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Autore Discussione: PRODI  (Letto 71211 volte)
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« Risposta #105 inserito:: Maggio 03, 2008, 10:43:56 am »

Dal palco dell'assemblea dei Mille promossa dai radicali italiani

A Chianciano Prodi: «Il centrodestra ha moltiplicato le paure del Paese»

«Ma il Paese ne è pieno non solo per la sfida globale, ma anche per quello che avviene nel nostro cortile»

 

CHIANCIANO (SIENA) - Il centrodestra di Silvio Berlusconi ha moltiplicato le paure del nostro Paese. È questa l'accusa che Romano Prodi rivolge al premier in pectore dal palco dell'assemblea dei Mille promossa dai radicali italiani. Prodi ha premesso che l'export italiano è il punto forte della nostra economia. «Ma il Paese ciononostante è pieno di paura, non solo per la sfida globale, ma anche per quello che avviene nel nostro cortile. Dobbiamo vincere queste paure, che sono state moltiplicate a scopo di campagna elettorale. Non possiamo andare avanti con terapie dettate dalla paura. Dobbiamo invece vincerla puntando anche all'Unione Europea».

NON HO RIMPIANTI - «Non ho nessun rimpianto». Così Romano Prodi ha risposto ai giornalisti che gli chiedevano quale sia il suo stato d'animo mentre il governo di centrosinistra sta per chiudere anche formalmente l'esperienza iniziata nel 2006. Il premier uscente ha parlato per 40 minuti dal palco della «Assemblea dei Mille» promossa dai Radicali a Chianciano. In alcuni passaggi, Prodi ha criticato la scarsa compattezza degli alleati. È accaduto, per esempio, quando ha elogiato Emma Bonino «per la sua lealtà, coscienza e consapevolezza anche quando non eravamo d'accordo. Questa coscienza e consapevolezza - ha aggiunto Prodi - avrebbero dovuto essere comuni anche a tutti gli altri alleati della coalizione».

HO VINTO DUE L'ELEZIONI - «E’ raro, in un paese di 60 milioni di abitanti - ha spiegato - vincere due elezioni di fronte ad una struttura fornita di un’organizzazione massmediale poderosa che non ha confronti in nessun paese occidentale. Ho vinto due elezioni, e in entrambi i casi non ho potuto terminare la legislatura: è necessario che un politico democratico prenda atto di questo - ha concluso - e lasci il compito di continuare alle nuove leve».

ZIMBELLO - Il governo uscente ha salvato un paese che era «lo zimbello della Ue» da una grave crisi economica«. È questa, in sintesi, l'opinione di Romano Prodi sul suo operato. «In 20 mesi di governo ci siamo assunti il compito di governare l'Italia in una situazione d'emergenza. Con il nostro esecutivo sono diminuite le controversie con l'Europa e abbiamo sempre portato avanti l'orgoglio italiano». Diverso invece il giudizio di Prodi sul governo di centrodestra, «il cui contributo attivo all'Unione Europea andrà sicuramente affievolendosi»

IL SALUTO - «Grazie, vi saluto tutti ultimi giapponesi». Così si è congedato il presidente del Consiglio in carica Romano Prodi dall'assemblea dei Mille promossa da Marco Pannella, Emma Bonino e Mauro Del Bue. Il saluto il presidente del Consiglio lo ha fatto in giapponese per ringraziare la pattuglia dei radicali e in particolare Emma Bonino, «la sua convinta cultura di governo», la sua fedeltà al programma dell'Unione. «Sapevo bene dell'impopolarità di certe scelte - ha detto Prodi - però oggi possiamo vantare di avere risanato i conti pubblici e di aver fatto alcune importanti riforme (sicurezza sul lavoro, welfare, liberalizzazioni) che lasciamo in eredità al nuovo governo».


02 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #106 inserito:: Maggio 07, 2008, 01:08:09 am »

INTERVISTA A BALLARO'

PRODI: "NON MI SONO PENTITO DI NULLA, HO SEMPRE VINTO"

 
Romano Prodi non e' pentito di nulla.

Intervistato da Ballaro', il presidente del Consiglio uscente fa un bilancio della sua attivita' politica e della sua attivita' di governo e infine indica la sua ricetta per il futuro del Paese.

Lei corre ma il Paese corre? "C'e' qualcun altro adesso che lo deve far correre...". Ce la fara'? "Io mi auguro di si'". E la guida del paese com'era? "Ho avuto molte soddisfazioni, ed ero disposto a guidarlo per qualche altro anno. Io ho fatto la mia politica in modo d'avere dei risultati lungo tutta la legislatura, questa e' stata interrotta.. pazienza... non e' certo la mia responsabilita'". Si e' pentito di qualcosa? "No, di nulla - afferma Prodi - Ho fatto nuove proposte politiche, veramente nuove, una grande coalizione riformista, e ho vinto due volte le elezioni.

Nessuno lo ha fatto in Italia, vincere tutte le elezioni che ha fatto, in un Paese di 60 milioni di abitanti. L'esperienza e' stata interrotta, e ne ho tratto le conseguenze, mi sembra in modo serio e doveroso, proprio perche' il Paese possa andare avanti. Proprio perche' io non sia piu' di intralcio a quelle che emergono come le novita'". Novita'? "Novita'...".

