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Autore Discussione: Marco TRAVAGLIO -  (Letto 119234 volte)
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« Risposta #135 inserito:: Febbraio 12, 2009, 12:39:45 am »

Zorro di Marco Travaglio

Morta a morta


Si dice che gli uomini si svelano fino in fondo solo di fronte alla morte. È stato così anche di fronte alla morte di E.E. (come Michele Serra, non voglio neppur nominare quella povera ragazza usata come scudo umano dai peggiori avvoltoi).

Che ha costretto politici e giornalisti a dare il meglio o il peggio di sé. Berlusconi ha mostrato fino all'ultimo quanto gl'interessasse «salvare una vita»: dopo l'assalto al Colle, ora confida al fido Minzolini: «Abbiamo tutto l'interesse ad andar d'accordo con Napolitano, potrebbe crearci problemi»: per esempio non firmare le leggi incostituzionali sulla giustizia.

Intanto le sue tv, che lui controlla fotogramma per fotogramma, hanno sciacallato finchè han potuto, poi han mandato in onda quattro ore di «Grande Fratello». Così Canale 5 ha fatto il pieno di ascolti e di introiti pubblicitari e Mentana è rimasto in naftalina, per non disturbare Vespa.

Il quale, un'ora dopo la morte di E.E., aveva già riaperto il set di Cogne, di Erba e di Perugia, con qualche ritocco ad hoc per evitare confusioni, ma sempre sul filone «giallo». Infatti, al secondo minuto di «Morta a Morta», c'era già un «esperto» che lanciava sospetti sulle «vere cause» del decesso e invocava «esami tossicologici» per trovare le prove dell'omicidio.

Fatica sprecata: bastava interpellare Quagliariello, Gasparri, Fede o Giordano, che l'assassino l'han già scovato da giorni: Napolitano o, in alternativa, Peppino. Mancava solo il plastico della clinica «La Quiete», ma gli scenografi dell'insetto necrofilo ci stanno lavorando. Poi dice che uno guarda il Grande Fratello.

da unita.it
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« Risposta #136 inserito:: Febbraio 14, 2009, 12:14:10 pm »

Zorro di Marco Travaglio

Autobavaglio

Il Parlamento sta allegramente abolendo il diritto di cronaca. I giornalisti non potranno più pubblicare, nemmeno in maniera «parziale o per riassunto o nel relativo contenuto, atti di indagine preliminare, nonché quanto acquisito al fascicolo del pm o del difensore, anche se non sussiste più il segreto» fino al processo, che di solito inizia 4-5 anni dopo le indagini. Se lo fanno, rischiano l’arresto fino a 1 anno o una multa fino a 10 mila euro. Con questa porcata, non sapremmo ancora nulla del perché degli arresti di politici napoletani nello scandalo Romeo, del governatore De Turco, del sindaco D’Alfonso, di Angelucci, ma anche dei giovinastri che hanno stuprato ragazze e incendiato immigrati a Roma e dintorni (per citare gli ultimi fatti).
Niente di niente: né le tesi dell’accusa, né quelle della difesa. Così, se ci sono errori giudiziari, la stampa non potrà più svolgere la sua funzione di controllo. E, se ci sono prove schiaccianti di condotte scorrette di personaggi pubblici, non si potrà mandarli subito fuori dai piedi (come si fece con Fazio, Fiorani, Moggi, Saccà). Bruno Vespa esulta: «Ho sempre usato intercettazioni di vicende giunte a dibattimento». Balle: un mese fa dedicò un intero Porta a Porta alle telefonate del caso Romeo. Ma sentite quest’altra, che è strepitosa: «Bisogna evitare di processare le persone in tv prima che lo facciano i giudici». A parte i processi di Cogne, Erba, Rignano Flaminio, Garlasco e Perugia, celebrati e ricelebrati in anteprima a Porta a Porta, l’insetto ha ragione: lui, prima del processo, processa direttamente i giudici.

da unita.it
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« Risposta #137 inserito:: Febbraio 22, 2009, 03:25:28 pm »

Marco Travaglio


Come t'invento il vilipendio


La vicenda del presunto vilipendio del capo dello Stato da parte di Antonio Di Pietro si è rivelata, più che un equivoco, una figura barbina per l'Unione Camere Penali  Antonio Di PietroBei tempi, quando la Lega Nord voleva "abolire i reati di opinione, residui del codice fascista". Ora il ministro leghista Maroni querela 'Famiglia Cristiana' che ha definito "razzista" non lui, ma una norma dell'ennesimo pacchetto sicurezza. E Gasparri, il noto stilnovista che definisce "cloaca" il Csm, dà il benvenuto a Obama dicendo che "la sua elezione farà contenta Al Qaeda" e incolpa Napolitano per la morte di Eluana, fa fuoco e fiamme per una vignetta di Vauro. Ma in questo revival di intolleranza colpisce la vicenda del presunto vilipendio del capo dello Stato da parte di Antonio Di Pietro durante la manifestazione del 28 gennaio in piazza Farnese. L'epilogo è noto: la fulminea richiesta di archiviazione della Procura di Roma, cui è bastato ascoltare il discorso integrale del leader dell'Idv per stabilire che s'è trattato di un gigantesco "equivoco".

