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Autore Discussione: LIANA MILELLA  (Letto 75144 volte)
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« Risposta #90 inserito:: Agosto 11, 2013, 04:45:09 pm »


Berlusconi, guerra sulla decadenza.

I 5Stelle chiedono di anticipare

"La Giunta deve votare in agosto". Giarrusso: "Sono stati concessi al leader Pdl venti giorni, ma non per sfasciare il Paese". 
Anche la Cassazione apre una istruttoria su Esposito

di LIANA MILELLA


ROMA - Se il Csm anticipa il "processo" al giudice Antonio Esposito  -  sul quale la procura generale della Cassazione sta per aprire anche l'azione disciplinare  -  allora anche la giunta per le elezioni ed immunità del Senato deve, del pari, fissare prima la data della seduta per votare sulla decadenza di Berlusconi dallo scranno di palazzo Madama. A lanciare la protesta è l'M5S che, col capogruppo in giunta Michele Giarrusso, protesta contro "le manovre" del Pdl e formalmente chiede al presidente della giunta, Dario Stefàno di Sel, di valutare se non sia il caso di cambiare atteggiamento dei confronti dell'ex premier.

In un agosto bollente diventa sempre più caldo anche il caso Berlusconi. Perché il sospetto è che dietro le richieste di rinvio del Pdl al Senato  -  dove la giunta è convocata per il 9 settembre  -  ci siano due evidenti obiettivi: da un lato quello di agire contro il presidente del collegio Mediaset, il giudice Antonio Esposito, per farlo "saltare" dal suo posto allungando i tempi delle motivazioni della sentenza, dall'altro quello di ritardare al massimo la procedura di decadenza in modo da interrompere prima la legislatura, facendo restare Berlusconi senatore in vista di nuove elezioni in autunno, tra ottobre e novembre.

In questo scenario, ieri protestano al contempo sia Esposito che Giarrusso. Sul giudice incombe non solo la prima commissione del Csm che vorrebbe trasferirlo d'ufficio su input dei laici del centrodestra, tra cui il presidente della prima Annibale Marini, ex emerito della Consulta in quota An, che ha convocato per il 5 settembre la commissione. Anche il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri ha trasmesso ai suoi ispettori gli accertamenti di rito sul caso. Ma soprattutto  -  da quanto risulta a Repubblica  -  anche il procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani ha già aperto l'istruttoria per l'azione disciplinare dopo l'intervista rilasciata al Mattino. Esposito, con una nota in agenzia, definisce "gravemente diffamatori" gli articoli che il Giornale sta pubblicando da giorni contro di lui, ripescando vecchi procedimenti al Csm tutti archiviati.

Ma è da Giarrusso che arriva la protesta più dura. Eccolo dire: "La giunta ha concesso a Berlusconi un termine a difesa di venti giorni per potersi difendere, ma non certo per sfasciare il Paese, o peggio attaccare i giudici della Cassazione che lo hanno giudicato. Se questa è la strategia, allora anche noi cambiamo la nostra". Giarruso è negativamente impressionato dall'anticipato processo del Csm contro Esposito, con l'obiettivo di terremotare la condanna definitiva di Berlusconi in Cassazione. Come reazione politica, l'M5S chiede al presidente della giunta Stefàno di tenere prima la seduta della giunta. Dice Giarrusso: "I venti giorni, a partire dall'8 agosto, scadono il 28. Quindi noi, dal giorno dopo, chiederemo che si tenga subito la seduta, e che all'indomani sia convocata subito l'aula".

Stefàno, per ora, si ferma a quanto ha deciso la giunta. "Non dobbiamo mai dimenticarci che siamo un organismo para giudiziario, non politico, quindi dobbiamo rispettare la legge, noi per primi. I venti giorni per il diritto alla difesa sono obbligatori, a Berlusconi non potevamo negarli. Il calendario rispetta la procedura, in cui ai venti giorni si aggiunge qualche ora al relatore Augello per studiare anche la memoria difensiva che Berlusconi presenterà". All'M5S Stefàno ricorda che c'è stato il voto favorevole del gruppo alla data del 9 settembre, che sarà anticipata da un ufficio di presidenza convocato per il 4. Nel quale però Giarrusso e i suoi sono intenzionati a non fare sconti. 

da - http://www.repubblica.it/politica/2013/08/11/news/berlusconi_guerra_sulla_decadenza_i_5stelle_chiedono_di_anticipare-64608413/?ref=HREA-1
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« Risposta #91 inserito:: Agosto 21, 2013, 07:25:13 pm »


19
ago
2013

Assalto alla Severino

Liana MILELLA

Vergogna. Giuristi e costituzionalisti amici del giaguaro si stanno ricordando che “qualcosa non va” nella legge Severino – legge anti-corruzione e conseguente decreto legislativo del dicembre 2012 – soltanto adesso. È tutto un fiorire di dubbi, perplessità, ansie di tutelare la casta. Perché, parliamoci chiaro, buttare a mare il decreto Severino – fuori dalle liste e fuori dal Parlamento chi subisce una condanna oltre i due anni per reati gravi – significa solo teorizzare che a rappresentare i cittadini italiani nel più alto incarico istituzionale ci può andare chiunque, anche il ladro, il violentatore, il mafioso, un assassino. Per otto mesi, da dicembre a oggi, nessun costituzionalista ha sciorinato le sue ubbie. Il decreto Severino è servito per garantire un Parlamento pulito. Fuori i Dell’Utri, i Cosentino, gli Scajola, e tanti altri con una situazione giudiziaria compromessa. Nessun giurista ha fiatato. Poi ecco il Re, colui che può garantire posti di prestigio qua e là, e allora l’intellighenzia di destra ha cominciato a scatenarsi. Fermate il decreto Severino, quindi salvate Berlusconi. Giù dubbi di ogni genere: non copre i vecchi reati ma solo i nuovi (ridicolo, perché se fosse così si applicherebbe tra vent’anni), bisogna tener conto dell’indulto (assurdo, perché conta la condanna e non la pena da scontare), bisogna attendere le motivazioni (sbagliato, perché la legge dice “immediatamente” dopo il dispositivo), viola l’articolo 66 della Costituzione (no, perché comunque c’è il voto delle Camere). Un armamentario inconsistente unicamente per “graziare” Berlusconi. Peccato, non è un bello spettacolo per l’Italia e per i cittadini onesti che hanno diritto di essere rappresentati da gente pulita e non da pregiudicati.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/08/19/assalto-alla-severino/?ref=HRER2-1
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« Risposta #92 inserito:: Settembre 29, 2013, 11:13:26 pm »


