e di governo». Renato Mannheimer sottolinea l'efficacia semplice di questo metodo: «La gente si sente difesa, vede che la Lega è quella che non perde mai l'iniziativa, quella che comunque propone qualcosa. E resta distante da una politica romana vista come statica, bizantina, immobilista». Secondo Mannheimer, «il Carroccio ha una capacità straordinaria di individuare temi semplici da capire. E pazienza se poi la ricetta proposta è irrealizzabile: il fine non è il governo, ma il consenso». Soprattutto, conclude Mannheimer, «nel momento in cui appare chiaro che il federalismo fiscale non arriverà dalla sera alla mattina e sono necessari altri vessilli». Ma loro, i leghisti, che ne pensano? Maurizio Fugatti, deputato e segretario del Trentino, è tra i recordman di Montecitorio: tra emendamenti depositati e provvedimenti proposti è senza dubbio tra i deputati più attivi. Ma di strategie, non vuole sentir parlare. «La verità — spiega — è che noi proponiamo quello che la gente vorrebbe, e lo si vede dal tasso altissimo di riconferma dei nostri amministratori. Poi, però, parte la grancassa, magari dallo stesso Pdl, e le cose si fermano: e il perbenismo prevale sul realismo».
Nessuna furbizia, dunque. Semmai, per Fugatti, «sono le nostre proposte che vengono sempre guardate con occhiali diversi, non si valutano nel merito ma prevale la filosofia e la sociologia». Vale allora la pena di sentire un sociologo come Roberto Biorcio, dell'università Milano Bicocca, che da parecchio tempo segue il Carroccio: «Il fatto che il proclama non abbia seguito, è cosa molto diversa dalla promessa elettorale non mantenuta. Il tentare di escludere gli immigrati dalle case popolari, le classi ponte per gli extracomunitari sono messaggi che funzionano al di là della loro reale applicabilità: perché cambiano il modo di pensare». Soprattutto per la loro capacità «di rendersi accettabili: non c'è razzismo esplicito, i provvedimenti più discutibili son sempre giustificati da una sorta di buon senso». Ma un politico come Filippo Penati, il presidente della Provincia di Milano, mette in guardia dal considerare la nuova Lega soltanto come l'ennesima riedizione del partito di lotta e di governo: «Prima puntavano i piedi, ora sono gli alleati più fedeli, e riescono a giocare tutta la loro partita su questa ambiguità. Riescono a sembrare i duri e puri, anche quando i fatti li smentiscono: guardate Maroni, che sulle impronte digitali ha presentato a Bruxelles un provvedimento diverso da quello annunciato in Italia. Hanno capito che l'annuncio è sufficiente a passare all'incasso». Secondo Penati, «Berlusconi se ne è accorto: e infatti, sulla vicenda Malpensa non ha concesso niente. Loro, però, canteranno vittoria: anche se da martedì prossimo a Malpensa rimarranno soltanto tre, e dico tre, collegamenti intercontinentali».
Marco Cremonesi
11 gennaio 2009
da corriere.it
Navigazione