(AGI) - Roma, 6 maggio -

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« Risposta #107 inserito:: Maggio 07, 2008, 03:59:25 pm »

2008-05-07 11:31

Prodi: clima di autoflagellazione non aiuta Paese

Romano Prodi punta il dito sul "clima di autoflagellazione" che si registra in Italia.

"Questo clima di autoflagellazione - dice a Sky Tg 24 il presidente del Consiglio - io non lo vedo in nessun altro Paese.

E' anni che dico questo, il primo discorso deve essere il discorso della propria forza e della propria debolezza, noi invece abbiamo solo consapevolezza della debolezza e un Paese che non ha fiducia in se stesso è un Paese perduto". 

da ansa.it
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« Risposta #108 inserito:: Maggio 21, 2008, 05:49:03 pm »

Chianciano

Prodi saluta i " mille"



Grazie, grazie, è più lungo il vostro applauso del mio discorso.

Vi ringrazio dell'accoglienza ma sono io a ringraziare dell'invito che ho
accettato immediatamente proprio per un segno di gratitudine a Emma, Emma
che è stata nel governo un sostegno forte. E quando Pannella dice "sono
stato l'ultimo dei giapponesi" è vero e di questo lo ringrazio. Lo è stato
anche  su punti, su temi su cui non eravamo d'accordo; lo è stato per un
senso di coscienza e consapevolezza di cosa è il governo. Coscienza e
consapevolezza che avrebbero dovuto essere comuni a tutti coloro che
partecipavano alla coalizione di governo. Ed è per questo motivo che qui
faccio certamente un ultimo intervento della  fine di questa ordinaria
amministrazione, come è stata chiamata.
In settimana ci sarà  il nuovo governo, ci sarà il giuramento del nuovo
governo, ci sarà il passaggio delle consegne e quindi io chiudo, come ho
detto, questa non lunga ma intensissima mia esperienza politica. Non lunga
perché iniziata il 2 febbraio del '94, parecchio tempo fa ma non  secoli fa;
e intensa perché passata attraverso due presidenze del consiglio, la
presidenza della commissione europea, un profondo lungo lavoro di
riorganizzazione, tentativo di riorganizzazione della politica italiana
perché è nato con l'Ulivo, con l'idea precisa dell'Ulivo come premessa della
fondazione del partito democratico. Non è nata da un discorso vago,
generale. Cioè l'idea che se il riformismo italiano, in un paese così
complicato, così conservatore sotto tanti aspetti, doveva e poteva imporsi,
questo esigeva una struttura di cooperazione che prima si è chiamato Ulivo,
poi si è chiamata Unione e nell'ambito di questa il partito democratico come
momento di riferimento anche quantitativo, oltre che  l'importante punto di
convergenza di un riformismo socialista, cattolico, laico e liberale che si
mettevano assieme.  Sono stati anni intensi come una direzione politica,
come un quadro di riferimento molto preciso, molto rigoroso al quale io ho
cercato di tenere sempre coerenza. Anche nelle sconfitte. Perché è raro
nella democrazia occidentale, con tutta onestà, vincere in un paese di
sessanta milioni di abitanti, vincere due elezioni. E ripeto ho vinto due
elezioni, di fronte ad una  struttura fornita di una organizzazione di  mass
media poderosa, formidabile, anch'essa che non ha confronti come
percentuale, come capacità di penetrazione in nessun paese del mondo
occidentale.  Ho vinto due elezioni e in entrambi casi non ho potuto finire
la legislatura. E allora è chiaro, è giusto, doveroso che un politico
democratico prenda atto di questo e lasci ad una nuova leva la
responsabilità di portare avanti questo cammino che io ho iniziato e al
quale io sarò fedele, che è la linea di azione, che è il mio riferimento
anche etico della mia vita politica ma che non si è potuto verificare in
entrambe le situazioni.
E' chiaro che, per questo motivo, quanto prima dicevo è un obbligo di
riconoscimento del lavoro fatto da Emma Bonino e dai radicali di aver
interpretato in modo corretto il tema della governabilità e di aver
rinunciato in molti momenti,  Emma lo sa benissimo perché ci siamo anche
quasi azzuffati, nel senso buono del termine, di aver saputo rinunciare alla
visibilità di bandiera in nome del progetto condiviso, senza con questo
abdicare alle proprie convinzione e ai propri valori. Questa è democrazia
governante. Questa è la democrazia governante.
Democrazia governante non è andare d'accordo in tutte le virgole delle 281
pagine del programma, che però è stato - interessante questo aspetto - molto
deriso questo aspetto delle 281 pagine. Però, Emma lo ricorda benissimo, è
stato il momento della discussione in cui tante cose sono venute a
convergere, in cui siamo rimasti con pochi punti di dissenso. E soprattutto,
attenzione:  io capisco che dal punto di vista mediatico può non essere
utile avere 281 pagine di programma ma da queste a fare la campagna
elettorale in cui i programmi sono stati assolutamente trascurati e
calpestati perché la gente diceva che non contano nulla ed aver convinto il
popolo italiano che i programmi non contano nulla, guardate è un passaggio
indietro grosso  quello che è avvenuto non è un passaggio in avanti. Io
vorrei che riflettessimo su questi fatti proprio perché, ripeto, in un paese
complicato, un paese così articolato come l'Italia, il problema di trovare
la convergenza sul programma  di forze diverse, mantenendo anche le proprie
radici, le proprie differenze, è un fatto fondamentale perché vi sia una
democrazia vera e perché non si vada alla ricerca di quanto ha detto prima
Marco, di una democrazia così semplificatrice da togliere di mezzo tanti
significati, tante voci, tanti aspetti della vita politica italiana.  Ecco
questo è il motivo per cui io conservo questa gratitudine e ho ascoltato con
grande interesse le riflessioni di Del Bue prima su un cammino di politica
che si allontana dalla democrazia effettiva che è stato un po' al centro
della sua analisi; e di Marco che ha fatto il discorso sulla distinzione tra
innovazione reale e nuovismo ad ogni costo che è l'altro rischio che noi
abbiamo; e poi prendo anche un altro concetto che ho sentito nei discorsi
precedenti, soprattutto da Amato quando ha parlato al governo ha parlato di
un coraggio dell'impopolarità.
Guardate, sia chiaro, quando io ho preso le decisioni durante questi due
anni di governo le ho prese sapendo benissimo che cosa comportavano ma
