“I tedeschi devono capirlo Solo con più crescita si abbatte il debito”
Gutgeld: “Meno spesa improduttiva. Più risorse a scuola e sanità”17/02/2016
Francesco Manacorda
Roma
«Fare la spending review è come rimettersi in forma. Prima di tutto bisogna seguire una dieta, ma poi si deve anche cambiare stile di vita. Ecco, noi stiamo passando alla fase due della revisione della spesa in cui si va dai semplici tagli a una revisione strutturale, che punta a cambiare la qualità della spesa». Incurante dell’effetto delle sue metafore sui 120 chili abbondanti di cronista che ha di fronte, stretto in una stanzetta provvisoria di Palazzo Chigi mentre stanno ridipingendo il suo studio, Yoram Gutgeld fa il bilancio del suo primo anno da consigliere economico del premier e da commissario alla spending review. Ma guarda più che altro avanti. Alla «fase due», per l’appunto, e allo scontro tra il governo italiano e Bruxelles sulla flessibilità di bilancio. Uno scontro che non ha ragione di esistere, dice: «Tutte le persone di buon senso capiscono che il debito si abbatte solo se aumenta la crescita».
Dopo un biennio di governo Renzi come si sostanzia questa fase due? E che cosa replica a chi dice che la revisione della spesa va a rilento?
«Che stiamo facendo tanto, anzi tantissimo. Basta pensare che la spesa corrente dal 2013 al 2016, come percentuale del Pil, è scesa dell’1,6%. In Germania quando Gerhard Schroeder fece le riforme a inizio anni 2000 in un triennio le spese scesero solo dello 0,6% del Pil».
Questa è la replica alle critiche. E la revisione strutturale?
«Le faccio qualche esempio. Stiamo passando alla centralizzazione degli acquisti, da 35 mila a 33 centrali di acquisto: significa non solo spendere meno per i beni acquistati, ma anche razionalizzare e snellire i processi, con altri risparmi. Da una settimana 15 miliardi di acquisti, soprattutto nella sanità, sono passati a centrali su base regionale o pluriregionale. Per i Comuni stiamo passando ai costi standard come parametro di spesa: nel 2015 riguardavano il 20% della spesa, quest’anno passiamo al 40% e nel 2019 arriveremo al 100%».
In concreto che cosa significa cambiare il mix di spesa e come influenza i servizi pubblici?
«I dati finali li daremo in marzo, ma intanto posso anticipare che nel 2016 la spesa nominale per i cosiddetti servizi generali, quella meno produttiva, è scesa di circa 4,5 miliardi rispetto al 2014. Sono soldi che si sono potuti dirottare su altre voci, con l’obiettivo di non ridurre il livello di servizi per i cittadini, ad esempio aumentando di oltre 3 miliardi la spesa per la scuola e di un miliardo quella per la Sanità, con effetti molto concreti: l’anno scorso 32 mila ammalati di Epatite C hanno potuto usufruire di un farmaco salvavita molto costoso e passato dal Servizio sanitario nazionale».
Domani Matteo Renzi sarà al vertice europeo di Bruxelles. Il primo dopo settimane di polemiche sulla flessibilità dei conti pubblici. Come andate al vertice e quali risultati vi aspettate?
«Arriviamo là con una conferma della linea che abbiamo adottato fin dall’inizio, spiegando che siamo ligi a tutte le regole di bilancio europee, più di altri Paesi».
Anche perché abbiamo sulle spalle un debito pubblico del 133% del Pil che non ci concede stravaganze...
«Non c’è dubbio. Proprio per questo ancora prima di Bruxelles ci giudicano i mercati finanziari. E proprio per questo dobbiamo essere particolarmente seri e affidabili, come l’Italia non sempre è stata in passato. Del resto nel 2016, dopo nove anni il rapporto debito/Pil comincerà a scendere».
Per ora, più che altro, non sale il Pil.
Lo 0,7% nel 2015 rispetto allo 0,9% previsto dal governo...
