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Autore Discussione: ADINOLFI -  (Letto 71001 volte)
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« inserito:: Luglio 19, 2007, 11:22:30 am »

POLITICA

Il giornalista blogger e inventore di Generazione U: "28 milioni di italiani hanno meno di 40 anni.

In Parlamento neppure uno"

Pd, parte la corsa degli under 40

Adinolfi si candida, "iMille" con Walter

Fino a una settimana fa dovevano correre insieme, poi la scelta di dividersi

Stasera a Roma la presentazione della lista con Scalfarotto, Simoni e Luca Sofri

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Fino a una settimana fa erano tutti insieme appassionatamente, novità del partito che verrà, speranza per 28 milioni di italiani che hanno meno di quaranta anni, sostanza di slogan come "il partito del nuovo millennio" e promesse come "voglio un partito di giovani e donne". Adesso che le regole hanno definito il gioco e i suoi tempi - entro il 30 luglio vanno presentate le candidature - il-tutti-insieme-appassionatamente funziona un po' meno. E i cosiddetti giovani, gli under 40, vanno ognuno per la propria strada. Così "iMille-le cose cambiano" - i primi ad alzare la voce per farsi sentire un paio di mesi fa, la sera in cui venne fuori che nel Comitato dei 45, cantiere genetico del pd, erano tutti molto oltre gli over 50 - si presentano stasera alla "Casa del Jazz" di Roma (ore 19, viale di Porta Ardeatina) per brindare, fare due salti con musica selezionata e parlare di idee, programmi e liste. Con loro, tra loro, anche Gabriele Corsi del Trio Medusa Saranno, alla fine, una lista in appoggio di Veltroni. Saranno "i Mille per Walter", o qualcosa del genere. Tra loro nomi come Ivan Scalfarotto, che già sfidò Prodi alle primarie, Luca Sofri, l'astronoma Sandra Savaglio, Marco Simoni.

Mario Adinolfi - invece - giornalista, blogger (www. marioadinolfi. ilcannocchiale. it), inventore di "Generazione U", uno che è assolutamente, disperatamente, pazzamente convinto che il futuro passa dal web e attraverso internet, ha deciso di "mettersi nudo davanti al carroarmato (il sistema dei partiti e della politica, dei finanziamenti e delle rendite derivate di posizioni di rilievo, ndr), perché l'ho già visto fare ai miei coetanei che combattevano per la democrazia in un paese che democrazia non ne ha". Da oggi è il candidato numero 4 nella corsa alla segreteria del Partito Democratico. Per un motivo molto semplice: "Ventotto milioni di italiani hanno meno di quarant'anni. Su oltre trecento eletti in Parlamento, l'Ulivo non ha in rappresentanza di questi 28 milioni di cittadini neanche un eletto".

Di sicuro, a oggi, Adinolfi, 35 anni, è il candidato più giovane nella corsa a numero 1 del partito. Se dovesse scendere in campo, come è sempre più probabile, Enrico Letta, saranno in due, i giovani. Difficile immaginare che possano diventare di più. Certo, Veltroni parla di "partito del nuovo millennio", minaccia di non firmare le liste "se non ci sono almeno la metà di donne e giovani" e tutti, in genere, si affrettano nel dire e promettere "giovani", "under 35" e così via. Anche il "Manifesto dei coraggiosi" di Francesco Rutelli s'impegna di "dare potere alla creatività dei giovani". Ma di tutto questo cosa resterà nelle liste e nei programmi? Adinolfi è scettico, ecco perché si candida. "A questo genocidio politico generazionale - spiega ufficializzando la sua candidatura - non si può rispondere con un tenativo di cooptazione come quello di fantomatiche liste under 30 in appoggio agli esponenti più in vista del futuro partito democratico. Ora è il momento di correre il rischio. Altrimenti ogni trattativa sulle pensioni, ogni mancata trattativa su ammortizzatori sociali e nuove garanzie nel mondo del lavoro, ogni nuova elezione, saranno luoghi dove un intero segmento di paese - non i giovani, ma le migliori energie di questo paese - verrà sistematicamente ignorato, imbrogliato e umiliato".

Nessuna polemica, per carità. Anzi. Adinolfi ringrazia "sincero" Ds e Dl perché "hanno scelto di aprire questa finestra di opportunità democratica". Ai suoi concorrenti promette che "onorato di incrociare i loro nomi, si candida per batterli". Se così sarà, "sarà l'irruzione di internet nella scena sociale, l'esplosione del fenomeno dei blog, il formarsi di un popolo prevalentemente composto di under 40 che usa la rete come modello di vita". Quello del web, per Adinolfi, dovrebbe essere anche il modello politico, "reticolare, orizzontale, senza vantaggi di posizione per i notabili, con un confronto continuo e aperto". Alcune parole d'ordine: "Democrazia diretta e primarie" e, proprio in queste ore, "referendum". A cominciare da quello abrogativo della legge elettorale.

I giovani hanno ancora due settimane di tempo per imbarcarsi sulla grande nave del nuovo partito. Si aggirano gruppi con nomi simpatici, tipo "2.0", quelli che quando Veltroni si è candidato al Lingotto sotto una cappa di afa, distribuivano bottigliette d'acqua con allegata una lettera di intenti "per un partito limpido come l'acqua". Oppure quelli di "senonoraquando", professionisti trentenni del settore privato e pubblico. Ma è più probabile che faranno gara per conto e in nome di qualche big della politica.

(18 luglio 2007) 

da repubblica.it
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« Risposta #1 inserito:: Ottobre 20, 2007, 06:28:19 pm »

SENZA TESSERE, IL PARTITO DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA

di Mario Adinolfi per Europa


Può non essere Forza Italia
Il direttore di questo giornale, rispondendo ieri all’idea di Giuliano Ferrara del Pd senza tessere, si è detto interessato al “Cavallo di Troia” che gli viene regalato, che così Stefano Menichini descrive e  sintetizza: “L’accettazione del modello Forza Italia, l’approdo del Pd allo schema americano di comitato elettorale connesso con le rappresentanze istituzionali e con centri esterni di aggregazione, mobilitazione, elaborazione”. Insomma, il classico “partito leggero”. Proverò ad offrire il mio contributo al dibattito, partendo dall’esperienza compiuta sulla rete e sui blog a queste primarie. Per dire che l’idea di Ferrara può essere utile per costruire invece un Partito democratico che sia l’esatto opposto di Forza Italia, l’esatto opposto del “partito leggero”.