sapendo anche che un leader prende le decisioni impopolari perché governa
cinque anni e poi si hanno i risultati delle decisioni prese. E noi abbiamo
risanato l'economia, l'abbiamo risanata davvero, lasciamo un bilancio in
ordine. E' stata un'azione forte, vigorosa, rapida. L'abbiamo fatto con
quello che deve essere la democrazia pulita, quella che sfida
l'impopolarità, quella che non corre dietro al messaggio quotidiano, quella
che ha un contenuto etico nella sua azione. Sa benissimo, perché la
legislatura dura cinque anni, che poi i frutti anche in termini di sviluppo
di redistribuzione del reddito verranno ma non può non toccare le
incrostazioni del presente se vuole migliorare la situazione. Non possiamo
fare la campagna elettorale in cui critichiamo l'evasione fiscale, la
distribuzione iniqua dei redditi, il peggioramento e la divaricazione di un
paese e poi non ci mettiamo nella nostra azione politica quotidiana a
toccare questi temi sapendo benissimo che sono impopolari, sapendo benissimo
che le ferite e le difficoltà arrivano prima dei risultati. E' così che
agisce la politica.
Io credo che si debba agire sempre con lealtà verso il paese. E noi abbiamo
portato avanti questo impegno difficile. Emma ci ha aiutato enormemente in
questo. Ci ha aiutato come un ministro politico che ha dato un contributo al
governo e anche come un ministro donna che non ha mai ragionato per quote ma
ha sempre ragionato per progetti. Un ministro che ha portato nel mondo
l'orgoglio italiano ma ricordava sempre al consiglio dei ministri che siamo
dentro l'Europa e che questo comporta doveri.  Questo è il motivo per cui
sono qui, un motivo di gratitudine, un motivo di parlare di quella che è
l'etica di un governo, perché se no il paese se non tiene questa etica  è un
paese finito e le nuove leve che dovranno portare avanti il partito
democratico e che dovranno reggere questo paese dovranno ricordare questi
punti elementari, questi punti semplici della vita democratica di un paese.
Guardando sempre a quello che si è fatto insieme: se l'export è oggi la
parte più dinamica dell'economia italiana, tutti lo scrivono, ma non
scrivono mai perché.
Se l'export va avanti  soprattutto nei paesi nuovi, in cui l'opera del
governo è più importante perché ancora il mercato non si è affinato da poter
portare avanti lui le sue regole, è perché questo il governo lo ha fatto,
perché Emma lo ha fatto. I viaggi in Cina i viaggi in India, l'ultimo
viaggio in Egitto non sono mai stati viaggi burocratici. Avevamo con noi
centinaia di imprenditori. Certo eravamo diversi dagli altri paesi: se
confronto come erano i viaggi di Chirac, o la Merkel, con i nostri erano
completamente diversi; loro avevano dieci grandi imprese, una piccola
rappresentanza che comprendeva il paese. Noi avevamo cinquecento
imprenditori in Cina, quattrocento in India, centocinquanta nell'ultimo
viaggio in Egitto ma abbiamo sempre voluto portare con noi il paese, aiutare
il paese, rappresentare il paese.  I risultati sono che se oggi non c'è un
crollo della nostra economia lo si deve alla fortissima tenuta dell'export.
Su questo non c'è alcun dubbio e nonostante tutti i dati macro economici
proverebbero il contrario, una produttività bassa, un cambio durissimo.
Andate a vedere paese per paese: dove il governo contava, lì abbiamo avuto
gli incrementi maggiori. Ecco per venti mesi ci siamo assunti il compito di
governare l'Italia partendo dalle emergenze dell'Italia, dall'enorme
difficoltà da affrontare. E dallo zimbello dell'Europa noi  ci siamo messi
al centro dell'Europa e, non secondario su questo, è la grande diminuzione
del contenzioso nei confronti dell'Europa. Ogni consiglio dei ministri Emma
ci portava i passi in avanti verso la diminuzione delle nostre controversie
e del nostro essere in stato di accusa di fronte alla comunità
internazionale di cui noi facevamo parte.
E poi è iniziato un'opera di effettive liberalizzazioni anche se la terza
parte, forse la più cospicua, è rimasta davanti al Parlamento ancora
incompiuta, la politica della casa, l'aiuto alle famiglie, la riforma del
walfare, gli aumenti alle pensioni più basse che vanno in distribuzione nel
momento in cui il governo è entrato in crisi. Ma l'abbiamo deciso perché
avevamo fatto una politica economica severa e abbiamo potuto mettere in
ordine il bilancio. Se noi avessimo preso queste misure senza la famosa fase
di serietà e di severità, noi avremmo sfasciato la struttura del bilancio,
avremmo messo a rischio il nostro paese. Abbiamo lavorato sulle energie
alternative, abbiamo lavorato sulla riforma del welfare, abbiamo ridotto la
disoccupazione al minimo storico e aumentato fortemente, nonostante che sia
ancora una tragedia, l'attenzione sulla sicurezza del lavoro. I lavoratori
in nero emersi sono stati regolarizzati. Potrei continuare. Regolarizzati
duecentomila lavoratori edili irregolari come una media  grande  città
italiana, duecentomila. Questa è opera seria, come l'opera seria della
evasione fiscale. La lotta contro evasione fiscale è stata fatta non con i
proclami ma con la severità e la serietà con cui si fanno queste cose.
Questi sono problemi che, credo, hanno aumentato la impopolarità. Non ho
alcun dubbio perché affrontare queste cose vuol dire essere impopolari ma il
coraggio della democrazia è questo. E il risultato è stato che senza
aumentare le imposte, ripeto, senza aumentare le aliquote, sono aumentati
gli introiti e quindi la premessa per potere diminuire le aliquote e fare in
modo di avere un fisco diseguale e ingiusto che pesa innanzitutto sugli
onesti e passare ad un fisco invece distribuito a seconda della forza delle
spalle. Questo è l'operato che il governo ha fatto nei suoi venti mesi.
Certamente questa azione del governo, lo ha ricordato Marco giustamente, è
stata condizionata dalle tensioni di una maggioranza composita ma non
bisogna mai dimenticare quello che è stato fatto nella direzione che ho
indicato prima e soprattutto nel risanamento della economia e nella lotta
alla evasione fiscale.
Ecco questa è l'opera del governo. E un'altra opera paziente, ancora più
complicata, cioè il lavoro che ho compiuto con difficoltà -  e qui parlo ad
un ambiente che capisce le difficoltà -  per un dialogo tra laici e
