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Autore Discussione: IL PD - Partito Democratico  (Letto 72100 volte)
Arlecchino
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« Risposta #105 inserito:: Settembre 12, 2018, 05:27:49 pm »

Per l'Italia che non ha paura - Insieme per il nostro futuro

Pubblico · Organizzato da Partito Democratico

Domenica 30 settembre dalle ore 14:00 alle 17:00
Piazza del Popolo, 00187 Roma RM, Italia

Dettagli
Scendiamo in piazza per costruire un'alternativa alla politica dell’odio, del declino, dell'isolamento e della paura. Scendiamo in piazza perché tante persone vogliono un Paese diverso: più giusto, più forte, più solidale, aperto al mondo e al futuro. Le paure e le preoccupazioni che hanno i cittadini vanno riconosciute e possono essere superate soltanto insieme; soltanto unendo le forze perché nessuno si senta solo. Scendiamo in piazza perché costruire questa alternativa democratica è il nostro impegno.

Vogliamo riorganizzare il campo delle forze progressiste, un progetto ampio, aperto a tutti i cittadini, le organizzazioni, le realtà sociali che credono nei valori dell'uguaglianza, della solidarietà, della multiculturalità, della scienza e di una crescita più giusta in coerenza con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Per questo dobbiamo ricostruire un progetto capace di animare le intelligenze, i sogni, le passioni, la fiducia nel futuro soprattutto dei giovani, delle ragazze e dei ragazzi che devono essere i protagonisti dei prossimi anni.

Ogni giorno che passa diventano sempre più evidenti i pericoli del governo giallo-verde, alla cui inaffidabilità gli italiani rischiano di pagare un prezzo molto alto.

Un "prezzo" economico perché le fatiche e i sacrifici di cittadini, famiglie e imprese sono messi a rischio dall’irresponsabilità di un esecutivo ideologico, nemico degli investimenti e dello sviluppo, piegato agli interessi di chi vuole un paese più debole ed esposto all’instabilità finanziaria.

Un "prezzo" sociale e culturale perché le politiche di questo Governo rischiano di alimentare divisioni e rancore nelle nostre comunità, a partire da chi è in difficoltà.

Dietro la propaganda e il clamore sui social, oltre lo sdoganamento del razzismo, le scelte di fondo di questo Governo portano a un impoverimento dei ceti medi e a un arricchimento di chi ha già di più, come accadrà con la flat tax.

La scuola ricomincia nel caos “vaccini” creando inquietudine nelle famiglie, in particolare quelle con bambini immunodepressi: siamo al fianco delle famiglie, degli insegnanti, dei presidi, dei medici e ribadiamo che sulla salute dei più piccoli non si scherza. Noi crediamo nella scienza e nel lavoro di medici e ricercatori, mentre il Governo asseconda fanatismi medioevali. Nello stesso tempo, ribadiamo l’urgenza di un rinnovato impegno educativo contro l’intolleranza proprio a partire dalle scuole.

In politica estera questo Governo simpatizza con Orban, Putin, Trump e con i nazionalisti di ogni provenienza e sceglie apertamente la linea della distruzione dell’Unione europea. Una scelta che rischia di indebolire drammaticamente il nostro paese perché gli interessi di tutti gli italiani, oggi e in futuro, si possono proteggere e promuovere soltanto dentro il progetto comunitario.

Noi lavoriamo per un'Europa che assicuri diritti comuni inviolabili: diritto al lavoro e a un reddito che consenta di vivere, diritto all'assistenza sanitaria, diritto all'istruzione e alla formazione, diritto alla sicurezza, diritto a respirare un’aria più pulita e mangiare un cibo più sano. Oltre l’ideologia dell’austerità che tanto male ha fatto in questi anni.

Noi non dimentichiamo che proprio l’Europa è nata per garantire pace e giustizia e fino a qui ha consentito a milioni di persone di vivere senza guerre e conflitti. Lo dobbiamo ricordare a maggior ragione ora, guardando anche ai conflitti aperti nel Mediterraneo a cominciare dalla preoccupante situazione in Libia.

L’Italia deve guidare il cambiamento europeo al pari degli altri grandi paesi fondatori, non può ridursi ad essere il teatro delle scorribande di altre potenze globali che hanno interesse a indebolire l’Europa.

L’Italia deve costruire una prospettiva di equità, di giustizia e di solidarietà, oltre le paure e il rancore.

Per queste ragioni diamo appuntamento a tutti coloro che credono in un Paese diverso per Domenica 30 settembre alle ore 14 a Roma a Piazza del Popolo.

Sarà il primo passo di una stagione di partecipazione e d’impegno. Con il PD e tanti altri. Per l’Italia, per il nostro futuro.

Da - https://www.facebook.com/events/2273435196224266/?notif_t=event_calendar_create&notif_id=1536156513289970
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« Risposta #106 inserito:: Ottobre 14, 2018, 05:57:27 pm »

Pd, Martina a Piazza Grande: "Gli avversari a destra, restiamo uniti".

Zingaretti: "Dobbiamo salvare l'Italia"

Di ALBERTO CUSTODERO
13 ottobre 2018

"Sono qui per ascoltare, è giusto che un segretario vada ad ascoltare le proposte che ci sono. Ce ne saranno altri di questi appuntamenti, l'importante è tenere presente che il nostro avversario è la destra, ci serve unità e apertura. Tutti contribuiscano". Lo ha detto Maurizio Martina arrivando a 'Piazza Grande', l'evento promosso da Nicola Zingaretti nel week end a Roma alla Ex Dogana, la kermesse organizzata dal governatore del Lazio per lanciare la sua candidatura al congresso Pd. Credo che noi dobbiamo offrire all'Italia una nuova speranza, chi ha vinto le elezioni il 4 marzo ci è riuscito, è giusto ammetterlo, ma ha iniziato a tradire quella fiducia".

"Volevano un Paese con meno povertà e più giustizia, in pochi giorni stanno distruggendo le speranze di tantissimi italiani, colpendo e massacrando soprattutto le giovani generazioni. Quindi sarà un cammino lungo, perchè non sarà facile, ma bisogna combattere perchè ce lo chiede questo Paese, ripeto, per voltare pagina costruendo una nuova speranza e salvare l'Italia", ha aggiunto Zingaretti.

"Lavoriamo insieme, l'avversario è la destra, dobbiamo essere uniti e aperti", ha ribadito il segretario del Pd sottolineando il fatto che "la pluralità dei candidati al Congresso non deve far paura". "C'è una battaglia fuori di noi, per questo va ascoltato chiunque scommette sulle prospettive del Pd. C'è una destra che vuole uscire dall'euro, che soffia sulle paure, come dimostra anche oggi il caso della mensa dei bimbi a Lodi".

A proposito del dibattito interno al partito (e alle spaccature che si stanno delineando) sulla candidatura alle primarie per la segreteria, Martina ha precisato: "La mia candidatura? Io sto lavorando, faccio il segretario del Pd e intanto che lo faccio provo a svolgere il mio compito per tutti, come è giusto che sia. Poi si vedrà".

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/10/13/news/pd_martina_a_piazza_grande_gli_avversari_sono_fuori_noi_restiamo_uniti_-208855204/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr
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« Risposta #107 inserito:: Ottobre 29, 2018, 11:20:49 am »

IL FUTURO DEL PARTITO

Pd, Martina si dimette e fissa l’assemblea al 11 novembre in vista del Congresso
Di redazione Roma 28 ottobre 2018

Martina annuncia le dimissioni da segretario del Partito democratico e, di fatto, avvia la stagione congressuale. «Si completa oggi il mandato che ho ricevuto all’Assemblea nazionale di luglio - ha detto il leader dem chiudendo il Forum tematico organizzato a Milano -. Nei prossimi giorni com’è giusto che sia, con la segreteria nazionale, noi concluderemo questa fase, perché questo era il mandato». Martina ha poi indicato nell’11 novembre la data “buona” per svolgere l’Assemblea nazionale che dovrà portare al Congresso.

La partita del congresso
«Il congresso è utile - ha detto il segretario uscente tra gli applausi - il tema è come lo viviamo. Sono convinto che non dobbiamo temere il confronto, il confronto è lo strumento dell’unità. Non siamo uniti quando non ci confrontiamo. Penso che il congresso possa essere uno strumento utile, e anche le primarie, sono un grande strumento. Sta a noi decidere come utilizzare questo passaggio». Martina insomma va al punto: il congresso non deve essere vissuto come una stagione di nuove divisioni ma come un confronto sano sulla rotta che il partito deve seguire.

«Credo che il nostro congresso sia un’occasione per fare valere ciò che ci manca per sviluppare un’alternativa che muove dal Pd ma che inevitabilmente va oltre di noi. C’è una disponibilità, lo abbiamo visto a Riace, a Lodi, ieri in piazza del Campidoglio» incalza. «Questo partito ha delle energie - ha aggiunto - l’alternativa è più grande di noi e possiamo organizzarla; a partire dalle Europee, poi la formula la troviamo. Qualcosa avanza, qualcosa può essere spostato oltre il confine che rappresentiamo. Sono convinto che con la fatica di tanti, una prospettiva progressista e europeista batterà questo mostro che si aggira per l’Europa e che vuol distruggere il nostro futuro».

