LA-U dell'OLIVO

Forum Pubblico => LA-U STORICA 2 -Ante 12 maggio 2023 --ARCHIVIO ATTIVO, VITALE e AGGIORNABILE, DA OLTRE VENTANNI. => Discussione aperta da: Admin - Luglio 19, 2007, 11:22:30 am



Titolo: ADINOLFI -
Inserito da: Admin - Luglio 19, 2007, 11:22:30 am
POLITICA

Il giornalista blogger e inventore di Generazione U: "28 milioni di italiani hanno meno di 40 anni.

In Parlamento neppure uno"

Pd, parte la corsa degli under 40

Adinolfi si candida, "iMille" con Walter

Fino a una settimana fa dovevano correre insieme, poi la scelta di dividersi

Stasera a Roma la presentazione della lista con Scalfarotto, Simoni e Luca Sofri

di CLAUDIA FUSANI

 
ROMA - Fino a una settimana fa erano tutti insieme appassionatamente, novità del partito che verrà, speranza per 28 milioni di italiani che hanno meno di quaranta anni, sostanza di slogan come "il partito del nuovo millennio" e promesse come "voglio un partito di giovani e donne". Adesso che le regole hanno definito il gioco e i suoi tempi - entro il 30 luglio vanno presentate le candidature - il-tutti-insieme-appassionatamente funziona un po' meno. E i cosiddetti giovani, gli under 40, vanno ognuno per la propria strada. Così "iMille-le cose cambiano" - i primi ad alzare la voce per farsi sentire un paio di mesi fa, la sera in cui venne fuori che nel Comitato dei 45, cantiere genetico del pd, erano tutti molto oltre gli over 50 - si presentano stasera alla "Casa del Jazz" di Roma (ore 19, viale di Porta Ardeatina) per brindare, fare due salti con musica selezionata e parlare di idee, programmi e liste. Con loro, tra loro, anche Gabriele Corsi del Trio Medusa Saranno, alla fine, una lista in appoggio di Veltroni. Saranno "i Mille per Walter", o qualcosa del genere. Tra loro nomi come Ivan Scalfarotto, che già sfidò Prodi alle primarie, Luca Sofri, l'astronoma Sandra Savaglio, Marco Simoni.

Mario Adinolfi - invece - giornalista, blogger (www. marioadinolfi. ilcannocchiale. it), inventore di "Generazione U", uno che è assolutamente, disperatamente, pazzamente convinto che il futuro passa dal web e attraverso internet, ha deciso di "mettersi nudo davanti al carroarmato (il sistema dei partiti e della politica, dei finanziamenti e delle rendite derivate di posizioni di rilievo, ndr), perché l'ho già visto fare ai miei coetanei che combattevano per la democrazia in un paese che democrazia non ne ha". Da oggi è il candidato numero 4 nella corsa alla segreteria del Partito Democratico. Per un motivo molto semplice: "Ventotto milioni di italiani hanno meno di quarant'anni. Su oltre trecento eletti in Parlamento, l'Ulivo non ha in rappresentanza di questi 28 milioni di cittadini neanche un eletto".

Di sicuro, a oggi, Adinolfi, 35 anni, è il candidato più giovane nella corsa a numero 1 del partito. Se dovesse scendere in campo, come è sempre più probabile, Enrico Letta, saranno in due, i giovani. Difficile immaginare che possano diventare di più. Certo, Veltroni parla di "partito del nuovo millennio", minaccia di non firmare le liste "se non ci sono almeno la metà di donne e giovani" e tutti, in genere, si affrettano nel dire e promettere "giovani", "under 35" e così via. Anche il "Manifesto dei coraggiosi" di Francesco Rutelli s'impegna di "dare potere alla creatività dei giovani". Ma di tutto questo cosa resterà nelle liste e nei programmi? Adinolfi è scettico, ecco perché si candida. "A questo genocidio politico generazionale - spiega ufficializzando la sua candidatura - non si può rispondere con un tenativo di cooptazione come quello di fantomatiche liste under 30 in appoggio agli esponenti più in vista del futuro partito democratico. Ora è il momento di correre il rischio. Altrimenti ogni trattativa sulle pensioni, ogni mancata trattativa su ammortizzatori sociali e nuove garanzie nel mondo del lavoro, ogni nuova elezione, saranno luoghi dove un intero segmento di paese - non i giovani, ma le migliori energie di questo paese - verrà sistematicamente ignorato, imbrogliato e umiliato".

Nessuna polemica, per carità. Anzi. Adinolfi ringrazia "sincero" Ds e Dl perché "hanno scelto di aprire questa finestra di opportunità democratica". Ai suoi concorrenti promette che "onorato di incrociare i loro nomi, si candida per batterli". Se così sarà, "sarà l'irruzione di internet nella scena sociale, l'esplosione del fenomeno dei blog, il formarsi di un popolo prevalentemente composto di under 40 che usa la rete come modello di vita". Quello del web, per Adinolfi, dovrebbe essere anche il modello politico, "reticolare, orizzontale, senza vantaggi di posizione per i notabili, con un confronto continuo e aperto". Alcune parole d'ordine: "Democrazia diretta e primarie" e, proprio in queste ore, "referendum". A cominciare da quello abrogativo della legge elettorale.

I giovani hanno ancora due settimane di tempo per imbarcarsi sulla grande nave del nuovo partito. Si aggirano gruppi con nomi simpatici, tipo "2.0", quelli che quando Veltroni si è candidato al Lingotto sotto una cappa di afa, distribuivano bottigliette d'acqua con allegata una lettera di intenti "per un partito limpido come l'acqua". Oppure quelli di "senonoraquando", professionisti trentenni del settore privato e pubblico. Ma è più probabile che faranno gara per conto e in nome di qualche big della politica.

(18 luglio 2007) 

da repubblica.it


Titolo: Mario Adinolfi per Europa SENZA TESSERE, IL PARTITO DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA
Inserito da: Admin - Ottobre 20, 2007, 06:28:19 pm
SENZA TESSERE, IL PARTITO DELLA DEMOCRAZIA DIRETTA

di Mario Adinolfi per Europa


Può non essere Forza Italia
Il direttore di questo giornale, rispondendo ieri all’idea di Giuliano Ferrara del Pd senza tessere, si è detto interessato al “Cavallo di Troia” che gli viene regalato, che così Stefano Menichini descrive e  sintetizza: “L’accettazione del modello Forza Italia, l’approdo del Pd allo schema americano di comitato elettorale connesso con le rappresentanze istituzionali e con centri esterni di aggregazione, mobilitazione, elaborazione”. Insomma, il classico “partito leggero”. Proverò ad offrire il mio contributo al dibattito, partendo dall’esperienza compiuta sulla rete e sui blog a queste primarie. Per dire che l’idea di Ferrara può essere utile per costruire invece un Partito democratico che sia l’esatto opposto di Forza Italia, l’esatto opposto del “partito leggero”.

Una leva, per sollevare la politica
Utilizzando la leva offerta dal direttore del Foglio, possiamo archimedianamente sollevare il mondo della politica da una condizione di prostrazione oggettiva. Ma dobbiamo capire la direzione in cui vogliamo incamminarci. Il pallino della democrazia, italiana e non solo, è posizionato su un asse inclinato: può scivolare in un territorio di democrazia rafforzata oppure lentamente avviarsi verso una democrazia meramente rituale a contorni sostanzialmente totalitari. Attenzione: i modelli economici in questo ultimo decennio spingono tutti verso la seconda soluzione. Mentre, infatti, per tutto il ventesimo secolo i paesi che detenevano i maggiori tassi di crescita del prodotto interno lordo e degli altri indicatori di ricchezza erano i paesi democratici, il ventunesimo secolo si apre con uno scenario opposto. In testa alla classifica dei maggiori incrementi di Pil ci sono solo paesi a democrazia labile o del tutto assente, con la locomotiva cinese e vietnamita davanti a tutti. Insomma, spunta nella riflessione delle classi dirigenti l’idea terribile (ma economicamente non insensata) che la democrazia sia, di fatto, un impaccio. E’ contro questa idea di fondo che dobbiamo batterci.

Un partito direttista
Allora la leva di Ferrara ci permette un ragionamento in più: e se il Pd senza tessere fosse un partito democratico davvero? Se Veltroni utilizzasse la forte legittimazione ottenuta per costruire il primo partito del ventunesimo secolo? Se, insomma, andassimo verso un partito a “democrazia pesante” che nella nostra accezione di direttisti è un partito della democrazia diretta? Quanto scandalo daremmo? E quanto innoveremmo la politica italiana e non solo?

Che fare?
Se si accettano queste domande di premessa, subito spunta, inevitabile, un altro question mark: sì, va bene, ma come? Insomma, ci domandiamo il solito: che fare? Qualcosa lo abbiamo già fatto: le primarie. Istituto classico della democrazia diretta. Affidiamo al leader Veltroni (e ai leader, perché ne abbiamo eletti anche a livello regionale) delle modalità nuove di governare il partito: referendum interni sulle grandi questioni da votare anche on line, determinazione delle candidature a ogni livello attraverso ulteriori elezioni primarie, preparazione dei disegni di legge più rilevanti per il Pd attraverso l’istituto costituzionalmente previsto della proposta di legge di iniziativa popolare, uno degli istituti direttisti che tutto il mondo ci invidia, anche se rimasto in Italia sostanzialmente inapplicata. Limite di due mandati per il leader nazionale o regionale, da votare ogni quattro anni, con la solennità di un mondiale di calcio o di un’olimpiade. Ecco, per un partito così radicalmente nuovo, farei a meno volentieri del tesseramento. Sarebbe il primo partito a forte e continua legittimazione di un leader, ma non sul modello Forza Italia. Sarebbe un altro modello, adatto alla democrazia del ventunesimo secolo. Una democrazia da salvare.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it


Titolo: ADINOLFI -
Inserito da: Admin - Novembre 26, 2007, 12:03:35 am
Mario Adinolfi

Ieri 24 novembre 2007, 17.01.25

Profondamente dispiaciuto
Ieri 24 novembre 2007, 14.59.00
La formula del "dispiacere" l'ha coniata Marco Esposito, con il beneplacito di Salvatore Maiolino e Massimo Cardone, che insieme a me rappresentavano oggi Generazione U all'assemblea romana del Pd. Questo il comunicato appena diramato alla stampa.


ADINOLFI: A ROMA NON VOTO, METODO NON DEMOCRATICO

"Nella Capitale il Pd punta sul vecchio, nel 2008 cominciamo da capo"

"La scheda su cui votare Riccardo Milana era costruita con il modello del plebiscito, si poteva dire sì o no alla sua elezione a segretario romano del Partito democratico. Milana rappresenta la continuità con le vecchie logiche dei partiti delle tessere e allora io a Roma non voto". Nella giornata delle assemblee provinciali del Pd, Mario Adinolfi e Generazione U si schierano contro il leader scelto per guidare il Pd: "Abbiamo costruito un partito che nella commissione statuto sta lavorando per inventare modalità del tutto nuove di selezione della classe dirigente. A Roma io ho scelto di non partecipare voto perché è prevalso un metodo non democratico e mi dichiaro profondamente dispiaciuto. Per fortuna, nel 2008 il Pd comincerà da capo e affido alla provvisorietà della nomina di oggi la speranza di un Partito democratico che anche a Roma sia capace di rinnovamento".

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it


Titolo: Adinolfi - Verso lo statuto Pd: discutiamo via blog
Inserito da: Admin - Dicembre 14, 2007, 04:56:37 pm
marioadinolfi

Ieri 13 dicembre 2007, 12.33.58

Blogger and aspiring lawmaker


Il New York Times piazza oggi in prima pagina una lunga, approfondita, bella e vera analisi sulla condizione italiana. A Ian Fisher e ai suoi colleghi che mi hanno intervistato sull'argomento ho offerto la mia opinione, che riporto sul mio blog su la7.

Devo ringraziarli, però, per un'altra questione. La questione della definizione. Dopo anni di "giovane", "giovane politico", "giornalista", "giornalista e scrittore", "giornalista e blogger", "opinionista", "polemista", Ian Fisher mi regala sul più importante quotidiano del mondo una bella definizione da pulita lingua anglosassone.

Mario Adinolfi, 36 anni, "blogger and aspiring lawmaker". Perfetto. Ho un blog, attraverso cui passa tutto quel che faccio anche per "campare la famiglia", e aspiro a scrivere leggi. Le leggi della democrazia diretta, della ri-presa di coscienza e di potere di una generazione condannata altrimenti al disastro, della ri-consegna della cosa pubblica al governo vero della comunità.

Ho raccontato al New York Times della necessità di rendere tutto questo in forma di lotta: "fight" è la parola inglese che ho utilizzato. E' quasi un corpo a corpo e se leggerete con attenzione l'articolo del Nyt, vi convincerete ancor di più che è un corpo a corpo rabbioso da ingaggiare subito.

Per salvare l'Italia.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it


Titolo: Adinolfi - Verso lo statuto Pd: discutiamo via blog
Inserito da: Admin - Gennaio 11, 2008, 07:11:39 pm

Verso lo statuto Pd: discutiamo via blog

Oggi 11 gennaio 2008, 9 ore fa


Da domani e fino al 2 febbraio in commissione statuto del Partito democratico sono previste le riunioni del rush finale: i cento commissari devono discutere un testo base e chiudere entro un mese il loro lavoro, consegnando all'assemblea costituente una proposta definitiva. Io sono presente in commissione, eletto in nome e per conto di Generazione U e dunque ritengo giusto discutere con Generazione U, nel luogo naturale di discussione della nostra associazione che è il blog. E, visto che ci siamo, con tutti i blogger che hanno voglia di dire la loro.

Insomma, la nostra commissione statuto ce la facciamo qua.

Non posso postare il testo base integrale, non sarebbe corretto nei confronti del lavoro degli altri commissari. Ve ne racconto la sostanza: 52 articoli divisi in nove capitoli, pieni di vecchia logica partitista novecentesca e di qualche serio tentativo di innovazione. L'articolo 1 si apre con due righe che mi mettono paura: Il Partito democratico si riconosce nello spirito e nella lettera dell'art. 49 della Costituzione. Mi mette paura l'idea che si apra un testo decisivo con un riferimento normativo che capiscono in pochi, totalmente incomprensibile per la stragrande maggioranza dei cittadini, peraltro citando una norma inevitabilmente mutevole e mai pienamente applicata, anzi, sostanzialmente tradita.

Insomma, aprire lo statuto del Pd con una frase dedicata a cultori e specialisti della politica mi sembra faccia capire che lo iato tra cittadini e loro rappresentanti continua a essere il vero problema, anche nel nuovo partito.

Come avrei aperto io lo statuto? Semplice: "Il Partito democratico si fonda sul ruolo attivo del cittadino elettore e sui principi della democrazia diretta". Ma questo sogno sarebbe realizzabile se fossimo in cinquantuno di Gu in quella commissione, invece sono uno su cento e allora dobbiamo cavarcela a condizioni date.

Abbiamo portato a casa nel testo base qualche bel risultato di innovazione direttista: l'articolo 30 prevede l'istituto del referendum interno "qualora ne facciano richiesta il 5% degli aderenti, anche mediante comunicazione telematica". In generale, tutto il capitolo sesto della bozza (che regola gli strumenti per la partecipazione, l'elaborazione del programma e la formazione politica) è buono: ottimo in particolare l'articolo 26 che crea i forum tematici, architrave del processo di genesi di nuove idee. L'articolo 33 prevede l'istituzione e il riconoscimento dell'organizzazione giovanile, altro risultato per cui ci siamo battuti all'inizio in posizione assolutamente solitaria, ma sono le donne a fare il pienone, vedendo riconosciuto il principio della pari rappresentanza di genere in tutti gli organi e persino nel lessico (il testo base è pieno di il/la gli/le sostenitore/sostenitrice e tutte 'ste benedette doppie declinazioni che a me sembrano un po' ridicole, ma ovviamente perché sono un rozzo maschilista). Si affaccia anche qualche ipotesi di limite ai mandati: due quadriennali consecutivi per il segretario nazionale (articolo 3, comma 3), tre "pieni e consecutivi" per i parlamentari (articolo 24, comma 1)

Cosa c'è che non va? Potrei semplificare: tutto il resto, non va. Quando siamo entrati in commissione a dicembre, vi ho raccontato della distanza tra innovatori e conservatori, tra chi pensava a un partito della democrazia diretta e chi puntava a ripercorrere la strada di tesseramenti (che in mezza Italia sono falsi o gonfiati e comunque criminogeni) e conseguenti congressi. L'esperienza, per quanto piena di contraddizioni anch'essa, delle primarie del 14 ottobre 2007 dimostrava che la democrazia diretta può funzionare e condurre i cittadini alla partecipazione. Andava migliorata. Invece molti degli innovatori si sono accontentati di un compromesso: e così lo statuto prevede il tesseramento, prevede i conseguenti congressi, solo che fissa il termine per il prossimo al 14 ottobre 2009.

Di più. Lascia il principio dell'elezione diretta del segretario, ma limitando la possibilità di candidarsi alla segreteria nazionale a chi detiene il 10% dei componenti dell'assemblea nazionale (eletti in base a tesseramenti e congressi): dimensione che riserva agli oligarchi di partito la possibilità di esprimere candidature e lascia loro la possibilità di perpetuarsi nella marcatura reciproca.

Per fortuna su questo punto c'è battaglia e sono stati presentati emendamenti al testo base. Ieri sul Corriere della Sera Maria Teresa Meli affacciava in un articolo l'ipotesi di un Veltroni tentato da una forma di leadership "via internet". Io mi auguro davvero che il segretario eletto da tre milioni di persone in una santa giornata direttista, provi a liberarsi dai lacci che gli stanno costruendo intorno e rinunci alla strada del compromesso: la legittimazione viene dal cittadino elettore, messo in condizione di esprimere l'elettorato attivo e passivo, in piena consapevolezza e responsabilità.

Il risveglio della coscienza del cittadino elettore deve essere il nostro scopo. Uno statuto che garantisca agli oligarchi la padronanza dei soliti giochetti io, se avrò da voi un mandato in tal senso, non lo voterò.

Ora credo che possiamo discuterne.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: Mario Adinolfi - In difesa di Beppe Grillo
Inserito da: Admin - Gennaio 18, 2008, 03:15:46 pm
Mario Adinolfi

In difesa di Beppe Grillo

Ieri 17 gennaio 2008, 18.24.00


Nella marea di fango e monnezza che ci travolge, con una classe politica che fa quadrato e si difende, una magistratura che attacca come sa e come può raccontandoci la favoletta di una Sandra Lonardo concussore di un Antonio Bassolino concusso (come se non si sapesse che ogni singolo posto pubblico è spartito politicamente, secondo le logiche giustamente contestate all'ex ministro Clemente Mastella che ora fa la stessa chiamata di correità, alla napoletana e con aggiunta di lacrime, che fece Craxi a un Parlamento attonito quindici anni fa), un sistema mediatico che fa semplicemente paura per la commistione di colossali interessi economici con il fondamentale ruolo del dare le notizie, c'è chi pensa bene che sia l'ora di prendersela con i blogger.

Anzi, con un blogger: con il povero Beppe Grillo.

Ho assistito attonito (e l'ho scritto sul mio blog su la7) a una performance di Antonello Piroso che ha affilato l'ascia e annunciato che non farà pronunciare più ai suoi giornalisti qualsiasi notizia su Beppe Grillo, reo di non aver rilasciato un'intervista allo splendido Sandro Gilioli, caporedattore dell'Espresso e blogger di fama anch'egli.

Grillo non si fida dell'informazione italiana, ci sta costruendo sopra un V-Day fissato per il prossimo 25 aprile e in questi giorni di fango e monnezza non so come si possa indicare in Grillo un obiettivo da colpire con il silenziamento. Solo un'informazione stranamente afflitta da sindrome di coda di paglia può pensare che sia il momento di prendersela con uno che utilizza un blog con maestria, che suscita consapevolezza e interrogativi in una fascia davvero ampia di persone che all'informazione italiana intossicata dagli interessi degli editori impuri, proprio non riesce più a credere.

Ci sarebbe da interrogarsi sul perché. Da interrogarsi sul perché decine di milioni di italiani, semplicemente, non accendono più la televisione e non leggono più i giornali. Sul perché Nielsen ci annuncia il sorpasso del web sulla tv e non a causa di una generazione di smanettoni, ma per via di quella casalinga di Voghera che se deve informarsi sulle qualità di un prodotto, si fida più dei commenti dei blogger rispetto alle valutazioni dei mass media inquinati da pubblicità e interessi vari.

Non lo so, non mi pare davvero il momento di prendersela con Grillo. Mi pare invece intelligente pretendere, davanti alla classe dirigente peggiore del mondo occidentale, un'informazione che sappia essere libera e che racconti, prima che esplodano, i bubboni purulenti di questo sempre più insopportabile paese.

Tra un frizzo e un lazzo, un blogger come Grillo lo fa. L'informazione italiana, no: è sempre di rincorsa, racconta sempre il dopo e, con pochissime eccezioni ben marginalizzate, priva di qualsiasi condizione di vera libertà. E' un'informazione al laccio: i cani da guardia della democrazia si sono trasformati nei cagnolini da passeggio del potere.

Il nodo del tracollo italiano è tutto qua. E io al V-Day di Grillo contro l'informazione serva, il 25 aprile, mi sa proprio che ci vado. E anche se dovesse davvero essere attuata la minaccia di Piroso e la televisione e i giornali tutti provassero di nuovo a giocare la carta del silenziamento dei blogger, ho paura che ancora una volta tra tre mesi si sveglieranno con la sensazione di essere drammaticamente in ritardo e di non aver capito un cazzo.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - Pilato e Benedetto
Inserito da: Admin - Gennaio 21, 2008, 06:13:48 pm
Mario Adinolfi

Pilato e Benedetto

Ieri 20 gennaio 2008, 15.37.00


No, non ci sono andato a piazza San Pietro. Troppi farisei e pure troppi scribi. Non ci sarei andato da fedele, non da pecora del gregge, che lo so che "morrò pecora nera", ma da romano ferito. In questa città non si nega parola a nessuno, che sia papa o re, coladirienzo o ciceruacchio, pazzo o madonna, carbonaro o chierichetto, imperatore o pezzente, albertosordi o nannimoretti. Qui hanno sempre parlato tutti, in un contesto di bonomia reciproca intelligente e cinica, negare la parola è un atto non da romani, non da Roma.

Perché a Benedetto la parola è stata, proprio a Roma, negata? Perché, quando se l'è voluta riprendere, lo ha fatto trovando sotto le finestre di San Pietro praticamente tutta la città?

Le negazione è negazione della Verità. Non c'è niente da fare, siamo tutti un po' Pilato quando ci mettono sotto il naso lo scandalo della Verità (che non è di questo mondo). Siamo tutti aggrappati a quel "quid est veritas?" indifeso e sottilmente screanzato del governatore della Giudea, un Bassolino di due millenni fa. Se c'è uno che ci indica una strada, non sappiamo più indicarne un'altra, sappiamo solo negarla. E' la radice del nichilismo, che non è mai kantiano, che Immanuel diceva che c'è distinzione sì tra noumeno e fenomeno, ma il noumeno non è che non esiste, al limite è inconoscibile, "non esperibile". E' dal nichilismo che nasce la contestazione dei quattro smandrappati della Sapienza, mentre dalla sfida a Kant nasce la grandezza di Benedetto.

Il papa ci dice che il noumeno (la cosa-in-sé, la Verità insomma) non solo esiste, ma è conoscibile, esperibile e si chiama Gesù di Nazareth (il libro ratzingeriano così intitolato è semplicemente splendido). Da questo derivano una serie di precetti morali che, in Italia in particolare, assumono anche i contorni della battaglia politica: la grande novità di Ratzinger, diverso in questo da tutti i suoi recenti predecessori, che si sono attestati sulla linea di Gesù e a quell'agnostico "quid est veritas" di tutti i Pilato del mondo hanno risposto con il cristiano e rassegnato silenzio, è nella sua sfida al Governatore, alla politica. Dice il papa: "Voi con la vostra ragione priva di fede non andate da nessuna parte, girate a vuoto, pestate l'acqua nel mortaio, non sapete più dire cosa sia giusto e cosa ingiusto, cosa legittimo e cosa illegittimo, cosa vero e cosa falso". La sfida allo scetticismo di Pilato è la sfida alla politica che non crede più a niente e si fa inevitabilmente mera gestione del potere.

Si può tranquillamente affermare che la sfida di Benedetto a Pilato sia destinata alla sconfitta?

Io non lo credo e sono terribilmente preoccupato. Ancora una volta, da romano. Da cittadino che percepisce la crisi dell'idea stessa di cittadinanza e il conseguente inevitabile fascino dell'appartenenza a un'idea di Fede, anche a prescindere da come la si pensi in fatto di trascendenza, Paradisi e Inferni. E' ovvio che si ingrossino le fila dell'ateismo devoto, in un contesto siffatto: tutta la politica che ha perso l'Idea, finisce per subire la fascinazione della Fede.

Ma se la Fede entra nella sfera della decisione politica, i rischi di trascinamento in un terreno integralista a sfondo teocratico sono oggettivi. Cosa fare? A differenza di Pilato, abbiamo in mano la risposta, abbiamo la possibilità di opporre alla Fede che avanza nel deserto delle idee, l'Idea più bella generata dall'uomo negli ultimi due secoli: la Democrazia come valore-in-sé. Cos'è giusto e cosa ingiusto? Quello che è democraticamente deciso come legittimo, è legittimo. Quel che è illegittimo per decisione democratica, resti illegittimo.

Se la Democrazia è il nostro reagire, non potrà mai esserlo il far tacere una voce. Che Benedetto parli e ci proponga la sua affascinante Verità immutabile, noi ascoltiamolo e rispondiamo con la nostra idea di Verità democratica che deriva dalla decisione di ognuno che diventa la decisione di tutti. Perché l'unica replica credibile a chi testimonia la forza del Dio-persona, è quella di chi sostiene che ogni persona è Dio, quando non resta solo.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Nota dell'admin: Nella filosofia di Platone, il noumeno (da nooúmenon in greco, "ciò che viene pensato") rappresenta una specie intellegibile o idea e indica tutto ciò che non può essere percepito nel mondo tangibile ma a cui si può arrivare solo tramite il ragionamento. Il noumeno, come concetto, fonda l'idea di metafisica in Platone.



Titolo: ADINOLFI - Live blogging from the commission
Inserito da: Admin - Febbraio 02, 2008, 10:07:43 am
Mario Adinolfi

Ieri 1 febbraio 2008, 19.08.03

Live blogging from the commission


Siamo in pausa, un quarto degli emendamenti è stato votato, il nostro per primo. Intervento appassionato a difesa della democrazia diretta, sonora bocciatura. Bocciati tutti gli emendamenti proposti fuori da un accordo raggiunto tra veltroniani, dalemiani, lettiani e ex popolari. I bindiani hanno giocato a fare la minoranza, poi quando la questione si faceva politicamente dura (ad esempio sull'emendamento che voleva togliere l'automatismo tra segreteria del Pd e candidatura a premier) hanno preferito ritirare gli emendamenti contestati: ci son pur sempre le liste da fare per le candidature a parlamentare, tra poco, e dicono che Veltroni sia permaloso.

Le figure che vedete all'inizio di questo filmato in piedi sono Goffredo Bettini e Nicodemo Oliverio, generali di corpo d'armata rispettivamente per Veltroni e per Marini, dopo un conciliabolo che conferma l'accordo tra i due gruppi più forti della commissione.

Il lavoro è tanto, si andrà avanti fino a notte e poi domani mattina si ricomincia. Le danze, come dicevamo, le abbiamo avviate noi: emendamento sulla democrazia diretta, parere contrario del presidente, un episodio che mi ha fatto piacere, uno che mi ha fatto dispiacere. Mi ha fatto piacere il voto a favore di Ivan Scalfarotto (hai visto mai che con iMille si possa ricominciare a far le cose insieme, prima o poi si toglieranno il broncio), mi è dispiaciuto ascoltare l'intervento del bindiano Roberto Zaccaria che ha detto: "Adinolfi, se la gente non sa cos'è l'articolo 49 della Costituzione, la colpa è della gente". Noi apriamo il nostro statuto, articolo 1 comma 1, con una frase che per il 99,5% degli italiani è incomprensibile. E solo a noi direttisti, questo, è sembrato un problema.

Fa niente. Domani alle 8.15 del mattino, tanto per non farmi mancare niente, vado a parlare della situazione complessiva a Omnibus su la7.

E' tutta una faticaccia boia. Se potete, non lasciatemi solo. E ricordatevi che la decisione sul come votare sullo statuto del Pd la prendiamo insieme, dunque fatemi sapere voi cosa fareste.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: Tre contributi alla battaglia e IL VIZIO PASSATISTA E DA NOI MAI UN OBAMA
Inserito da: Admin - Febbraio 03, 2008, 03:44:40 pm
Mario Adinolfi

Ieri 2 febbraio 2008, 14.21.08

Tre contributi alla battaglia

In una sola giornata mi sono ritrovato a dover dare tre miei piccoli contributi alla battaglia disperata e incombente per evitare che Berlusconi torni al governo di questo paese. Stamattina a la7, stretto nella tenaglia tra Tajani e Mussolini, certo non con l'aiuto del comunista Mantovani, ho difeso anche il governo Prodi.

Poi un taxi mi ha portato in commissione statuto del Pd per la seconda giornata di lavoro, dove si è votato una infinità di emendamenti che non hanno cambiato la sostanza di un testo adatto ad un partito novecentesco, con qualche verniciatura e qualche elemento di novità interessante, insufficienti però per portarmi a un voto positivo. Ma poiché siamo ormai in battaglia, come secondo contributo alla battaglia ho voluto salvaguardare l'unità del partito e sono uscito dalla commissione non esprimendo così il voto contrario al testo finale, sperando che l'assemblea costituente che verrà convocata a breve corregga quel che si può correggere.

Sono andato via dalla commissione portando sotto il braccio la copia di Europa su cui era stampato il mio terzo contributo del giorno, per un Pd che apra davvero una nuova stagione, se ne sarà finalmente capace. Un articolo che mi provocherà qualche nuovo amico, immagino.



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IL VIZIO PASSATISTA E DA NOI MAI UN OBAMA

di Mario Adinolfi per Europa


Da Prodi a Marini
Lo avete notato? Siamo appena usciti dal governo guidato dal nostro campione, che era lo stesso campione di dodici anni fa, che stiamo provando a rientrare in gioco con un governo guidato da una persona a cui io voglio un mondo di bene, ma che ricordo ancora agli albori della mia pre-adolescenziale passione politica contendere il posto da segretario della Democrazia cristiana al collega di commissione statuto del Partito democratico, Ciriaco De Mita (congresso Dc, Roma, 1984). Stiamo parlando di un quarto di secolo fa. E quindici anni fa un giovane Francesco Rutelli si affacciava a rappresentare la novità nelle elezioni comunali di Roma del 1993, quelle della svolta. Davvero, nel 2008, per trovare un candidato sindaco capace di vincere non possiamo far altro che guardare al glorioso passato? O quello del passatismo, vera e propria ideologia delle classi dirigenti del centrosinistra in generale e del Partito democratico in particolare, è un vizio di cui non si riesce a fare a meno?

