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Autore Discussione: MATTEO RENZI  (Letto 142091 volte)
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« Risposta #45 inserito:: Maggio 07, 2014, 08:54:45 am »

Politica
07/05/2014 - riforme. Tensioni in maggioranza

Renzi incassa il sì al testo del governo ma è caos sulla riforma del Senato
Approvato in commissione l’odg di Calderoli per i senatori eletti

Carlo Bertini Francesca Schianchi
Roma

«Molto bene, non era facile, la palude non ci blocca», è la reazione soddisfatta del premier quando i giochi sono fatti, il twitter delle ventitré. Ma la vera arma da fine del mondo, capace di scuotere tutti i rami dell’albero, il rischio di un voto anticipato, viene evocata ore prima, nel momento di massima tensione. Quando al Senato si viene a sapere che il ministro delle riforme Boschi ha minacciato le dimissioni del governo in caso di stop alla riforma del Senato, anche se da Palazzo Chigi arriva una nota di smentita, tutti comprendono al volo. Il messaggio filtrato dai senatori Pd viene letto come un colpo di diretta emanazione di Renzi e l’effetto è assicurato. Pure il tweet di Roberto Giachetti. «Caro Matteo purtroppo sono stato facile profeta sulle riforme, fidati di me, andiamo a votare», riflette una tentazione del premier, quella di far saltare il tavolo pur di non darla vinta alla palude proprio sulla riforma cui ha legato la sua carriera politica.

E alla fine di una giornata convulsa, proprio quando l’accordo è già chiuso, scoppia il caos, con un voto a sorpresa che apre un problema politico non da poco per il governo: l’ordine del giorno Calderoli, quello per un Senato elettivo, viene approvato con i 14 voti dell’opposizione cui si aggiunge quello dell’ex ministro Mario Mauro. La seduta viene sospesa perché quel testo interferisce con alcune parti dell’ordine del giorno dell’altro relatore, la Finocchiaro, sul quale si era raggiunta un’intesa nella maggioranza lasciando in capo alle regioni le modalità per l’elezione dei senatori. Il testo Calderoli rivolta del tutto l’impostazione del governo con l’elezione dei senatori a suffragio universale. 

E quando la commissione torna a votare il governo incassa quello che sta più a cuore al premier, cioè il via libera al testo governativo che viene così incardinato a larga maggioranza, 17 a 10. A questo punto anche Mario Mauro e Forza Italia lo votano, avendo portato a casa un dividendo politico che poi dopo le europee verrà messo alla prova in aula. Dove i numeri sono meno risicati e la maggioranza potrà di nuovo trovare la «quadra».

Dunque una giornata tesissima, preceduta da un fuoco di avvertimento lanciato da Palazzo Chigi, con il sottosegretario Luca Lotti che ricorda a Berlusconi gli impegni presi con Renzi chiedendo polemicamente «vediamo se li rispetterà». Chiaro avvertimento che in caso contrario ne farà le spese in campagna elettorale, additato come frenatore delle riforme. Lo stesso Berlusconi che va dicendo di voler fare il padre della patria e che addirittura evoca un ingresso di Forza Italia nella maggioranza dopo le europee. 

 

Ma Renzi vuole tirare dritto senza ulteriori rinvii, «alle europee è una sfida tra sfascisti e chi vuole costruire», dice a Ballarò. Fa sapere alla sua maggioranza che il testo base del governo va votato senza altri rinvii. E non è un caso se la Boschi all’ora di pranzo, quando tutto è in alto mare, dica che «due settimane di ritardo rispetto alla data del 25 maggio non sono un problema. Ma non possiamo rallentare le riforme, è intenzione del governo e del Pd andare avanti a ritmi serrati». Alla fine, superata l’impasse, la ministra arriva più distesa di qualche ora prima in Commissione insieme al protagonista del giorno, Mario Mauro. Che ingaggia un braccio di ferro, stretto all’angolo in una riunione del gruppo, dove c’è anche Casini, in cui la sua posizione contraria al testo base non è quella della maggioranza degli undici senatori (9 Popolari per l’Italia e 2 dell’Udc). E dove vola la minaccia di sostituirlo in Commissione se non cederà. 

Ma più in generale la scadenza elettorale aleggia sul già tormentato percorso di riassetto istituzionale: ne è la prova un ordine del giorno a sorpresa di Forza Italia sul presidenzialismo, buttato tra le gambe del Pd per farselo bocciare in commissione, come petardo polemico da spendere in campagna elettorale.

Da - http://lastampa.it/2014/05/07/italia/politica/renzi-incassa-il-s-al-testo-del-governo-ma-caos-sulla-riforma-del-senato-LQbchOECKUDzYNt9nEUNgP/pagina.html
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« Risposta #46 inserito:: Maggio 07, 2014, 08:57:08 am »

Camusso: Governo antidemocratico Renzi: «La Cgil pensi ai disoccupati»
Cgil e premier ai ferri corti: «L’esecutivo non vuole la concertazione».
Il presidente del Consiglio: «Basta polemiche: i sindacati collaborino o andremo avanti senza di loro»

Di Redazione Online

Governo e Cgil ai ferri corti: i dissapori che covavano da diverso tempo tra il principale sindacato italiano e il premier Matteo Renzi sono definitivamente esplosi con un botta e risposta che non lascia spazio a nessun dubbio. Aveva dato fuoco alle polveri Susanna Camusso, al congresso nazionale della Cgil a Rimini: «Il governo è antidemocratico». Renzi ha replicato con veemenza e a più riprese: «La musica è cambiata. Pensino ai disoccupati e non al sindacato».

Camusso: «Torsione democratica»
Ma ecco l’affondo del segretario della Cgil: Renzi (che Camusso pure non nomina mai per nome e cognome) è colpevole di aver messo da parte la concertazione. «L’autosufficienza della politica sta determinando una torsione democratica» ma il sindacato non si sente «orfano ma protagonista» ha detto il segretario generale, stigmatizzando così la posizione dell’esecutivo e dell’«attuale presidente del Consiglio: contrastiamo e contrasteremo l’idea di un’autosufficienza del Governo, che taglia non solo l’interlocuzione con le forme di rappresentanza, ma ne nega il ruolo di partecipazione e di sostanziamento della democrazia - ha affermato il segretario dal Palacongressi di Rimini - Una logica di autosufficienza della politica che sta determinando una torsione democratica verso la governabilità a scapito della partecipazione».

Renzi/1: «La musica è cambiata»
«E il premier? Ha replicato a due riprese. Innanzitutto al Tg5: «Non è possibile che ci siano sempre polemiche. Noi stiamo cercando di cambiare l’Italia. I sindacati vogliono dare una mano? Lo facciano. Ma devono capire che la musica è cambiata, devono capire che non è che possono decidere tutto loro o bloccare tutto loro. Se vogliono affrontare delle questioni insieme a noi, ci siamo» Poi l’invito al taglio delle spese: «Nel momento in cui i politici riducono i posti, i dirigenti riducono gli stipendi, anche i sindacati devono fare la loro parte, partendo dalla riduzione del monte ore dei permessi sindacali nel pubblico impiego e dall’obbligo di mettere on line le spese. Io non rispondo - ha proseguito - agli insulti, alle offese, alle polemiche. Parlo di cose concrete. Vogliono darci una mano? Lo facciano. Ma non pensino che noi stiamo ad aspettare loro. L’Italia ha già aspettato troppo».

Renzi/2: «Pensino ai disoccupati»
Poi Renzi ha rincarato la dose anche dagli studi di Ballarò: «Il fatto che il massimo dell’elaborazione concettuale del leader Cgil sia l’attacco al governo, e non la preoccupazione per i disoccupati, è triste per i militanti della Cgil» E ha aggiunto: “In questo momento dovremmo preoccuparci sul creare lavoro», ha aggiunto, «Certi attacchi sono tristi perché noi dalla Cgil ci aspettiamo di più. Dov’è stata in questi anni quando le cose non andavano? La disoccupazione è passata dal 7 al 13 percento e il sindacato non se n’è accorto» Secondo il premier poi l’attacco del segretario Generale servirebbe a ristabilire equilibri all’interno del Sindacato: «Se Camusso ha un problema interno perchè Landini chiede cose diverse è problema loro, noi vogliamo discutere ma basta con il potere di veto».

6 maggio 2014 | 12:27
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Da - http://www.corriere.it/economia/14_maggio_06/camusso-il-ddl-lavoro-crea-precarieta-b9597e34-d507-11e3-b55e-35440997414c.shtml
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« Risposta #47 inserito:: Maggio 15, 2014, 04:41:35 pm »

Renzi lancia consultazione sul Terzo Settore: ipotesi servizio civile universale

Pubblicate le linee guida. A disposizione dei cittadini che vogliono partecipare una mail a cui scrivere.
Un mese di tempo, poi il 27 giugno in consiglio dei ministri la discussione sul ddl delega.
Il progetto firmato dalla Boschi

13 maggio 2014
   
ROMA - Il premier Matteo Renzi presenta via Twitter la proposta del governo per la riforma del Terzo settore. Sul progetto ha lavorato il ministro Maria Elena Boschi, con il suo staff. Il presidente del Consiglio apre, da oggi al 13 giugno, una consultazione tra i cittadini sulle linee guida da lui presentate, attraverso la mail terzosettorelavoltabuona@lavoro.gov.it.


IL DOCUMENTO / LE LINEE GUIDA

La sintesi della discussione porterà un ddl delega che sarà in Cdm il 27 giugno.

"Esiste un’Italia generosa - si legge nel documento del governo - e laboriosa che tutti i giorni opera silenziosamente per migliorare la qualità della vita delle persone. E’ l’Italia del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo no-­profit, delle fondazioni e delle imprese sociali. Lo chiamano terzo settore, ma in realtà è il primo".

"Noi crediamo - si legge ancora nel documento - che profit e non profit possano oggi declinarsi in modo nuovo e complementare per rafforzare i diritti di cittadinanza attraverso la costruzione di reti solidali nelle quali lo Stato, le Regioni e i Comuni e le diverse associazioni e organizzazioni del terzo settore collaborino in modo sistematico per elevare i livelli di  protezione sociale, combattere le vecchie e nuove forme di esclusione e consentire a tutti i    cittadini di sviluppare le proprie potenzialità.

Tre gli obiettivi dichiarati: costruire un nuovo "welfare partecipativo", valorizzare il potenziale di crescita e occupazione dell'economia sociale, premiare con incentivi e strumenti di sostegno i comportamenti "donativi o comunque prosociali" di cittadini e imprese.

Tra le linee guida per il perseguimento dei tre obiettivi, la novità di maggiore interesse è probabilmente la previsione di "una leva per la difesa della patria", un servizio civile universale per 100mila giovani all'anno nel primo triennio, della durata di 8 mesi prorogabili di 4, al quale possono partecipare anche gli stranieri.

C'è poi la ricerca di una chiara distinzione giuridica per "soggetti privati" che sono in realtà "pubblici per le finalità di utilità e promozione sociale che perseguono", circoscrivendo con nettezza il terzo settore "specificando meglio i confini tra volontariato e cooperazione sociale, tra associazionismo di promozione sociale e impresa sociale". Ma il governo avverte: "In    questo ambito agiscono soggetti non sempre trasparenti".