LA RICANDIDATURA DEL SEGRETARIO E L’INCOGNITA MINNITI  27 ottobre 2018
Martina pronto alle dimissioni, al via il congresso del Pd
Le risposte mancate
Nelle parole conclusive del segretario non manca tuttavia l’autocritica personale e collettiva. «Io sono orgoglioso del lavoro fatto in questi anni - dice Martina -, ma proprio perché sono orgoglioso sono il primo ad essere irrequieto per le risposte mancate, non per dare la responsabilità a uno di noi ma per prendermi una corresponsabilità. Abbiamo avuto mancanze e limiti. Così si organizza un riscatto, non per mettere in discussione tutto. Sapere che quello che hai fatto è un patrimonio, ma devi costruire un orizzonte nuovo». Infine traccia la sua linea: «In questa due giorni sono emerse alcune parole chiave di un riformismo radicale. Io non sono un rivoluzionario, ma la radicalità è tratto necessario della sfida che abbiamo davanti». La conclusione viene infine affidata alle quattro parole su cui si incentra la carta dei valori del Pd: Emancipazione, Lavoro, Ecologia e Cittadinanza. La partita per la nuova leadership è ormai avviata.

© Riproduzione riservata

Da - https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-10-28/martina-annuncia-dimissioni-l-11-novembre-l-assemblea-che-portera-congresso-145756.shtml?utm_term=Autofeed&utm_medium=FBSole24Ore&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR0IhGQiI9sFNn7GAEtdHLOWutUuMrR0BSfsGuAVJIiKu0P7II0Jo0RD8uU#Echobox=1540743942
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« Risposta #108 inserito:: Novembre 12, 2018, 05:04:42 pm »

Tommaso Ederoclite

27 ott

"La fattoria degli animali" a 5 Stelle

Da quando i 5 Stelle sono al governo, George Orwell viene spesso in aiuto per comprendere le dinamiche politiche di questo governo.

Penso spesso a "1984" quando rifletto sulla coercizione e il controllo che esercita Casaleggio sui suoi parlamentari nazionali ed europei, alla piattaforma Rousseau della quale sappiamo poco, pochissimo in termini di gestione e trasparenza. Penso alla neolingua, quando si cerca di far passare un "condono fiscale" per una "pace fiscale" e al terribile ossimoro '"obbligo flessibile" sui vaccini. E potrei andare avanti.

In questi giorni, il romanzo del famoso scrittore britannico che più mi torna in mente è "La fattoria degli animali".
Per chi non lo conoscesse, il romanzo è interamente ambientato in una fattoria, dove gli uomini governano sfruttando gli animali e tenendoli in condizione di schiavitù, metafora dunque di un sistema politico marco, corrotto e dedito allo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Gli animali, stanchi dello sfruttamento dell'uomo, si ribellano.
Dopo aver cacciato lo sfruttatore, tutti insieme democraticamente decidono di dividere il risultato del loro lavoro della fattoria seguendo il principio "da ognuno secondo le proprie capacità, a ognuno secondo i propri bisogni".
Il sogno degli animali però svanisce quando i maiali, meglio organizzati rispetto agli altri animali e ideatori della rivoluzione, prendono il potere, trasformandosi in sfruttatori simile e peggio dell'uomo.

Ecco, la metafora che Orwell ci ha donato in questi mesi calza a pennello.
Il MoVimento 5 Stelle, nato da un sogno di una rivoluzione dei cittadini, dall'uno vale uno, dalle promesse di cambiamento e prosperità sono diventati velocemente i "maiali" di Orwell.
Il condono fiscale, che loro tanto si sforzano di definire come pace fiscale, definito da Savona come una "redistribuzione del reddito dai ricchi verso i poveri", non è altro che una manna dal cielo per i grandi evasori. Cercano di raccontare che 100 mila euro evase all'anno su 5 anni, quindi 500 mila euro, siano una piccola evasione.
Il condono ad Ischia, che si ostinano a dire che è una mano alle case colpite dal terremoto nel 2017, non è altro che la sanatoria di case abusive in un territorio già profondamente devastato dall'abusivismo che accoglie e rilancia i tanto odiati vecchi condono Craxi e Berlusconi.
Mentre in campagna elettorale Di Maio urlava dai palchi che, nel caso di condono ad Ischia, avrebbe addirittura fatto la tessera del PD.

L'ILVA, fortunatamente rimasta aperta, è stata uno dei cavallo di battaglia dei 5 Stelle, ne promettevano la chiusura un giorno sì e l'altro pure, mentre qualcuno si sgolava a dirgli che era uno sciocchezza.

La TAP, notizia di queste ore, alla fine sarà fatta. Mentre tutti i candidati 5 Stelle durante questi anni hanno inveito contro i Governi (l'uomo sfruttatore) facendosi foto, selfie e video dove un esagitato Di Battista sosteneva di poterla chiudere in due settimane.

Il dimezzamento degli stipendi dei parlamentari, nel comizio di chiusura della campagna elettorale, Luigi Di Maio aveva presentato ai cittadini "il primo decreto del primo Consiglio dei ministri del governo 5 Stelle".
Per non parlare della ricapitalizzazione delle banche in discussione in queste ore, che sarà la vera tagliola che sancirà il passaggio conclusivo della parabola dei 5 Stelle da "rivoluzionari" a "maiali", sempre seguendo la metafora di Orwell.

E di promesse per arrivare al potere ve ne sono tante, tantissime altre.
Ora, consapevole che governare è difficile anche da prima che arrivassero i 5 Stelle e la Lega al governo, la lezione di Orwell è stata chiara ma ancora oggi miete vittime.

Orwell ne "La fattoria degli animali" diceva a tutti con estrema semplicità che bisogna diffidare dai "maiali", coloro che promettono troppo e poi alla fine si dimostrano se non simili peggio dell'"uomo sfruttatore", sostenendo che “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”.

Ecco, parafrasando Orwell, "uno vale uno, ma uno vale più degli altri".

 27 ottobre 2018 
Da - http://gesellschaft.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/10/27/la-fattoria-degli-animali-a-5-stelle/?fbclid=IwAR2kSDYE83_pW0RJtNLAurtAelB-2fxOm9mSRsOXQlynMfV37sdp0daC35E

Note.
Tommaso Ederoclite
Politologo, segreteria Pd Napoli

Nato a Napoli nel ’77. Una laurea, un dottorato di ricerca, qualche insegnamento, diverse consulenze. Politologo ed esperto di comunicazione politica. Ho lavorato come spin doctor, ghost writer e consulente politico in diverse campagne elettorali, in particolare quelle online e sui social media.
Sin dal 1999 mi occupo di comprendere gli effetti dell’innovazione tecnologia sulla qualità della democrazia.
Attualmente rivesto l’incarico di portavoce con delega alle riforme istituzionali, alla comunicazione, ricerca, università e formazione presso la segreteria del Partito Democratico di Napoli.
Ho scritto e scrivo per diverse riviste e testate nazionali come l’Huffington post, Europa Quotidiano, Linkiesta e ValigiaBlu.
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« Risposta #109 inserito:: Dicembre 01, 2018, 11:28:41 pm »

C'è un candidato segretario in meno ma nel Pd si litiga sempre di più
Rinuncia Richetti: farà il ticket con Martina.
La mossa però non aumenta la coesione interna al partito. Anzi

Di PAOLO MOLINARI
28 novembre 2018, 08:31

Per Matteo Richetti il congresso del Pd finisce qui: l’ex portavoce della segreteria Renzi ritira la sua candidatura a favore di quella di Maurizio Martina, con cui è pronto il “ticket”. L’annuncio arriva di buon mattino con un post su Facebook in cui Richetti spiega quanto gli costi fare questo passo, ma che lo ritiene il più giusto ai fini di preservare quell’unità del partito che la Piazza del Popolo ha chiesto all’allora segretario Martina. E a Martina, Richetti promette lealtà e assicura di mettere a disposizione il patrimonio di consensi che ha guadagnato in quasi due mesi di campagna congressuale. In cambio, il senatore emiliano chiede a Martina “radicalità e coraggio”.

Qualcuno non gradisce
L’ex segretario, già ministro dei governi Renzi e Gentiloni, risponde a stretto giro sottolineando la necessità di essere “somma e non divisione” e riconoscendo che, il gesto di Richetti, si muove proprio in questa direzione. Per questo l’endorsement di Richetti è destinato a trasformarsi in un ticket, simile a quello che vide Martina sostenere Renzi al congresso 2017.

La scelta di Richetti ha fatto subito pensare a una mossa per tagliare la strada a Nicola Zingaretti, ancora primo nei sondaggi. È la senatrice Monica Cirinnà a sottolineare che "la decisione di Matteo Richetti di andare in ticket con Maurizio Martina chiarisce tanti equivoci più che adombrati nei giorni scorsi. La storia comune come portavoce di Renzi dell'uno e di vicesegretario di Renzi dell'altro va così a riunirsi in una proposta politica in piena continuità con il renzismo del passato".

