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Autore Discussione: LIANA MILELLA  (Letto 75116 volte)
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« Risposta #105 inserito:: Dicembre 16, 2014, 06:55:21 am »

14
dic
2014

La bufala dell'anticorruzione

Liana MILELLA

Non pigliamoci in giro. La presunta manovra del governo contro la corruzione fa ridere. Renzi rimprovera chi la critica tra i magistrati pigliandosela perfino con il garbato Sabelli? E fa male. È una manovra ridicola per almeno tre buoni motivi. Il primo: se tutto va bene, vedrà la luce tra un anno, tra passaggi e contro passaggi parlamentari, perché è stato un errore inserire le nuove norme, tre in verità (stretta sul patteggiamento, confisca per gli eredi, corruzione punita fino a 10 anni), dentro un ddl “pesante” come quello che riforma il processo penale. Il secondo: perché solo il reato di corruzione meritava un aumento di pena, anziché 4-8 anni, 6-10 anni, anziché una maggiorazione di tutti i reati della sfera corruttiva? Così aveva ipotizzato coraggiosamente l'ufficio legislativo del Guardasigilli Orlando, ma poi è prevalsa un editio decisamente minor. Terzo motivo: la riforma della prescrizione è debole, perché non la blocca definitivamente con la sentenza di primo grado, ma la sospende soltanto. Poi, se il processo di appello non si fa in due anni e quello in Cassazione in un anno, l'orologio comincerà a correre di nuovo. Già mi immagino la bagarre degli avvocati per far durare il processo il più a lungo possibile. E poi, sono comunque norme che valgono per i reati futuri, come ci ha tenuto a dire lo stesso Renzi e com'è scritto nella norma transitoria e come ha preteso e imposto Ncd. E allora perché le si spaccia come una risposta ai guai di adesso?

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2014/12/14/la-bufala-dellanticorruzione/?ref=HREC1-1
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« Risposta #106 inserito:: Dicembre 20, 2014, 04:53:40 pm »

Diffamazione, Renzi non può firmare una legge che fa male alla stampa
Le nuove norme saranno approvate dopo le feste. E hanno un solo obiettivo: dare una stangata ai giornalisti.
Perchè la politica vuole celebrare il funerale delle notizie?


di LIANA MILELLA

19 dicembre 2014

   
Uno spettro si aggira per Montecitorio, la nuova legge sulla diffamazione. Pronto a colpire giornali e siti web, negando agli uni e agli altri la libertà di fare cronaca e dare giudizi e interpretazioni. Pronto a imporre una rettifica capestro. Pronto a battere cassa duramente. Sull'altare del carcere che scompare  -  per una diffamazione grave non si andrà più in galera  -  la categoria dei giornalisti sta per essere messa in riga in un clima di indifferenza generale che preoccupa. Passate le feste, la politica imporrà una cattiva legge, già votata al Senato, che si pone un solo obiettivo: stangare la stampa per imbavagliarla, regolare un conto antico, costringere di fatto i direttori a non pubblicare notizie che "costerebbero" troppo. Addirittura fino a 50mila euro, una cifra insostenibile in tempi di grave crisi come quella che la stampa sta attraversando.

Dieci domande. La prima domanda da porsi è questa: la futura legge è necessaria? La seconda: per evitare il carcere, che non è la prassi ma un'assoluta rarità, i giornalisti possono pagare un prezzo così alto? La terza: perché non si può fare una legge semplice, di un solo articolo con su scritto "è abolito il carcere" e fermarsi qui? La quarta: perché si impone una multa da 10 a 50mila euro? La quinta: perché le rettifiche devono essere prese per oro colato e pubblicate senza commento? La sesta: non sono pochi due giorni di tempo per pubblicare la rettifica? La settima: possono essere trattati allo stesso modo i quotidiani, i libri, i siti web, i semplici blog? L'ottava: perché, in una legge sulla diffamazione, viene inserito il diritto all'oblio e s'impone ai siti di cancellare in tutta fretta le notizie presuntamente diffamatorie? La nona: perché il principio della querela temeraria, la richiesta di una cifra spropositata rispetto a quanto si è scritto o detto, non viene inserito correttamente? La decima: com'è possibile che una maggioranza politica in cui il Pd è l'azionista più forte, che esprime addirittura un premier potente come Renzi, consenta di mettere il bavaglio ai giornalisti?

La fine del web libero. Di queste dieci domande l'ultima è sicuramente quella su cui è un dovere riflettere. Perché non è accettabile che chi dovrebbe avere più a cuore degli altri un giornalismo libero e scevro da paure e da auto censure, lavori invece per il disegno opposto. Perché è inutile girarci intorno: se questa legge sarà approvata, così come la possiamo leggere adesso negli stampati della Camera, ci sarà un solo e immediato risultato. Una stampa sul chi vive, editori che imporranno ai propri direttori di essere molto più attenti di prima a pubblicare notizie scomode e che potrebbero produrre diffamazioni da migliaia di euro, visto che a rispondere, e poi a pagare, non sarà il singolo autore dell'articolo, ma anche il direttore che lo ha autorizzato. Un direttore responsabile di tutto, anche di poche righe non firmate. Sarà la fine del web libero. Perché l'obbligo della rettifica continua e immediata ne stroncherà la stessa natura di informazione in continuo movimento. La battaglia per resistere alle richieste di cancellare definitivamente le notizie sarà talmente distruttiva da corrodere la forza stessa di chi fa informazione online. Sull'altare del carcere che non c'è più celebreremo il funerale delle notizie. Ma ne vale davvero la pena? Renzi e il Pd hanno il dovere di chiederselo.
 