Il luogo dove lanciare la sfida
Dobbiamo regalarci un’analisi sui motivi per cui a sinistra, anche in questa fase in cui il Partito democratico dovrebbe caratterizzarsi come generatore di novità e di futuro, non si riesce a cambiare. Insomma, dobbiamo ragionare sul perché un Obama da noi non è pensabile. Vedete, non mi meraviglia il fatto che Berlusconi si prepari per la quinta volta a correre come candidato alla presidenza del Consiglio, che Fini abbia oltrepassato il ventennio (il suo subconscio ne sarà oltremodo orgoglioso) alla guida assoluta del suo partito, che Bossi resti capo della Lega un quarto di secolo dopo la sua fondazione e nella palese incapacità di guidarla operativamente, che persino Casini sia arrivato a quindici anni ininterrotti di leadership del suo partito a geometrie e simboli variabili. Insomma, non mi meraviglia che il campo dei conservatori conservi, che Pannella faccia il guru da mezzo secolo e Mastella il feudatario da vent’anni. Mi meraviglia che tutte queste durate da era geologica che raccontano l’immobilismo della politica italiana (Clinton è durato otto anni, Blair e Aznar dieci, ora scrivono libri e tengono conferenze) non vengano colte dal Pd come il vero luogo dove lanciare la sfida.

Le ragioni di una timidezza
Ci sono ragioni evidenti per questa timidezza e sono le ragioni chiare di un Pd che nasce all’incrocio tra un colpo d’ala e un tentativo di salvaguardarsi delle oligarchie. Ho vissuto molte trasformazioni, da militante e da cronista: dalla Dc al Ppi alla Margherita al Pd, ma anche dal Pci, al Pds, ai Ds al Pd. Quello che colpisce di questa evoluzione è che nessuno dei protagonisti di questa fase finale del percorso non fosse un politico importante già nella fase iniziale del percorso stesso. Viene, insomma, il sospetto che non di evoluzione politica si sia trattato, ma di tentativo delle classi dirigenti oligarchiche di salvaguardarsi di passaggio in passaggio.

Se non si cambia
Non si può vincere, non si può neanche convincere, se non si cambia davvero. Nessuno crederà al Pd come novità della politica italiana, se ogni passaggio sarà costruito tenendo conto dell’interesse dei perpetui a perpetuarsi. Contare su un loro gesto di ragionevolezza e generosità, è purtroppo impossibile. Allora toccherà a Veltroni cogliere questa necessità. Mi auguro che chi guarda con invidia a Obama, che definisce come “rappresentante del passato” la prima possibile presidente donna degli Stati Uniti, si renda conto che non ha altra strada che esserlo davvero.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: Due luoghi per (con)vincere: rete e tv pop
Inserito da: Admin - Febbraio 12, 2008, 03:35:34 pm
Mario Adinolfi

Ieri 11 febbraio 2008, 10.55.15

Due luoghi per (con)vincere: rete e tv pop


Due settimane fa ci siamo dilettati a indicare quattro possibili mosse per vincere le elezioni e mi fa piacere notare che il programma secco che partisse dai salari oltre che la coalizione snella e coesa sono punti presenti nella strategia veltroniana delineata nel discorso all'Italia di domenica (con questo dettaglio dei radicali, che io vorrei dentro e Walter vuole fuori, ma è un dettaglio, mica la questione universale che ci vogliono far credere Massimo Bordin e Adriano Sofri).

Ora, si pone la questione dei luoghi. Gli spin doctor di Veltroni sono convinti di questa strategia da bella cartolina-inquadratura inaugurata a Spello. Il cielo vero contro il cielo finto. la platea silenziosa di giovani, il borgo del buen retiro degregoriano e molti altri ingredienti che fanno tanto roma-bene-desinistra-cinquantenne. Ecco, io sono convinto come gli spin doctor che la questione dei luogi sia importante, ma a differenza loro eviterei l'aria pulita e l'ansia mulinobianchesca, che non ci portano un voto. Preferirei vedere la campagna elettorale del "Si può fare" concentrata in luoghi decisivi, dove si annida l'attenzione delle due fasce di votanti che possono portarci davvero a vincere il 14 aprile: giovani e donne.

La maggior parte dei giovani "veri" e delle donne "vere" hanno in comune una cosa: sono poco appassionati di politica. Non guardano i telegiornali e dunque non se ne fanno nulla della bella inquadratura umbra, non passano un minuto né su Porta a Porta né su Ballarò, per loro Otto e Mezzo è solo l'ora di cena. Come comunicare con loro, cioè con il segmento di elettorato mobile che può consegnarci il governo del Paese? Ma, soprattutto, dove farlo?

I luoghi sono due: internet per i giovani, la tv pop per le donne. Vanno dunque immaginate due campagne ad hoc: una sulla rete, che tenga presente la necessità di chi la frequenta di essere protagonista e non spettatore, generatori di contenuti e non ragazzo pon pon. Il nuovo sito del Pd, in questo senso, è concepito come strumento di propaganda e non di coinvolgimento. Forse con l'avvio dei forum tematici si farà un passo avanti, ma bisognerà saperli utilizzare senza timori.

La tv pop è terreno più delicato, per via delle rigide normative della par condicio, ma bisogna far irrompere la politica nei contenitori più seguiti del mattino e del pomeriggio: Aldo Grasso ha giustamente citato Unomattina e Domenica In come luoghi cruciali della partita, io ci inserirei anche la Vita in Diretta e l'Italia sul Due. In particolare il programma di Michele Cucuzza è seguito quotidianamente da una platea sterminata di milioni di signore curiose, a cui sarà bene spiegare che la vita è anche la politica o, meglio, che la politica può migliorarla. Se cambia davvero.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: L'assemblea costituente, partendo dai blog
Inserito da: Admin - Febbraio 15, 2008, 09:27:16 pm
Mario Adinolfi

Oggi 15 febbraio 2008, 3 ore fa

L'assemblea costituente, partendo dai blog


La riunione dell'assemblea costituente sancisce l'inizio ufficiale della campagna elettorale del Partito democratico. Sarà un evento denso di emozioni, razionalità, passione politica. Si voteranno dei documenti, generati dal lavoro di tre commissioni dove non sono mancate contraddizioni e lacune, che comunque rappresentano la nascita di qualcosa di davvero nuovo. Si voterà lo statuto, anch'esso ricco di quell'incrocio strano tra innovazione e incrostazione che è la cifra del Pd, ma alla fine conterà se saranno di più gli innovatori o gli incrostati a dare gambe e braccia alle idee nuove.

Sarà difficile per molti arrivare alla nuova Fiera di Roma per questa grande giornata di politica. E allora svolgiamo insieme i temi dell'assemblea, seguiamola insieme qui sul blog e sul forum New Media del Pd (qui il link per iscriversi). La straordinaria novità del Partito democratico può essere, insieme al rinnovamento delle facce, il rinnovamento dei luoghi e dei linguaggi della politica. Noi di Generazione U fin dalle primarie andiamo dicendo che la rete è il luogo naturale della politica del terzo millennio. Il nuovo luogo della costruzione del consenso attraverso il coinvolgimento nella generazione di contenuti collettivi, contrapposto al meccanismo top-down dei territori classici della propaganda elettorale.

C'è anche la questione dei nuovi linguaggi: poche parole, stringhe secche che si svuotino della dimensione retorica vuota, toccando piuttosto i nodi essenziali dei problemi. E' la comunicazione degli sms e di twitter, contratta in centocinquanta caratteri, ma non per questo meno ricca di potenzialità. Sono semplicemente potenzialità nuove interamente da scoprire. Territori insondati in cui edificare una dinamica principalmente emotiva: è l'area della nuova possibile passione politica.

Per tutti, per gli iscritti al forum New Media, per i blogger di Generazione, per il popolo della rete che vuole farsi protagonista di una battaglia di libertà, l'appuntamento è all'assemblea costituente. Non necessariamente nei padiglioni della Fiera, basta un computer o anche solo uno smartphone per esserci, perché il luogo della partecipazione ormai è ampio come la nostra potenziale libertà. Siamo insieme in modi totalmente innovativi, inventiamoli senza paura e senza cedere mai alla tentazione di restare soli.

Perché la novità dell'andare liberi è che comunque si è liberi solo stando insieme. E il dove è un concetto che cambia, come molti altri di questi tempi.

(poiché si annuncia un'assemblea costituente che durerà fino alle 23, la riunione di Generazione U è annullata, cerchiamo di vederci alla fiera di Roma e discutiamo qui)

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - L'antipolitica è morta?
Inserito da: Admin - Febbraio 26, 2008, 07:58:25 am


Ieri 25 febbraio 2008, 15.40.48

L'antipolitica è morta?

Mario Adinolfi


Sul mio blog su la7 ho scritto qualche riga sull'ansiosa intervista di Daria Bignardi a Giuliano Ferrara e anche sul seguente dialogo fico-cool-urban-chic della stessa signora con Dolce e Gabbana. Alle Invasioni Barbariche, programma che sembra abbia dato quel che aveva da dare e non è stato poco, è andata in scena a mio avviso la vera antipolitica. Questione che, dopo il Munnezza Day di Beppe Grillo a Napoli, mi ha fatto venire la curiosità sull'antipolitica di fine 2007. E se fosse morta, travolta e sostituita dal dibattito rumoroso e non-politico tra Ferrara e gli anti-antiabortisti?

Il cosiddetto confronto politico, le cosiddette battaglie culturali, quella roba che anima i giornali letti da sempre meno gente e i telegiornali visti solo dai rincoglioniti, ha bisogno sempre di una scappatoia, di una via d'uscita emotiva. L'antipolitica è da sempre quella via d'uscita, non l'ha inventata Beppe Grillo, in Italia trova spazio fin dai tempi di Bava Beccaris, ha avuto il suo trionfo con il fascismo, l'abbiamo vista reinterpretata in chiave fin-de-siécle con Tangentopoli, girotondi, beppegrillismi vari. Ora le viscere si attorcigliano attorno alla questione dell'aborto (e io sono più attorcigliato nel vedere Dolce e Gabbana gridare il loro sostanziale "brutto ciccione" a Ferrara tramite la finalmente a suo agio Daria, che nell'ascoltare il direttore del Foglio svolgere un suo ragionamento calmo e tutto sommato logico). E cos'è l'antipolitica se non un attorcigliamento di viscere?

Sì, storicamente in questo paese ci si incazza perché il governo è ladro. Poi ci si riaccasa docilmente nella maniera più conformista possibile, questa è la storia di tutti gli antipolitici nostrani. In questo senso, l'antipolitica è morta? Sì, assume il contorno non-politico del dibattito sull'aborto ed è messa all'angolo dalla novità veltroniana. Resta l'eccezione di Beppe Grillo, che va valutato su un piano a mio avviso diverso.

Per il suo Munnezza Day (oscurato dai media tradizionali), Grillo ha scelto i toni apocalittici e io vorrei vederlo scendere nel terreno più accidentato, ma più vero, del confronto democratico. Insomma, io sono interessato a quanto scrive il comico genovese sul suo blog quando parla di democrazia diretta, crisi dell'informazione italiana, ricostruzione di liste civiche dal basso, proposte di legge di iniziativa popolare. Quando la tecnica del mestiere di teatrante prende il sopravvento, mi pare che la forza del messaggio si affievolisca. Ma quel messaggio c'è, tutto intero, interessante e sarebbe bene non sottovalutarlo. Non è un dibattito consueto, sui consueti mezzi di comunicazione italici, che invece dimostrano un astio nei confronti di Grillo meritevole di migliori cause. Questa volta c'è di mezzo un mezzo nuovo: c'è la rete che alimenta la forza di quel messaggio. Che non potrà mai essere ingabbiato in un'intervista dalla Bignardi, dove l'antipolitica un po' cicisbea inevitabilmente dibatte e muore e dove la forza di una proposta politica interessante semplicemente non può trovare posto, per propria scelta.

Il Pd dovrebbe capire che il popolo che ancora gli manca per vincere le elezioni è qui, sulla rete, annidato nei meet up grilliani. E' un popolo ancora tutto da recuperare, non basta una soffocata alleanza con Di Pietro. Occorre un'alleanza con la rete e con i suoi cittadini, occorre portare dentro il confronto un po' meno buonismo e un po' più rabbia.

Perché è una rabbia non insensata.

...


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: Nascono ufficialmente le liste Grillo
Inserito da: Admin - Febbraio 27, 2008, 04:42:54 pm
Ieri 26 febbraio 2008, 17.36.29

Nascono ufficialmente le liste Grillo

Vado piuttosto orgoglioso di aver scoperto per primo la natura politica dell'attivismo di Beppe Grillo, con un articolo scritto proprio su queste pagine nell'agosto di tre anni fa. Oggi arriva la notizia della candidatura a sindaco di Roma di Serenetta Monti, organizzatrice di un Meetup grilliano capitolino: io la saluto con un qualche entusiasmo.

Così come ieri sera ho provato a dire a un Filippo Facci inutilmente ripetitivo che, se il Pd ha avviato il cambiamento e il Pdl lo ha rincorso, molto lo dobbiamo a quel che è accaduto al V-Day.

La politica è cambiata perché centinaia di migliaia di persone si sono fatte vive dai loro blog e sono scese in piazza. Ora vengono a prendersi quello che è loro, con il metodo della democrazia diretta che noi abbiamo teorizzato alle elezioni amministrative fin dal 2001 (quando schierammo proprio a Roma la chiocciola e la sigla Democrazia Diretta, al comune e nei diciannove municipi, sfidando Veltroni).

Il tutto avviene nel silenzio mediatico e io sono atterrito dalla pianificazione con cui si è escluso il Munnezza Day dall'informazione tradizionale. L'ho detto ieri in televisione e lo ripeto qui.



Le liste Grillo non saranno presenti sul piano politico nazionale e la sfida a intercettare quel consenso è la sfida che noi nel Partito democratico dobbiamo raccogliere, per provare a vincere davvero le prossime elezioni.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: "Internet per tutti": la promessa della politica contro il digital divide
Inserito da: Admin - Febbraio 29, 2008, 06:34:23 pm
28/2/2008
 
"Internet per tutti": la promessa della politica contro il digital divide
 
 
 
«Abbiamo proposto che ci sia Internet in ogni casa degli italiani, come la luce e l’acqua», ha proposto stasera il candidato premier Walter Veltroni, leader del Pd, parlando a Fano, seconda tappa del suo tour nelle Marche. «Non creiamo una nuova discriminazione», ha aggiunto riferendosi al divario digitale che separa chi accede e chi no al Web.

La possibilità di navigare su Internet in maniera comoda, facile e veloce in qualsiasi abitazione italiana, con la garanzia di un servizio come quello della fornitura di luce elettrica e gas, è una promessa che aspettavamo da tempo. In attesa di una promessa simile, o una controproposta al rialzo, anche da parte di Silvio Berlusconi - che non ha motivi per tirarsi indietro visto che dal punto di vista imprenditoriale la sua azienda (Mediaset) sui nuovi media sta investendo molto - ci sentiamo di commentare che sarebbe auspicabile che questa sensibilità dei politici verso la comunicazione digitale non si limitasse alle promesse in campagna elettorale.

E mentre in Italia si è appena chiusa la gara per il Wi-Max, l'Internet a banda larga senza fili necessaria per portare la Rete in tutte le case degli italiani, ricordiamoci che non si tratta solo di avere l'accesso, ma anche di alfabetizzazione, di cultura, di abitudine, che ancora da noi non c'è: perchè se è vero che oltre il 90 per cento delle aziende italiane ha Internet, solo il 28 per cento dei dipendenti la usa, denuncia l'ultimo rapporto Unctad (United Nations Conference on Trade and Development) sulla diffusione dell'Ict nel mondo.

Per questo emergono come casi ancora piuttosto isolati i contributi di alcuni noti blogger italiani come Beppe Grillo (il comico genovese), Mario Adinolfi (fondatore di Democrazia Diretta), e Fiorello Cortiana (ex senatore verde). In Italia è soprattutto grazie alle loro attività online che l'e-democrazia ha fatto il suo ingresso nei programmi della politica italiana.

Ed è in questo contesto che - in piena campagna elettorale - si affaccia su Internet il progetto "wiki-democracy", un progetto collaborativo per far sapere ai partiti che cosa pensano i loro elettori che abitano la Rete, che si pone l'obiettivo di aumentare la partecipazione dal basso. E' un buon inizio.   
 
 
da lastampa.it

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Oggi 29 febbraio 2008, 4 ore fa

E-democracy

Oggi 29 febbraio 2008, 4 ore fa

Quando scrivemmo il primo programma politico di e-democracy sembravamo marziani: 20 marzo 2001, nascita di Democrazia Diretta, sotto l'insegna della chiocciola.

Sette anni dopo, il sito del quotidiano La Stampa ci inserisce nella triade (con Beppe Grillo e Fiorello Cortiana) che prova a fare della rete un messaggio e non solo un mezzo.

"In Italia è soprattutto grazie alle loro attività online che l'e-democrazia ha fatto il suo ingresso nei programmi della politica italiana", scrive Anna Masera.
 
Abbiamo inventato qualcosa di nuovo, indicato una terra promessa o un continente sconosciuto, questo nessuno ce lo potrà mai togliere. Su quel terreno continuerà per sempre la nostra battaglia.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 10
Inserito da: Admin - Marzo 15, 2008, 12:37:07 pm
Mario Adinolfi

Ieri 14 marzo 2008, 9.48.10

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 10


Silvio Berlusconi ha detto quella cosa imbecille sulla precaria che deve sposare un milionario e ovviamente s'è beccato la sua raffica di reazioni indignate. Ora, io all'indignazione preferirei impegni assai concreti e per non mettermi a fare sterili lezioncine, comincio da me. Semmai fossi eletto parlamentare, impegnerò il mio tempo per dieci obiettivi specifici (oltre che per sostenere con tutte le mie forze l'attività di governo di Veltroni, che nel suo programma ha chiaro l'elemento del reddito minimo per i precari e dell'accesso alla banda larga come diritto del cittadino, tra le cose che mi stanno più a cuore e che dunque non ripeterò).

1. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per portare l'investimento italiano in ricerca alla quota minima del 2% sul Pil (attualmente siamo sotto l'1%).

2. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per impedire qualsiasi aumento dei contributi previdenziali a carico dei precari (attualmente portato a uno scandaloso 26%, peraltro per la stragrande maggioranza casi inutile a costruire alcuna significativa pensione).

3. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per far approvare una legge sulle politiche abitative per le coppie under 40, con accesso a un mutuo a tasso agevolato che favorisca la formazione di nuove famiglie.

4. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per abbattere le barriere d'accesso alle libere professioni.

5. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per abolire il valore legale del titolo di studio.

6. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per rivalutare in modo significativo le borse dei ricercatori, svincolandoli dai rapporti con il baronato universitario e costruendo un rapporto più integrato con il mondo delle imprese.

7. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per abolire la legge Urbani e liberalizzare il peer to peer con finalità non lucrative.

8. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare, sulla scia del recente decreto Bersani in materia, per liberalizzare gli skill games (tra cui il texas hold'em) non solo nella versione on line, ma anche nella versione live.

9. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per far cadere le barriere che, vietando l'accesso ai siti di betting con un metodo già condannato dall'Unione europea, consegnano al monopolio statale la gestione di giochi come Lotto, Gratta e Vinci, Superenalotto, videopoker e videoslot che sono veri e propri salassi che prelevano dalla tasche della povera gente 28 miliardi di euro l'anno.

10. Impegnerò il mio ruolo di parlamentare per una riforma istituzionale complessiva che ricalchi l'idea di Roberto Ruffilli del "cittadino arbitro", introducendo gli elementi di democrazia diretta necessari a togliere alle oligarchie il dominio sulla politica, a partire da una legge sulle elezioni primarie che le renda obbligatorie per i partiti e le regoli nei dettagli, sul modello americano.

Questo farò, nei limiti inevitabili del ruolo di semplice parlamentare, questi sono gli impegni che assumo e li assumo in forma aperta, "wiki" come si ama dire: pronto dunque a discuterli insieme a voi.

Un direttista fa così.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 14
Inserito da: Admin - Marzo 18, 2008, 08:55:50 pm
Oggi 18 marzo 2008, 2 ore fa

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 14

Mario Adinolfi.


Va bene, abbiamo fatto tre settimane di campagna elettorale facendo i bravi ragazzi, dicendo che contavano i toni miti e che in fondo l'avversario e gli avversari non erano così male, che tutto cambia perché il cambiamento è il grande partito democratico. Adesso c'è un problema: dobbiamo vincere le elezioni per evitare che torni a Palazzo Chigi il peggiore inquilino avuto dall'Italia repubblicana, quello che si è fatto le leggi a utile proprio, quello che rese legale l'illegale, quello che ha riaperto i rubinetti della spesa pubblica, quello che ha inguaiato i conti appena rimessi in sesto, quello dei condoni fiscali e badate bene che non ho citato il conflitto d'interessi.

Ora sul web credo che dobbiamo spingere la volata finale, per ottenere una vittoria il 14 aprile, non un tenero pareggio foriero di larghe e preoccupanti intese.

Per vincere ci sono quattro mosse da fare:

1. comprendere che il territorio dove si decidono queste elezioni è la rete, il web 2.0 con i suoi quattro milioni di abitanti abituali, che non si abbeverano per l'informazione al Tg2 di Mauro Mazza e neanche al Netmonitor dell'ottimo Vittorio Zambardino su Repubblica. Sono milioni di cittadini non politicizzati, in prevalenza under 40 e privi di qualsiasi logica di appartenenza, centinaia di migliaia sono al primo voto e ancora non abbiamo messo in campo come Pd una proposta politica capace di attrarne l'attenzione;

2. proporre allora un pacchetto di proposte concrete non paracule, non ideologiche e comunicarle adeguatamente sulla rete, con i meccanismi propri del tam tam orizzontale: due proposte Veltroni le ha già messe in campo e sono i 1000 euro per i precari e il diritto alla banda larga ("come fosse la luce o l'acqua"). Bisogna aggiungere l'impegno a non innalzare oltre l'attuale 26% l'assurdo prelievo previdenziale sui precari (inutile a costruire una pensione), impegnarci esplicitamente per l'innovazione con l'obiettivo del 2% sul Pil a favore della ricerca, assicurare l'abbattimento delle barriere d'accesso alle libere professioni, inserire nelle leggi da far approvare nei primi cento giorni quella sulla liberalizzazione del peer to peer non a fini di lucro (annullando dunque gli effetti perversi della legge Urbani);
 
3. spiegare che il voto alla Sinistra Arcobaleno non è un voto inutile (nessun voto può essere definito così) ma un voto dannoso perché serve solo a favorire la vittoria delle destre peggiori d'Europa;

4 chiedere esplicitamente il voto al popolo dei Meet Up di Beppe Grillo, senza timori o retropensieri, perché rappresentano una parte viva del paese e lo dimostrano anche nell'impegno che hanno messo in campo con serietà nelle liste che hanno presentato alle amministrative. Peraltro i passaggi recenti di Veltroni cui costi della politica, l'attenzione con cui si è evitato di candidare chi ha sentenze passate in giudicato (con qualche rarissima eccezione, ma leggete l'elenco dei condannati in lista nel PdL), la dimensione della partecipazione diretta a cui il Pd ha dato ruolo e sostanza, sono aspetti che mettono in connessione naturale questi due elettorati e io sarei orgoglioso di ottenere alle politiche la fiducia di quel popolo che non ho mai pensato essere "antipolitico".

Comprendere, proporre, spiegare, chiedere.

Per vincere.


Titolo: ADINOLFI - CHIEDO IL VOTO AI MEETUP DI GRILLO
Inserito da: Admin - Marzo 25, 2008, 03:58:11 pm
ELEZIONI

ADINOLFI (PD): CHIEDO IL VOTO AI MEETUP DI GRILLO

24-03-2008 14:52

"Quanto ha costruito attraverso il suo blog non va sottovalutato"


Roma, 24 mar. (Apcom) - "Credo che quanto ha costruito Beppe Grillo attraverso il suo blog non vada sottovalutato né demonizzato. Io comunque chiedo esplicitamente ai Meet Up di Grillo di sostenere con il loro voto il Pd". Mario Adinolfi, il blogger candidato alla Camera nelle liste del Pd, in un'intervista pubblicata oggi sul sito di 'Panorama' si rivolge così ai sostenitori del comico genovese.

Quindi, in polemica con gli organi di informazione nazionali che non coglierebbero l'importanza di quanto avviene sul web italiano, Adinolfi aggiunge: "Se Tg1 e Corriere della Sera si guardano bene dal raccontare quel che stiamo combinando sulla Rete, all'estero invece capiscono bene che un blogger eletto in Parlamento sarebbe una piccola rivoluzione per la statica Italia. Che è cambiata grazie alla rete, alla mobilitazione politica nata dai blog, con un filo rosso che parte dal V-Day, passa per le primarie del Pd e arriva a queste elezioni. Non so ancora bene fino a dove ci porterà, ma di certo lontano da dove siamo partiti".

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Il 14 aprile il web italiano potrebbe entrare a Palazzo: potrebbe essere infatti il giorno dell’elezione in Parlamento del primo deputato-blogger. Mario Adinolfi, 36 anni e sito internet da oltre due milioni di contatti, volto noto di Mtv per la trasmissione Pugni in Tasca, è l’unico blogger ad aver resistito alla guerra delle liste. Tra precarie telefoniste e fortunate neolaureate, tra operai e giovani imprenditori, tra duri sindacalisti e falchi confindustriali, spunta anche il suo nome: posto 18° nelle liste del Partito democratico, circoscrizione Lazio 1, potrebbe davvero essere eletto e portare a Montecitorio il Web 2.0.

Adinolfi, c’è solo lei a fare il paladino della rete?
Beh, la mia candidatura era abbastanza naturale, ho fatto il candidato alle primarie del Pd e con i blogger di Generazione U ho raccolto un consenso che credo legittimi il mio stare in lista. Avrei sperato di vedere molti altri blogger candidati, magari in entrambi gli schieramenti.

Alle primarie lei ha usato come slogan sul web “si può fare”. Veltroni ha copiato?
Veltroni ha fatto proprio lo slogan migliore delle primarie del 14 ottobre. Sono lieto che lui e i suoi collaboratori leggano il mio blog. Fanno bene, è una fucina di idee e non per merito mio, ma per via del fatto che migliaia di persone lasciano lì i loro pensieri.

Non è che l’hanno messa in lista per recuperare qualche voto dei grillini?
Non lo so, spero di avere altri meriti. Credo che quanto ha costruito Beppe Grillo attraverso il suo blog non vada sottovalutato né demonizzato. Io comunque chiedo esplicitamente ai Meet Up di Grillo di sostenere con il loro voto il Pd.

Dica la verità Adinolfi, a lei che ha corso come leader nelle primarie del Pd, che effetto fa avere per capolista la giovane Marianna Madia?
Mi dà più fastidio sapere che in posizione di elezione sicura ci sono la segretaria di Fioroni e la figlia di Cardinale.

La polemica tra Radicali e cattolici ha nuociuto al Pd?
Io non ho stappato champagne dopo l’intesa con i Radicali.

Se andrà in Parlamento troverà Luca Barbareschi, con cui ha litigato in tv.
Barbareschi disse delle stupidaggini sul dittatore fascista Francisco Franco e io sono tanto legato al Web 2.0 quanto all’antifascismo, che per me resta un valore.

Time l’ha inserita tra le dieci giovani speranze della Young Italy e il New York Times l’ha intervistata assieme a Grillo nel celebre articolo sul declino italiano. Come spiega questo fascino che la stampa internazionale subisce per i blogger italiani?
Se Tg1 e Corriere della Sera si guardano bene dal raccontare quel che stiamo combinando sulla Rete, all’estero invece capiscono bene che un blogger eletto in Parlamento sarebbe una piccola rivoluzione per la statica Italia. Che è cambiata grazie alla rete, alla mobilitazione politica nata dai blog, con un filo rosso che parte dal V-Day, passa per le primarie del Pd e arriva a queste elezioni. Non so ancora bene fino a dove ci porterà, ma di certo lontano da dove siamo partiti.

Adinolfi, chi vincerà le elezioni?
Siamo indietro, ma ancora in grado di vincerle noi.

da blog.panorama.it


Titolo: ADINOLFI - L'IDENTITA' DEMOCRATICA PER RECUPERARE I GIOVANI (sic)
Inserito da: Admin - Marzo 25, 2008, 03:59:18 pm
L'IDENTITA' DEMOCRATICA PER RECUPERARE I GIOVANI

di Mario Adinolfi per Europa


Una difficoltà reale
In questa rubrica avevamo avvertito del rischio, "respirato" in modo empirico, di una distanza del Partito democratico dall'elettorato giovanile. Ilvo Diamanti su la Repubblica della domenica di Pasqua ha certificato demoscopicamente questa difficoltà del Pd ad attrarre consenso under 30. E' una difficoltà reale, che dobbiamo misurare come tale e con cui dobbiamo confrontarci immediatamente, visto che dalla fine della campagna elettorale ci separano ormai poco più di quindici giorni.

Spiega Diamanti
Leggiamo insieme un passaggio della spiegazione di Diamanti: "Negli anni Novanta, infatti, il voto giovanile si era spostato decisamente a sinistra. In particolar modo (come hanno mostrato, in modo esplicito, le indagini di Itanes), alle elezioni del 2001 e, in misura più limitata, nel 2006. Oggi, alla vigilia delle elezioni, si assiste a un sostanziale riallineamento tra le diverse posizioni. Fra i giovani (18-29 anni), infatti, prevale - di poco - l'alleanza guidata dal Pdl. Che supera di circa 5 punti quella guidata dal Pd (indicazioni coerenti provengono da sondaggi di Ipsos ed Eurisko). I due partiti maggiori, in effetti, si equivalgono. Per cui la distanza è determinata dagli apparentamenti. La base giovanile della Lega, infatti, è molto più consistente rispetto a quella dell'Italia dei valori. Non va trascurato, inoltre, che, fra i giovani, la Sinistra Arcobaleno - due anni fa alleata dell'Ulivo - dispone di un consenso rilevante: intorno all'8%".

La questione identitaria
Queste poche righe di Diamanti, tratte da un articolo molto lungo che accompagna tabelle assai esplicative, ci offrono indicazioni preziose. Il consenso giovanile che ci manca è infatti quello "identitario", che non a caso si concentra su partiti che fanno dei tratti "di parte" la loro caratteristica principale. Io credo che nel nostro importante sforzo teso a costruire un partito onnicomprensivo, il partito del "ma anche ", abbiamo tralasciato un passaggio importante: quello di
costruire un'identità democratica. E' un passaggio invece necessario e non in conflitto con l'idea di costruire un grande partito del trenta per cento e oltre. Dc e Pci erano partiti di quelle dimensioni, ma non erano partiti privi di identità. Noi dobbiamo costruire un partito identitario, per prosciugare il consenso della Sinistra arcobaleno e vincere così le prossime elezioni.