Parole che accendono gli animi fra i renziani e non solo. Il deputato Michele Anzaldi, dopo aver ricordato che “Renzi ha vinto le primarie per due volte con la maggioranza schiacciante di quasi il 70 per cento dei votanti” invita a non trasformare il dibattito congressuale “nell’ennesima occasione per attaccare Renzi”.

C’è un piano per fermare Zingaretti?
Per l’ex vice presidente Pd, il deputato Andrea De Maria, la “logica utilizzata” da Cirinnà “non funziona più nel Partito Democratico. Se ci sono persone che uniscono le loro forze per una prospettiva comune, questo è un bene. Basta pregiudizi e basta divisioni”.

I sostenitori di Nicola Zingaretti, tuttavia, non cedono e ribadiscono la teoria del piano per fermare il governatore del Lazio: "Richetti, ex portavoce di Renzi, si ritira per fare il ticket con Martina, ex vice segretario di Renzi. A loro si aggiunge Minniti, candidato direttamente dalla corrente renziana. Ormai è chiaro, l'unico che può cambiare tutto è Nicola Zingaretti", scrive su Twitter Stefania Gasparini, assessore di Carpi e presidente del Pd nel modenese.

Un cognome che conta
Anche l’ex ministro ed ex parlamentare europeo Pd, Luigi Berlinguer prende posizione: annunciando il suo “convinto sostegno a Nicola Zingaretti”, Berlinguer rileva come il richiamo al “Noi contro l’Io”, slogan utilizzato da Martina per il lancio della sua candidatura, “era già presente nella piattaforma congressuale del 2017”, quando Renzi e Martina si candidarono in ticket: “Un richiamo che è stato gettato alle ortiche”, conclude Berlinguer.

Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it

Da - https://www.agi.it/politica/pd_primarie_segreteria-4679329/news/2018-11-28
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« Risposta #110 inserito:: Dicembre 01, 2018, 11:33:49 pm »

Congresso Pd, Martina presenta la candidatura: "L'io ci ha fatto male, il noi è il futuro"
Il segretario uscente parla di un progetto di rilancio del partito e della sinistra partendo dalla partecipazione dal basso.
"Dobbiamo fare un congresso oltre i capetti e i capi-bastone".
E all'accusa di favorire Minniti, risponde " No, rompo gli schemi"

22 novembre 2018

ROMA -  "Mi candido e ci candidiamo al plurale, con l’idea di portare al Pd una squadra di uomini e donne che hanno voglia di lavorare insieme e pensare al futuro dell'Italia, investendo sulla partecipazione.  La nostra sarà una candidatura di squadra perché non riesco a pensare a questa sfida al di fuori del noi. L'io ci ha fatto male, il noi è il futuro". 

Maurizio Martina fa il primo passo della sua campagna congressuale in una sezione di San Lorenzo a Roma. Dove inizia facendo l'elogio della militanza. "Ci tenevo tantissimo a dare un segno di normalità e coerenza. Partire da un circolo del Pd significa, ricordare ringraziare l'impegno, la militanza, l’attenzione e la passione che i nostri militanti hanno sempre garantiamo al nostro partito. 

Ad ascoltarlo ci sono Graziano Delrio, Debora Serracchiani, Carla Cantone, Andrea De Maria,  "Dobbiamo inchinarci  - continua - a questa passione e all'impegno dei nostri militanti. Ho scoperto la bellezza della politica in una sezione e rivendico con orgoglio questa storia", spiega l'ex segretario dem.

Secondo Martina, "siamo nelle ore delicate di una procedura d'infrazione provocata dal governo. E' un rischio per gli italiani. E' per questi che dobbiamo fare un congresso per l'Italia, un congresso oltre i capi e capetti e capi bastone".

L'ex segretario cerca di uscire dal recinto del partito. Sono appena usciti sondaggi che lo vedono terzo, dietro Zingaretti e Minniti. E allora Martina dice: "Dobbiamo chiamare a raccolta le piazza che si sono mobilitate in queste settimane sapendo che lo spirito collaborazione con quelle istanze ci riguarda. "

Credo a un congresso che eviti la trappola dei veti e dei contro veti, che si misuri nella battaglia delle idee.- spiega - Un congresso che liberi le energie, che deve chiamare al centro giovani e donne. Senza donne e giovani la sinistra non è cambiamento".

Parla del bisogno di "mettere in campo un riformismo radicale". E indica l'abrogazione della Bossi-Fini come la prima grande battaglia su cui impegnare il partito. Pena ad un partito di giovani e donne. Perchè la questione di genere - dice - ha un suo peso.

E a chi dentro il partito gli fa notare che la sua candidatura favorisce Marco Minniti, risponde: ""Noi con orgoglio rompiamo gli schemi e diciamo che il confronto è libero. Nessuna regola può vincolare questo confronto, I nostri militanti sapranno stupirci, il congresso sarà un pezzo di costruzione per definire una alternativa alla desta e al baratro verso cui ci stanno portando lega e 5 Stelle".

Da - https://www.repubblica.it/politica/2018/11/22/news/congresso_pd_martina_presenta_candidatura-212306609/?ch_id=sfbk&src_id=8001&g_id=0&atier_id=00&ktgt=sfbk8001000&ref=fbbr
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« Risposta #111 inserito:: Dicembre 03, 2018, 04:02:36 pm »

Pd, chi sta con chi

Pubblicato il: 03/12/2018 07:24

A volerla raccontare come un calciomercato, il vincitore della campagna acquisti del congresso dem è Nicola Zingaretti. Ha strappato big, qualche fedelissimo, intere correnti alla imponente maggioranza renziana che ha retto il Pd negli ultimi anni. Areadem di Dario Franceschini è passata quasi in toto con il governatore del Lazio. Come l'ex premier Paolo Gentiloni. Gli ex ministri Andrea Orlando e Roberta Pinotti, l'ex capogruppo al Senato, Luigi Zanda. Solo per fare qualche nome.

E pure Maurizio Martina ha centrato diversi nuovi innesti in squadra. Dai Giovani Turchi di Matteo Orfini, presidente Pd nell'era renziana, a Matteo Richetti, Graziano Delrio, Debora Serracchiani fino ad arrivare a Tommaso Nannicini, consigliere economico di Renzi a palazzo Chigi. Al netto dei riposizionamenti, però, quello che resta della maggioranza di un tempo, non è poco e punta su Marco Minniti. Se l'ex premier si tiene lontano dalla battaglia congressuale, i suoi stanno lavorando per l'ex ministro dell'Interno. Tanto che viene confermato il ruolo di Luca Lotti, come anticipato dall'AdnKronos, come coordinatore della mozione.

MINNITI - Minniti ha dalla sua il 60% dei gruppi parlamentari, 548 sindaci che hanno sottoscritto la sua candidatura, personalità che hanno avuto un ruolo di primo piano nel Pd in questi anni: non solo Lotti, ma Lorenzo Guerini, Ettore Rosato, Antonello Giacomelli per citarne alcuni. Un quadro movimentato, dunque, in cui per la prima volta nei dieci anni di vita del Pd, non c'è un vincitore precostituito. E sebbene Zingaretti parta da favorito, l'esito delle primarie non è affatto scontato. E non è scontato neanche che uno dei candidati raggiunga il 51% ai gazebo. In questo caso sarà l'assemblea dei delegati (eletti in modo proporzionale nelle liste a sostegno dei candidati) a decidere.

ZINGARETTI - Zingaretti, dunque, come vincitore della campagna acquisti al congresso. Big e capicorrente, da cui parte una filiera che si ramifica sul territorio, tra dirigenti e amministratori locali: l'appello per il presidente della Regione Lazio è stato sottoscritto da oltre 200 sindaci. Fino ad arrivare a 'pescare' anche nella cerchia dei renziani della prima ora. E' il caso di Rosa Maria Di Giorgi, ex vicepresidente del Senato, o Elisabetta Gualmini, vicepresidente dell'Emilia-Romagna, che si sono congedate dal loro passato di ultra-renziane e sono sbarcate sul fronte Zingaretti.

MARTINA - Sul fronte Martina sono invece sbarcati i Giovani Turchi di Orfini. L'ex presidente del Pd, immortalato con Renzi al Nazareno (foto di Filippo Sensi) alla Playstation durante lo spoglio delle regionali 2015, ora gioca un altro match. Come Tommaso Nannicini, pezzo da novanta degli anni del renzismo. C'è poi il ticket con Matteo Richetti che porta a Martina anche l'appoggio dei cosidetti 'renziani non allineati'. Graziano Delrio, capogruppo dem alla Camera, ha lavorato all'operazione. Pure il cuperliano Andrea De Maria è già della partita, in attesa si pronunci lo stesso Cuperlo.

E altri nomi potrebbero arrivare. Ci sono i presidenti di regione, per dire. Per ora si sono schierati solo l'umbra Catiuscia Marini con Minniti e il marchigiano Luca Ceriscioli con Zingaretti. Ambienti renziani danno Vicenzo De Luca e Sergio Chiamparino vicini all'ex ministro dell'Interno. Dal fronte Zingaretti, invece, si confida sull'appoggio del calabrese Mario Oliverio. No news sull'emiliano Stefano Bonaccini. E, al momento, non è arrivato neanche alcun endorsement da Michele Emiliano. Sebbene in corsa ci sia il 'suo' Francesco Boccia.