29
set
2013

La maschera di Silvio

Liana MILELLA

Vi è per caso capitato di vedere le foto di SB con la fidanzata Francesca Pascale e il cane Dudù su Vanity fair? Fate attenzione, perché potrebbe venirvi un colpo. Una dozzina di foto, una più brutta dell’altra. Ma soprattutto con un Silvio dal viso pesantemente ritoccato. Non pare nemmeno lui, ma una maschera di cera. Nessun uomo saggio, nessun politico che tiene alla sua immagine, avrebbe mai autorizzato un servizio del genere. Se chiedi a uno stretto collaboratore di SB come sia potuta accadere una cosa del genere ti risponde che non lo sa.
Voi direte, ma come, c’è la crisi, il Paese precipita, l’Italia rischia il declino economico internazionale, e qui si pensa alle foto di SB, per giunta vecchie di una settimana? Osservazioni fondate, ma parziali. Perché quelle foto dicono molto di un SB che ha perso del tutto il senso del ridicolo e il rapporto con il suo popolo. Quel rapporto che si è sempre vantato di avere, che certo aveva con il suo elettorato, di cui intuiva pulsioni e desideri. Ma adesso è finita. Proprio come dimostra questa serie di foto, di cui non si può che sorridere con mestizia, e questa crisi che, con l’aumento dell’Iva (i negozianti la stanno già ricalcolando per alzare subito i prezzi dalla mezzanotte del primo ottobre), allontana del tutto SB dalla gente comune. Gente che pure fino a oggi lo ha seguito e votato. Ma ormai, tutto preso com’è dall’incubo dei suoi processi e dalla paura di un arresto, SB ha perso la trebisonda. A 77 anni ha paura delle sue rughe e non ha più il senso del ridicolo. Sfoggia come un oggetto una giovane donna credendo che questo faccia colpo sugli italiani sempre favorevoli all’immagine del maschio conquistatore, rifiuta una condanna, chiede al capo dello Stato una riforma della giustizia per se stesso, tiene in ostaggio il Parlamento e il Paese sulla sua decadenza, spacca pure il partito, da cui fugge chi si rende conto dell’inevitabile deriva. Ma basta guardare quelle foto per capire che SB  non è nemmeno più l’SB di una volta. Una stagione si è chiusa definitivamente.
Vi è per caso capitato di vedere le foto di SB con la fidanzata Francesca Pascale e il cane Dudù su Vanity fair? Fate attenzione, perché potrebbe venirvi un colpo. Una dozzina di foto, una più brutta dell’altra. Ma soprattutto con un Silvio dal viso pesantemente ritoccato. Non pare nemmeno lui, ma una maschera di cera. Nessun uomo saggio, nessun politico che tiene alla sua immagine, avrebbe mai autorizzato un servizio del genere. Se chiedi a uno stretto collaboratore di SB come sia potuta accadere una cosa del genere ti risponde che non lo sa.
Voi direte, ma come, c’è la crisi, il Paese precipita, l’Italia rischia il declino economico internazionale, e qui si pensa alle foto di SB, per giunta vecchie di una settimana? Osservazioni fondate, ma parziali. Perché quelle foto dicono molto di un SB che ha perso del tutto il senso del ridicolo e il rapporto con il suo popolo. Quel rapporto che si è sempre vantato di avere, che certo aveva con il suo elettorato, di cui intuiva pulsioni e desideri. Ma adesso è finita. Proprio come dimostra questa serie di foto, di cui non si può che sorridere con mestizia, e questa crisi che, con l’aumento dell’Iva (i negozianti la stanno già ricalcolando per alzare subito i prezzi dalla mezzanotte del primo ottobre), allontana del tutto SB dalla gente comune. Gente che pure fino a oggi lo ha seguito e votato. Ma ormai, tutto preso com’è dall’incubo dei suoi processi e dalla paura di un arresto, SB ha perso la trebisonda. A 77 anni ha paura delle sue rughe e non ha più il senso del ridicolo. Sfoggia come un oggetto una giovane donna credendo che questo faccia colpo sugli italiani sempre favorevoli all’immagine del maschio conquistatore, rifiuta una condanna, chiede al capo dello Stato una riforma della giustizia per se stesso, tiene in ostaggio il Parlamento e il Paese sulla sua decadenza, spacca pure il partito, da cui fugge chi si rende conto dell’inevitabile deriva. Ma basta guardare quelle foto per capire che SB  non è nemmeno più l’SB di una volta. Una stagione si è chiusa definitivamente.

da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/09/29/la-maschera-di-silvio/?ref=HREA-1
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« Risposta #93 inserito:: Ottobre 06, 2013, 07:34:42 pm »

Il Cavaliere costretto alla resa "Io umiliato e tradito dal Colle"

Ma per motivi tecnici guadagna tre mesi: libertà fino a Natale. La richiesta potrebbe essere esaminata dal tribunale forse in gennaio

di LIANA MILELLA


ROMA - Tramonto definitivo di un leader. Dalla pur detestata Merkel, al colloquio obbligatorio con l'assistente sociale per verificare il grado di "reinserimento nella società" dopo la condanna Mediaset, ce ne corre. Berlusconi lo sa bene e ne è scioccato. Nel fine settimana peggiore della sua vita, chiuso a Palazzo Grazioli, può contare su un'unica notizia positiva che gli arriva dai suoi avvocati. Ci vorranno mesi, almeno due o tre, prima che il tribunale di sorveglianza di Milano decida il suo destino di "affidato ai servizi sociali".

La stessa procedura per lui, uno degli uomini più ricchi del mondo, e per un tossicodipendente o un rapinatore pentito con la pena agli sgoccioli. L'umiliazione di non essere più libero e di dover chiedere il permesso per qualsiasi spostamento. Anche una pizza con la Pascale.  Ancora una volta, in momenti in cui la collera si mescola allo sconforto, un pensiero di astio va diritto verso il Colle. Lo riferisce chi gli è stato accanto in un tetro pomeriggio romano, in cui i tempi dello shopping per cercare spille a farfalla da regalare alle sue ragazze sembrano ormai presistoria. "Napolitano può pure continuare a negare, ma da lui la parola che le cose non sarebbero andate così come sono andate io l'ho avuta". Sottinteso che il Colle invece non l'ha mantenuta.

Già, i fatti. Quelli di queste ore sono drammatici per Berlusconi. Pure il suo team di legali combina dei pasticci. Stavolta la colpa è di Franco Coppi che interpreta il suo rapporto con Berlusconi come quello che ha con tutti i suoi clienti, anche importanti. È Coppi che decide quello che si deve fare e quando si deve fare. Nel miglior rispetto delle regole e della strategia processuale. Ma con il Cavaliere la faccenda non va così. Per lui comandano e sono prioritari i tempi della politica. Lo sa bene Niccolò Ghedini. E pure Piero Longo. I due avvocati-parlamentari. Ma Coppi no, fa di testa sua. Come fece a luglio sulla presunta rinuncia alla prescrizione. Come fa stavolta. Quando rivela che ormai è prossima la scelta tra domiciliari e servizi sociali. Praticamente obbligata l'opzione per i secondi. Pure con qualche giorno di anticipo rispetto alla tagliola del 15 ottobre. Una gaffe pure questa, perché all'opposto Berlusconi ha tutto l'interesse a guadagnare anche una sola mezzora utile per controllare da uomo pienamente libero la diaspora in atto nel suo partito. L'Ansa esce con la notizia di Coppi, ma il boomerang torna indietro subito perché alla débacle della decadenza votata dalla giunta del Senato ecco che si assomma l'obbligatoria condanna da scontare. E pure quell'umiliante procedura da seguire. La notizia, di per sé scontata perché la via degli arresti domiciliari sarebbe ancora più devastante e soprattutto sarebbe più rapisda, non poteva saltar fuori in un giorno più inopportuno di questo sabato 5 ottobre. Lui ne è consapevole. Si arrabbia "perché così mi fate apparire ancora più indifeso di fronte alla procedura in corso al Senato". Per carità, tutti sanno bene che deve scontare, rispetto ai 4 anni originari inflitti per la frode fiscale Mediaset, un anno di pena. Ma meno se ne parla e meglio è, inutile evocare la sentenza, dargli corpo, meglio rifiutarla e lasciarla scolorire nel ricordo della gente. Invece accade il contrario. Berlusconi condanna, Berlusconi decaduto, Berlusconi che deve scontare la pena.

Coppi ammette l'errore, ma ormai la macchina è partita. Arriva una pioggia di telefonate. Tutti vogliono sapere che farà il Cavaliere, cosa offrirà ai giudici per scontare la sua condanna e dimostrarsi "pentito e recuperato a una condotta moralmente consona". Impossibile smentire, mentre dilaga l'immagine di questo ultimo Berlusconi, ormai un ex potente costretto alla resa e ai giochetti tra Parlamento e uffici giudiziari per guadagnare anche solo qualche ora in più di libertà in più.