La rete è democratica
Tra i tratti di identità possibili, che però non devono essere moltissimi, ricalco quelli che considero decisivi: il modello a rete, la democrazia diretta. Il nostro è l'unico partito, almeno in teoria, dove l'apporto del singolo è prezioso, dove una sola persona può alzarsi e fare la differenza, basta che non sia una persona sola. Il modello delle primarie, anche per l'esperienza personale che ho vissuto, è proprio questo: anche uno solo, ma non da solo. E qui si somma il web come messaggio di orizzontalità della politica, contro le proposte piramidali delle parti a noi avverse. La rete è democratica, abbiamo ripetuto spesso. L'idea di rete è la nostra identità, l'identità democratica.

dal blog di Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 23
Inserito da: Admin - Marzo 28, 2008, 03:53:47 pm
Mario Adinolfi

27 marzo 2008,

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 23


Un paio di giorni fa ho affrontato nella mia rubrica quotidiana su Europa il tema dell'identità possibile del Partito democratico, invocando il ricalco sul modello della rete, orizzontalità contro verticalità fondamentalmente dispotica dei nostri avversari, principi direttisti incarnati da primarie e referendum contro moglidiemiliofede e fedelissimi del capo. Quella riflessione merita un secondo tempo, nei commenti al relativo post l'avevo promesso, su un tema classico dell'identità "di sinistra", un tema che è una parola: égalité. Uguaglianza.

Il tema dell'uguaglianza discende immediatamente da quelli dell'orizzontalità reticolare e della democrazia diretta che ho provato a introdurre nella riflessione precedente. La sinistra di radice marxista ha sempre confuso, in alcuni casi ha drammaticamente confuso, il significato della parola "uguaglianza" con l'approccio tutto ideologico e dunque dannoso dell'egalitarismo. La grande svolta di un Partito democratico orizzontale e direttista, popolare nel senso alto del termine, credo possa essere nel sapersi riappropriare della funzione storica distintiva che la bandiera dell'uguaglianza assegna a tutti i campi del progressismo virtuoso nel territorio politico internazionale.

E' la bandiera dell'uguaglianza che sventola nello straordinario discorso di Obama in South Carolina, il discorso dello Yes, We Can che poi tanto successo ha avuto musicato e mandato su YouTube. Leggiamolo insieme, questo discorso: Obama cita in rapida successione tutte le grandi battaglie di uguaglianza della storia americana. Parte dagli schiavi, passa agli immigrati, alle donne: cita le loro battaglie per il diritto ad essere uguali, nella libertà, nelle opportunità, nel diritto al voto. Il discorso si apre con un omaggio ai "founding documents" americani, cioè alla Dichiarazione d'Indipendenza del 1776 la cui frase centrale è arcinota: "All men are created equal".

La forza emotiva derivante dal discorso di Obama è proprio in questa sottolineatura estrema dell'idea di uguaglianza, in un territorio della politica e del pianeta dove non c'è neanche bisogno di precisare che quell'idea è quanto di più lontano possa esistere dall'egalitarismo all'italiana, quello dell'assenza di merito, quello del grigiore burocratico, quello del '68 che serviva a rubare la laurea e a portare in condizioni drammatiche la scuola e l'università in questo paese, quella della mediocrità elevata a sistema e ad ideale.

Consiglierei a Veltroni di prendere esempio, in questo scorcio finale della campagna elettorale, da Obama nella capacità di far sventolare la bandiera dell'uguaglianza come radice profonda e identitaria del Partito democratico, tornando alla lezione di Norberto Bobbio e spiegando che siamo coloro che, a differenza dei nostri avversari, crediamo che "all men are created equal". E per questo noi non consigliamo a una giovane precaria di sposare un giovane predestinato, noi le consigliamo di lottare per i suoi diritti, noi non accettiamo questa società dei pochi ricchi sempre più ricchi e della moltitudine di sfruttati sempre più sfruttati, noi non sopportiamo più quest'Italia neofeudale dove la mobilità sociale è azzerata e se nasci figlio di feudatario sarai feudatario mentre il figlio del servo della gleba non può sperare di uscire dal suo destino di servaggio. Noi siamo quelli dell'uguaglianza delle opportunità, per tutti, ricco o povero, figlio di notaio o figlio di operaio, donna o uomo, metrosexual o paesano.

Noi democratici siamo i figli dei figli, i nipoti dei nipoti, della Rivoluzione del 1776. Loro sono i nipotini orwelliani della Fattoria degli Animali, quella in cui "all animals are equal, but some animals are more equal than others". Anche per questo noi ce la possiamo fare.

Yes, We Can.

da marioadinolfi.ilcanocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 25
Inserito da: Admin - Marzo 29, 2008, 06:39:47 pm
29 marzo 2008,

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 25


Mancano ormai appena tredici giorni alla fine della campagna elettorale, tra quindici sapremo se "la più grande rimonta della storia politica italiana" si è compiuta o no, quel che è certo è che non si può lasciare Walter Veltroni da solo in questo tentativo che comincia ad apparire come fattibile. Questo fine settimana i blogger di Generazione U, ma credo tutti i blogger in generale, devono affiancarsi alla straordinaria mobilitazione che vuole riportare nei gazebo il popolo delle primarie: noi quelle primarie le abbiamo vissute da protagonisti e ora siamo di nuovo per strada a realizzare quello in cui crediamo, cioè il protagonismo anche di una sola persona, basta che non resti una persona sola. E' la nostra rilettura dell'idea del personalismo applicata in politica, è quello che noi chiamiamo democrazia diretta.

Personalmente ho organizzato un tour de force che mi vedrà fare tre iniziative in ventiquattro ore come al solito in parti diverse d'Italia: partirò da Pozzuoli dove è candidato al consiglio comunale una delle colonne di Generazione U in Campania, Francesco Aprovitolo; mi sposterò a Giugliano, in piena terra di monnezza e diossina e camorra, per sostenere la candidatura del grande sindaco Taglialatela e per incontrare Marco Giordano (anche lui candidato alla Camera per il Pd in quota Generazione U) e la splendida Tonia Limatola e tutti i tanti amici che dai blog hanno avviato una storia straordinaria che il 14 ottobre scorso li ha visti protagonisti e oggi sono pienamente parte dirigente del Partito democratico.

Mi sposterò poi a Roma per partecipare alla mobilitazione dei circoli nel mio circolo d'appartenenza, in via dei Giubbonari a poche centinaia di metri da casa mia, dove spero di incontrare i tantissimi che animano una delle sezioni con le radici più profonde della politica nella Capitale, dove al direttivo di circolo abbiamo contribuito all'elezione dei giovanissimo Livio Ricciardelli ed è bello pensare che un ragazzo che va ancora a scuola oggi sia tra le persone che guidano un luogo della politica che ha tanta storia sulle proprie spalle.

Io penso che la mobilitazione straordinaria di questo fine settimana possa offrirci la spinta giusta, anche in termini di entusiasmo, per provare a vincere davvero queste elezioni. Mi infastidiscono e non poco le alzate di spalle snob di chi parla di "peggiore campagna elettorale della storia repubblicana". Io trovo che forse non è la migliore, ma certo è la più importante degli ultimi quindici anni. Per la prima volta si prova a cambiare davvero lo schema politico, si annulla la forza dei piccoli partitini ricattatori, si mettono in campo forze nuove: certo, è tutto pieno di contraddizioni e insufficienze, ma è un primo passo di novità importante. Spero che un milione di persone affolli i gazebo, un milione di democratici pronti a fare il miracolo finale, non per loro stessi, ma per l'Italia che ha bisogno di un po' di cazzo di entusiasmo e di fiducia in se stessa. Fiducia nella sua capacità di cambiare, quando ormai cambiare è davvero necessario.

da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - ... Berlusconi troppo vecchio per guidare un paese moderno.
Inserito da: Admin - Aprile 01, 2008, 10:31:15 pm
Oggi 1 aprile 2008,

Diario di un blogger candidato alla Camera - Day 28


Mi impressiona una cosa della "confessione" del Berlusconi troppo vecchio per guidare un paese moderno.

Mi impressiona il fatto che dalle parti di Tocqueville, cioè nel luogo dove i blogger di destra si sono organizzati non senza un qualche acume (anche se da queste parti abbiamo sempre spiegato che per loro in rete non c'è futuro, il berlusconismo è l'esatto opposto della forza del web, la rete è democratica o bloggare è di sinistra, se preferite), non s'è alzato un fiato.

Anzi, nella home page di Tocqueville, della sempre più bombardata e sedicente Città dei Liberi, compare il solito banner propagandistico per, udite udite, una bella "Pdl 2.0", iniziativa nientepopodimenoche con Deborah Bergamini e Giorgia Meloni.

Ora, io voglio dire, se fai una bella mobilitazione per candidare un blogger alla Camera e ti sbattono la porta in faccia; se il sincero Paolo Bonaiuti ammette che "il centrodestra è assente dalla rete" dimostrando che la tua esistenza è sostanzialmente irrilevante; se poi arriva pure il Grande Capo a dire che di internet non ne capisce una mazza e se la ride e manco gliene frega niente; se, insomma, ti dicono dalla mattina alla sera in piena campagna elettorale che non sanno che farsene del tuo pestare l'acqua nel mortaio, ma è possibile che non alzi neppure un ditino per prendere la parola e provare a difenderti?

Noi ci siamo presi a cornate tante di quelle volte con i nostri "capi", YouTube ancora scarica i vari video che Generazione U ha messo in rete per contestare con nomi e cognomi i comportamenti che consideravamo intollerabili nei confronti del web, degli under 40, del popolo di centrosinistra in generale: siamo andati a contestare il leader dei Ds quando era leader dei Ds, il leader della Margherita quando era leader della Margherita e alla fine ci siamo pure candidati alle primarie contro Walterino. Sì, è vero, lì per lì non l'hanno presa bene ma poi tutto sommato hanno capito che qualche ragione era dalla nostra parte e allora siamo diventati soggetti di un partito che prova davvero a cambiare l'Italia.

Cosa serve ai blogger di destra, cos'altro deve capitare perché Andrea Mancia o Cristina Missiroli, Edoardo Colombo o Gianmario Mariniello, dicano: "Adesso avete rotto, pretendiamo rispetto!"? Un consiglio davvero amichevole: dovete farlo. Vi regaliamo la nostra esperienza, bisogna essere capaci di franchezza e di soggettività politica. Altrimenti vi ridurrete ancora a lungo a suonare i tamburi in curva, a dire che il vostro ultrasettantenne capo "non si discute, si ama". Ma così non crescerete mai e non servirete a niente e a nessuno, neanche al vostro tanto amato Berlusconi. E continuerete a pestare l'acqua, infiammandovi per questioncelle banali o creando polemiche inutili via web, accontentandovi della vostra ormai un po' patetica autoreferenzialità.

Cari abitanti della Città dei Liberi, ora è il momento di raddrizzare la schiena, cari blogger di destra ora provate a far vedere che ha un senso per voi esistere in questi territori di idee e di bit. In fondo, aspettiamo un vostro ruggito da anni e ci farebbe piacere scoprirvi coraggiosi.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Questo diario si chiude qui.
Inserito da: Admin - Aprile 15, 2008, 04:08:26 pm
 15 aprile 2008,

Tempi supplementari

La situazione è questa: nella circoscrizione Lazio 1 il Pd ha eletto sedici deputati, io sono al numero diciotto. Walter Veltroni e Giovanna Melandri sono eletti anche in altre circoscrizioni.

Se optassero per altre circoscrizioni, il 29 aprile avremmo realizzato il sogno di avere un blogger in Parlamento.

A noi devono sempre far faticare oltremodo ogni cosa ma, insomma, la partita non è ancora finita.


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Diario di un blogger candidato alla Camera - Risultati

 15 aprile 2008,

Abbiamo perso le elezioni, le abbiamo anche perse male: il 33% è poco, nove punti di distacco dalla coalizione avversaria è troppo.

Io dovrei essere il secondo dei non eletti, alla fine dei giochi.

Seguirà analisi politica approfondita, per ora sono deluso e un po' triste, ma la vita continua.

Questo diario si chiude qui.


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Diario di un blogger candidato alla Camera - Election Night

 14 aprile 2008, 11.59.00

Ci sono un milione di motivi per cui ci si può appassionare di politica e io qui tralascerò di indicare quelli ovvi. Ricordo però benissimo il motivo di fascino che mi spinse il 4 marzo 1985 a entrare nella sezione di un partito, a tredici anni, anche allora alle soglie di una elezione primaverile. Anzi, i motivi erano due: la campagna elettorale e la sera delle elezioni.

La campagna elettorale è sempre bella e chi segue questo blog sa che attraverso i vari quotidiani diari del candidato, tra primarie e politiche, ho trascorso in questa particolare sospensione dell'anima 131 degli ultimi 266 giorni della mia vita. Certo, quando ti ritrovi a girare da Biella a Rende, da Pozzuoli a Follonica, da Copenhagen a Nizza, con un calcolo approssimativo di diciannovemila chilometri "viaggiati" in treno, aereo, automobile e bus, la prima impressione che offri è che dovresti essere affaticato. E invece no. Chiaramente, appartenere ad un gruppo come quello di Generazione U, che ti permette si sentirti a casa e con amici veri in qualsiasi landa ti trovi, aiuta. Non può pesarti correre a Giugliano per sostenere un giovane sindaco che merita di essere confermato o fare mezzanotte a Livorno con ragazze e ragazzi straordinari, dopo essere stati a Follonica a evocare Obama con la nostra "nuova leva" minorenne che trova anche il tempo di costruire un video, che si affianca così al video della nostra delegazione in piazza per il Tibet Libero, ai reportage blog-fotografici dei mitici pietralatesi del Mare di Stelle, alla chat democratica con il circolo Pd Obama, alla videochat con Dario, agli innumerevoli blog che fin dall'inizio supportano e sopportano ogni nostra iniziativa. Questa è la campagna elettorale e questo è un motivo di fascino della politica intesa alla nostra maniera, intesa con lo spirito che è ancora quello di quel tredicenne: stare in una comunità di donne e di uomini che condividono la tua visione del mondo. Su questo si fonda l'amicizia. Non a caso ho sempre chiamato le persone con cui dialogavo in spirito di militanza, "amici".

Dopo la campagna elettorale viene la sera delle elezioni, quella dei risultati che ti fanno gridare di gioia e quella che ti fa sprofondare nell'amarezza. E' sempre una sera densa d'emozioni, lo sarà anche questa. Ne ricordo una del 1988, le mie prime elezioni da candidato per il "distretto scolastico", vittoria e record assoluto di preferenze davanti al fidanzato di Marianna Madia, Giulio Napolitano. Ricordo la vittoria del 1996, quando convinsi il segretario del Ppi a prendere le nostre bandiere bianche e andare in piazza Santi Apostoli mentre Luigi Berlinguer si sgolava con un improprio "erano cinquant'anni che aspettavamo" e venne travolto dall'applauso al nostro Gonfalone. Era nato l'Ulivo e aveva vinto, era l'inizio di tutto.

La novità di questi mesi è che le campagne elettorali sono state vissute qui, con voi, in una dimensione comunitaria che ha reso questo luogo non più il mio blog, ma un territorio di confronto tra tante persone che hanno qualcosa da dire.

Io sarò in giro per radio e tv oggi (alle 14.45 su Nessuno Tv - canale 890 di Sky - anche tramite Libmagazine e 41 televisioni locali, dalle 17 su Radio Città Futura, dalle 21.30 in una diretta Rai-Sole 24 ore che coinvolge i blogger, all'1 di nuovo a Nessuno Tv, dalle 3 fino all'alba su la7) ma con il mio smartphone il commento ai dati elettorali lo farò prevalentemente con voi.

Ci racconteremo indiscrezioni, sensazioni, dati, qualsiasi essi siano. Sarà un altro tassello di un percorso comune, verso la consapevolezza e la passione politica, che si rafforzano in un dialogo costante tra noi, comunque la pensiamo.

La forza di questo luogo è dunque raccontata, è il motivo di fascino in più, quello che ci convince che davvero no, non è un esercizio inutile.


da marioadinolfi.ilcannocchiale.it


Titolo: ADINOLFI - Televisione direttista (e non solo)
Inserito da: Admin - Aprile 29, 2008, 05:35:22 pm
Ieri 28 aprile 2008, 16.47.40

Televisione direttista (e non solo)

La mia amica Anna Masera ha scritto ieri su La Stampa che la democrazia diretta è in realtà populismo. L'ha scritto prendendo spunto dal V2-Day di Beppe Grillo che ha riempito in modo straordinario la piazza della città in cui Anna abita e tutta quella gente che grida a comando gli insulti proclamati da un comico, lo ammetto, può far paura.

Resta un problema: se la forma della democrazia diretta rischia di trasformarsi in populismo, in cosa rischia di trasformarsi l'attuale forma della democrazia rappresentativa?

Non darò la stessa risposta di Grillo, che sostiene l'equiparazione tra l'attuale contesto e il fascismo. Io so che c'è una differenza, una differenza significativa, tra qualsiasi forma di totalitarismo e questa forma di democrazia. Ma so allo stesso tempo che questa forma di democrazia è profondamente insufficiente. Lo so da tanti anni, lo scrivo da tanti anni, mi batto in nome della democrazia diretta da tanti anni, dal 2001 abbiamo innalzato un simbolo direttista che è la chiocciola di internet ed ora la battaglia direttista la proseguiamo insieme a tutti coloro che sanno che la democrazia è valore-in-sé e ora questo valore-in-sé è a rischio, perché prevale in molti l'idea che si possa fare a meno della democrazia se questa pregiudica l'efficienza. Ecco, è questa l'anticamera di ogni fascismo.

C'è una porzione politica della battaglia direttista (presenza di Democrazia Diretta in forma autonoma alle elezioni dal 2001 al 2003, lotta direttista con candidatura interne al centrosinistra alle elezioni del 2004 e 2005, costruzione da protagonisti della casa comune del Partito Democratico con Generazione U dal 2006, con il passaggio decisivo delle primarie 2007 e delle elezioni 2008). C'è poi il segmento mediatico di questa battaglia per la consapevolezza, forse il segmento più importante, aperto nel giugno 2003 con l'ingresso dei blogger direttisti nella comunità del Cannocchiale e l'indubbio successo che questa operazione ha avuto trasformando decine di giovani e giovanissimi provenienti da DD e GU in opinion leader autorevoli della blogosfera.

C'è poi un azzardo tutto personale, che ha a che fare con il mio mestiere, che è portare l'idea direttista nella costruzione del mezzo di comunicazione che ha nei presupposti l'approccio opposto: la televisione. Una sorta di "attacco al cuore" del sistema mediatico che procede per meccanismi top-down e punta sullo spettatore come oggetto inerte di un flusso di comunicazione. L'azzardo è trasformare lo spettatore-oggetto in spettatore-soggetto di tale flusso, renderlo centrale nell'azione e nello svolgimento della riflessione televisiva. E' un'operazione che ho sperimentato su Mtv con Pugni in Tasca, di fatto utilizzando il blog come "stazione di scambio" e ricordo ancora con piacere la prima puntata, quella con il ministro Fioroni messo a contatto con gli studenti che lo contestavano.

Ora forzo ancora di più la mano, grazie alla libertà garantita dalla televisione satellitare dove faccio il vicedirettore: per la prima volta nella storia della tv nazionale, la settimana scorsa abbiamo aperto le linee telefoniche ai telespettatori, abbiamo inviato reporter a registrare "l'analisi del voto" dei cittadini comuni, abbiamo mescolato le loro opinioni a quelle dei big della politica. In tv il telespettatore viene utilizzato al massimo come opinionista sportivo o risponditore di quiz idioti, io (tra i dubbi anche di qualche amico e collega) volevo e voglio trarre da lui il meglio della sua capacità di riflessione. La sfida è stata vinta, sono arrivate opinioni di grande qualità da tutta Italia, senza alcuna forma di filtro e senza limiti di tempo per chi interviene, tra una telefonata di Leoluca Orlando e una di Francesco Storace e nessuno ha notato la differenza: tutti sullo stesso piano.

Ripetiamo l'esperimento oggi, allungando il tempo a disposizione di questo esempio di televisione direttista: centocinquanta minuti dalle 17 su Nessuno Tv (canale 890 di Sky, anche in streaming) faremo insieme l'analisi del voto per il Campidoglio e oltre a commentare qui potrete intervenire in diretta chiamando il numero verde 800.19.86.67.

La trasformazione che può regalarci la democrazia diretta è quasi quella della fata di Cenerentola: da oggetti di indifferenza a soggetti del gran ballo. Questo mio approccio alla politica e alla televisione non piace a tutti, il critico televisivo Aldo Grasso a ogni apparizione mi bastona e per sovrappiù mi ha bastonato anche come candidato alle primarie, perché sono "un blogger" e perché ho messo il mio telefono cellulare in rete a disposizione di tutti. Io ho risposto con un "Aldo Grasso non conta più un cazzo", piuttosto maleducato e allora lo invito a prendere quel caffè che ci siamo promessi via Magazine del Corsera, magari uno convince l'altro.

Ma Grasso e Masera e quelli che dicono che "la democrazia diretta è populismo" o "la cultura non la fa il popolo" sono in buona fede, solo una cosa devono spiegarmi: sicuri, proprio sicuri, che una politica o una televisione o una cultura che mantengono la loro dimensione di élite-che-parla-a-una-platea-che-ascolta, stiano dando buona prova di sé? Possibile che il pensiero debba seguire solo la direttrice verticale e non possa invece espandersi più efficacemente (mi verrebbe da dire, più naturalmente) seguendo il percorso orizzontale con eguali opportunità di incidenza per tutti e per ciascuno?

Non è, in fondo, di questa idea di uguaglianza delle opportunità che è intrisa la stessa ragione d'essere della civiltà occidentale? Non ammainiamo questa bandiera di égalité, spingiamone più in là i confini, altrimenti arretreremo drammaticamente e il pericolo dietro l'angolo non è la democrazia diretta e il populismo, ma l'assenza di democrazia e il totalitarismo.

Io, per quel poco che conta, continuerò a dare battaglia. Qui, in politica, sui mezzi di comunicazione, nel contatto interpersonale. Ognuno è decisivo, anche una sola persona, basta che non sia una persona sola.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Due parole a Virzì
Inserito da: Admin - Aprile 30, 2008, 07:23:08 pm
Oggi 30 aprile 2008,

Due parole a Virzì


Paolo Virzì al Riformista di oggi: "Dal Pd mi sarei aspettato ben altra lungimiranza, a partire dalla scelta dei candidati. Steso un velo pietoso su quella simpatica ragazza bionda, piena di candore e di capelli, mi chiedo: se si voleva il ricambio non era meglio puntare su giovani come Scalfarotto e Adinolfi?”.

Due parole di risposta al regista. Una, ovviamente, è: grazie. L'altra è: oligarchia. L'oligarchia si differenzia dall'idea più nobile di "gruppo dirigente" perché tende a non rendere possibili le alternative a se stessa.

Così oggi il motto, caro Virzì, buono forse pure per raccontare in un film lo sfacelo dell'oligarchia democratica (che bell'ossimoro) è scritto in romanesco.

Nun se movemo da come stamo.

Chi c'era al Senato, Finocchiaro? Resta Finocchiaro. Ma ha preso sette punti meno di Rita Borsellino in Sicilia? Sì, ma se movemo poi casca tutto. E allora, Finocchiaro. Alla Camera, c'era Soro? Soro. E Rutelli? Un premio pure al senatore umbro che ha trionfato al Campidoglio, dai: vicepresidente a Palazzo Madama.

Nun se movemo da come stamo.

Ma abbiamo perso le elezioni di dieci punti, il nord è leghista, Roma è postfascista, il sud è di Lombardo, l'Italia è di Berlusconi.

Nun se movemo da come stamo.

E Walter? Walter è bravo, Walter è il garante, Walter è il punto d'equilibrio del castello di carte, si muove lui e casca tutto.

Nun se movemo da come stamo.

E poi, qual è l'alternativa? Non c'è, non ci sarà mai, nel silenzio non ci sarà mai. Bisogna continuare e continuiamo. Ad andare. Dove? Quello, proprio, non si sa. Nun se movemo da come stamo, è meglio. Caro Virzì, loro dicono che è meglio.

Poveri noi.


(io mi prendo quattro giorni di pausa, lunedì ricomincio con i miei faccia a faccia in tv e ho voluto a Contro Adinolfi Paolo Villaggio, che è il più grande scrittore italiano vivente anche se voi non lo sapete)


dal blog di Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Quello che non è riuscito a noi
Inserito da: Admin - Maggio 12, 2008, 09:53:48 pm
Oggi 8 maggio 2008,

Quello che non è riuscito a noi

All'inizio degli anni Novanta quelli di noi che avevano avuto la strana idea di farsi democristiani da adolescenti, vedendo che la casa andava a fuoco, decisero che non avrebbero fatto costruire quella nuova ai decrepiti responsabili della rovina e fecero quello che si fa in questi casi drammatici: si unirono in un gruppo, capirono il senso di quel verso dell'inno che parla di "stringersi a coorte", diedero battaglia. Devo a quel gruppo un paio di belle gioie politiche personali: essere stato il più giovane costituente del Partito popolare e subito dopo il presidente nazionale dell'organizzazione giovanile. A capo degli "adinolfiani" della provincia di Agrigento c'era un ragazzo brillante con una capigliatura ricciolina che oggi non ha più: Angelino Alfano. Venne tacciato di tradimento, ovviamente, quando si fece sedurre dall'avvio dell'avventura berlusconiana. In realtà Angelino ha sempre avuto doti di analisi politica non comuni e aveva capito prima di noi che i responsabili del disastro democristiano non avrebbero mollato e avrebbero fatto colare a picco anche il Ppi. Mi disse: "Scelgo di scommettere la mia vita su qualcosa di veramente nuovo". A me sembrava una follia amorale e un calcolo sbagliato. Invece.

Angelino Alfano oggi è il Guardasigilli della Repubblica italiana e fatevi dire da chi un po' lo conosce che sarà un grande ministro di Grazia e Giustizia. Così come credo che questo governo sia destinato, almeno in una prima fase, a fare bene. E' un governo costruito secondo uno schema che avrei voluto vedere nei governi di centrosinistra: leadership forte che accompagna la crescita di una nuova generazione di dirigenti politici. E' la battaglia della mia vita. E' riuscito a loro quello che non è riuscito a noi: oggi il passaggio di consegne al ministero delle Politiche Giovanili tra una Giovanna Melandri che va verso i cinquant'anni e una Giorgia Meloni che ha da poco passato i trenta, fotograferà la vittoria della loro scommessa e la sconfitta ulteriore della nostra nomenklatura.

Saranno buoni ministri anche Gelmini, Zaia, Fitto, Carfagna che rappresentano la vittoria degli under 40 di centrodestra che arrivano al potere dopo un percorso di formazione politica solido e militante. Non c'è nella scelta di sei ministri che hanno meno di quarant'anni quella sensazione di meccanismo casuale, di biglietto della lotteria vinto, che accompagna il fragile rinnovamento del Pd.

Ma c'è ancora un territorio dove posizionare la nostra sfida. Questo ricambio, questa nascita di una nuova generazione di governo, trae la propria legittimazione da un percorso di obbedienza e affidabilità ai voleri del capo: Alfano, Gelmini, Carfagna e Fitto non hanno alcuna autonomia rispetto al volere di Berlusconi, Meloni non ne ha rispetto a Fini, Zaia non ne ha rispetto a Bossi. Arrivano al ministero per conto terzi e amministreranno per conto terzi.

Agli under 40 del Partito democratico è consegnata una sola arma: il conflitto politico. Se dovessimo accettare come ineludibile il meccanismo cooptativo (la vulgata secondo cui un Veltroni buono contro gli oligarchi cattivi farà piovere il rinnovamento dall'alto) perderemo un'altra occasione. Ora, per dimostrare la forza della nostra sfida e non soccombere davanti alla dimostrazione che a loro è riuscito quello che non è riuscito a noi, possiamo solo rilanciare. Io ci sono abituato, momenti drammatici come questo non sono mancati nella mia esperienza politica, riprenderò lo spirito di quei primi anni Novanta, quelli in cui imparammo cosa voleva dire "stringersi a coorte". I più cantano quel verso sbagliandolo, sono convinti che inviti a "stringersi a corte".

Su quella semplice lettera in più o in meno passa tutta intera la sfida delle prossime settimane e dei prossimi mesi.

Intanto, buon lavoro al governo Berlusconi.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Idee o potere, il Pd con chi sta? (ma non solo ndr)
Inserito da: Admin - Maggio 12, 2008, 11:54:45 pm
Ieri 11 maggio 2008, 16.31.24

Idee o potere, il Pd con chi sta?

Non credo che il Pd debba accodarsi necessariamente al linciaggio politico di Marco Travaglio e Fabio Fazio, anzi, se devo scegliere tra loro e Renato Schifani io so con chi sto.

Alla senatrice Finocchiaro dico che non è proprio necessario correre in soccorso della maggioranza in ogni occasione, per rendere sempre più evidente che la nostra opposizione è morbida e amichevole. Noi difendiamo il diritto anche di Travaglio, per il quale non provo un'istintiva simpatia, a far ascoltare le proprie riflessioni attorno ad un figura delle istituzioni. Sono certo che nei meccanismi mediatici asserviti che caratterizzano la condizione di giornali e tv in Italia, non mancheranno a Schifani occasioni per la beatificazione. Credo che noi democratici dobbiamo difendere la libera circolazione delle idee, anche quando critica magari duramente gli uomini del potere.


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All'opposizione di questo Veltroni
sabato 10 maggio 2008, 15.23.00
La riunione odierna del coordinamento di Generazione U ha deciso di dare vita a un movimento interno di opposizione all'attuale leadership del Partito democratico, per evitare al progetto per il quale dal 6 maggio 2006 ci siamo collettivamente spesi di naufragare definitivamente dopo le elezioni europee del 2009, che saranno disastrose se permarrà la linea immobilista degli sconfitti-inamovibili del loft.

Giovedì andremo a dire qualcosa al coordinamento nazionale del Pd di cui facciamo parte. Dal giorno successivo lavoreremo a un'iniziativa pubblica per ritrovarci insieme a tutti coloro che pensano che il Partito democratico meriti un domani migliore dell'attuale presente.

Forza, il futuro c'è.


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Un altro capolavoro
venerdì 9 maggio 2008, 18.51.00
Il risultato del 14 aprile del Pd equivale al miglior risultato mai avuto dal Pci. Il governo ombra è una strepitosa e molto efficace idea che ebbe il Pci, di conseguenza è giusto che lo guidi uno che viene del Pci, che ci sia un ministro-ombra degli Esteri che quando trent'anni fa ammazzavano Aldo Moro era già un brillante dirigente del Pci, che il ministro-ombra dell'Economia sia uno che viene dal Pci più figo e vincente, che pure il ministro-ombra degli Interni sia uno tosto che viene dal Pci. La strategia pare sia il recupero dei voti al centro.

E il rinnovamento? Ah, sì, scusate. Loro mettono una trentacinquenne ministro della Pubblica Istruzione, vuoi mettere il fascino dell'usato sicuro di donna Maria Pia Garavaglia. L'over sixty tranquillizza i nostri elettori. Il figlio di papà e la brava ragazza obbediente, comunque, ci sono.

Insomma. Un altro capolavoro. Bravi. Clap clap. Ormai mi viene da ridere. Io non voglio vedere il Partito democratico ucciso tra un anno alle europee dall'insipienza di questi dirigenti incapaci.

Se, dopo tutto quello che è successo, il rilancio che riescono a proporci è l'eterno provvisorio compromesso tra Massimo e Walter costruito sul quadrumvirato ombra Veltroni-Fassino-Bersani-Minniti, allora vuol dire davvero che i democratici che hanno a cuore la sopravvivenza del Pd come esperienza nuova del quadro politico italiano, per far vincere le idee di progresso contro la proposta delle destre conservatrici, devono darsi una mossa.