Frutto delle liste fatte da Renzi segretario, i parlamentari che fanno capo al senatore di Scandicci sono la stragrande maggioranza. E di conseguenza nei gruppi dem, il candidato più forte è Minniti. Su 111 deputati, una sessantina stanno con l'ex ministro. A palazzo Madama su 52 senatori, 30-32 sono con Minniti.

A Montecitorio schierati con l'ex titolare del Viminale ci sono Alessia Rotta, Emanuele Fiano, Alessia Morani, Anna Ascani, Michele Anzaldi, Francesca Bonomo, Maria Elena Boschi, Enrico Borghi, Laura Cantini, Stefano Ceccanti, Piero De Luca (figlio di Vincenzo), Roger De Menech, Marco Di Maio, Silvia Fregolent, Davide Gariglio, Roberto Giachetti, Antonello Giacomelli, Lorenzo Guerini, Luca Lotti, Pietro Navarra, Luciano Nobili, Raffaella Paita, Stefania Pezzopane, Patrizia Prestipino, Ettore Rosato, Ivan Scalfarotto, Andrea Romano, Andrea Rossi, Filippo Sensi.

Al Senato con Minniti ci sono il capogruppo Andrea Marcucci, Caterina Bini, Caterina Biti, Stefano Collina, Daniele Manca, Giuseppe Cucca, Davide Faraone, Valeria Sudano, Francesco Bonifazi, Nadia Ginetti, Laura Garavini, Simona Malpezzi, Salvatore Margiotta, Eugenio Comincini, Alessandro Alfieri, Luciano D’Alfonso, Alan Ferrari, Valeria Fedeli, Andrea Ferrazzi, Leonardo Grimani, Francesco Giacobbe, Mauro Laus, Ernesto Magorno, Mauri Marino, Dario Parrini, Edoardo Patriarca, Gianni Pittella, Daniela Sbrollini, Dario Stefano, Vito Taricco, Mino Vattuone.

Numeri più contenuti per Zingaretti: alla Camera punto di riferimento della mozione è Paola De Micheli, ex area Martina ed ex commissario per il terremoto, poi c'è l'ex premier Paolo Gentiloni, quindi i deputati di Areadem a partire da Dario Franceschini e Piero Fassino passando per Chiara Braga e Alberto Losacco, Andrea Orlando e i suoi come Michele Bordo, anche Walter Verini e Roberto Morassut (area Veltroni) sono con il governatore del Lazio come Gianluca Beneamati. Al Senato con Zingaretti sono schierati Franco Mirabelli, Bruno Astorre, Monica Cirinnà, Antonio Misiani, Anna Maria Parente, l'ex-ministro Roberta Pinotti, Francesco Verducci, l'ex capogruppo Luigi Zanda.

Maurizio Martina può contare alla Camera sul sostegno del capogruppo Graziano Delrio, Matteo Mauri, Carla Cantone, Luca Rizzo Nervo, Matteo Orfini, Chiara Gribaudo, Debora Serracchiani. Al Senato ci sono Matteo Richetti e Tommaso Nannicini.

Per quanto riguarda i sindaci, la 'gara' sul numero di firme a sostegno della candidatura l'ha vinta Minniti su Zingaretti. Sia nei numeri che nella 'qualità', intesa come primi cittadini di città di peso. Sui numeri siamo 500 a 200 circa. E sull'importanza delle città, Zingaretti può contare sul sindaco di Bologna, Virginio Merola. Minniti su quello di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà; di Bari, Antonio Decaro; di Firenze, Dario Nardella; di Pesaro, Matteo Ricci, di Mantova, Mattia Palazzi; di Ancona, Valeria Mancinelli; di Salerno, Vincenzo Napoli; di Bergamo, Giorgio Gori.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Adnkronos.

Da - https://www.adnkronos.com/fatti/politica/2018/12/03/chi-sta-con-chi_tei6R8st2l1OtqIH1E4bLN.html
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« Risposta #112 inserito:: Febbraio 03, 2019, 08:57:47 pm »

Primarie Pd, scontro sui numeri.
In testa nei circoli c’è Zingaretti, ma non basta: “Stop polemiche, la partita è aperta”
Il candidato alla segreteria e presidente del Lazio, quando ancora mancano i dati ufficiali, ha ottenuto tra il 47 e il 49 per cento dei voti.

Se avesse superato il 50, si sarebbero evitate le primarie nazionali.
Braccio di ferro con l'area vicina a Martina su casi contestati in Campania e Sicilia

Di F. Q. | 29 Gennaio 2019

Percentuali che ballano, voti annullati e ricorsi. In attesa dei risultati definitivi delle primarie nei circoli, il Partito democratico fa i conti con tensioni interne e malumori. Secondo fonti vicine al candidato Nicola Zingaretti infatti, il presidente del Lazio è in testa con il 49,1 per cento delle preferenze e lo sfidante Maurizio Martina è fermo al 35,1 per cento. Per l’area vicina all’avversario invece, Zingaretti sarebbe al 47 per cento e Martina al 36. Se Zingaretti avesse superato il 50 per cento delle preferenze, si sarebbe potuto non fare le primarie nazionali. Ma, salvo sorprese, a questo punto si dovrà andare al voto: “Basta polemiche e divisioni sui dati”, ha detto in una nota Zingaretti. “Aspettiamo quelli ufficiali che sono sicuro saranno forniti nella massima trasparenza il prima possibile. Sono molto contento del risultato ottenuto sulla mia proposta politica, ben oltre ogni più ottimistica aspettativa, e soprattutto dal sostegno e dalla mobilitazione registrati in tutte le regioni d’Italia. Ha ragione Martina: comunque la partita è aperta. Per cambiare completamente questo partito il 3 marzo tutti a votare alle primarie “.

Gli scontri fra l’area Zingaretti e quella Martina – Un messaggio di distensione quindi, che però stride con i commenti off the records che arrivano dall’area vicina a Zingaretti: “Il punto è questo, o ci imputiamo e stravinciamo. Oppure lasciamo perdere, vinciamo comunque con 11 punti di scarto e aspettiamo i dati definitivi…”. Per l’area Zingaretti, comunque, il voto tra gli iscritti è stato oltre ogni aspettativa: “Dicevano che avremmo perso e invece abbiamo ribaltato tutti i pronostici. Non superiamo il 50%? Ogni volta che lo ricordano, ci fanno un favore così potremmo chiedere a tutti di venire ai gazebo e fare un ultimo sforzo per avere un segretario eletto alle primarie il 3 marzo”. L’ala avversaria, che fa capo appunto a Martina, si dice invece comunque soddisfatta: “Alla fine Zingaretti chiuderà con circa 80mila voti, oltre 12mila dei quali presi nel ‘suo’ Lazio”. Mentre arrivano i voti degli ultimi Circoli che hanno votato al Congresso del Pd, nei capannelli di parlamentari che sostengono Maurizio Martina si tira un sospiro di sollievo: “Si può dire, in sostanza, pericolo scampato…”. Secondo i dati in possesso di fonti parlamentari che al Congresso appoggiano Martina, il risultato di Zingaretti non è distante da quello ottenuto tra gli iscritti da Andrea Orlando che, nel Congresso precedente del 2017, complessivamente arrivò a circa 66mila voti (contro i 175 mila circa di Matteo Renzi, allora vincitore). “Al di fuori del Lazio, il risultato di Zingaretti pareggia praticamente ovunque quello dell’ex ministro della Giustizia”, dicono i parlamentari vicini a Martina. Un deputato fiorentino, in particolare, alla Camera cita alcuni numeri: “In Toscana, dove arriva primo, Zingaretti prende 8400 voti, 200 in meno degli 8600 che a Orlando valsero il 30% nel 2017”. E ancora: “In Umbria il governatore del Lazio prende circa 1700 voti contro i 1600 raccolti da Orlando due anni fa; in Liguria 200 circa per Zingaretti, 400 in più per Orlando”. Dalle parti dei sostenitori della mozione Martina, poi, il ‘verdetto’ risulta chiaro accostando i voti presi da Zingaretti a quelli presi dagli altri due candidati finiti sul podio, Martina e Giachetti: “Vuol dire che l’area renziana e riformista è ancora in maggioranza nel Pd“, sottolinea un senatore dem.