cattolici che fosse rispettoso di entrambe le origini, di entrambe le
radici, di entrambe le  profonde convinzioni ma laici e cattolici che devono
vivere insieme in un paese comune, in un paese che si sta trasformando in un
modo enorme. Il nostro futuro, lo ricordavo al congresso dei democratici e
voglio leggere le stesse parole che dicevo a loro per non creare né
equivoci, né cambiamenti. Dicevo: "Il nostro futuro non è evocare i fantasmi
del passato dello scontro tra laici e cattolici quanto quello di essere
necessariamente e positivamente assieme" . Dicevo allo stesso convegno del
partito democratico, che non ho risposte perché questo non avvenga con
grande volontà impegno. Non ho risposte, dicevo. So che ormai "da alcuni
anni si procede nella direzione sbagliata. Assisto infatti con tanta
preoccupazione al moltiplicarsi di atteggiamenti negativi che occupano
entrambe gli schieramenti politici. Da una parte, si fa strada l'elogio
acritico e l'ossequio formale alle autorità religiose e, dall'altra, vedo la
volontà di non affrontare i problemi che dividono la nostra società solo per
non pagarne il costo politico. Né con l'una, né con l'altra scelta si
consente una convivenza matura tra laici e cattolici. Anzi sia l'una che
l'altra contengono di fatto la volontà di rendere irrilevante il contributo
di una ispirazione religiosa, del quale contributo anche lo sviluppo della
laicità ha bisogno" Ed io sono profondamente convinto di questo ed era parte
tutto questo contributo del messaggio dell'Ulivo, del messaggio voi del
partito democratico. Questo è la ragione, la motivazione forte del nostro
lavoro che abbiamo compiuto assieme.
E adesso oggi noi vediamo che il paese è pieno di paure. Le paure non solo
delle sfide globali che poi non si vincono con la paura, ma anche e
soprattutto di quello che avviene nel proprio cortile. Noi dobbiamo vincere
queste paure. Emma nel suo intervento darà dei dati da cui si dimostra
quanto queste paure siano state moltiplicate, esagerate, costruite a scopi
di campagna elettorale. Io non vi sto a dire questo però vorrei dirvi che
sia che ci occupiamo di problemi interni sia che ci occupiamo di strategie
internazionali, noi non possiamo andare avanti con una terapia dettata dalla
paura. La paura non è mai un buon consigliere, è una terapia di chiusura che
non accetta le sfide e quindi è destinata a perderle. E' chiaro che questo
porterebbe ad un discorso più ampio, perché l'Italia da sola non può
vincerle. Quando parlo di vincere le paure voglio dire che dobbiamo
vincerle insieme all'Europa, questa grande realtà politica che può diventare
l'Europa nel mondo attuale. Questa forza economica è anche forza culturale,
forza ideologica, forza che costituisce il nostro continente, al quale
dobbiamo continuare a dare un contributo attivo, alla quale dobbiamo credere
mentre invece vedo affievolirsi soprattutto nella nuova maggioranza questo
sentimento dell'Europa. Questo sentire l'Europa come un peso. L'Europa come
qualcosa che ti obbliga a scelte che tu non avresti fatto e invece è la
forza che ci aiuta a fare in modo che possiamo avere una parola nel modo
globalizzato. Questo è un rovesciamento che questo paese deve portare
avanti.
Tra queste battaglie ce ne sono tante che vanno nella direzione che voi
avete scelto che noi abbiamo scelto assieme. Pensiamo al problema della
battaglia per la moratoria della pena di morte. E' stato qualcosa di
straordinario ma io vedo un'altra battaglia da portare avanti con il peso
della responsabilità politica. Oggi nel mondo ci sono miliardi di persone,
quando parlo di miliardi, parlo di miliardi, che soffrono la fame per
sciagurate scelte di sviluppo macro economico e noi non possiamo far finta
che la cosa non ci riguardi. Quando faccio i conti, e c'era un paio di
giorni fa sul "Financial Time" una analisi di questo tipo che parte
prevalente dell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari che sta
sconvolgendo l'Asia e l'Africa, la parte prevalente è data dai sussidi per
passare alla produzione di energia qui ci troviamo di fronte ad un problema
che ha una dimensione etica impressionante e combattere questo è il modo di
vincere le paure, far capire che possiamo spostare in avanti una frontiera
di civiltà, una frontiere di comunità mondiale. Ecco per questi motivi, e
potremmo indicarne tanti, c'è bisogno al mondo di una grande forza
riformista. Ho fatto esempi internazionali, ma al nostro interno  c'è
bisogno di un discorso che riporti la redistribuzione del reddito. Io non ho
mai parlato di uguaglianza, io non ho mai parlato di queste cose. Ma quando
vediamo delle separazioni come abbiamo oggi, delle differenze tra il primo
decile e l'ultimo decile che si allargano sempre di più in termini
percentuali, qualcosa che non va nella nostra base, qualcosa che non va
nella nostra concezione politica c'è. Dobbiamo pure fare in modo che ci sia
un riformismo che nella politica estera raggiunga gli obbiettivi che abbiamo
detto prima e che nella politica interna stia attento a queste eccessive
divaricazioni.
Ecco, questo è il motivo per cui la politica è un grande impegno civile;
sopratutto deve essere un grande impegno civile. E credo che il partito
democratico ha l'ambizione di questa forza riformista. Ed io sono convinto
che perché possa far fronte a questa ambizione si debba alimentare delle
tante culture, di tanti valori che hanno costruito il campo del
centrosinistra italiano. Io credo che questo sia estremamente importante
proprio perché c'è bisogno di una grande convergenza di forze riformiste.
Credo che le ultime elezioni lo abbiamo dimostrato. Ecco, questo era il
progetto dell'Ulivo. Io ho fatto quello che dovevo fare, quello che mi
sentivo di fare. Credo che adesso spetti ad un'altra leva. E' una eredità
morale seria forte che lasciamo, una eredità politica impegnativa. Ma credo
che il paese abbia bisogno di portare avanti questa linea e di costruire una
forza riformista davvero in grado di cambiare il paese. Sono convinto che il
partito democratico può essere il riferimento di questa forza riformista.
Deve aver coraggio, non deve aver paura, Non deve guardare al passato ma
deve guardare al futuro Ecco perché sono venuto qui, e proprio perché mi
trovo di fronte agli ultimi giapponesi vi lascio dicendo sayonara e arigatò.

