M5S : i nodi del dopo CASALEGGIO...

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Arlecchino:
“I grillini deformano la realtà di quel che avviene a Gaza per pregiudizio e ignoranza”
L’ambasciatore israeliano Gilon: rigurgiti antisemiti. “D’Alema ossessionato da noi, Renzi è un grande amico”

23/07/2016
Francesca Schianchi
Roma

«Italia e Israele condividono il Mediterraneo, che non è solo un mare ma anche una cultura. Ho lavorato qui con tre governi, con tutti abbiamo avuto ottimi rapporti». Arrivato a fine mandato, alla vigilia della sua partenza da Roma, l’ambasciatore israeliano Naor Gilon fa un bilancio dei suoi quattro anni nel nostro Paese. 

Qua e là in Europa si assiste ancora oggi a rigurgiti di antisemitismo. In Italia che situazione ha trovato? 

«Nonostante tutti i governi si siano sempre espressi in modo forte e chiaro contro l’antisemitismo, qualche elemento ancora c’è anche in Italia: come ha detto l’ex presidente Napolitano, si tratta di un tipo nuovo, che si definisce anti-sionismo, contrario alla politica di Israele, ma in realtà è spesso basato sull’antisemitismo».

A cosa pensa? 
«Ad esempio c’è un giornale italiano, Il Fatto quotidiano, che propone spesso teorie della cospirazione e usa i rapporti con Israele come elemento per attaccare i politici, come se Israele fosse il male assoluto e il Mossad ancora di più. Ci sono anche politici italiani che parlano la stessa lingua».

Chi? 
«E’ chiaro a tutti chi considera l’unica democrazia del Medio Oriente come il male assoluto, usandola a fini di politica interna».

Lei ha avuto polemiche con Massimo D’Alema. 
«Per me chi rappresenta il Pd è il suo segretario, Matteo Renzi, che è un grande amico di Israele».

 
Ma qual è il problema con D’Alema? E’ troppo critico con Israele? 
«Deve chiedere a D’Alema della sua ossessione per Israele».

Che rapporti ha avuto in questi anni con le forze politiche italiane? 
«Ottimi, con tutti i partiti. Abbiamo appena inaugurato l’Associazione di amicizia interparlamentare Italia-Israele, a cui hanno già aderito circa 150 onorevoli. Di tutti i partiti tranne uno».

Quale? 
«Il Movimento Cinque Stelle».

Ha conosciuto qualcuno dei suoi esponenti? 
«Il mio staff ha incontrato Di Maio, e io alcuni parlamentari della Commissione Esteri come Di Stefano e Di Battista». 

Come li ha trovati rispetto a Israele? 
«Ho avuto l’impressione che in parte siano animati da pregiudizi, e in parte ci sia un’ignoranza della realtà. Da lì è nata l’idea di una visita a Israele».

Una delegazione M5S ha fatto questa visita la settimana scorsa: ma si sono lamentati perché non li avete lasciati entrare a Gaza. 

«Non dovevano sorprendersi: già qualche giorno prima li avevamo avvertiti via mail. Hanno avuto molti incontri, seri e importanti: mi dispiace che abbiano scelto di fare uscire sulla stampa italiana la parte negativa più di quella del dialogo».

Non avete dato il permesso perché, avete spiegato, Gaza è controllata da Hamas, «organizzazione terroristica ostile a Israele». Di Stefano sottolinea però che Hamas ha vinto libere elezioni. 

«Sì, ma meno di due anni dopo ha preso il controllo della zona con la violenza contro il governo legittimo di Abu Mazen. Mi ha sorpreso per esempio anche che chiedano di ritirarci dal Golan».

 
Perché? Anche la Ue non riconosce le alture del Golan come israeliane... 

«Nella parte siriana del Golan c’è Isis che ammazza i dissidenti e quelli che si oppongono. Vogliamo rischiare che i terroristi controllino anche la parte del Golan israeliano?».

Di Maio ha annunciato che, se vincerà il M5S, riconosceranno la Palestina. Sarebbe un problema per voi? 

«Tutti i governi israeliani dagli accordi di Oslo in poi hanno accettato il principio di due popoli e due Stati. Ma ci si può arrivare solo attraverso negoziati diretti tra Israele e l’Autorità palestinese: se creiamo un Paese debole, rischia di diventare un covo di Daesh. Creare un altro Paese instabile sarebbe un problema per il mondo intero, e per Israele un vero suicidio».