© Riproduzione riservata 19 dicembre 2014

da - http://www.repubblica.it/politica/2014/12/19/news/milella_su_diffamazione-103290831/?ref=HRER2-2
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« Risposta #107 inserito:: Dicembre 22, 2014, 06:01:48 pm »

22
dic
2014

Cantone, la foglia di fico del Pd
Liana MILELLA

"Noi abbiamo nominato Cantone". Detto uno, dieci, cinquanta volte. Da Renzi e da quelli del Pd. Come presunto tagliando ormai fatto nella lotta alla corruzione. Eh no, miei cari, Cantone non basta. Lui è bravo. Con quel piglio simpatico che non guasta. Una macchina macina lavoro, a guardare gli interventi  fatti dalla sua Authority in poco tempo. Ma Cantone davvero non è sufficiente. Soprattutto non può essere la foglia di fico per coprire tutto il resto che si sarebbe dovuto fare sulla corruzione, e invece non si è ancora fatto. Si è annunciato certo, ma non si è fatto. Questo è un dato incontestabile, e bene fanno i magistrati a parlarne e a criticare il governo e la debolezza delle iniziative (checché ne dica Renzi che li invita a tacere proprio come faceva Berlusconi). E chissà quanto ci vorrà per farlo, supposto che si faccia in tempo e non si vada a votare prima. Una legge seria per alzare le pene della corruzione in modo da farne un vero deterrente per chi delinque. Una prescrizione bloccata almeno con il rinvio a giudizio. Il falso in bilancio punito con 5 anni. Interventi di cui si parla da anni, e sui quali si sono già persi mesi di tempo. Alcuni disegni di legge ci sono, ma sono insufficienti. E i tempi parlamentari sono biblici. Allora si dica la verità, e non ci si copra dietro Cantone.

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2014/12/22/cantone-la-foglia-di-fico-del-pd/?ref=HREC1-3
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« Risposta #108 inserito:: Gennaio 05, 2015, 05:03:41 pm »

Il giallo del salva-Silvio nella riforma del fisco: sarà libero di candidarsi. Renzi: "Pronto a cambiare"

Berlusconi potrebbe beneficiare della depenalizzazione. Il premier: non è vero, è condannato in via definitiva

Di LIANA MILELLA
04 gennaio 2015
   
Il giallo del salva-Silvio nella riforma del fisco: sarà libero di candidarsi. Renzi: "Pronto a cambiare"
ROMA - Il 24 dicembre, quasi fosse un regalo di Natale, il consiglio dei ministri ha approvato un decreto legislativo sui rapporti tra fisco e contribuente che, se dovesse restare così com'è adesso, consentirebbe a Berlusconi di cambiare il suo destino giudiziario. Cancellando la condanna a 4 anni nel processo Mediaset. Una norma "super salva Silvio". Di cui però Renzi dice: "A me non risulta affatto che sia così. Non mi pare realistico che una nuova legge possa cancellare una condanna passata in giudicato. Ma se davvero dovesse essere possibile sono pronto a bloccare la legge e a cambiarla".

C'è il giallo e lo scontro politico tra ministero dell'Economia e palazzo Chigi e si dividono anche gli avvocati di Berlusconi. Per Franco Coppi "la legge si può ben applicare a Berlusconi". Invece Nicolò Ghedini la pensa all'opposto. Se la norma è com'è stata pubblicata sul sito del governo, la conseguenza pare scontata: se si facesse il processo adesso il reato di Berlusconi non esisterebbe più. Quindi può fare un "incidente di esecuzione". Quindi può cadere la sentenza e con lei anche l'interdizione dai pubblici uffici. Ovviamente, se cade la sentenza, cade anche l'esclusione dalle candidature della legge Severino, che è solo una conseguenza della condanna.

L'ARTICOLO INTEGRALE SU REPUBBLICA IN EDICOLA E REPUBBLICA+

© Riproduzione riservata 04 gennaio 201

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/01/04/news/il_giallo_del_salva-silvio_nella_riforma_del_fisco_sar_libero_di_candidarsi_renzi_pronto_a_cambiare-104249452/?ref=HREA-1
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« Risposta #109 inserito:: Gennaio 31, 2015, 04:56:16 pm »

Intercettazioni, spunta il bavaglio nella riforma della diffamazione

Emendamento di Ncd alla legge in discussione in commissione Giustizia. Si vuole limitare l'uso sia per pm che giornalisti

Di LIANA MILELLA
27 gennaio 2015
   
ROMA - Migliora un po' la legge sulla diffamazione, anche se dentro potrebbero finirci, perché tentano di infilarcele Ncd e M5S, una stretta sulle intercettazioni, una norma anti-D'Addario e filo De Girolamo, e perfino una filo Grillo. Molte sorprese in un corposo fascicolo di emendamenti, scaduti ieri in commissione Giustizia a Montecitorio, che conta quasi cento pagine. Il Pd si dà da fare per togliere il peggio quanto a rettifiche (più tempo e spazio ad hoc), multe (calano), diritto all'oblio (viene cancellato), ma l'occasione è troppo ghiotta per non tentare qualche colpo di mano.

La campagna contro la legge sulla diffamazione
Ecco le tre sorprese. Ncd rilancia il leit motiv caro ad Alfano, ma anche a Berlusconi, sulle intercettazioni. Per "garantire la riservatezza" delle telefonate registrate bisogna agire "sulle modalità di utilizzazione cautelare" e va data "una precisa scansione procedimentale all'udienza di selezione ". Presa di peso dal ddl Orlando sulla riforma del codice penale, la contorta espressione significa che pm e giornalisti non saranno più liberi di usare gli ascolti. Proposta di Alessandro Pagano, di certo condiviso dal sottosegretario alla Giustizia Enrico Costa.

Seconda sorpresa. Ancora Pagano. Pure stavolta un repechage. Ai tempi dell'ex premier la norma fu proposta per bloccare le registrazioni a palazzo Grazioli di Patrizia D'Addario, ora potrebbe servire alla capogruppo Ncd Nunzia De Girolamo per via dell'inchiesta sulla Asl di Benevento. Prevede il carcere da 6 mesi a 4 anni per chi "fraudolentemente effettua riprese o registrazioni di comunicazioni a cui partecipa o svolte in sua presenza".

Terza sorpresa, firmata dall'M5S Andrea Colletti: "L'articolo 278 del codice penale è abrogato". Che dice il 278? "Chiunque offende l'onore o il prestigio del presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a 5 anni". Maxi sanatoria quindi per tutte le volte che Grillo se l'è presa con Napolitano. Come norma più favorevole si applicherebbe anche la passato. M5S insiste anche per "la pubblicazione integrale degli atti non più segreti ".