I circoli e le cifre contestate – Braccio di ferro tra l’area Zingaretti e quella Martina è soprattutto sui congressi di circolo in Campania e Sicilia. Diverse votazioni sono contestate e oggi saranno al centro della riunione della Commissione congresso al Nazareno. Per quanto riguarda la Campania (dove sarebbe in testa Martina soprattutto grazie all’84,3% ottenuto a Salerno, ‘feudo’ di De Luca) mancano all’appello i risultati di 36 circoli: il 28 gennaio sera la commissione regionale ha inviato a Roma un dato incompleto senza i verbali di 36 circoli, circa un terzo dei 126 totali. In Sicilia la faccenda è ancora più complessa. Anche qui Martina sarebbe in testa con il 48% seguito da Zingaretti al 45% ma le percentuali potrebbero cambiare a seconda di come verrà gestito il voto contestato di alcuni circoli. C’è il caso di Trapani dove Zingaretti ha ottenuto l’84,5% ma il presidente della commissione provinciale trapanese (renziano) ha annullato il voto per alcune irregolarità formali. E poi c’è Palermo. Qui il presidente della commissione provinciale, vicino al renziano Davide Faraone, ha annullato il voto di una serie di circoli perché non sarebbe stato consegnato l’incasso delle tessere, circoli in cui l’area Zingaretti sarebbe maggioranza.

Intanto stanno arrivando i dati definitivi delle varie regioni. Zingaretti ha vinto il congresso tra gli iscritti Pd dell’Emilia-Romagna con il 52,1% dei voti. È il dato definitivo delle 562 assemblee di circolo che si sono tenute in queste settimane in tutta la regione con la partecipazione di 16.830 iscritti dem. Zingaretti ha ottenuto 8.697 preferenze contro le 5.407 di Maurizio Martina (32,4%) e le 2.139 di Roberto Giachetti (12,8%). Seguono Maria Saladino (168 voti, 1%), Dario Corallo (146 voti, 0,8%) e Francesco Boccia (114 voti, 0,6%). Ha vinto invece a Napoli e provincia Maurizio Martina, che ha chiuso la primo posto il voto nei circoli per le convenzioni nazionali. Dai dati ufficiali certificati dalla commissione provinciale per il congresso, il segretario uscente esce primo con 4.623 voti, il 53,9% del totale. Al secondo posto Nicola Zingaretti con 2958 voti, equivalenti al 34,5%, terzo Roberto Giachetti con 716 voti, l’8,3%. I dati sui candidati alla segreteria regionale non sono stati certificati dalla commissione: i primi dati che circolano vedono Leo Annunziata, sindaco di Poggiomarino, intorno al 60%, seguito da Armida Filippelli intorno al 25%.

Di F. Q. | 29 Gennaio 2019

Da - https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/29/primarie-pd-scontro-sui-numeri-zingaretti-in-testa-nei-circoli-ma-non-basta-stop-polemiche-la-partita-e-aperta/4933142/
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« Risposta #113 inserito:: Marzo 22, 2019, 11:34:33 pm »

“#APORTEAPERTE CONTRO LE ROTTAMAZIONI”. LA RISPOSTA DI BOCCIA AI “NON ALLINEATI”
   
LETTERE E INTERVENTI
18 gennaio 2019

Pubblichiamo le risposte di Francesco Boccia, candidato segretario del Partito Democratico, alle questioni sollevate dai “non allineati”.

1. Prima di parlare di liste dobbiamo capire quali sono i valori con cui il Pd esce dal congresso. Le liste si fanno sui valori. E i nostri guardano a sinistra. Una cosa è En Marche. Un’altra è una nuova alleanza sociale. In questa fase di capitalismo globale e digitale sempre più aggressivo il riferimento per il PD non può essere il movimento En Marche di Macron, ma il partito laburista di Corbyn e tutte le esperienze europee che mettono in discussione gli assetti superati tra società e mercato per difendere i diritti fondamentali. Dai laburisti inglesi all’esperienza spagnola di Sanchez con Podemos, dai Verdi tedeschi ai socialisti europei in grado di proporre una netta discontinuità con le scelte di questi ultimi cinque anni, soprattutto in Germania e Francia. Il PSE va rifondato e il PD deve impegnarsi a farlo profondamente dall’interno. Dobbiamo essere il partito di sinistra che connette le esigenze dei ceti popolari alle élite. Oggi siamo percepiti come il partito delle Ztl. Il problema non è se facciamo una lista, ma per cosa la facciamo. Se è per unire o se è per prendere qualche voto in più con quelli che poi il giorno dopo si dividono da noi, non ha senso. Io voglio aprire il Pd, il mio è un Pd a porte aperte. Detto questo se mettiamo in campo una lista unitaria, come ai tempi dell’Ulivo, dobbiamo intenderci per fare cosa. Se chi viene ha la nostra visione sull’economia sostenibile, sul no al lavoro a cottimo e sul no al caporalato digitale, sulla scuola aperta a tempo pieno stiamo parlando della stessa alleanza politica. Se invece vengono da noi quelli che hanno una visione diversa allora stiamo parlando solo di un cartello elettorale e io non sono d’accordo.

2. Il PD #aporteaperte che ho in mente è un partito vissuto nei circoli, che tornano sezioni, e in rete, che esalta la sussidiarietà, valorizza le differenze territoriali. Il PD di domani deve avere sezioni e smartphone; piazze, marciapiedi e tablet. In Italia se c’è una cosa che non manca in qualsiasi proposta politica è una cabina di regia. Piuttosto, ricostruiamo un partito che destina il 50% delle risorse ai territori e reperisce le risorse in modo trasparente in ogni campagna per la raccolta del consenso. Un partito che garantisce i propri lavoratori chiedendo a tutte le aree culturali di svolgere attività politica all’interno del partito e non all’esterno, con altre fondazioni o associazioni. Si dovrebbero utilizzare strutture e personale del partito anche per le attività politiche delle diverse aree. Non deve essere più consentita agli iscritti PD la raccolta di fondi o risorse per attività politiche parallele all’attività del PD stesso. Chi crede nel PD concentra il proprio impegno politico, e le risorse finanziarie raccolte, esclusivamente nel partito. Il PD sarà una scuola di formazione politica permanente che ci proietterà nel cuore del terzo millennio, per riacquistare gli strumenti e la forza necessari a una visione politica di avanguardia. Il PD sarà anche una piattaforma open source, trasparente, che in questo congresso i sostenitori della mozione #aporteaperte chiamano HackItaly. La sperimentazione della piattaforma è già in corso e sarà donata al Partito indipendentemente dal vincitore delle primarie. Ovviamente, se ne condividerà le finalità. Sono disponibile a promuovere raccordi territoriali tra le federazioni del nord per la questione settentrionale, così come è necessario un raccordo delle federazioni del Mezzogiorno.

3. Sull’ambiente la nostra posizione deve essere radicale: lotta al consumo del suolo, sostegno fiscale a chi riduce le emissioni di CO2 nell’aria e sanzioni a chi le aumenta; economia circolare come modello di sviluppo sostenibile. Nella riforma del Bilancio dello Stato, approvata nel 2016 con oltre l’80% dei voti parlamentari, abbiamo inserito come allegato al Def, il BES (indicatori di Benessere equo e sostenibile), 12 indicatori, condivisi, misurabili e valutabili da un anno all’altro che permettono di misurare il reale impatto delle politiche pubbliche sulla vita quotidiana. È stato fortemente voluto da PD e dobbiamo rivendicarlo. Infrastrutture, piccole e grandi opere sì ma a patto che rispettino l’ambiente, che vengano fatte al Nord come al Sud. Se vogliamo garantire una politica industriale moderna porti, aeroporti e la fibra ultra veloce devono rappresentare quello che rappresentò l’autostrada del sole nel dopoguerra, unendo nord e sud.

4. Se il giovane va veloce, il vecchio conosce la strada – Dobbiamo costruire un partito che superi il concetto, sbagliato, della rottamazione. Perché l’esperienza è, prima di tutto un inestimabile valore. Gli anziani (over 65) sono oggi un quarto della popolazione italiana. Ogni due genitori il Paese avrebbe bisogno almeno di due bambini invece gli italiani sono a 1,2. La situazione per chi decide di metter su famiglia con molti figli è drammatica, dovremmo solo ringraziarli e pagarli di tasca nostra. Dobbiamo prevedere un sostegno concreto alle famiglie con più di due figli, ricordando a tutti che le famiglie che contribuiscono concretamente all’aumento della natalità meritano aiuti ulteriori e l’esenzione fiscale piena dal terzo figlio in poi. E per incentivare le nascite dobbiamo garantire alle famiglie, asili nido per tutti, scuole aperte tutto il giorno, da nord a sud. sostegno per ogni necessità dei figli, un “conto scuola” per la vita che accompagni i bambini dal primo giorno di scuola fino alla maturità: 1.000 € l’anno dal primo giorno di scuola fino alla maturità, per libri, mense, trasporti, attività culturali, assistenza per i disabili tutto il giorno; 4°anno di scuola superiore all’estero a carico dello Stato; insegnanti valorizzati per le competenze e per la capacità didattica e pagati quanto i dirigenti pubblici. Ribaltiamo lo Stato sociale.