Più che un equivoco, una figura barbina per l'Unione Camere Penali, che aveva denunciato l'ex pm per aver definito "omertoso e mafioso" il Quirinale. Ma, soprattutto, una figuraccia per l'intera stampa italiana, che aveva avallato quell'assurda interpretazione pur disponendo del filmato del discorso. Bastava un'occhiata per scoprire che Di Pietro aveva "rispettosamente" criticato il Quirinale per la firma al Lodo Alfano e più avanti, a proposito degli scandali che si susseguono in Parlamento, aveva aggiunto: "Il silenzio uccide, è un comportamento mafioso, per questo voglio dire quel che penso".

Parlava del proprio eventuale silenzio, non di quello di altri. Ma un'agenzia di stampa, manipolando e associando le due frasi, aveva scatenato una piccata quanto irrituale replica del Quirinale alle presunte "espressioni offensive" che in piazza nessuno aveva pronunciato. Col solito strascico di dichiarazioni sdegnate di politici di destra, centro, sinistra e persino dell'Idv, tutti ignari di quanto realmente accaduto.


Così la bufala aveva iniziato a galoppare travolgendo ogni rettifica e rimbalzando di tg in tg, di sito in sito, di giornale in giornale. 'Corriere della Sera': "Attacco al Colle, bufera su Di Pietro", "Una brutta deriva". 'Libero': "La mafia di Di Pietro. Accusa il Quirinale di atteggiamenti degni di Cosa Nostra". 'Il Giornale': "Questi han perso la testa. L'ex pm dà del mafioso a Napolitano". 'Il Riformista': "Vergogna Di Pietro. Definisce mafioso il comportamento di Napolitano".

Nel 2004 uno studio dell'Isimm, commissionato dalla Vigilanza Rai, accertò che "la maggior parte delle notizie politiche dei tg nasce dalle dichiarazioni dei politici": Tg1, Tg2 e Tg3 dedicano il 62,4 per cento dello spazio alle dichiarazioni dei politici, il 28,2 alle notizie e solo il 9,4 ai contenuti. In Francia la proporzione è di 23, 21 e 54; in Spagna di 20, 45 e 35; in Germania di 32, 49 e 19. In Italia insomma la notizia non è quel che accade nella realtà, ma ciò che dicono i politici. E se ciò che dicono i politici non corrisponde alla realtà, è sbagliata la realtà.

(20 febbraio 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #138 inserito:: Marzo 06, 2009, 12:00:52 am »

Zorro

di Marco Travaglio


L'articolo Battista, il Corriere!


Il vicedirettore del Corriere, Pierluigi Battista, se la prende con Federazione della stampa e Ordine dei giornalisti (dimenticando prudenzialmente la Federazione editori) che osano contestare la legge-bavaglio: quella che vieta di raccontare le indagini in corso, «anche se non sussiste più il segreto». A lui il bavaglio piace da matti (anche se non ne ha bisogno), in nome del «diritto alla riservatezza» e «a non vedere distrutta la reputazione»: forse ignora che il primo diritto è già tutelato dalla legge sulla privacy del ’96 e il secondo dal Codice penale, che fin da Zanardelli punisce la diffamazione.

«Avete una pallida idea ­ si legge nello psichedelico articolo - di come sia rigidamente applicato il diritto alla riservatezza in Gran Bretagna?».

Sì, l’abbiamo.

I tabloid inglesi pubblicarono financo le telefonate («vorrei essere il tuo tampax») del principe Carlo con Camilla, registrate illegalmente da un maggiordomo.

E nel 2008 il governo Brown ha comunicato che nel Paese s’intercettano 1000 nuove persone al giorno, a opera di ben 653 organismi: non solo servizi e polizia, ma pure uffici finanziari e fiscali, direttori di carceri, comuni, poste, servizio ambulanze e pompieri.

In Italia si fanno (e si pubblicano) solo quelle disposte dai giudici. Poi c’è lo spionaggio illegale. Come quello su migliaia di persone a opera di Giuliano Tavaroli, capo della security Telecom di Tronchetti Provera, azionista del Corriere. Tra gli spiati c’era un vicedirettore del Corriere, Massimo Mucchetti.