È da vedere se questi tre emendamenti supereranno le rigide maglie dell'ammissibilità, visto che poco c'entrano con una legge sulla diffamazione che, come primo obiettivo, si pone quello di abolire il carcere per i giornalisti. Fino a ieri il prezzo che la categoria -  tutta, indistintamente, su qualsiasi mezzo d'informazione cartaceo, televisivo o via web -  rischiava di pagare era molto alto. Adesso il danno potrebbe attenuarsi. Le modifiche ci sono, del Pd, di Sel, di M5S, ma è ancora presto per dire quali passeranno. Vediamo le principali. A cominciare dalla proposta di abrogare il cosiddetto diritto all'oblio (emendamenti simili di Pd, Sel, M5S) che avrebbe imposto la cancellazione di migliaia di notizie sulle testate web.

Il commento: Renzi non puo' firmare una legge che fa male alla stampa

Ma c'è molto altro. Per esempio sull'entità delle multe e sulle rettifiche. Molte modifiche sono firmate dal responsabile Giustizia del Pd, il renziano David Ermini, e questo le fa pesare più di altre. La multa fino a 10mila euro per la diffamazione semplice si dimezza. Quella per la diffamazione consapevolmente falsa arretra da 50mila a 30mila euro. Lo stesso Pd (Marzano) e Sel (Farina) propongono anche una multa dimensionata "in base al reddito e al patrimonio".

Le rettifiche, previste "senza commento, senza risposta, senza titolo" dal Senato, cambieranno. Il Pd (Ermini e Vazio) propone rettifiche "senza inserire nel testo commenti o risposte", il che significa che la rettifica non deve essere manipolata al suo interno, ma può essere seguita da una chiosa. In più, gli stessi autori, lanciano l'idea di uno spazio ad hoc solo per le rettifiche. Per "la stampa non periodica" propongono un tempo maggiore, 15 giorni, per pubblicare la smentita su un quotidiano anche online. Il direttore risponderà solo in caso di culpa in vigilando.

© Riproduzione riservata 27 gennaio 2015

DA - http://www.repubblica.it/politica/2015/01/27/news/intercettazioni_spunta_il_bavaglio_nella_riforma_della_diffamazione-105888185/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_27-01-2015
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« Risposta #110 inserito:: Febbraio 06, 2015, 10:58:21 am »

Il Pd si divide sull’anticorruzione
Orlando convoca un vertice per oggi.
Ncd per la linea soft su prescrizione, falso in bilancio.
L’Authority anti mazzette insiste: “Serve una corsia preferenziale per il ddl Grasso”


Di LIANA MILELLA
05 febbraio 2015

ROMA. Raffaele Cantone insiste, "serve una corsia preferenziale sul ddl anti-corruzione", ma sono parole al vento. L'ha detto tante volte da quando è al vertice dell'Authority, lo ha ripetuto ieri, giusto mentre al Senato andava in scena l'ennesimo scontro nella maggioranza (Pd diviso, Ncd più con Forza Italia che con l'alleato di governo), foriero di un nuovo rinvio. Succede da due anni, è accaduto pure ieri. Oggi il Guardasigilli Andrea Orlando cercherà di metterci una pezza. Di buon mattino riunisce al Senato i responsabili Giustizia, i presidenti delle commissioni Giustizia, i capigruppo dei partiti. Insomma, il solito parterre.

E pure il solito diverbio su prescrizione, falso in bilancio, pene più dure contro la corruzione, un'unica figura di reato per la concussione cancellando la legge Severino, adesso anche la gola profonda per la corruzione, quelle operazioni sotto copertura che Pd e M5S teorizzano, ma che Ncd rifiuta. È un film già visto. Appena eletto senatore del Pd Piero Grasso presentò il suo ddl anti-corruzione, l'unico atto da parlamentare prima di diventare presidente del Senato. Ma quel testo ha avuto vita difficile. Soprattutto perché il governo ha voluto firmare la "sua" legge. Ancora oggi se ne lamenta il Pd Felice Casson: "A giugno 2014 stavamo per votare, ma venne in commissione il sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri, ci chiese 30 giorni di tempo per attendere il testo del governo... Siamo ancora qui ad aspettare...".

L'ARTICOLO INTEGRALE SU REPUBBLICA IN EDICOLA E SU REPUBBLICA +

© Riproduzione riservata 05 febbraio 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/02/05/news/il_pd_si_divide_sullanticorruzione-106572639/?ref=HRER2-1
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« Risposta #111 inserito:: Marzo 16, 2015, 11:39:26 pm »

Pene più severe per ladri e rapinatori

Il ministro Orlando: da due a sei anni per chi svaligia gli appartamenti, da quattro a dieci per gli assalti armati Emendamento alla riforma del processo penale.
Tra gli obiettivi c’è il blocco dei benefici a chi viene condannato

Di LIANA MILELLA
12 marzo 2015

ROMA - Blitz del governo contro furti in casa e rapine. Le statistiche rivelano che i due reati crescono esponenzialmente e il Guardasigilli Orlando e il suo vice Costa sposano la linea “cattivista”. Per una volta, sulla giustizia, sono d’accordo Pd e Ncd dopo le tante spaccature di questi giorni su anti-corruzione e falso in bilancio.

La notizia trapelata da via Arenula è che sta per essere depositato alla Camera un emendamento, da inserire nel testo sulla riforma del processo penale, per innalzare il tetto della pena per i furti in appartamento, che verrebbero puniti con un minimo di 2 anni e un massimo di 8 anni, a fronte dell’attuale forbice di uno-sei anni. Di pari passo cresce anche la pena per le rapine, dove però aumenta solo il minimo che passa da 3 a 4 anni, mentre resta fermo il massimo di 10 anni. Il gioco degli aumenti bloccherà non solo i benefici condizionali, ma anche il bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti.

Raccontano i collaboratori del ministro che Orlando è letteralmente saltato sulla sedia quando ha letto gli ultimi dati del Censis. Numeri che innanzitutto documentano la spaventosa frequenza dei furti, una casa svaligiata ogni due minuti, ma anche l’aumento esponenziale con il raddoppio dei furti in dieci anni. Erano 110.887 nel 2004, ma già nel 2013 erano saliti a 251.422. Ben il 127% in più. Nello stesso periodo sono calati invece gli omicidi (-29,7%).