Una leva, per sollevare la politica
Utilizzando la leva offerta dal direttore del Foglio, possiamo archimedianamente sollevare il mondo della politica da una condizione di prostrazione oggettiva. Ma dobbiamo capire la direzione in cui vogliamo incamminarci. Il pallino della democrazia, italiana e non solo, è posizionato su un asse inclinato: può scivolare in un territorio di democrazia rafforzata oppure lentamente avviarsi verso una democrazia meramente rituale a contorni sostanzialmente totalitari. Attenzione: i modelli economici in questo ultimo decennio spingono tutti verso la seconda soluzione. Mentre, infatti, per tutto il ventesimo secolo i paesi che detenevano i maggiori tassi di crescita del prodotto interno lordo e degli altri indicatori di ricchezza erano i paesi democratici, il ventunesimo secolo si apre con uno scenario opposto. In testa alla classifica dei maggiori incrementi di Pil ci sono solo paesi a democrazia labile o del tutto assente, con la locomotiva cinese e vietnamita davanti a tutti. Insomma, spunta nella riflessione delle classi dirigenti l’idea terribile (ma economicamente non insensata) che la democrazia sia, di fatto, un impaccio. E’ contro questa idea di fondo che dobbiamo batterci.

Un partito direttista
Allora la leva di Ferrara ci permette un ragionamento in più: e se il Pd senza tessere fosse un partito democratico davvero? Se Veltroni utilizzasse la forte legittimazione ottenuta per costruire il primo partito del ventunesimo secolo? Se, insomma, andassimo verso un partito a “democrazia pesante” che nella nostra accezione di direttisti è un partito della democrazia diretta? Quanto scandalo daremmo? E quanto innoveremmo la politica italiana e non solo?

Che fare?
Se si accettano queste domande di premessa, subito spunta, inevitabile, un altro question mark: sì, va bene, ma come? Insomma, ci domandiamo il solito: che fare? Qualcosa lo abbiamo già fatto: le primarie. Istituto classico della democrazia diretta. Affidiamo al leader Veltroni (e ai leader, perché ne abbiamo eletti anche a livello regionale) delle modalità nuove di governare il partito: referendum interni sulle grandi questioni da votare anche on line, determinazione delle candidature a ogni livello attraverso ulteriori elezioni primarie, preparazione dei disegni di legge più rilevanti per il Pd attraverso l’istituto costituzionalmente previsto della proposta di legge di iniziativa popolare, uno degli istituti direttisti che tutto il mondo ci invidia, anche se rimasto in Italia sostanzialmente inapplicata. Limite di due mandati per il leader nazionale o regionale, da votare ogni quattro anni, con la solennità di un mondiale di calcio o di un’olimpiade. Ecco, per un partito così radicalmente nuovo, farei a meno volentieri del tesseramento. Sarebbe il primo partito a forte e continua legittimazione di un leader, ma non sul modello Forza Italia. Sarebbe un altro modello, adatto alla democrazia del ventunesimo secolo. Una democrazia da salvare.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it
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« Risposta #2 inserito:: Novembre 26, 2007, 12:03:35 am »

Mario Adinolfi

Ieri 24 novembre 2007, 17.01.25

Profondamente dispiaciuto
Ieri 24 novembre 2007, 14.59.00
La formula del "dispiacere" l'ha coniata Marco Esposito, con il beneplacito di Salvatore Maiolino e Massimo Cardone, che insieme a me rappresentavano oggi Generazione U all'assemblea romana del Pd. Questo il comunicato appena diramato alla stampa.


ADINOLFI: A ROMA NON VOTO, METODO NON DEMOCRATICO

"Nella Capitale il Pd punta sul vecchio, nel 2008 cominciamo da capo"

"La scheda su cui votare Riccardo Milana era costruita con il modello del plebiscito, si poteva dire sì o no alla sua elezione a segretario romano del Partito democratico. Milana rappresenta la continuità con le vecchie logiche dei partiti delle tessere e allora io a Roma non voto". Nella giornata delle assemblee provinciali del Pd, Mario Adinolfi e Generazione U si schierano contro il leader scelto per guidare il Pd: "Abbiamo costruito un partito che nella commissione statuto sta lavorando per inventare modalità del tutto nuove di selezione della classe dirigente. A Roma io ho scelto di non partecipare voto perché è prevalso un metodo non democratico e mi dichiaro profondamente dispiaciuto. Per fortuna, nel 2008 il Pd comincerà da capo e affido alla provvisorietà della nomina di oggi la speranza di un Partito democratico che anche a Roma sia capace di rinnovamento".

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it
« Ultima modifica: Febbraio 03, 2008, 03:47:04 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #3 inserito:: Dicembre 14, 2007, 04:56:37 pm »

marioadinolfi

Ieri 13 dicembre 2007, 12.33.58

Blogger and aspiring lawmaker


Il New York Times piazza oggi in prima pagina una lunga, approfondita, bella e vera analisi sulla condizione italiana. A Ian Fisher e ai suoi colleghi che mi hanno intervistato sull'argomento ho offerto la mia opinione, che riporto sul mio blog su la7.

Devo ringraziarli, però, per un'altra questione. La questione della definizione. Dopo anni di "giovane", "giovane politico", "giornalista", "giornalista e scrittore", "giornalista e blogger", "opinionista", "polemista", Ian Fisher mi regala sul più importante quotidiano del mondo una bella definizione da pulita lingua anglosassone.

Mario Adinolfi, 36 anni, "blogger and aspiring lawmaker". Perfetto. Ho un blog, attraverso cui passa tutto quel che faccio anche per "campare la famiglia", e aspiro a scrivere leggi. Le leggi della democrazia diretta, della ri-presa di coscienza e di potere di una generazione condannata altrimenti al disastro, della ri-consegna della cosa pubblica al governo vero della comunità.

Ho raccontato al New York Times della necessità di rendere tutto questo in forma di lotta: "fight" è la parola inglese che ho utilizzato. E' quasi un corpo a corpo e se leggerete con attenzione l'articolo del Nyt, vi convincerete ancor di più che è un corpo a corpo rabbioso da ingaggiare subito.