Altra linea guida è la valorizzazione del principio di sussidiarietà "verticale e orizzontale", per porre fine agli sprechi generati dall'azione diretta del pubblico nel sociale muovendo verso nuovi modelli di assistenza in cui l'azione pubblica sia affiancata dall'autonoma iniziativa dei cittadini, "per realizzare concretamente la tutela dei diritti civili e sociali garantita dalla Costituzione".

E ancora, lavorare al decollo della impresa sociale, dimostrando che "capitalismo e solidarietà possono abbracciarsi in modo nuovo attraverso l'affermazione di uno spazio imprenditoriale non residuale per le organizzazioni private che, senza scopo di lucro, producono e scambiano in via continuativa beni e servizi per realizzare obiettivi di interesse generale".           

Infine, "dare stabilità e ampliare le forme di sostegno economico, pubblico e privato, degli enti del terzo settore, assicurando la trasparenza, eliminando contraddizioni e ambiguità e fugando i rischi di elusione".

© Riproduzione riservata 13 maggio 2014

Da - http://www.repubblica.it/solidarieta/2014/05/13/news/renzi_lancia_consultazione_online_sul_terzo_settore-85980663/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_13-05-2014
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« Risposta #48 inserito:: Maggio 22, 2014, 05:31:11 pm »

Renzi attacca Grillo: "La piazza è nostra. Chi ci insulta ha paura di noi"

Il presidente del Consiglio risponde agli attacchi del leader del M5S dopo il contestatissimo post sulla "lupara bianca": "Rispetti le vittime della mafia". In mattinata l'incontro con il premier polacco Tusk: "L'Italia guiderà il cambiamento in Europa"
19 maggio 2014

ROMA - Mancano oramai cinque giorni alle elezioni europee e Matteo Renzi risponde colpo su colpo alla sfida e alle provocazioni lanciate ogni giorno da Beppe Grillo. Il premier, che stasera ha tenuto un affollato comizio a Napoli ed è stato intervistato anche da Piazzapulita su La7, ha esortato i suoi "a non cedere assolutamente alle provocazioni" dei grillini: "Il Movimento 5 Stelle insulta perché ha paura", ha detto Renzi dal Rione Sanità del capoluogo campano, "la piazza è casa nostra". E dalla stessa città dove Grillo aveva giustificato i fischi contro l'inno nazionale, Renzi, contestato da una ventina di persone tra cori da stadio a suo favore (video), ha voluto chiudere il comizio proprio con le note di Mameli.

"Berlusconi non è l'unico pregiudicato...". "Bisogna cavalcare l'onda della speranza", non quella della paura", ha aggiunto Renzi. Far leva sulla "fiducia", sul bisogno di "risposte concrete". Segnare con le azioni e il linguaggio la distanza da chi "urla e insulta", ma non ha la "credibilità" di rappresentare l'Italia in Europa. E poi la stoccata ai suoi due principali avversari: "'Io sono convinto che la credibilità internazionale di Forza Italia e M5S non sia all'altezza dell'Italia", ha continuato Renzi, ma dai microfoni di Piazzapulita, "Berlusconi non è l'unico pregiudicato. Se dovessi evitare di parlare con i pregiudicati, rischio di ritrovarmi da solo...".

"Grillo rispetti le vittime di mafia". Il presidente del Consiglio ha replicato anche alle dichiarazioni rese nel corso della giornata da Beppe Grillo sulla lupara bianca: "Credo - è la risposta al leader del M5S da Napoli, dove Renzi ha tenuto un comizio - che dovremmo abituarci a un linguaggio più serio. I morti di lupara bianca esigono rispetto e credo che la politica dovrebbe riprendere il significato delle parole. Può sembrare un fatto morale, ma citare Hitler, la peste rossa, la lupara bianca... E' un linguaggio che non è il nostro. E anche se grillo usa questi toni, io avverto il bisogno di cambiare il linguaggio".

Ottimismo per il 25 maggio. La lunga giornata del premier era cominciata in mattinata con l'incontro e la conferenza stampa congiunta con il premier polacco Donald Tusk. Tema centrale: la necessità di nuove politiche economiche e sociali che superino la linea della sola austerità. Ma anche il problema della Libia, di fronte al quale tutti i paesi dell'Unione devono prendersi le loro responsabilità. La crisi ucraina, la sfida energetica. E la fiducia che sarà l'Italia a guidare il cambiamento in Europa. Quanto alle prossime elezioni, Matteo Renzi si è detto ottimista: "Non sono preoccupato" per il risultato delle europee e sottolinea di avvertire un "clima crescente di speranza e fiducia" di chi chiede risposte concrete. E riferito a Grillo, aggiunge: "Riesce a cambiare chi governa non chi urla; chi propone, non chi insulta".

"L'Italia guiderà la svolta". "La sola austerity non basta", ha sottolineato Renzi insieme a Tusk, "la presidenza italiana dell'Unione europea ci impone di essere i protagonisti del cambiamento". Per il premier è quasi 'destino' che sia il nostro Paese a guidare la svolta: "Per l'Italia è come se ci fosse un allineamento astrale di pianeti: i nuovi fondi Ue, l'investimento di nuove istituzioni, il bisogno di un cambio della politica economica nel mondo".

La crisi ucraina. Molti i temi affrontati da Renzi nella conferenza bilaterale con la Polonia, fra cui anche la crisi in Ucraina: "Martedì prossimo - ha illustrato Renzi - si riunisce a Bruxelles il Consiglio dei capi di Stato e di governo con un ordine del giorno molto delicato: tutti siamo impegnati perchè sia forte il messaggio dell'Unione Europea, di sostegno, anche finanziario, all'Ucraina e per una Ucraina integra e inclusiva".

Il caos in Libia. Ma è la Libia a rimanere il problema più forte. Il Paese "da cui proviene circa il 96% degli sbarchi nelle nostre coste", è una "priorità assoluta". Il premier Matteo Renzi ha ribadito la necessità di un coinvolgimento di Onu e Ue per "risolvere la questione insieme". "L'Italia è pronta a fare la propria parte", consapevole che la Libia "è il problema più forte nel Mediterraneo"

Niente demagogia. Renzi si è detto ottimista anche riguardo alla situazione economica interna: "Sul lavoro in Italia si è toccato un punto molto basso, eppure io inizio a vedere finalmente i segni di una ripresa". Il governo ha "tanti interventi pronti" e li annuncerà nei prossimi giorni, "ma ha soprattutto la convinzione di non cedere alla facile demagogia di chi dice" fuori dall'Europa e "'fuori da tutto".

© Riproduzione riservata 19 maggio 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/05/19/news/renzi_l_austerity_non_basta_l_italia_guider_il_cambiamento-86575288/?ref=HRER3-1
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« Risposta #49 inserito:: Maggio 22, 2014, 05:51:50 pm »

Sei in: Il Fatto Quotidiano > Elezioni Europee 2014 >
Elezioni, Renzi al Fatto: “Non faccio miracoli. Non è il mio Parlamento”
"Devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento, che non è il mio Parlamento, non me lo porto dietro. O lo metto in forcing, o non tocco palla”. Matteo Renzi dopo oltre un’ora di intervista arriva all’ammissione: su molte delle cose che avrebbe voluto fare è costretto al compromesso: “Non ho la bacchetta magica”
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 22 maggio 2014

“Devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento, che non è il mio Parlamento, non me lo porto dietro. O lo metto in forcing, o non tocco palla”. Matteo Renzi dopo oltre un’ora di intervista arriva all’ammissione: su molte delle cose che avrebbe voluto fare è costretto al compromesso: “Non ho la bacchetta magica”. Mancano quattro giorni alle europee e il presidente del Consiglio riceve a Palazzo Chigi una vera e propria delegazione del Fatto Quotidiano: il direttore, Antonio Padellaro, il vice direttore Marco Travaglio, il direttore del fattoquotidiano.it, Peter Gomez, il giornalista d’inchiesta Marco Lillo e la cronista politica, Wanda Marra. Un’intervista d’eccezione per la quale Palazzo Chigi mette a disposizione “la saletta ovale” al quarto piano. “Dove siamo qui?”, chiede Renzi arrivando. “In una delle sale del Dagl”, gli rispondono i funzionari. “Bello”, dice lui. I giornalisti ai due lati del tavolo, lui a capotavola. “Scusate, mi tolgo la giacca”, dice. E resta in maniche di camicia. Ognuno ha portato il suo dossier e le sue pezze d’appoggio. Soprattutto, Travaglio ha con sé un vero e proprio faldone: sono le 3300 domande che gli sono state mandate per Renzi via Facebook dai lettori del giornale.

A guardare questa campagna elettorale, l’impressione è che manchi una parte del  partito che non si è impegnata troppo. Non è che dopo che lei li ha rottamati hanno deciso di aspettare i risultati per rottamare lei?

Il risultato elettorale vi stupirà. I sondaggi non si possono dire, ma tutti gli indicatori dicono che sarà molto positivo. Per il resto, non è vero. C’è un sacco di gente che fa campagna elettorale. Il Pd si è ripreso la piazza. Non da solo perché Grillo se l’è tenuta, anche se ha fatto qualche piazza in meno e qualche spettatore in meno. E ricordo che abbiamo scelto di non mettere il nome Renzi nel simbolo, anche se avrebbe significato due punti in più.

Perché vuole dare il Daspo ai condannati e con il peggio di tutti, Berlusconi, volete fare la riforma della Costituzione?

Nell’intervista al Fatto di Capodanno rilanciai l’accordo con Beppe Grillo (l’avevo già fatto il 15 dicembre), proponendo di fare le riforme con lui, e la sua risposta fu – diciamo – aulica. Ebbe un’espressione indecente. Il giorno dopo la risposta di Grillo ho scritto una lettera a tutti i partiti: siete disponibili a fare le riforme? Così si fa. Tant’è vero che anche voi che avevate scritto che la mia celeberrima visita ad Arcore era stato un clamoroso errore sottolineaste che la legge elettorale non potevo non farla con Berlusconi.

La legge elettorale infatti, non le riforme costituzionali…

Stiamo parlando non del presidenzialismo o della riforma del governo, ma del Cnel, del Senato, del Titolo V. Sul Senato, le discussioni in corso sono veramente marginali: stiamo discutendo se una parte dei suoi membri debbano essere eletti dalle Regioni o indicati dai consiglieri regionali. Perché Grillo non ci sta? Perché ha fatto ostruzionismo sulle Province.

Grillo voleva abolirlo il Senato. E sulle Province le viene imputato di aumentare moltissimo i costi delle strutture. E come mai nel suo governo e nelle liste per le europee avete delle persone sotto inchiesta?

Io sono profondamente garantista. Ma sono quello che quando si è trattato di votare per Genovese, ho detto che bisognava farlo subito. Sono perché la legge sia uguale per tutti. Per me finché non sei condannato sei innocente. Barracciu, De Filippo, Del Basso de Caro e Bubbico e anche Renato Soru tra i candidati alle europee sono innocenti.