Nel 2013 ben 15.263 persone denunciate per furti in casa, +139,6% sul 2004. Andrea Orlando e il vice ministro Enrico Costa ne parlano, ragionano su che fare e in che tempi, decidono che "bisogna agire subito". Nasce così l’idea dell’emendamento da collocare nel ddl sul processo penale, da cui Orlando non ha voluto tirar via la delega sulla riforma delle intercettazioni e in cui adesso mette un aumento di pena che può “trascinare” l’intero provvedimento per l’ovvio interesse trasversale che tutti hanno rispetto a due reati, furti in casa e rapine, odiati dalla gente che vedono violata la propria privacy. Gli aumenti di pena, come spiega Costa, "sono soprattutto funzionali a interrompere la spirale degli sconti, dal bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, alla sospensione condizionale. Ma è ovvio che conta anche il segnale sia politico che concreto contro gli autori di furti e rapine".

C’è anche un’altra coincidenza, anche questa da tenere ben presente. Con questi aumenti il governo si “copre” prima di essere ancora attaccato da chi, come la Lega, lo accusa di avere la mano troppo morbida nei confronti della criminalità di strada. Non è certo un caso che la notizia esca proprio in coincidenza con il lasciapassare definitivo, nel consiglio dei ministri di oggi, del provvedimento sulla tenuità del fatto, una delega al governo che consente di evitare il processo per i reati bagattellari, però puniti da 1 a 5 anni. Un tetto molto alto, nel quale ovviamente già adesso non rientrano furti e rapine, ma che è già costato al governo molte polemiche. Hanno protestato le donne vittime di violenza e le associazioni animaliste. Orlando ha rassicurato tutti ricordando che il giudice, per poter evitare il processo, deve avere il consenso delle vittime. Questo esclude sia le donne violentate che gli animali maltrattati. Tuttavia il dubbio resta. Strategicamente, gli aumenti di pena per reati odiosi come furti e rapine vanno nella direzione opposta.

© Riproduzione riservata 12 marzo 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/03/12/news/pene_piu_severe_per_ladri_e_rapinatori-109320921/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_12-03-2015
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« Risposta #112 inserito:: Giugno 25, 2015, 10:21:20 am »

Il giallo della norma sul caso De Luca.
Renzi chiede all'Avvocatura un parere prima di cambiare la Severino
Confronto su una legge ad hoc per salvare la Regione.
Era pronto un decreto, poi il premier si è fermato per un ulteriore approfondimento: "C'è uno spazio interpretativo da colmare"

LIANA MILELLA
24 giugno 2015

ROMA. Renzi sta per cambiare la legge Severino. Un decreto per il caso De Luca. Per sospendere il governatore della Campania solo dopo l'insediamento della giunta e quindi consentirgli di fare prima la scelta e la nomina del vice presidente che amministrerà al suo posto. Il premier stava per farlo già ieri sera, con un decreto legge che in bozza era pronto per essere approvato dal consiglio dei ministri, ma si è fermato per un ulteriore approfondimento. Per coprirsi le spalle, come dice chi contesta un decreto per De Luca e già parla, come fa l'avvocato Pellegrino, di «norma ad personam».

Proprio in vista delle prevedibili critiche il premier ha discusso durante il consiglio, ha sentito il parere di molti ministri, ha formalmente deciso che palazzo Chigi chiederà innanzitutto un parere al ministero dell'Interno e all'Avvocatura dello Stato. Per verificare compatibilità e conseguenze.

È molto probabile che il decreto possa essere approvato già venerdì. Sarà estremamente sintetico. Punterà ad affrontare e risolvere il caso specifico. Quello di un governatore che viene eletto, ma ha sulla testa una condanna in primo grado, per cui in base alle disposizioni della legge Severino sull'ineleggibilità e incandidabilità deve essere sospeso proprio dallo stesso presidente del Consiglio. Il quale non sceglierà in base a pareri divergenti, ma sulla base di una norma specifica. Dirà il decreto che la sospensione scatta solo dopo l'insediamento della giunta, perché se fosse firmata prima porterebbe, com'è stato ripetuto ieri a palazzo Chigi, a «una paralisi assoluta».

Racconta chi ha preso parte al consiglio dei ministri che il premier non ha nascosto una preoccupazione, quella che qualche magistrato possa contestargli un'omissione di atti di ufficio per non aver provveduto ancora, a molti giorni dall'elezione di De Luca, alla sua sospensione. La querelle giuridica è nota. Ma Renzi ne fa una questione politica, di cui para espressamente durante la riunione dell'esecutivo aprendo un dibattito con gli altri ministri presenti. «Che cosa succede se sospendo De Luca e questo porta alla paralisi assoluta?». Parlano nell'ordine il ministro dell'Interno Alfano, quello della Cultura Franceschini, degli Esteri Gentiloni e degli Affari regionali Delrio. Franceschini mette in guardia dal rischio tempi, perché il decreto dovrà essere convertito. Alfano critica esplicitamente la legge Severino e la norma che impone di sospendere chi è condannato in primo grado: «È inaccettabile. Basta vedere cos'è successo ad Agrigento dove il sindaco è stato sospeso, ma poi è stato assolto».

Il capitolo delle compatibilità tra legge Severino e norma costituzionale - l'articolo 45 che salvaguardia e garantisce gli eletti - viene affrontato da Del Rio, e a questo punto è inevitabile pensare a un rinvio, a un approfondimento. Il decreto è lì, è già pronto, potrebbe essere già approvato, ma il premier preferisce prevedere le critiche e poter contare su risposte pronte. Dice questo durante la conferenza stampa. Parla di «un provvedimento inedito», perché «la legge non prevede quando deve essere sospeso il presidente risultato eletto che non era nel suo incarico quando è stato colpito dalla legge Severino». C'è, per Renzi, «uno spazio interpretativo» da colmare. Per questo serviranno i pareri dei tecnici. Solo dopo si muoverà il governo. Per certo, dopo questo consiglio dei ministri, Renzi capirà quali sono le reazioni politiche alla sua mossa.