Per salvare l'Italia.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it
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« Risposta #4 inserito:: Gennaio 11, 2008, 07:11:39 pm »


Verso lo statuto Pd: discutiamo via blog

Oggi 11 gennaio 2008, 9 ore fa


Da domani e fino al 2 febbraio in commissione statuto del Partito democratico sono previste le riunioni del rush finale: i cento commissari devono discutere un testo base e chiudere entro un mese il loro lavoro, consegnando all'assemblea costituente una proposta definitiva. Io sono presente in commissione, eletto in nome e per conto di Generazione U e dunque ritengo giusto discutere con Generazione U, nel luogo naturale di discussione della nostra associazione che è il blog. E, visto che ci siamo, con tutti i blogger che hanno voglia di dire la loro.

Insomma, la nostra commissione statuto ce la facciamo qua.

Non posso postare il testo base integrale, non sarebbe corretto nei confronti del lavoro degli altri commissari. Ve ne racconto la sostanza: 52 articoli divisi in nove capitoli, pieni di vecchia logica partitista novecentesca e di qualche serio tentativo di innovazione. L'articolo 1 si apre con due righe che mi mettono paura: Il Partito democratico si riconosce nello spirito e nella lettera dell'art. 49 della Costituzione. Mi mette paura l'idea che si apra un testo decisivo con un riferimento normativo che capiscono in pochi, totalmente incomprensibile per la stragrande maggioranza dei cittadini, peraltro citando una norma inevitabilmente mutevole e mai pienamente applicata, anzi, sostanzialmente tradita.

Insomma, aprire lo statuto del Pd con una frase dedicata a cultori e specialisti della politica mi sembra faccia capire che lo iato tra cittadini e loro rappresentanti continua a essere il vero problema, anche nel nuovo partito.

Come avrei aperto io lo statuto? Semplice: "Il Partito democratico si fonda sul ruolo attivo del cittadino elettore e sui principi della democrazia diretta". Ma questo sogno sarebbe realizzabile se fossimo in cinquantuno di Gu in quella commissione, invece sono uno su cento e allora dobbiamo cavarcela a condizioni date.

Abbiamo portato a casa nel testo base qualche bel risultato di innovazione direttista: l'articolo 30 prevede l'istituto del referendum interno "qualora ne facciano richiesta il 5% degli aderenti, anche mediante comunicazione telematica". In generale, tutto il capitolo sesto della bozza (che regola gli strumenti per la partecipazione, l'elaborazione del programma e la formazione politica) è buono: ottimo in particolare l'articolo 26 che crea i forum tematici, architrave del processo di genesi di nuove idee. L'articolo 33 prevede l'istituzione e il riconoscimento dell'organizzazione giovanile, altro risultato per cui ci siamo battuti all'inizio in posizione assolutamente solitaria, ma sono le donne a fare il pienone, vedendo riconosciuto il principio della pari rappresentanza di genere in tutti gli organi e persino nel lessico (il testo base è pieno di il/la gli/le sostenitore/sostenitrice e tutte 'ste benedette doppie declinazioni che a me sembrano un po' ridicole, ma ovviamente perché sono un rozzo maschilista). Si affaccia anche qualche ipotesi di limite ai mandati: due quadriennali consecutivi per il segretario nazionale (articolo 3, comma 3), tre "pieni e consecutivi" per i parlamentari (articolo 24, comma 1)

Cosa c'è che non va? Potrei semplificare: tutto il resto, non va. Quando siamo entrati in commissione a dicembre, vi ho raccontato della distanza tra innovatori e conservatori, tra chi pensava a un partito della democrazia diretta e chi puntava a ripercorrere la strada di tesseramenti (che in mezza Italia sono falsi o gonfiati e comunque criminogeni) e conseguenti congressi. L'esperienza, per quanto piena di contraddizioni anch'essa, delle primarie del 14 ottobre 2007 dimostrava che la democrazia diretta può funzionare e condurre i cittadini alla partecipazione. Andava migliorata. Invece molti degli innovatori si sono accontentati di un compromesso: e così lo statuto prevede il tesseramento, prevede i conseguenti congressi, solo che fissa il termine per il prossimo al 14 ottobre 2009.

Di più. Lascia il principio dell'elezione diretta del segretario, ma limitando la possibilità di candidarsi alla segreteria nazionale a chi detiene il 10% dei componenti dell'assemblea nazionale (eletti in base a tesseramenti e congressi): dimensione che riserva agli oligarchi di partito la possibilità di esprimere candidature e lascia loro la possibilità di perpetuarsi nella marcatura reciproca.

Per fortuna su questo punto c'è battaglia e sono stati presentati emendamenti al testo base. Ieri sul Corriere della Sera Maria Teresa Meli affacciava in un articolo l'ipotesi di un Veltroni tentato da una forma di leadership "via internet". Io mi auguro davvero che il segretario eletto da tre milioni di persone in una santa giornata direttista, provi a liberarsi dai lacci che gli stanno costruendo intorno e rinunci alla strada del compromesso: la legittimazione viene dal cittadino elettore, messo in condizione di esprimere l'elettorato attivo e passivo, in piena consapevolezza e responsabilità.

Il risveglio della coscienza del cittadino elettore deve essere il nostro scopo. Uno statuto che garantisca agli oligarchi la padronanza dei soliti giochetti io, se avrò da voi un mandato in tal senso, non lo voterò.

Ora credo che possiamo discuterne.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #5 inserito:: Gennaio 18, 2008, 03:15:46 pm »

Mario Adinolfi

In difesa di Beppe Grillo

Ieri 17 gennaio 2008, 18.24.00


Nella marea di fango e monnezza che ci travolge, con una classe politica che fa quadrato e si difende, una magistratura che attacca come sa e come può raccontandoci la favoletta di una Sandra Lonardo concussore di un Antonio Bassolino concusso (come se non si sapesse che ogni singolo posto pubblico è spartito politicamente, secondo le logiche giustamente contestate all'ex ministro Clemente Mastella che ora fa la stessa chiamata di correità, alla napoletana e con aggiunta di lacrime, che fece Craxi a un Parlamento attonito quindici anni fa), un sistema mediatico che fa semplicemente paura per la commistione di colossali interessi economici con il fondamentale ruolo del dare le notizie, c'è chi pensa bene che sia l'ora di prendersela con i blogger.

Anzi, con un blogger: con il povero Beppe Grillo.

Ho assistito attonito (e l'ho scritto sul mio blog su la7) a una performance di Antonello Piroso che ha affilato l'ascia e annunciato che non farà pronunciare più ai suoi giornalisti qualsiasi notizia su Beppe Grillo, reo di non aver rilasciato un'intervista allo splendido Sandro Gilioli, caporedattore dell'Espresso e blogger di fama anch'egli.