Anche per il Fatto sono innocenti. Ma è un problema di messaggi. Quali messaggi si danno così?

È una valutazione che rispetto, ma sono su posizioni diametralmente opposte a voi. Io sul punto la legge è uguale per tutti, mi faccio sbranare. Ho detto di sì all’arresto di Genovese, perché era la richiesta di magistrati dello Stato italiano, che come tali vanno rispettati. Non c’era fumus persecutionis e allora noi abbiamo detto sì all’arresto. Io non cambierò mai idea su una persona in base a un avviso di garanzia. Poi, se uno è condannato, se ne va.

Ma non c’è nessuna democrazia al mondo in cui funziona così. E poi ci sono condannati iscritti al vostro partito come Greganti. E la Marcegaglia, la cui azienda è condannata per aver pagato tangenti all’Eni, lei l’ha messa Ad dell’Eni.

Metto a verbale che la mia posizione non è unica al mondo. È quella di tutti i paesi civili. Certo, c’è una diversa sensibilità morale in altri paesi, quelli anglosassoni e non solo. Dove chi copia una tesi di laurea se ne va. Ma non è un problema solo della politica. Perché la stampa italiana ha ramificazioni che in altri paesi non ci sono? C’è una morale che si costruisce con la scuola, con l’educazione.

Ma anche con segnali da parte del governo. Vi siete trincerati dietro la presunzione di innocenza.

Io ho difeso il principio di non colpevolezza. In questo sono più fedele alla Costituzione di voi. Ma per tornare alle domande: sono rispettoso di tutto e di tutti. Ma sono l’unico candidato non pregiudicato. Per arrivare a Greganti, parlo della vicenda Expo: è fisiologico che uno cerchi di rubare, è patologico che non glielo si impedisca. Il punto drammatico rispetto alla patologia del paese è che questi siano gli stessi di 20 anni fa e che un paio di personaggi almeno fossero noti alle cronache. Io dico: mai più.

E la nomina della Marcegaglia?

Emma Marcegaglia non ha alcuna pendenza giudiziaria, essendo la responsabilità penale personale.

È stato condannato suo fratello come persona fisica e l’azienda in quanto azienda ha avuto una condanna per tangenti all’Eni. Le condanne le prendono anche le società.

Emma Marcegaglia è stata condannata sì o no? È una valutazione di opportunità.

Noi abbiamo raccontato che – grazie alla sua assunzione nell’azienda di famiglia – per dieci anni prima da presidente della Provincia e poi da Sindaco – ha avuto la possibilità di maturare la carriera pensionistica e un Tfr. Cosa per altri non possibile.

Non volevo dirlo, e invece lo dico. Ho deciso di fare una cosa che mi costa: ero in aspettativa nella mia azienda di famiglia. Marco Lillo mi ha chiesto di dimettermi. E io un mese fa l’ho fatto. Anche se è stato un atto di attenzione, e non c’era nulla di giudiziario. È un’azienda in cui io ho sempre lavorato. Ho fatto l’università da studente lavoratore. Consegnavo i volantini e distribuivo gli elenchi telefonici. Ebbi una lite violenta con Lamberto Dini che mi disse: ‘Ma questo lo consideri lavorare?’. E io dissi “Certo”.

Lei abolirà il vitalizio per i parlamentari?

Sono convinto che è una cosa che va fatta e che siamo sulla strada per farla. Il regime vitalizio dal 2012 è cambiato, anche se, è vero, non abbastanza.

Come le è sembrato Grillo a Porta a Porta?

C’erano due grandissimi professionisti, che non a caso alla fine si sono dati il Cinque.

Ma è stato convincente?

Per me no. Ma non doveva convincere me. Però, a vedere i sondaggi non ha spostato molto. Ha fatto il 27% di share, moltissimo (io mi aspettavo di più anche di più). D’altra parte è arrivato in taxi, con il plastico, tornava da Vespa dopo 30 anni. Geniale. Io pagavo il biglietto per lui. Ma da quando fa politica mi risparmio i soldi. Solo che le domande sulle pendenze giudiziarie e le vicende patrimoniali a lui non si fanno. È stata una performance straordinaria dal punto di vista della tv. Ma se vuoi cambiare l’Italia devi votare Pd.

Le consiglieremmo di non fidarsi dei sondaggi. Bersani pensava di aver vinto l’anno scorso. C’è un elettorato molto mobile

Io allora dicevo “occhio”. E oggi ai miei ho detto di “correre”. Ma c’è un Pd molto più in salute.

Gli 80 euro sono un impegno che lei ha mantenuto. Ma dal 2015 sarà mantenuto come nel 2014?

Sì. E ci tengo a dire che lo faccio per far ripartire l’economia e un po’ di giustizia sociale. Non come misura elettorale. Vi racconto come sono le coperture. C’è una tassazione sulle banche al 26%, da cui arriva un miliardo e 800 milioni, dalla spending 2 miliardi e 100 milioni. Di questi 396 vengono dalla difesa. E 300 milioni di recupero dall’evasione. Poi c’è la revisione della spesa sotto il profilo politico. Tagliando le Province, pensiamo di risparmiare 500-600 milioni, anche se ne abbiamo indicati solo 100. Ed è importante far cambiare verso all’Europa.

Come?

Queste elezioni sono importanti non per quanto prendo io, ma per capire se l’Europa cambia verso. Abbiamo vinto se noi diventiamo il gruppo di testa del Pse. Adesso, in testa ci sono i tedeschi. Abbiamo 70 seggi, dobbiamo prenderne più di 90. Se cambia l’Europa cambia anche l’Italia, ma se l’Italia cambia, cambia anche l’Europa. E poi i Cinque Stelle che fanno? Se M5s prenda come lo scorso anno il 25 per cento, ne prende 20 di seggi. E quei 20 dove vanno? Con chi? Con Schulz, con Tsipras, con Juncker? Con qualcuno devono andare. Non possono fare una battaglia di testimonianza, non possono salire sul tetto. Casaleggio al Fatto ha detto “ciò che è virale è vero”: per me è agghiacciante.

Lei arrivò a sfidare Grillo al dialogo sulle riforme, in cambio della rinuncia ai rimborsi elettorali e promise di abolire il finanziamento pubblico dei partiti. Grillo ha restituito 42 milioni di soldi pubblici e i suoi parlamentari metà del loro stipendio. Lei su questo e sulla riduzione delle indennità pensa di andare avanti?

Grillo ha portato un assegno a Vespa, io porto il libretto degli assegni di quello che il governo ha fatto: la vendita delle auto blu, il tetto agli stipendi dei manager. Poi ci sono le riforme che sono ancora a metà e sono a metà perché Forza Italia ci ha chiesto di andare a dopo le elezioni e M5s ce l’ha chiesto di fatto con l’ostruzionismo.

Ma insomma perché non rinunciate anche voi al finanziamento pubblico? Perché non l’avete fatto voi?

Il governo precedente ha fatto una legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Entra in vigore dal 2017. Non si può pensare che mi abbiano dato la bacchetta magica per fare tutto quello che voglio io. Dirò di più: io le riforme costituzionali le avrei fatte dando più poteri ai sindaci non ai consiglieri regionali. Se arrivo a questo livello di compromesso – alto – lo faccio perché devo trattare anche con gli altri. Comunque, il finanziamento è a decrescere fin quasi alla scomparsa. È vero, più lentamente di come avrei voluto io.

Potreste non prenderlo.

L’abolizione del finanziamento è ancora una mia idea e anche l’unico modo per recuperare la dignità dei partiti. Ma ci vuole anche una democrazia. In un partito, come l’M5S, in cui lo statuto lo scrivono il fondatore e suo nipote non ci sto. Questo è un Partito Democratico: non è un partito che espelle la Salsi perché va in tv e poi manda Grillo a Porta a Porta, Casaleggio a in Mezz’ora, Di Maio ovunque.

Lei ha dichiarato che vuole recuperare i delusi dei Cinque Stelle. Ma per esempio lei era per le preferenze e i collegi uninominali e sta facendo una legge totalmente diversa.

Sono ancora a favore di preferenze e collegi uninominali. Ma la legge che si può fare ha determinate caratteristiche. Io ritengo una priorità il ballottaggio.

Ma perché per le liste delle europee non avete fatto le primarie?

Ci sono le preferenze, non servono le primarie.

Ma vi venivano meglio le liste.

Facciano le primarie per i Cinque Stelle. Qualcuno di voi conosce un candidato di Grillo alle europee?

No (generale)

E parlate di primarie a me?

Dare delle date alle sue riforme visto che non è riuscito a farle, non è stato prendere in giro i cittadini?

La riforma del lavoro ha garantito a Electrolux di tenere 1200 persone. E quel giorno i Cinque Stelle si sono tolti la camicia. Io devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento che non è il mio Parlamento dietro non me lo porto. O lo metto in forcing o non tocco palla. Ho detto marzo per la riforma del lavoro e l’ho presentata. Abbiamo convertito il decreto legge ed è iniziato il cammino del disegno di legge delega. La legge elettorale è passata in prima lettura alla Camera e in Senato tutti hanno chiesto di farla dopo la riforma del Senato. E questa si è scelto di tenerla ferma fino a dopo le elezioni. Per aprile avevo detto riforma della Pa. E l’ho annunciata.

A proposito di cose non fatte: non avrebbe dovuto dimezzare gli F35?

Dal 2012 al 2014 si sono siglati degli accordi. L’idea che si possano dimezzare oggi alla luce degli accordi che ci sono è più complicato. Abbiamo bisogno di ridurre l’impatto della spesa militare. Il punto è come. Certo, gli F35 sono una battaglia anche simbolica.

Il suo problema è aver avuto le elezioni vicine.

Se non avessi avuto le elezioni subito avrei fatto le riforme costituzionali. Ma in 80 giorni si è fatto quello che nessun governo ha fatto prima. Venerdì mattina faccio un’altra televendita. Come fate a negare il cambiamento radicale nella politica italiana degli ultimi 80 giorni?

I Cinque Stelle hanno 9 milioni di voti.

Ho rispetto per chi vota Cinque Stelle, per chi vota Forza Italia e per chi non vota per me. Non ho la puzza sotto al naso. Questo passaggio è decisivo per chi guida l’Europa. Il fatto che abbiano 9 milioni di voti è sociologicamente interessante. Ma io a Grillo ho chiesto “vieni a costruire, vieni a vedere le carte”. Lui non ha voluto. Si può dare una risposta o con una distruzione senza prospettiva, o con la costruzione di una sinistra europea. Io lavoro per questo. Avrò vinto le elezioni se il Pd sarà il primo raggruppamento. E avrò perso se avrò preso meno voti di Bersani e Franceschini.