Roma, 2 maggio 2008
(trascrizione dalla registrazione della "Assemblea dei Mille" effettuata da
Radio Radicale www.radioradicale.it)
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« Risposta #109 inserito:: Giugno 21, 2008, 05:12:43 pm »

Roma, 16:31

PD: PRODI, RAGIONI MIE DIMISSIONI ANCORA VALIDE

Le ragioni delle mie dimissioni dal Pd sono ancora valide. Romano Prodi
scrive a Walter Veltroni una lettera, pubblicata sul suo sito internet, per
confermare le dimissioni da presidente Pd e invitare a trovare un
successore. "Caro Walter - scrive il Professore - ho avuto notizia di una
iniziativa perche' l'Assemblea del prossimo 20 e 21 giugno respinga le mie
dimissioni dalla carica di Presidente del Partito Democratico. Sono
riconoscente e grato per questa manifestazione di stima e di amicizia, ma
ritengo che le ragioni che mi hanno spinto il giorno di Pasqua ad inviarti
la lettera di dimissioni siano ancora valide e che convenga a tutti nominare
al piu' presto un'altra persona a ricoprire tale carica". "Il Partito
Democratico, che e' il punto di riferimento dell'area riformista italiana -
sottolinea Prodi -, porta infatti la responsabilita' ed il dovere di
completare rapidamente le proprie strutture per preparare una concreta
alternativa all'attuale Governo del Paese. Tutto questo e' necessario per
dare una risposta adeguata ai milioni di elettori e ai tanti italiani che si
sono in questi anni generosamente impegnati per la costruzione del Partito
Democratico e per il rinnovamento della politica del nostro Paese. Augurando
all'Assemblea un buon lavoro, ringrazio ancora una volta te e tutti gli
amici per la generosa collaborazione che ho ricevuto in questi anni di vita
politica e ti saluto con molta amicizia".

testo anche su
http://www.romanoprodi.it/cgi-bin/adon.cgi?act=doc&sid=70&doc=2195
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« Risposta #110 inserito:: Giugno 21, 2008, 05:13:28 pm »

20/6/2008
 
Prodi: non lascio la politica
 
 
 
 
 
ROMANO PRODI
 
Caro direttore,
senza voler entrare in alcun modo nel merito né dei sostantivi né degli aggettivi contenuti nello scritto di Marcello Sorgi a me dedicato sotto il titolo «L’esilio di Romano. Un macigno sull'assemblea del Pd» (La Stampa del 18 giugno), dei quali lascio ogni responsabilità all'autore, vorrei limitarmi a una sola precisazione. Non è vero che «Romano Prodi, l'unico leader che ha battuto due volte Berlusconi, ha atteso una decina di giorni dal fatidico 13 aprile prima di separare il suo destino dal suo (ex) partito».