E in fretta, altrimenti tra un anno alle europee con questo immobilismo andremo al disastro definitivo.


da il blog di Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Il discorso di Berlusconi alla Camera? Generico, ma non brutto.
Inserito da: Admin - Maggio 13, 2008, 04:10:07 pm
Oggi 13 maggio 2008, 3 ore fa

Berlusconi: discutiamone in diretta tv

Il discorso di Berlusconi alla Camera? Generico, ma non brutto.
Il governo Berlusconi su cui ha chiesto la fiducia?
Preoccupante e da battere, ma non composto da personalità indegne.

Comunque la pensiate, oggi qui si parla di Berlusconi, è il suo giorno. Ne discutiamo sul blog e in diretta tv dalle 15 (potete chiamare 800.198667, numero verde gratuito da tutta Italia, il canale 890 di Sky è Nessuno Tv ed è visibile anche in streaming web).

Non mi sembra di vedere luce in fondo al tunnel. How long must we sing this song?


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L'appuntamento di Veltrusconi

Ieri 12 maggio 2008, 17.36.00

Mi sembra assolutamente inopportuno che il leader di quella che dovrebbe essere un'opposizione seria e intransigente prenda appuntamento con il presidente del Consiglio subito dopo la fiducia.

Mi pare che dovremmo avere altre priorità, dopo il voto di fiducia che il governo otterrà. Dovremmo rendere credibile la nostra opposizione, strutturarla per renderla credibile al di là del giochino del governo ombra, che ogni giorno che passa sembra sempre di più l'ombra del governo. Frattini prende una posizione su Unifil e Libano? Fassino approva. Tutto il centrodestra attacca Travaglio? Finocchiaro approva. Berlusconi ottiene la fiducia? Veltroni prende appuntamento. No, non ci siamo. Veltroni sa bene, come so bene io, che il popolo del Partito democratico non vuole l'inciucio. A loro dobbiamo rispondere, dimostrando nettezza di linea, di programma alternativo, di comportamento. Mi sembra questa la priorità.


da blog di Mario adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Siamo sotto ipnosi
Inserito da: Admin - Maggio 14, 2008, 06:48:51 pm
Oggi 14 maggio 2008,

Siamo sotto ipnosi

Floris: "Letta, c'è qualcosa che non le è piaciuto del discorso di Berlusconi?"

Letta (dopo averci pensato): "No".


Ecco, ieri sera mentre sgranavo gli occhi guardando Enrico Letta (sì, è Enrico, quello nostro, il nipote insomma) a Ballarò pensavo alle ragioni di questa arrendevolezza che si tramuta in una totale assenza di indentità del Partito democratico. Poi sono uscito per andare a giocare una partita a poker e nel tragitto che mi portava al tavolo verde (partita, sia detto per inciso, conclusa con esito trionfale per cui ho capito che va riaggiornato il detto e la fortuna al gioco deve essere indirettamente proporzionale alla sfortuna politica e l'amore non c'entra una mazza) ho visto che Roma è tappezzata di manifesti per un'iniziativa che oggi Enrico Letta, ministro ombra del Partito democratico, organizza con Amedeo Piva, già assessore delle giunte di centrosinistra e secondo dei non eletti del Pd alla Camera nella circoscrizione Lazio 1. Ospite d'onore di Letta e Piva? Gianni Alemanno.

Sono andato a dormire tardi e ho puntato la sveglia per ascoltarmi la replica di Berlusconi alla Camera e ho anche riso per la battuta finale, ma era un riso che sapeva di resa. E volemose bene e poi Veltroni che ha detto che è tutto merito suo e in effetti...

Allora ho capito: mi sa che siamo sotto ipnosi. Il Mago di Arcore deve essere riuscito ad agitare il pendolino di Maurizio Mosca conducendoci nella notte dove tutte le vacche sono nere e questa è una citazione di Hegel che contestava l'idea di assoluto che aveva Schelling, un assoluto dove l'identità di cose e persone e idee si perdeva. E aveva ragione Hegel.

Io non sono mai stato definibile come un antiberlusconiano e non arriverò mai a pensare che ci definiamo in opposizione a qualcun altro, anche se dire ciò che non siamo è sempre un passo avanti. E se avessi parlato a Ballarò o in aula avrei detto che il discorso di Berlusconi era generico e per questo non era brutto, ma diventava terribile se si pensava a tutto il non detto, a tutto il taciuto. E noi, poiché siamo sotto ipnosi, non siamo stati capaci di dire che non votiamo la fiducia perché siamo il Partito democratico, che nell'insegna di questa ditta c'è scolpita un'idea di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica che è l'esatto opposto dell'idea di efficienza (in cui la democrazia diventa oggettivamente un optional) propria di queste destre; siamo il Partito democratico che crede nell'uguaglianza delle opportunità come valore fondante e dunque sfida il governo a fare vere liberalizzazioni, abolendo le barriere d'accesso alle professioni e intaccando le vere rendite di posizione dei potenti di questo paese; siamo il Partito democratico che non tollera l'ingiustizia e ancor meno tollera che si sia resa legale, ma non per questo giusta, l'illegalità attraverso norme ad personam come quelle sul falso in bilancio e sull'accelerazione dei tempi della prescrizione dei reati, che sono oltraggi al diritto; siamo il Partito democratico che ha la sua radice in un'idea alta del lavoro e non tollera l'esistenza di un esercito di precari su cui il governo nascituro non ha inteso spendere una parola o una promessa, fermandosi a dire che detasserà gli straordinari e darà più soldi a chi un lavoro stabile ce l'ha già; siamo il Partito democratico che crede all'idea di Europa e la rispetta e ne rispetta le sentenze, come quella su Europa 7 e Retequattro, che ripropone tutta intera la questione del conflitto di interessi; siamo il Partito democratico che nasce e vive nel terzo millennio e trova intollerabile la condizione in cui versano ricerca scientifica e innovazione nel nostro paese, con le risorse inchiodate all'1% del Pil e noi pretendiamo che siano almeno raddoppiate e siamo scandalizzati che anche su questo il presidente del Consiglio abbiamo semplicemente taciuto; siamo il Partito democratico che ha tratto legittimazione dalle primarie, crede nella democrazia diretta e si farà promotore di una legge sulle primarie obbligatorie e normate per legge, sulla democrazia interna ai partiti, visto che il partito del presidente del Consiglio è oggi un partito padronale, privo di democrazia interna.

Avremmo dovuto utilizzare l'occasione di questo dibattito alla Camera per cominciare a definire davvero l'identità del Pd, ma siamo sotto ipnosi e non l'abbiamo fatto. E allora volemose bene e se po' fa' e regaleremo valanghe di consensi a Di Pietro da una parte e alla sinistra radicale dall'altra e altri ancora a chi penserà che a questo punto è meglio votare direttamente Pdl e tra un anno, dopo il disastro delle europee, forse dall'ipnosi ci sveglieremo e voglia iddio che non sia troppo tardi.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - E' andata così
Inserito da: Admin - Maggio 17, 2008, 09:10:57 am
16 maggio 2008, 2.31.30

E' andata così



E' andata così, come scritto nella cronaca di Libero, grazie alla penna intelligente e attenta della giovane Elisa Calessi.

La sostanza politica della riunione del coordinamento del Pd di ieri è stata nella tregua concessa da Massimo D'Alema a Walter Veltroni, che nei novanta minuti di relazione ha citato un paio di volte la fondazione Italianieuropei e un altro paio di volte la necessità di radicamento sul territorio del partito. Segnali di fumo che vogliono dire che l'accordo c'è e fino alle europee andremo con il tandem Veltroni-Franceschini, intanto scalda i muscoli il tandem di scorta Bersani-Letta (quello per il dopo-disatro del 2009) che prima dell'inizio del coordinamento si sono appartati a parlottare.

L'analisi della sconfitta? Per Veltroni è chiara la motivazione, abbiamo perso per colpa di Prodi e perché le sinistre riformiste perdono in tutta Europa. Ora bisogna lavorare "con pazienza", il che vuol dire tradotto che l'anno di tregua va bene, nel frattempo c'è da "dialogare" con Berlusconi e lì c'è la fonte della legittimazione del permanere di tutti costoro che non hanno capito che tra un anno avremo un tracollo per via dell'emorragia di consensi verso Di Pietro, verso la sinistra radicale, verso lo stesso Berlusconi che sarà il re dell'abolizione dell'Ici.

Elisa Calessi racconta bene tutto quello che è accaduto, compreso il mio intervento, "unica eccezione" di esplicito dissenso in un clima di pace armata.

Questa la cronaca di Libero.

Chi non accetta la tregua, invece, è Mario Adinolfi, già candidato alle primarie. Quando ormai la riunione sta per chiudersi, finalmente ottiene la parola: "Walter, devi dimetterti. Come avviene in tutta Europa quando un leader perde". Il dialogo con Berlusconi? "Vai pure a pranzo con Silvio, ma questo partito cosa ci guadagna? Forse qualche posto in Rai per qualcuno". Altro che ottimismo: "La nostra gente è nel panico". E se si va avanti così "regaliamo le praterie a Di Pietro". Ma la sala, ormai, è vuota.

La cronaca è asciutta e sostanziale. Non può raccontarvi: l'attacco diretto in faccia a Goffredo Bettini per la sconfitta del "modello Roma" e lui che si alza e viene verso il podio dove sto parlando e tutti si aspettano che accada il peggio, lui poi mi aggira e si siede vicino a Walter; il battibecco con Veltroni che dice stizzito che "Gordon Brown non si è dimesso" (e grazie, erano amministrative, vedi se perde le politiche dove lo mandano); gli sms scambiati con Franceschini; il passaggio in cui ho spiegato che una classe dirigente che non sa cosa voglia dire accountability, non paga mai, non rende conto mai, non si dimette mai, neanche davanti alla peggiore delle sconfitte (e ho fatto l'esempio di Bassolino coperto di monnezza in Campania) perde credibilità e senza credibilità perderemo sempre e sempre peggio e se si vuole parlare a quella metà del paese che ha meno di 40 anni ed è agile e politicamente dinamica non si può presentare il Pd come l'ennesima riverniciatura buona a traghettare qualche centinaio di notabili alla tappa successiva dell'eterna transizione italiana.

Ho parlato dell'identità del Pd e di tutte le cose che in questi giorni avete letto qui. Dopo, un supernotabile mi è venuto vicino e mi ha detto: "Il tuo amico Di Giovan Paolo un giorno attaccò Forlani come hai fatto tu con Veltroni e dopo ci ha messo vent'anni a diventare parlamentare". E un altro: "Poveri i diciassette che ti precedono in lista a Lazio 1, ora saranno costretti a rimanere parlamentari per cinque anni e non potranno ambire a Csm, Strasburgo e authority varie, altrimenti scatta il tuo seggio e Veltroni questo ora non lo permetterà mai".

Un paio di donne importanti del partito hanno fatto un occhietto impaurito e complice (entrambe, chissà perché, stesso gesto) e uno di quelli che vorrebbe saper essere così netto ha detto ad alta voce: "Hai le palle quadre, sono orgoglioso di esserti amico". E va bene così.

Il 20 e 21 giugno è convocata l'assemblea costituente del Pd.

La battaglia continua.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Eccovi il dialogo
Inserito da: Admin - Maggio 21, 2008, 05:58:57 pm
Oggi 19 maggio 2008,

Eccovi il dialogo


Forse ricorderete, qualche giorno fa vi raccontavo dell'iniziativa di Enrico Letta e Amedeo Piva con Gianni Alemanno, figlia dell'idea che il Pd debba dialogare con le destre. Quello che segue è la cronaca di un pranzo raccontato da Edoardo Sassi del Corriere della Sera. No, non è il pranzo Veltroni-Berlusconi, ma serve a spiegare bene come lo stato maggiore del Pd immagini il dialogo con chi rischia di rovinare la democrazia italiana (sul mio blog su la7 ho scritto qualche riga in merito). Ottenendo cosa per il Pd? Poco o niente o quel che troverete descritto nell'articolo di Sassi. In compenso rovinando se stesso e perdendo l'anima.


IL PRANZO DI PIVA: "CHIEDI LA SEDE E LA MACCHINA"
di Edoardo Sassi per il Corriere della Sera

Trattoria in centro, ma di quelle di una volta, semplici semplici, disertate da vip e volti noti. L'ex assessore al sociale con la prima giunta Rutelli, il Pd Amedeo Piva, in procinto di prendere un incarico da Gianni Alemanno, parla liberamente con due esperti del settore che lo riempioni di consigli. Si parlarebbe di poveri, ma il punto è un altro. "Devono darci una macchina, eh! Certo, c'hai sessant'anni, mica puoi andare a piedi, e poi una sede, non una qualsiasi, una bettola, una sede vera. E poi anche tre consulenze eun dirigente, esterno però, uno dei nostri, esperto...".

La preoccupazione di cosa penseranno gli alleati di centrosinistra di una sua eventuale trasmigrazione sui lidi capitolini ormai a destra è tornata, ma risolta così: "Milana non è un problema, non conta un cazzo. I ds magari...basta non farla passare troppo come una cosa poltiica". La politica, in effetti, pare entrarci poco. Tante idee fra i commensali: "Gli possiamo organizzare una cosa tipo il Mundialito, con squadre di romeni e lo facciamo finanziare". E se il ruolo di Amedeo chez Alemanno fosse solo una superconsulenza priva di effettivo potere? "Bisogna evitare di non contare nulla, le cose non devono passare per il Consiglio comunale, sennò capirai, bloccano tutto. Costi, strutture, funzioni tutto deve gravare sul gabinetto del sindaco, lo schema prevede questo, che si approva tutto come ordinanza del sindaco. E bisogna ottenere un budget per gestione e funzionamento. E mettiamoci pure le utenze". E mettiamocele.



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Edoardo Sassi ha scattato anche una foto con il telefonino, così riconosco tra i due commensali di Amedeo Piva il giovane Federico Colosi, organizzatore del convegno con Alemanno sulla povertà. Attenzione, Piva e Colosi non sono i peggiori, anzi. Semplicemente, sono figli del clima che s'è creato. Si sono adeguati.


Il 7 giugno quelli di noi che pensano che con l'attuale classe dirigente e l'attuale linea consociativa si porterà il Pd al disastro, si incontreranno a Roma.

Noi, contro tutto questo, vogliamo fare qualcosa. Per non perdere l'anima. E non adeguarci mai.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Sobrio a Ballarò
Inserito da: Admin - Maggio 22, 2008, 10:14:21 am
 21 maggio 2008,

Sobrio a Ballarò

Ogni martedì sera, vi prego, inventatevi qualcosa. Telefonatemi (ma una telefonata lunga), organizzate trappole, giochiamo a calcetto, pizza e cinemino, quello che volete voi, ma inventatevi qualcosa e così mi risparmierete le casse di Maalox che servono a digerire le performance Pd a Ballarò.

Che già la settimana scorsa c'erano stati i commenti senza se e senza ma di Enrico Letta sul discorso del Cavaliere, ma ieri, dico ieri, l'avete visto anche voi o me lo sono sognato?

L'avete visto anche voi Walter Veltroni dire che poverini, lui e Berlusconi erano attaccati per la loro scelta inciucista come erano stati attaccati Moro e Berlinguer? E non si capiva bene se intendeva dire che lui è la sintesi dei due supremi personaggi citati o semplicemente la reincarnazione di Enrico, nel qual caso il paragone tra Moro e Berlusconi rimanda al video pubblicato in testata da questo blog.

Il tutto accadeva senza che nessuno, neanche uno del pubblico, manco Formigoni o la Polverini (e la Polverini ormai Floris ce l'ha parcheggiata dentro casa, ce la dobbiamo sorbire una settimana sì e l'altra pure), alzasse la mano e piazzasse una replica.

Un commento sobrio, tipo: "Walter, che cazzo stai a di'?".


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Vecchio centrosinistra e nuovo Pd
Inserito da: Admin - Maggio 23, 2008, 12:25:56 pm
22 maggio 2008, 11.55.10


Vecchio centrosinistra e nuovo Pd


A Walter Veltroni piacciono i momenti simbolici, rituali, linguistici e così da qualche giorno nel suo frasario sta entrando, con l'insistenza di chi ha deciso in una riunioncina di staff di far passare un concetto utilizzando la logica del subliminale, la locuzione "vecchio centrosinistra" a cui affidare tutte le responsabilità della colossale sconfitta del 14 e 28 aprile, affiancata dall'antitesi "nuovo centrosinistra" come progettualità per il futuro.

La scelta segnala un orizzonte politico di Veltroni, come è ovvio, disegnato più o meno così: poiché sono inchiodato alla necessità di ottenere a tra un anno un risultato che mi eviti la fustigazione in pubblica piazza per manifesta incapacità, alle europee imbarco i residui di quello che resta alla mia sinistra, per tamponare i consensi che perderò verso Di Pietro e l'area di governo, certamente corroborata da un anno di governo che doveva essere "impopolare" e invece si dimostra immediatamente populista. L'annessione della Sinistra democratica è prossima, Vendola forse porterà Rifondazione a un patto federativo con il Pd e per Veltroni la sopravvivenza è assicurata. E quello sarà il "nuovo centrosinistra", perché una etichetta accattivante bisogna pur trovarla a questo ennesimo restyling della strategia del Pci (nessun nemico a sinistra, do you remember, è un riflesso condizionato per gli eterni ragazzi della Fgci).

I blogger di Generazione U e tutti coloro con i quali organizzeremo un'iniziativa pubblica il 7 giugno, per regalare al nostro partito l'idea che comincia a costruirsi nel conflitto un'alternativa di classe dirigente a chi vorrebbe spiegarci di essere inamovibile proprio per assenza di alternativa, ragionano su un'idea diversa. Sintetizzerei anche qui in una formula, così magari Veltroni può rifletterci sopra: a questo "nuovo centrosinistra", che porterebbe dentro di sé tutte le contraddizioni del vecchio più quel sapore d'antico che veramente ci consegnerebbe a decenni di opposizione, contrapponiamo l'idea di un nuovo Pd.

Il nuovo Pd non tradisce l'idea della vocazione maggioritaria, la mantiene e la considera il proprio orizzonte politico; il nuovo Pd ritiene elemento fondante della propria credibilità l'essere portatore di idee nuove che camminano su gambe nuove; il nuovo Pd non considera tollerabile un'opzione consociativa con il governo in carica, populista e pericoloso, contrastandolo dunque a partire da un programma alternativo netto incardinato su liberalizzazioni, tutela del lavoro con sensibilità forte al dramma del precariato, attenzione ai bisogni delle nuove generazioni. investimento massiccio su innovazione e ricerca scientifica; il nuovo Pd, soprattutto, marca la sua distanza dall'opzione efficientista che vuole trasformare la democrazia in un orpello, per cui l'uomo solo al comando è l'unico mezzo per salvare il paese, ricordando che ci siamo fondati su un atto coraggioso di democrazia diretta, le primarie del 14 ottobre 2007, a cui abbiamo partecipato da protagonisti perché riteniamo che regole e capacità di decisione collettiva possano rendere più feconda e anche più efficace la democrazia; il nuovo Pd, di conseguenza, avrà come battaglia di legislatura la legge sulla democrazia interna ai partiti e le primarie obbligatorie per legge, ritenendo fonte di legittimazione e di fortificazione delle leadership, l'investitura popolare e la discussione continua all'interno dei luoghi della democrazia.

Il nuovo Pd non rincorre le destre, ma impernia la propria idealità sulla centralità della persona, sull'uguaglianza delle opportunità, sulla tutela dei diritti del diverso e del debole e si oppone con tutte le forze a ogni forma di discriminazione di natura razziale, etnica, sessuale, generazionale.

Il nuovo Pd è il territorio della società aperta, lavoro contro le paure e alimenta la speranza, perché il futuro c'è e appartiene a chi lo sa immaginare.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Dialogo sulla democrazia con Giuliano Ferrara
Inserito da: Admin - Maggio 24, 2008, 10:30:01 pm
Ieri 23 maggio 2008, 14.32.32


Dialogo sulla democrazia con Giuliano Ferrara

Ieri 23 maggio 2008, 12.12.00 | marioadinolfi

Dal Foglio di oggi. Per le puntate precedenti, leggere Malvino.


Al direttore

No, questa sua idea che l'oligarchia "ben organizzata" somigli molto "a una democrazia possibile", è proprio pericolosa. Pericolosa perché legittima tutto, i mandarini del Partito comunista cinese e gli emuli populisti nostrani, dando l'idea che per la democrazia (non "assoluta", ma "vera", dove la verità è nella convinzione del cittadino che votare e partecipare alla vita pubblica non sia un esercizio inutile) in fondo non ci sia speranza. Io credo che la battaglia culturale dell'immediato futuro, per l'Occidente tutto intero, sia se andare verso un sistema a democrazia dilatata o a democrazia contratta. Le primarie del Pd del 14 ottobre 2007, quelle americane di questi mesi, vanno nella direzione della democrazia dilatata a vasta partecipazione popolare, dove la forza della leadership trae origine dalla forza anche quantitativa della cittadinanza che vuole decidere. Le vicende del Pd delle ultime settimane, invece, appartengono allo schema della democrazia contratta, dove l'idea di efficienza coincide con lo schema dell'uomo solo al comando, di destra memoria. E allora ha ragione Michele Magno e torto lei. Direttore, attenzione, non confonda i piani: non prenda una delusione personale sul fronte della democrazia (ne ho subite anche io, di cocenti), come una delegittimazione tout court dell'idea stessa di democrazia, anche di democrazia diretta, che della democrazia è la frontiera da andare a toccare, prima o poi. Non derubrichi la questione: è veramente la battaglia culturale da combattere, in questo tempo di cupa allegria in cui hanno piazzato la nostra vita.

Mario Adinolfi

Risponde Giuliano Ferrara:

Non ho alcuna delusione politica da scontare, mi creda. Ho una illusione culturale e civile da (continuare a) coltivare, è diverso. Le primarie sono per il Pd il fatto di ieri e la legittimazione di quel partito per oggi e per domani. Non è che ogni tre mesi o sei mesi la democrazia cambia di qualità e richiede un nuovo Michels per analizzarne il carattere oligarchico. Ora i capi elettori si organizzano e riorganizzano dopo il trauma elettorale, ma l'interessante è che abbiano deciso di essere, se lo confermano, capi elettori di un corpo elettorale aperto, non capicorrente di un corpo di iscritto costituito alla vecchia maniera.

(a me pare una marcia indietro rispetto all'idea originale della "oligarchia bene organizzata" simile alla democrazia e mi va bene così, bella Giuliano, ci si vede per un cornetto da Linari, offro io)

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Così italiani
Inserito da: Admin - Maggio 28, 2008, 08:51:57 am
26 maggio 2008, 14.00.19

Così italiani

26 maggio 2008, 11.56.00


Manca il racconto. Sì, il racconto dell'Italia moralmente devastata di questo inizio di millenno, il racconto di un paese senza appigli e senza approdi, che procede come zattera alla deriva. Se non avessimo avuto Dante, per raccontare il caos italiano di inizio Trecento, ci saremmo appesi almeno a un Cecco Angiolieri, senza Pirandello ci saremmo serviti di un Petrolini, senza Eduardo forse bastava Totò, senza il genio neorealista e il sogno di Fellini, la crisi dei decenni immediatamente precedenti a questo l'avrebbe disegnata solo Alberto Sordi.

E noi, per colmo della sfiga, nel tempo agghiacciante di un paese agghiacciante in cui ci è stato dato di vivere, non abbiamo né un Dante né un Pirandello, né un Eduardo né un Fellini. Allora c'è chi ci dice che la narrazione di quel che stiamo vivendo dobbiamo andarla a cercare nei film di Vanzina o nei Cesaroni, che saranno loro a rimanere.

Invece, guardate Boris. Boris sta all'Italia come Lost sta all'America. La nostra farsa contro la loro tragedia, le nostre mignottelle in Parlamento contro il loro 11 settembre, il nostro culto della mediocrità contro la loro idea western della realtà dei buoni contro i cattivi.

Boris è quello che un tempo avremmo definito un "telefilm" a lunga serialità, è arrivato alla seconda stagione e va in onda il lunedì sera su Fox. E' un racconto metatelevisivo (televisione nella televisione, nella narrazione del dietro le quinte della realizzazione della fiction "Gli occhi del cuore", con evidente rimando al pirandelliano teatro nel teatro, virato in farsa). Ma ovviamente è molto di più. E' l'Italia allo specchio. Anzi. Guardare una puntata di Boris è come piazzare sullo specchio una striscia di cocaina, tirarla su ed è lo stesso effetto: euforizzante all'inizio, deprimente nel down, comunque dà dipendenza neuronale se non fisica.

Prendete questo spezzone. Quello in cui il regista della fiction René Ferretti (interpretato da uno strepitoso Francesco Pannofino che oggi sarà mio ospite a Contro Adinolfi, su Nessuno Tv canale 890 di Sky in diretta alle 12.45 anche in streaming video o su Radio Città Futura) impone la mediocrità al più grande attore italiano, per adeguarlo al livello dei suoi colleghi attori incapaci.

In questa richiesta a Roberto Herlitzka di fare la faccia "a cazzo di cane" si annida il male dell'Italia.

Guardate Boris, guardatevi allo specchio. L'affresco è colossale, è una Cappella Sistina deformata, ci siamo dentro tutti come in un giudizio universale.

Ci sono la nostra guerra tra poveri, il potere che opprime e i kapò sensibili.

C'è la creatività ridotta a cinica e cialtrona serialità.


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Utilità
Inserito da: Admin - Maggio 29, 2008, 12:22:19 pm
28 maggio 2008, 8.38.49


Utilità


Ma noi siamo qui sui blog perché, in fondo, abbiamo semplicemente bisogno di sfogarci?

Ne discuto a Unomattina dalle 9.30 con quel geniaccio di Massimo Gramellini, che con i blog ha i pregiudizi che hanno molti giornalisti.
Vediamo che ne esce fuori.

(intanto, Veltroni prova a fare il duro con Berlusconi in un'intervista a Aldo Cazzullo, ma non ci crede manco lui...Walter, apriti un blog e sfogati anche tu)


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - A piazza Montecitorio
Inserito da: Admin - Maggio 31, 2008, 07:31:10 pm
Ieri 30 maggio 2008, 13.51.19

A piazza Montecitorio

marioadinolfi

Il 7 giugno alle 12 ci ritroveremo a piazza Montecitorio, due anni un mese e un giorno dopo quel 6 maggio 2006 in cui prese il via in un inaspettato bagno di folla la storia di Generazione U. Cominciano a uscire delle indiscrezioni di stampa su quel che sarà il nostro raduno, che ha come principale novità quella di vedere tra i protagonisti dell'iniziativa alcuni nomi che portano Gu oltre i propri confini stabiliti alle ultime primarie: penso a Lorenza Bonaccorsi, a Francesco Soro, a Paolo Zocchi, ai blogger di Marioemario, tutti esponenti di primo piano del mondo democratico under 40, che alle primarie hanno preferito sostenere la candidatura di Walter Veltroni. La simpatia con cui ci siamo ritrovati attorno al tavolo per dirci in pochi minuti che eravamo d'accordo nell'esprimere in forma comune una linea contundente rispetto all'immobilismo del Pd, è la prima garanzia di verità e di forza di un percorso. Se si sorride insieme, si è sempre un passo avanti.

Così è nata l'iniziativa del 7 giugno, così ne è nato il titolo: "Per un nuovo Pd".

A piazza Montecitorio ripeteremo quel che sui nostri blog leggete ormai da settimane. Mi sembra di poter sintetizzare le questioni in tre punti.

1. Il Partito democratico ha perso le elezioni, la sua dirigenza ha accelerato il percorso verso lo showdown delle urne rivitalizzando un Berlusconi alla frutta: sia l'accelerazione che la sconfitta, con l'aggravante pesante del tracollo romano, ricadono come responsabilità politica sul gruppo che ha guidato il Pd. Come dicemmo già il 6 maggio 2006 facendo eco ad altri, con questi dirigenti non vinceremo mai. Noi vogliamo un nuovo Pd, che faccia marciare le idee nuove su gambe nuove adeguate, sul modello del New Labour blairiano, che riportò al successo il centrosinistra britannico pensionando un personale politico inadeguato ai tempi e con radici indigeste a giovani e ceti moderati.

2. Il rinnovamento, non solo generazionale, promesso da questo gruppo dirigente è stato insufficiente e costruito con il meccanismo della cooptazione pura, provocando risultati grotteschi. Noi siamo contrari a ogni percorso cooptativo e ci impegniamo a valutare la nostra forza solo nel confronto democratico e nel conflitto delle idee che genera consenso. Non ci interessa compiacere alcuno dei potenti attuali del Pd, abbiamo delle idee diverse sul rinnovamento e le faremo valere nelle sedi proprie. Chiediamo, ovviamente, regole certe e aperte per il confronto vero e non basato sui soliti pacchetti di tessere dei capibastone. Chiediamo democrazia diretta, siamo direttisti.

3. Siamo nettamente contrari al neoconsociativismo con Berlusconi e con le destre, pensiamo che il Pd debba concentrarsi sulla creazione di una propria identità ideale, valoriale, programmatica, cogliendo la grande occasione dell'opposizione per andare in battaglia con qualche libro in mano. Riteniamo che liberalizzazioni vere, investimenti in ricerca e opposizione, tutela dei diritti del lavoratore precario, lotta contro ogni discriminazione, denuncia della creazione di un clima di paura, riforme istituzionali per garantire più e non meno democrazia, siano un territorio dove caratterizzare le ragioni di esistenza del Partito democratico, senza cercare una legittimazione da Berlusconi che avrà come corollario ulteriormente negativo di consegnarci a una sconfitta elettorale certa e potenzialmente fatale per l'esistenza stessa del Pd tra un anno alle europee.

Per questi tre semplici motivi il 7 giugno ci incontreremo per avviare la creazione di una nuova classe dirigente, di un'alternativa possibile per un nuovo Pd. Porteremo le idee elaborate a piazza Montecitorio all'assemblea costituente del 20 e 21 giugno, le preciseremo nel contrasto e nel dialogo con le idee altrui, ma a chi pensa a ennesime operazioni di finto rinnovamento calate dall'alto e gradite al Loft (penso alla solita operazione dei Mille che si affidano di nuovo a Giovanna Melandri, ma che davvero, ma allora non volete capire?) opporremo un rifiuto ancora più forte di quelli del passato: l'alternativa si costruisce nella lotta politica, facendo maratona e non prendendo l'autobus. E' più faticoso? Sì, forse. Ma è l'unico modo.

Forza, il futuro c'è.


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Forza, il futuro c'è.
Inserito da: Admin - Giugno 04, 2008, 12:13:02 am
 2 giugno 2008,


Mario Adinolfi


Ho fatto molte cose in questo fine settimana lungo, mi sono dedicato ai quattro pilastri.

Ho giocato. Ho completato le statistiche di stagione della scommessa collettiva in vista degli europei e ho preparato le qualificazioni ai campionati mondiali di poker che si giocano giovedì, arrivando al tavolo finale nel torneo più tecnico (123 partecipanti) del circolo Liegi, ormai di gran lunga il più importante circolo di poker sportivo d'Europa per numero di associati. Il blog del circolo celebra la performance affibbiandomi il soprannome: il soprannome, per un giocatore di poker, è il preludio alle grandi imprese. Da Dario "Supernova" Minieri a Chris "Jesus" Ferguson, ogni grande giocatore ha il suo. Io arrivo alle qualificazioni per i mondiali con il mio nuovo nickname: il Mago. Mi piace.