A cura di Wanda Marra

Dal Fatto Quotidiano del 22 maggio 2014

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/22/elezioni-renzi-al-fatto-non-faccio-miracoli-non-e-il-mio-parlamento/995122/
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« Risposta #50 inserito:: Maggio 28, 2014, 11:54:30 am »

Matteo Renzi conquista banchieri e imprenditori.
Da Sergio Marchionne a Marco Tronchetti Provera, piace l'esito del voto

Carlo Renda, L'Huffington Post
Pubblicato: 27/05/2014 16:51 CEST Aggiornato: 5 ore fa


C’è un partito “Forza Renzi” formato da banchieri e imprenditori, che vedono la rinforzata stabilità politica e influenza europea dell’Italia come una manna dal cielo. Qualcuno già prima del voto aveva espresso pubblicamente la propria opinione, sottolineando i rischi dell’emersione dei populismi dal voto per le europee. Qualcuno invece ha atteso l’esito che ha segnato il trionfo del Pd di Matteo Renzi per dire che i cittadini italiani hanno scelto bene.

A parlare prima delle elezioni era stato Sergio Marchionne, che si era unito all’appello del presidente Giorgio Napolitano contro i populismi. Oggi, a margine dell'evento per celebrare il decennale dalla scomparsa di Umberto Agnelli. l’a.d. di Fiat Chrysler Automobiles può dire di essere “felice di come sono andate le cose. È un passo avanti. Si comincia da qui". Della stessa opinione anche il presidente del gruppo, John Elkann, che definisce l’esito elettorale “un buon risultato che permette a questo governo di avere una legittimità forte per le riforme che vuole portare avanti”. E, per restare in famiglia, anche il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, è sulla stessa lunghezza d’onda: “Da poche ore il Paese è nella sua più alta espressione: il voto ha dato il segnale di una grande volontà riformista, con un risultato elettorale chiarissimo".

Molto positivo anche il giudizio di Marco Tronchetti Provera sulle elezioni europee. “Abbiamo la possibilità di tutelare gli interessi di tutti in Europa e possiamo farlo da leader e non da paese in crisi" commenta il presidente di Pirelli, secondo cui “affrontare il semestre europeo con un paese che si è dimostrato più europeista degli altri dà la possibilità di dare una spinta al cambiamento dell'Europa. È quello di cui abbiamo bisogno". Secondo Tronchetti "uscire dall'Europa è una follia. Bisogna usare il tempo che abbiamo davanti, sia il semestre che il 2015, per introdurre quei cambiamenti necessari per rendere l'Italia un paese normale e governabile".

Anche in casa Barilla si sorride davanti ai risultati elettorali. “Quando c'è un indicazione elettorale di questo tipo, penso sia un indirizzo verso una maggiore stabilità. E la cosa che teme di più un operatore industriale è l'instabilità. Penso che l'esito delle elezioni sia positivo per il Paese" dice Guido Barilla, presidente dell'omonimo gruppo. "Ci aspettiamo che l'Esecutivo abbia modo di proseguire sul percorso tracciato", ad esempio sul lavoro, un tema che richiede "tempo, fiducia e determinazione. Non si ottiene nulla in breve tempo. Siamo su una strada, che sia giusta lo dimostreranno i fatti".

Il risulto delle elezioni europee testimonia il fatto che "gli italiani, tra disperazione e azione, hanno scelto l'azione" dice il presidente di Assolombarda, Gianfelice Rocca, secondo cui “l'Italia peserà molto in Europa e nel Pse il Pd avrà un'influenza molto grande". Il Paese "ha bisogno di mesi di stabilità e di una nuova spinta in Europa" aggiunge Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italcementi, membro della nuova squadra di Confindustria, evidenziando che “è un momento complicato e questo può spingere a fare quelle riforme che mancano. Io sono europeista convinto, però ogni tanto occorre un po’ di paura per fare le cose che si devono fare. A livello europeo, potrebbe essere utile avere un po’ di scetticismo”.

Non solo imprenditori, ma anche banchieri. Ieri Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, aveva sottolineato che il successo elettorale del Pd "è assolutamente una notizia positiva per il Paese, perché dà forza al primo ministro che lo rappresenta. Quindi il potere negoziale sicuramente aumenta, perché il presidente del Consiglio ha un supporto popolare enorme. Dobbiamo, spero, approfittarne per il bene dell'Italia". Allo stesso modo, il presidente di Bnl Luigi Abete sostiene che “dalle elezioni europee è arrivato un segnale di fiducia per la governabilità del Paese. Il popolo italiano, insieme al cambiamento, vuole anche la governabilità. Non c'è da meravigliarsi, il messaggio arrivato dalle urne è chiarissimo".

Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/05/27/renzi-conquista-banchieri-e-imprenditori_n_5397576.html?1401202906&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #51 inserito:: Maggio 28, 2014, 11:00:03 pm »

DOPO LE EUROPEE

Renzi: «Non era un voto su di me. Ora riforme, basta alibi»
Il premier: «L’Italia c’è ed è più forte delle paure. Adesso è ora di cambiare l’Ue. Sono molto felice e commesso per il risultato del Pd ma non è questa la sede»

Di Redazione Online

«Non è stato un referendum sul governo, né su di me, è un voto che esprime una speranza straordinaria», sottolinea il primo ministro Matteo Renzi commentando per la prima volta la vittoria del Pd - di cui è anche segretario - nelle elezioni europee con uno storico 40,8% di voti. «L’Italia c’è, è più forte delle paure che l’attraversano ed è in grado di incidere in Europa». Insomma, «nel derby fra rabbia e speranza ha vinto la speranza» e «i voti della speranza hanno doppiato quelli della rabbia».

Felice, commosso, emozionato
Riguardo al valore assoluto della cifra, una quota mai raggiunta neanche dalla Dc di Berlinguer, commenta: «Sono molto felice, commesso ed emozionato per il risultato del Pd, che ricorderemo a lungo per l’ampiezza e per lo scarto, ma non è questa la sede per commentarlo».

Siamo migliori di come ci immaginiamo
«Grazie dal profondo del cuore a tutti italiani che hanno dimostrato con una partecipazione molto significativa - ha sottolineato il primo ministro - una delle più alte d’Europa, che questo Paese è decisamente migliore di come ce lo raccontiamo». Adesso, commenta Renzi, «non ci sono più alibi per non fare le riforme, la rottamazione può iniziare», perché «l’Italia c’è ed è più forte delle paure. Adesso è ora di cambiare l’Ue», perché «da una parte ci sono le forze populiste, dall’altro lato un’idea di Europa che ha fallito, in mezzo un grande spazio per il cambiamento possibile».

Italia in grado di incidere in Europa
Sta per iniziare il semestre europeo, proprio a guida italiana. E Renzi ribadisce: «L’Italia è in grado di incidere in Europa, io avverto questo come responsabilità innanzitutto. L’Italia ha parlato in modo molto forte con un voto di speranza per poter cambiare e poter invitare l’Europa a cambiare». Di conseguenza, «l’Italia abbassi i toni e alzi le ambizioni», perché «questo è il momento dell’Italia, che deve guidare il semestre e il percorso di cambiamento dell’Europa partendo dall’assunto che dobbiamo prima di tutto cambiare noi stessi». Renzi ha poi ricordato come «da Roma, dove i trattati europei sono nati, parte un messaggio di grande consapevolezza» anche alla luce del risultato negli altri paesi d’Europa, sbilanciati verso le forze populiste ed estremiste.

L’Europa delle persone
L’Italia chiederà quindi «un’Europa che si occupi di salvare le famiglie, le persone. Non chiediamo regole» di bilancio «più aderenti alle nostre aspettative ma di cambiare l’impostazione - spiega il premier italiano -. Cambiare l’approccio avuto in questi anni, e lo facciamo partendo da un’esperienza istituzionale e non dall’antipolitica».

Niente festa, facciamo le riforme
Una battuta, poi, sulla mancata festa ufficiale del Partito: «C’è chi dice “dai festeggiamo, facciamo una piazzata con due bandiere”, ma il punto centrale è che noi non abbiamo esigenza di far festa ma avvertiamo lo straordinario compito di fare le riforme». Riforme che includono anche la legge elettorale italiana. Renzi, dopo aver ringraziato Ncd per l’appoggio, sottolinea che «il risultato (di domenica, ndr) non cambia le valutazioni: il ballottaggio è centrale per garantire la vittoria, se ci fosse il proporzionale puro neanche un Pd al 40 non potrebbe governare. Sono fiducioso che si farà, e se anche l’M5S vorrà portare un contributo, sarà ascoltato: la legge elettorale è una grande riforma da scrivere insieme e ce la possiamo fare».

L’apertura a M5S e non a Grillo
E proprio all’M5S va un tentativo di apertura e pacificazione: «Ho visto e sentito tanti toni inaccettabili, paragoni indecenti come tirare in ballo Hitler (Grillo, nel comizio a Torino, si definì oltre il Fuhrer, ndr). Quella è stata un vicenda molto dolorosa, ma credo anche che ci siano tanti del Movimento 5 Stelle che si sono avvicinati alla politica perché credono in dei valori».

26 maggio 2014 | 12:07
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Da - http://www.corriere.it/politica/speciali/2014/elezioni-europee/notizie/renzi-non-era-voto-di-me-ora-riforme-basta-alibi-fca59524-e4bb-11e3-8e3e-8f5de4ddd12f.shtml
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« Risposta #52 inserito:: Maggio 30, 2014, 07:12:26 pm »

Matteo Renzi sprona la direzione Pd, ma il partito resta in silenzio.
Vera pax? I timori di minoranza

Pubblicato: 29/05/2014 17:23 CEST Aggiornato: 29/05/2014 20:24 CEST

Finita la relazione del segretario Matteo Renzi, “chi si iscrive a parlare?”, chiede Sandra Zampa alla direzione Pd riunita al Nazareno per un’analisi sull’exploit elettorale. In sala le rispondono con una specie di boato. Per dire: no, il dibattito no. Infatti, dopo l’intervento di Renzi, intervengono in pochissimi. Soprattutto nessun leader di minoranza prende la parola. La direzione si conclude in poco più di un’ora. E’ il silenzio di un partito ancora stordito dal suo leader e da quell’inaspettato 40 per cento alle urne. Ma è davvero pax quella che regna nel Pd post-europee? A parlare con la parte non-renziana del Pd, tra gente che ci mette nome e cognome e altri che chiedono l’anonimato, si scopre un misto di aspettative per quello che sarà il ‘Renzi del 40 per cento’, se cambierà atteggiamento verso il partito, se la gestione unitaria che vuole inaugurare sarà davvero unitaria, se c’è veramente da fidarsi sulla sua intenzione di non approfittare del successo per virare verso il voto anticipato. Insomma, un misto di determinazione ad agire fianco a fianco con il leader per non morire, ma anche un po’ di autotutela se è vero che, come spiega una fonte lettiana, “in questo Parlamento non c’è una maggioranza che voglia regalare a Renzi una legge elettorale. Nessuno vuole suicidarsi”.