L’M5S dice riconoscimento senza condizioni. Siete in pieno disaccordo? 
«Sicuramente sì. Il riconoscimento deve avvenire dopo un processo e dopo che i palestinesi hanno mostrato la loro capacità di controllare il Paese».

La preoccupa che l’M5S possa andare al governo? 
«No, noi lavoriamo con tutti tranne con gli antisemiti. E abbiamo esempi in altri Paesi di persone molto critiche con Israele all’opposizione, che al governo hanno cambiato idea, come Syriza in Grecia. Come recita un detto israeliano, le cose che si vedono da una posizione, si vedono diversamente da un’altra». 

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Da - http://www.lastampa.it/2016/07/23/italia/politica/i-grillini-deformano-la-realt-di-quel-che-avviene-a-gaza-per-pregiudizio-e-ignoranza-meMiLZpc7Gd5fGmvA05ZmO/pagina.html

Arlecchino:
Pizzarotti è pronto a lasciare i Cinque Stelle
Lunedì il sindaco di Parma annuncerà l’uscita dal Movimento: “Troppi giochi di potere”.
Ancora tensione sui nuovi assessori della Raggi. Grillo: “Anche io avevo la tessera del Pd”

01/10/2016

Federico Pizzarotti è pronto a dire addio ai 5 Stelle. Manca ancora la conferma ufficiale ma, secondo indiscrezioni, all’inizio della prossima settimana il primo cittadino di Parma dovrebbe convocare una conferenza stampa per annunciare l’uscita dal Movimento.  
 
Salvo ripensamenti dell’ultimo minuto, la decisione dovrebbe riguardare lui ma anche gran parte dei consiglieri comunali a partire dal capogruppo Marco Bosi. Non è escluso che nello stesso appuntamento Pizzarotti sciolga anche la riserva sulla sua ricandidatura alla carica di primo cittadino di Parma. La città emiliana andrà al voto per l’elezione di sindaco e consiglio comunale proprio nel 2017 e Pizzarotti potrebbe ripresentarsi.  
 
Pizzarotti per ora si limita a rispondere via Facebook a un suo sostenitore che lo invitava a trovare un modo per rappacificarsi con i vertici del Movimento: «Loro i danni, la sospensione eterna e io devo trovare una soluzione»? E arriva anche l’ennesima bordata contro un Movimento in cui c’è chi ha sostituito i rapporti umani con «i giochi di potere» e chi sale «sul carro dei vincitori». Pizzarotti cita Cesena 2010, la Woodstock 5 Stelle. «Chi è arrivato dopo, salendo sul carro del vincitore, nemmeno sa cosa voleva dire essere del Movimento».  
 
Intanto a Roma resta alta la tensione dopo che ieri la sindaca Virginia Raggi ha nominato Andrea Mazzillo e Massimo Colomban assessori al Bilancio e alle Partecipate. Alcuni membri del direttorio pentastellato non nascondono la delusione parlando a microfoni spenti di nomine «fate per disperazione». Anche tra la base lo scetticismo dilaga, così Beppe Grillo decide di scendere in campo per difendere Raggi. Da Mirandola, dove inaugura una palestra ricostruita anche grazie ai fondi del M5s, risponde ai cronisti che gli chiedono un commento sul nuovo assessore Andrea Mazzillo, ex candidato del Pd: «Non sarà mica un reato, anch’io ho avuto la tessera del Pd, non ve lo ricordate? La presi ad Arzachena (Sassari)». In realtà grillo si riferisce a un episodio del 2009, quando il comico tentò di partecipare alle primarie del partito democratico, ma gli fu impedito per mancanza di requisiti: Grillo, infatti, aveva chiesto la tessere in comune in cui non era residente.
 
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Arlecchino:
Pizzarotti lascia il Movimento 5 Stelle
Strappo del sindaco di Parma: «Da uomo libero non posso che uscire»

03/10/2016
Franco Giubilei
Parma

Federico Pizzarotti lascia i Cinque Stelle: «Non sono io ad essere cambiato, è il movimento. Non ho scelta», annuncia il conferenza stampa il sindaco di Parma, che era stato sospeso da Beppe Grillo la scorsa primavera dopo l’apertura di un’inchiesta per abuso d’ufficio, indagine chiusa con l’archiviazione un paio di settimane fa. 