L’altro vicedirettore, invece, ha difeso Tronchetti Provera: indovinate chi è.

da unita.it
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« Risposta #139 inserito:: Marzo 07, 2009, 12:29:41 am »

Marco Travaglio


Silvio, Agostino e il Comma 22


 Silvio BerlusconiDopo la fantasmagorica richiesta di archiviazione della Procura di Roma per l'inchiesta su Silvio Berlusconi e Agostino Saccà, vien da chiedersi perché il premier non si rilassi e continui a martellare le toghe. Sono dieci anni che, a parte pochi cani sciolti, decine di giudici di ogni ordine e grado fanno i salti mortali per salvarlo da se stesso. Nella famosa telefonata del 2007 Berlusconi raccomanda a Saccà cinque ragazze per Raifiction, "poi ti ricambierò dall'altra parte quando sarai un libero imprenditore". Ma, nelle cinque paginette della Procura già demolite da Marco Lillo sul sito dell''Espresso', si legge che "non vi è certezza del do ut des". E poi Saccà non sarebbe incaricato di pubblico servizio (strano: è un dirigente del "servizio pubblico radiotelevisivo"). Pur di liberarsi del fascicolo, i pm sostengono che le "segnalazioni" del Cavaliere ebbero "esito negativo": dimenticano che una favorita di Silvio rubò la parte in 'Incantesimo' a Sara Zanier, più brava ma senza santi in paradiso. Inoltre, per i pm, il rapporto fra i due è talmente "stretto e asimmetrico" che "Berlusconi non ha necessità di garantire indebite utilità per avere favori da Saccà".

Il ragionamento reggerebbe se nella telefonata non si sentisse il primo garantire indebite utilità al secondo. Cotanto argomentare ricorda quello della II Corte d'appello di Milano che nel maggio 2007 assolse Berlusconi per il doppio bonifico svizzero di 434 mila dollari passato nel 1991 da un conto Fininvest alimentato con soldi del Cavaliere a uno dell'avvocato Previti fino a uno del giudice Squillante. Bonifico accertato, come la sua "funzione corruttiva", ma non si vede "perché mai un imprenditore avveduto come Berlusconi, dotato di immense disponibilità finanziarie, avrebbe dovuto effettuare (meglio, far effettuare) un pagamento corruttivo attraverso una modalità (bonifico bancario) destinata a lasciare traccia, anziché con denaro contante". Ecco: Silvio è innocente 'a prescindere'. Se non lascia tracce, manca la prova; se lascia tracce, è impossibile che le abbia lasciate.


I giudici non devono credere neppure ai propri occhi. Esaminando poi due pagamenti brevi manu da Previti a Squillante raccontati da Stefania Ariosto, gli stessi giudici esprimono "ovvie perplessità" sulla "tesi, deviante rispetto all'esperienza, che persone accorte e professionalmente qualificate come Previti e Squillante si spartissero mazzette coram populo". Triplo salto mortale carpiato: se Berlusconi lascia tracce su un bonifico svizzero, ciò è impossibile perché è più probabile che pagasse cash; se Previti viene visto pagare cash, ciò è impossibile perché è più probabile che usasse sistemi più sicuri. Tipo i bonifici svizzeri? Insomma, la corruzione esiste solo quando non viene scoperta. Ergo non è mai punibile. Come nel romanzo 'Comma 22' di Joseph Heller: i piloti militari possono essere esonerati dai voli di guerra solo se pazzi; ma chi chiede l'esonero dai voli di guerra non può essere pazzo; quindi è impossibile essere esonerati dai voli di guerra.

(06 marzo 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #140 inserito:: Marzo 13, 2009, 03:45:01 pm »

Auto blu e polvere bianca


Secondo quanto disposto dalla legge Alfano, gli indizi raccolti in un'intercettazione non bastano più per prorogarla o per disporne un'altra. Occorrono elementi diversi, esterni  Uno degli aspetti più demenziali (e oscurati) della legge Alfano sulle intercettazioni
è questo: si può intercettare solo in base a "elementi non limitati ai soli contenuti
di conversazioni intercettate nel medesimo procedimento".

Traduzione: gli indizi raccolti in un'intercettazione non bastano più per prorogarla o per disporne un'altra. Occorrono elementi diversi, esterni. Che combinazione: proprio come nel caso avvenuto qualche mese fa a Palermo. La squadra Mobile intercetta un pusher della Palermo bene, Stefano Greco. E con ascolti, appostamenti e pedinamenti, smaschera una rete di spacciatori e consumatori che, di fatto, finanziano il traffico di droga. Uno dei destinatari, stando alle intercettazioni, è Ernesto D'Avola, autista di Gianfranco Miccichè (uomo forte di Forza Italia in Sicilia e sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega al Cipe, appena incaricato da Berlusconi di "gestire il passaggio da Forza Italia al Popolo della libertà" insieme ad Alfano).

D'Avola comunica col pusher tramite un intermediario, che il 5 dicembre scorso
gli passa la 'roba'. Gli agenti, presenti sul posto, bloccano l'auto di D'Avola, accompagnato da un amico, subito dopo la consegna. E vi sequestrano una busta piena di cocaina con su scritto 'On. Gianfranco Miccichè'. Quel che accade dopo lo raccontano due informative della Mobile al Questore e alla Procura: "Il D'Avola consegnava spontaneamente il plico, dicendo che il tutto era di pertinenza dell'on. Miccichè. All'interno risultavano custoditi grammi 5 di sostanza, che a seguito di accertamento risultava essere cocaina".