A dieci giorni dal 13 aprile, infatti, io ho solo reso note le mie dimissioni da presidente della Assemblea del Partito. Esse erano state tuttavia da me trasmesse al segretario del Partito ben prima di quella data, ma comunicate dopo le elezioni per evitare che il gesto potesse in qualsiasi modo danneggiare la campagna del Pd e nuocere al suo risultato elettorale. E questo appunto perché, a differenza di quel che scrive Sorgi, esse non intendevano e non intendono in alcun modo esprimere l'intenzione di separare il mio destino da quello che non è il mio ex partito bensì quello che considero ancora il mio partito di appartenenza, ma solo segnalare una ridefinizione delle mie responsabilità in una fase diversa della mia vita.

Prendiamo atto con piacere che Prodi non intende abbandonare la vita politica. Ma ricordiamo che nei giorni scorsi erano stati diversi esponenti del Pd, anche a lui vicini, a parlare di una sua «diversa scelta esistenziale». Resta poi aperto il problema: l’Assemblea costituente del Pd discuterà la linea prodiana di accordo tra il centrosinistra riformista e la sinistra radicale, grazie alla quale l’Ulivo nel 1996 e l’Unione del 2006 vinsero le elezioni, e senza la quale il Pd nel 2008 le ha perse, o continuerà a considerare quello di Prodi un caso personale e non politico? [M. SO.]

 
da lastampa.it
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« Risposta #111 inserito:: Luglio 20, 2008, 08:11:31 am »

2008-07-18 21:12

PRODI: L'ITALIA PUO' CONTARE MA SERVE INTEGRAZIONE

dell'inviata Alessandra Massi


PESARO - "L'Italia può contare in Europa, perché l'Europa non può fare a meno dell'Italia", a patto che il nostro Paese prosegua nel cammino dell'integrazione. E' l'opinione dell'ex premier Romano Prodi, presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2004, intervenuto oggi ad un dibattito durante la manifestazione "Pesaro Europa", in cui ha partecipato alla presentazione del suo libro "La mia visione dei fatti" dedicato ai suoi cinque anni di governo europeo. "Da soli non esistiamo - ha spiegato, rispondendo alle domande di Pier Virgilio Dastoli, della rappresentanza della Commissione europea in Italia, di Giampiero Gramaglia, direttore dell'ANSA, e dai giovani redattori di un giornale del liceo scientifico di Pesaro -, sui grandi temi bisogna avere una politica comune, altrimenti le voci dei singoli Paesi non vengono ascoltate".

Il cammino dell'Europa è inevitabile - secondo Prodi -, "fatale, ma noi arriveremo all'Unione europea solo dopo una lunga crisi. Io speravo che si potesse cogliere questo traguardo in modo illuministico, ragionato. Ma - ha aggiunto - vedo che ci arriveremo solo dopo aver toccato il fondo", cioé dopo aver provato "quello che vuol dire stare senza Europa". In questo senso, la crisi economica che ci sta colpendo, nonostante lo scudo protettivo dell'euro, "é un segnale di come siamo a rischio, di come dipendiamo dagli altri". Ad esempio per l'aumento del prezzo del grano "perché Cina e India si sono messe a mangiare". L'ex presidente della Commissione europea crede che il Mondo "debba essere gestito in modo multilaterale, ma anche noi dobbiamo poter dire la nostra".

Prodi è altrettanto sicuro "che non abbiamo toccato il fondo, quel punto che ci obbliga a dire 'cambiamo' ". In conclusione, per l'Italia "non c'é altra via che l'integrazione", superando una serie di problemi (rifiuti, immigrazione, sicurezza) che sembrano allontanare il nostro Paese dall'orbita europea. Questi fattori "sono di ostacolo, a giudizio di Prodi, ma non debbono frenare tale processo. Bisogna risolverli per essere più vicini all'Europa. Ma poi - ha concluso - anche gli altri Paesi hanno i loro problemi...".   


da ansa.it
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« Risposta #112 inserito:: Agosto 23, 2008, 11:32:53 pm »

A RICCIONE


Prodi: «Sto benissimo, ma sarei rimasto»

L'ex presidente del Consiglio risponde così a una domanda sulla sua lontanza dalla politica



RICCIONE - Attualmente «sto benissimo, sto meglio di un anno fa, anche se non sono andato via per stare meglio. Io sarei anche rimasto». Così, con ironia, l'ex presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha replicato al direttore di Radio Dj, Linus, che gli chiedeva come si trovasse in questo momento, lontano dalla politica. «Mi è dispiaciuto molto» ha aggiunto, nel corso della presentazione del suo libro 'La mia visione dei fatti', sui suoi anni alla guida della Commissione Europea, ma «le cose hanno un termine e ora inizia una nuova vita».