Grillo non si fida dell'informazione italiana, ci sta costruendo sopra un V-Day fissato per il prossimo 25 aprile e in questi giorni di fango e monnezza non so come si possa indicare in Grillo un obiettivo da colpire con il silenziamento. Solo un'informazione stranamente afflitta da sindrome di coda di paglia può pensare che sia il momento di prendersela con uno che utilizza un blog con maestria, che suscita consapevolezza e interrogativi in una fascia davvero ampia di persone che all'informazione italiana intossicata dagli interessi degli editori impuri, proprio non riesce più a credere.

Ci sarebbe da interrogarsi sul perché. Da interrogarsi sul perché decine di milioni di italiani, semplicemente, non accendono più la televisione e non leggono più i giornali. Sul perché Nielsen ci annuncia il sorpasso del web sulla tv e non a causa di una generazione di smanettoni, ma per via di quella casalinga di Voghera che se deve informarsi sulle qualità di un prodotto, si fida più dei commenti dei blogger rispetto alle valutazioni dei mass media inquinati da pubblicità e interessi vari.

Non lo so, non mi pare davvero il momento di prendersela con Grillo. Mi pare invece intelligente pretendere, davanti alla classe dirigente peggiore del mondo occidentale, un'informazione che sappia essere libera e che racconti, prima che esplodano, i bubboni purulenti di questo sempre più insopportabile paese.

Tra un frizzo e un lazzo, un blogger come Grillo lo fa. L'informazione italiana, no: è sempre di rincorsa, racconta sempre il dopo e, con pochissime eccezioni ben marginalizzate, priva di qualsiasi condizione di vera libertà. E' un'informazione al laccio: i cani da guardia della democrazia si sono trasformati nei cagnolini da passeggio del potere.

Il nodo del tracollo italiano è tutto qua. E io al V-Day di Grillo contro l'informazione serva, il 25 aprile, mi sa proprio che ci vado. E anche se dovesse davvero essere attuata la minaccia di Piroso e la televisione e i giornali tutti provassero di nuovo a giocare la carta del silenziamento dei blogger, ho paura che ancora una volta tra tre mesi si sveglieranno con la sensazione di essere drammaticamente in ritardo e di non aver capito un cazzo.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #6 inserito:: Gennaio 21, 2008, 06:13:48 pm »

Mario Adinolfi

Pilato e Benedetto

Ieri 20 gennaio 2008, 15.37.00


No, non ci sono andato a piazza San Pietro. Troppi farisei e pure troppi scribi. Non ci sarei andato da fedele, non da pecora del gregge, che lo so che "morrò pecora nera", ma da romano ferito. In questa città non si nega parola a nessuno, che sia papa o re, coladirienzo o ciceruacchio, pazzo o madonna, carbonaro o chierichetto, imperatore o pezzente, albertosordi o nannimoretti. Qui hanno sempre parlato tutti, in un contesto di bonomia reciproca intelligente e cinica, negare la parola è un atto non da romani, non da Roma.

Perché a Benedetto la parola è stata, proprio a Roma, negata? Perché, quando se l'è voluta riprendere, lo ha fatto trovando sotto le finestre di San Pietro praticamente tutta la città?

Le negazione è negazione della Verità. Non c'è niente da fare, siamo tutti un po' Pilato quando ci mettono sotto il naso lo scandalo della Verità (che non è di questo mondo). Siamo tutti aggrappati a quel "quid est veritas?" indifeso e sottilmente screanzato del governatore della Giudea, un Bassolino di due millenni fa. Se c'è uno che ci indica una strada, non sappiamo più indicarne un'altra, sappiamo solo negarla. E' la radice del nichilismo, che non è mai kantiano, che Immanuel diceva che c'è distinzione sì tra noumeno e fenomeno, ma il noumeno non è che non esiste, al limite è inconoscibile, "non esperibile". E' dal nichilismo che nasce la contestazione dei quattro smandrappati della Sapienza, mentre dalla sfida a Kant nasce la grandezza di Benedetto.

Il papa ci dice che il noumeno (la cosa-in-sé, la Verità insomma) non solo esiste, ma è conoscibile, esperibile e si chiama Gesù di Nazareth (il libro ratzingeriano così intitolato è semplicemente splendido). Da questo derivano una serie di precetti morali che, in Italia in particolare, assumono anche i contorni della battaglia politica: la grande novità di Ratzinger, diverso in questo da tutti i suoi recenti predecessori, che si sono attestati sulla linea di Gesù e a quell'agnostico "quid est veritas" di tutti i Pilato del mondo hanno risposto con il cristiano e rassegnato silenzio, è nella sua sfida al Governatore, alla politica. Dice il papa: "Voi con la vostra ragione priva di fede non andate da nessuna parte, girate a vuoto, pestate l'acqua nel mortaio, non sapete più dire cosa sia giusto e cosa ingiusto, cosa legittimo e cosa illegittimo, cosa vero e cosa falso". La sfida allo scetticismo di Pilato è la sfida alla politica che non crede più a niente e si fa inevitabilmente mera gestione del potere.

Si può tranquillamente affermare che la sfida di Benedetto a Pilato sia destinata alla sconfitta?

Io non lo credo e sono terribilmente preoccupato. Ancora una volta, da romano. Da cittadino che percepisce la crisi dell'idea stessa di cittadinanza e il conseguente inevitabile fascino dell'appartenenza a un'idea di Fede, anche a prescindere da come la si pensi in fatto di trascendenza, Paradisi e Inferni. E' ovvio che si ingrossino le fila dell'ateismo devoto, in un contesto siffatto: tutta la politica che ha perso l'Idea, finisce per subire la fascinazione della Fede.

Ma se la Fede entra nella sfera della decisione politica, i rischi di trascinamento in un terreno integralista a sfondo teocratico sono oggettivi. Cosa fare? A differenza di Pilato, abbiamo in mano la risposta, abbiamo la possibilità di opporre alla Fede che avanza nel deserto delle idee, l'Idea più bella generata dall'uomo negli ultimi due secoli: la Democrazia come valore-in-sé. Cos'è giusto e cosa ingiusto? Quello che è democraticamente deciso come legittimo, è legittimo. Quel che è illegittimo per decisione democratica, resti illegittimo.