«Sono passati 7 anni dalla “Carta di Firenze” e dalla giornata entusiasmante al teatro Smeraldo, quando il Movimento 5 Stelle è nato. Io c’ero, ero lì a prendermi le mie responsabilità di cittadino. Da allora tante cose sono cambiate», è la premessa di Pizzarotti. Poi il primo cittadino di Parma, davanti ai giornalisti, motiva lo strappo: «Sono sempre stato un uomo libero, da uomo libero non posso che uscire da questo Movimento 5 Stelle, da quello che è diventato oggi e che non è più quello che era quando è nato. Non sono cambiato io, è cambiato il Movimento. Io sono l’unico a essere rimasto critico. Una volta si diceva che il M5S non voleva avere un capo politico, ora si dice che va bene un capo politico».

Ora la prospettiva che interessa a Pizzarotti è quella nazionale. Il primo cittadino di Parma ancora non scioglie la riserva sulla sua eventuale ricandidatura alla carica di sindaco della città emiliana (la «Stalingrado grillina», copyright di Beppe Grillo) per le amministrative del 2017, ma con lo strappo odierno riapre la partita del simbolo. I consiglieri comunali non sembrano per ora disposti a cambiare nome al gruppo: nonostante l’addio a Grillo vogliono continuare a chiamarsi «Movimento 5 Stelle». Una mossa anche in risposta al gruppo, oggi di opposizione, formato dai dissidenti Nuzzo e Savani che, contro il sindaco, si erano staccati dalla maggioranza formando il gruppo «Movimento 5 Stelle Parma». Insomma il caos regna sovrano in Comune e sembra ormai chiaro che servirà un intervento della dirigenza nazionale a 5 Stelle per sbrogliare la matassa di chi può, davvero, utilizzare il simbolo del movimento. L’ultima mossa di Pizzarotti per imbrigliare ancora di più Beppe Grillo. 

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Arlecchino:
Pizzarotti lascia il Movimento Cinque Stelle: “Consumato da arrivisti ignoranti”
Strappo del primo cittadino di Parma: «Da uomo libero non posso che uscire. Mi spiace per gli attivisti.
Di Maio? I lobbisti sono diventati di moda. Addio streaming, ormai le decisioni vengono prese nelle segrete stanze»

03/10/2016
Franco Giubilei
Parma

Federico Pizzarotti lascia il Movimento 5 Stelle: «Non sono io ad essere cambiato, ma loro. Non ho scelta», annuncia il conferenza stampa il sindaco di Parma, che era stato sospeso da Beppe Grillo la scorsa primavera dopo l’apertura di un’inchiesta per abuso d’ufficio, indagine chiusa con l’archiviazione un paio di settimane fa. «Si dovrebbero vergognare per non aver preso una decisione. Avrebbero potuto espellermi», dice.

«Sono passati 7 anni dalla “Carta di Firenze” e dalla giornata entusiasmante al teatro Smeraldo, quando il Movimento 5 Stelle è nato. Io c’ero, ero lì a prendermi le mie responsabilità di cittadino. Da allora tante cose sono cambiate», è la premessa di Pizzarotti. Poi il primo cittadino di Parma, davanti ai giornalisti, motiva lo strappo: «Sono sempre stato un uomo libero, da uomo libero non posso che uscire da questo Movimento 5 Stelle, da quello che è diventato oggi e che non è più quello che era quando è nato».
 
L’affondo di Pizzarotti è durissimo: «Non sono cambiato io, è cambiato il Movimento. Io sono l’unico a essere rimasto critico. Una volta si diceva che il M5S non voleva avere un capo politico, ora si dice che va bene un capo politico». Poi le bordate contro alcuni suoi colleghi: «È mancata la coscienza critica, l’ho esercitata solo io, e quindi vengo visto come disturbatore. In tante parti d’Italia siamo stati consumati da arrivisti ignoranti che non sanno cosa vuol dire amministrare: vogliamo governare e poi non si dialoga con nessuno. Questo non vuol dire governare».