La cosa su cui tutti, da Renzi in giù, dicono di essere d’accordo è che “l’era del congresso è finita”. Affermazione certamente vera nella minoranza, ‘asfaltata’ dal 40 per cento che, come ammettono nella stessa minoranza, è stato conseguito “soprattutto per lo strappo di leadership che abbiamo permesso e deciso”. Ora c’è chi ‘sale sul carro’ del vincitore, chi cerca di giocarsi le sue carte pur restando a distanza, chi come Stefano Fassina ammette: "Renzi è l'uomo giusto al posto giusto". L’aspettativa è che il premier si dimostri “più elastico” su tutti i dossier in discussione. A cominciare dalle riforme, dove la minoranza mista e variegata giudica positivamente la presentazione dell’emendamento al testo in discussione in Senato che prevede l’elezione indiretta dei senatori sul modello francese. Ma ci si aspetta aperture anche sulla legge elettorale. Lo dice chiaramente Pier Luigi Bersani che, arrivando alla direzione Pd, chiede modifiche all’Italicum: “Questa legge elettorale va corretta, non ho dubbi, e continuerò a dirlo". E poi giura che il Pd non si trasformerà in partito con una sola voce: “Continueremo a discutere, siamo il Partito Democratico, non una caserma. Il Pd ha una centralità nel Paese, riorganizzi le proprie idee, discuta con tutti, ma senza lasciare diritto di veto a nessuno: non c'è ragione nè politica né numerica per lasciare l'ultima parola a Berlusconi”.

Renzi vuole approvare la legge elettorale subito dopo la prima lettura delle riforme costituzionali in Senato, prevista per l’estate. Lo ha detto chiaro in direzione ma la minoranza si sente sollevata dal fatto che il premier per la prima volta non ha pronunciato la parola ‘Italicum’. Segno che Renzi mette nel conto modifiche all’impianto approvato alla Camera a febbraio, tra mille polemiche anche nel Pd? In effetti, per ora, il segretario si difende il doppio turno, previsto nel testo approvato a Montecitorio come norma di pulizia del voto. Per il resto, si dice aperto alla mediazione. “Colgo segnali di disponibilità”, concorda il bersaniano Alfredo D’Attorre. Si vedrà. Tuttavia, ci spiega la fonte lettiana guardando alla debolezza degli interlocutori del Pd sulla legge elettorale, “in questo Parlamento non c’è una maggioranza che voglia dare a Renzi una legge elettorale. Troppo rischioso, non si fidano e non vogliono suicidarsi”. Il riferimento non è solo alla minoranza Pd, che teme di essere tagliata fuori dalle prossime candidature, ma anche al Nuovo Centrodestra (4,4 per cento), Forza Italia (sotto il 17 per cento), per non parlare di Scelta Civica (0,7 per cento). Tutti partiti assai poco interessati a tornare a confrontarsi con gli elettori.

Messa così, si capisce che la discussione sulla legge elettorale potrebbe essere il tappo che blocca le riforme o lo scoglio su cui naufraga la legislatura, se Renzi alla fin fine chiamasse il ‘time out’ e portasse tutti alle urne con il Consultellum. Cosa che il premier vuole assolutamente evitare per investire invece sulla costruzione di un’immagine dell’Italia capace di autoriformarsi e di essere quindi “leader e non follower” in Europa: mission vitale. E poi c’è l’esperto Roberto D’Alimonte, vicino a Renzi, che continua a sconsigliare il ritorno al voto con il Consultellum: “Il Pd prenderebbe solo 270 seggi”, spiega sul Sole24ore.

Ad ogni modo, la questione non è all’ordine del giorno nel Pd. Il voto anticipato è più una nube lontana all’orizzonte che altro. Il 40 per cento alle europee ha anestetizzato i dissidi interni, magari li ha sciolti come nell’acido, per dire che non sono passaggi che avvengono in tutta serenità. “Però, se qualcuno si aspetta la stessa dinamica pre-voto si sbaglia – dice una fonte di minoranza bersaniana – adesso siamo uniti dallo stesso obiettivo: mettere a frutto quel 40 per cento. Discutendo sui contenuti, ma per fare le cose, non per bloccarle”. D’Attorre invita a “lasciare il congresso alle spalle. Anche la nuova segreteria non deve essere una somma correntizia, ma una squadra i cui componenti vengono scelti per competenze…”. Per il resto, “non sono renziano, né lo divento ma è questione di onestà intellettuale riconoscere che Renzi ha dato una scossa al Pd. Però io non immagino un partito dal pensiero unico: in futuro non rinuncerò a dire la mia”.

Da parte sua, Renzi sprona il partito. “Dobbiamo decidere se quel 40 per cento è un accidente della storia, un colpo di fortuna o un obiettivo stabile”. La sua idea: “Dobbiamo farne la nostra casa, stabilirci la nostra residenza”. Vale a dire continuare a mantenere il voto della "volontaria che fa i tortellini alle feste del Pd, ma anche quello dell'artigiano del nord-est". Perché per Renzi sta qui il motivo del trionfo alle europee. E' anche per questo che per il partito il segretario immagina una sorta di “formazione politica” in chiave moderna. Le Frattocchie sono il passato. Ora bisogna far uso di “strumenti tradizionali” ma anche (attenzione) delle “serie tv americane”. Da ‘West Wing’ a ‘House of cards’, di cui Renzi è noto fan, il carnet di fiction Usa che parlano del rapporto tra media e politica è ricco. Perché “è fondamentale studiare, conoscere il diritto amministrativo – dice il premier-segretario - ma bisogna anche imparare un racconto da esprimere all'esterno".

“In quel 40 per cento c’è l’apporto di tutti, anche il nostro”, si rivendicano dalla minoranza. Già, ma a quanto pare il futuro li vuole quanto meno “revisited”.

DA - http://www.huffingtonpost.it/2014/05/29/matteo-renzi-direzione-pd_n_5412388.html?1401386996&utm_hp_ref=italy
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« Risposta #53 inserito:: Giugno 01, 2014, 04:29:11 pm »

Pier Carlo Padoan si prepara al peggio in vista delle raccomandazioni Ue.
Possibile aggiustamento da 2-3 miliardi
Pubblicato: 31/05/2014 19:22 CEST Aggiornato: 1 ora fa

PIER CARLO PADOAN

“Ai ministri dell’Economia di solito vengono poste sempre due domande. La prima: dove trovate i soldi?. La seconda: servirà una manovra?”. Scherza così il ministro Pier Carlo Padoan, ospite della seconda giornata del Festival dell’Economia, ma alla vigila di una data cerchiata in rosso da tempo, lunedì 2 giugno – giorno in cui la Commissione Europea diffonderà le raccomandazioni specifiche relative ai Paesi dell’Unione -, almeno il secondo quesito rischia di essere più che mai di attualità.

Il “pagellone” di Bruxelles è blindato fino a lunedì, ma il ministro dell’Economia si è già fatto un’idea di cosa potrà venire fuori dalla prima, vera, valutazione esterna dei primi tre mesi di governo di Matteo Renzi. E in qualche modo ha voluto mettere le mani avanti. Anche alla luce dei numeri non incoraggianti diffusi dall’Istat qualche settimana fa relativi al primo trimestre, i conti dell’Europa sulle previsioni di crescita del nostro Paese potrebbero essere più prudenti, e Bruxelles potrebbe chiedere quindi un intervento – seppur modesto – di correzione. “Credo che ci sarà una diversità di opinioni tra noi e la Commissione", ha ammesso Padoan in merito a possibili divergenze tre le stime del governo e quelle dell’Europa. Divergenze che secondo l’economista Tito Boeri, sul palco insieme al ministro, potrebbero comportare un piccolo “aggiustamento dello 0,1-0,2% sul Pil". Da 1,6 a 3 miliardi circa. Il primo segno a matita rossa sul lavoro trimestrale del presidente del Consiglio. Ma l'ex capo economista dell'Ocse è comunque speranzoso: "Le raccomandazioni della Commissione europea riguardano soprattutto le riforme strutturali e spero che si riconosca uno sforzo molto importante e di conseguenza un miglioramento permanente della performance dell'economia".

E proprio a proposito del premier, il ministro non risparmia qualche commento che lascia intendere un rinnovato feeling tra i due. Padoan si riferisce in particolare a Renzi come “il mio capo”, quando la discussione approda sull’eterna lotta tra politica e burocrazia, e in particolare sulla presunta ostilità della Ragioneria di Stato alle iniziative del governo. Ma per il ministro non è così: “Quando le richieste (del governo ndr) vengono fatte in modo energico e semplice” più facilmente arrivano le risposte. E “il mio capo - puntualizza - è energico”. A chi dal pubblico gli chiede se abbia la formula magica per rilanciare l’occupazione Padoan risponde: “Io non ce l'ho. Chiedetela certamente a Renzi, perché é probabile che il presidente ce l'abbia".

In platea, a sorpresa, c’è anche l’amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne, che domani sarà ospite della stessa manifestazione dopo l’intervento del premier Matteo Renzi. “Padoan è uno degli assi nella manica di questo governo che piace agli italiani e anche all'estero", dice il numero uno del Lingotto lasciando la sala. Parole di elogio che seguono quelle pronunciate all’indomani della larga vittoria elettorale dell'ex sindaco di Firenze.

E persino l’ad di Fiat deve non aver creduto alle proprie orecchie quando il ministro, in un intervento caratterizzato come sempre dalla massima prudenza, si lascia andare ad un inaspettato fuori programma. “Non sono a favore di una diminuzione dell'età pensionabile –spiega Padoan a chi gli chiede un'opinione sull’ipotesi di introduzione della cosiddetta ‘staffetta generazionale’ - ma di un graduale aumento. Mi chiedo cosa succederà in Germania dove sono andati nella direzione opposta". E nell’arco di mezz’ora arriva infatti la precisazione. “No”, nessuna volontà di alzare ancora l'età pensionabile perché “è già indicizzata alle aspettative di vita". Matteo Renzi, che avrà sudato freddo per una manciata di minuti, può davvero stare sereno.

Da - http://www.huffingtonpost.it/2014/05/31/pier-carlo-padoan-previsioni-ue_n_5424293.html?utm_hp_ref=italy
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« Risposta #54 inserito:: Giugno 01, 2014, 04:41:32 pm »

Renzi: ora riforma del Senato, poi legge elettorale e «sblocca Italia».
Sciopero Rai umiliante. «Non temo i giudizi di Bruxelles»

1° giugno 2014

«Sulla Fiat non parlo del passato, la Fiat è un pezzo di storia italiana. Penso al futuro. Spero e lavoro perché l'industria dell'auto funzioni sempre di più, perché si tratta di realtà nazionali e internazionali importanti per il Paese». Matteo Renzi parla dal palco del Festival dell'economia di Trento e in platea c'è proprio quell'ingegner Marchionne al quale si rivolge per dire che «se è d'accordo, vorrei visitare gli stabilimenti di Detroit a settembre, in occasione del viaggio programmato». «Sono uno che accetta le sfide, credo che dobbiamo fare in modo di credere in quello che facciamo per il rilancio dell'economia e per rendere più attrattivo il nostro Paese», prosegue il presidente del Consiglio che rilancia una scaletta di priorità nelle quali rientra anche la Fiat: «È evidente che ciascuno di noi ha una preoccupazione, quella dell'occupazione. Termini Imerese - rileva allora - è uno dei luoghi da cui far ripartire il progetto industriale, così come Sulcis e Taranto».