Poi però D'Avola e l'amico cambiano idea e sostengono che la coca era per uso personale. Ancora qualche mese e, approvata la 'riforma', la trafila dal pusher all'intermediario all'autista del sottosegretario sarebbe rimasta sepolta per sempre. Non solo, ma l'intricato giro di spaccio non sarebbe mai stato scoperto: per intercettare l'intermediario e poi il destinatario ultimo (o penultimo?), gli agenti avrebbero dovuto fermarsi e cercare elementi 'esterni' a quelli contenuti nelle intercettazioni del pusher. Mission impossible. Inchiesta bloccata a metà, sul più bello. Nelle indagini di droga, come in tutte quelle sui reati 'in itinere', le varie consegne emergono dalle intercettazioni.

Si risale dal basso verso l'alto, dall'ultimo spacciatore ai vertici e ai finanziatori dell'organizzazione. Una tecnica investigativa che presto sarà proibita dal governo dei pacchetti sicurezza e della tolleranza zero. Chissà che ne dice l'altro sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, quello con delega alla lotta alla droga, autore della legge che punisce anche l'uso personale, impegnato in questi giorni a Trieste nella Conferenza nazionale sulle droghe.

Ancora pochi mesi fa tuonava: "La linea del governo è chiara: drogarsi è illecito". Ora non vorremmo che organizzasse una ronda sotto la sede del Cipe.

(12 marzo 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #141 inserito:: Aprile 08, 2009, 10:09:15 am »

Marco Travaglio.

Tutti alla corte del Sultano di Arcore

Mentre il premier continua ad affidarsi alla strategia della demonizzazione dell'avversario politico, il Pd sembra incapace di reagire  Silvio BerlusconiNel congresso che l'ha incoronato all'unanimità (nemmeno un delegato pagato per votargli contro), il Sultano di Arcore ha confermato ciò che scriveva Claudio Rinaldi. Lui non dimentica mai il precetto di Gustave Le Bon: "Il candidato avversario si tenterà di schiacciarlo dimostrando che è l'ultimo dei farabutti" ('Psychologie des foules', 1895). Demonizzazione pura.

Lo stesso non si può dire dei presunti avversari del Pd, che per tre giorni l'han lasciato scorrazzare indisturbato per tv e giornali, opponendogli i soliti impercettibili pigolii. Franceschini - che finora l'aveva incalzato su temi a presa rapida, come l'assegno ai precari disoccupati e l'election day per risparmiare 500 milioni - s'è attardato sul fiacco argomento della candidatura-truffa alle Europee: una polemicuzza politichese che interessa a pochi.

Quel gran genio di Violante ha pensato bene di ricordare che nel '94 gli ex Pci "non avevano capito nulla di Berlusconi", regalandogli un'altra freccia per infilzarli. D'Alema e Marini hanno abboccato all'amo dell'ennesima "riforma costituzionale", come se non fossero bastate la Bicamerale del '96 e la "grande riforma" di veltroniana memoria: il Cavaliere avrebbe dovuto premiarli al congresso del Pdl come soci fondatori ad honorem.

Anche stavolta, con i suoi balbettii, il Partito Disperati ha perso ottime occasioni per seminare pepe e zizzania in campo avverso. Ad esempio sulla beatificazione di Craxi, subito fulminata da Beppe Grillo con un nuovo acronimo: Partito del Latitante.

Tre settimane fa, ad 'Annozero', il leghista Castelli aveva maledetto "Craxi, Andreotti e Forlani che ci hanno regalato questo debito pubblico". Perché non ricordare che, se ogni anno paghiamo 80 miliardi di interessi sul debito, lo dobbiamo anche allo spirito guida del premier?


E fu proprio Bettino, non i comunisti, a sponsorizzare il referendum del 1987 contro le centrali nucleari che ora il suo figlioccio vuole ricostruire, gettando al vento
una ventina di miliardi. Perché, invece di inseguire i doppigiochi di Fini, non rammentargli qualche verità scomoda?

Autosciogliendosi nell'acido, Fini ha ricordato Paolo Borsellino, "un esempio da seguire non perché fosse nel Fuan, ma perché sacrificò la vita in nome del dovere". È lo stesso Borsellino che il 23 maggio 1992, due giorni prima di Capaci e 59 giorni prima di Via d'Amelio, rivelò a Canal Plus che si stava ancora indagando sui rapporti fra Berlusconi, Dell'Utri e Mangano, l'ex fattore di Arcore che lui definì "testa di ponte di Cosa Nostra al Nord per il traffico di eroina" e il riciclaggio.

Volendo poi esagerare, si poteva pure stuzzicare Tremonti, che s'è dipinto come un forzista antemarcia. Se è vero - come ha svelato al congresso - che nel luglio '93 partecipò alle riunioni di Arcore, come mai nel '94 definì le promesse di Berlusconi "panzane" e "miracolismo finanziario" e si candidò contro di lui nel Patto Segni? Era per caso un infiltrato in incognito? Così, tanto per sapere.