5. La scuola deve essere il luogo dell’integrazione. I nostri figli sono un’altra umanità, non fanno distinzione per il colore della pelle, per la religione, se hai una famiglia tradizionale oppure no. Per loro l’integrazione è nei fatti. La mia mozione congressuale, #aporteaperte, parla di un PD in grado di coniugare diritti e innovazione perché la sola innovazione, senza diritti, rischia di portarci fuori strada in un mondo con disparità sempre più marcate.  E un partito così non può non esprimersi con chiarezza sull’immigrazione. Le nuove frontiere della sfida globale delle migrazioni sono rappresentate dalla promozione di una strategia di cooperazione allo sviluppo nei Paesi che vivono una grande emigrazione. Nessun muro e filo spinato fermerà un uomo in cerca di futuro per la propria famiglia. Prevenire l’immigrazione irregolare e le morti nel Mediterraneo significa costruire cooperazione con pari dignità con i Paesi med-africani, favorendo uno sviluppo sostenibile che garantisca maggiori opportunità di occupazione. La nuova Legge sulla Cooperazione offre strumenti da valorizzare con trasparenza con i nostri partner nell’area mediterranea e africana. Noi abbiamo il dovere di aiutare chi è in difficoltà. Sempre. Come abbiamo il diritto di rimandare a casa tutti gli irregolari che delinquono. L’Italia deve tornare ad essere, per il mondo intero, il Paese di riferimento del Mediterraneo. E come ricorda lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun: “Siamo sempre lo straniero di qualcun altro. Imparare a vivere insieme è lottare contro il razzismo”.

Francesco Boccia

Da - https://www.glistatigenerali.com/partiti-politici/aporteaperte-contro-le-rottamazioni-la-risposta-di-boccia-ai-non-allineati/
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« Risposta #114 inserito:: Aprile 07, 2019, 07:07:10 pm »

Qualche importante chiarimento sulla Cina e la #viadellaseta

Anna Ascani

La Cina non è una democrazia. E non ha alcuna intenzione di diventarlo. È una dittatura che si è aperta al mercato globale al fine di esercitare su di esso la propria influenza (preferibilmente dominio) in forza della potenza demografica ed economica che è in grado di dispiegare.
Si chiama Repubblica Popolare, ma a governarla è una ristretta cerchia di potere denominata Partito Comunista Cinese. Non esiste ovviamente alcuna elezione propriamente detta. Non esiste alcun processo democratico.
La Cina impedisce a Taiwan di venire riconosciuto come stato democratico, calpesta sistematicamente i diritti dei tibetani e perseguita il Dalai Lama. La Cina non riconosce i diritti umani, né ha alcuna intenzione di fare passi avanti in questa direzione. Nella sfera privata come in quella lavorativa è il governo a decidere ciò che è lecito e ciò che non lo è, esercitando un controllo assoluto su cittadini che sono, nei fatti, sudditi. Le condizioni ed i salari dei lavoratori cinesi sono imbarazzanti.
L’apertura della Cina al mercato ha permesso a milioni di ex contadini di uscire dallo stato di povertà assoluta. Ma nulla è cambiato dal punto di vista della gestione politica. E nulla - quasi certamente - cambierà.

La Cina è una super potenza demografica, industriale, commerciale e tecnologica che da qualche anno si sta espandendo in Africa (comprando, letteralmente, pezzi di continente) per accrescere la propria influenza e la propria ricchezza ed impedire a quelle che in prospettiva potrebbero risultare a loro volta super potenze demografiche (visti i tassi di natalità di alcuni paesi africani) di alzare la testa. Mentre noi discutiamo di come aiutarli a casa loro - ci dividiamo, litighiamo, chiudiamo i porti - la Cina li sta letteralmente comprando. Così che, anche volendo, sarà impossibile aiutarli a casa loro. Perché non ci sarà più casa “loro”.

La Cina ha cominciato a espandersi anche in Europa, acquistando infrastrutture strategiche. Va detto che l’Italia non è il primo Paese europeo che accetta una trattativa bilaterale con la Cina riguardo questi temi. Prima di noi lo hanno fatto altri. Lo hanno fatto in troppi.
Ma è evidente che l’Italia oggi è il tallone d’Achille tra i paesi fondatori: enormemente indebitata, governata da pseudo-nazionalisti incompetenti, in preda alla seconda recessione in dieci anni e alla vigilia di una nuova crisi occupazionale (in 10 mesi sono andati perduti 90mila posti di lavoro).
Firmare oggi quell’accordo significa semplicemente aver accettato di perdere un bel po’ di libertà in cambio di un gruzzolo di soldi.
Può essere che ci vada bene. Ma è giusto saperlo.
Noi siamo una democrazia, siamo un Paese del G7, siamo l’Italia.
Oggi abbiamo avviato l’iter per diventare una provincia cinese.

Il Presidente Xi Jinping non è qui perché gli siamo simpatici, né perché è tifoso dell’Inter (che è solo una delle migliaia di società italiane che i cinesi si sono già comprati). È qui perché siamo la porta d’Europa. Perché siamo la porta dell’Occidente. Perché il suo impero per essere globale ha bisogno di espandersi e dominare anche qui. È questa la “nuova via della seta”: un progetto di espansione commerciale globale fondato sulla posizione dominante della Cina rispetto ai paesi coi quali firma “accordi”. Accettarlo significa accettare di essere subalterni. Grazie a Lega e Cinque Stelle sta accadendo questo. E non sappiamo praticamente nulla di quello che hanno venduto in cambio di qualche soldo per “tirare a campare”.

Non si tratta di scegliere tra USA e Cina. Si tratta di scegliere tra sottomissione e libertà. E sarebbe meglio chiedere ai cittadini italiani cosa ne pensano, magari informandoli adeguatamente, prima di firmare “memorandum”.

Non abbiamo al governo soltanto cialtroni incompetenti.
Ma furbetti pericolosi. Pericolosi.
Oggi più che mai diventa evidente. Oggi più che mai è urgente fermarli.

Da Fb del 23 marzo 2019
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« Risposta #115 inserito:: Aprile 19, 2019, 06:22:13 pm »

Lavoro, investimenti, crescita. Il documento Pd per l’Europa

Focus simbolo PD europee
Punto di partenza per un programma partecipato con le forze sociali e produttive

Nell'incontro con i sindacati di ieri il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti ha un documento con una nuova idea di Europa. Un documento in sei punti che chiede un’Europa della sostenibilità sociale e ambientale, che guardi all’innovazione e alla crescita. E’ chiaro che per rilanciare l’occupazione servono politiche economiche più espansive imperniate su grandi investimenti comuni. E’ necessario dare vita a un vero governo economico europeo, capace di sostenere il lavoro e lo sviluppo e di correggere gli squilibri sociali e territoriali che minano la crescita e la coesione dell’Europa. Per questo non servono solo politiche migliori ma bisogna dotare l’Unione e l’eurozona di strumenti e risorse adeguati. Ma veniamo alle sei proposte contenute nel documento.

1. Un piano straordinario di investimenti per la crescita, il lavoro l’innovazione e la sostenibilità
Il primo punto affronta la questione più delicata: gli investimenti per la crescita. Sì perché i lunghi anni di crisi e il riaffacciarsi della stessa “richiedono un piano straordinario di investimenti in capitale umano, ricerca, infrastrutture, energie rinnovabili, welfare”. Per questo c’è bisogno di una sinergia tra tutti i fondi e gli organismi dell’Ue. I Paesi singolarmente non possono farcela, e solo con un piano serio che parta dall’Europa ci potrà essere una ripresa. Nel documento si individuano tre azioni. Innanzitutto la Banca Europea per gli Investimenti dovrebbe aumentare le proprie emissioni con nuovi Eurobond che verranno acquistati dalla Bce. C’è poi la questione degli investimenti connessi al piano comune europeo che devono essere scorporati dal calcolo del deficit. Quindi non un aumento del deficit generico, ma la possibilità di investire per la crescita in un quadro condiviso. Sempre su questo il documento dice che “i criteri di sostenibilità sociale e ambientale dovranno avere un ruolo prominente nel coordinamento delle politiche economiche nel quadro del semestre europeo”. C’è poi la questione debito da ridurre con “l’emissione di E-bonds da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità con l’obiettivo di ridurre il differenziale del costo del servizio del debito tra gli Stati membri, fino ad arrivare gradualmente a una mutualizzazione di una quota del debito da utilizzare per i progetti di investimento comuni”.

2. Una funzione di stabilizzazione per l’area euro: l’indennità europea di disoccupazione
La piaga disoccupazione, con pesi diversi, è comune in tutta Europa. Quindi la proposta è quella di, come indicato dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo e da numerose istituzioni internazionali, dotare l’area euro di una funzione di stabilizzazione comune, a partire dall’erogazione di una indennità europea di disoccupazione.

3. Finanza per la crescita
La proposta è quella di completare la riforma delle regole dei mercati finanziari per evitare crisi e costosi salvataggi pubblici e per favorire gli investimenti nell’economia reale e di lungo termine. Unitamente a questo il Pd propone di completare l’Unione bancaria attraverso l’introduzione di una garanzia europea sui depositi. “L’integrazione del sistema finanziario europeo – si legge nel documento – deve andare di pari passo con la tutela della sua diversità e con lo sviluppo del progetto della finanza sostenibile”.