Sono andato a vedere il Divo. Un film bello, che ha capito alcune cose in profondità, su altre non ha capito un cazzo e il miscuglio fa effetto. Non so se Toni Servillo ha costruito la sua migliore intepretazione, di certo Paolo Sorrentino ha edificato il suo secondo milestone dopo Le conseguenze dell'amore.

Sono andato a vedere anche Sex and the City (non ditelo a quelli dell'altro blog, avevo proclamato che non ci sarei mai andato) che è un filmetto un po' così, la serie televisiva aveva un altro spessore, qui si capisce che l'operazione è di puro business, ma qualche indicazione sull'amore arriva. Per esempio io ho capito che per quanto scombiccherata sia sempre la vita sentimentale, per quanti casini io sia stato capace di combinare in anni e anni di matrimoni e separazioni e convivenze e riseparazioni e amori veri e propri, poi alla fine da qualche parte si sfocia. Basta essere mister Big. Quello che si piega solo quando decide di piegarsi.

Mi pare una buona lezione, non solo per l'amore, a pensarci bene.

Ho fatto molte altre cose in queste fine settimana lungo, ma mica vorrete i dettagli? Voi, piuttosto, tutto bene?

A piazza Montecitorio
venerdì 30 maggio 2008, 13.27.00
Il 7 giugno alle 12 ci ritroveremo a piazza Montecitorio, due anni un mese e un giorno dopo quel 6 maggio 2006 in cui prese il via in un inaspettato bagno di folla la storia di Generazione U. Cominciano a uscire delle indiscrezioni di stampa su quel che sarà il nostro raduno, che ha come principale novità quella di vedere tra i protagonisti dell'iniziativa alcuni nomi che portano Gu oltre i propri confini stabiliti alle ultime primarie: penso a Lorenza Bonaccorsi, a Francesco Soro, a Paolo Zocchi, ai blogger di Marioemario, tutti esponenti di primo piano del mondo democratico under 40, che alle primarie hanno preferito sostenere la candidatura di Walter Veltroni. La simpatia con cui ci siamo ritrovati attorno al tavolo per dirci in pochi minuti che eravamo d'accordo nell'esprimere in forma comune una linea contundente rispetto all'immobilismo del Pd, è la prima garanzia di verità e di forza di un percorso. Se si sorride insieme, si è sempre un passo avanti.

Così è nata l'iniziativa del 7 giugno, così ne è nato il titolo: "Per un nuovo Pd".

A piazza Montecitorio ripeteremo quel che sui nostri blog leggete ormai da settimane. Mi sembra di poter sintetizzare le questioni in tre punti.

1. Il Partito democratico ha perso le elezioni, la sua dirigenza ha accelerato il percorso verso lo showdown delle urne rivitalizzando un Berlusconi alla frutta: sia l'accelerazione che la sconfitta, con l'aggravante pesante del tracollo romano, ricadono come responsabilità politica sul gruppo che ha guidato il Pd. Come dicemmo già il 6 maggio 2006 facendo eco ad altri, con questi dirigenti non vinceremo mai. Noi vogliamo un nuovo Pd, che faccia marciare le idee nuove su gambe nuove adeguate, sul modello del New Labour blairiano, che riportò al successo il centrosinistra britannico pensionando un personale politico inadeguato ai tempi e con radici indigeste a giovani e ceti moderati.

2. Il rinnovamento, non solo generazionale, promesso da questo gruppo dirigente è stato insufficiente e costruito con il meccanismo della cooptazione pura, provocando risultati grotteschi. Noi siamo contrari a ogni percorso cooptativo e ci impegniamo a valutare la nostra forza solo nel confronto democratico e nel conflitto delle idee che genera consenso. Non ci interessa compiacere alcuno dei potenti attuali del Pd, abbiamo delle idee diverse sul rinnovamento e le faremo valere nelle sedi proprie. Chiediamo, ovviamente, regole certe e aperte per il confronto vero e non basato sui soliti pacchetti di tessere dei capibastone. Chiediamo democrazia diretta, siamo direttisti.

3. Siamo nettamente contrari al neoconsociativismo con Berlusconi e con le destre, pensiamo che il Pd debba concentrarsi sulla creazione di una propria identità ideale, valoriale, programmatica, cogliendo la grande occasione dell'opposizione per andare in battaglia con qualche libro in mano. Riteniamo che liberalizzazioni vere, investimenti in ricerca e opposizione, tutela dei diritti del lavoratore precario, lotta contro ogni discriminazione, denuncia della creazione di un clima di paura, riforme istituzionali per garantire più e non meno democrazia, siano un territorio dove caratterizzare le ragioni di esistenza del Partito democratico, senza cercare una legittimazione da Berlusconi che avrà come corollario ulteriormente negativo di consegnarci a una sconfitta elettorale certa e potenzialmente fatale per l'esistenza stessa del Pd tra un anno alle europee.

Per questi tre semplici motivi il 7 giugno ci incontreremo per avviare la creazione di una nuova classe dirigente, di un'alternativa possibile per un nuovo Pd. Porteremo le idee elaborate a piazza Montecitorio all'assemblea costituente del 20 e 21 giugno, le preciseremo nel contrasto e nel dialogo con le idee altrui, ma a chi pensa a ennesime operazioni di finto rinnovamento calate dall'alto e gradite al Loft (penso alla solita operazione dei Mille che si affidano di nuovo a Giovanna Melandri, ma che davvero, ma allora non volete capire?) opporremo un rifiuto ancora più forte di quelli del passato: l'alternativa si costruisce nella lotta politica, facendo maratona e non prendendo l'autobus. E' più faticoso? Sì, forse. Ma è l'unico modo.

Forza, il futuro c'è.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Del perché non andrò ad ascoltare Veltroni
Inserito da: Admin - Giugno 21, 2008, 04:58:42 pm

Del perché non andrò ad ascoltare Veltroni

 19 giugno 2008, 17.30.00

Andate in giro per la blogosfera, troverete molto dissenso che comincia ad affacciarsi, certo con ragioni che ancora mancano di profondità di analisi politica, che si attaccano a qualche dettaglio organizzativo, ma che alla fine arrivano a una conclusione simile a quella da noi elaborata: questi dirigenti, quelli del tracollo alle politiche, quelli del disastro di Roma, quelli del Pd cancellato in Sicilia (regione più popolosa d'Italia dopo la Lombardia), sono arrivati al capolinea e stanno inventando di tutto con il solo obiettivo di permanere.

E allora, se vogliono permanere e fare giochini di potere interno (l'assemblea costituente del Pd sabato sarà chiamata ad acclamare il solito organismo interno spartito nel caminetto), che se li facciano senza di noi, questi dirigenti asserragliati nel bunker.

Io domani ad ascoltare Veltroni che cambia l'ennesima linea politica alla caccia della permanenza in sella, non ci vado. Andrò dopo, ad ascoltare cos'hanno da dire i delegati. E poi, se ci saranno regole democratiche, a contestare e votare contro l'ennesimo gruppetto di oligarchi nominati e non eletti.

Fin dall'inizio, noi ci siamo spesi senza tregua per il Partito democratico. Per quell'aggettivo continua la nostra battaglia, con ogni mezzo a disposizione e far trovare a Veltroni una bella platea vuota mi sembrerebbe un atto intelligente da parte di un popolo del Pd che credo non ne possa più.

Senatus mala bestia
martedì 17 giugno 2008, 15.39.00
Davanti allo spettacolo spudorato della maggioranza berlusconiana che prova a far passare l'ennesima legge vergogna, si fa sempre più strada in me l'idea che la democrazia con le sue forme rappresentative ancorate a schemi di due secoli fa, sia arrivata veramente al capolinea.

Messina 83, Palermo 81, Catania 77
lunedì 16 giugno 2008, 19.27.00
No, non sono numeri al lotto. Sono le percentuali del centrodestra che sta vincendo ovunque le amministrative siciliane.

Io ho dettato una dichiarazione alle agenzie.

"Credo che venerdì in assemblea costituente dovremmo risparmiarci i rituali e discutere seriamente. Il tracollo siciliano boccia la linea post-elettorale di Veltroni. Va bene che ormai siamo abituati a tutto, che questo gruppo dirigente del Pd ha salutato con un'alzata di spalle e una determinazione a permanere degna di miglior causa sia la sconfitta di dieci punti alle politiche che il disastro del Campidoglio, ma ora che vediamo il Pdl veleggiare tra il settanta e l'ottanta per cento in tutta la Sicilia, qualche dubbio comincia a sorgere in Veltroni e Bettini? In assemblea costituente voglio discutere la linea veltroniana, l'idea della permanenza a ogni costo legittimata attraverso il neoconsociativismo con il governo Berlusconi. Abbiamo abbandonato del tutto il territorio dell'opposizione, abbiamo scelto di sostenere l'ovvio e di non caratterizzare il partito su nessun versante identitario. Questo voto siciliano è l'ultimo campanello d'allarme prima delle europee, dove rischiamo la sconfitta fatale. Molliamo Berlusconi, non solo per via del lodo Schifani, ma per costruire un partito identitario di opposizione tra la gente partendo dai contenuti che ci differenziano dalle destre. Altrimenti tra un anno arriverà una sconfitta che cancellerà il Pd. I dati siciliani ne sono l'antipasto".


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L'ultima sigla
sabato 14 giugno 2008, 11.17.00


Questa è la sigla di Streetcam, ultima mia fatica televisiva che andrà in onda con una seconda puntata sperimentale martedì prossimo. La pubblico perché è il solito lavoro di gruppo, dove per altro sono citate persone belle e di grande qualità che creano un piccolo prodotto che prova di nuovo a calcare strade non battute.

E' l'ultima sigla, l'ultimo segno di un anno vissuto pericolosamente: dal 18 luglio 2007, data di annuncio della candidatura alle primarie, a oggi.

E' accaduto di tutto e io adesso ho tanta voglia di riposare. Il 25 giugno parto per gli Stati Uniti e vediamo cos'altro ci riserva il destino. Intanto grazie a tutti coloro, e sono veramente tanti, che hanno percorso con me almeno un pezzo di strada in quest'anno comunque meraviglioso.

Ogni incontro è stato prezioso.


Ma come si fa?
venerdì 13 giugno 2008, 14.14.00
Ho già spiegato sull'altro mio blog le ragioni per cui non si può che ricorrere a lui.

Avrei dovuto tratteggiare l'inevitabile tirata sociologica e politicamente corretta sui significati che vanno oltre il calcio, sull'amicizia tra italiani e romeni, ma adesso come adesso non me ne frega niente e vorrei solo vincere quattro a zero.

Con Del Piero in campo, che non è mai stato tipo da partite decisive e sparisce sotto tensione, ci andrà di lusso se dopo una sofferenza infinita porteremo a casa i tre punti.

Con Cassano avremmo riso di gioia tutto il tempo, perché avrebbe provato le giocate impossibili ed è solo con l'impossibile reso realtà che ognuno di noi può appassionarsi. Il grigiore di chi non sa reggere la tensione e si schianta, ci delude.

E non c'è niente di peggio di rimanere delusi, la passione svanisce e si torna all'ordinario.

Per fortuna Donadoni se ne renderà conto e all'inizio del secondo tempo metterà in campo Cassano. Vero? Perché, come si fa a non mettere dentro l'unico in grado di cambiare davvero le cose?


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A note for uncle Walter
giovedì 12 giugno 2008, 18.33.00
ECONOMIST, VELTRONI È TROPPO BUONO CON BERLUSCONI HA IDEA DELL'OPPOSIZIONE PER NIENTE BRITANNICA

(ANSA) - LONDRA, 11 GIU - Per l'Economist Walter Veltroni «rischia di essere troppo buono con Silvio Berlusconi» e il suo governo-ombra potrebbe diventare «un'opposizione fantasma». Nel numero da domani in edicola, il settimanale britannico critica fortemente il leader del partito democratico e gli rinfaccia di essersi lasciato sfuggire «una serie di occasioni per mettere in imbarazzo il governo» e di aver così contribuito al rafforzamento della popolarità di Berlusconi. Tra le occasioni perse, l'Economist cita la mancata richiesta di maggiori dettagli sulle accuse mosse al presidente del Senato Renato Schifani dal giornalista Mario Travaglio per "rapporti di affari con persone poi condannate per mafia" e i mancati affondi contro il governo per il caso Alitalia, per le "aspre misure su immigrazione e sicurezza" e per la "messa al bando di gran parte delle intercettazioni telefoniche compiute dalla polizia". "Veltroni ha un'idea dell'opposizione che non appare assolutamente britannica", sottolinea la rivista, memore del fatto che nel Regno Unito l'opposizione non perde mai un'opportunità per attaccare il governo in carica. A giudizio dell'Economist Berlusconi ha senz'altro da guadagnare dalla politica del dialogo tenacemente portata avanti da Veltroni mentre "i benefici per la sinistra sono meno evidenti". "Ancor prima delle elezioni, Veltroni - spiega il periodico londinese ai suoi lettori - ha detto di volere la cooperazione con Berlusconi sulle riforme elettorali e costituzionali allo scopo di rendere l'Italia più facile da governare. È un obiettivo nobile ma è una strada che è stata tentata prima, con conseguenze disastrose". Secondo l'Economist la strategia elettorale di Veltroni è fallita, così come si è dimostrata "dolorosamente sbagliata" la candidatura di Francesco Rutelli a sindaco di Roma e la politica del dialogo impedisce quella "sofferta autopsia" di cui avrebbe bisogno un partito che ha le sue radici "nello screditato credo dell'eurocomunismo e in un movimento screditato come la Democrazia Cristiana".(ANSA). LQ 12-GIU-08


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La scommessa
mercoledì 11 giugno 2008, 11.45.00
Il primo turno degli europei ci ha regalato un'Italia umiliata, una Spagna in gran forma, una Svezia che sarà la sorpresa degli europei, una Francia che li vincerà. Scommettiamo?

A proposito di scommesse, mi state facendo una testa tanta chiedendo via email e via cell i pronostici da giocare su Betfair. Lo dico a tutti, il primo turno di un campionato non si gioca mai, troppe sono le potenziali sorprese, quindi fino a domani tutti fermi. Dal prossimo turno qualche scommessina prudente bancando le squadre evidentemente più deboli, per fare il grosso all'ultimo turno di qualificazione, sempre bancando (cioè giocando due risultati su tre, opzione che solo su Betfair è di default con quote accettabili).

Ovviamente, come al solito, chi volesse avere la password per ottenere i 30 euro di bonus da Betfair non ha che da scrivermi una email (adinolfi@gmail.com) o da chiedere consiglio ai soci della Scommessa Collettiva, che in due anni e mezzo grazie a questo sito di betting così particolare nel funzionamento, hanno avuto modo di farsi come minimo le vacanze gratis.

In tempo di guerra ogni buca è trincea e noi ci siamo parati il culo giocando, il che è una discreta soddisfazione.

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Streetcam e l'Italia che affonda
martedì 10 giugno 2008, 14.40.00
Oggi parte un nuovo capitolo del mio lavoro televisivo, con un numero zero in onda, in diretta su Nessuno Tv (canale 890 di Sky, visibile anche in streaming web) dalle 18.30.

Il programma si intitola Streetcam, nasce dalla collaborazione con un bel gruppo di autori della Link University coordinati dall'autore di Unomattina Maurizio Gianotti. Per me è un un altro tassello del mosaico del giornalismo partecipativo a cui ho dedicato la mia vita professionale: studio con pubblico e ospiti, interventi di giovanissimi inviati armati di telefonino, servizi realizzati con i telefonini stessi. Talk show e interazione visiva all'avanguardia, comunicazione da Web 2.0 non in una logica di puro flusso (tipo Current Tv), ma di racconto corale.

E' un esperimento e oggi parliamo dell'Italia sconfitta, di calcio parrebbe, ma non solo. Ovviamente questo blog e i vostri commenti saranno parte integrante della trasmissione.

Facebook e il Giornale

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lunedì 9 giugno 2008, 16.20.00
Due notiziole su quello che combino.

La prima è che ho aperto il mio profilo su Facebook, senza capire bene perché, ma lo fanno tutti (un po' come stare davanti alla partita dell'Italia stasera) e ho voglia di comportarmi secondo sano e italico conformismo. Su, diventiamo amici virtuali.

La seconda è che ho rilasciato un'intervista a Luca Telese del Giornale, dopo che ieri in prima pagina lo stesso direttore del quotidiano, Mario Giordano, aveva invocato la necessità di un'opposizione vera del Pd, segnalando alcune cose che andiamo dicendo da tempo. Questo il testo dell'intervista.

Scusi Adinolfi, ma lei ce l'ha con Veltroni?
Assolutamente no.

Da due mesi chiede la sua testa.
Guardi, conosco Veltroni da anni. Ho simpatia umana per lui. Non è una questione personale, ma un problema politico.

Se le fosse antipatico cosa farebbe?
Sono convinto che anche lui sia consapevole che se si continua così, fra un anno arriveremo alla disfatta. Le spiego perché.

Mario Adinolfi è l'unico membro del comitato nazionale del Partito democratico che dopo le elezioni abbia chiesto ufficialmente le dimissioni del segretario del partito. Ha poco più di 35 anni, è un blogger molto noto per la sua verve polemica, ha una corporatura possente, vagamento ferrariana. Alle primarie corse contro Veltroni, alle politiche è arrivato primo dei non eletti del Lazio e l'ex sindaco di Roma lo ha lasciato a terra optando per lo stesso collegio (lasciando posto, altrove, all'onorevole Mantini, un molto più anonimo e più docile margheritino). Nell'ultima riunione del massimo organismo direttivo del Pd, Adinolfi è arrivato a chiedere che Veltroni se ne andasse. La maggior parte dei giornali non l'hanno nemmeno scritto, la riunione è finita dopo il suo intervento. Così Adinolfi ha riunito la sua corrente all'hotel Nazionale, ha ribadito la linea e spiega: "Adesso diamo fastidio, tra pochi mesi ci daranno ragione".

Adinolfi, torno a chiederlo: cosa avrebbe dovuto fare Veltroni?
Avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di una sconfitta che c'è stata ed è stata molto più dura di quello che si dovrebbe far credere.

E questo avrebbe cambiato le cose?
Avrebbe permesso un'analisi delle cause profonde che l'hanno prodotta, un'analisi che adesso purtroppo è del tutto assente. Il Pd non discute.

Veltroni si è trovato sulle spalle la pesantissima eredità di Prodi. Lo nega?
Non lo nego affatto. I due anni di governo sono stati devastanti. Peccato che nessuno, lui compreso, in questo partito lo abbia detto.

Era impossibile, ovviamente: voleva il suicidio?
Però è quello che dopo il voto hanno detto: è colpa di Prodi. Allora anche quello è un suicidio, non trova? Ripeto, io non voglio processi. Bisogna pensare alle cause, sennò la rivincita è impossibile.

E' così pessimista?
Chiunque abbia girato le sezioni del Pd sa che questa è l'impressione prevalente dei militanti. Quella di una sconfitta ir-re-di-mi-bi-le! Ma non basta.

C'è altro?
La sconfitta di Roma dove la mette? Veltroni aveva vinto contro Alemanno con il 70%. Poco più di due anni dopo, quello vince con il 9% di stacco. Questa impresa di ribaltamento dvela la sconfitta di un modello, più che di un candidato.

E qual era il limite del modello Roma?
Se devo sintetizzare, direi il rapporto legittimante con i poteri forti della città. Che poi è lo stesso difetto di oggi.

Ovvero?
Invece di costruire una nuova classe dirigente cogliendo l'opportunità dell'opposizione per reiventarsi una politica, si cerca dal governo una legittimazione a permanere.

Quindi non è questione di una legislatura?
In Inghilterra il blocco sociale della Thatcher ha governato 15 anni.

Non crede che il Pd si riprenderà prima?
Se non cambia rotta, non credo. Anzi, il problema sono le europee.

Non crede che il partito recupererà?
Sta scherzando? Molti voti andranno a Di Pietro, che fa la voce grossa. Un'altra fetta torna alla Sinistra Arcobaleno, per convinzione o perché il voto utile non c'è più. Un'altra fetta di centristi credo che dirà: il governo sta lavorando, facciamolo governare.

Morale della favola?
Se a Roma c'è stata una Caporetto, a Bruxelles potrebbe esserci una disfatta. E le polemiche sul gruppo europeo ci dicono che il partito, in questo scenario, potrebbe persino dissolversi.


E per questo, aggiungo oggi, noi ci battiamo con tanta veemenza: per salvare l'esitenza stessa del Pd.


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Rieccola
domenica 8 giugno 2008, 18.32.00
Sabato, come promesso, abbiamo riavviato il dibattito nel Partito democratico e abbiamo riesposto il nostro simbolo: la tessera numero uno del Pd che firmammo tutti insieme come dichiarazione comune d'impegno il 6 maggio 2006, data di nascita di Generazione U.

Eravamo di nuovo all'hotel Nazionale, di nuovo in una sala piena di gente libera. Ora porteremo quell'impegno e l'idea di Pd direttista che abbiamo coltivato fin dall'inizio, all'assemblea costituente del 20 e 21 giugno. Chiediamo la fine dell'idea neoconsociativa, di un Partito democratico veltroniano che si legittima solo nel sostegno sostanziale al governo Berlusconi, per salvare un Pd che altrimenti tra un anno alle europee andrà al disastro.

Chiediamo l'avvio di una fase di opposizione vera, incredibilmente oggi la chiede persino Il Giornale di Berlusconi in prima pagina, indicando in quanto abbiamo affermato noi all'hotel Nazionale l'unico reale contraltare al neoconsociativismo.

La battaglia politica continua, siamo sempre di più e non molliamo mai. Perché noi vogliamo far vivere e vincere il nostro Pd, nostro fin da quando firmammo tutti insieme la tessera numero uno prima che il Pd esistesse.

(un ringraziamento particolare a Valerio Lo Monaco e a Radio Alzo Zero che hanno realizzato il video integrale scaricabile della manifestazione, un altro a Erasmo Catavolo che ha aperto un link YouTube con la sintesi degli interventi)


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Quelli che hanno un blog
Inserito da: Admin - Giugno 21, 2008, 11:29:04 pm
21 giugno 2008,

Quelli che hanno un blog


Del blog noi abbiamo fatto strumento di lotta politica, è la caratteristica direttista di Generazione U, sul piano personale è stata una scelta compiuta il 2 giugno 2003 quando su queste pagine comparve la prima riga di testo e a seguire arrivarono gli amici che avevano condiviso l'esperienza di Democrazia Diretta alle elezioni del 2001 e dello stesso 2003, un'esperienza forse troppo in anticipo sui tempi che però aveva in nuce tutte le ragioni e le idealità che poi si sono espanse fino a oggi.

Del blog noi continuiamo a fare strumento di lotta politica oltre che di racconto del nostro quotidiano e l'intreccio è spesso inscindibile. Su queste pagine e attraverso i portali di foto e di videosharing, attraverso i social network, io ho avuto la fortuna di sperimentare in prima persona quanto potente sia il messaggio contenuto in questo mezzo. Da qualche riga sul blog è nata l'esperienza straordinaria vissuta alle primarie e tutto quello che ne è derivato.

Del blog noi faremo strumento di lotta politica, come abbiamo fatto ieri, annunciando il dissenso rispetto al rito veltroniano officiato in un'assemblea costituente dove al posto delle migliaia di cittadini eletti si sono ritrovati solo il ristretto numero di qualche centinaio di affiliati alle varie bande oligarchiche. Le nostre parole hanno tracimato, le trovate oggi sul Corriere della Sera, o nelle pagine web di Panorama e Polis. Sono parole nate in rete e nelle rete vivono, circolano come sono circolati dissensi analoghi di Marta o di Ivan, anche loro membri della assemblea costituente del Partito democratico che ieri, in quella nuova Fiera di Roma simbolo vivente del fallimento di un modello politico-amministrativa, non c'erano e non per caso.

Eppure ieri qualcosa di importante è comunque successo, qualcosa da guardare in positivo mentre la sera eravamo in festa al Caffè Letterario e avevo Lorenza di fianco, davanti a me Zoro, vedevo Sara e Valeria ciacolare liete, Luciano e Andrea essere brillanti come solo i Marioemario sanno essere, poi Marco e tutti gli under 30 e tante persone che mi sono ritrovato "amiche" su Facebook e finalmente ci sono (ciao Leontina), poi Gianluca e Luigi e Roberto e centinaia di altri.

Ecco, ieri sera ho pensato che qualcosa di importante sta accadendo, che ce lo ricorderemo questo 20 giugno 2008 tra l'assemblea costituente che vedeva Gianni Cuperlo portare un bell'attacco a un Veltroni che non ha voluto spendere una parola sulle ragioni del tracollo, ormai ridotto a re Travicello mentre correnti e correntine scavano trincee per l'ormai prossimo combattimento, la direzione nazionale che vede tra i suoi componenti persino Luca Sofri e il sottoscritto, il Corriere della Sera che ho comprato di notte per leggere in prima pagina che i quarantenni stanno vivendo il loro Midas.

Manca solo un tassello per cominciare a vincere davvero. Mettere da parte ogni stupida rivalità tra noi e fare rete tra chi dalla rete sta traendo linfa vitale per la battaglia. Siamo quelli che hanno un blog, siamo quelli che hanno imparato a condividere ormai per default: Gianni, Luca, Diego, Marta, Ivan, tutti i Marioemario, gli under 30, iMille, Innovatori europei, Donnelibertàdistampa, Generazione U.

Siamo tanti, ora dobbiamo solo essere uniti e sorridenti come ieri sera, perché questa è la nostra stagione e per salvare il paese dalle destre peggiori del mondo non possiamo farla passare senza aver tentato. Loro, i cinquantacinquenni, sono stanchi e non ci credono più. Noi non ci crediamo ancora.

Ma forza, un passo insieme ed è fatta. Il futuro c'è.


PS: Questa è l'immagine inviata dalla veltronianissima Democratica Tv mentre Veltroni era nel pieno del suo inutile discorso di ieri.
Ma neanche davanti alla platea che gli è rimasta vuota gli oligarchi hanno smesso di fare gli oligarchi.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Oltre Parisi, oltre Veltroni
Inserito da: Admin - Giugno 24, 2008, 04:37:04 pm
domenica 22 giugno 2008,

Oltre Parisi, oltre Veltroni

Arturo Parisi in un'intervista molto netta ha detto a chiare lettere a Walter Veltroni che deve lasciare. Il mugugno simile di moltissimi altri è ormai udibile. Noi, che queste cose le andiamo dicendo senza perifrasi dal 14 aprile, dovremmo semplicemente provare il gusto di chi vede altri avvicinarsi alle proprie idee.

E invece no, noi ci mettiamo sotto a lavorare, senza perdere tempo: perché ora il problema e l'occasione è quella di costruire un'alternativa vera.

Un'alternativa di classe dirigente che dopo Veltroni non ci riporti indietro e che Veltroni stesso dovrebbe e potrebbe agevolare.

Io su questo ieri ho provato a dire alcune cose.


PD/ ADINOLFI: PRONTA UNA NUOVA GENERAZIONE DIRIGENTI
"Da Cuperlo a Sofri, i blog selezionano il dopo Veltroni"

Roma, 21 giu. (Apcom) - "La giornata di ieri è stata una giornata importante, nonostante la platea con duemila delegati assenti. Ieri si è fatta vedere la nuova generazione dirigente del Pd ed è nata da internet e dai blog". Mario Adinolfi, membro della neonominata direzione nazionale del Partito democratico in qualità di candidato segretario alle primarie, rivolge un appello: "Da Gianni Cuperlo a Luca Sofri al sottoscritto a tanti altri, nel nuovo organismo dirigente del Pd si affacciano esperienze che hanno tratto dalla rete la lezione del condividere".

"Ora - prosegue l'esponente democratico - dobbiamo unire le forze, superare piccole gelosie e tentativi di gestione di rendite di posizione, per rendere evidente che una nuova generazione per il Pd c'è e si candida ad incarnare il dopo Veltroni. Siamo i quarantenni, anno più anno meno, che dicono ai cinquantacinquenni, anno più anno meno, che se sono stanchi e non ci credono più, noi non siamo stanchi e ci crediamo ancora".

"Veltroni - sostiene Adinolfi - è apparso privo di slancio, proprio nel momento in cui il Pd ha bisogno invece del massimo di visione di futuro. I blog, la rete, ci hanno regalato una capacità di scorgerlo con più immediatezza, questo futuro. I blog hanno selezionato un'alternativa possibile e basta passare un attimo sulle pagine web di Cuperlo, di Sofri, di Zoro, di Marta Meo, di Ivan Scalfarotto o sulle mie per capire quanta tenacia ci sia nel credere al futuro del Partito democratico. Deve essere un futuro diverso da questa oligarchica gestione dell'esistente e le idee nuove devono camminare su gambe nuove. La novità che da ieri queste gambe nuove cominciano ad essere molte e visibili. Ora - conclude - devono solo decidersi a marciare insieme verso un comune obiettivo".

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Cose mai fatte
Inserito da: Admin - Giugno 27, 2008, 11:40:15 am
26 giugno 2008, 9.56.56

Cose mai fatte


Il blog come al solito ti offre delle idee, le idee della comunità che lo frequenta e che gentilmente sta accompagnando questo mio viaggio americano.

Paolo m'aveva consigliato l'affaccio al finestrino mentre il mio volo per Los Angeles attraversava la parte meridionale della Groenlandia. Ragazzi, che spettacolo. Non avevo mai visto tanto bianco.

Non avevo mai viaggiato di fianco a una tizia di Hollywood, Kimberly, script supervisor di "Angeli e Demoni", il film con Tom Hanks che nelle ultime tre settimane è stato girato a Roma. Una macchina da guerra, dal suo iMac bianco ha tirato fuori una quantità di foto di dettagli della mia città che io, ovviamente, non riconoscevo. Innamorata del Vittoriano di piazza Venezia, diciottomila foto da sopra e da sotto, perché te sarai pure script supervisor e bionda bionda, ma sempre americana resti. Non avevo ancora capito quanto gli americani siano impressionati dagli "huge monuments". A loro la roba piace grande, anche se è un pugno in un occhio.

Piero m'ha consigliato il museo della memoria sulla Sepulveda Avenue, ma non ce l'ho fatta, perché volevo andare ad accarezzare le onde come mi ha chiesto Timoteo. Dunque Venice Beach, con la sua palestra sulla spiaggia, dove ho sfoggiato il mio addome in risposta a troppi addominali tutti uguali. Non avevo mai bagnato la mia pelle nelle acque americane dell'Oceano Pacifico. Sono più fredde di quelle australiane.

Ho invece seguito l'idea di Martino di andare al museo Getty, perché non avevo mai visto dal vivo la "Ragazza italiana" di Cezanne.



C'è tutta la malinconia che, ormai, bisogna lasciarsi alle spalle.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: Adinolfi fra politica e poker. Dalle primarie a Las Vegas
Inserito da: Admin - Luglio 01, 2008, 04:07:57 pm
POLITICA

Fu sconfitto da Veltroni nella corsa alla leadership del Pd

Ora ha trovato un'altra strada: il mondiale

Dalle primarie a Las Vegas

Adinolfi fra politica e poker

di GIANLUCA MORESCO



Dalle primarie del Partito Democratico ai Mondiali di poker di Las Vegas, dalle discussioni accese con Veltroni, Letta, la Bindi e Gawronski, ai tavoli verdi del Rio Hotel, zona ovest della città del gioco per eccellenza.