© Riproduzione riservata
24 giugno 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/06/24/news/il_giallo_della_norma_sul_caso_de_luca_renzi_va_sospeso-117557060/?ref=HREC1-5
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« Risposta #113 inserito:: Luglio 12, 2015, 11:23:40 am »

Il governo contro furti e scippi: "Triplicate le pene minime"
Anche per le rapine aumentano gli anni di carcere: almeno 4 (invece dei tre attuali)

Di LIANA MILELLA

ROMA. Promessa. Garantita da indiscrezioni. Adesso messa su carta e in procinto di essere formalmente depositata alla Camera, in commissione Giustizia, dove si discute la riforma del processo penale. Sta per materializzarsi una forte stretta del governo su scippi, furti in casa e rapine. I reati più avvertiti dagli italiani, che minano la sicurezza della propria casa e la possibilità di muoversi liberi in strada. Per questo il governo ha elaborato aumenti di pena, mirati soprattutto a evitare che scippatori, ladri e rapinatori, una volta arrestati dalle polizie magari dopo fatiche investigative, vengano rimessi in libertà.

Per una volta sono d'accordo Pd e Ncd, tante volte in conflitto sulla giustizia, ma decisi in questo caso a sostenere insieme i cambiamenti. Vediamoli subito. Ecco come saranno modificate le pene per i reati di "furto in abitazione e furto con strappo ", ovvero l'articolo 624-bis del codice penale. Resta invariato il tetto di 6 anni della pena massima, ma la pena minima passa da un anno previsto oggi a ben 3 anni. È una modifica rilevantissima, perché ovviamente triplicare la portata della pena minima cambia la natura delle conseguenze penali del gesto criminale commesso. Ancora: se le caratteristiche del furto in casa o dello scippo sono aggravate da comportamenti violenti e dall'uso di armi la pena minima passa a 4 anni, mentre quella più elevata resta a 10 anni, com'è già oggi nel codice.

L'ARTICOLO INTEGRALE SU REPUBBLICA IN EDICOLA E REPUBBLICA+

© Riproduzione riservata
08 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/07/08/news/il_governo_contro_furti_e_scippi_triplicate_le_pene_minime_-118594077/?ref=HREC1-2
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« Risposta #114 inserito:: Luglio 12, 2015, 04:30:37 pm »

27 giugno 2015
L'emergenza De Luca...

Liana MILELLA
A volte sono le coincidenze a svelare quanto vi sia di grottesco in un fatto. Nell'affaire De Luca c'è una contemporaneità su cui riflettere. Quella di un colloquio tra il premier Renzi e il ministro dell'Interno Alfano per decidere se fare o non fare il decreto per De Luca. È venerdì 26 giugno e il mondo è squassato dal terrorismo dell'Is. E di cosa parlano il presidente del Consiglio e il titolare del Viminale? Non della sicurezza dell'Italia e di cosa possono rischiare i nostri connazionali all'estero, ma di De Luca. Un signore che, se le leggi contano in questo Paese, dovrebbe star seduto nel salotto di casa sua e non certo cercare di sedersi invece sullo scranno di governatore della Campania. Il decreto legislativo Severino sulle liste pulite è un buon testo, osannato e votato da tutti quando fu approvato, che ovviamente non avrebbe mai potuto prevedere il singolare caso di un signore che, pur condannato, pur fuori da quella legge, non solo si è candidato alle primarie (e il Pd ha accettato che lo facesse), ma anche alle elezioni. Se mentre il terrorismo fa strage, l'emergenza italiana è De Luca, allora vuol dire che c'è qualcosa di profondamente malato nella nostra politica.

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2015/06/27/lemergenza-de-luca/?ref=HREC1-10
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« Risposta #115 inserito:: Agosto 06, 2015, 11:36:02 am »

Flick: "Inutile punire chi registra, vogliono colpire la stampa"
L'intervista. L'ex guardasigilli stronca la norma Pagano

Di LIANA MILELLA
27 luglio 2015

ROMA - Punire le intercettazioni fraudolente? "Reato inutile perché già esiste". La riforma degli ascolti? "Andatevi a rileggere il mio ddl di 19 anni fa...". L'ex Guardasigilli ed ex presidente della Consulta, nonché famoso avvocato, Giovanni Maria Flick stronca la norma Pagano.

Carcere fino a 4 anni per intercettazioni abusive. È un reato che ha senso mettere nel codice?
"Ho molte perplessità. Il testo sembra voler punire chi diffonde le intercettazioni, non chi le fa. E questo mi pare un po' freudiano".

È lecito registrare il contenuto di una conversazione privata? E magari divulgarlo?
"Sì perché, come la Cassazione ha ripetuto ancora di recente, quando io parlo con una persona accetto il rischio che registri e diffonda ciò che ci siamo detti. L'articolo 15 della Costituzione considera inviolabili la libertà e segretezza della conversazione che, quindi, va difesa solo contro le intercettazioni di terzi, non contro l'uso che uno degli interlocutori faccia di quanto gli è stato detto".

Qui non stiamo parlando di giornalisti ma di comuni cittadini che parlano e uno dei due registra l'altro. Se ciò è lecito, che senso ha fare il nuovo reato?
"Non io, ma la Cassazione lo ripete. Non c'è differenza sostanziale tra il memorizzare nel cervello o il memorizzare su un taccuino o farlo su un registratore. Quando una notizia che il mio interlocutore mi ha dato spontaneamente nella nostra conversazione è entrata nel mio patrimonio cognitivo, posso farne quello che mi pare, proprio come posso farlo con una lettera a me indirizzata".

E il reato allora?
"I reati ci sono già, con dei limiti precisi: quando si invade la vita privata di una persona inserendosi nel suo domicilio, articolo 615 bis, o quando si prende cognizione illecitamente di una comunicazione o di una conversazione tra altre persone, articolo 617, che fa pendant col 616 che punisce chi prende cognizione o rivela il contenuto di una comunicazione a distanza non diretta a lui".