Se la Democrazia è il nostro reagire, non potrà mai esserlo il far tacere una voce. Che Benedetto parli e ci proponga la sua affascinante Verità immutabile, noi ascoltiamolo e rispondiamo con la nostra idea di Verità democratica che deriva dalla decisione di ognuno che diventa la decisione di tutti. Perché l'unica replica credibile a chi testimonia la forza del Dio-persona, è quella di chi sostiene che ogni persona è Dio, quando non resta solo.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Nota dell'admin: Nella filosofia di Platone, il noumeno (da nooúmenon in greco, "ciò che viene pensato") rappresenta una specie intellegibile o idea e indica tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile ma a cui si può arrivare solo tramite il ragionamento. Il noumeno, come concetto, fonda l'idea di metafisica in Platone.

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« Risposta #7 inserito:: Febbraio 02, 2008, 10:07:43 am »

Mario Adinolfi

Ieri 1 febbraio 2008, 19.08.03

Live blogging from the commission


Siamo in pausa, un quarto degli emendamenti è stato votato, il nostro per primo. Intervento appassionato a difesa della democrazia diretta, sonora bocciatura. Bocciati tutti gli emendamenti proposti fuori da un accordo raggiunto tra veltroniani, dalemiani, lettiani e ex popolari. I bindiani hanno giocato a fare la minoranza, poi quando la questione si faceva politicamente dura (ad esempio sull'emendamento che voleva togliere l'automatismo tra segreteria del Pd e candidatura a premier) hanno preferito ritirare gli emendamenti contestati: ci son pur sempre le liste da fare per le candidature a parlamentare, tra poco, e dicono che Veltroni sia permaloso.

Le figure che vedete all'inizio di questo filmato in piedi sono Goffredo Bettini e Nicodemo Oliverio, generali di corpo d'armata rispettivamente per Veltroni e per Marini, dopo un conciliabolo che conferma l'accordo tra i due gruppi più forti della commissione.

Il lavoro è tanto, si andrà avanti fino a notte e poi domani mattina si ricomincia. Le danze, come dicevamo, le abbiamo avviate noi: emendamento sulla democrazia diretta, parere contrario del presidente, un episodio che mi ha fatto piacere, uno che mi ha fatto dispiacere. Mi ha fatto piacere il voto a favore di Ivan Scalfarotto (hai visto mai che con iMille si possa ricominciare a far le cose insieme, prima o poi si toglieranno il broncio), mi è dispiaciuto ascoltare l'intervento del bindiano Roberto Zaccaria che ha detto: "Adinolfi, se la gente non sa cos'è l'articolo 49 della Costituzione, la colpa è della gente". Noi apriamo il nostro statuto, articolo 1 comma 1, con una frase che per il 99,5% degli italiani è incomprensibile. E solo a noi direttisti, questo, è sembrato un problema.

Fa niente. Domani alle 8.15 del mattino, tanto per non farmi mancare niente, vado a parlare della situazione complessiva a Omnibus su la7.

E' tutta una faticaccia boia. Se potete, non lasciatemi solo. E ricordatevi che la decisione sul come votare sullo statuto del Pd la prendiamo insieme, dunque fatemi sapere voi cosa fareste.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #8 inserito:: Febbraio 03, 2008, 03:44:40 pm »

Mario Adinolfi

Ieri 2 febbraio 2008, 14.21.08

Tre contributi alla battaglia

In una sola giornata mi sono ritrovato a dover dare tre miei piccoli contributi alla battaglia disperata e incombente per evitare che Berlusconi torni al governo di questo paese. Stamattina a la7, stretto nella tenaglia tra Tajani e Mussolini, certo non con l'aiuto del comunista Mantovani, ho difeso anche il governo Prodi.

Poi un taxi mi ha portato in commissione statuto del Pd per la seconda giornata di lavoro, dove si è votato una infinità di emendamenti che non hanno cambiato la sostanza di un testo adatto ad un partito novecentesco, con qualche verniciatura e qualche elemento di novità interessante, insufficienti però per portarmi a un voto positivo. Ma poiché siamo ormai in battaglia, come secondo contributo alla battaglia ho voluto salvaguardare l'unità del partito e sono uscito dalla commissione non esprimendo così il voto contrario al testo finale, sperando che l'assemblea costituente che verrà convocata a breve corregga quel che si può correggere.

Sono andato via dalla commissione portando sotto il braccio la copia di Europa su cui era stampato il mio terzo contributo del giorno, per un Pd che apra davvero una nuova stagione, se ne sarà finalmente capace. Un articolo che mi provocherà qualche nuovo amico, immagino.



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IL VIZIO PASSATISTA E DA NOI MAI UN OBAMA

di Mario Adinolfi per Europa


Da Prodi a Marini
Lo avete notato? Siamo appena usciti dal governo guidato dal nostro campione, che era lo stesso campione di dodici anni fa, che stiamo provando a rientrare in gioco con un governo guidato da una persona a cui io voglio un mondo di bene, ma che ricordo ancora agli albori della mia pre-adolescenziale passione politica contendere il posto da segretario della Democrazia cristiana al collega di commissione statuto del Partito democratico, Ciriaco De Mita (congresso Dc, Roma, 1984). Stiamo parlando di un quarto di secolo fa. E quindici anni fa un giovane Francesco Rutelli si affacciava a rappresentare la novità nelle elezioni comunali di Roma del 1993, quelle della svolta. Davvero, nel 2008, per trovare un candidato sindaco capace di vincere non possiamo far altro che guardare al glorioso passato? O quello del passatismo, vera e propria ideologia delle classi dirigenti del centrosinistra in generale e del Partito democratico in particolare, è un vizio di cui non si riesce a fare a meno?

Il luogo dove lanciare la sfida
Dobbiamo regalarci un’analisi sui motivi per cui a sinistra, anche in questa fase in cui il Partito democratico dovrebbe caratterizzarsi come generatore di novità e di futuro, non si riesce a cambiare. Insomma, dobbiamo ragionare sul perché un Obama da noi non è pensabile. Vedete, non mi meraviglia il fatto che Berlusconi si prepari per la quinta volta a correre come candidato alla presidenza del Consiglio, che Fini abbia oltrepassato il ventennio (il suo subconscio ne sarà oltremodo orgoglioso) alla guida assoluta del suo partito, che Bossi resti capo della Lega un quarto di secolo dopo la sua fondazione e nella palese incapacità di guidarla operativamente, che persino Casini sia arrivato a quindici anni ininterrotti di leadership del suo partito a geometrie e simboli variabili. Insomma, non mi meraviglia che il campo dei conservatori conservi, che Pannella faccia il guru da mezzo secolo e Mastella il feudatario da vent’anni. Mi meraviglia che tutte queste durate da era geologica che raccontano l’immobilismo della politica italiana (Clinton è durato otto anni, Blair e Aznar dieci, ora scrivono libri e tengono conferenze) non vengano colte dal Pd come il vero luogo dove lanciare la sfida.