(03 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #142 inserito:: Aprile 09, 2009, 11:22:45 pm »

Zorro di Marco Travaglio 


Sciacalli e leccapiedi


Due futuri premi Pulitzer, sul Giornale e a Radio24, mi danno gentilmente dello «sciacallo» perché ho ricordato quali danni aggiuntivi ai terremoti avrebbero comportato il “piano casa” e il ponte di Messina (in una delle zone più sismiche d’Europa) se sciaguratamente fossero già stati realizzati.

I servi furbi sono così accecati dalla saliva delle loro lingue da non accorgersi che a liquidare il ponte, all’indomani della sciagura abruzzese, è stato il sottosegretario alle Infrastrutture del loro adorato governo, il leghista Roberto Castelli; e che a rinviare sine die il “piano casa” è stato il ministro forzista Raffaele Fitto, con la soave espressione dorotea della «pausa di riflessione».

Intanto il ministro Claudio Scajola annuncia che nel decreto saranno inserite precise «misure antisismiche»: fino a domenica non ci aveva pensato nessuno.

La parola “terremoto” non compariva mai nella proposta inviata a giugno dal governo alle regioni, nella bozza di un mese fa e men che meno nell’intesa del 31 marzo.
Anzi, lì un cenno c’era, ma per smantellare i divieti (art.6: «Semplificazioni in materia antisismica»). Solo due giorni fa, mentre l’Abruzzo crollava, si son ricordati che siamo il paese più a rischio d’Europa e hanno cancellato l’art.6 e, al posto, hanno infilato qualche riga di «misure urgenti in materia antisismica»: gli ampliamenti delle case non saranno autorizzati «ove non sia documentalmente provato il rispetto della normativa antisismica». Ci son voluti 260 morti, per ripristinare la legalità.

A proposito di sciacalli. Vergogniamoci per loro, e per i loro servi.

da unita.it
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« Risposta #143 inserito:: Aprile 10, 2009, 10:51:57 am »

Marco Travaglio


Politica estera: non pervenuta

Il Cavaliere continua a collezionare gaffes all'estero. E non è un caso. Superati i confini italiani, il premier infatti non può più contare sui media - giornali e tv - di sua proprietà. 

Forse non è un caso se le peggiori figuracce Silvio Berlusconi le colleziona all'estero. Appena oltrepassa i confini patrii, perde tutti i paracadute che in Italia lo salvano da tutto, specie da se stesso. All'estero non può contare su giornali e tv di sua proprietà: lì non si usa. Gli basta fare o dire molto meno di quel che fa o dice in Italia per scatenare il finimondo.

Un giorno qualcuno traccerà finalmente un bilancio della sua lunga stagione politica e risponderà a una domanda semplice semplice: cosa lascia di memorabile in eredità ai posteri il premier più longevo della storia repubblicana? Roberto Benigni provò a rispondere nel 2005 in un celebre sketch a 'Rockpolitik': a parte la patente a punti, non gli venne in mente nulla. Ma restò isolato. In politica estera invece la nullaggine berlusconiana si nota a occhio nudo, anche perché fra i giornalisti che la raccontano al mondo non ci sono dipendenti Mediaset.

Tre anni fa, dopo aver contribuito a esportare a suon di bombe la democrazia in Afghanistan, il Cavaliere esaltò il regime fantoccio di Hamid Karzai come "il primo governo finalmente democratico": infatti proseguono torture ed esecuzioni capitali, col contorno della legge che autorizza gli stupri in famiglia. Roba da rimpiangere i talebani. Il piccolo esportatore di democrazia è riuscito a non dire una parola sul regime russo dell'amico Vladimir, sullo sterminio di 100 mila ceceni, sull'attacco alla Georgia e sulla mattanza dei giornalisti d'opposizione (l'altro giorno è morto ammazzato il 48 dell'èra Putin). Anzi, ora s'è messo in testa di fidanzare l'autocrate di Mosca con Obama.

Poi c'è il filo diretto con Tripoli. Il 24 marzo è uscita sul 'Corriere della sera' una notizia che, come tutte le notizie, in Italia non ha fatto notizia: "Il governo italiano proverà a mettere pace nel contenzioso che oppone la Libia alla Svizzera dopo l'arresto nel luglio scorso a Ginevra di
Hannibal Gheddafi, figlio del colonnello Muhammar, accusato di maltrattamenti ai danni di due persone di servizio". Il ministro degli Esteri Franco Frattini annuncia giulivo che "l'Italia è pronta a fare la sua parte con parole di rasserenamento a favore della Svizzera in virtù della particolare amicizia con Tripoli".

Ecco: perché mai l'Italia è "particolarmente amica" di una tirannide che calpesta i diritti civili e umani e usa il traffico degli schiavi moderni per ingannare il nostro governo, che in cambio le regala 5 miliardi di dollari? La risposta è in un'illuminante dichiarazione di Abdulhafed Gaddur, ambasciatore libico a Roma: "Vogliamo mettere a disposizione delle imprese italiane una zona franca, anche dal punto di vista fiscale, vicino a un porto e a un aeroporto".