Se la maggioranza insiste che succede ai giornalisti?
"Quello che succede ai cittadini. Se l'intercettazione avviene in modo illecito in una conversazione di terze persone, il reato c'è già. Se partecipo alla conversazione posso registrare, che lo sappia o meno il mio interlocutore. Se offendo il suo diritto all'immagine, riprendendola contro il suo consenso, potrà reagire tutelando la propria immagine in sede civile. L'aggiunta di una sanzione penale ulteriore non riesco proprio a capirlo".

La politica vuole meno intercettazioni, nelle carte dei giudici e sui giornali. Se ne può uscire senza danneggiare stampa e indagini?
"Penso proprio di sì a tre condizioni: equilibrio e buon senso da parte di tutti; una riforma chiara ed applicabile che non persegua secondi fini nell'uno o nell'altro senso (ridurre drasticamente o al contrario allargare a dismisura le intercettazioni); riflettere su quello che 19 anni fa era stato proposto perché a me sembra ancora valido. Senza dimenticarsi mai che le intercettazioni servono al processo solo quando sono indispensabili; tutte le altre non sono giustificate e non devono andare in circolazione neppure per il controllo democratico".

© Riproduzione riservata
27 luglio 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/07/27/news/flick_inutile_punire_chi_registra_vogliono_colpire_la_stampa_-119882539/?ref=HRER3-1
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« Risposta #116 inserito:: Settembre 11, 2015, 11:34:23 am »

La Corte europea ci condanna: "Mini-prescrizioni aiuto agli evasori"
Nelle truffe Iva i giudici dovranno disapplicare la normativa italiana La riforma bloccata in Senato

Di LIANA MILELLA
09 settembre 2015

ROMA - Brutta sorpresa per il governo sulla prescrizione. Ancora una volta l'Europa bacchetta l'Italia per colpa dei tempi di cancellazione dei reati troppo brevi. Dopo i ripetuti richiami dell'Ocse su una prescrizione corta che non consente di contrastare adeguatamente la corruzione, stavolta è la Corte di giustizia del Lussemburgo, su sollecitazione del tribunale di Cuneo, che per la prima volta invita addirittura i giudici italiani a "disapplicare" la legge ex Cirielli qualora essa "leda gli interessi finanziari della Ue". Legge del dicembre 2005, voluta da Berlusconi per via dei suoi processi, che ha ridotto della metà il tempo concesso ai magistrati per indagare e chiudere i dibattimenti.

Sul tavolo della Corte Ue le frodi carosello e gli acquisti di champagne di Ivo Taricco e di altri imputati avvenuti tra il 2005 e il 2009 aggirando il pagamento dell'Iva, reati in parte già prescritti o in corsa verso l'ultimo termine del 2018. Un caso di denegata giustizia che ha spinto i giudici italiani a chiedere alla Corte se il nostro diritto non rischi di creare una nuova possibilità di esenzione dall'Iva, ovviamente non prevista dal diritto dell'Unione. Quesito che ha ottenuto risposta pienamente positiva in Lussemburgo visto che l'articolo 325 del Trattato sul funzionamento della Unione stabilisce che gli Stati membri debbano lottare con misure effettivamente dissuasive contro le attività illecite che ledono gli interessi della stessa Ue. Poiché il suo bilancio è finanziato anche dalle entrate dell'Iva, la sua mancata riscossione ne danneggia concretamente gli interessi. La decisione di Lussemburgo piomba sul braccio di ferro politico che, ormai da mesi, blocca la riforma, già di per sé soft, della prescrizione proposta dal governo Renzi, orologio fermo dopo la sentenza di primo grado, due anni per l'Appello e uno per la Cassazione, poi le lancette ripartono se il dibattimento non è finito. In sostanza tre anni in più per chiudere un processo. Ma il ddl è bloccato al Senato dopo il via libera della Camera, per via della rissa nella maggioranza tra il Pd e i centristi di Ncd.

Come più volte ha dichiarato il vice ministro della Giustizia, l'alfaniano Enrico Costa, il testo non passerà mai se la prescrizione per la corruzione dovesse restare quella proposta dalla Pd Donatella Ferranti, il massimo della pena più la metà. Nessun compromesso possibile. Inutili i numerosi incontri per tentare una mediazione. I magistrati, nel frattempo, hanno bocciato la riforma che, come ha detto più volte il presidente dell'Anm Rodolfo Sabelli, non risolve il problema, perché per ottenere un risultato la prescrizione andrebbe fermata dopo l'inizio dell'azione penale.

A complicare la partita politica c'è l'intreccio tra prescrizione e riforma delle intercettazioni. Anche qui Ncd alza il prezzo, chiede che tutti i casi di ingiusta detenzione portino a una denuncia disciplinare per le toghe. Il responsabile Giustizia del Pd David Ermini tenta di chiudere su entrambi i fronti: "La partita sulla prescrizione è durata anche troppo a lungo. Ma bisogna lavorare pure sui tempi dei processi". Quasi una mano tesa a Costa che si limita a una provocazione: "I processi lumaca generano prescrizioni. Le prescrizioni lunghe generano processi lumaca. I processi rapidi impediscono le prescrizioni". Una conferma che non esistono margini di possibile trattativa. Soprattutto perché la presidente della commissione Giustizia della Camera, la Pd Donatella Ferranti, non molla sulla prescrizione della corruzione. Definisce "un monito ultimativo" la decisione di Lussemburgo e chiede che "la riforma esca dal limbo parlamentare per diventare al più presto legge ". Ma Costa ribatte: "Se il testo resta così com'è al Senato Ncd vota contro".

© Riproduzione riservata
09 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/09/news/la_corte_europea_ci_condanna_mini-prescrizioni_aiuto_agli_evasori_-122486218/?ref=HREC1-1
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« Risposta #117 inserito:: Settembre 23, 2015, 04:15:15 pm »

Sul nuovo bavaglio è scontro alla Camera, oggi il sì alla legge
Scomparsa l'udienza filtro, il governo limita ancora l'uso delle intercettazioni. Protesta M5S: no alla delega in bianco

Di LIANA MILELLA
22 settembre 2015

ROMA -  E siamo arrivati alla fine. Almeno del cammino a Montecitorio della riforma delle intercettazioni. Oggi si vota. Il Pd fa muro sulla delega, Ncd pure, sarà a favore Forza Italia perché è la legge che Berlusconi non è riuscito a fare. Decisamente contro i grillini, decisi a spendere oggi l'ora scarsa che resta dal contingentamento dei lavori. Domani ci sarà il voto complessivo sulla riforma del processo penale e lì, in diretta tv, M5S si toglierà qualche soddisfazione mediatica. Ma il "come" e il "che cosa" è al momento top secret.