Le ragioni di una timidezza
Ci sono ragioni evidenti per questa timidezza e sono le ragioni chiare di un Pd che nasce all’incrocio tra un colpo d’ala e un tentativo di salvaguardarsi delle oligarchie. Ho vissuto molte trasformazioni, da militante e da cronista: dalla Dc al Ppi alla Margherita al Pd, ma anche dal Pci, al Pds, ai Ds al Pd. Quello che colpisce di questa evoluzione è che nessuno dei protagonisti di questa fase finale del percorso non fosse un politico importante già nella fase iniziale del percorso stesso. Viene, insomma, il sospetto che non di evoluzione politica si sia trattato, ma di tentativo delle classi dirigenti oligarchiche di salvaguardarsi di passaggio in passaggio.

Se non si cambia
Non si può vincere, non si può neanche convincere, se non si cambia davvero. Nessuno crederà al Pd come novità della politica italiana, se ogni passaggio sarà costruito tenendo conto dell’interesse dei perpetui a perpetuarsi. Contare su un loro gesto di ragionevolezza e generosità, è purtroppo impossibile. Allora toccherà a Veltroni cogliere questa necessità. Mi auguro che chi guarda con invidia a Obama, che definisce come “rappresentante del passato” la prima possibile presidente donna degli Stati Uniti, si renda conto che non ha altra strada che esserlo davvero.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #9 inserito:: Febbraio 12, 2008, 03:35:34 pm »

Mario Adinolfi

Ieri 11 febbraio 2008, 10.55.15

Due luoghi per (con)vincere: rete e tv pop


Due settimane fa ci siamo dilettati a indicare quattro possibili mosse per vincere le elezioni e mi fa piacere notare che il programma secco che partisse dai salari oltre che la coalizione snella e coesa sono punti presenti nella strategia veltroniana delineata nel discorso all'Italia di domenica (con questo dettaglio dei radicali, che io vorrei dentro e Walter vuole fuori, ma è un dettaglio, mica la questione universale che ci vogliono far credere Massimo Bordin e Adriano Sofri).

Ora, si pone la questione dei luoghi. Gli spin doctor di Veltroni sono convinti di questa strategia da bella cartolina-inquadratura inaugurata a Spello. Il cielo vero contro il cielo finto. la platea silenziosa di giovani, il borgo del buen retiro degregoriano e molti altri ingredienti che fanno tanto roma-bene-desinistra-cinquantenne. Ecco, io sono convinto come gli spin doctor che la questione dei luogi sia importante, ma a differenza loro eviterei l'aria pulita e l'ansia mulinobianchesca, che non ci portano un voto. Preferirei vedere la campagna elettorale del "Si può fare" concentrata in luoghi decisivi, dove si annida l'attenzione delle due fasce di votanti che possono portarci davvero a vincere il 14 aprile: giovani e donne.

La maggior parte dei giovani "veri" e delle donne "vere" hanno in comune una cosa: sono poco appassionati di politica. Non guardano i telegiornali e dunque non se ne fanno nulla della bella inquadratura umbra, non passano un minuto né su Porta a Porta né su Ballarò, per loro Otto e Mezzo è solo l'ora di cena. Come comunicare con loro, cioè con il segmento di elettorato mobile che può consegnarci il governo del Paese? Ma, soprattutto, dove farlo?

I luoghi sono due: internet per i giovani, la tv pop per le donne. Vanno dunque immaginate due campagne ad hoc: una sulla rete, che tenga presente la necessità di chi la frequenta di essere protagonista e non spettatore, generatori di contenuti e non ragazzo pon pon. Il nuovo sito del Pd, in questo senso, è concepito come strumento di propaganda e non di coinvolgimento. Forse con l'avvio dei forum tematici si farà un passo avanti, ma bisognerà saperli utilizzare senza timori.

La tv pop è terreno più delicato, per via delle rigide normative della par condicio, ma bisogna far irrompere la politica nei contenitori più seguiti del mattino e del pomeriggio: Aldo Grasso ha giustamente citato Unomattina e Domenica In come luoghi cruciali della partita, io ci inserirei anche la Vita in Diretta e l'Italia sul Due. In particolare il programma di Michele Cucuzza è seguito quotidianamente da una platea sterminata di milioni di signore curiose, a cui sarà bene spiegare che la vita è anche la politica o, meglio, che la politica può migliorarla. Se cambia davvero.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #10 inserito:: Febbraio 15, 2008, 09:27:16 pm »

Mario Adinolfi

Oggi 15 febbraio 2008, 3 ore fa

L'assemblea costituente, partendo dai blog


La riunione dell'assemblea costituente sancisce l'inizio ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico. Sarà un evento denso di emozioni, razionalità, passione politica. Si voteranno dei documenti, generati dal lavoro di tre commissioni dove non sono mancate contraddizioni e lacune, che comunque rappresentano la nascita di qualcosa di davvero nuovo. Si voterà lo statuto, anch'esso ricco di quell'incrocio strano tra innovazione e incrostazione che è la cifra del Pd, ma alla fine conterà se saranno di più gli innovatori o gli incrostati a dare gambe e braccia alle idee nuove.

Sarà difficile per molti arrivare alla nuova Fiera di Roma per questa grande giornata di politica. E allora svolgiamo insieme i temi dell'assemblea, seguiamola insieme qui sul blog e sul forum New Media del Pd (qui il link per iscriversi). La straordinaria novità del Partito democratico può essere, insieme al rinnovamento delle facce, il rinnovamento dei luoghi e dei linguaggi della politica. Noi di Generazione U fin dalle primarie andiamo dicendo che la rete è il luogo naturale della politica del terzo millennio. Il nuovo luogo della costruzione del consenso attraverso il coinvolgimento nella generazione di contenuti collettivi, contrapposto al meccanismo top-down dei territori classici della propaganda elettorale.

C'è anche la questione dei nuovi linguaggi: poche parole, stringhe secche che si svuotino della dimensione retorica vuota, toccando piuttosto i nodi essenziali dei problemi. E' la comunicazione degli sms e di twitter, contratta in centocinquanta caratteri, ma non per questo meno ricca di potenzialità. Sono semplicemente potenzialità nuove interamente da scoprire. Territori insondati in cui edificare una dinamica principalmente emotiva: è l'area della nuova possibile passione politica.