Mario Adinolfi, 37 anni ad agosto, barba folta e occhiali, in questi giorni è lontano dalle incandescenti polemiche sulla magistratura. Adinolfi è partito per Los Angeles il 24 giugno inseguendo il sogno di quasi diecimila giocatori che in questi giorni affolleranno le sale del più esteso casino del Nevada: Mario gioca per entrare nella storia, come primo italiano in grado di vincere il titolo di campione del mondo di poker.

Adinolfi, dagli anni Ottanta ad oggi ha seguito un vulcanico percorso di formazione: firma articoli e produce servizi per l'Avvenire e Radio Vaticana, per l'Europa, Il Popolo e La Discussione; entra in Rai si muove nei corridoi del Tg1 e intanto butta giù idee per programmi condotti e diretti a metà tra le emittenti pubbliche e quelle private da "Contro Adinolfi" a "70in2" con Daniele Capezzone, a "Polifemo" a "Domani è Tardi" fino al "Tornasole". Tutto d'un fiato, fino all'incrocio con la politica a 22 anni. Prima la Democrazia Cristiana, poi l'ingresso nell'area di centrosinistra, nel 1993 è il più giovane membro dell'Assemblea Costituente del Partito Popolare Italiano.

Amore per la battuta, gusto per la provocazione, un modo bonario e corrosivo con cui affronta avversari politici ai dibattiti e giocatori al tavolo verde. Nel 2007 Adinolfi si era candidato alla guida del Partito Democratico, raccogliendo 5906 voti (pari allo 0,15%), venendo poi eletto come uno dei cento componenti della commissione che ne scrive lo statuto.

Alle ultime circoscrizioni era candidato alla Camera con il Partito democratico nella sezione Lazio 1, risultando alla fine il primo dei non eletti. "Diciamo che siamo in All in" aveva detto scherzando a poche settimane dalle elezioni, durante "Otto e mezzo" su La7. E' una frase presa dal gergo del poker americano che tanto ascendente esercita sul suo modo di raccontare la politica. Voleva dire "Puntiamo tutto, tutto quello che abbiamo".

Pugno duro sul tavolo in difesa della legge 194; voce alta a salvaguardare i diritti degli omosessuali, richiesta di modifica della legge 30, sul modello ipotizzato da Tito Boeri; e ancora abolizione di centri di spesa definiti "Inutili" come le Province, ma su un punto Adinolfi non è mai voluto retrocedere di un centimetro: "Il Pd deve essere un partito laico, che segnali l'impossibilità di ingerenza di qualsivoglia autorità religiosa nelle scelte di una democrazia".

Questa stessa sostanza dei concetti, Adinolfi sembra averla voluta applicare anche alla sua strategia di gioco. La sua specialità è il Texas Hold'em, il gioco che impazza di questi tempi nelle televisioni di mezzo mondo, quello con due carte per giocatore e cinque comuni nel mezzo, raccontato alla perfezione nel film "Rounders" diretto nel 1998 da John Dahl con Matt Damon e Edward Norton protagonisti. Adinolfi è diventato ormai quasi un'istituzione nei tornei sportivi giocati al Bridge Liegi, in uno degli angoli più affascinanti di Roma Nord, e organizzati dalla Liegi Nuts, associazione oggi leader in Italia nella promozione di eventi sportivi legati a questa variante di poker.

E proprio Adinolfi si è adoperato in prima persona per la promozione di un torneo organizzato da Luca Antinori, presidente della Liegi Nuts, che il 6 marzo scorso ha raccolto fondi per la Komen Italia Onlus, un'organizzazione non-profit, basata sul volontariato, che opera dal 2000 nella lotta ai tumori del seno. "Il cancro al seno - spiegava Adinolfi - è la principale causa di morte tra le donne con più di 35 anni. Ci sembra bello che un circolo dove si gioca a Texas Hold'em, gioco prevalentemente maschile, voglia rivolgere un atto di generosità verso l'altra metà del cielo".

Politica e impegno civile, il comune denominatore, le regole del poker a dettare il ritmo, a chiudere le serate più faticose e soprattutto a regalare il sogno di Las Vegas e di un mondiale che in Italia nessuno ha ancora mai vinto. Dal suo blog, Adinolfi naturalmente racconta tutto.

(30 giugno 2008)

da repubblica.it


Titolo: Re: ADINOLFI -
Inserito da: Admin - Luglio 01, 2008, 11:47:29 pm
1 luglio 2008,

Poker e politica
30 giugno 2008, 19.18.00


Verrebbe da dire: cavolo, è un anno intero che facciamo cose di una discreta rilevanza e che costano un terribile impegno (18 luglio-14 ottobre 2007 candidatura Generazione U alle primarie, con libro annesso, poi Pugni in Tasca a Mtv, poi tutta la stagione della campagna elettorale che si è conclusa il 14 aprile a un passo dalla Camera, infine il dibattito avviato da noi nel Pd su una linea di opposizione a Veltroni con tanto di iniziativa pubblica il 7 giugno, la conferma della settimana scorsa nella direzione nazionale del Pd nonostante la durezza della posizione assunta, nel mentre ovviamente duecento puntate di Contro Adinolfi, duecentocinquanta articoli per Europa, le dirette speciali pomeridiane su Nessuno Tv, Streetcam...) poi uno si prende un paio di settimane di vacanza dedicandole al proprio lato ludico e finisce sulle home page di Repubblica e Corriere.

Va bene, è il circo mediatico, c'è qualche inesattezza qua e là, ma il divertissement lo accettiamo (e ringraziamo, ci mancherebbe), è estate per tutti.

E poi il poker e la politica hanno molto in comune, non solo la desinenza iniziale e io sono un politico e un giocatore di poker (e anche un giornalista o uno scrittore) orgoglioso delle attività che pratico. Delle mie qualità di giocatore, poi, faccio un vanto. Mi servono a capire meglio la vita. Spiego.

Quando inizi una mano di poker non sai come finirà, potrà essere innocua e ordinaria amministrazione oppure il momento in cui ti devi giocare tutto, devi assumere il massimo dei rischi. Per vincere a poker verrà sempre l'attimo del rischio assoluto, del dentro o fuori. I nostri politici sono invece dei giocatori estremamente "tight" (gergale per "chiusi"), non vogliono mai sentirsi dire "player out" (sei fuori) e per loro l'importante è tenere vivo il posto al tavolo, anche se il trascorrere del tempo erode le loro chips e li consegna all'inevitabile inazione.

Veltroni m'è apparso colui che meglio di altri sapeva gestire i rilanci, ora ha perso una grossa mano, è "short" (ha poche chips rimaste) e dovrebbe essere estremamente coraggioso se sapesse giocare a poker. Lo "short" che prova a gestire poche chips invece di giocarsi tutto ("all in") con coraggio è semplicemente condannato all'eliminazione. Può essere che sia eliminato lo stesso, ma almeno ha tentato di rinascere.

D'Alema, Marini, Bindi, Letta, Parisi, Rutelli, Fassino: tutti giocatori vecchi e prevedibili, quindi ormai sconfitti in partenza. L'imprevedibilità e la freschezza sono doti decisive al tavolo da poker, non a caso i ragazzini di vent'anni formati on line stanno facendo faville qui a Las Vegas.

C'è Napolitano a fare il dealer (mazziere), Fini che mi sembra un metodico che perde gli heads up finali (sfida testa a testa che determina il vincitore del titolo di campione di un torneo), Berlusconi che è Phil Hellmuth (un caciarone a cui non daresti una lira e invece è quello che ha collezionato più titoli da campione del mondo - bracelets in gergo - in assoluto), Bossi che mi pare Doyle Brunson (vecchia gloria che ha fatto la storia del poker, ora un po' stanco).

Un giro da queste parti a Las Vegas non farebbe male a nessuno dei nostri politici, mentre si giocano i mondiali. Io mi alleno e imparo a tenere botta, a subire la bad beats (colpi sfortunati) e a continuare a sfidare il mondo, perché vivere in un altro modo mi sarebbe impossibile e morire di noia nell'orizzonte oscuro di una carriera dove sia abolita la parola "rischio" non fa per me.

Noi abbiamo imparato, anche al tavolo da poker, quanto valgono le nostre idee e quanto siamo disposti a giocarci per esse.

Tutto, siamo disposti a giocarci tutto. La vita o almeno quel che ne resta. Poi, un giorno, speriamo che gli approfondimenti dei giornali siano dedicati a queste idee su cui abbiamo imperniato questo blog e non alla curiosità di una permanenza estiva a Las Vegas. E, comunque, va bene anche così. Sappiate solo che tutto si tiene e non potrebbe essere altrimenti.

Nessun esercizio inutile è tollerato da queste parti.

dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Imbrogli e intrighi e melma
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2008, 12:10:01 am
3 luglio 2008, 12.19.27

Imbrogli e intrighi e melma


Ho rilasciato un'intervista che potete leggere sul sito di Panorama, su questa benedetta mia partecipazione ai mondiali di poker (l'anno scorso portai a casa un trecentesimo posto, quest'anno dalla mia specialità sono uscito centonovantesimo, facendo i calcoli della progressione tra un anno vado in the money, tra due al tavolo finale, tra tre vinco il bracelet, tutti avvertiti, l'ho scritto). L'intervista è lunga, ma alle due ultime risposte ci tengo e ve le metto qui.


La versione televisiva del poker all’americana sta facendo ascolti enormi anche in Italia. Come spiega questo successo?

Il poker nella versione Texas Hold’em che sto giocando ora a Las Vegas è estremamente spettacolare, mette alla prova le qualità migliori di un individuo: intelligenza, tenacia, propensione al rischio, capacità di lettura dell’avversario. In più, è facilmente comprensibile a chiunque, le regole sono semplici. E’ un gioco chiaro, si vince e si perde senza ambiguità, senza possibili recriminazioni, senza territori grigi. Forse anche questo piace all’italiano, che non ne può più di vedere imbrogli e intrighi e melma dietro ogni angolo.


Adinolfi, se dovesse tornare in Italia da campione del mondo, con quel premio favoloso da dieci milioni di dollari?

Non cambierebbe molto nella mia vita. Avrei realizzato un sogno personale e continuerei a dare una mano per una politica rinnovata e migliore di quella che abbiamo. Il poker mi insegna qualche trucco in più per continuare la battaglia contro i vecchi arnesi politici nostrani. Non a caso, qui a Las Vegas, i risultati migliori li ottengono i giovanissimi che si sono formati giocando sul web e stanno battendo tutte le vecchie glorie. Accadrà presto anche nella politica italiana.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Un muro di fango e merda
Inserito da: Admin - Luglio 05, 2008, 09:20:27 am
Ieri 4 luglio 2008, 19.28.53

Un muro di fango e merda


La parola "merda" la aggiungo qui, ma a questo pensavo mentre, nella lunga intervista che ho rilasciato oggi a Radio Radicale (e che se volete potete riascoltare qui), utilizzavo la metafora del muro di fango che attraverso le intercettazioni sta dividendo ancora di più governanti e governati, rendendo sempre più evidente come al potere ci siano oligarchie e al di là del muro solo sudditi.

Democrazia diretta, subito. E nessuna privacy per chi governa. L'onore di dirigere un paese si paga con l'onere di dover vivere in una casa di vetro. Altro che proteggersi dietro a un muro. Che di fango e merda resta comunque fatto.

Nell'intervista ho detto anche altre cose, sulle complicità con il mondo del giornalismo, sulle oligarchie che si reggono in piedi secondo il principio del ricatto reciproco, tutte cose che chi legge questo blog conosce già, ma forse era utile ripetere pubblicamente.

Qui negli Stati Uniti è festa dell'Indipendenza e oggi provo invidia per il senso patriottico che esprimono in ogni angolo di strada e per la bellezza della loro democrazia, dove pure la dimensione oligarchica non è assente, ma che comparata alla nostra fa venir da piangere.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - La proposta è la democrazia diretta
Inserito da: Admin - Luglio 08, 2008, 10:32:23 am
7 luglio 2008,

La proposta è la democrazia diretta




In questi anni di battaglia direttista sul web e nei territori propri della politica (partiti ed elezioni), abbiamo speso molto tempo alla definizione del nostro messaggio utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, dai blog alle occasioni mediatiche che ci sono state fornite. Da qualche anno abbiamo consegnato l'idea di democrazia diretta nei confini dell'area del centrosinistra e dalla nascita del Partito democratico ne abbiamo fatto parte, con un qualche protagonismo che ci viene riconosciuto, anche se il dato numerico di consenso raccolto pare a molti essere esiguo (anche se il fatto che in Italia nel Pd esistano qualche migliaio di direttisti io continuo a non considerarlo un elemento di secondo piano, anzi).

Comunque, non è nella dimensione quantitativa che valutiamo l'impatto dell'idea di democrazia diretta come contributo al dibattito politico. L'esperienza di Generazione U è stata sempre considerata, forse anche a causa del nome che abbiamo scelto per questa aggregazione di blogger, come una mera rivendicazione basata sull'età anagrafica delle classi dirigenti. Al centro della "U" c'è invece la questione dell'inversione di rotta rispetto a un sistema che si stava consegnando o forse oggi si è consegnato all'idea che la democrazia sia di fatto un impaccio, un sistema decrepito da oltrepassare di fatto attraverso l'investitura di leadership carismatiche a cui delegare ogni forma di decisione.

Contro questo viaggio verso il territorio di una democrazia sostanzialmente sempre meno forte, sempre meno valore-in-sé determinante, noi abbiamo proposto l'iper-democrazia della rete, vista non come mezzo tecnologico ma come messaggio politico realizzato. E' una proposta che abbiamo consegnato alla battaglia interna nel Partito democratico che, pur con le sue mille contraddizioni, è comunque il partito delle primarie, strumento principe della democrazia diretta, come dimostra il sistema americano che alle ultime primarie ha visto la partecipazione di milioni di giovani cittadini alla selezione dei candidati per il ruolo politico più importante del pianeta.

A questa nostra generazione di aspiranti dirigenti del Pd, è stato sempre rimproverato di non avere una proposta politica alternativa alle oligarchie che intendiamo sostituire. Non è così, lo abbiamo dimostrato anche con il lavoro programmatico elaborato alle primarie. Ma, soprattutto, noi siamo i portatori di una proposta di metodo che avrebbe impedito lo scivolamento nell'autoreferenzialità priva di responsabilità propria dell'attuale vertice "democratico". La proposta è la democrazia diretta interna al partito e un sistema a prevalente democrazia diretta per l'Italia: il contrario esatto dello scivolamento verso il totalitarismo a cui stiamo assistendo in queste settimane, il contrario esatto di caminetti, liste bloccate, cavalli di Caligola fatti deputati e senatori e ministri. Per questo abbiamo scelto, come direttisti, un partito che si proclama "democratico". Alla direzione nazionale del Pd di giovedì porteremo questo contributo.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Perché attaccare Grillo è un errore
Inserito da: Admin - Luglio 10, 2008, 10:10:58 am
8 luglio 2008,

Perché attaccare Grillo è un errore


Nel giorno di piazza Navona (a cui io vorrei partecipare, ma non parteciperò per i già spiegati motivi) il mio partito si conquista i titoli dei quotidiani on line con un ormai consueto "attacco a Beppe Grillo". Sarà ormai un anno che provo a spiegare ai democratici che comandano che attaccare Grillo è un errore di metodo e di merito. Sarà il caso di ripetere le mie ragioni e sperare in un livello di ascolto maggiore la prossima volta. A scanso di equivoci, anche queste argomentazioni insieme a quelle di ieri proverò a ripeterle nella riunione della direzione nazionale del Pd in programma per giovedì.

Beppe Grillo può non piacere, è ovvio e il perché l'abbiamo sottolineato qui molte volte: propone un approccio distruttivo alla questione politica, è irrispettoso anche verso chi forse merita più rispetto, non accetta il contraddittorio, ha condotto una campagna con toni e metodi messianici, propri a volte del pifferaio magico più che del maieutico. E poi Beppe Grillo può non piacere perché dice alcune verità.

Dietro quelle verità e dietro un uso rivoluzionario dello strumento blog, aiutato dalla maestria dello Studio Casaleggio e Associati, si è formato un popolo. Io ho partecipato ad entrambi i V-Day (8 settembre e 25 aprile). Al primo V-Day ero candidato alle primarie, al secondo da pochissimo reduce dalla candidatura alla Camera per il Pd. Ebbene, ho trovato attorno a me solo simpatia e voglia di discutere. Ho trovato una valanga umana composta da giovani e giovanissimi, accomunati da un dilemma attorno al territorio del non voto. Insomma, sono sfacciato se dico che la riconquista di consenso, l'allargamento della platea di voti potenziali per il Pd, dovrebbe partire dal popolo di Grillo?

Guardate, non è un popolo giustizialista e neanche banalmente qualunquista. E' un popolo composto da persone consapevoli, che utilizzano il web quotidianamente e dragano quotidianamente le informazioni necessarie a nutrire la loro indignazione verso un paese che li espelle, li vuole lontani. Chiedono ascolto e chiedono democrazia. Lo striscione più bello durante il primo V-Day era quello che, orgoglioso della marea di gente che si ritrovava a piazza Maggiore a Bologna, recitava: "Ignorateci, adesso".

La politica che ignora questo popolo così nuovo, così non incasellabile nelle vecchie categorie giacobine e girotondine anche per un fattore generazionale, rende un cattivo servizio a se stessa. Un Pd che continua ad attaccare questo popolo, non capisce che quel popolo sarebbe il suo lievito.

E', in fondo, il popolo della rete: privo di un passato ingombrante e ricattabile, dunque carico di futuro.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Uccidere il padre, ma anche la madre
Inserito da: Admin - Luglio 11, 2008, 10:33:53 pm
10 luglio 2008, 19.42.31

Uccidere il padre, ma anche la madre


Si annuncia un fine settimana piuttosto fitto e sarà il caso di spiegare perché, invece di andare a caccia di un po' di riposo o di un po' di mare o di mia figlia rifugiata in Toscana o di far semplicemente quel che più mi aggrada, finirò per trascorrere almeno quarantotto ore tra eventi politici curiosamente entrambi convocati da organizzazioni che si riferiscono al numero "mille", anche se i tre zeri sono ben lontani dal raggiungerli.
 
Venerdì mattina andrò a parlare all'assemblea dei Mille di Marco Simoni e Ivan Scalfarotto, direi anche di Luca Sofri ma il mio amico Wittgenstein è un po' di braccino corto, si lamenta sempre che c'ha altri cavoli da fare e che non lo convocano in tempo e lui butta i soldi dell'aereo e così, forse per recupero costi, pare che non parteciperà all'evento che pareva da lui stesso convocato. Secondo me è per ragioni del genere, attinenti a pigrizia, snobismo e avarizia di sé e scarsa dimestichezza con le regole zozze della politica vera (che è sangue, un po' di merda e tanta fatica quotidiana spesso inutile), che questa nostra generazione non arriva mai da nessuna parte. Altra ragione è che tra noi siamo spesso a guardarci come cane e gatto, invece di fare rete sul serio, allora salutiamo positivamente il fatto che almeno domani a piazza Sant'Andrea delle Fratte ci ritroviamo in molti e che il titolo dell'iniziativa di questi Mille qui è: "Uccidere il padre". Roba molto contundente, roba che fa molto Generazione U, poi però ti accorgi che tra quelli che dovrebbero uccidere il padre è annunciata in pompa magna Giovanna Melandri e subito mi viene in mente un veltronianissimo: uccidere il padre, ma anche la madre.

Comunque. Sabato ho promesso a Marco Cappato che andrò all'hotel Ergife a dire due cose agli altri Mille riuniti, quelli radicali e socialisti, che si rivedono dopo il raduno di Chianciano. Anche lì, si ragiona e si pensa e c'è quella sensazione di pestare di continuo l'acqua nel mortaio delle idee, ma almeno di idee si parla e allora qualcuna andiamola a portare, magari modesta, ma pur sempre idea. L'impostazione dell'assemblea dell'Ergife, con Pannella e Del Bue a fare da dei-ex-machina, è comunque molto aperta e dunque interessante.

All'Ergife la cosa continua anche domenica e anche gli altri Mille vanno avanti fino a domenica e magari faccio un salto qua e uno là, sperando di recuperare vigore, che la sensazione che mi attraversa è di profonda stanchezza accompagnata ad un qualche sapore di inutilità di ogni sforzo. Ma sarà tutto momentaneo, no? Ci tornerà la voglia.

La direzione nazionale del Pd, che doveva esserci oggi, è stata spostata a martedì. Luca Sofri ancora smadonna. Io spero che per martedì mi sia tornata la voglia di combattere, anche grazie a qualche idea rubata al fine settimana.

Dai, dai, dai.

(è solo una citazione da Boris)

ps: se poi per caso avete tempo da perdere sabato sera, alle 21 parlo alla festa dell'Unità di Roma, nell'ambito del ciclo di dibattiti organizzati dalla libreria Rinascita


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Notizie dai Mille
Inserito da: Admin - Luglio 12, 2008, 11:42:59 pm
 12 luglio 2008,

Notizie dai Mille


Se volete notizie dall'assemblea dei Mille, quelli con Scalfarotto, vi segnalo il sito ufficiale con la relazione di Simoni più un paio di post pepati usciti sulla rete. Le foto invece le ha scattate Carlo Traina, lo ringrazio, perché m'ha spiegato bene che forse è ora di tagliare la barba.



Per quanto riguada i Mille di Pannella, da quelli ci vado tra poco e se proprio non riuscite ad aspettare fino a domani, stasera vi racconto qualcosa alla Festa dell'Unità: parlo allo stand di Rinascita dalle 21.

C'è pure gente più interessante di me, che quando c'ho caldo sono fiacco (tipo Michele Mezza e Enrico Menduni, per capirci, mica i soliti ragazzini in cerca di gloria).

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A magliettate

11 luglio 2008, 17.09.00

La scena è andata più o meno così. Esauriti gli interventi alla lettera A (tra cui Adinolfi Mario) e quelli alla lettera B (tra cui Bianchi Diego, detto Zoro), comparso il commissario del popolo Walter Verini che si accertava che tutti quelli che dovevano intervenire dopo fossero bravi ragazzi rispettosi, da dietro il muro della sala grande della sede nazionale Pd di via Sant'Andrea delle Fratte dove i Mille si riunivano per "uccidere il padre", è comparso il padre.

E io mi sono detto: adesso, sai come volano i coltelli, sai che randellate che gli tirano, a Walteri', stavolta so' cavoli tuoi. Invece Ivan e Marco chiamano l'applauso, porgono una maglietta arancione come gentile ricordo e nella terrazza grande della sede nazionale Pd di via Sant'Andrea delle Fratte io girovagavo senza entrare più nella stanza, perché il sangue mi fa senso e immaginavo che l'avrebbero ucciso a magliettate.

Non è andata a finire proprio così, con il padre è finita a linguainbocca, con lui che diceva: "Sì, ammazzate chi vi pare, il padre, il nonno, lo zio e il cugino, però cercate di portare dentro un po' di società". E tutti facevano sì con la testa e grandi applausi e volemose bene che il figliolo s'era perso ed è stato ritrovato a vai con l'ammazzatora, non un vitello grasso magari, un agnellino sì. Che bela e non s'accorge mai di quello che gli sta per accadere.

ps: nel mio intervento ho provato a spiegare che hai voglia a dire che c'abbiamo la faccia feroce, ma se poi andiamo tutti a caccia della prima cooptazione disponibile, non finiremo mai da nessuna parte. Servirebbe una sana e proficua stagione di conflitto politico, non banalmente generazionale, ma fondata sull'idea di democrazia diretta contrapposta al modello oligarchico-personalistico oggi preminente nel Pd. La prima parola del mio intervento è stata "Veltroni" e mi pare di essere stato l'unico a pronunciarla con quell'accento un tantinello aggressivo che abbisognava, non per altre ragioni, ma perché il titolo del convegno mi pareva invitasse a farlo. E ho parlato di accountability per le classi dirigenti, dunque anche per Veltroni, che la parola gliela traducevo e voleva dire: rendere conto. Se si perde, se si cambia linea politica ogni dieci giorni (dialogo con Berlusconi, rottura con Berlusconi, alleanza con Di Pietro, mai con Di Pietro eccetera), se non si riesce a dare un'identità a questo cacchio di partito, se la fiducia nei sondaggi va a picco, se manco sulla sicurezza siamo riusciti a proporre idee alternative convincenti, il concetto di accountability dice che le classi dirigenti rendono conto, rimettono il mandato e vanno in cerca di una rilegittimazione. Attraverso nuove primarie, non attraverso le tessere dei capibastone, ma questa è un'altra storia e la racconteremo dopo la riunione della direzione nazionale di martedì, nella stessa sala dove oggi volevamo uccidere il padre, ma mi sa che la cosa non è riuscita tanto bene, però forse qualcuno adesso spera in una bella cooptazione e non ha capito che sono anni che ci spera e non arriva mai e mica è un caso.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Questione morale
Inserito da: Admin - Luglio 15, 2008, 05:25:55 pm
14 luglio 2008,


Questione morale


La politica italiana deve affrontare una gigantesca questione morale, che parte dalle leggi ad personam berlusconiane e arriva agli ultimi arresti che riguardano la presidenza e la giunta regionale abruzzese. Una questione morale senza differenze di colori, che è passata attraverso inchieste che hanno riguardato o riguardano esponenti di destra, di centrodestra, di centro, di centrosinistra, di sinistra con una dimensione colossale, quantitativamente e qualitativamente superiore anche alle devastanti vicende di Tangentopoli.

Un'idea di corruzione diffusa, inscindibilmente connessa all'attività politica, almeno nella percezione popolare, senza alcuna possibilità di invocare una presunta "diversità".

Neanche Enrico Berlinguer avrebbe potuto invocarla se avesse avuto nel suo partito una giunta regionale decapitata (Ottaviano Del Turco in Abruzzo), il sindaco di una grande città che fa finta di niente ma è stata sporcata dagli schizzi di un'inchiesta sui suoi più stretti collaboratori (Marta Vincenzi a Genova), la condizione di pregiudizio oggettivo in cui versa la guida politica della monnezza (Antonio Bassolino in Campania), i dubbi che riguardano il "modello Roma" e i regali fatti dall'amministrazione capitolina ai grandi costruttori della Capitale. Non sono di mezzo secolo fa le vicende legate a Unipol e al mondo delle cooperative rosse, gli strascichi che sono rimasti sul fondo.

Insomma, il Pd si ritrova al centro di una questione morale che lo riguarda e così trova le armi spuntate quando invoca rispetto per i magistrati guardando all'altro lato della barricata. Nel paese cresce la sensazione del bar morettiano di Ecce Bombo, particolarmente azzeccata in tempo di bipartitismo incipiente: "Rossi e neri sono tutti uguali".

Io so che non è così. Io, che faccio parte della famiglia democratica e la conosco bene dall'interno, so che non c'è quella indifferenza rispetto alla morale che è tipica delle destre italiane dell'era berlusconiana, peraltro codine e ipocrite perché continuo ad invocare un law and order di pura facciata.

Eppure, proprio perché so che rossi e neri non sono tutti uguali, che non siamo in un film di Alberto Sordi, chiedo al mio partito di non fare finta di niente, come sta invece facendo su tutti i punti di criticità dal 14 ottobre ad oggi elevando a sistema la teoria della faccia di bronzo, procedendo invece all'immediata sospensione degli accusati dal partito, fino ad eventuale scagionamento. Lo dirò domani alla direzione del partito, facendo eco ai tanti vostri interventi che mi arrivano via web e via email.

Poi, sempre martedì dalle 15, linee telefoniche aperte per una diretta televisiva speciale con me su Nessuno Tv (canale 890 di Sky, anche in streaming web): potrete dire la vostra sul tema "politica e questione morale" per due ore telefonando al numero 800.198.667. Sarà la mia ultima diretta televisiva della stagione (ci ritroveremo con una novità il 1 settembre) e la dedicherò all'amico Gianfranco che non c'è più e che per primo vi ha fatto aprire la bocca in tv.

dal blog di Mario Adinolfi 


Titolo: ADINOLFI - E la libertà
Inserito da: Admin - Luglio 28, 2008, 11:23:18 pm
27 luglio 2008, 19.08.08

E la libertà


Va bene che l'ho seguito da lontano, anzi, nel cuore di un paese che si ribellò al comunismo mezzo secolo fa e oggi, quasi vent'anni dopo la rivolta definitiva e la mia successiva visita addirittura in "delegazione ufficiale" (anche se di quel viaggio ricordo soprattutto la visita alla stadio per vedere Maradona giocare in Coppa Campioni), è letteralmente rifiorito, ma il dibattito congressuale di Rifondazione comunista è piaciuto solo a me?

Insomma, m'è sembrato un conflitto libero e democratico sui destini di una forza politica. E se ne avessimo tanto bisogno anche noi nel Pd, in particolare dopo le visitine a Casini di Fassino e Rutelli?

A me gli unanimismi (nel nostro partito, poi, assolutamente e solo di facciata) stanno significativamente sulle scatole.

Dai, diciamoci tutto e di tutto. Facciamo come questi comunisti qui. Compresa la decisione di chi perde, alla fine, di non andare alla scissione.


dal blog diMario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - E vai con lo sputtanamento... (bacio di Di Pietro ndr).
Inserito da: Admin - Luglio 30, 2008, 11:02:35 pm
30 luglio 2008,

E vai con lo sputtanamento... (bacio di Di Pietro ndr).


Perché la logica berlusconiana è da sempre dimostrare che "siamo tutti uguali" e chi di Mara Carfagna colpisce, di Mora Misteriosa perisce.

Così il "Chi", settimanale gossip di famiglia, manda il suo avvertimento al leader della moralistica piazza Navona.

Quella logica berlusconiana, figlia della craxiana chiamata di correità nel Parlamento travolto da Tangentopoli, è un altro elemento della sua vittoria.

Se tutti sono briganti uguali, se per ogni Previti c'è un Del Turco (a cui manifestare diabolica solidarietà), se per ogni Mills c'è un Tavaroli, se per ogni Mara c'è una Mora, l'Italia può restare calma e affondare in quel fango che sente essere sua sostanza primaria.

L'operazione è sottile e mi ha sempre messo paura.


dal blog di Mario Adinolfi
 


Titolo: ADINOLFI - Hanno una televisione?
Inserito da: Admin - Agosto 01, 2008, 12:03:00 am
 31 luglio 2008,

Hanno una televisione?


Nei commenti al mio post precedente un lettore mi ha gentilmente riferito d'aver trovato il mio nome in un articolo di Repubblica e in uno del Magazine del Corriere della Sera, per due motivi differenti. La cosa ha vinto la mia inenarrabile pigrizia da vigilia agostana e mi ha spinto fino all'edicola, per vedere di cosa si trattava. Del Magazine discuteremo in altra sede, che anche su quelle parole qualcosa da dire ce l'ho. Prendiamo prima di petto la questione posta da Repubblica.