Pizzarotti lamenta le decisioni prese nelle «segrete stanze». Il M5S «è passato dal mettiamo in streaming tutto al mettiamo in streaming niente. Penso alla mancata diretta dell’incontro sulle Olimpiadi». Poi tira in ballo Di Maio: «Penso ai suoi errori, i lobbisti sono diventati di moda». «Quanti ne abbiamo persi in questi anni? Nel tempo sono stati abbandonati dai cosiddetti talebani, persone oltranziste che giustificano tutto e il contrario di tutto solo in base a un processo sul blog». Il sindaco dice di rispettare Virginia Raggi, ,a «io sono stato messo in croce per molto meno».
Ora la prospettiva che interessa a Pizzarotti è quella nazionale. Il primo cittadino di Parma ancora non scioglie la riserva sulla sua eventuale ricandidatura alla carica di sindaco della città emiliana (la «Stalingrado grillina», copyright di Beppe Grillo) per le amministrative del 2017, ma con lo strappo odierno riapre la partita del simbolo. I consiglieri comunali non sembrano per ora disposti a cambiare nome al gruppo: nonostante l’addio a Grillo vogliono continuare a chiamarsi «Movimento 5 Stelle». Una mossa anche in risposta al gruppo, oggi di opposizione, formato dai dissidenti Nuzzo e Savani che, contro il sindaco, si erano staccati dalla maggioranza formando il gruppo «Movimento 5 Stelle Parma». Insomma il caos regna sovrano in Comune e sembra ormai chiaro che servirà un intervento della dirigenza nazionale a 5 Stelle per sbrogliare la matassa di chi può, davvero, utilizzare il simbolo del movimento. L’ultima mossa di Pizzarotti per imbrigliare ancora di più Beppe Grillo.
 
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Cinquecento ex espulsi M5S: “Subito un’assemblea di iscritti”
Uno dei leader dei ribelli: il nuovo regolamento di Grillo è nullo come il precedente
I napoletani
Guidano assieme ai romani la protesta. «Abbiano raggiunto 500 aderenti, le richieste spuntano come funghi in tutta Italia»

09/10/2016
Federico Capurso
Roma

Ritrovare l’unità interna, abbandonare i personalismi, fare quadrato. I Cinque stelle annuiscono silenziosi agli incessanti messaggi di pace di Beppe Grillo mentre una nuova guerra interna è alle porte.

Il terreno dello scontro è l’approvazione delle modifiche al «Non statuto» e al regolamento. In sostanza, la “Costituzione” del Movimento e l’impianto di leggi che regola la vita all’interno del partito. Lo smantellamento del direttorio e l’istituzione dei probiviri, cui verrà affidato il compito di sancire le espulsioni, sono i due punti nevralgici intorno ai quali si consuma la feroce lotta pentastellata per il potere.

«L’aspetto più triste è vedere fazioni (ormai non si sa più neppure quante siano esattamente) che si danno battaglia con frasi fatte e ripetute a pappagallo e uno stuolo di offese personali imbarazzanti - scrive la senatrice del M5S Elisa Bulgarelli su Facebook -. Se “serrare i ranghi” significa “pensiero unico”, si sbaglia direzione». E il sentimento di livore reciproco che da mesi infiamma il gruppo di parlamentari grillini, si riflette ormai anche nella base. Sotto il Vesuvio, tra gli attivisti espulsi e poi reintegrati dal tribunale di Napoli, si accende il focolaio più intenso del malcontento. L’obiettivo dichiarato dai ribelli partenopei è quello di ottenere da Grillo la convocazione della prima assemblea nazionale degli iscritti al Movimento, per evitare, spiegano, «l’ennesima scelta calata dall’alto, segno sempre più evidente di una forte deriva antidemocratica». Vogliono «offrire una via d’uscita dal cul-de-sac in cui Grillo si è infilato».

La rivolta dei Masanielli pentastellati raccoglie in meno di due giorni 500 iscritti al Movimento e si propaga rapidamente in tutta Italia, da Roma a Milano, da Lecce a Verona.

«C’è il rischio che anche questo regolamento sia dichiarato illegittimo dal tribunale», mette in guardia Luca Capriello, avvocato e capofila degli attivisti napoletani in subbuglio. Il punto, spiega Capriello, è che «il regolamento contrasta con lo statuto. Perché se, per citare un singolo caso, nello statuto si sostiene che nel Movimento sono bandite le formazioni intermedie di qualsiasi natura, nel regolamento viene invece previsto un capo politico, dei probiviri e, prima di questo, era previsto un direttorio». La questione si snoda poi intorno alla votazione online. Per rendere legale il nuovo regolamento, è necessario il raggiungimento di un quorum fissato dalla legge a due terzi degli iscritti. Il problema è che un registro ufficiale degli iscritti non esiste. Solo la Casaleggio associati possiede il numero di account del blog. Nel 2012 si parlava di 130 mila iscritti. Oggi potrebbero essere più di 400 mila. L’alternativa ad un primo congresso di partito, difficilmente organizzabile, «sarebbe quella di resettare tutto: sciogliere le associazioni che si rifanno al Movimento cinque stelle e ricominciare da capo», spiegano gli attivisti. Anche ricorrendo a vie legali. Strada che non piace però a Federico Pizzarotti, che si defila: «I temi legalesi non mi appassionano».

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