Per tutti, per gli iscritti al forum New Media, per i blogger di Generazione, per il popolo della rete che vuole farsi protagonista di una battaglia di libertà, l'appuntamento è all'assemblea costituente. Non necessariamente nei padiglioni della Fiera, basta un computer o anche solo uno smartphone per esserci, perché il luogo della partecipazione ormai è ampio come la nostra potenziale libertà. Siamo insieme in modi totalmente innovativi, inventiamoli senza paura e senza cedere mai alla tentazione di restare soli.

Perché la novità dell'andare liberi è che comunque si è liberi solo stando insieme. E il dove è un concetto che cambia, come molti altri di questi tempi.

(poiché si annuncia un'assemblea costituente che durerà fino alle 23, la riunione di Generazione U è annullata, cerchiamo di vederci alla fiera di Roma e discutiamo qui)

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #11 inserito:: Febbraio 26, 2008, 07:58:25 am »



Ieri 25 febbraio 2008, 15.40.48

L'antipolitica è morta?

Mario Adinolfi


Sul mio blog su la7 ho scritto qualche riga sull'ansiosa intervista di Daria Bignardi a Giuliano Ferrara e anche sul seguente dialogo fico-cool-urban-chic della stessa signora con Dolce e Gabbana. Alle Invasioni Barbariche, programma che sembra abbia dato quel che aveva da dare e non è stato poco, è andata in scena a mio avviso la vera antipolitica. Questione che, dopo il Munnezza Day di Beppe Grillo a Napoli, mi ha fatto venire la curiosità sull'antipolitica di fine 2007. E se fosse morta, travolta e sostituita dal dibattito rumoroso e non-politico tra Ferrara e gli anti-antiabortisti?

Il cosiddetto confronto politico, le cosiddette battaglie culturali, quella roba che anima i giornali letti da sempre meno gente e i telegiornali visti solo dai rincoglioniti, ha bisogno sempre di una scappatoia, di una via d'uscita emotiva. L'antipolitica è da sempre quella via d'uscita, non l'ha inventata Beppe Grillo, in Italia trova spazio fin dai tempi di Bava Beccaris, ha avuto il suo trionfo con il fascismo, l'abbiamo vista reinterpretata in chiave fin-de-siécle con Tangentopoli, girotondi, beppegrillismi vari. Ora le viscere si attorcigliano attorno alla questione dell'aborto (e io sono più attorcigliato nel vedere Dolce e Gabbana gridare il loro sostanziale "brutto ciccione" a Ferrara tramite la finalmente a suo agio Daria, che nell'ascoltare il direttore del Foglio svolgere un suo ragionamento calmo e tutto sommato logico). E cos'è l'antipolitica se non un attorcigliamento di viscere?

Sì, storicamente in questo paese ci si incazza perché il governo è ladro. Poi ci si riaccasa docilmente nella maniera più conformista possibile, questa è la storia di tutti gli antipolitici nostrani. In questo senso, l'antipolitica è morta? Sì, assume il contorno non-politico del dibattito sull'aborto ed è messa all'angolo dalla novità veltroniana. Resta l'eccezione di Beppe Grillo, che va valutato su un piano a mio avviso diverso.

Per il suo Munnezza Day (oscurato dai media tradizionali), Grillo ha scelto i toni apocalittici e io vorrei vederlo scendere nel terreno più accidentato, ma più vero, del confronto democratico. Insomma, io sono interessato a quanto scrive il comico genovese sul suo blog quando parla di democrazia diretta, crisi dell'informazione italiana, ricostruzione di liste civiche dal basso, proposte di legge di iniziativa popolare. Quando la tecnica del mestiere di teatrante prende il sopravvento, mi pare che la forza del messaggio si affievolisca. Ma quel messaggio c'è, tutto intero, interessante e sarebbe bene non sottovalutarlo. Non è un dibattito consueto, sui consueti mezzi di comunicazione italici, che invece dimostrano un astio nei confronti di Grillo meritevole di migliori cause. Questa volta c'è di mezzo un mezzo nuovo: c'è la rete che alimenta la forza di quel messaggio. Che non potrà mai essere ingabbiato in un'intervista dalla Bignardi, dove l'antipolitica un po' cicisbea inevitabilmente dibatte e muore e dove la forza di una proposta politica interessante semplicemente non può trovare posto, per propria scelta.

Il Pd dovrebbe capire che il popolo che ancora gli manca per vincere le elezioni è qui, sulla rete, annidato nei meet up grilliani. E' un popolo ancora tutto da recuperare, non basta una soffocata alleanza con Di Pietro. Occorre un'alleanza con la rete e con i suoi cittadini, occorre portare dentro il confronto un po' meno buonismo e un po' più rabbia.

Perché è una rabbia non insensata.

...


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #12 inserito:: Febbraio 27, 2008, 04:42:54 pm »

Ieri 26 febbraio 2008, 17.36.29

Nascono ufficialmente le liste Grillo

Vado piuttosto orgoglioso di aver scoperto per primo la natura politica dell'attivismo di Beppe Grillo, con un articolo scritto proprio su queste pagine nell'agosto di tre anni fa. Oggi arriva la notizia della candidatura a sindaco di Roma di Serenetta Monti, organizzatrice di un Meetup grilliano capitolino: io la saluto con un qualche entusiasmo.

Così come ieri sera ho provato a dire a un Filippo Facci inutilmente ripetitivo che, se il Pd ha avviato il cambiamento e il Pdl lo ha rincorso, molto lo dobbiamo a quel che è accaduto al V-Day.

La politica è cambiata perché centinaia di migliaia di persone si sono fatte vive dai loro blog e sono scese in piazza. Ora vengono a prendersi quello che è loro, con il metodo della democrazia diretta che noi abbiamo teorizzato alle elezioni amministrative fin dal 2001 (quando schierammo proprio a Roma la chiocciola e la sigla Democrazia Diretta, al comune e nei diciannove municipi, sfidando Veltroni).

Il tutto avviene nel silenzio mediatico e io sono atterrito dalla pianificazione con cui si è escluso il Munnezza Day dall'informazione tradizionale. L'ho detto ieri in televisione e lo ripeto qui.