La polemica Rai? Umiliante
«Una polemica incredibile, se avessero annunciato lo sciopero prima delle elezioni, invece del 40,8% avrei preso il 42,8%. A questo punto, se vogliono aprire una riflessione sulla qualità del servizio pubblico, bene; altrimenti questa polemica lascia il tempo che trova», ha detto Renzi. «Alla Rai non abbiamo chiesto un taglio ai programmi e ai contenuti ma un contributo, come sta facendo tutto il Paese, di 150 milioni, che è meno del valore di Raiways che è di 170. Il problema è che invece di riflettere sulla qualità del servizio pubblico mi pare si sia scelta un'altra strada, con conduttori che fanno domande assumendo le parti dell'azienda. Se di mestiere fossi nel gruppo dirigente Rai - è il messaggio che arriva al presidente del Consiglio - rifletterei se il tuo azionista ti chiede questo e - puntualizza - non a sorpresa ma dopo lunghe conversazioni al riguardo».

Immigrazione? Impensabile la chiusura delle frontiere
«Non è accettabile l'idea di Farage e Sarkozy, con buona pace degli alleati di casa nostra»: così il premier Matteo Renzi, su come si sono espressi i due politici francese e inglese sulla chiusura delle frontiere agli immigrati.

Arriva lo «sblocca Italia»
Sarà una cabina di regia a palazzo Chigi, con un responsabile ad hoc, a guidare l'azione sul territorio liberata dal provvedimento che lo stesso Matteo Renzi annuncia e battezza come «Sblocca Italia». L'idea, sintetizza il presidente del Consiglio dal Festival dell'economia di Trento, è che già domani partirà una nuova lettera ai sindaci perché segnalino i casi di opere ferme o ancora da mettere in cantiere con il concorso dei privati. «Facciamo un elenco - dice ancora Renzi - e entro fine luglio arriverà un provvedimento ad hoc, che io chiamo "Sblocca Italia" perché è questo che serve. Dobbiamo far fare alla gente quello che vuole fare, perché il pubblico consenta di fare a chi ne ha energie e voglia».


Renzi anticipa solo che delle possibili aree, e strumenti, di intervento ha parlato anche la settimana scorsa con i ministri Padoan e Guidi e con la Cassa depositi e prestiti.

«Effetto immediato dello "Sblocca Italia" - dice ancora Renzi - è che sia possibile operare sul singolo bene, nel rispetto delle norme, ma magari con un norma ad hoc per superare i vincoli, e sbloccare gli interventi fermi da 30 o 40 anni. Questo può dare un valore di fiducia e speranza al Paese». E tutto partirà dalla richiesta di «segnalazione di procedimenti e interventi fermi» che arriverà ai sindaci.

E su Expo, «nelle prossime ore, nei prossimi giorni dobbiamo mettere tutto a posto per fare tutti i cantieri nei tempi previsti».

«L'Italia tra 10 anni? Smart, cool, anzi bella»
«La carta ce l'ho da adesso - spiega Renzi - . Da qui a 10 anni mi immagino un'Italia smart, magari dire cool fa storcere il naso e allora diciamo che immagino un'Italia bella, che faccia ritornare i giovani andati all'estero, perché è attrattiva». E a proposito della stampa: «C'e' una discrasia tra quello che interessa alla gente e quello che rappresenta un interesse per i giornali. Apro in giornali e vedo 10 pagine di politica, ma perché? C'è una discrasia tra l'Italia reale e quella degli addetti ai lavori».

Raffica di riforme, dal fisco alla giustizia
«Il fisco dev'essere una cosa semplice e invece abbiamo destagionalizzato il lavoro dei commercialisti. Il meccanismo di cambiamento è appena cominciato», spiega Renzi al Festival dell'Economia. Quanto alla giustizia civile «sembra barbara ma entro il 1° luglio avremo il disegno di legge delega e questa riforma. La riforma della pubblica amministrazione sarà in parte per decreto e in parte con un ddl delega. Bisogna rovesciare il rapporto tra lo Stato e la Pa, cambiare le regole del gioco. La prossima settimana riparte la discussione sulla riforma del Senato e dopo l'approvazione in prima lettura torniamo alla legge elettorale». Il premier parlando della riforma elettorale insiste sulla necessità del ballottaggio. «O facciamo una pacifica rivoluzione del consenso, o sprecheremo l'occasione» dice poi Renzi a proposito di come il governo voglia dare seguito al successo elettorale. «Se le riforme non le facciamo, è colpa mia, vado a casa io. I politici devono assumersi le proprie responsabilità».

«Non ho paura di Bruxelles, Juncker è solo un nome»
«Queste politiche economiche hanno portato ad una disoccupazione senza precedenti in Italia. O si riparte con una nuova politica europea, con investimenti industriali e nuove regole sul lavoro, o non se ne esce», spiega Renzi. La madre di tutte le battaglie è il lavoro, dice Renzi sottolineando di volere una Europa «con l'anima». «Non ho particolari timori sulle valutazioni che la Commissione deve fare - ha detto il premier a proposito delle valutazioni di domani di Bruxelles - . La vera questione è che cosa i governi immaginano della prossima Commissione Europea. “Io non credo che ci sia un problema Juncker, può essere un nome ma non il nome. Certo il problema della democrazia europea non si risolve così parlando solo di problemi. Bisogna avere una visione alta di indirizzo, la politica deve fare questo».

«Non c'è una ricetta magica, ci vuole uno sguardo d'insieme»
«Non c'è una ricetta magica, una riforma che risolva tutto. O c'è uno sguardo d'insieme o è tempo perso», ha anche sottolineato il premier, che è arrivato sul palco in camicia e jeans accolto da un'ovazione. In prima fila in platea anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne.

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http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-05-31/renzi-festival-trento-cambiare-mentalita-classe-dirigente-200800.shtml?uuid=ABP0BkMB&p=2
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« Risposta #55 inserito:: Giugno 01, 2014, 04:45:19 pm »

LE RIFORME
Renzi riparte ancora dal Veneto
«Voglio ascoltare gli industriali»
Il premier a Gambellara incontrerà Zigliotto (Vicenza) e Pedrollo (Verona) e tornerà a Treviso. Confermata la presenza alle assemblee del 16 e del 21 giugno

VENEZIA — La conferma arriva alle 18.57 con un sms da Bruxelles. Il premier Matteo Renzi tornerà in Veneto il mese prossimo per partecipare all’assemblea degli industriali di Verona e di Vicenza del 16 giugno e a quella di Treviso del 21 giugno. Gli appuntamenti sono stati inseriti in agenda proprio ieri sera smontando e rimontando gli altri impegni perché le voci dell’impresa veneta sono considerate dal governo «di importanza fondamentale». La decisione di incontrare i rappresentanti delle categorie produttive venete - già annunciata qualche giorno fa in un’intervista ad AntennaTre Nordest e confermata ieri sera - non è arrivata casualmente. Renzi ha ribadito di voler «ascoltare gli industriali veneti, i piccoli e i grandi» che domenica hanno scelto per la prima volta il Partito democratico cambiando radicalmente colore alla superficie del Veneto, da sempre terra di centrodestra. Il premier ha più volte ribadito che «il Veneto è una delle locomotive d'Italia, una colonna portante. E non soltanto per i numeri rappresentati dalla sua economia, ma soprattutto per lo spirito dei veneti, per la voglia di partire, per l'impegno.

In Veneto c'è un mondo imprenditoriale forte, tosto, solido che mi interessa e che mi sta a cuore». A tre giorni delle elezioni, quasi in contemporanea con l’endorsement fatto dal presidente di Confindustria Veneto Roberto Zuccato («Per molti imprenditori Renzi è l’ultima speranza »), Renzi infatti sosteneva che «i veneti sono gente che si tira su le maniche e lavora, sono dei modelli da questo punto di vista». E la sintonia - sostenuta dal voto - che si è creata tra Renzi e gli industriali è stata corroborata con l’annuncio e l’avvio di riforme che Confindustria chiedeva da tempo. Lo conferma anche il segretario regionale dei democratici Roger de Menech convinto che non sia tanto il sostegno aperto del leader degli industriali ad aver pesato sul voto delle categorie produttive del Veneto, quanto sia la visione comune tra imprenditori e premier ad aver creato la chimica della luna di miele. «Zuccato è stato bravo ad aver ben capito il sentiment dei suoi colleghi imprenditori, quello che era stato messo in luce anche dai sondaggi e che abbiamo riscoperto di persona durante questa campagna elettorale», dice De Menech. In passato il sostegno di un leader degli industriali al centrosinistra non era servito ad aumentare il volume di voti.

«Il caso rappresentato da Massimo Calearo (l’industriale candidato da Walter Veltroni come capolista alle elezioni politiche del 2008) dimostra che non serve a nulla convincere il singolo imprenditore, ma che si devono fare proposte e riforme concrete come sta facendo adesso il Pd». «Il risultato di queste Europee ha dato un importante segnale di stabilità al Paese e al quadro politico - interviene il presidente degli industriali di Vicenza Giuseppe Zigliotto -. Noi abbiamo bisogno di stabilità, certezze, credibilità e fiducia. E Matteo Renzi ha dato importanti segnali in questo senso». Segnali che però sono «un’apertura di credito» e che ora richiedono «altrettanto impegno per la prova dei fatti», continua Zigliotto a cui fa eco il collega di Confindustria Verona Giulio Pedrollo. «Renzi verrà alla nostra assemblea con la forza della legittimazione di questo voto - puntualizza Pedrollo -. Mi auguro che usi questa forza per portare avanti le riforme annunciate e quelle già avviate». Quello degli industriali insomma è una sorta di avvertimento: a Gambellara, nel Vicentino, dove si riuniranno per la prima volta insieme le due Confindustrie del Veneto Occidentale, i veneti vogliono essere rassicurati sul fatto che la strada per le riforme è spianata e che non ci saranno rallentamenti o tentennamenti. Ieri però c’è già stato un primo assaggio dell’effetto Renzi.

Grazie anche all’arrivo del bonus da 80 euro nel conto corrente di un milione di lavoratori veneti, la fiducia dei consumatori (nel Nordest e Nordovest) è salita alle stelle toccando il valore più alto mai raggiunto dal 2010 (dato Istat).A breve inoltre - l’annuncio di ieri è del ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia e del ministro del Lavoro Giuliano Poletti - inizierà la ricerca delle risorse per lo sblocco dei contratti e verrà dato un colpo di acceleratore al ddl Lavoro. «Renzi ha dato segnali concreti ed è per questo che ha ottenuto l’appoggio della piccola media impresa e dei grandi industriali del Nordest», dice la parlamentare veronese Alessia Rotta. «Piaccia o non piaccia, Renzi rappresenta l'ultima opportunità di questo Paese per uscire dalle secche in cui si è infilato - interviene il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi -. I piccoli imprenditori veneti hanno capito che se Renzi dovesse fallire non ci sarà nessun altro a risollevare le nostre sorti». Secondo gli artigiani se non si raddrizzeranno entro breve le «storture» della burocrazia e dell’inefficienza statale c’è il rischio di non essere più in grado di competere sui mercati internazionali. In fondo le richieste degli imprenditori del Nordest non sono una novità. «Chiediamo a Renzi le stesse cose che chiediamo da 20 anni. Quelle che abbiamo chiesto a Silvio Berlusconi, a Mario Monti e a Enrico Letta: meno tasse, meno burocrazia e uno Stato che funzioni meglio e costi meno», conclude Bortolussi.