Un unico interrogativo assedia palazzo Grazioli e gli avvocati. Niente da fare. Nessun progetto. Berlusconi potrebbe anche non far nulla. Depositata la domanda, l'ex premier aspetta l'assistente sociale che lo "intervista" sulla sua condizione - immaginate quale sarà il suo umore - e verifica se ha residenza e di che vivere (sic!), poi il faccia a faccia verterà su un'eventuale attività rieducativa. Previti faceva l'avvocato per don Picchi. Ma il Cavaliere, in realtà, rifiuta la condanna e rifiuta anche l'idea di una riabilitazione e di un reinserimento.
Se fosse una partita, quella del Cavaliere finirebbe 2 a 0. Lui lo sa, ma si rifugia nella solita aggressione ai giudici, "quei comunisti che vogliono togliermi di mezzo a ogni costo". In realtà, proprio dai giudici gli arriverà qualche mese di libertà in più. "Oltre Natale, forse gennaio" ipotizzano a Milano. Perché è difficile che il tribunale di sorveglianza trovi il tempo per esaminare l'affaire Berlusconi prima, il ruolo è già pieno, ci sono processi dei detenuti. Mesi preziosi. Che Berlusconi sfrutterà per fermare il treno della decadenza con la scusa dell'interdizione. Condannato il primo agosto, libero nei 6 mesi successivi. È l'anomalia italiana.
 (06 ottobre 2013) © RIPRODUZIONE RISERVATA

Da – repubblica.it
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« Risposta #94 inserito:: Ottobre 31, 2013, 05:09:44 pm »

27 ott 2013
Lasciate a casa Nitto
Tre giorni di magistrati a congresso, e la totale autocensura su Berlusconi. Non lo nomina il presidente dell’Anm Rodolfo M. Sabelli, non lo cita nessuno. Per tutti è l’Innominato. Lo sfascio della giustizia italiana dipende da lui, non solo per non aver fatto una legge, che sia una, per affrontare i mali cronici della macchina giudiziaria, ma soprattutto per aver costantemente delegittimato la giustizia stessa. Ogni giorno solo insulti. Che quantomeno saranno entrati nel cuore e nella mente del popolo del centrodestra.
E passi. Questa è cronaca di un ventennio. Ma perfino un’affermazione scontata – e pienamente condivisibile – come quella fatta dal segretario dell’Anm Maurizio Carbone sul fatto che un condannato (Innominato anch’esso, per carità) a una pena superiore a due anni debba avvertire il dovere morale di farsi da parte, diventa il sintomo di una pericolosa sovversione.
Non basta ancora. Ecco che l’ex Guardasigilli, attuale presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, nonché super falco berlusconiano Francesco Nitto Palma viene invitato a una tavola rotonda con il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati. Il quale fa una chiosa a margine di un ragionamento del giurista francese Antoine Garapon sui comportamenti anti-istituzionali dell’ex presidente Sarkozy. Dice Bruti:  “Per una volta possiamo fare gli sciovinisti con i francesi. L’ex presidente Sarkozy, in quanto a comportamenti anti-istituzionali, ne ha da fare di strada, noi siamo andati molto, ma molto avanti. Possiamo dare qualche lezione”. Finisce il dibattito ed ecco il solerte Nitto pronto a sfoderare la solita spada di servizio: “È accaduta una cosa molto grave, il capo della procura di Milano, ufficio presso cui pende un procedimento a carico di Berlusconi, ha fatto davanti a tutti un chiaro riferimento al leader del Pdl. Mi domando se ciò porti acqua al mulino della sua serenità”. Ancora: “Non presenterò alcun esposto, è un caso politico, ne parlerò con Berlusconi e con il segretario Alfano”. Per chiedere cosa? La pena di morte?
Ora, tutti ricorderete che Nitto è un ex magistrato. Acido, come ho sempre scritto in questo blog. È sua la proposta di legge per inasprire al massimo il controllo disciplinare sulle toghe. In discussione al Senato, prevede che qualsiasi loro comportamento, anche nella vita di tutti i giorni, sia monitorato come possibile fonte di processo disciplinare. Ovviamente, Nitto pretende che la sua legge sia retroattiva, perché la regola della non retroattività, che per il Pdl dovrebbe valere per Berlusconi nel caso della decadenza, non deve valere per i magistrati. Che poi Palma, invitato al congresso dell’Anm, in un libero confronto, già applichi la sua legge che ancora non esiste, e tenti di intimidire il procuratore di Milano per portare acqua ai processi del suo leader di partito, si commenta da sé.
Ma io mi chiedo: signori magistrati, ma uno come Nitto Palma, al vostro congresso, che ce lo invitate a fare? La sua totale mancanza di obiettività, il suo costante livore, lo confina a partecipare solo ai convegni del Pdl. Lì sta bene, altrove no.
Tre giorni di magistrati a congresso, e la totale autocensura su Berlusconi. Non lo nomina il presidente dell’Anm Rodolfo M. Sabelli, non lo cita nessuno. Per tutti è l’Innominato. Lo sfascio della giustizia italiana dipende da lui, non solo per non aver fatto una legge, che sia una, per affrontare i mali cronici della macchina giudiziaria, ma soprattutto per aver costantemente delegittimato la giustizia stessa. Ogni giorno solo insulti. Che quantomeno saranno entrati nel cuore e nella mente del popolo del centrodestra.
E passi. Questa è cronaca di un ventennio. Ma perfino un’affermazione scontata – e pienamente condivisibile – come quella fatta dal segretario dell’Anm Maurizio Carbone sul fatto che un condannato (Innominato anch’esso, per carità) a una pena superiore a due anni debba avvertire il dovere morale di farsi da parte, diventa il sintomo di una pericolosa sovversione.
Non basta ancora. Ecco che l’ex Guardasigilli, attuale presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, nonché super falco berlusconiano Francesco Nitto Palma viene invitato a una tavola rotonda con il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati. Il quale fa una chiosa a margine di un ragionamento del giurista francese Antoine Garapon sui comportamenti anti-istituzionali dell’ex presidente Sarkozy. Dice Bruti:  “Per una volta possiamo fare gli sciovinisti con i francesi. L’ex presidente Sarkozy, in quanto a comportamenti anti-istituzionali, ne ha da fare di strada, noi siamo andati molto, ma molto avanti. Possiamo dare qualche lezione”. Finisce il dibattito ed ecco il solerte Nitto pronto a sfoderare la solita spada di servizio: “È accaduta una cosa molto grave, il capo della procura di Milano, ufficio presso cui pende un procedimento a carico di Berlusconi, ha fatto davanti a tutti un chiaro riferimento al leader del Pdl. Mi domando se ciò porti acqua al mulino della sua serenità”. Ancora: “Non presenterò alcun esposto, è un caso politico, ne parlerò con Berlusconi e con il segretario Alfano”. Per chiedere cosa? La pena di morte?
Ora, tutti ricorderete che Nitto è un ex magistrato. Acido, come ho sempre scritto in questo blog. È sua la proposta di legge per inasprire al massimo il controllo disciplinare sulle toghe. In discussione al Senato, prevede che qualsiasi loro comportamento, anche nella vita di tutti i giorni, sia monitorato come possibile fonte di processo disciplinare. Ovviamente, Nitto pretende che la sua legge sia retroattiva, perché la regola della non retroattività, che per il Pdl dovrebbe valere per Berlusconi nel caso della decadenza, non deve valere per i magistrati. Che poi Palma, invitato al congresso dell’Anm, in un libero confronto, già applichi la sua legge che ancora non esiste, e tenti di intimidire il procuratore di Milano per portare acqua ai processi del suo leader di partito, si commenta da sé.
Ma io mi chiedo: signori magistrati, ma uno come Nitto Palma, al vostro congresso, che ce lo invitate a fare? La sua totale mancanza di obiettività, il suo costante livore, lo confina a partecipare solo ai convegni del Pdl. Lì sta bene, altrove no.