Le liste Grillo non saranno presenti sul piano politico nazionale e la sfida a intercettare quel consenso è la sfida che noi nel Partito democratico dobbiamo raccogliere, per provare a vincere davvero le prossime elezioni.


dal blog di Mario Adinolfi
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« Risposta #13 inserito:: Febbraio 29, 2008, 06:34:23 pm »

28/2/2008
 
"Internet per tutti": la promessa della politica contro il digital divide
 
 
 
«Abbiamo proposto che ci sia Internet in ogni casa degli italiani, come la luce e l’acqua», ha proposto stasera il candidato premier Walter Veltroni, leader del Pd, parlando a Fano, seconda tappa del suo tour nelle Marche. «Non creiamo una nuova discriminazione», ha aggiunto riferendosi al divario digitale che separa chi accede e chi no al Web.

La possibilità di navigare su Internet in maniera comoda, facile e veloce in qualsiasi abitazione italiana, con la garanzia di un servizio come quello della fornitura di luce elettrica e gas, è una promessa che aspettavamo da tempo. In attesa di una promessa simile, o una controproposta al rialzo, anche da parte di Silvio Berlusconi - che non ha motivi per tirarsi indietro visto che dal punto di vista imprenditoriale la sua azienda (Mediaset) sui nuovi media sta investendo molto - ci sentiamo di commentare che sarebbe auspicabile che questa sensibilità dei politici verso la comunicazione digitale non si limitasse alle promesse in campagna elettorale.

E mentre in Italia si è appena chiusa la gara per il Wi-Max, l'Internet a banda larga senza fili necessaria per portare la Rete in tutte le case degli italiani, ricordiamoci che non si tratta solo di avere l'accesso, ma anche di alfabetizzazione, di cultura, di abitudine, che ancora da noi non c'è: perchè se è vero che oltre il 90 per cento delle aziende italiane ha Internet, solo il 28 per cento dei dipendenti la usa, denuncia l'ultimo rapporto Unctad (United Nations Conference on Trade and Development) sulla diffusione dell'Ict nel mondo.

Per questo emergono come casi ancora piuttosto isolati i contributi di alcuni noti blogger italiani come Beppe Grillo (il comico genovese), Mario Adinolfi (fondatore di Democrazia Diretta), e Fiorello Cortiana (ex senatore verde). In Italia è soprattutto grazie alle loro attività online che l'e-democrazia ha fatto il suo ingresso nei programmi della politica italiana.

Ed è in questo contesto che - in piena campagna elettorale - si affaccia su Internet il progetto "wiki-democracy", un progetto collaborativo per far sapere ai partiti che cosa pensano i loro elettori che abitano la Rete, che si pone l'obiettivo di aumentare la partecipazione dal basso. E' un buon inizio.   
 
 
da lastampa.it

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Oggi 29 febbraio 2008, 4 ore fa

E-democracy

Oggi 29 febbraio 2008, 4 ore fa

Quando scrivemmo il primo programma politico di e-democracy sembravamo marziani: 20 marzo 2001, nascita di Democrazia Diretta, sotto l'insegna della chiocciola.

Sette anni dopo, il sito del quotidiano La Stampa ci inserisce nella triade (con Beppe Grillo e Fiorello Cortiana) che prova a fare della rete un messaggio e non solo un mezzo.

"In Italia è soprattutto grazie alle loro attività online che l'e-democrazia ha fatto il suo ingresso nei programmi della politica italiana", scrive Anna Masera.
 
Abbiamo inventato qualcosa di nuovo, indicato una terra promessa o un continente sconosciuto, questo nessuno ce lo potrà mai togliere. Su quel terreno continuerà per sempre la nostra battaglia.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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« Risposta #14 inserito:: Marzo 15, 2008, 12:37:07 pm »

Mario Adinolfi

Ieri 14 marzo 2008, 9.48.10

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 10


Silvio Berlusconi ha detto quella cosa imbecille sulla precaria che deve sposare un milionario e ovviamente s'è beccato la sua raffica di reazioni indignate. Ora, io all'indignazione preferirei impegni assai concreti e per non mettermi a fare sterili lezioncine, comincio da me. Semmai fossi eletto parlamentare, impegnerò il mio tempo per dieci obiettivi specifici (oltre che per sostenere con tutte le mie forze l'attività di governo di Veltroni, che nel suo programma ha chiaro l'elemento del reddito minimo per i precari e dell'accesso alla banda larga come diritto del cittadino, tra le cose che mi stanno più a cuore e che dunque non ripeterò).

1. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per portare l'investimento italiano in ricerca alla quota minima del 2% sul Pil (attualmente siamo sotto l'1%).

2. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per impedire qualsiasi aumento dei contributi previdenziali a carico dei precari (attualmente portato a uno scandaloso 26%, peraltro per la stragrande maggioranza casi inutile a costruire alcuna significativa pensione).

3. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per far approvare una legge sulle politiche abitative per le coppie under 40, con accesso a un mutuo a tasso agevolato che favorisca la formazione di nuove famiglie.

4. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per abbattere le barriere d'accesso alle libere professioni.

5. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per abolire il valore legale del titolo di studio.

6. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per rivalutare in modo significativo le borse dei ricercatori, svincolandoli dai rapporti con il baronato universitario e costruendo un rapporto più integrato con il mondo delle imprese.

7. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per abolire la legge Urbani e liberalizzare il peer to peer con finalità non lucrative.

8. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare, sulla scia del recente decreto Bersani in materia, per liberalizzare gli skill games (tra cui il texas hold'em) non solo nella versione on line, ma anche nella versione live.

9. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per far cadere le barriere che, vietando l'accesso ai siti di betting con un metodo già condannato dall'Unione europea, consegnano al monopolio statale la gestione di giochi come Lotto, Gratta e Vinci, Superenalotto, videopoker e videoslot che sono veri e propri salassi che prelevano dalla tasche della povera gente 28 miliardi di euro l'anno.

10. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per una riforma istituzionale complessiva che ricalchi l'idea di Roberto Ruffilli del "cittadino arbitro", introducendo gli elementi di democrazia diretta necessari a togliere alle oligarchie il dominio sulla politica, a partire da una legge sulle elezioni primarie che le renda obbligatorie per i partiti e le regoli nei dettagli, sul modello americano.

Questo farò, nei limiti inevitabili del ruolo di semplice parlamentare, questi sono gli impegni che assumo e li assumo in forma aperta, "wiki" come si ama dire: pronto dunque a discuterli insieme a voi.

Un direttista fa così.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it
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