Un fatto è certo. Non è destinata a placare gli animi l'ultima trovata del Pd per cambiare il testo della delega. Finisce nel cestino la famosa "udienza stralcio" o "udienza filtro" che dir si voglia. Doveva essere il momento in cui le parti - il giudice, gli avvocati - decidevano le intercettazioni effettivamente rilevanti da portare al processo, innanzitutto depositandole. Quindi rendendole pubbliche. Quindi pubblicabili. Ma il Pd, all'improvviso, ci ripensa. Si rende conto, come dice una fonte importante al loro interno, "che l'effetto potrebbe essere controproducente, soprattutto se il processo riguarda non uno, ma decine e decine di imputati".

La preoccupazione è evidente: se l'intero pacchetto delle sbobinature finisce in mano a tante persone, il rischio di veder pubblicate anche quelle che si vorrebbero considerare riservate aumenta a dismisura. Ragiona una fonte governativa: "Mettere l'udienza filtro nella delega significa creare un automatismo. Poi saremo costretti a farci i conti. Invece è preferibile avere più margine di flessibilità".

A questo punto la formula diventa generica. Nel testo si parlerà di una "scansione processuale per selezionare il materiale intercettativo ". La relatrice del ddl, la presidente Pd della commissione Giustizia Donatella Ferranti, la rivendica come "una mia idea", ne parla come di una correzione che evita l'equivoco di un'udienza stralcio che, per esempio prima degli arresti, non si può fare. David Ermini, il responsabile Giustizia del Pd, minimizza: "Il governo si assume la libertà di scegliere se fare o no l'udienza a seconda dello stato del processo". Il vice Guardasigilli Enrico Costa manda giù il boccone, ma è chiaro che lo considera indigesto: "Basta che non si sacrifichi il contraddittorio tra le parti, perché sulle intercettazioni non può scegliere solo il giudice ". Vittorio Ferraresi, capogruppo M5S in commissione Giustizia, taglia corto: "Il governo è libero di agire come vuole, ma per noi resta un bavaglio, contenuto in una legge piena di norme pessime".

Il bavaglio. Già, il vero obiettivo, anche se il Guardasigilli Andrea Orlando promette di dar vita in pochi giorni a una commissione con magistrati e giuristi. Tuttavia la delega è chiara su tre punti. Il primo: "Prescrizioni che incidano anche sulle modalità di utilizzazione cautelare dei risultati delle captazioni". Significa che il governo dovrà scrivere una norma per dire ai magistrati di utilizzare il meno possibile le intercettazioni nelle motivazioni degli arresti. Il secondo punto: ci sarà "una precisa scansione processuale per selezionare il materiale intercettativo".

L'obiettivo del governo è ridurre anche il numero degli ascolti depositati per gli avvocati. Il terzo punto: garantire che non escano più le conversazioni degli imputati con gli avvocati e quelle di chi, per caso, viene in contatto con l'imputato. Nella delega non è previsto, ma una legge così dovrà comportare anche multe salate per chi pubblica. Il carcere, quello sì, resta per le registrazioni abusive.
 
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22 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/22/news/sul_nuovo_bavaglio_e_scontro_alla_camera_oggi_il_si_alla_legge-123397855/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_22-09-2015
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« Risposta #118 inserito:: Settembre 28, 2015, 07:36:35 pm »

Scontro Pd-Ncd: a rischio la nuova prescrizione anti-corruzione
I centristi voteranno contro il testo che allunga i termini dei processi

Di LIANA MILELLA
28 settembre 2015

ROMA - Prescrizione lunga addio. Niente bonus di tre anni dopo la sentenza di primo grado e soprattutto nessun aumento per i reati di corruzione. Gli alfaniani, che stanno tenendo in scacco il Pd dal 24 marzo, quando il ddl del governo è passato faticosamente alla Camera, dopo mesi di trattative, adesso puntano i piedi e fanno saltare il banco. "A Montecitorio i numeri sono quelli che sono, e il testo è passato, ma a palazzo Madama invece..." dice Nico D'Ascola, senatore di Ncd e aspirante presidente della commissione Giustizia al posto del forzista Nitto Palma. Lo scontro di marzo se lo ricordano tutti, una lite epocale tra il Guardasigilli Andrea Orlando, il suo vice ministro Enrico Costa, la presidente Pd della commissione Giustizia Donatella Ferranti. Litigarono sulla prescrizione della corruzione, che Ferranti ha portato al massimo della pena più la metà (adesso è il massimo più un quarto). Ncd per tutta risposta si astenne, ma adesso è ben intenzionato a votare contro.

Ieri, a Sorrento, dove si svolgeva una summer school dei centristi con Alfano, Lupi, Quagliariello, aspettavano Orlando per affrontare la questione. Lui non c'è andato e loro, sia Costa che D'Ascola, hanno sparato a zero. "Una prescrizione più lunga di tre anni significa solo processi più lunghi" ha arringato Costa diretto alla platea. Idem D'Ascola: "Con i tre anni in più salta la ragionevole durata del processo, viene meno il rispetto dell'articolo 111 sul giusto processo. Non possiamo accettare. Allora tanto vale fare a meno della prescrizione, pur di garantire un processo rapido. Abbiamo sempre detto che i processi sono troppo lunghi, adesso non possiamo allungarli ancora di più. E poi basta guardare i dati di via Arenula per rendersi conto che un allarme prescrizione non esiste".

I voti di Ncd al Senato sono determinanti e il partito di Alfano può permettersi di fare la voce grossa. Da marzo ad oggi D'Ascola si è incontrato decine di volte con David Ermini, il responsabile Giustizia del Pd, un renziano doc, ma non c'è stato verso di raggiungere un accordo. Muro altissimo di Ncd che non vuole contemporaneamente sia lo stop di tre anni (2 per l'appello e uno per la Cassazione) che l'aumento per la corruzione. "O l'uno o l'altro, tutte e due le cose insieme sono inaccettabili, mettano pure la corruzione prescrittibile in 25 anni, ma allora i tre anni per tutti gli altri reati saltano" avrebbe ripetuto Costa ad Alfano e Lupi.