Casomai il premier capitasse dalle parti del Parlamento, un'eventuale opposizione potrebbe domandargli se sappia niente del progetto. Che parrebbe lievemente incompatibile con la guerra ai paradisi fiscali da lui dichiarata al G20 di Londra.
O è stato frainteso anche su questo?

(09 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #144 inserito:: Aprile 15, 2009, 09:00:53 am »

Zorro di Marco Travaglio 

Il Residente del Consiglio


Fervono alacremente - informa il Corriere della sera - i preparativi di Al Tappone per alloggiare alcune famiglie terremotate «in almeno tre case di sua proprietà».

Ma, garantisce Lui, «sto vedendo di trovare altre mie case da offrire». Non si può mica pretendere che se le ricordi tutte a memoria, data l’età e il numero delle magioni.
«Ho due o tre idee in mente di quelle giuste – minaccia il Residente del Consiglio – se mi riescono trasformeremo un male in un bene».

Non si esclude di paracadutare qualche senzatetto nelle ville alle Bermuda e ad Antigua: due paradisi fiscali che consentiranno ai fortunati vincitori di depositare i loro miliardi presso conti cifrati.

Per ora appare certo che i primi estratti andranno ad acquartierarsi a Villa Certosa che, essendo mezza abusiva, li farà sentire come a casa propria.
Lo spazio non manca: ci sono il forno a legna per le pizze, il chiosco per i gelati, l’anfiteatro greco, il finto nuraghe affrescato, la collezione di cactus, senza dimenticare le piscine condonate per la talassoterapia.

Casomai gli sfollati sentissero nostalgia di casa, è pronto a entrare in funzione il finto vulcano che, azionato con apposita pulsantiera, erutta lava artificiale con scossa sismica incorporata.

Poi c’è Villa San Martino ad Arcore, dove da anni è disabitata la dépendance a suo tempo occupata dallo stalliere mafioso Vittorio Mangano. Da qualche tempo s’è liberato anche l’alloggio della servitù, da quando James Bondi ha traslocato in Parlamento. Senza contare il comodo mausoleo funerario in stile assiro-milanese, ancora desolatamente disabitato.

da unita.it
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« Risposta #145 inserito:: Aprile 21, 2009, 11:27:28 am »

Zorro

di Marco Travaglio


Udc, Unione dei casini


Già deputato del Pli e poi di FI, aspirante alleato della Lega, sottosegretario di due governi Berlusconi, autocandidato per il centrosinistra, assessore comunale col centrodestra a Milano e sindaco centrista di Salemi, Vittorio Sgarbi sarà in lista con l’Udc per le europee.

L’ha annunciato sul Giornale: «Una scelta di coerenza». Sempre stato un fan di Casini. Infatti nel 2001, quando Piercasinando esordì alla Camera invocando la Madonna di San Luca, Sgarbi lo prese per i fondelli: «Vorrei sapere chi scrive i discorsi a questo qui. Questo è un Parlamento democristiano monocolore sotto giurisdizione del Vaticano, ma il riferimento alla Madonna sembra fatto apposta per scatenare l’ironia».

Pier replicò tre anni dopo: «Sgarbi è straordinario, ma quando non parla di politica: ah, se parlasse sempre solo d’arte…». Sgarbi intanto, superato quello azzurro, quello bianco e quello verde, era entrato nel periodo rosè. E invitò Casini a «passare subito al centrosinistra per costruire un grande centro» (testuale).

Ora, se andrà a Bruxelles, sarà interessante seguirlo sul fronte della difesa della «famiglia tradizionale», cavallo di battaglia dell’Udc.

Il suo contributo al tasso di natalità è di tutto rispetto, anche se con donne diverse: «Io – ha svelato nel 2003 - di figli ne ho tre ufficiali e uno dubbio: c’è pure un bambino che mi ha visto e mi ha chiamato papà, ma non so bene come stanno le cose... Ma, se una ragazza rimane incinta, mica può disfarsi di un figlio di Sgarbi: è un patrimonio». Parole che non hanno lasciato insensibili i promotori del Family Day: abile e arruolato.

da unita.it
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« Risposta #146 inserito:: Aprile 25, 2009, 10:10:39 am »

Marco Travaglio.


Miglio col bene che ti voglio


Ci vuole un bel coraggio, alla Lega Nord, per riesumare il professor Gianfranco Miglio e attribuirgli la paternità della cosiddetta Riforma federalista firmata da Roberto Calderoli, grande esperto di leggi 'porcata'. Una riforma che - come ha spiegato, anzi minacciato Renato Brunetta - ci regalerà "20 regioni a statuto speciale".