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/?ref=HREA-1
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« Risposta #95 inserito:: Novembre 05, 2013, 06:29:56 pm »

4
nov
2013

Cancellieri e Alfano, dimissioni a confronto

Liana MILELLA

La mia idea, del tutto personale, su Cancellieri è presto detta. Se nel governo Letta è rimasto Alfano deve rimanerci pure lei. Perché non si possono fare due pesi e due misure. Anzi, alla luce del “poi”, non si sarebbe dovuta dimettere neppure la Idem. Il metro per misurare un errore – perché, per certo, Cancellieri non doveva usare i toni che ha usato parlando con la compagna di Ligresti – deve essere sempre lo stesso, non può cambiare se a essere sotto accusa, e gravissima accusa nel caso Shalabayeva, è il segretario di un potente partito, in quel momento protetto da Berlusconi, oppure due ministri donna con qualche sponsor, ma senza la forza di una appartenenza. Sarebbe troppo facile, ma anche troppo sbilanciato.
Misuriamoli, allora, i casi Cancellieri e Shalabayeva. Nel primo il ministro della Giustizia fa una telefonata di troppo, esprime solidarietà a una vecchia amica la cui famiglia – si badi, assai chiacchierata famiglia – è finita in galera. Telefonata pessima, che si può interpretare solo conoscendo come è fatta Cancellieri. Una fin troppo spontanea, che ti dà subito del tu, che parla e dà giudizi del tutto liberi. Sentendola parlare dietro le quinte uno subito pensa “questa qui, prima o poi, finisce nei guai”. Tant’è, c’è finita. Anche per aver segnalato ai vice direttori del Dap lo stato di detenzione precario di Giulia Ligresti. È stata una grave interferenza? Sfido tutti i ministri a dichiarare che non hanno mai accettato una segnalazione e non si sono mai mossi di conseguenza. Non me lo dite che non è mai successo perché non ci credo. Cancellieri doveva lasciare Ligresti in carcere? Obiettivamente, se fosse stata male o peggio, sarebbe stato un casino.
Ma veniamo al paragone con quanto ha fatto Alfano. Un ministro dell’Interno che, scaricando la responsabilità sul suo capo di gabinetto, ovviamente defenestrato, ha consentito la deportazione di una bambina di sei anni e di sua madre in un Paese in cui entrambe rischiano la vita e sono in balia degli acerrimi nemici del marito. Un marito ricercato, mi dicono. Replico: e da quando in qua una moglie e una bimba di sei anni sono colpevoli delle colpe del marito e del padre? Un ministro che ha consentito agli emissari kazaki di spadroneggiare al Viminale come se si trattasse del loro, e non del nostro, ministero. Un ministro che non ha controllato, bensì ha avallato una sporca operazione di polizia, imposta da un paese straniero, senza mai chiarire fino in fondo il film dei fatti. Un ministro che – come tutti dicono nel palazzo – nella sua stanza di ministro non ci sta mai. Un ministro che a quella mamma e a sua figlia non ha avuto neppure il coraggio di chiedere scusa.
E allora, sono paragonabili i casi Cancellieri e Alfano, o la bilancia pende pericolosamente dalla parte di Alfano? Qual è il metro delle dimissioni? Il potere di chi sbaglia o l’effetto e la portata effettiva dell’errore? Libero il Pd di dividersi su Cancellieri, ma prima di dire sì o no alle dimissioni meglio riflettere bene su Alfano.

DA - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/11/04/cancellieri-e-alfano-dimissioni-a-confronto/
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« Risposta #96 inserito:: Dicembre 13, 2013, 06:16:54 pm »

Niente carcere per chi ha 75 anni.

FI prepara norma salva-Berlusconi

Emendamento ad personam per azzerare le ipotesi di arresto

di LIANA MILELLA
   
Niente carcere per chi ha 75 anni. FI prepara norma salva-Berlusconi(lapresse)
ROMA - Le notti di Silvio sono turbate dalla paura d'essere arrestato da un pm senza scrupoli? Ci pensa Forza Italia a metterlo tranquillo e a restituirgli il riposo. Lo strumento giusto è un bell'emendamento al disegno di legge Ferranti - Donatella Ferranti, la presidente Pd della commissione Giustizia della Camera - che stringe le maglie sulla carcerazione preventiva e che sarà tra i primi ddl in discussione in aula alla Camera nel nuovo anno. Detto fatto, la soluzione è semplice, come ai vecchi tempi in puro stile norma ad personam: vietare, sic et simpliciter, la custodia cautelare per chi ha superato la veneranda età di 75 anni. Nessuna deroga, stop all'arresto e basta, proprio in ragione dell'età avanzata. Una manna per Berlusconi, perché gli eviterebbe ogni possibile e brutta sorpresa. Qualsiasi reato dovessero contestargli, anche grave, lui sarebbe salvo. La discussione sul ddl è cominciata in aula lunedì, tra gli emendamenti presentati finora non figura quello sui 75 anni, ma buone fonti di Fi spiegano che è solo una questione strategica. Meglio presentare il testo, che ovviamente creerà un caso e un caos, solo quando la discussione sarà entrata nel vivo e il ddl starà marciando verso il voto. Un blitz, come sempre quando si parla di giustizia per Silvio.

Nell'entourage di Berlusconi non si parla d'altro. La norma sui 75 anni viene considerata per lui l'ultima spiaggia. Una strada per metterlo in totale sicurezza, nella quale però tutto dipende da come si comporterà il Nuovo centrodestra di Alfano. Se il gruppo dell'ex Guardasigilli, com'è accaduto al Senato per la decadenza, fa fronte comune anche sui 75 anni, allora una speranza di far passare la norma si apre. Un fatto è certo: appena qualche settimana fa, mentre si discutevano in commissione gli emendamenti al ddl Ferranti, gli allora compagni di partito Francesco Paolo Sisto, rimasto in Forza Italia, ed Enrico Costa, divenuto il capogruppo degli alfaniani alla Camera, avevano firmato assieme un emendamento per escludere dall'arresto gli over 70, anche nel caso di reati gravi come la corruzione. A opporsi, in quell'occasione, è stato il relatore, oggi forzista, Carlo Sarro, vice presidente della commissione Giustizia e avvocato del ben noto Nicola Cosentino. Ma in quel momento Berlusconi era ancora senatore e godeva dello scudo immunitario contro un possibile arresto, mentre adesso, dopo l'avvenuta decadenza, è tornato a essere un cittadino come tutti, esposto anche a una possibile cattura.

La norma sui 75 anni rischia di essere una pesante zeppa sul ddl presentato sin da aprile da Ferranti, che ha firmato il testo con altri esponenti del Pd. Il ddl 631 è stato poi fuso con altre proposte, tra cui quelle dei forzisti Brunetta e Sisto e dell'adesso alfaniano Costa. Ne è venuto fuori un ddl che impone al pm e al gip maggiore cautela nel decidere l'arresto preventivo. La principale parola d'ordine è che magistrato e giudice non devono valutare la pericolosità del reato in astratto, ma soppesare bene "l'attualità" concreta della necessità di un arresto. Il criterio, come ha detto in aula la relatrice Pd e avvocato torinese Anna Rossomando, dev'essere quello di "una custodia cautelare come extrema ratio", solo quando si è davvero certi che nessuna altra misura possibile, come gli arresti domiciliari, risulti inadeguata. Siamo nel trend di misure che riducono al massimo il ricorso al carcere, anche per evitare il sovraffollamento, nella linea ormai del governo Letta. Ma a questo punto il problema è che gli alfaniani, come Costa, non sarebbero affatto soddisfatti del risultato raggiunto, perché ritengono che il testo sia "troppo morbido" rispetto all'esigenza di alzare l'asticella della carcerazione preventiva. Qui s'innesta la possibilità che sul primo e importante ddl sulla giustizia si ritrovino assieme l'ex Guardasigilli e l'ex premier.