I PROBLEMI DEL GOVERNO - Rispondendo poi a chi gli chiedeva un commento sulla gestione dell'attuale esecutivo, Prodi ha risposto: «Quando si governa non si può scontentare troppa gente, ma non scontentando i problemi peggiorano». Il discorso è poi scivoltao sulla moneta unica. Qualora non fosse stata adottata in Italia la moneta unica, di fronte agli attuali corsi dell'economia, il Paese avrebbe rischiato una inflazione estremamente elevata e di trovarsi «in disfacimento». Prodi ha chiarito così il suo pensiero: «Tutti sapevano che l'Italia non poteva stare fuori dall'euro. Senza euro avremmo livelli di inflazione impressionanti e un Paese in disfacimento».

CAMBIAMENTO - Gli anni passati alla guida dell'Italia «sono stati anni belli in cui ho tentato un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra. Due volte ho vinto le elezioni, e due volte il disegno è stato interrotto dalla stessa coalizione» che appoggiava l'esecutivo. Così Romano Prodi a chi gli chiedeva un commento sulla sua esperienza politica italiana. «Spero che qualcun altro possa portare avanti questa esperienza, che reputo l'unica soluzione valida», ha proseguito replicando a chi gli chiedeva cosa vedesse nel futuro del centrosinistra. A giudizio di Prodi, in politica quello che «è importante è il realismo, la serietà e l'onestà con cui la si fa». Questa è l'eredità che si lascia. «Penso - ha proseguito riferendosi ai politici - che il nostro dovere sia mostrare coerenza e obiettivi precisi, anche se il prezzo può essere molto alto».


23 agosto 2008

da corriere.it
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« Risposta #113 inserito:: Agosto 24, 2008, 06:26:32 pm »

POLITICA

L'ex premier parla del suo governo e del Pd: "Sarei rimasto volentieri"

Una ragazza dice di sentirsi "un poco orfana" e il Professore risponde: "Anch'io"

Prodi: "L'Ulivo tornerà ma senza di me"

di MARCO MAROZZI

 

RICCIONE - L'Ulivo tornerà. "Anche se non sarò io a portarlo fuori". Romano Prodi, dopo mesi e mesi di silenzio, parla del futuro suo e dell'Italia. E, dopo mesi di amarezza, si illumina di sorrisi davanti a una gran folla. E, senza nominarlo, fa "lezione" al Partito democratico. Indicandogli un futuro che guarda all'Europa, al mondo e ai suoi grandi problemi. "Di fronte alle nuove sfide mondiali, noi non li risolviamo rifugiandoci in dottrina astratte". Parla di governi, ma anche di opposizioni. In Europa e in Italia. Riproponendo una politica di bipolarismo forte.

Succede a Riccione, nel parco strapieno della Villa Mussolini, dove il Professore è stato chiamato dalla libreria Bloc 60 a presentare il suo volume "La mia visione dei fatti", racconto di "cinque anni di governo in Europa", uscito proprio nel giorno della caduta come premier e che adesso diviene uno strumento di ragionamento su un metodo politico. Mille persone, con a fianco dell'ex premier Linus, direttore di Radio Capital, Dee Jay, MO2, che lo intervista dando molte volte il microfono al pubblico. E ad una ragazza che gli dice di essere triste per la fine dell'Ulivo e si senta "un poco orfana", lui risponde "anch'io", poi lancia: "L'idea che stava alla base della proposta con cui sono entrato in politica ritornerà fuori, assolutamente".

"Non la porterò fuori io - ha aggiunto - ma qualcun altro la porterà fuori". "Attualmente sto benissimo, sto meglio di un anno fa, anche se non sono andato via per stare meglio. Io sarei anche rimasto. Mi è dispiaciuto molto". "Sono stati anni belli in cui ho tentato un cambiamento forte della politica italiana attraverso il bipolarismo e la creazione di una grande alleanza di centrosinistra. Due volte ho vinto le elezioni, e due volte il disegno è stato interrotto dalla stessa coalizione che appoggiava l'esecutivo", ha ricordato l'ex premier. A giudizio di Prodi, in politica quello che "è importante è il realismo, la serietà e l'onestà con cui la si fa". Questa è l'eredità che si lascia. "Penso - ha proseguito riferendosi ai politici - che il nostro dovere sia mostrare coerenza e obiettivi precisi, anche se il prezzo può essere molto alto". E del governo Berlusconi dice: "Non si può scontentare troppa gente, ma non scontentando i problemi peggiorano".

Ritenendo di "non tornare alla politica italiana" e che girerà il mondo "con primo interesse" e un'attenzione a un possibile ruolo internazionale, Prodi ha ricordato il suo "disegno di alternanza chiara". Al Pd che non ha ancora deciso come andare alle elezioni europee e il suo ruolo rispetto al Pse e al Partito democratico europeo, l'ex premier ha lanciato: "È indispensabile creare grandi partiti a livello europeo. Ma non vedo grandi cambiamenti nel futuro che verrà. E alle ultime elezioni la parola Europa non è mai stata pronunciata e nessun politico ha mai avuto alle spalle la bandiera europea".