4. Contro il dumping fiscale
I Paesi europei devono contrastare l’evasione, l’elusione e il dumping fiscale. Nel documento si propone di tassare i profitti delle grandi multinazionali, a partire da quelle dell’economia digitale, dove sono effettivamente realizzati e non spostati artificialmente in giurisdizioni a bassa tassazione. Molte sono le proposte per evitare queste situazione – come ad esempio la rendicontazione fiscale pubblica paese per paese – ma nel documento si indica una norma fondamentale per superare il dumping fiscale, vale a dire l’introduzione di un’aliquota minima effettiva europea del 18% sulle imprese.

5. Un’Europa sociale
Il rilancio del modello sociale europeo è uno dei punti chiave del documento dem. Molte le proposte concrete presentate per un’Europa più giusta e in cui nessuno sia lasciato indietro. Tra le tante: l’adozione di un salario minimo europeo, già proposta dal PSE, quale misura indispensabile di contrasto al fenomeno dei workingpoor; efficaci misure universali di contrasto alla povertà per coloro che non lavorano e versano in condizioni di indigenza; condizioni chiare e tutele adeguate anche per i lavoratori transfrontalieri, sia tra paesi UE che extra UE; Disincentivare le “delocalizzazioni opportunistiche” tra Paesi membri dell’Unione.

6. Per un’Europa Verde, sostenibile per le persone e per il pianeta
L’ambiente è uno dei temi cruciali per il futuro non solo dell’Europa, ma dell’intero pianeta. C’è bisogno di una transizione verso un modello di produzione e consumo che crei benessere per tutti e rispetti i limiti del nostro pianeta. Per questo il Pd nel suo documento insiste sulla necessità di “un patto per lo sviluppo sostenibile che metta al centro del prossimo quadro finanziario pluriennale la transizione ecologica e sociale e la lotta al cambiamento climatico, tenendo insieme ambiente e persone”. La sostenibilità ambientale dovrà essere il faro per tutte le politiche europee e dei singoli stati membri.

Un documento, quello del Pd, ambizioso e dettagliato. Ma soprattutto un documento ricco di proposte concrete, per migliorare l’Europa e aiutare a migliorare la vita dei cittadini europei. Senza propaganda e demagogia, perché l’Europa va cambiata in meglio e non distrutta come vorrebbero i sovranisti.

Leggi il documento integrale

Da - https://www.democratica.com/focus/lavoro-crescita-pd-europa/
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« Risposta #116 inserito:: Maggio 21, 2019, 05:34:25 pm »

E l’astronave Mogherini tornò sulla terra

Che dolor di patria e di cuore. L’Italia perde in questi giorni il suo Massimo Esponente Europeo, l’Alto Commissario Sua Beatitudine Federica Mogherini. Nei cinque anni del suo mandato non si conosce la portata della sua incidenza in Europa, non ci sono strumenti farmaceutici così precisi per misurarne il peso. Forse avrà lavorato sotto traccia, come una talpa o un’escavatrice; forse sarà rinomata – che so – in Lettonia. Ma da noi la Mogherini è passata inosservata, rimasta allo stato puro, come lo zero, trasparente, ininfluente, non pervenuta. Preferendo lei a Massimo D’Alema, lo statista Matteo Renzi riuscì in un duplice capolavoro: destinò l’Italia all’irrilevanza europea e perse l’occasione per liberarsi di un nemico in casa, mandandolo in Europa e così stabilendo con lui una tregua. Naturalmente, anche per gli eurocrati era preferibile avere una figura ornamentale piuttosto che un ingombrante baffino, dal pessimo carattere e dalla nomea di filo-sovietico e filo-arabo-palestinese.

Ma il problema di Renzi è che credeva di bastare a tutto lui: sicché tutte le nomine, compreso Mattarella al Quirinale, nascevano dall’idea di avere personalità minori, se non evanescenti, ai posti chiave; figure di contorno, di secondo piano e di nessuna popolarità, perché alla fine doveva brillare e comandare solo lui, il Re Sole e gli altri dovevano essere suoi satelliti privi di luce autonoma. Con Mattarella non gli è andata molto bene, con la Mogherini al posto di D’Alema, gli andò anche peggio. La scissione dal Pd, in fondo, nasce anche da quello sgarro, dal mancato patto con la vecchia guardia. In preda a delirio napoleonico, in quel tempo Renzi pensò di mandare in Europa una sua Vestale col ruolo ufficiale di Pizia, la sacerdotessa che parlava presso l’Omphalos mundi, l’Ombelico del Mondo (cioè lui stesso, Matteo teo teo).

Della pattuglia acrobatica delle ministre di culto del renzismo, le mitiche trecce tricolori, Federica Mogherini era l’unica superstite rimasta al potere col titolo solenne di Alto Commissario Europeo, ora in scadenza con la Commissione. Ma è anche la più enigmatica, ineffabile, come una dea indù. Benché ministra degli esteri e poi euroministra nel medesimo ruolo ma in un contesto più grande, Sua Altezza Mogherini non è estroversa. Ci sono state ministre e pasionarie che hanno capeggiato le liste del partito renzista-leninista alle europee assai più vistose, telegeniche, da esportazione, persino qualche vaiassa. La Mogherini, invece, fa parte della corrente ermetica, sul depresso lieve, misteriosa nello sguardo, lievemente venereo, come se covasse inesplorabili segreti e custodisse oracoli nefasti e perciò indicibili. Impeccabile, mai una parola fuori posto, anzi mai una parola, e basta.

Che addirittura fosse osteggiata a livello europeo per un suo presunto filoputinismo, come si disse agli esordi, mi sembra ancora surreale. La fecero passare per una nuova Red Joan, la Spia inglese che passò ai russi i segreti della Bomba atomica, su cui è ora in circolazione un film. Credo che quella diceria, rivelatasi poi una putinata, dipendesse da una foto che ha fatto il giro del mondo in cui la criptica Mogherini stringeva la mano a Putin. E col suo sguardo da sfinge fissava l’interlocutore come a sancire un patto esoterico con lo Zar Vladimir, che la guardava a sua volta con un occhio mistico-allusivo, forse un po’ concupiscente e allupato (non so come si dice provolone in russo). Ma su una foto non si può impiccare una persona. Vero è che se non si rifanno alle foto non hanno altri indizi per attestare la presenza della Mogherini nella cabina di comando europea e per valutare l’impronta lasciata da quest’asteroide piovuta sull’Europa; o per capirci in gergo nostrano, questo Sarchiapone nato e cresciuto nel partito, all’ombra di Veltroni. E poi mandata con una borsa di studio di Renzi a far l’Erasmus addirittura ai vertici europei. A me però, vi confesso, il Sarchiapone enigmatico intrigava.

Alla Farnesina erano sgomenti per la ministra, ma pensare che il panico si sia trasmesso addirittura all’Europa ha qualcosa di metafisico e di burlesco al tempo stesso. Ed è stato un prodigio assistere in quest’ultimo anno ai conflitti in Europa tra sovranisti e sottanisti, tra populisti e globalisti, tra exitisti ed integrati, e notare la gigantesca assenza dell’Alto Commissario, con delega ufficiale ad acchiappare le farfalle. Ma come, l’Europa si spaccava, l’Italia era in guerra con gli eurocrati, e lei continuava a scrutare l’infinito e ad aspettare che le farfalle si costituissero al suo retino… Persino chi la lanciò in orbita si è poi dichiarato pentito.

Ora, dopo cinque anni di orbita nello spazio, l’Ufo-robot venuto dall’Ignoto scenderà dalle 27 stelle d’Europa e tornerà sulla terra per scadenza di mandato. Molti si chiederanno: ma è veramente mai partita, è realmente stata al vertice dell’Unione Europea? O volava così alto l’Alto Commissario che non era visibile ad occhio nudo ed era così ineffabile da non essere intercettata nemmeno dai radar che segnalano le più impercettibili presenze? Moscerini si, Mogherini no, mai avvistata. Bentornata a terra, Altissima, Purissima, Lievissima astronauta e trasvolatrice dei cieli d’Europa. La sua assenza lascerà un vuoto incolmabile nelle istituzioni, come del resto la sua presenza.

MV, La Verità 18 maggio 2019

Da - http://www.marcelloveneziani.com/articoli/e-lastronave-mogherini-torno-sulla-terra/?fbclid=IwAR0zg2p-0JPpQ1x6JjP4lmyPerldPldJrnZYtO3PDE9FfW_cQvlcXSm_P30
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« Risposta #117 inserito:: Giugno 18, 2019, 10:18:29 am »

Pd, Zingaretti vara la segreteria.
Il capogruppo renziano al Senato Marcucci attacca: "Unica matrice identitaria “
 
Il capogruppo renziano al Senato Marcucci attacca: "Unica matrice identitaria"
ll leader dem annuncia le nomine. Una squadra "derenzizzata". Critiche dagli uomini dell'ex premier. Intanto l'area Giachetti si riunisce ad Assisi. E lancia l'affondo: "Il nuovo corso? Giustizialismo insopportabile"
15 giugno 2019
Via libera alla segreteria di Nicola Zingaretti. In ore difficili per il Partito democratico, scosso dal caso Lotti, il leader dem annuncia gli incarichi. Una squadra di quindici persone, 8 uomini e 7 donne. Il grosso delle nomine è espressione della maggioranza Di sicuro si tratta di una segreteria derenzizzata. Tanto che il numero uno dei senatori dem, Andrea Marcucci, subito insorge: "La segreteria non assomiglia al partito del noi. Vedo un'unica matrice identitaria in un partito che è nato per valorizzare i riformismi. È una scelta che non condivido". Mentre fonti del Nazareno fanno sapere che l'offerta era stata avanzata anche alle minoranze. Insomma, acqua agitate in vista della direzione convocata per martedì.