© Riproduzione riservata 12 dicembre 2013

http://www.repubblica.it/politica/2013/12/12/news/niente_carcere_per_chi_ha_75_anni_fi_prepara_norma_salva-berlusconi-73380912/
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« Risposta #97 inserito:: Dicembre 24, 2013, 06:10:39 pm »

18
dic
2013
Un errore, non un parametro

Liana MILELLA

Inutile dire che l’evasione di Bartolomeo Gagliano sarà ovviamente sfruttata da tutti i nemici, e sono tantissimi, delle politiche positive sul carcere. A voler fare dietrologia, sembra davvero incredibile che sia avvenuta il giorno stesso in cui il decreto Cancellieri, proprio sul sovraffollamento nei penitenziari italiani, è fresco di consiglio dei ministri. Un caso? Lo sarà certamente. Ma bisogna stare molto attenti a non utilizzarlo come un’arma contro le norme che incentivano la detenzione domiciliare, gli sconti di pena, l’attenuazione delle manette a tutti i costi. Il caso di Genova va solo chiamato con il suo nome — un errore aver dato quel permesso — e valutato nella sua incredibile anomalia — un istituto di pena dove non si conosce la storia criminale di un proprio detenuto e quindi lo si propone per il permesso premio —. È tutta colpa del magistrato di sorveglianza che non ha valutato, con la dovuta attenzione e come la legge gli impone di fare, il fascicolo di Gagliano? Sicuramente delle responsabilità ci sono. Dovranno essere valutate. Certo, è difficile, in tempi di Internet, raccontare ancora la storia di un detenuto con gravi precedenti — ha ucciso più volte e ha violato più volte i permessi che gli erano stati concessi — che non sono conosciuti dalle persone che hanno a che fare con lui. Possibile? Davvero ci volete far credere che, schiacciando un bottone, non compare sul video del direttore di un carcere oppure di un giudice di sorveglianza tutta la storia giudiziaria di un detenuto, con i crimini commessi e le condanne subite? Se davvero è così, allora il problema non è il decreto cosiddetto svuota-carceri (brutta espressione, che certo non contribuisce a migliorare la sua fama), ma la basilare riforma di un casellario giudiziario in cui, con un click, si sappia tutto di Gagliano, se è un pluri-omicida che è meglio tenere dentro, anche se fa il bravo, piuttosto che metterlo in libertà.

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2013/12/18/un-errore-non-un-parametro/?ref=HRER1-1
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« Risposta #98 inserito:: Marzo 31, 2014, 11:45:58 pm »

Grasso: non abolite il Senato. Resti un'assemblea di eletti

Intervista al presidente di Palazzo Madama che contesta la riforma proposta da Renzi: "Non sia un organismo che dia la fiducia, ma che si occupi di leggi costituzionali e etiche”

di LIANA MILELLA
   
ROMA — Sindaci e governatori nel nuovo Senato? "Ci sarebbe una sovrapposizione di poteri diversi". Chi dovrebbe scegliere i futuri senatori? "Anche la gente". Il nome? "Sempre Senato". I rapporti tra Montecitorio e palazzo Madama? "No al bicameralismo perfetto". La fiducia? "Solo alla Camera". L’ obiettivo istituzionale? "La stabilità e la rappresentatività indicata dalla Corte costituzionale". Nel suo studio le foto sono soprattutto quelle della vita da magistrato, anche se spicca l’ ultima con Papa Francesco. Lui, il presidente del Senato Pietro Grasso, ragiona solo da politico. Quando gli si dice che un accreditato gossip lo descrive come il futuro capo dello Stato, con aria visibilmente seccata, replica: "Non scherziamo. Io penso a fare bene il mio lavoro, e da presidente parlo della riforma del Senato, nel mio pieno ruolo istituzionale e super partes".

E come si sente come probabile ultimo presidente di questo Senato?
"Da fuori mi vedono come l'ultimo imperatore, io mi sento l’ultimo dei mohicani...".

Renzi è stato netto, ha detto "se il Senato non va a casa, vado a casa io". Domani esce il suo testo. Se vestisse i suoi panni che farebbe?
"Quello che sta facendo lui, lavorando con tutte le mie forze per superare il bicameralismo perfetto, diminuire il numero dei parlamentari, semplificare l'iter legislativo".

Ma da qui come la vede? Abolire il Senato è davvero necessario e indispensabile?
"Aldilà delle semplificazioni mediatiche nessuno parla di abolire il Senato, ma di superare il bicameralismo attuale. L'urgenza è prima istituzionale che economica: dobbiamo accelerare il processo legislativo, senza indebolire la democrazia".

Che aria ha avvertito nei suoi incontri con la gente, ritengono il Senato un’inutile fonte di sprechi? Un duplicato della Camera? Una perdita di tempo? Un residuo del passato?
"Certamente la gente pensa, a ragione, che quasi mille parlamentari siano troppi, che la politica costi molto e produca poco, che sia venuto il momento di dare una sterzata. Ma avverto anche la forte preoccupazione di mantenere, su alcuni temi, la garanzia di scelte condivise. Con un sistema fortemente maggioritario, con un ampio premio di maggioranza e una sola Camera politica, il rischio è che possano saltare gli equilibri costituzionali e ridursi gli spazi di democrazia diretta".

E sarebbe?
"Affidare a una sola camera anche le scelte sui diritti e sui temi etici potrebbe portare a leggi intermittenti, che cambiano ad ogni legislatura, su scelte che toccano profondamente la vita dei cittadini e che hanno bisogno di essere esaminate anche in una camera di riflessione, come ritengo debba essere il Senato".

Quindi il suo Senato ideale come si chiama e com’è fatto?
"Io immagino un Senato composto da senatori eletti dai cittadini contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, e una quota di partecipazione dei consiglieri regionali eletti all'interno degli stessi consigli. Per rendere più stretto il coordinamento tra il Senato così composto e le autonomie locali, prevederei la possibilità di partecipazione, senza diritto di voto, dei presidenti delle Regioni e dei sindaci delle aree metropolitane".

Che fa, la stessa proposta del capogruppo di Forza Italia Romani? Ancora un Senato di eletti? Ma così crolla il progetto Renzi...
"Non è la stessa proposta, perché io immagino un Senato composto da senatori eletti dai cittadini contestualmente alle elezioni dei consigli regionali, e una quota di partecipazione dei consiglieri regionali eletti all'interno degli stessi consigli. Per rendere più stretto il coordinamento tra il Senato così composto e le autonomie locali, prevederei la possibilità di partecipazione, senza diritto di voto, dei presidenti delle Regioni e dei sindaci delle aree metropolitane".

Renzi vuole come senatori sindaci e governatori regionali, lei perché è contrario?
"Perché ritengo che per una vera rappresentatività sia indispensabile che almeno una parte sia eletta dai cittadini, come espressione diretta del territorio e con una vera parità di genere. Una nomina esclusivamente di secondo grado comporterebbe una accentuazione del peso dei partiti piuttosto che di quello degli elettori".

Quindi un fifty-fifty?
"Non si tratta di percentuali, su quelle vedremo. Credo sia utile la presenza di rappresentanti delle Assemblee regionali, proprio per rafforzare la vocazione territoriale del Senato, estendendo la funzione legislativa regionale a livello nazionale. Ma sindaci e presidenti di Giunte regionali, che esercitano una funzione amministrativa sul territorio, a mio avviso non possono esercitare contemporaneamente una funzione legislativa nazionale, ma soltanto consultiva e di impulso".