Ora, qualcuno di voi sa che tra le tante cose combinate in questi anni, c'è anche il ruolo di vicedirettore di quell'esperienza televisiva particolare denominata Nessuno Tv. Lo sa Repubblica e lo scrive e scrive anche che Nessuno Tv sta per diventare Red Tv, cioè la televisione di D'Alema e ci snocciola in mezza pagina tutto il futuro palinsesto. Ora, si dà il caso che da quaranta mesi io metta la faccia più o meno tutti i santi giorni davanti a quelle telecamere e insieme a me ci mettano faccia, intelligenza, fatica e qualche goccia di sudore una quarantina tra ragazze e ragazzi che fanno di tutto per tenere in piedi la baracca e produrre decine di ore di televisione a settimana, guadagnando quattro spiccioli.

Ora, io ritengo che far sapere a queste persone e anche far sapere a me che la televisione a cui abbiamo lavorato con tanto impegno per anni sta per diventare la tv personale di un oligarca, che ci cambia il nome e ci manda il suo segretario a comunicare a mezzo Repubblica (e un mese fa lo stesso segretario, che non sta nella pelle, aveva abbozzato il racconto a mezzo Espresso) come sarà il nostro palinsesto da qui a un mese, sia una mancanza di tatto e anche una mancanza di intelligenza (di intelligenza politica e di intelligenza tout court).

Ho letto che il nostro direttore dalemiano ha smentito. Se magari la prossima volta, prima di smentire, evita di dare i virgolettati a un bravo giornalista come Goffredo De Marchis che sa fare benino il suo mestiere, ci evitiamo tutti una brutta figura.


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Un anno dopo

Oggi 31 luglio 2008, 15 ore fa

Un anno fa, più o meno a quest'ora notturna in cui sto scrivendo oggi, mandai un sms a Marco. Solo quattro parole: "Ce l'abbiamo fatta". Le nostre firme per la candidatura di Generazione U alle elezioni primarie, che sono state l'atto di nascita del Pd, erano sufficienti e valide: oltre duemila raccolte in dieci giorni in dodici regioni d'Italia, convalidate da eletti dell'Ulivo che guardavano con diffidenza questo gruppetto di ragazze e ragazzi che da un blog avevano deciso di piombare da protagonisti dentro un'elezione che doveva essere blindatissima e riservata ai soliti noti.

Oggi quel gruppetto rappresenta il Pd a livello locale e ha rappresentanza fino ai massimi organi nazionali, siamo persino sulla soglia della Camera dei deputati e ovunque prosegue la nostra battaglia per l'affermazione di una generazione che non sopporta la cooptazione, agisce nel territorio del conflitto politico con al centro l'idea di far vincere il direttismo, quella teoria della democrazia diretta che contrapponiamo alla visione oligarchica che permea l'intera quadro dei partiti italiani, Pd compreso.

La nostra battaglia di un anno fa è stata bellissima, le ragazze e i ragazzi che portarono le firme a piedi salendo le scale del Palazzo (come si vede in questo video da pelle d'oca girato e montato da Erasmo) ricorderanno quel momento come qualcosa di davvero importante nella loro vita.

Io lo ricordo come un passaggio della battaglia per l'affermazione della democrazia diretta, della piena responsabilizzazione del singolo cittadino che deve sapere che può bastare una sola persona per cambiare il mondo, basta che non sia una persona sola. E questa è tra le ragioni stesse della mia vita.



dal blog di Mario Adinolfi



Titolo: ADINOLFI - 2 agosto, contro Francesca e Giusva
Inserito da: Admin - Agosto 03, 2008, 12:31:15 pm
 2 agosto 2008,

2 agosto, contro Francesca e Giusva


DA UNA EMAIL SU BOLOGNA, MAMBRO E FIORAVANTI

di Mario Adinolfi per Europa

Oggi, sul mio blog


Oggi, 2 agosto, sul mio blog scriverò quello che da sei anni è sempre lo stesso post.
Un ricordo di quanto hanno combinato Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, oltre la condanna all'ergastolo per la strage di Bologna, meritandosi altri ergastoli che però non bastano a tenerli in quella galera in cui dovrebbero stare. In qualsiasi paese decente, i condannati con sentenza passata in giudicato per il più orrendo crimine compiuto nell'Italia repubblicana, non sarebbero da anni liberi di passeggiare nel centro di Roma, costruendo il loro diritto alla felicità. Una vasta pubblicistica prova a dire che sono stati condannati ingiustamente, allora si riapra il processo, anche se io tendo a credere alle certezze dei familiari delle vittime e alla solidità delle condanne espresse dai giudici di ogni grado studiando montagne di carte. Ma in questo paese non si può scrivere contro due assassini, che tali comunque sono, liberi e belli e capaci di lanciarti occhiate di odio se ti incrociano per strada o anche di scrivere articoli contro il sottoscritto, perché loro hanno persino la faccia di firmare articoli.

Aggredito in diretta radiofonica
Una mattina, mentre conducevo un programma radiofonico, sono stato aggredito in diretta dal fratello di Francesca Mambro a cui ho lasciato un'ora di tempo per dire tutte le sue ragioni, cariche di livore. Io continuerò, ogni 2 agosto, a ricordare a Mambro e Fioravanti che la loro libertà è una vergogna, persino se fossero innocenti per Bologna. Loro si irriteranno, si irriteranno i radicali e Massimo Bordin, Francesco Cossiga e Maria Giovanna Maglie, il mio amico Luca Telese e il biografo Giovanni Bianconi, i tanti che stanno nel gruppone chic di chi sta al fianco di due assassini che non sopportano chi li chiama con il loro nome, che è assassini, altro che nessuno-tocchi-caino quando Abele non può più neanche piangere.

L'email di un giovanissimo
In coincidenza con l'anniversario della strage e in coincidenza con il mio tentativo di resistenza solitaria via blog alla rimozione dalla memoria del ruolo svolto da Francesca Mambro e Giusva Fioravanti negli anni Settanta e Ottanta, mi arriva alla casella di posta elettronica ieri una email di un giovanissimo, paradigmatica del clima creato attorno a questi due assassini: "Mi chiamo Marco, sono un ragazzo di roma, ho 22 anni e le scrivo in merito a quanto letto nei suoi articoli riguardo Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Vengo subito al punto: lei è un ipocrita sputasentenze che dovrebbe vergognarsi. Come fa a dire che i due ex Nar sono gli autori della strage di Bologna? E' ormai cosa evidente che Fioravanti e Mambro sono stati accusati ingiustamente. Io a differenza sua sono anni che mi documento sui fatti di cronaca di quel periodo storico e trovo ridicole le sue teorie su bologna. Comunque ognuno è libero di pensarla come vuole l'importante è rispettare tutti; cosa che lei non fa quando scrive che guarda con rancore Fioravanti e Mambro giocare con la loro figlioletta Arianna nei pressi di casa sua. Chi è lei per giudicare queste persone? Pensi prima a fare bene il suo lavoro di giornalista".

Una nuova mitologia di estrema destra
L'email di Marco è paradigmatica: ritenere fondata una sentenza dello Stato passata in giudicato, così come fanno tutti i familiari delle vittime, vale l'accusa di essere un "ipocrita sputasentenze che dovrebbe vergognarsi". Mambro e Fioravanti non devono vergognarsi, loro possono camminare a testa alta, continuando a fare proseliti anche tra i giovanissimi, facili prede di una nuova mitologia di estrema destra a cui noi non stiamo dando molta attenzione e su cui invece dovremmo soffermarci di più. Ma questo è un altro discorso. Oggi, semplicemente, un saluto e un ricordo carico di dolore per le ottantacinque persone che una strage fascista e infame ventotto anni fa spazzò via da Bologna e da questa terra.

Questi gli atti criminali compiuti dai terroristi Mambro e Fioravanti al di là della strage di Bologna.

28 febbraio 1978. Giusva Fioravanti ed altri notano due ragazzi seduti su una panchina che dall'aspetto (capelli lunghi e giornali) identificano come appartenenti alla sinistra. Fioravanti scende dall'auto, si dirige verso il gruppetto e fa fuoco: Roberto Scialabba, 24 anni, cade a terra ferito e Fioravanti lo finisce con un colpo alla testa. Poi, si gira verso una ragazza che sta fuggendo urlando e le spara senza colpirla.

9 gennaio 1979. Fioravanti ed altre tre persone assaltano la sede romana di Radio città futura dove è in corso una trasmissione gestita da un gruppo femminista. I terroristi fanno stendere le donne presenti sul pavimento e danno fuoco ai locali. L'incendio divampa e le impiegate tentano di fuggire. Sono raggiunte da colpi di mitra e pistola. Quattro rimangono ferite, di cui due gravemente.

16 giugno 1979. Fioravanti guida l'assalto alla sezione comunista dell'Esquilino, a Roma. All'interno si stanno svolgendo due assemblee congiunte. Sono presenti più di 50 persone. La squadra terrorista lancia due bombe a mano, poi scarica alla cieca un caricatore di revolver. Si contano 25 feriti. Dario Pedretti, componente del commando, verrà redarguito da Fioravanti perché, nonostante il ricco armamentario "non c'era scappato il morto". Che Fioravanti fosse colui che ha guidato il commando è accertato dalle testimonianze dei feriti e degli altri partecipanti all'azione, e da una sentenza passata in giudicato. Ciononostante, Fioravanti ha sempre negato questo suo pesante precedente stragista.

17 dicembre 1979. Fioravanti assieme ad altri vuole uccidere l'avvocato Giorgio Arcangeli, ritenuto responsabile della cattura di Pierluigi Concutelli, leader carismatico dell'eversione neofascista. Fioravanti non ha mai visto la vittima designata, ne conosce solo una sommaria descrizione. L'agguato viene teso sotto lo studio dell'avvocato, ma a perdere la vita è un inconsapevole geometra di 24 anni, Antonio Leandri, vittima di uno scambio di persona e colpevole di essersi voltato al grido "avvocato!" lanciato da Fioravanti.

6 febbraio 1980. Fioravanti uccide il poliziotto Maurizio Arnesano che ha solo 19 anni. Scopo dell'omicidio, impadronirsi del suo mitra M.12. Al sostituto procuratore di Roma, il 13 aprile 1981, Cristiano Fioravanti - fratello di Valerio - dichiarerà: "La mattina dell'omicidio Arnesano, Valerio mi disse che un poliziotto gli avrebbe dato un mitra; io, incredulo, chiesi a che prezzo ed egli mi rispose: "gratuitamente"; fece un sorriso ed io capii".

23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando "alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi". Mambro e Fioravanti la sera dell'omicidio festeggiano ad ostriche e champagne.

9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna.

5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l'imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un'auto, "Spara, spara!".

30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un "infame delatore". Del commando omicida fa parte Mambro.

21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all'agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L'efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: "La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell'encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello". Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell'eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell'agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni.

5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Viene condannata come esecutrice dell'assassinio.

Per le sentenze definitive emesse dopo tre gradi di giudizio, Francesca Mambro e Giusva Fioravanti hanno ucciso novantotto persone e ne hanno ferite a centinaia. Oggi li potete incontrare liberi in giro per Roma e per l'Italia, che è un paese incapace di rispettare i suoi morti. Cosa voglio? Voglio che stiano silenziosi e che si vergognino ogni volta che esce un libro che li chiama "innocenti".



dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: "Spero che ci vogliano ancora un po' di bene" (stragisti fascisti ndr).
Inserito da: Admin - Agosto 05, 2008, 10:30:12 am
4 agosto 2008,

"Spero che ci vogliano ancora un po' di bene"


Inevitabilmente, a far seguito alla campagna di stampa per la beatificazione di Mambro e Fioravanti (leggasi ieri Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera, mancavano le aureole, poteva disegnarle di pugno attorno alle foto dei suoi due amici che sono tanto chic), arriva oggi puntuale su Repubblica l'intervista di Gianni Alemanno che sostiene l'incredibile "pista palestinese" per la strage di Bologna.

Che chiude il cerchio con l'intervista che Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera fece a Mambro e Fioravanti il 12 giugno 1994, sotto il titolo: "Loro al governo, noi all'ergastolo". Che spiega perché dopo poco i due tornarono liberi nonostante la valanga di ergastoli e di decenni di galera che avevano sulle spalle, nonostante il reato di strage vieti l'accesso ai benefici per i detenuti, nonostante i due non abbiano mai raccontato tutto quello che sanno. O forse proprio per questo.

Rileggiamo quell'intervista del 1994.




"LORO AL GOVERNO, NOI ALL'ERGASTOLO"
di Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera del 12 giugno 1994

ROMA - "Ma guarda Teodoro... E Gianfranco... E Francesco...". Ogni volta che comincia un telegiornale, in un paio di celle di Rebibbia due bocche si spalancano con divertito stupore. Perchè a loro, Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, marito e moglie, condannati a diversi ergastoli per diversi omicidi politici commessi durante la loro forsennata avventura contro tutto e tutti tra le file dei Nuclei armati rivoluzionari, la novità fa ancora un certo effetto. Quelli che adesso sono lì, al governo, a trattare di presidenze bicamerali e consigli d'amministrazione, sono proprio i ragazzi con cui sono cresciuti, tra volantini, sprangate, manifestazioni, lutti, passioni, alla federazione roma na del Fronte della Gioventù di via Sommacampagna. "Vedere Storace andare a discutere alla Rai è fantastico - sorride Fioravanti. Capirà, lo conosciamo da una vita. Insomma: noi ci siamo sparati e lui è lì a trattare sui direttori dei tiggì. Fantastico. Ed è giusto che sia così. Lui ha fatto una scelta, noi un'altra. Lui è al governo, noi in galera". C'era Er Pecora: "Il segretario era lui, Teodoro Buontempo - ricorda la Mambro - Magari uno un pò rozzo, ma anche una persona che a differenza di altri al partito dava davvero tutto, senza chiedere niente. Più vicino agli emarginati che chiunque altro. Generoso. Sempre disponibile". C'era Maurizio Gasparri, futuro sottosegretario agli Interni, che non piaceva troppo alle teste più calde perchè era figlio di un ufficiale dei carabinieri. Destra istituzionale, destra d'ordine. Legatissimo a Gianfranco Fini: "Non è giusto dire che portava la borsa a Fini - scherza Fioravanti - Lui gli portava il cestino fin da quando andavano all'asilo" . C'era Giovanni Alemanno, destinato a diventare pure lui deputato e che nel ricordo di Francesca è "un ragazzo che già allora cercava di capire le ragioni degli altri, di quelli della sinistra che la pensavano in modo diverso da noi". C'era Francesco Storace, fisico da torello, bicipiti d'acciaio e risata torrenziale, sul quale nessuno avrebbe mai scommesso che sarebbe diventato l'ariete scagliato contro il cavallo di viale Mazzini. E poi c'era lui, Gianfranco Fini. Cosa avete pensato, a vederlo vicino a Clinton? Mambro: "Mi sono sentita vecchia. Sa, come quei vecchi che sanno come va a finire la storia. Per noi Fini era l'istituzione. Il sistema. Eravamo contro tutti e dunque anche contro di lui. Lui lì era una prova in più che abbiamo sbagliato tutto". Fioravanti: "Fini è sempre stato un uomo prudente. Allora, in realtà, noi dicevamo che era un vile. Altri tempi. Oggi occorre riconoscere che, forse perchè è sempre stato lento a prendere le decisioni, come ha raccontato in un'intervista, è uno che ha fatto meno errori degli altri". Come maturò la vostra rottura? Fioravanti: "Il problema del Msi è che ha sempre seguito una linea reducista, revanscista, vittimista. Per cui è vero che nessuno dei suoi ha mai fatto politica per il potere. Ma molti dei giovani che chiedevano di fare politica, non solo di sventolare le bandiere e fare il saluto romano e attaccarsi alle croci runiche, se ne sono andati. Tanto è vero che adesso è sprovvisto di una vera classe dirigente". Mambro: "Mi sono sentita alla radio i discorsi dei missini alla Camera e al Senato. Valensise... Maceratini... Fini... Da non credere. Adesso sì, fanno politica. E finalmente l'hanno piantata con l'anticomunismo viscerale. Allora erano attaccati al revanscismo, al nostalgismo, a Mussolini, a tutti quei simboli... Noi volevamo fare politica e loro erano preoccupati solo di non perdere quelle sacche di voti che consentivano al partito di vivacchiare col quattro per cento. Sembravano paralizzati: la sinistra riusciva a fare politica anche se le Brigate Rosse sparavano e noi no. Era pazzesco". E così ve ne andaste alla deriva... Fioravanti: "Ci fu una fase in cui ci offrirono tutte le poltrone possibili e immaginabili, per far rientrare il nostro dissenso. Arrivarono al punto di offrire a Francesca, che aveva 18 anni, di entrare nel comitato centrale. La rottura arrivò dopo Acca Larentia, quando un ufficiale dei carabinieri sparò e uccise un ragazzo amico di Francesca. Beh, c'erano tutti : Almirante, Fini, tutti... Eppure l'unica che voleva denunciare i carabinieri era mia moglie. Una ragazzina. Al partito interessava di più il voto dei carabinieri che quello di noi ragazzi. E infatti, quando uscimmo, nei primi tempi la nostra motivazione principale era di punire il partito". Mai ipotizzata una "spedizione" contro Almirante o Fini? Fioravanti: "No. Ci ho ripensato, anni dopo. E mi sono chiesto come mai non ci pensammo. Strano, no? Andavamo a sparare ai poliziotti per "difendere l'onore della destra", per dimostrare che la destra non era legata ai servizi e alle stragi, e non abbiamo mai pensato di scaricare il nostro odio su quelli che odiavamo. "Fatto sta che nessuno si alzò mai per proporre una cosa simile". Non avete più cercato un contatto con i vostri ex camerati? Fioravanti: "No. Per orgoglio, forse. Ma non l'abbiamo fatto. Anche se con qualcuno restano rapporti affettivi. A noi non interessa che il Msi riconosca noi come figli degeneri. Possiamo farne a meno. Ma sarebbe importante per il Msi, riconoscerci. Fare i conti con la nostra storia, cominciata con il dissenso "dentro" il Msi. Così come noi, i figli degeneri, dovremmo smetterla di odiare i nostri genitori". Come la vedete, questa destra vincente? Mambro: "Beh, è una cosa strana. Abituati come eravamo ad essere i reietti della terra, quelli delle chiavi inglesi, dei volantinaggi... Eppure quello che mi muoveva verso destra era anche il fascino del perdente. Lo stare "contro"". Sotto il fascismo avrebbe fatto la partigiana? Mambro: "Forse sì. Probabilmente sì. Io riconosco l'autorità, non l'autoritarismo. La storia non si fa con i se. Ma certo alcune cose non mi piacciono. Le leggi razziali per me sono una cosa allucinante". Fioravanti: "Lo stesso vale per me. Anche la mia era una scelta "contro". Io non sono mai stato fascista. Mai. Sono stato un anti antifascista. Perchè mio padre, mia madre, mio fratello, il vecchietto che incontravo mentre portava a spasso il cane erano fascisti. Era il mio mondo e non accettavo che venisse confuso coi servizi segreti, le stragi, l'antisemitismo". Ma questo sfondamento della destra vi piace o no? Mambro: "Moltissimi di quelli che conoscevo e che frequentavo sono stati eletti. So che sono persone perbene. Spero che non deludano chi li ha votati". Fioravanti: "La cosa che più mi ha incuriosito è stato il fenomeno Berlusconi. Che ha dimostrato la vacuità della politica. Noi ci siamo scannati su Evola e su Trotzkji, ci siamo sprangati, ci siamo sparati e alla fine ecco che vincono le massaie. E stata una grande lezione di democrazia". Beh, questa... Fioravanti: "No, guardi: lo dico senza ironia. Perchè se ci sono venti milioni di massaie è giusto che le massaie mandino lì Berlusconi. Questa in fondo è la politica: dare più pane a più gente possibile. La battuta più stupida di Almirante è stata: il mio voto vale più di quello di un alcolizzato. Falso. Dico di più: adesso a me sta benissimo che sia così. Perchè la democrazia è questa". Ma voi siete ancora di destra? Mambro: "Ho una storia di destra, questo sì. E finalmente vedo che qualcuno comincia a sforzarsi di capire cosa è successo. Ma non so cosa voglia dire oggi, essere di destra o di sinistra. Meno male. Stiamo uscendo dagli schemi. Ho scoperto l'importanza di altri valori. Più personali. E a farmi voler bene anche da chi era molto lontano da me. Anzi, anche se alla destra abbiamo fatto perdere un pò di voti, spero che anche lì ci vogliano ancora un pò di bene. E che riescano a riconoscere una cosa: che in fondo, paradossalmente, siamo stati noi ad aprire un dialogo a sinistra, superando la cultura dell'odio".

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - No, il ridicolo no (basta con gli ex Pci che litigano)
Inserito da: Admin - Agosto 06, 2008, 11:01:24 pm
5 agosto 2008, 17.18.46

No, il ridicolo no (basta con gli ex Pci che litigano)


Io già ho esercitato la virtù della pazienza leggendo le cronache dei giornali sul derby YouDem contro Red Tv (che, lo ricordo ai distratti, per ora si chiama Nessuno Tv, non è la tv di D'Alema e lo stesso suo collaboratore che gioca a fare l'editore televisivo senza averne titolo, cioè il mio una volta collega-blogger Matteo Orfini, oggi sull'Unità dice che l'idea di Bersani che intervista Vasco "era solo una battuta", così come il mio direttore dice che la cosa di Samantha di Sex and the City era una boiata, ma allora ditelo prima pure a Goffredo De Marchis che su Repubblica con battute e boiate c'ha imbastito foto, titoli e quasi una paginata, più tutto quello che ne è seguito, inclusa la rincorsa di povero Veltroni).

Ma su Bassolino che dice "non firmo contro Berlusconi", seguito pure da Cacciari, tanto per fare un altro po' di casino da crisi isterica di post comunisti che non sanno più che cazzo fare se non litigare tra loro pure sul nulla, a me viene su di tutto insieme all'invocazione a evitarci il ridicolo.

Più una proposta da inserire nello statuto: chi ha occupato cariche istituzionali o di dirigenza nazionale di partito nel Pci non può fare il dirigente del Pd.

Codicillo che ci risolverebbe molti problemi, credo, che quel gruppo dirigente lì è allo sbando e noi dovremmo essere bravi a spiegarglielo.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Gli insopportabili
Inserito da: Admin - Agosto 18, 2008, 04:15:47 pm
17 agosto 2008, 13.43.21

Gli insopportabili



L'intervista di Claudio Sabelli Fioretti a Michele Serra mi ha ricordato perché la sinistra non vince più e non vincerà nei prossimi venti anni. Perché dice senza ridere che Carlin Petrini, quello dello slow food, è "uno dei pochi leader mondiali che abbiamo in questo paese" e a riprova porta il fatto che "frequenta Carlo d'Inghilterra".

Perché la colpa di tutto è sempre del Vaticano, nuovo sfogatoio per la frustrazione radical-chic, dunque il Pd non va votato perché "c'è una spina che non si può inghiottire: la Binetti".

Perché questi insopportabili maitre-à-penser ci rifilano sempre le loro belle serate atticiste: "Ogni tanto mi chiedo se non sto frequentando troppi giornalisti, professori, urbanisti, architetti, scrittori". Colpo finale, finto egualitarista, ancora più insopportabile: "Avrei bisogno di frequentare idraulici".

Non abbiamo proprio capito, noi democratici, che il problema non è frequentare idraulici o candidare singoli operai, ma esserlo davvero?

Tornare ad essere figli del popolo, mescolati ad esso, senza spocchia o senso di superiorità e anzi, con un pizzico di vergogna per essere arrivati fin qui senza mai lavorare sul serio. La nostra sconfitta ha questa radice: Veltroni e D'Alema non hanno neanche la laurea, eppure mai un giorno di lavoro vero, tonnellate di chiacchiere in Fgci e poi tutti dietro da più di trent'anni a battere loro le mani.

E Serra a dire che Veltroni è tanto bravo, D'Alema tanto intelligente (Bertinotti no perché frequenta i salotti e lì c'è il capolavoro dell'intellettuale organico), così il coro è sempre alimentato e parte un altro giro di giostra.

Dovremmo smontargliela davvero.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - La sinistra deve diventare di destra?
Inserito da: Admin - Agosto 22, 2008, 10:49:44 pm
Ieri 21 agosto 2008, 12.14.44

La sinistra deve diventare di destra?


Grazie a Maurizio Molinari (via la Stampa e Dagospia) ho scoperto un articolo importante scritto da Michael Moore per Rolling Stone. Il mio sosia americano si dice preoccupato per le posizioni da "falco conservatore" adottate da Obama per sedurre l'elettorato moderato dell'America profonda e invita la convention democratica che si aprirà lunedì a varare una piattaforma realmente liberal, fondata su punti molto "de sinistra" such as "pro-ambiente, pro-diritti delle donne, pro-aborto, contro la guerra, per l’aumento del salario minimo e la creazione di un servizio sanitario pubblico universale". Cuore dell'articolo, l'invito di Moore a Obama di indicare per la vicepresidenza una donna molto leftish come Caroline Kennedy.

Inutile ora star qui a dire se ci convince più l'approccio identitario di Michael Moore o quello realista di Barack Obama. L'articolo del regista americano è importante perché pone al campo progressista la domanda delle domande: la sinistra, per vincere, deve diventare di destra?

In effetti, al di là dei toni, la piattaforma politica di Obama (come in passato quella vincente di Blair) suona molto familiare agli elettori conservatori: Dio, patria e famiglia sparsi ovunque a piene mani, durezza estrema contro l'Iran, più truppe da inviare in Afghanistan, tentennamenti persino riguardo al ritiro dall'Iraq, nessuna idea di servizio sanitario nazionale gratuito, vera e propria colonna infame del sistema sociale americano.

I temi dell'uguaglianza e del solidarismo, core business delle sinistre di tutto il mondo, sono ormai da abbandonare perché "perdenti" in un contesto dove vince Hobbes anche se tutti citano Gesù?

Io continuo a ritenere che questa svalutazione dei nostri valori cardine derivi dalla svalutazione del valore cardine assoluto, quello della democrazia, in cui sostanzialmente crediamo sempre meno. Le Olimpiadi cinesi sono lo specchio di questa crisi, si moltiplicano i commenti di chi plaude alla Cina come modello (ricchezza promessa al popolo in cambio di rinuncia ai diritti, Stato totalitario fondato sul capitalismo senza democrazia) e non c'è stato manco un atleta disposto a mettere a rischio un'unghia del proprio per far soffiare almeno una bava di vento contro i diritti negati da Pechino non solo al Tibet, ma all'intero proprio popolo.

In questo contesto di svalutazione dell'idea di democrazia, ormai resa come un simulacro e un'ipocrisia "tanto è tutto un magna magna", come si devono comportare i partiti che persino nell'insegna portano la parola "democratico"? Negli Usa come in Italia si è scelto di portare avanti l'opzione leaderistica: ci si affida al numero uno, gli si delega tutto, chi discute è fuori, chi vuole dibattere è silenziato, chi ha dubbi porta sfiga.

L'opzione leaderistica è la deriva estrema delle destre, che l'hanno nel loro dna. E' la vittoria loro, triste, solitaria y final. 

La nostra battaglia dovrebbe invece essere quella della dilatazione degli spazi della democrazia, della declinazione in forma diretta degli stessi, riscoprendo in questo la ragione dell'essere progressisti. Noi vogliamo una società palesemente più democratica di quella in cui ci ritroviamo a vivere, crediamo che la democrazia sia la nostra ragione fondante del patto sociale e non un impaccio di cui liberarci, siamo disposti a mettere a rischio persino le incrostate posizioni di potere (che peraltro sono sempre meno e di sempre minore potere) per ottenere questo risultato.

Vogliamo la democrazia diretta, la indichiamo come traguardo al nostro popolo, di cui siamo parte e non leader-pifferai. Per questo obiettivo siamo disposti a spendere una vita, per restituire al cittadino quella porzione di potere che gli spetta e che gli è stata scippata, trasformandolo in suddito rassegnato e stanco.

Vogliamo ridargli l'entusiasmo di essere decisivo, ri-partendo dal principio di uguaglianza coniugato a quello di sussidiarietà, mix vincente per una possibile nuova sinistra. Che non dovrà essere di destra, altrimenti vinceranno sempre gli originali, il nostro sforzarci ad essere fotocopia non sarà mai sufficiente.

Vedrete che Obama alla convention democratica di Denver coglierà questa necessità e saremo tutti, Moore compreso, ancora una volta piacevolmente stupiti da questa nostra ultima bandiera rimasta in campo. Poi, bisognerà ricominciare a sperare anche qui da noi.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Obama e i democratici italiani
Inserito da: Admin - Agosto 31, 2008, 12:30:11 am
30 agosto 2008, 18 ore fa

Obama e i democratici italiani

Dopo aver commentato per quattro faticosissime e divertentissime notti la convention di Denver, ho avuto l'opportunità di trarre le mie conclusioni sulla kermesse democratica scrivendo una paginata per il Tempo, rinnovato dalla direzione di Roberto Arditti. La trovate oggi richiamata in prima sul quotidiano ed ecco il testo integrale. Un testo a cui tengo molto e che spero faccia riflettere anche coloro che farà incazzare.



OBAMA E LA SINISTRA

di Mario Adinolfi per il Tempo


Quale uomo politico non sognerebbe un'investitura così dopo una corsa estenuante come le elezioni primarie? Io, che le primarie da candidato le ho vissute meno di un anno fa nel contesto minore del Partito democratico italiano, posso ammettere d'aver provato per Barack Obama un istintivo sentimento di invidia. Apparire in scena accompagnato da quella straordinaria canzone degli U2 che è "The city of blinding lights", trovarsi davanti uno stadio pieno in delirio, avere le movenze più della rockstar che del politicante, azzeccare un discorso a tratti durissimo "senza mai perdere la tenerezza": chi avrebbe saputo fare meglio? Insomma, ieri notte nello stadio dei Denver Broncos non è solo nato un possibile presidente degli Stati Uniti, ma è stata immortalata la prima vera icona politica del terzo millennio: il figlio di un keniota (che s'è subito dimenticato di essere padre) e di una ragazza del Kansas morta troppo presto di cancro. Un messaggio di speranza per tutti, inciso prima di tutto nella biografia del nuovo capo dei democratici americani.

Questa icona nasce rendendo imbarazzanti le immaginette dei democrats italiani: i leader del Pd italiano che si sono precipitati a Denver speranzosi di rimediare almeno una foto con dedica (speranza delusa, niente photo opportunity) sono tutti over fifty e sono lo specchio di un'incapacità di rinnovamento. Voglio bene a Veltroni, Rutelli e Fassino, sono i leader del partito per cui ho votato qualche mese fa, ma ieri davanti al discorso di Obama devono essersi sentiti orribilmente vecchi. Perché non è stato tutto e solo iconografia, tutto e solo musica, tutto e solo fuochi d'artificio e stelle filanti. Di mezzo c'è stato un discorso che, ascoltato con animo attento come dovrebbero fare tutti i democratici italiani, segnala un orizzonte che dovrà essere perseguito inevitabilmente dal mondo progressista europeo.