28 maggio 2014
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Alessio Antonini

Da - http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/politica/2014/28-maggio-2014/renzi-va-industriali-veneti-223295764969.shtml
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« Risposta #56 inserito:: Giugno 14, 2014, 10:19:51 pm »

Scontro all’interno del partito del premier
Renzi al Pd: «Chi ha notizie di reato le denunci alla magistratura»
Orfini eletto alla presidenza Pd, il segretario lo avrebbe preferito a Zingaretti.
Ma Civati: «Credo che mi asterrò, in disaccordo sul metodo utilizzato»

Di Redazione Online

Prima della questione morale, per lui c’è la questione legale. «Se c’è qualcuno di noi che sa parli, se c’è qualcuno di noi che ha sbagliato paghi». Non ha dubbi il premier e segretario del Pd Matteo Renzi che parla chiaramente all’assemblea Pd sottolineando che il partito è «garantista» ma non ci sta a «perdere la faccia» e sul tema della giustizia può camminare «a testa alta». «Non accettiamo da nessun punto di vista che sulla giustizia si giochi il derby che c’è da venti anni andando avanti in maniera totalmente ideologica» chiarisce Renzi.

L’altro punto forte della relazione era poi costituito da un impegno preciso: «A settembre, dopo la riforma della legge elettorale, realizzeremo un impegno preso durante le primarie, un impegno vincolante e lo faremo d’accordo con esponenti maggioranza e parlamento: quello sui diritti civili».

L’inizio della relazione del segretario del Pd era invece stato quasi elegiaco: «Il 40,8% è un risultato di speranza, ma fa tremare i polsi». Poi era andato subito al sodo: «Su tre temi dovremo giocare la battaglia delle prossime settimane»: l’Europa, la disoccupazione «sconvolgente» giovanile e una «gigantesca campagna» per l’educazione e la scuola.

«È vero che non possiamo mettere diktat e nessun paese può mettere diktat» sulla scelta del presidente della Commissione Europea affermava ancora il premier. «Non è un dibattito sull’Inghilterra ci sia o no. Noi vogliamo mandarla a casa questa sera ai Mondiali, non in Europa», aggiungeva. «C’è una grande questione europea: siamo il partito che ha preso il maggior numero di voti, ma che ce ne facciamo? Un grande risiko dei posti e dei nomi? No, dobbiamo cambiare l’idea stessa di Europa» proseguiva Renzi. «L’Europa può andare al rinnovo degli organi solo con una discussione sui nomi. Abbiamo la lungimiranza e l’orgoglio di dire che il nostro modello vuole cambiare le regole ma anche modificare l’impostazione stessa dell’Europa?» si chiedeva il premier.

Ma Renzi ne aveva anche per l’opposizione: «In tre anni hanno preso tre capoluoghi di provincia. Mancano centocinque anni i Cinque stelle e avranno in mano l’Italia. Basta avere un po’ di pazienza e toccherà a loro».

Poi ritornava ad un tema a lui caro: «Non è più immaginabile l’idea di un’esperienza politica che si fa per tutta la vita. Lo dico innanzitutto a me». Così Matteo Renzi all’assemblea Pd. «Tutti noi nuova generazione dobbiamo avere il coraggio di dirci che la politica non si può fare per la vita: si deve provare l’ebbrezza di fare altre cose. Non è più tempo di politica per sempre».

Presidenza del partito
Renzi successivamente ha ufficializzato la proposta di nominare Matteo Orfini, leader della componente di minoranza del partito dei cosiddetti «Giovani turchi», a presidente del Partito, confermando Lorenzo Guerini e Deborah Serracchiani a vicesegretari del partito. Orfini è quindi stato eletto presidente del partito. Una scelta che agitava tuttavia le componenti dei democratici. A quanto si apprende da fonti di partito infatti, stanotte quando Matteo Renzi e Lorenzo Guerini a palazzo Chigi hanno affrontato il nodo presidenza, al telefono Gianni Cuperlo avrebbe indicato Nicola Zingaretti come candidato unitario. Anche lo stesso Orfini, dicono le stesse fonti, avrebbe detto ai renziani che quella del governatore del Lazio era la candidatura più condivisa. Ma alla fine Renzi, ha preferito Orfini a Zingaretti. Una ricostruzione, occorre dirlo, smentita poi ufficialmente dal Pd.

Civati verso l’astensione
Prima dell’elezione di Orfini, le minoranze avevano espresso contrarietà, non tanto sulla persona, quanto sul metodo. Matteo Orfini nuovo presidente? «Credo che mi asterrò» essendo in disaccordo con «i metodi utilizzati» per scelte come questa «sulla base di una decisione che la maggioranza prende sentendo una porzione minima della minoranza» affermava Pippo Civati, leader di una delle minoranze interne, rispondendo ai cronisti a margine dell’assemblea nazionale Pd. «Mi pare che sia stato Renzi a voler creare un po’ questo clima di terrore, secondo me sbagliando perché questo risultato rotondo appartiene a tutti» aggiungeva Civati. «La questione di Mineo ha assunto toni scandalosi. La riforma del Senato è una questione delicata e va sottoposta all’attenzione di tutti, non discussa in una riunione dai toni molto prepotenti. C’è un po’ di imbarazzo per i metodi - spiegava Civati - bisogna abbassare i toni». Sulla questione, invece, di nuovi gruppi autonomi a Palazzo Madama il deputato Democratico non aveva dubbi: «Li sconsiglio vivamente».

Fassina critico
«Orfini è un dirigente di primissima qualità ma non mi sembra risponda ai criteri di un figura superpartes», affermava invece un altro esponente della minoranza come Stefano Fassina.

La preoccupazione di Mineo
Poi la parola passava anche al senatore dello scandalo, ovvero Corradino Mineo: «Sono preoccupato, si è usato un metodo sbrigativo di affrontare la questione». Mineo tuttavia, sottolineava come «l’unità del partito non sia a rischio, soprattutto se si discute bene». Mineo aggiungeva quindi che Renzi aveva usato «un modo troppo sbrigativo, anche personalizzando, questioni che riguardano tutti. Noi non difendiamo la casta».

14 giugno 2014 | 10:23
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Da - http://www.corriere.it/politica/14_giugno_14/pd-orfini-la-presidenza-4052517e-f39c-11e3-9746-4bf51e9b4d98.shtml
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« Risposta #57 inserito:: Giugno 14, 2014, 10:21:19 pm »

Corruzione, Governo dà poteri a Cantone. Potrà commissionare gli appalti
Il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge che affida i poteri a Raffaele Cantone, presidente dell'Anac.
Tra questi c'è quello sanzionatorio.
Nominati anche gli altri quattro commissari che lo affiancheranno: Corradino, Merloni, Nicotra e Parisi

Di Redazione Il Fatto Quotidiano | 13 giugno 2014

Un’attesa lunga settimane poi finalmente il decreto che affida i poteri a Raffaele Cantone, il magistrato voluto da Matteo Renzi per guidare l’Autorità anticorruzione. Chiamato per vigilare su Expo dopo lo scandalo tangenti, è stato nominato nelle scorse ore commissario straordinario dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici con potere sanzionatorio e di commissariamento dei singoli appalti. “Da una prima lettura”, ha commentato Cantone, “sembra che il decreto vada nella giusta direzione e che ci siano scelte coraggiose”. Più poteri, quindi, per Raffaele Cantone, l’uomo che il presidente del Consiglio ha voluto per “cacciare i corrotti”. Ma dal giorno della nomina, l’esecutivo non era ancora riuscito ad approvare il decreto necessario. Oggi dopo quasi un mese e mezzo, si sblocca la situazione.

Vigilerà sui contratti pubblici, a cominciare da quelli legati ad Expo, con la possibilità di ordinare ispezioni, ma soprattutto con il potere di proporre commissariamenti ad hoc non dell’azienda, ma di singoli appalti sospetti, redigendo una contabilità separata. Il ruolo di Cantone fa un salto di qualità: da guida di un organismo con armi spuntate assume la funzione di super-ispettore. Tutte le prerogative finora in capo all’Authority sugli appalti pubblici, che viene affidata da subito al magistrato in qualità di commissario straordinario, passeranno all’Anticorruzione nel giro di pochi mesi, e comunque entro la fine dell’anno: entro questo termine sarà pronto il piano per il trasferimento delle competente e per affinare i compiti di trasparenza e prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni su cui l’Anticorruzione si dovrà focalizzare. Per farlo, avrà un rafforzamento di uomini e strumenti.

Per ora intanto il governo ha indicato gli altri quattro commissari che affiancheranno Cantone all’Authority, passaggio necessario per renderla operativa, dal momento che è un organo collegiale. Sono due uomini e due donne: Michele Corradino, consigliere di Stato; il docente di diritto amministrativo Francesco Merloni; la costituzionalista Ida Angela Nicotra e la giurista Nicoletta Parisi. Sui nomi da scegliere ci sarebbe stata un confronto abbastanza serrato, ma in ogni caso si tratta di personalità gradite allo stesso Cantone.

La vera arma inserita nel provvedimento varato oggi e annunciata dal premier Renzi nella conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri, è quella che permette i commissariamenti di singoli appalti in caso di notizia di reato o provvedimenti restrittivi. Una novità assoluta rispetto a quello che fino ad ora è stata l’Autorità. Cantone lo sa bene e da Napoli, dove ha partecipato a un convegno, parla di “scelte coraggiose” e dà una valutazione positiva della norma che non si spinge fino alla revoca degli appalti, ma ne prevede il commissariamento. Cantone e la sua squadra erediteranno poi le facoltà, in particolare quelle ispettive, affidate finora all’Authority degli appalti, la vera grande sconfitta di questa partita. Evidentemente, non essere riuscita a prevenire i grandi scandali esplosi nelle ultime settimane, da Expo a Mose, ha lasciato un segno e ora quest’organismo si avvia a uscire di scena.