Altro che Senato delle autonomie, il suo assomiglia a quello di adesso, solo con meno poteri e competenze.
"Niente affatto. Il Senato che immagino io, anche in parallelo con la riforma del Titolo V, è un luogo di decisione e di coordinamento degli interessi locali fra di loro e in una visione nazionale, e in questo senso dovrebbe sostituire la Conferenza Stato-Regioni".

E come la mette con i soldi? Questo suo Senato, sicuramente, avrà un costo maggiore rispetto a uno di sindaci e governatori perché gli eletti, proprio come quelli di adesso, dovranno necessariamente essere retribuiti. Quindi, con questo sistema, dove va a finire il risparmio previsto da Renzi?
"Possiamo ottenere risparmi maggiori diminuendo il numero complessivo dei parlamentari e riducendo le indennità, solo per iniziare. Poi mi faccia dire che non si può incidere sulla forma dello Stato solo con la calcolatrice in mano".

Questo suo Senato rispetto alla fiducia al Governo che fa?
"Non dà la fiducia, non si occupa di leggi attuative del programma di governo, né di leggi finanziarie e di bilancio. Il rapporto col Governo su questi punti deve restare solo e soltanto alla Camera".

Di quali leggi dovrebbe occuparsi?
"Oltre a tutte le questioni di interesse territoriale, delle leggi costituzionali o di revisione costituzionale, di legge elettorale, ratifica dei trattati internazionali, di leggi che riguardano i diritti fondamentali della persona".

Solo questo?
"Io immagino che una Camera prettamente ed esclusivamente politica debba essere bilanciata da un Senato di garanzia, con funzioni ispettive, di inchiesta e di controllo, anche sull'attuazione delle leggi. Chiaramente il Senato dovrà partecipare, in materia determinante, ai processi decisionali dell'Unione Europea, sia in fase preventiva che attuativa".

Prevede anche i senatori a vita o cittadini illustri che siano?
"L'apporto di grandi personalità del mondo della cultura, della scienza, della ricerca, dell'impegno sociale non può che essere utile. In che modo e in che forma sarà da vedere".
 
Due questioni calde, la tagliola sulle leggi del governo che vanno a rilento e i poteri "di vita e di morte" del premier sui ministri. Progetto ammissibile e condivisibile?
"Un termine chiaro entro cui discutere le proposte del governo, in un sistema più snello, non può che accelerare e semplificare l'iter legislativo. La ritengo una buona proposta. La seconda ipotesi non mi sembra sia prioritaria in questo momento".

Praticabilità politica. Dopo il caos del voto sulle province, finito con la fiducia, che prevede per il voto su questa riforma?
"Se si vuole un'accelerazione e una maggioranza di due terzi non si deve procedere mostrando i muscoli, ma cercando proposte più possibili condivise e aperte alla riflessione parlamentare. I senatori non sono tacchini che temono il Natale, e sono pronti a contribuire al disegno di riforma del Senato".

Ne è davvero convinto o s'illude?
"Hanno compreso, credo, le aspettative dei cittadini: partecipazione democratica, efficienza delle istituzioni, diminuzione del numero di deputati e senatori, taglio radicale ai costi della politica. Diminuendo di un terzo il numero dei parlamentari tra Camera e Senato, e riducendo le indennità, si otterrebbe un risparmio ben superiore a quello che risulterebbe, bilancio alla mano, dalla sostituzione dei senatori con amministratori dei comuni, delle aree metropolitane e delle regioni".

Un prossimo voto di fiducia di questo Senato sul futuro Senato è ipotizzabile?
"Non penso che si possa riformare la Costituzione con un maxi-emendamento e senza alcun contributo delle opposizioni".

Il timing di Renzi prevede prima la riforma del Senato, poi quella elettorale, il famoso Italicum. Forza Italia dice già di no e vuole il contrario. Lei che tempistica prevede?
"Dal momento che la legge elettorale riguarda solo la Camera approviamo prima la riforma del Senato, per poi passare immediatamente all'Italicum".

Lei sta già riorganizzando gli uffici di questo Senato. Perché? Per mantenere lo status quo o in vista della riforma?
"Sto lavorando per proporre al Consiglio di presidenza una riorganizzazione che risponda ad alcune esigenze attese da anni. Questo non ostacola le riforme, anzi le anticipa: razionalizzando le strutture, eliminando quelle non necessarie, valorizzando la prospettiva regionale ed europea del Senato, tagliando dal 30 al 50% le posizioni apicali e andando a ricoprire i posti restanti con nomine a costo zero, senza alcun aumento in busta paga per nessuno. Inoltre è già stato deliberato l'accorpamento di molti servizi con quelli corrispettivi della Camera, e si va verso l'unificazione dei ruoli del personale di Camera e Senato. Voglio che il nuovo Senato parta già nella sua piena efficienza".

Politica e mafia. La polemica sul 416-ter. La sua proposta, appena eletto, è agli atti. Adesso? È d'accordo sull'ipotesi del decreto legge cambiando il testo uscito dal Senato?
"Come ho detto, la mia proposta è agli atti. L'ho presentata il primo giorno, ho ancora il braccialetto bianco al polso e spero che si faccia presto e bene".

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/03/30/news/grasso_i_futuri_senatori_devono_essere_scelti_anche_dalla_gente-82274935/?ref=HREA-1
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« Risposta #99 inserito:: Giugno 10, 2014, 11:32:29 am »

6
giu
2014

Se Cantone fallisce…

Liana MILELLA

C’è un rischio, e grande, tutte le volte che, per risolvere un problema di portata gravissima, si identifica in una singola persona il possibile “salvatore”. Da un mese, la parola corruzione è costantemente associata alla figura di Raffaele Cantone, il magistrato napoletano cui Renzi ha affidato il compito di presiedere l’Authority anti-corruzione. Non solo, lo ha pure incaricato di occuparsi di Expo e degli appalti corrotti. A parlare con Cantone si percepisce subito la sua grande preoccupazione. Chi, come lui, è stato pubblico ministero per una vita, sa bene che anomalie criminali gravissime come le mafie e la corruzione, ben radicate come sono quelle italiane, non si azzerano da un giorno all’altro, e nemmeno da un anno all’altro. Con il realismo che contraddistingue il suo modo di ragionare Cantone dice che il suo ufficio potrà seminare degli anticorpi, ma poi chi può dire come, quando e quanto attecchiranno. Ma c’è un’altra preoccupazione, e riguarda questa classe politica, chiamata definitivamente a fare i conti con il suo stesso malaffare, se è vero, come è vero, che ancora una volta i politici sono protagonisti delle ruberie. La manovra anti-corruzione che il governo deve necessariamente affrontare sarà uno spartiacque decisivo per il governo Renzi, e per Renzi stesso. I rinvii, perché di questo si tratta, fanno stare col fiato sospeso. Ce la farà Renzi a dare a Cantone, innanzitutto, dei collaboratori dal curriculum adamantino – le nomine sono quattro – oppure prevarranno logiche spartitorie? Ce la farà a dargli gli strumenti necessari per “entrare” effettivamente nelle singole gare d’appalto e per scoprire dove si annida il marcio? Ce la farà a mettergli in mano un concreto potere sanzionatorio? E soprattutto, il governo Renzi avrà la forza, a fronte di lobby potenti che remano contro (in primis gli avvocati), di cambiare le regole della prescrizione? Andrebbe fermata dopo il rinvio a giudizio, ci si può spingere alla sentenza di primo grado, ma una seria lotta alla corruzione non può che passare di lì. Altrimenti guardiamoci in faccia e diciamo la verità, qua si sta facendo “ammuina”.