Un ricatto bello e buono, che rischia di far saltare una legge già debole, che di certo non cancella la famosa ex Cirielli approvata da Berlusconi nel dicembre 2005 per salvarsi dai suoi processi e che decisamente non piace ai magistrati. L'Anm l'ha attaccata in tutte le sedi, proponendo una soluzione molto più razionale, peraltro seguita in altri Paesi: l'orologio della prescrizione si ferma all'atto del rinvio a giudizio, quando lo Stato ha concretizzato la sua volontà di perseguire il reato. Il Guardasigilli Orlando gli ha contrapposto la soluzione invisa a Ncd, tre anni di bonus per fare i processi, con la prescrizione ferma dopo la sentenza di primo grado. L'emergenza corruzione ha imposto, in corso d'opera, di allungare almeno i termini previsti per questo reato. Un emendamento di Donatella Ferranti ha aumentato i termini mettendoli nell'articolo del codice penale, il 157, che regola la prescrizione e dove ci sono già gli altri reati che ne abbisognano di una più lunga, come quelli gravi e quelli a sfondo sessuale.

L'8 settembre la Corte di giustizia del Lussemburgo ha bocciato l'Italia proprio per via della prescrizione troppo corta che impedisce di punire in tempo le frodi e ha invitato i giudici a disapplicare la legge. La Cassazione lo ha già fatto. Poteva essere l'occasione giusta per accelerare, invece ecco la frenata di Ncd.
 
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28 settembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/09/28/news/scontro_pd-ncd_a_rischio_la_nuova_prescrizione_anti-corruzione-123827059/?ref=HREC1-16
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« Risposta #119 inserito:: Dicembre 17, 2015, 07:12:55 pm »

Fumata bianca per la Consulta, eletti tre giudici con asse Pd-M5s.
I dem tagliano fuori Fi
Gli eletti sono Barbera (Pd), Modugno (5Stelle), Prosperetti (area popolare). Fi non ha partecipato al voto. Berlusconi: "Grave che alla Consulta non ci sia giudice di centrodestra". M5s: "Ha vinto il metodo". Boldrini e Grasso: "Soddisfatti"

Di LIANA MILELLA
16 dicembre 2015

ROMA - Chiuso l'accordo sui giudici costituzionali, con l'asse Pd-Cinque Stelle. E per la Consulta arriva la fumata bianca. Dopo 31 sedute andate a vuoto. Eletti i tre giudici: Barbera, Modugno e Prosperetti. Modugno - il più votato - ha avuto 609 preferenze, Barbera 581, Prosperetti 585. Il quorum richiesto era di 571 voti, pari ai due terzi degli aventi diritto. Ai nomi di Augusto Barbera, espresso dal Pd, e di Franco Modugno, votato dalla rete dei 5Stelle, si è aggiunto oggi Giulio Prosperetti, classe 1946, professore all'Università di Tor Vergata di diritto della sicurezza sociale. In passato è stato assistente di diritto costituzionale con Leopoldo Elia e di diritto del lavoro con Gino Giugni. Il nome, che circolava già ieri sera, raccoglie i consensi della galassia centrista, da Area Popolare (Ncd con Udc), a Scelta civica, ai Popolari per l'Italia.

La protesta di Berlusconi.  Ira di Forza Italia, esclusa dall'intesa. I parlamentari azzurri non hanno partecipato al voto. "È molto grave che la Corte Costituzionale non abbia neppure un giudice al suo interno che appartenga al centrodestra. È una cosa molto, molto grave", ha detto Silvio Berlusconi alla presentazione del libro di Vespa. Ma l'accusa può anche essere ritorcersi contro FI. Infatti dal giugno 2014 il partito di Berlusconi non è riuscito ad esprimere un candidato che sostituisse Luigi Mazzella, a suo tempo indicato da Fi. A causa delle divisioni interne gli azzurri hanno "bruciato" vari candidati prima di Sisto (Donato Bruno, Antonio Catricalà, Francesco Caramazza, Maria Elena Sandulli e Stefania Bariatti) anche quando il Patto del Nazareno era vivo e vegeto.

Giorgia Meloni si scaglia contro i Cinque Stelle: "Oggi è il giorno in cui i grillini bloccano, di fatto, la mozione di sfiducia del centrodestra all'intero Governo per imporre quella individuale, alla Boschi. Cioè la Boschi si può sfiduciare ma Renzi no. Che nell'accordo non ci fossero solo i nomi per la Consulta? Che finaccia i duri e puri cinquestelle...", scrive su Facebook. Il Movimento intanto esulta: "Ha vinto il metodo".

Determinante, per l'esito della votazione di stasera è stato il parere dei Cinque Stelle: sia i deputati che i senatori - al termine della loro assemblea - si sono espressi a favore della terna. Già stamattina Renzi aveva annunciato che la partita della Corte stava per chiudersi dopo una "figura

di m...". L'ok all'accordo, a quanto si apprende da fonti dem, è arrivato anche per il comportamento tenuto oggi in Aula dal capogruppo Fi Renato Brunetta. Insomma, lo scontro con il numero uno dei deputati azzurri potrebbe aver contribuito alla svolta e all'asse con i pentastellati.

Annullare ogni missione per partecipare alla "votazione decisiva": è la richiesta arrivata, attraverso un sms, dai vertici parlamentari del Pd a deputati e senatori.

Dai presidenti di Camera e Senato - Boldrini e Grasso - che avevano minacciato sedute a oltranza, arriva una nota: "L'elezione dei nuovi giudici della Corte Costituzionale è motivo di profonda soddisfazione. A loro vanno i nostri più sentiti auguri di buon lavoro". La partita della Consulta è chiusa. Ora resta da capire come inciderà - questa giornata - sugli equilibri politici.

© Riproduzione riservata
16 dicembre 2015

Da - http://www.repubblica.it/politica/2015/12/16/news/consulta_boldrini_ottimista-129591496/?ref=HRER1-1
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