In materia di gare per i lavori pubblici, l’iter legato ai requisiti soggettivi per la partecipazione alle gare viene semplificato, perché viene richiesto solo al vincitore. Se invece si commettono irregolarità essenziali e sanabili nelle procedure di affidamento degli appalti, il concorrente dovrà pagare una sanzione pecuniaria alla stazione appaltante entro 10 giorni, pena l’esclusione dalla gara. Il provvedimento prevede anche misure per sveltire il processo amministrativo di fronte a Tar e Consiglio di Stato. Entro il 2015 è prevista la partenza del processo amministrativo digitale con la firma digitale degli atti. Ma vengono introdotte anche misure per accelerare i procedimenti, favorendo l’accesso alla fase di merito, con l’udienza che deve essere fissata entro 30 giorni e la sentenza in forma semplificata; mentre si scoraggia, anche attraverso un meccanismo di cauzione che il ricorrente deve versare, l’utilizzo delle sospensive, che spesso rallentano l’iter prima che si arrivi a una decisione definitiva. A questo punto, l’ultimo tassello è quello delle misure penali a cui stanno lavorando il ministero della Giustizia ma anche le Camere: entro fine mese è atteso il via libera all’introduzione del reato di autoriciclaggio, la reintroduzione del falso in bilancio, l’inasprimento delle pene per la corruzione, il Daspo per i politici e misure sulla prescrizione

Da - http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/06/13/corruzione-governo-da-poteri-a-cantone-potra-commissionare-gli-appalti/1027202/
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« Risposta #58 inserito:: Giugno 14, 2014, 10:47:43 pm »

Riforme, i ribelli Pd all'attacco: “Vergognosa presa partitocratica sul Parlamento"
All'indomani delle 14 autosospensioni di protesta, non si placa il caos nel partito.
Renzi: "Non mi rassegno alla palude, Mineo doveva farsi da parte".
Botta e risposta tra il senatore sostituito in commissione Affari costituzionali e il capogruppo Zanda.
 L'affondo di Chiti: "Amareggiato". I Popolari si appellano a Grasso contro la rimozione di Mauro

ROMA - Il giorno dopo le 14 autosospensioni di protesta in seno al Pd, non si placa il caos interno al partito. Il caso esploso con la sostituzione di Corradino Mineo in commissione Affari costituzionali (dove si discute la riforma del Senato) rompe la pax renziana iniziata nella notte delle europee e rischia di avere ripercussioni anche all'assemblea di sabato all'Ergife, quando si dovrà eleggere il nuovo presidente dem.

"Non ho avuto tempo di occuparmi di questioni interne al Pd. Lo farò domani in assemblea. Ho letto però resoconti sorprendenti. Chi non segue la linea del partito ha il dovere di farsi da parte. Poi in aula dirà la sua, e allora nessuno di noi espellerà nessuno", ha detto Matteo Renzi. "Ma se tu usi il tuo potere di veto per affossare un progetto del governo non stai esercitando la libertà di coscienza, stai affossando un progetto del governo. E' del tutto pacifico quindi che possa esistere il potere di sostituzione da parte del capogruppo. Non si tratta né di espulsione né di epurazione", ha continuato il presidente del Consiglio che ha aggiunto: "I cittadini ci hanno chiesto di cambiare l'Italia. Accetto tutte le proposte in linea con quello che chiedono i cittadini. E non mi rassegno all'idea che vinca la palude".

Renzi poi ha affondato. Alcuni senatori cercano i loro "15 minuti di celebrità", mentre il governo prova a "rinnovare l'Italia": "Mentre qualcuno passa le giornate a ragionare di cosa fa un senatore, e sono i 15 minuti di celebrità che stanno nella storia della cultura contemporanea, noi stiamo radicalmente rivoluzionando l’Italia". Poi è passato a Orsoni aggiungendo, "il Pd su queste cose non guarda in faccia i suoi, figuriamoci se ha paura di qualcuno che prova a bloccare le riforme. Con animo sorridente, noi andiamo avanti".

Stamani, a tenere banco è stato il botta e risposta a distanza tra lo stesso Mineo e il senatore Luigi Zanda, capogruppo Pd a Palazzo Madama. Da Firenze, intanto, il nuovo sindaco Dario Nardella - tra i fedelissimi di Matteo Renzi - ha commentato il caso con un "Mineo chi?", rievocando, di fatto, il "Fassina chi?" pronunciato mesi fa dal segretario dem (video).

"C'è una presa partitocratica sul Parlamento che è una vergogna - ha detto ad Agorà su Rai3 l'ex direttore di RaiNews24, che già ieri aveva parlato di "epurazioni" -. Vorrei chiarire che in nessun momento, in commissione Affari costituzionali, ho paralizzato la riforma del Senato. Non ho neanche mai votato in modo tale da fermare questa riforma, e nessuno dei senatori Tocci, Casson o Chiti hanno fatto qualcosa del genere: nostri veti non ce ne sono stati". Poi l'affondo contro Zanda: "Temo che questa personalizzazione contro di me voglia nascondere alcuni errori. I primi errori li ha fatti palesemente il capogruppo Zanda, che ha sottovaluto un dissenso, non lo ha considerato e ha fatto finta che fosse risolto a colpi di finte votazioni, raccontando oggi che ce ne sono state 117".

La replica è immediata: "Non rispondo a Mineo - dice Zanda -. Invece voglio fare una considerazione politica generale sulla necessità di compattezza del gruppo. Sono in Senato da dieci anni ma non so cosa significhi la formula dell'autosospensione. Ricordo bene però l'esperienza dell'Ulivo in Senato quando nel 2007 dodici senatori, dopo mesi di numerose e vivaci espressioni pubbliche di dissenso dal gruppo, decisero di uscirne per formare un nuovo gruppo. Non ho mai condiviso quella scelta e ho chiaro il clima politico che determinò e le conseguenze che ebbe. Il governo Prodi - ricorda - morì per mano di Clemente Mastella, ma la sua fine fu fortemente preparata dalla nostra debolezza numerica (simile all'attuale) e dal dissenso pressoché quotidiano di un gruppo di senatori dell'Ulivo. Tutto questo non si deve ripetere".

Ma a difendere Mineo e ad attaccare il modus operandi della maggioranza è il senatore Vannino Chiti (tra i 14 parlamentari autosospesi dal gruppo Pd) e sostenitore, a differenza dell'esecutivo, dell'elezione diretta dei senatori. Chiti parla di "una occupazione del parlamento ad opera dei partiti" e afferma: "Sono in parlamento grosso modo da quando c'è Zanda, mai ho visto dimissionamenti autoritari dalle commissioni. Del resto non era possibile: non ha precedenti nella storia repubblicana. I senatori Mauro (Mario, dei Popolari, ndr) e Mineo sono stati dimissionati dai rispettivi gruppi per dissenso possibile: io, senza essere avvertito, per misura cautelativa preventiva. Mi sento sinceramente amareggiato e offeso: per nessun atto del mio impegno, ormai lungo, nelle istituzioni penso mi possa essere addebitato un comportamento di scorrettezza".

Intervistato da RepubblicaTv, sul caso Mineo Pippo Civati dice: "Mi aspetto da Renzi una via d'uscita e parole mature" in vista dell'assemblea di domani.

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/06/13/news/riforma_del_senato_caos_pd_caso_mineo_zanda_governo_renzi_autosospensioni-88843700/?ref=nrct-2
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« Risposta #59 inserito:: Luglio 03, 2014, 06:39:47 pm »

Renzi fa gli auguri a Napolitano: "Sua guida presidio imprescindibile".
Grillo invece lo critica

Il premier loda la lungimiranza del Capo dello Stato. Mentre il leader del M5s gli ricorda di non aver mai incontrato i parenti delle vittime dell'incidente ferroviario di Viareggio. E non risparmia una stoccata anche al presidente del Consiglio
   
ROMA - Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano oggi compie 89 anni. E i principali esponenti di tutte le forze politiche gli hanno fatto pubblicamente gli auguri sui social network o tramite comunicati stampa. Parole altisonanti anche dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, che ha espresso al Capo dello Stato "i suoi migliori auguri per la saggezza, la determinazione e la visione" con cui Giorgio Napolitano svolge il suo alto incarico. "Alla vigilia del semestre europeo e in una stagione di riforme particolarmente importante per il nostro Paese - continua il premier - la guida lungimirante del presidente è un presidio solido, certo, imprescindibile".

Il leader del M5s, in un articolo pubblicato sul suo blog, ricorda al Capo dello Stato di non aver mai incontrato i parenti delle vittime dell'incidente ferroviario di Viareggio, accaduto per l'appunto il 29 giugno di cinque anni fa e nel quale persero la vita 33 persone.

"Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - si legge sul blog di Grillo - sebbene gli sia stato più volte richiesto, non ha ancora esaudito il desiderio dei familiari delle vittime di incontrarlo, ma ha insignito Moretti dell'onorificenza di Cavaliere del lavoro. Ma - continua l'articolo - a infierire sulle ferite dei familiari e dei sopravvissuti c'è anche la decisione dell'allora presidente del consiglio Letta di non far costituire lo Stato come parte civile al processo perchè si preferì agevolare la transazione con le assicurazioni di Fs e Gatx (la società proprietaria del convoglio che deragliò) anteponendo l'aspetto economico rispetto alla ricerca della verità".

"Il 29 giugno di 5 anni fa a Viareggio - ricorda il post dal titolo 'La strage di Viareggio, 5 anni dopo - un treno merci carico di Gpl deragliò, una delle quattordici cisterne si squarciò e il pericoloso contenuto fuoriuscì avvolgendo velocemente un'ampia zona di una nube gassosa che pochi secondi dopo si trasformò in fuoco. Un fuoco che avvolse un intero quartiere bruciando 33 persone di cui 3 bambini che dormivano nelle loro case. Ciò che è successo in questi 5 anni è rappresentativo del peggio della cialtroneria made in Italy: i tentativi di scaricare le responsabilità, la latitanza dello Stato, il depistare la verità, il tutelare i poteri forti invece che le vittime, la codardia e la mancanza di dignità nell assumersi la responsabilità e di chiedere scusa dinanzi a tanta sofferenza. L'allora amministratore delegato di FS Mauro Moretti liquidò il disastro come uno spiacevolissimo episodio, procedendo a licenziare Riccardo Antonini il ferroviere viareggino reo di sostenere gratuitamente i familiari delle vittime. Quel Moretti che, insieme ad altri 32 indagati, è stato rinviato a giudizio dal tribunale di Lucca per strage. Eppure diverse volte in ambienti Pd si è proposta la sua candidatura come ministro dei trasporti, se n'è discusso anche nel momento in cui fu costituito l'attuale governo".

Critiche a Renzi. Grillo, poi, sul suo sito non risparmia nemmeno una stoccata al premier Matteo Renzi sull'esito dell'ultimo vertice europeo che ha visto la designazione di Jean Claude Juncker a presidente della Commissione Ue. "A cosa serve tutto questo inutile e vuoto frastuono mediatico su crescita e flessibilità? - scrive il leader dei Cinque Stelle sul blog - A nascondere la prima gravissima sconfitta di Renzi: vi avevano detto che il voto al Pd sarebbe stato un voto a Schulz e invece è servito a nominare alla guida della Commissione europea Jean Claude Juncker. Il voto al Pd, in poche parole, è stato un voto alle peggiori politiche neo-liberiste che si incarnano alla perfezione nella figura di Juncker".

© Riproduzione riservata 29 giugno 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/06/29/news/grillo_critiche_a_napolitano_nel_giorno_del_suo_compleanno-90290442/?ref=HREC1-2
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