Miglio invece - l'ha ricordato Massimo Cacciari in un convegno opportunamente disertato da Umberto Bossi - proponeva quattro o cinque macroregioni, per evitare sprechi e particolarismi. Eppure il Carroccio prepara un controconvegno di appropriazione indebita, alla presenza nientemeno che di Bobo Maroni. Per dimostrare, scrive 'La Padania', restando seria, che "il professore ha anticipato tempi, pensiero e polpa dell'azione della Lega". Lo stesso Bossi, il 7 febbraio, si era avventurato in ardite analisi politologiche su 'La Provincia' di Como: "Per me Miglio è sempre stato una specie di punto di sicurezza. Con lui potevo parlare e ragionare". Sempre stato? Mica tanto. I due si conobbero nel 1990 (Miglio però non prese mai la tessera della Lega) e divorziarono rumorosamente nei primi mesi del 1994, quando il Carroccio si alleò con Berlusconi, "questo riccone che piace tanto ai cafoni del Sud perché sa far tintinnare i suoi soldi, guadagnati non importa come" (5 febbraio).
Lo studioso testimoniò al processo Enimont contro Bossi, imputato per la stecca di 200 milioni targata Ferruzzi-Montedison, e contribuì a farlo condannare.

La sentenza Enimont ricorda come Miglio "ha riferito che, all'approssimarsi delle elezioni del '92, aveva chiesto a Bossi se disponesse di risorse finanziarie sufficienti per la campagna elettorale e questi gli aveva risposto: 'Non ti preoccupare, ci penso io... Ho stabilito buoni rapporti con i Ferruzzi, ci aiuteranno'. Miglio ha detto di essere a conoscenza che la Lega reperiva risorse finanziarie da imprenditori che effettuavano finanziamenti illeciti direttamente a Bossi per ingraziarselo".

Poco prima Umberto gli aveva preferito come ministro delle Riforme il pittoresco Enrico Speroni. "Il governo", sentenziò Miglio, "ha un programma demenziale, roba da restaurazione" (17 maggio '94). Bossi, con la consueta eleganza, gli diede del "poveraccio", "vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché non gli han dato la poltrona". Replica a stretto giro del Prufesùr: "Bossi è un incolto, buffone, arrogante, isterico, arabo levantino mentitore, lo schiaccerò come una sogliola. Se mi si ripresenta lo caccio a pedate nel sedere" (18 maggio), "Un botolo ringhioso attaccato ai pantaloni di Berlusconi", "Se gli dicessero che, per entrare nella stanza dei bottoni, deve travestirsi da donna, correrebbe a infilarsi la gonna e a darsi il belletto" (10 agosto). E il Senatùr, in dolce stil novo: "Me ne fotto delle minchiate di Miglio", "Arteriosclerotico, traditore", "Ideologo? No, panchinaro", "Una scoreggia nello spazio".

Ora urge convegno, in rime baciate.

(24 aprile 2009)
da espresso.repubblica.it
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« Risposta #147 inserito:: Aprile 27, 2009, 11:43:35 am »

Zorro

di Marco Travaglio


Indrorepellenti


Il Giornale e Littorio Feltri non han gradito la puntata di Annozero su Montanelli e quel che resta dell'informazione. «Manipolatore. Santoro stravolge Montanelli», tuona quel che resta del Giornale. «Indro si rivolta nella tomba» titola Libero, giornale-ossimoro. Poveretti, vanno capiti. Speravano di cavarsela con le solite appropriazioni indebite.
Gli è andata buca: Santoro ha resuscitato Montanelli mostrando con i filmati quel che diceva e pensava di Berlusconi, del fu Giornale e di Feltri, sbugiardato in diretta al Raggio Verde. Mario Giordano, che Montanelli non l'ha mai visto neppure in cartolina, ne parla come di un vecchio amico e si scortica le ginocchia con un'intervista-scendiletto a un testimone super partes: Fedele Confalonieri. Domande ficcanti: «Mi commuovo anch'io», «Voi gli volevate bene?», «Sciacallaggio?».

Altro titolo memorabile: «Santoro, giù le mani da Montanelli» (sul Giornale da cui fu cacciato nel '94). Feltri non s'è ancora riavuto dalla figuraccia del Raggio Verde.
Dimentica di raccontare che, sei mesi prima della cacciata di Montanelli, si accordò con Berlusconi per prenderne il posto. E spara elegantemente sulla tomba: «Montanelli inconsapevolmente si vendette alla sinistra. Sull'ultimo capitolo della sua vita, quando non era più lui ma un novantenne esacerbato dal rancore, conviene sorridere».

Ridi, ridi.

Annozero voleva confrontare il giornalismo di Montanelli con quello di oggi. Grazie a Giordano e Feltri, ci è riuscito. «Il disprezzo ­ diceva Indro citando Chateaubriand ­ va usato con parsimonia, in un paese così pieno di bisognosi».

da unita.it
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« Risposta #148 inserito:: Maggio 05, 2009, 05:45:07 pm »

Zorro

di Marco Travaglio


Lodo Veronica


L’improvvisa comparsa dell’avvocato Ghedini sulla scena del divorzio preannuncia avvincenti sviluppi nella guerra dei Roses brianzola. È allo studio un Lodo Veronica in 4 articoli che verrà tosto comunicato al ministro Al Fano e all’occorrenza spiegato con l’ausilio di disegnini, dopodiché sarà sottoposto alle opposizioni per il necessario dialogo bipartisan:

" 1) Le cause di divorzio che coinvolgano le quattro alte cariche dello Stato sono sospese fino alla scadenza dei rispettivi mandati, sospensione prorogata in caso passaggio da una carica all’altra; la sospensione non vale in caso di divorzio attivo (alta carica che molla la moglie), ma solo di divorzio passivo (alta carica mollata dalla moglie).