DA - http://www.repubblica.it/politica/2014/06/08/news/mose_tremonti_milanese-88359705/?ref=HRER1-1
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« Risposta #100 inserito:: Agosto 09, 2014, 05:36:01 pm »

8
ago
2014

Il privilegio di Genovese sulle intercettazioni

Liana MILELLA

Il Parlamento insiste con i privilegi della casta, e il Pd con lui. Accade, alla Camera, che si debba votare per autorizzare l’uso delle intercettazioni nel processo al deputato Pd Francantonio Genovese, già destinatario di un mandato di arresto votato favorevolmente dai suoi colleghi. Che invece, sulle intercettazioni, fanno muro. Causidicamente distinguono un prima e un dopo, le registrazioni delle telefonate effettuate prima che fosse formalmente indagato, e quelle successive. Bene, le prime vengono autorizzate, le seconde vengono stoppate dalla Camera, perché i magistrati di Messina avrebbero dovuto chiedere un’autorizzazione.
Ora, io mi chiedo, ma ci può essere una legge così anacronistica da ordinare che si debba chiedere l’autorizzazione per intercettare un telefono? Per l’ovvia ragione che magari il via libera arriva anche, ma comunque la telefonata sarà investigativamente inutile perché chi parla sa ufficialmente di essere intercettato.
E allora la beffa, la presa in giro grottesca è totale. Per Genovese varranno solo le intercettazioni fatte “prima” della data in cui viene formalmente indagato. Tutte quelle successive, al macero. Si oppone M5S, che vuole autorizzare tutto, ma finisce lo stesso 319 a 95. Con il Pd a favore, ovviamente.

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2014/08/08/il-privilegio-di-genovese-sulle-intercettazioni/?ref=HREC1-6
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« Risposta #101 inserito:: Settembre 24, 2014, 06:36:38 pm »

Giustizia, dietrofront del governo su autoriciclaggio.
Testo ammorbidito su pressing Ncd e Forza Italia
Sarà colpito solo chi si è procurato il denaro "sporco" commettendo reati puniti con una pena di almeno cinque anni.
Cantone (Anticorruzione): non lo annacquerei. Critiche dalle procure

Di LIANA MILELLA 
   
ROMA - Aveva garantito il Guardasigilli Andrea Orlando, appena cinque giorni fa, dalla tribuna delle Camere penali: "Non ci sarà nessuna marcia indietro sull'auto-riciclaggio". Una promessa che si sta rivelando dai piedi di creta. Che si spiaggia sui tavoli dei magistrati, in testa quelli che ogni giorno hanno a che fare con i reati di evasione, quando finalmente, dopo 25 giorni di attesa, arriva il testo del nuovo disegno di legge anti-corruzione, nel quale, agli articoli 3, 4 e 5, sono contenute le nuove norme sull'auto-riciclaggio e sul falso in bilancio. Chi ipotizzava una trattativa sotto banco tra Pd e Forza Italia, con lo zampino decisivo anche degli alfaniani di Ncd, è convinto che quei sospetti si stiano rivelando fondati. Perché il reato, atteso da anni, secondo quanto si sente nelle procure, rischia di essere controproducente.

La ragione è semplice. Basta leggere il testo. Che prevede di colpire soltanto chi ha commesso "un delitto colposo punito con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni". Come spiegano subito le toghe, già in allarme, restano fuori i reati tipici dei riciclatori, la truffa, l'appropriazione indebita, ma soprattutto l'infedele dichiarazione e l'omessa dichiarazione dei redditi. Reati puniti nel massimo fino a tre anni. Quindi fuori dal futuro reato di auto-riciclaggio. Si potrà fare una truffa, o fare una dichiarazione infedele, e riciclare conseguentemente i proventi di quel reato senza che il magistrato possa fare nulla.

Questa è la versione definitiva di un testo che, tra palazzo Chigi e ministero della Giustizia, ha subito molte modifiche e nel quale hanno molto inciso i mal di pancia di Ncd, identici nel contenuto a quelli di Forza Italia. I berlusconiani chiedevano ancora di più. Volevano che il reato fosse contestabile soltanto qualora ci si trovasse di fronte ai delitti di mafia e di traffico di stupefacenti. Via tutti gli reati, corruzione compresa. Questo braccio di ferro ha bloccato il ddl anti-corruzione per settimane. Alla fine ha prevalso un compromesso che le toghe considerano però del tutto inaccettabile.

Alla fine viene fuori un reato a metà. Innanzitutto cala la pena rispetto alla previsione originaria, doveva essere dai 3 agli 8 anni, ma il minimo si ferma a due. Verrà punito con questa pena chi "sostituisce, trasferisce, ovvero impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa". Ma ci sarà il tetto a monte, se cioè è stato commesso un reato che supera i 5 anni di pena.

Non solo. Al comma principale ne segue un secondo, nel quale si dice che "l'autore del reato non è punibile quando il denaro o i beni vengono destinati all'utilizzazione e al godimento personale". Una precisazione che, se non fa proprio danno, viene valutata dai magistrati come una possibile fonte di confusione.

Per intenderci, potrebbe avvenire quello che è avvenuto con il famoso testo del voto di scambio tra politica e mafia, il 416-ter, che per essere troppo dettagliato e arzigogolato, alla fine è caduto davanti alla Cassazione. Dicono i pm che questa clausola dell'auto-ricioclaggio potrebbe portare a lunghe diatribe con l'imputato con la necessità di dimostrare che effettivamente il denaro riciclato era o non era usato per fini solo personali. Una fonte di confusione e non di vantaggio.

Ma il vero problema della norma è il suo uso immediato. Già oggi, nella commissione Finanze della Camera, sarà utilizzata come emendamento del governo al testo sul rientro dei capitali dall'estero che il governo, e il ministro Padoan in particolare, ha particolare premura di approvare. Lì dentro c'è la voluntary disclosure, per cui chi si auto accusa di aver portato fuori capitali, potrà godere di uno sconto nella sanzione. In commissione c'è già una versione del reato di auto-riciclaggio, su cui aveva lavorato il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco. Testo diverso da quello del governo e che non conteneva la limitazione dei reati fino a 5 anni. Proprio su questo testo ci sono state le pressioni di Forza Italia e Ncd per una versione più morbida. Il rischio adesso è che salti tutto, rinviando ancora nel tempo l'entrata in vigore di un reato che ancora non esiste.

© Riproduzione riservata 24 settembre 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/09/24/news/giustizia_dietrofront_del_governo_su_autoriciclaggio-96525124/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_24-09-2014
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« Risposta #102 inserito:: Ottobre 10, 2014, 11:53:43 pm »

Rettifiche lampo e maxi multe, rischio bavaglio per le testate web
Nella riforma della diffamazione sanzioni da 50 mila euro e interdizione per i direttori

di LIANA MILELLA
10 ottobre 2014
   
ROMA - Quando di mezzo ci sono i giornalisti la voglia di bavaglio è sempre dietro l'angolo. Adesso l'obiettivo è soprattutto il web, le testate online, considerate troppo libere e incontrollabili. Non solo dovranno rettificare subito, ma soprattutto dovranno cancellare tutto. Per legge. Ci hanno provato con le intercettazioni a mettere il bavaglio, adesso passano per la diffamazione. Quel singolare ddl "Loch Ness" (come lo chiama Gasparri) che compare e scompare come lo storico mostro. Ora che rispunta al Senato, dopo un anno di misterioso sonno, rivela subito di che pasta è fatto. Pasta punitiva, tutta giocata su rettifiche capestro ad horas, su multe per migliaia di euro (fino a 50mila per un falso cosciente), sull'interdizione per sei mesi, sulla responsabilità dei direttori per qualsiasi notizia diffamatoria anonima. Come dice il Dem Felice Casson "di positivo, nel ddl, c'è che finalmente viene cancellata la previsione del carcere per i giornalisti...". Ma il prezzo da pagare per la cella (assai rara) che non c'è più è uno stillicidio pesante giornaliero che colpirà pesantemente anche le testate online. Ieri il testo, già votato alla Camera ma assai rimaneggiato in commissione Giustizia al Senato, è giunto in aula. Discussione generale. Se ne riparla tra un paio di settimane, ma bisogna dire subito che la legge, così com'è, proprio non va. Emendamenti compresi.