Ma ecco la squadra. Il coordinatore sarà Andrea Martella, parlamentare dal 2001 al 2013, vicino al vicesegretario Andrea Orlando. Agli Esteri va Enzo Amendola, già sottosegretario agli Esteri. Chiara Braga - urbanista e deputata della commissione Ambiente - va alla Sostenibilità. Alle imprese Pietro Bussolati, che è stato segretario provinciale del Pd a Milano e ora è consigliere regionale in Lombardia. Andrea Giorgis alle riforme istituzionali. Maria Luisa Gnecchi al Welfare. Alle Infrastrutture Roberto Morassut. Alle Politiche della sicurezza Roberta Pinotti, senatrice ed ex ministra della Difesa. Al Lavoro Giuseppe Provenzano, economista e direttore dello Svimez. A Nicola Oddati va il mezzogiorno. Agli Enti locali Marina Sereni. All'organizzazione Stefano Vaccari, che è stato sindaco di Nonantola, in provincia di Modena, e senatore in commissione Ambiente. Alla Pubblica amministrazione Antonella Vincenti. Alla scuola un'insegnante. Camilla Sgambato. Al Terzo settore Rita Visini. Si avvia poi la costituzione di "forum" aperti alla partecipazione di rappresentanti dell'associazionismo, del volontariato, delle forze sindacali, delle professioni e il coordinatore sarà Marco Furfaro. Maurizio Martina, sfidante di Zingaretti alle primarie, ha avuto l'incarico di occuparsi della riforma dello Statuto dem.

Intanto ad Assisi è in corso il raduno della corrente di Roberto Giachetti. Che si apre con l'affondo di Luciano Nobili, presidente dell'associazione Sempre Avanti. "Si parla di nuovo Pd, Zingaretti ci spieghi come funziona: vedo tanta nostalgia del passato, uno sguardo indietro alle 'gioiose macchine da guerra. Non vedo novità, solo un vecchio, insopportabile giustizialismo", dice. Un attacco al "giustizialismo" a poche ore dal passo indietro di Luca Lotti, coinvolto nel caso Csm, nelle intercettazioni sul mercato delle nomine per la procura di Roma e non solo. Nobili, che parla avendo accanto Roberto Giachetti e Anna Ascani - protagonisti alle ultime primarie del ticket contro Zingaretti e Martina - dice anche: "L'unica cosa nuova nel Pd è una minoranza che non fa il fuoco amico su chi ha vinto il congresso, diversamente dal passato. Ma la nostra lealtà ha un limite che si chiama pazienza".

APPROFONDIMENTO
Caso Lotti: Zingaretti vuole evitare la scissione, contro di lui i veleni renziani
DI GOFFREDO DE MARCHIS

Da giorni diversi renziani sono impegnati nella difesa di Lotti. È stato "oggetto di vergognose parole e comportamenti da compagni di partito", dice Nobili. Poi torna su quello che accadde dopo il tonfo elettorale della politiche del 2018. "Alcuni esponenti della maggioranza Pd dicevano in campagna elettorale 'dovremmo fare un accordo con M5S', mentre noi ci siamo concentrati sulla campagna. L'unico allargamento di 'Piazza Grande' e 'campo largo' sono stati D'Alema e Bersani. D'ora in poi saremo leali ma intransigenti".

Parla, ad Assisi, anche l'ex sottosegretario Sandro Gozi: "Occorre costruire qualcosa di più ampio. Finora il campo largo lo abbiamo visto solo verso sinistra, mentre secondo me c'è uno spazio centrale che va occupato".

Walter Verini, scelto da Zingaretti come commissario in Umbria dopo il caso che ha portato alle dimissioni della governatrice Marini, prende le distanze: "Gli incontri dove si discute di politica e di idee sono sempre positivi ma è una riunione di corrente. Io personalmente amo sempre discutere tutti insieme e queste riunioni le farei sempre senza intercapedini, solo dentro al Pd".

La convention è appena iniziata. Domani ci saranno, tra gli altri, anche Maria Elena Boschi, Ettore Rosato, Simona Bonafè. Di certo la riunione contribuirà ad agitare le acque nel partito.

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15 giugno 2019

Da - https://www.repubblica.it/politica/2019/06/15/news/assisi_renziani_giachetti_ascani_nobili_pd_partito_democratico_lotti-228844594/?ch_id=sfbk&src_id
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« Risposta #118 inserito:: Giugno 24, 2019, 12:07:52 pm »

Pd plurale e unito?

Possibile dipende da noi - dal blog di Marina Sereni

18 Giugno 2019

E’ stata una buona discussione, una riunione in cui tante persone hanno potuto prendere la parola in un clima di normale confronto tra idee e posizioni anche diverse. Dopo giorni di tensione, Zingaretti è riuscito a dimostrare che il Pd – se vuole – può essere un partito al tempo stesso unito e plurale. La sua relazione ha contribuito non poco a creare le condizioni per un dibattito vero, non diplomatico, ma privo di quelle asprezze che tanti nostri militanti ieri ci hanno detto di non sopportare più. Una parte delle minoranze congressuali ha apprezzato esplicitamente toni e contenuti del ragionamento che oggi il segretario ci ha sottoposto.

Abbiamo di fronte una nuova destra, radicale e demagogica, che ha saputo raccogliere consensi anche in vaste aree popolari. Le ricette che propongono sono nella maggior parte dei casi illusorie e sbagliate e il messaggio culturale che mandano al Paese è di chiusura e di arretramento su molti fronti. I risultati elettorali – tra luci e ombre – ci dicono che c’è ancora molto da fare ma anche che il Pd è l’unica forza attorno alla quale si può costruire un’alleanza alternativa alla destra di Salvini. Banalmente un Pd che su ogni scelta si dividesse e si lacerasse al suo interno, anziché trovare i luoghi per confrontarsi e trovare punti di sintesi, sarebbe inservibile rispetto a questo obiettivo.

L’unità dunque non è un orpello, o una concessione ai nostri militanti ed elettori arrabbiati e stufi. Ma l’unità non può essere finto unanimismo.

Su un punto oggi in molti hanno ripreso l’analisi del segretario laddove ha riaffermato che non intende rinunciare alla “vocazione maggioritaria” cioè a ricostruire un partito (perché il Pd ha bisogno di essere ricostruito) che non rinunci a parlare a tutta la società, complessa, articolata, frantumata di oggi. Tradotto un Pd che non vuole ritagliarsi un magari comodo ma piccolo spazio a sinistra ma che torna a pensare e a pensarsi come il luogo di incontro di diverse culture riformiste: quella della sinistra, quella del cattolicesimo popolare, quella liberaldemocratica e quella – oggi cruciale – ambientalista. Un partito “pivot” direbbero gli esperti, sufficientemente grande e forte da poter essere il perno di una alleanza. Penso che per raggiungere questo obiettivo abbiamo bisogno di ragionare più liberamente sulla forma organizzativa che deve assumere il nostro Pd. Non credo possa essere solo la somma di aree politico-culturali organizzate verticalmente come tante canne d’organo. Anche perché poi sul territorio spesso l’appartenenza a questa o quella area è più figlia di posizionamenti contingenti che non una adesione ad alcune idee e valori distintivi. Allora il pluralismo verso cui tendere – necessario se vogliamo parlare e convincere pezzi diversi della società italiana – deve forse assumere una forma più flessibile, descrivere un arcipelago, un partito davvero aperto a cui si aderisce, per esempio, non solo individualmente ma anche attraverso una associazione o una lista civica locale. Penso che la nuova segreteria possa e debba sviluppare una riflessione e un approfondimento su questi temi, anche ipotizzando eventuali modifiche allo Statuto.

D’altro canto, essendo passati da un sistema maggioritario ad uno proporzionale, è del tutto ovvio che il partito pivot ha bisogno delle ali, degli alleati. Anche questo è un tema che ci riguarda ma non nel senso che noi si debba “inventare” degli alleati, piuttosto è indispensabile essere pronti, aperti a costruire un campo più largo superando qualsiasi tentazione di autosufficienza. Tutto questo si può fare solo se abbiamo in testa l’Italia, i suoi problemi e le sue risorse. Se ci proiettiamo all’esterno, se ci confrontiamo con le persone nei luoghi di lavoro, nelle città, nelle imprese. Oggi Baretta ha usato una espressione molto efficace, che Zingaretti ha ripreso: dobbiamo essere il partito “per l’Italia che soffre e per l’Italia che cresce”. Le differenze tra noi sono utili se ci aiutano a fare questo, sono perniciose se ci rinchiudono nelle nostre beghe interne.

Plurali e uniti, è possibile. Dipende da noi. 

Da - http://www.areadem.info/adon.pl?act=doc&doc=38972
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