2) Vietato divorziare in prossimità di elezioni di ogni ordine e grado: ogni causa avviata nei 40 giorni precedenti il voto è da considerarsi nulla e mai più reiterabile.

3) Le cariche di cui all’art. 1 sono dispensate dal divieto di frequentare ragazze minorenni; anzi, se lo fanno riceveranno la comunione direttamente dalle mani del Santo Padre (previa deroga ai Patti Lateranensi).

4) Le notizie sulla vita privata delle quattro cariche sono coperte da segreto di Stato e punite con severissime pene detentive, eccezion fatta per quelle commissionate dalle cariche medesime per autoritrarsi in idilliaci quadretti familiari; il gossip può invece proseguire serenamente sulle testate di proprietà di una delle alte cariche quando riguardi privati cittadini o esponenti dell’opposizione (vedi caso Sircana o bacio tra Di Pietro e un’amica).

5) Io so’ io e voi nun siete un cazzo "

da unita.it
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« Risposta #149 inserito:: Maggio 08, 2009, 04:50:49 pm »

Marco Travaglio.


L'Europa che piace a Casini

Il leader dell'Udc, in un'intervista rilasciata a 'L'espresso' nel 2006, era stato categorico: "Non ricandideremo nessun inquisito". Ora nelle sue liste svettano personaggi come Ciriaco De Mita e Giuseppe Naro  Pier Ferdinando CasiniNel 2005, da presidente della Camera "ma soprattutto da padre", Pier Ferdinando Casini invocò "il rispetto dei bambini, obiettivo cui nessuno può sottrarsi" perché "non si può cedere alle necessità del mercato", ergo "giornalisti e garante della privacy devono fare di più" e "innalzare gli argini". Ora che lo stesso Casini compare sui megamanifesti elettorali dell'Udc ('Un disegno comune') in compagnia di bambini, qualcuno potrebbe pensare che abbia ceduto alle necessità del mercato.

Chissà che ne dice il garante della privacy. Lo stesso Casini, con 'L'espresso' (23 febbraio 2006), era stato categorico: "Non faremo sconti: a parte Cuffaro, non ricandideremo nessun inquisito". E l'anno scorso, a 'Ballarò', convenne col giudice Piercamillo Davigo: "I partiti devono fare pulizia al proprio interno". Ora deve aver cambiato rapidamente e radicalmente idea. Nelle sue liste per l'Europa infatti svettano personaggi dal curriculum giudiziario di tutto rispetto. Ciriaco De Mita vanta una notevole collezione di prescrizioni per vari episodi di Tangentopoli.

Giuseppe Naro da Messina ha al suo attivo un arresto, una condanna definitiva per abuso d'ufficio (acquistò con denaro pubblico 462 ingradimenti fotografici alla modica cifra di 800 milioni di lire) e due prescrizioni per la Tangentopoli messinese e per le spese folli di Taormina Arte (peculato). Ferdinando Pinto, arrestato e poi assolto per mancanza di prove dall'accusa di aver incendiato il teatro Petruzzelli, è stato condannato in sede civile a risarcire i proprietari per 57 miliardi di lire (mai pagati). E ora è di nuovo imputato a Bari per aver depistato le indagini, accusato di falso, contraffazione di pubblici sigilli, calunnia, falso giuramento, falsa testimonianza e violenza, con l'aggravante di aver favorito il clan Capriati.

Saverio Romano è indagato a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e sotto osservazione per le rivelazioni di Massimo Ciancimino, che sostiene di avergli allungato un 'contributo' di 100 mila euro. Angelo Sanza invece si salvò da Tangentopoli perché un finanziamento in nero di 200 milioni da Florio Fiorini, pur dimostrato, fu ritenuto non punibile in quanto proveniente dall'estero. Infine

Ivo Tarolli, intimo del governatore Antonio Fazio, è stato indagato a Milano e poi a Lodi per appropriazione indebita dopo le rivelazioni di Gianpiero Fiorani su un gentile omaggio di 30 o più mila euro in piena scalata Antonveneta. La sua posizione è stata poi stralciata in vista dell'archiviazione.

Ed è una fortuna che l'Mpa abbia soffiato all'Udc Vittorio Sgarbi (pregiudicato per truffa allo Stato) e il Pdl le abbia strappato gli eurodeputati uscenti Vito Bonsignore (pregiudicato per tentata corruzione) e Aldo Patriciello (pregiudicato per finanziamento illecito e bi-imputato per due truffe). Altrimenti Piercasinando contenderebbe a Berlusconi la palma del partito a più alta densità di inquisiti. Un disegno comune. Ovvero: Unione dei condannati.

(07 maggio 2009)
da espresso.repubblica.it
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