(24 agosto 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #114 inserito:: Agosto 29, 2008, 06:54:22 pm »

29/8/2008 (11:18) - IL CASO

Intercettazioni, Prodi: "Pubblicatele pure"
 
Il Professore: «Hanno creato un caso politico artificiale»

ROMA


No a una legge sulle intercettazioni che limiti i poteri di indagine attribuiti ai magistrati, «nessuna contrarietà» a che «tutte le mie telefonate siano rese pubbliche». Romano Prodi reagisce così alla pubblicazione di alcune sue intercettazioni relative all’inchiesta Siemens e alla solidarietà del premier Silvio Berlusconi.

«Vista la grande enfasi e, nello stesso tempo, l’inconsistenza dei fatti a me attribuiti da Panorama - dice l’ex presidente del Consiglio, che parla subito dopo l’intervento in proposito del premier Silvio Berlusconi - non vorrei che l’artificiale creazione di questo caso politico alimentasse il tentativo o la tentazione di dare vita, nel tempo più breve possibile ad una legge sulle intercettazioni telefoniche che possa sottrarre alla magistratura uno strumento che in molti casi si è dimostrato indispensabile per portare in luce azioni o accadimenti utili allo svolgimento delle funzioni che le sono proprie». «Da parte mia - conclude Prodi - non ho alcuna contrarietà al fatto che tutte le mie telefonate siano rese pubbliche».

In mattinata il premier aveva diffuso una nota in cui offriva la sua solidarietà al Professore e invocava un intervento del Parlamento sul tema delle intercettazioni: «La pubblicazione di intercettazioni telefoniche riguardanti Romano Prodi, a cui va la mia assoluta solidarietà, non è che l’ennesima ripetizione di un copione già visto. È grave che ciò accada e il Parlamento deve sollecitamente intervenire per evitare il perpetuarsi di tali abusi che tanto profondamente incidono sulla vita dei cittadini e sulle libertà fondamentali».

Anche il ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi aveva solidarietà a Romano Prodi per le intercettazioni che lo riguardano e dice basta con le «gogne mediatiche». «Al presidente Prodi - scrive in una nota - va la mia solidarietà perchè è inaccettabile che le intercettazioni continuino ad essere motivo di gogna pubblica senza che ci sia un minimo di garanzia a tutela dei cittadini e, ovviamente, anche di chi riveste cariche pubbliche».

da lastampa.it
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« Risposta #115 inserito:: Dicembre 13, 2008, 04:54:43 pm »

Romano Prodi


Il Presidente Romano Prodi, ha consegnato ieri a New York ai vertici
dell’ONU il rapporto relativo ad un piano di peacekeeping in Africa.

Il rapporto e' stato curato da un gruppo di esperti di alto livello,
guidato dallo stesso Presidente Prodi, ed istitituito sulla base di
una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'Aprile 2008.

Il rapporto valuta in profondita', sulla base delle esperienze
precedenti un coinvolgimento piu' ampio della Unione Africana nelle
attivita' di 'peace keeping' in Africa. Propone anche nuove modaita'
di supporto delle operazioni relative agli apetti finanziari, alla
logistica e agli equipaggiamenti. In sostanza affida maggiori
responsabilita' all'Unione Africana ma anche strumenti e mezzi.

La consegna del rapporto, che e' avvenuta nei tempi previsti, segna
dunque la conclusione della prima fase dell'incarico assunto dal
Presidente Prodi nello scorso mese di settembre presso l'Onu.

Il rapporto verra' ora trasmesso al Consiglio di sicurezza in vista
della presentazione da parte del prof Prodi, e della sua discussione,
previste per l'inizio dell'anno prossimo. Il Rapporto restera'
riservato fino alla sua distribuzione ai membri del Consiglio di
sicurezza.



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« Risposta #116 inserito:: Dicembre 25, 2008, 10:08:36 am »

Caro Amico ti scrivo


Sono vari i segnali che dichiarano finito l'annus horribilis di Romano Prodi 

Cara amica, caro amico,

ti scrivo perché mi hai contattato durante il mio ultimo mandato come presidente del Consiglio...". Comincia così la mail in arrivo a un vasto indirizzario, firmata Romano Prodi. Segue la presentazione del nuovo think-tank dell'ex premier, la Fondazione per la collaborazione tra i popoli, e la richiesta di adesione: "Anche se con una struttura organizzativa estremamente leggera, vorrei stabilire un rapporto diretto con tutti quelli che desiderano partecipare".

Per ora sono solo forum on line, poi si vedrà. Di certo, è finito l'annus horribilis di Prodi. È reduce da un viaggio in Cina, dove ha pranzato con il premier Wen Jiabao ed è apparso al tg della sera ("in media 155 milioni di telespettatori", ha raccontato, forse pensando al Tg1di Gianni Riotta che lo ignora).

Il 16 dicembre ha presentato a Roma i diari di papa Giovanni XXIII insieme a due cardinali, Francesco Marchisano e Roberto Tucci. Alla fine, a un amico che lo invitava a un seminario su Chiesa e politica nella stagione di Camillo Ruini, ha risposto: "Non posso, io in quella storia sono stato la cavia...". Una cavia uscita viva dal laboratorio, però, gli hanno fatto notare. "E chi vi dice che io sia ancora in vita?", ha replicato il Professore. Ma si vedeva che scherzava. M. D.

(23 dicembre 2008)

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