Il carcere non c'è più. E sia. Ma ci sono le multe. Normalmente fino a 10mila euro. Ma fino a 50mila "se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità". Rispondono anche, "a titolo di colpa", il direttore o il vice direttore responsabile. "La pena è in ogni caso ridotta di un terzo". Ma i due rispondono pure "nei casi di scritti o di diffusioni non firmati". E veniamo alle rettifiche, il comma dolente. È scritto che "il direttore è tenuto a pubblicare gratuitamente e senza commento, senza risposta e senza titolo, con la seguente indicazione "rettifica dell'articolo (titolo) del (data) a firma (l'autore)" nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa, o nella testata giornalistica online (solo registrate, quindi niente blog, ndr.) le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità". Salvo che queste rettifiche non abbiano un risvolto penale, vanno pubblicate. Per le testate online va fatto "non oltre due giorni", "con la stessa metodologia, visibilità e rilevanza". Se non si rettifica entra in scena il giudice che "irroga la sanzione amministrativa", avverte il prefetto e pure l'ordine professionale. Il quale sospende fino a sei mesi.

Ma non è finita qui. Siamo alla distruzione definitiva. Oltre alla rettifica e alla richiesta di aggiornare le informazioni, l'interessato "può chiedere l'eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali". Non basta nemmeno. "L'interessato può chiedere al giudice di ordinare la rimozione delle immagini e dei dati ovvero di inibirne l'ulteriore diffusione". Dulcis in fundo: "In caso di morte dell'interessato le facoltà e i diritti possono essere esercitati dagli eredi o dal convivente".
 
© Riproduzione riservata 10 ottobre 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/10/10/news/censura_testate_online-97762029/?ref=nl-Ultimo-minuto-ore-13_10-10-2014
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« Risposta #103 inserito:: Ottobre 19, 2014, 04:20:25 pm »

14
ott
2014
Vergogna istituzionale

Di Liana Milella.

Montecitorio? Oppure una malfamata balera? Lega e M5s stanno dando il peggio durante le votazioni per l’elezione dei due giudici della Consulta. Siamo arrivati alla diciottesima, e ancora si vota a vuoto. Già questo è uno scandalo. In più si aggiunge la vergogna degli scherzi e delle battute di infimo ordine. Come quella del leghista Calderoli, che ha storpiato il nome dell’ex avvocato generale dello Stato da Caramazza in “caraminchia”. Adesso si è inventato un volantino, perfino distribuito in Transatlantico, in cui invita a votare per il presidente del Senato Grasso per toglierselo dai piedi. Sono giorni che lavora a questo “nobile” progetto. M5s va oltre. Annuncia che voterà scheda bianca “in attesa che passi il cadavere di Violante”. Una frase inaccettabile in sé, ma particolarmente grave in questo caso visto che tutti sanno che Violante ha avuto qualche problema di salute. Ma se Lega e M5s disprezzano il Parlamento che ci stanno a fare? Escano, per evitare di abbassare ancora di più il già basso livello delle nostre istituzioni.

Da - http://milella.blogautore.repubblica.it/2014/10/14/vergogna-istituzionale/
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« Risposta #104 inserito:: Ottobre 21, 2014, 05:18:43 pm »

Consulta, Il Pd archivia Violante: “Stallo colpa anche nostra”. Fi, summit sul candidato
Il premier: “Camere bloccate e noi siamo corresponsabili”. Tesauro: “Fare presto”. Ma il nuovo voto non è ancora fissato

di LIANA MILELLA

ROMA. Andare oltre Violante per superare lo stallo della Consulta. Per evitare, come dice Matteo Renzi, di essere ancora "corresponsabili" di un ritardo nella nomina dei due giudici costituzionali di nomina parlamentare che ormai ha superato i 115 giorni. Il premier apprezza Napolitano, che "ha sfidato le Camere in una situazione di stallo", per la scelta dei sostituti del presidente Giuseppe Tesauro e di Sabino Cassese con 22 giorni di anticipo rispetto alla naturale scadenza del 9 novembre. Ma adesso tocca alla politica darsi una scossa. Il segretario del Pd ci metterà del suo (finora era stato descritto come "assente" dalla partita della Corte) e domani vedrà i capogruppo di Senato e Camera Luigi Zanda e Roberto Speranza. Ma nelle sue parole, pronunciate durante la direzione Pd, i suoi già vedono un’archiviazione della candidatura di Luciano Violante, l’ex presidente della Camera che ha sfiorato i 550 voti, senza raggiungere il quorum richiesto di 570. Forza Italia accusa il Pd di non votarlo in modo compatto. Il Pd di rimando accusa Forza Italia di non aver mai fatto cadere le preclusioni contro di lui in quanto ex capo del partito dei giudici.

La partita per la Corte riparte daccapo. Mentre l’attuale presidente Tesauro ripete ancora quanto ha già detto una settimana fa, invitando il Parlamento a fare "una buona riflessione, magari un po’ più rapida di quanto è stato programmato". Ma proprio i tempi potrebbero essere non come li auspica Tesauro. Intanto un dato, è improbabile che la presidente della Camera Laura Boldrini convochi una seduta in settimana. Il presidente del Senato Piero Grasso torna giovedì mattina da un viaggio di rappresentanza in Argentina e sconsiglia, via filo, altre votazioni a oltranza che finiscano con un nulla di fatto. Si risolvono in un danno. È realistico pensare che la seduta "buona" si possa tenere la prossima settimana, magari martedì, a candidati già individuati e con buone chance di riuscita.

Oggi Berlusconi, di nuovo a Roma, potrebbe indicare un nuovo nome per la Corte, anche se il gruppo parlamentare aveva deciso che la scelta era di sua competenza, soprattutto dopo i flop di nomi giunti da palazzo Grazioli, come l’ex Antitrust Antonio Catricalà e l’ex avvocato generale dello Stato Ignazio Francesco Caramazza. Sarà la volta del costituzionalista Giovanni Guzzetta, sponsorizzato dal capogruppo Renato Brunetta, di cui è stato capo di gabinetto quando era alla Funzione pubblica? Oppure di Francesco Paolo Sisto, il presidente della commissione Affari costituzionali, avvocato barese vicino a Raffaele Fitto? È più probabile che possa toccare a un outsider. Ma Berlusconi deve fare i conti con un gruppo frastagliato che rivendica la sua indipendenza. Dice Brunetta: «Chapeau a Napolitano che da solo ha scelto i suoi giudici, ma qui bisogna mettere d’accordo 950 persone".

Non si respira aria migliore nel Pd. Dove superare la candidatura di Violante sta comportando più di una preoccupazione. Innanzitutto lo sgarbo di sostituire un esponente di spicco del partito, tra i saggi del Quirinale, ex responsabile per le Riforme.

Ma ostinarsi sul suo nome rischia ormai di far portare al Pd «la responsabilità» della mancata elezione dei giudici. Lo sanno bene Zanda e Speranza, che però temono la reazione di chi ha sostenuto Violante contro qualsiasi altro candidato per la Corte. Un tecnico puro, a questo punto. Il nome che ricorre con maggiore insistenza è quello del costituzionalista della Sapienza Massimo Luciani, che nella sua veste di avvocato è un volto già molto noto nelle stanze della Consulta. Non resta che superare gli indugi e parlare con Forza Italia augurandosi che abbia e voti un nuovo nome.

© Riproduzione riservata 21 ottobre 2014

Da - http://www.repubblica.it/politica/2014/10/21/news/consulta_il_pd_archivia_violante_stallo_colpa_anche_nostra_fi_summit_sul_candidato-98617551/?ref=HREC1-17
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