«L’Italia è il Paese che in un anno ha fatto il balzo maggiore: da un -0,4% siamo passati a un +0,7%. Ma è vero che la crescita europea è insoddisfacente e l’unico modo per mettere il debito sotto controllo - per l’Italia e per tutta l’Europa - è garantire una crescita robusta. Anche chi si preoccupa per la sostenibilità del nostro debito, come i tedeschi, deve capire che la crescita oggi è la priorità».
Di crescita ha appena parlato anche Mario Draghi.
«Ho ascoltato con molto interesse le sue parole lunedì. Il presidente della Bce dice che da un lato bisogna ridurre le tasse e dall’altro aumentare gli investimenti. È proprio quello che stiamo cercando di fare, con una riduzione delle tasse di 29 miliardi nel 2015».
Draghi però dice che questo lo può fare chi in regola con i conti pubblici. L’Italia invece sembra chiedere più deficit adesso per fare meno debito in futuro. Non è così?
«No, noi stiamo assolutamente dentro le regole europee. Regole che prevedono che chi fa le riforme e chi sta migliorando i conti ha la possibilità di avere un percorso di riduzione del deficit bilanciato, consentendogli di fare investimenti. Se si riduce il deficit troppo rapidamente si rischia la recessione. Lo abbiamo visto con il governo Monti».
Ma Bruxelles vi invita a non spingere troppo sulla flessibilità. Oltre che per investimenti e riforme la volete anche per i migranti, peraltro includendo anche il «bonus» cultura...
«Si tratterà anche su questo. Ma sui migranti chiediamo di fatto quello che hanno chiesto altri Paesi per un problema che affrontiamo già da 2012. Abbiamo appena dato 3 miliardi alla Turchia. Quel che chiediamo è in linea con quanto chiesto, e ottenuto, da altri».
Chi vi seguirà in questa battaglia se non Spagna e Portogallo? E così non si rischia di ricreare un Club Med rispetto al quale mezza Europa - quella del Nord - avrebbe tutte le occasioni per chiedere uno sganciamento?
«Penso che ci seguiranno tutte le persone di buon senso. Ho visto appoggio per alcune nostre istanze dalla Gran Bretagna e dal presidente del Parlamento europeo Martin Schulz».
Capitolo banche. La «bad bank» trattata con Bruxelles pare solo un pannicello caldo che non risolverà certo i problemi delle sofferenze. Concorda?
«No. È un aiuto, specie per le banche piccole che così potranno cedere meglio i loro crediti. È vero che non possiamo fare quello che hanno fatto altri in passato, con regole diverse, ossia mettere soldi pubblici nelle banche. Ma questo elemento aiuterà, assieme ad altri tasselli importanti come la norma che accorcia i tempi di rimborso dei creditori».
La riforma delle Popolari che mette in moto a fatica le aggregazioni. Quella delle banche di credito cooperativo che scatena polemica sulle norme che «salvano» dalla holding unica alcuni istituti toscani. E sullo sfondo il caso Mps - banca toscana e legata al Pd - che nessuno vuole sposare. Non è abbastanza per dire che per il governo c’è un problema bancario?
«Di nuovo no. Quello che il governo sta cercando di fare è di creare le condizioni per mettere assieme le banche più piccole e meno solide. Stabilire che, come nel caso delle Bcc, qualcuna di quelle più grandi possa restare autonoma mi pare buon senso. Mps sta pagando scelte del passato mentre la nuova gestione ha portato risultati migliori. Mi auguro che per questa banca si trovi una soluzione di mercato».
Torniamo al vertice di domani. Renzi ha battuto i pugni su tavolo. Ma ora non è il momento di mettere da parte i toni polemici?
«Il presidente del Consiglio ha fatto diventare pubblico un dibattito che non doveva restare nelle segrete stanze europee, anche perché riguarda tutti noi. Ma confido che riusciremo a spiegare in Europa l’entità delle riforme che stiamo facendo, anche sul fronte del bilancio. Proprio la quantità e la qualità della spesa pubblica è un modo per affermare che siamo non seri, ma serissimi, sui nostri conti».
Da -
http://www.lastampa.it/2016/02/17/italia/politica/i-tedeschi-devono-capirlo-solo-con-pi-crescita-si-abbatte-il-debito-C67agmBoxDP9grCBaMQJdK/pagina.html