La parola chiave del discorso di Obama è stata: cambiamento ("change"). La sinistra italiana ed europea fa una fatica boia ad accettarne il significato: cincischia attorno ai Veltroni e ai D'Alema, ai Gordon Brown e alle Ségolène Royal, la Spd tedesca è addirittura tentata d'andare a recuperare il rapporto con il partito dell'estrema sinistra. Gioca a riproporre eternamente modelli e personaggi sconfitti, si attarda in dibattiti incredibili sul valore della parola "socialismo" e sulla disposizione da far assumere agli eletti nel prossimo Parlamento europeo. Obama ieri ha giocato la carta della concretezza: sanità, istruzione, famiglia, casa, diritti, pace, difesa e, soprattutto, ambiente ed energia rompendo anche il tabù del nucleare. Ha indicato la nuova frontiera di un'America libera dal fabbisogno del petrolio mediorientale entro dieci anni: un impegno coraggioso ai limiti dell'incredibile, seguendo le cronache dai mercati di questi mesi. In pochi minuti ha saltato di netto annate interne di dibattito sulla "new left" europea, sulla dicotomia tra riformisti e massimalisti, unendo pragmatismo e radicalità in un unico originale impasto. E il discorso di Denver è diventato un discorso storico, in quarantacinque minuti.

Certo, ci sono stati gli attacchi a McCain, durissimi, tanto da trasformare (almeno nei toni) Obama in una sorta di dipietrista in salsa stars and stripes. Ma non è questo quel che resterà negli occhi e nelle orecchie di questa serata di Denver. Quello che ricorderemo è il cambiamento farsi persona e farsi leader, come in Europa e in Italia la sinistra non riesce più a fare né a essere. Quello che ricorderemo è anche il nascere di un popolo "new democrat" composto da moltissimi giovani, da una maggioranza femminile (57% dell'elettorato di Obama), dove i bianchi sono una minoranza e prevale il miscuglio delle radici, il melting pot senza paura del diverso che è il vero brodo di coltura dell'obamismo. E' anche un popolo destinato a vincere?

Nella notte di Denver ci sarebbe da scommettere sul sì, ma forse qui si scrive sull'onda di un'emotività. Quel che è certo è che i nostri Qui, Quo e Qua (come con felice intuizione Giuliano Ferrara ha definito Veltroni, Rutelli e Fassino in visita alla convention democratica) tornano in Italia avendo chiara l'idea che loro non sono Obama e non potranno mai esserlo: questo outsider figlio di nessuno, che partiva alle primarie sfavorito contro la macchina da guerra del clan dei Clinton, ha stravinto una corsa che in Italia nessun outsider avrebbe mai vinto perché il paese non concede strada a chi parte dietro e a sinistra questi canali stretti lo sono ancora di più. Spero che, avendo capito che sono lontani anni luce dal poter toccare anche solo minimamente la dimensione emotiva attinta da Obama, capiscano che è l'ora di avviare i meccanismi del ricambio.

Change. E' la parola che risuona da Denver. E per i democratici italiani, rimbomba.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Che dite, vado al reality di Mediaset?
Inserito da: Admin - Settembre 01, 2008, 11:21:47 am
Ieri 31 agosto 2008, 13.54.00

Che dite, vado al reality di Mediaset?



Il giornale per cui scrivo quotidianamente da anni una rubrica che forse qualcuno di voi segue, ha accettato di pubblicare in prima questo mio appello al dibattito attorno all'idea che io partecipi alla prossima edizione de La Talpa, reality show in onda su Italia 1 dal prossimo 9 ottobre. I quesiti sono validi anche per voi, democratici o no che siate, perché in fondo fondo noi narcisisti morettiani "de sinistra" stiamo sempre lì a chiedere: Che dici vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?

Ora a voi la parola e provate a non fare solo casino.



CHE DITE, VADO AL REALITY?
di Mario Adinolfi per Europa

Cari lettori, ferie concluse? Andato tutto bene? Divertiti? Sì, grazie, divertito anche io. Adesso che siete freschi e riposati, aiutatemi a prendere una decisione. È una decisione importante, ne va del rapporto con voi che mi leggete tutti i giorni, di quel poco di stima che magari mi regalate.
Insomma, facciamola breve: mi hanno proposto di partecipare a un reality show che partirà in autunno su Mediaset.

Vado o non vado? Ditemelo, alla maniera che conoscete: email, commenti sul blog, lettere a Europa. Gli autori di questo reality hanno puntato gli occhi su di me, ragazzone oversize con il gusto per la polemica e per il gioco, capace forse di qualche pensierino fuori schema. Premessa d’obbligo: li ringrazio per la loro attenzione e per la professionalità con cui mi hanno condotto all’interno di un mondo che non conoscevo, lasciandomi una sensazione di riposante leggerezza. Io alla proposta ho reagito istintivamente chiudendomi a riccio, dicendo un bel no rotondo alla fine della prima fase della trattativa, finendo invece ammorbidito da un loro corteggiamento serrato.

Questione di soldi? Sì, l’offerta economica è buona: niente di trascendentale, non cambia la vita, ma è buona. Ora ci sarebbe da andare a firmare il contratto, tornano tutti dalle vacanze e mica si può star lì a cincischiare, a ottobre bisogna andare in Sud Africa e a Mediaset vogliono chiudere tutte le carte e partire con la fase di pre-produzione. E prima di andare negli uffici della casa madre del “nemico” vorrei sapere che ne pensate voi, perché io un’idea me la sono fatta, ma ho questo gusto maledetto per il confronto con tutti e allora torno alla domanda: voi, cari (e)lettori democratici, andreste mai a un reality show prodotto da Mediaset? Io sono orientato verso il sì perché mi sono rotto le scatole di pensare che il nostro dialogo con i cittadini si limiti al dibattito attorno all’arguzia dei calembour di Michele Serra, a quanto sarà fico il nuovo programma di Serena Dandini, a quando Nanni Moretti finirà di scrivere il prossimo film. Io sono orientato verso il sì perché mi spunta il gusto di fare qualcosa che la stragrande maggioranza del popolo di centrosinistra considererà un tradimento, mentre secondo me “traditore” è spesso l’epiteto con cui i pavidi etichettano il semplice desiderio di esplorazione di un territorio nuovo. Io sarei orientato per il sì perché le sfide mi tentano sempre, quelle controverse e che espongono al rischio oggettivo di irritare i benpensanti, ancora di più.

Io sarei orientato per il sì perché mi pagano bene ma, vi giuro, non è il principale dei motivi.
Vorrei conoscere l’opinione dei lettori e non siate banali, che io provo a non esserlo mai e in questo tempo in cui dobbiamo inventarci un modo nuovo per esistere da Democratici nella società, la puzza sotto al naso proprio non possiamo permettercela. Ma forse sbaglio e se mi spiegate bene il perché vi assicuro che mi metterò lì a pensare alle vostre parole. Voi, intanto, riflettete un po’ anche sulle mie, magari non avete molto di meglio da fare.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Le forme discutibili (e altro).
Inserito da: Admin - Settembre 04, 2008, 06:51:42 pm
 4 settembre 2008,

Le forme discutibili


Mario Adinolfi


Alla festa democratica, luogo che per giorni e giorni è stato tristissimo, è arrivato D'Alema e ha riportato il caro vecchio orgoglio di partito.
Non so se sia l'ingrediente più utile in questa fase, ma la frase "dobbiamo darci una mossa" chi può contestarla?

Baffino è stato bravissimo, poco da dire. Almeno fino a quando non s'è messo a parlare con un sottofondo di ammirazione di Vladimir Putin: "Si vede che viene da un’esperienza professionale nella quale ha preso un certo stile asciutto. Ha saputo restituire ad un paese che aveva vissuto un umiliante declino, un orgoglio nazionalistico. Magari lo ha fatto con forme anche discutibili ma ora con questo paese bisogna fare i conti".

Appena mi capita a tiro gli chiedo lumi su cosa intende per "stile asciutto" e "forme discutibili", con addosso il mio pregiudizio di sapere benissimo cosa intende.

Putin è un dittatore sanguinario e credo ci sia poco altro da aggiungere. Il suo stile asciutto prevede l'uccisione dei giornalisti non addomesticabili, le sue forme discutibili prevedono l'invasione degli stati sovrani che non si piegano al russo "orgoglio nazionalistico". Le "petites madeleines" proustiane degli ex comunisti che vogliono sentire profumo dei bei tempi andati mi preoccupano sempre.

Diamoci una mossa, caro Lìder Massimo, smuovendo anche le nostre piccole-grandi nostalgie.


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La scelta di Sarah

3 settembre 2008, 14.36.00


Per il Tempo oggi ho scritto questa riflessione sulle decisioni private di Sarah Palin e sulla possibilità di far convivere "choice" e "life". Sfogliando Vanity Fair ho notato che anche Fabrizio Rondolino si è interrogato sul rapporto tra sinistra e diritto alla vita. Vuoi vedere che tra democratici riusciamo ad avviare un dibattito su qualche tema vero?


LA PALIN IRRISA E LA NECESSITA' DI UN DIBATTITO A SINISTRA SUL DIRITTO ALLA VITA
di Mario Adinolfi per il Tempo

Non devo confermare la mia appassionata vicinanza alle idee (e al modo di proporle) di Barack Obama. L'ho confermata anche scrivendo su queste pagine dopo la Convention di Denver. Ma non posso negare di essere rimasto affascinato da alcune caratteristiche della donna che John McCain ha voluto accanto a sé nella corsa verso la Casa Bianca, quella Sarah Palin irrisa dagli intellettuali liberal dell'una e dell'altra parte dell'oceano, che io credo possa rivelarsi invece una
carta importante nel tentativo di rimonta dell'anziano candidato repubblicano. La forza della governatrice dell'Alaska è uscita in tutta evidenza con due scelte che hanno a che fare con il diritto alla vita: la decisione di tenere il proprio figlio, anche dopo che l'amniocentesi aveva reso chiaro che sarebbe nato affetto dalla sindrome di Down; la notizia, uscita in questi giorni, di una gravidanza avanzata della diciassettenne figlia di Sarah Palin, anche qui con decisione di far nascere il bambino e di creare una nuova famiglia.

Attenzione: le idee di Sarah Palin in materia di diritto alla vita, concretizzate in queste due decisive scelte di vita, interrogano fino in fondo la sinistra. Il quadro anche iconografico offerto dalla famiglia Obama è splendido, il discorso di Michelle a Denver semplicemente perfetto, le due bambine sono adorabili. Una fotografia senza ombre. In quel bambino down, in quella madre diciassettenne, si annidano interrogativi. Sì, perché siamo tutti consapevoli che tra le cause principali del ricorso all'aborto, ci sono le gravidanze delle donne minorenni e molto giovani, così come quelle che riguardano figli che porteranno con sé per tutta la vita un problema di salute. Anzi, con la teorizzazione del valore decisivo della diagnosi pre-impianto, tutta la sinistra "pro-choice" ha scolpito nelle proprie tavole della legge una scelta che oggi da "liberal" sembra impossibile contestare.

Sarah Palin ci offre un'occasione per ragionare: quanta bellezza, quanta forza umana e anche politica, ci sono nella decisione di far nascere un figlio down e di amarlo nella sua presunta imperfezione? Analogamente, mi chiedo, da padre di una ragazza dodicenne, se tra quattro o cinque anni mia figlia dovesse arrivarmi davanti in una condizione simile a quella della figlia di Sarah Palin, sarei capace di far prevalere il diritto alla vita sul borghesissimo istinto di risparmiarci scorno e problemi derivanti da quella nascita? Questi interrogativi arrivano dritti al cuore della campagna elettorale americana, dove il campione migliore partorito dagli ambienti liberal
statunitensi dovrà vedersela con un candidato repubblicano oggettivamente indebolito da una convention democratica che è stata stellare. Ma c'è il fattore Sarah Palin. Non va sottovalutato. E
dall'epicentro di quel terremoto valoriale sempre garantito quando si avvia un dibattito serio sui temi della scelta e della vita. E se la soluzione fosse, molto semplicemente, scegliere sempre (o almeno ogni volta che è umanamente possibile) la vita? Tra i democratici americani il dibattito è iniziato, grazie a Sarah Palin. Non sarebbe male fare lo stesso anche tra noi democratici italiani.

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Menichini e Orlando

martedì 2 settembre 2008, 13.59.00


Stefano Menichini e Federico Orlando sono il direttore e il condirettore di Europa, tecnicamente sono i miei "capi", Menichini è diventato anche un blogger di successo (forse per via di qualche mia spintarella sulla strada del dialogo via web) Orlando faceva il condirettore pure di Indro Montanelli che scriveva gli articoli solo con la lettera 22, è stato il più grande di tutti noi e forse dunque per il suo braccio destro aprirsi un blog apparirebbe quasi un "tradimento". Oggi devo dire un paio di cosette a entrambi e come al solito lo farò senza cautele, sfacciatamente, tanto da anni mi sopportano e sulle pagine di Europa ho combinato di peggio senza che loro abbiano mai alzato il telefono per limitarmi, lasciando quotidianamente spazio ad una riflessione che si è snodata in territori anche complicati da gestire, in assoluta libertà. Forse anche per questo (e non per il caso personale, ma per il segnale che ne deriva) Europa è un giornale che andrebbe più letto, più tutelato, anche più amato dal popolo democratico.

Le prime cosette le scrivo a Orlando a cui devo un grazie: in queste ore non proprio facili, in cui ho provato ad aprire un dialogo con le persone che mi leggono invitandole a impicciarsi di una questione che poteva tranquillamente restare privata e professionale, lui ha avuto il tempo di dedicarsi al mio dilemma stimolato anche dalla lettera di un affezionato lettore di Europa. Ne è uscito un dialogo che mi riguarda per niente banale e in qualche modo ispiratore. C'è un passaggio di Orlando che mi aiuta ulteriormente nella riflessione attorno alla questione della mia partecipazione al reality di Mediaset: "Il problema che Adinolfi pone a noi lettori di Europa, come io posi a me stesso, è quello di superare i cavalli di frisia, le trincee psicologiche che sono dentro di noi: specie se il nostro avversario non si limita a combatterci e a metterci in cornice, come dice Anna Finocchiaro un po’ tardivamente, ma requisisce tutti gli spazi. Se non resta altra mossa che quella del cavallo, facciamola e cerchiamo di portare scompigli fra le sue pedine dilaganti". Stampo e conservo. Promesso.

Stefano Menichini ha stampato su Europa e conservato per i posteri attraverso il suo blog uno schietto attacco ai "passatisti" intitolandolo senza mezzi termini: "L'amarcord ipocrita sulle feste di una volta". Temo di essere perfettamente d'accordo con il mio direttore sul concetto espresso e sull'orrenda retorica dei bei vecchi tempi, con un problema. Io alla festa Democratica di Firenze ci sono andato ieri, ho condotto pure il mio bravo dibattito sul palco centrale intitolato a Giorgio La Pira (e l'accesso al palco centrale non l'avevo mai avuto in decenni di militanza, dunque avevo la mia brava vanagloria a rendermi benevolo), ma io una festa nazionale triste come questa di Firenze non l'ho mai vissuta in vita mia.

Caro direttore, dalla fotografia che ho portato con me dalla Fortezza da Basso (collocazione splendida, ma vagamente simbolica di una chiusura in se stessi di questi dirigenti arroccati che sono il guaio del nostro Pd) derivo una sensazione spiacevole e affermarla non è nostalgia, non è "si stava meglio quando si stava peggio", non è "viva il grande Partito comunista", figuriamoci se potrei mai anche solo pensarlo. Andavo alle feste dell'Unità, sempre da ospite, uscendone però con la sensazione di un popolo in cammino. Il "verso dove" non era sempre chiaro, ma il cammino sì. Ora non abbiamo né l'uno, né l'altro. E questa condizione è indifendibile.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - La sfida di Ratzinger
Inserito da: Admin - Settembre 09, 2008, 05:54:54 pm
9 settembre 2008, 7 ore fa


Fascistelli


Devo dire che vedere Alemanno e La Russa infilare una gaffe dopo l'altra, per provare a rendere onore alle loro immonde radici, essendo poi costretti a tentare patetiche retromarce per farle dimenticare, un qualche divertimento lo regala.


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La sfida di Ratzinger

8 settembre 2008, 10.13.00

Io non so se serva davvero una nuova generazione di politici cattolici, come chiede papa Benedetto XVI. Anzi, tendo come al solito a pensare che non servano mai uomini, servono idee, che poi gli uomini vengono di conseguenza.

Con tutto il rispetto, insomma, ritengo che quello che serve alla società italiana è un partito popolare di ispirazione cristiana.
E, anche di fronte alla svolta paternalista, individualista e populista della destra nostrana, credo che questa sia la grande occasione per il Pd.

Il guanto di Ratzinger si può raccogliere, anche senza dover baciare l'anello.


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Non ci incazziamo più su niente?
Inserito da: Admin - Settembre 19, 2008, 10:33:41 am
18 settembre 2008, 12.34.02

Non ci incazziamo più su niente?


Ho capito, di aspettarsi una qualche reazione popolare dopo la nuova legge sulle europee che uccide la democrazia partecipata e sancisce il trionfo delle oligarchie, non se ne parla.

Ma il portafoglio?

Il 16 settembre il prezzo del petrolio è tornato sotto i 90 dollari al barile (89,2 dollari per la precisione), cioè ai livelli del primo bimestre di quest'anno, quando la benzina super costava in media 1,38 euro al litro.

Perché allora  la benzina super costa in media oggi 1,45 euro al litro?

Io, comunque, ho rottamato l'automobile.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Mossa azzeccata
Inserito da: Admin - Settembre 26, 2008, 06:43:47 pm
25 settembre 2008,

Mossa azzeccata


Da sei mesi gliene dico di tutti i colori, ma questa mossa di unire ufficialmente il Pd all'Udc nella battaglia per salvare le preferenze alle elezioni europee, contro l'oscenità oligarchica delle liste bloccate, mi pare azzeccata e necessaria.

Spero non ci sia il fondo di ipocrisia di chi sa che Berlusconi è determinatissimo a portare a casa la nuova legge, votandosela anche con la sola sua maggioranza. Spero che ci si impegni sul serio per aprire una crepa in quel monolite che sembra essere il centrodestra. Basta convincere una manciata di senatori tra Lega e Pdl a esprimete qualche dubbio e poi, sulla pressione, aprire un tavolo di trattativa seria direttamente con il presidente del Consiglio.

Direi che si può fare. Ops. Cambiamo slogan. Direi che si dobbiamo farcela.

Ne va della qualità della nostra democrazia.

Alla sola idea di subire l'onta di una nuova legge elettorale a lista bloccata, gli italiani dovrebbero scendere in piazza e urlare. Ma deve esserci in giro un qualche anestetico nell'aria...



dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Qualcuno si è offeso, ma dai, era solo un articolo.
Inserito da: Admin - Ottobre 02, 2008, 01:58:30 pm
1 ottobre 2008, 22.53.30

Era solo un articolo

Qualcuno si è offeso, ma dai, era solo un articolo.
Domani ci incartano il pesce (auguri alla nuova edizione di Europa, il quotidiano che mi pubblica tutti i giorni da tre anni...e ci vuole coraggio).



SALVATEMI DA FACEBOOK

di Mario Adinolfi


L'appello lo devo lanciare a voi, abituati ad avere a che fare con la parola "blog", meno a proprio agio invece attorno alla locuzione "social network": finché c'erano il confusionario MySpace  il lavorista LinkedIn o, peggio ancora, l'inutile Second Life, avevo resistito senza particolari difficoltà. Da un mesetto abbondante sono finito invece nell'incubo Facebook. E, insomma, ora dovete salvarmi. Ma, dico io: può un trentasettenne che si considerava persino brillante trascorrere metà del proprio tempo sul web ad aggiungere fantomatici "amici" al proprio fantomatico network di cui, realisticamente, non sa che farsene?

Per essere chiari: io oggi toccherò quota milleseicento amici su Facebook. Milleseicento persone che, in massima parte, ritengono utile essere in contatto con me anche se non ci siamo mai rivolti, né probabilmente ci rivolgeremo mai, la parola. Un'orgia di facce messe più o meno in posa per rendersi interessanti, seducenti, originali, divertenti. Una voglia di raccontarsi per come si è, spesso con scarsissimi veli protettivi, partendo dalla data esatta di nascita e arrivando agli album fotografici dell'ultima estate appena esaurita. Un colossale database di privato reso pubblico. Il più delle volte, agghiacciante.

Ora, i miei blog hanno sempre avuto come sottotitolo la parola "idee". Nei social network in generale e su Facebook in particolare, l'idea è assolutamente assente. C'è il corpo, il proprio vissuto, l'anedottica sempre uguale delle esistenze umane, la caccia (anch'essa sempre uguale) al brivido della conquista, spesso virtuale e raramente fisica. Ma c'è un fatto che va sottolineato: su Facebook c'è una marea di gente, una valanga di persone che crescono ogni giorno e si connettono. Una rete nella rete, ormai molto derisa dagli snob, ma certamente illuminante sulle disperate solitudini che agitano gran parte delle giovani generazioni.

Io sono stato preso nell'ingranaggio e non so uscirne. Per fortuna ho un aereo da prendere, una capitale europea dove fare qualcosa, una compagnia di giro da frequentare. Forse, per questa settimana, da Facebook mi riuscirò in qualche modo a disintossicare. Poi dalla capitale europea tornerò, magari dopo averla pure raccontata qui, e nel mio mare di nuovi "amici" mi ritufferò. Anzi, ora che ci penso, mi sono sincerato che l'albergo abbia la connessione wi-fi libera e in valigia ho messo il notebook. Perché non si vive più senza social network. Quando lo conosci, non c'è rimedio. O forse sì?


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Diary from this swinging London - 1
Inserito da: Admin - Ottobre 03, 2008, 09:09:48 am
2 ottobre 2008, 11.15.02

Diary from this swinging London - 1

Per Europa sto scrivendo le mie solite notarelle dai rimbalzi che faccio in giro per l'Europa. Viaggiare fa bene alla salute mentale e fa tornare la voglia di raccontare. Almeno a me.



DIARIO (ON LINE) DA UNA LONDRA ATTERRITA - PRIMA PARTE

di Mario Adinolfi per Europa


Tutto al contrario
A Londra in questi giorni va tutto al contrario e non solo perché questi matti degli inglesi hanno il volante a destra con ciò che ne consegue. In questi giorni a Londra c'è il sole (incredibile, un sole vero, mi sono svegliato e, ops: cielo azzurro e sgombro); in questi giorni a Londra la connessione web è lentissima (almeno nel mio hotel, mentre leggo che in Italia parte finalmente il WiMax, bella notizia); in questi giorni a Londra quelli che hanno i soldi vorrebbero tanto metterli sotto al materasso, invece di "far girare l'economia". E così le prime pagine dei giornali aprono a titoli cubitali sulla decisione del governo di garantire cinquantamila sterline per ogni deposito bancario, visto che le banche di questi giorni hanno la tendenza a finire a gambe per aria e quelle più morigerate si affrettano a definire "garantiti" i soldi dei loro clienti. Che una volta si diceva "l'ho messa in banca" quando una situazione pareva solida e certa. Ora si dice per sfottere.

L'Italia lontana
L'Italia sembra lontana anni luce da qui e per una volta pare una distanza rassicurante. I timori di Profumo, i rimbalzi di Unicredit, le tranqullizzazioni di Tremonti qui non arrivano proprio. I londinesi tirano un sospiro di sollievo per il sì statunitense al piano di salvataggio dei colossi del credito, si godono atterriti il tentativo di risalita del loro indice Ftse (l'equivalente del nostro Mibtel) e ridono all'inglese per la vignetta di prima pagina del Daily Telegraph, dove lo straordinario Matt in quattro centimetri quadrati disegna una pensionata che nel tavolino della cucina tiene in mano un giornale con gli andamenti di borsa e il marito alla credenza: "Abbiamo finito anche le bustine del tè, siamo affacciati sull'abisso". Ho riso anche io. Unici italiani citati nei titoli in tutto il Telegraph di ieri: Giovinco come nuova stella della Juventus (e a Torino manco gli hanno rinnovato il contratto, è troppo giovane); Capello, che qui è un eroe. Rido già meno.

Marble Arch
Che poi, esci per strada e sarà il sole, sarà che Londra a me pare l'unico centro del mondo immaginabile quando non sono a New York, e non sembra che ci sia poi tanto da aver paura. La gente corre, corre, corre e dà l'impressione di sapere dove sta andando. Davanti al Marble Arch si snoda l'incrocio tra la bellezza immota di Hyde Park, la frenesia commerciale occidentale di Oxford Street, l'avvio del regno musulmano di Edgware Road, dove se passeggi di notte e ti dicono che sei a Beirut, ci credi. E in questa mescolanza che parte da un arco in marmo che ci riporta dalle parti di Roma, senti che c'è una vittoria possibile e Londra è sempre Londra, anche quando ha un po' di paura.

Numeri
Chance di vittoria di David Cameron alle prossime elezioni inglesi: 80%. Dopo il discorso di ieri al congresso conservatore: 95%. Numero di stanza nel mio hotel: 565, è palindromo, porta bene. Fuso orario inglese rispetto all'Italia: -1. Giorni che ho impiegato ad accorgermene: 2.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Diary from this swinging London - 2
Inserito da: Admin - Ottobre 04, 2008, 03:53:13 pm
3 ottobre 2008, 12.20.30

Diary from this swinging London - 2

DIARIO (ON LINE) DA UNA LONDRA ATTERRITA - SECONDA PARTE

di Mario Adinolfi per Europa


L'altalena
Bisogna passare una mattinata con gli inglesi che si occupano di Borsa, per capire bene quello che significa essere ansiosi in questa ottobrata londinese. Guardarli corrucciati, ma speranzosi, quando all'apertura il loro indice Ftse fa segnare un mezzo punto di crescita; vederli agitarsi quando ogni pugno di minuti si mangia un decimale di quell'avanzata effimera; osservarli diventare frenetici quando alle dieci del mattino tutto il listino gira in negativo e s'annuncia un'altra giornata di perdite. Questa è la nuova swinging London e l'altalena non regala sensazioni piacevoli.

Giovani europei crescono
Da Starbucks in Regent Street incontro un gruppo che pare preso dritto dritto dal film sull'appartamento spagnolo, do you remember it? Manuela ha 24 anni, è calabrese e parla in maniera incredibilmente fluente almeno tre lingue, quelle che, ammirato, le ho sentito spiccicare. E' minuta, carina, determinata e stanca. E' all'ennesimo stage presso un'istituzione italiana a Londra, dopo laurea e specializzazione: della sua competenza linguistica prova a fare un lavoro, ma sa già che a fine anno lo stage finirà e arrivederci e grazie. E' arrabbiata, ce l'ha con la politica, tutta, governo e opposizione. Ce l'ha con un'Italia che lascia soli i suoi figli. Esther le propone una strada: lei ha 26 anni, spagnola di Madrid, è reduce da un colloquio per una multinazionale americana che ha sede in un piccolo centro inglese "in the middle of nowhere". Il colloquio è andato bene, lei spera di non essere presa perché vorrebbe restare vicino alla nonna in Spagna, ma lascerà fare al caso. Se la chiamano, va lì, nel posto sperduto. E sia quel che deve essere.

Ricercare costa
Poi c'è il ventitreenne in pieno Erasmus all'università di Lovanio, viene dalla Puglia, mi faccio raccontare della forza dell'Opus Dei che ho conosciuto tempo fa proprio in quell'ateneo belga. C'è ancora, più forte che mai. E dalla Sardegna invece arriva Vincenzo, venticinque anni, più indulgente verso la politica italiana e ammiratore di Renato Soru. Incontro anche il mio amico Pasquale, dottorando under 30 con barbetta tra il mefistofelico e il persiano e allora con lui mi faccio un altro giro su Edgware Road, la Beirut londinese di cui vi raccontavo ieri. Pasquale ha un cervello grande così, prova a far di tutto per non lasciare il nostro paese, ma intanto ha messo un piede alla Ucl, l'università che raccoglie 350 ricercatori dottorandi da tutto il mondo. Da Costa caffè, in mezzo a un suk arabo e con davanti la Islamic Bank of England, mi racconta le sue ambizioni e le recenti ingiustizie subite dalla sua terra, la Basilicata. Mi incupisco. Per rimettermi di buonuomore, mi promette i biglietti per il West Ham. La squadra di Zola. Che qui è ancora idolatrato, perché a Londra avere talento è ancora un motivo di vanto e da noi Baggio, che era Baggio, finiva in panchina.

Numeri
Sterline necessarie per un abbonamento mensile flat al wi-fi in tutta Londra: 15 (18,5 euro). Anni da cui il servizio è disponibile: 3. Anni che mancano alle Olimpiadi: 4. Metri di distanza tra cartelli che ci ricordano che le prossime Olimpiadi si fanno a Londra: 3. Sterline che guadagna ogni settimana J. K Rowling, inglese autrice di Harry Potter: 3 milioni. Patrimonio personale in sterline dell'autrice di Harry Potter: 560 milioni. Posizione in classifica tra le persone più ricche del Regno Unito: 1. Posizione in classifica del primo scrittore nostrano tra le persone più ricche d'Italia: ahahahahahah.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Generazione U e il Pd, un anno dopo
Inserito da: Admin - Ottobre 07, 2008, 11:19:40 pm
Oggi 7 ottobre 2008, 4 ore fa


Generazione U e il Pd, un anno dopo


La settimana prossima festeggeremo il primo compleanno del Partito democratico, pieni di dubbi e qualche rabbia per come sono andate le cose con il paese consegnato alle destre e anche per una sorta di paralisi anche delle passioni oltre che della politica che ci affligge tutti, ma questo non toglie nulla alla forza evocativa che assume per tutti noi la data del 14 ottobre. In particolare, per quel gruppo di blogger che sotto le insegne di Generazione U un anno fa si sottopose al giudizio degli elettori delle primarie (convincendone 5.906 che la nostra fosse la migliore opzione possibile per guidare il Pd), il 14 ottobre è la data di una festa che noi vivemmo allora come festa della democrazia diretta: dell'idea di fondo che guida il nostro impegno in politica da sempre.

Generazione U ha avuto il merito, credo, di aver offerto al Pd e al paese un compatto e motivato gruppo di giovani e giovanissimi appassionati di politica, che il 14 ottobre sono diventati classe dirigente partendo da territori che molti considerano ameni come quelli del web. Parlando all'assemblea costituente del Pd il 27 ottobre 2007 chiesi a nome di tutto il movimento che lì rappresentavo di non ignorare, di non punire, di considerare adeguatamente il mondo della rete. Beppe Grillo compreso e forse siamo stati gli unici nel Pd a tenere vivo un legame con una realtà importante e vivace come quella che dai V-Day ha espresso un desiderio di protagonismo politico a cui dovremmo essere proprio noi democratici quelli in grado di dare risposta.

Dopo l'esperienza entusiasmante della prima assemblea costituente del Pd venne la fase faticosa: quattro mesi di lavoro in commissione statuto, per riuscire a ottenere regole che rispondessero alla idea direttista per cui ci siamo battuti alle primarie. E allora le battaglie a colpi di emendamenti per avere i circoli on line, la possibilità di avere referendum interni, i forum tematici e soprattutto le primarie per le candidature a ogni livello. Abbiamo portato a casa qualche risultato, qualche scippo c'è pure stato, ma anche perché ci è arrivata tra capo e collo una campagna elettorale difficilissima da combattere, E l'abbiamo fatto in prima fila, dando l'anima, da protagonisti anche grazie alla campagna Un Blogger in Parlamento ideata da Luigi Beccia.

Nel frattempo in tutta Italia la pattuglia di Generazione U, agguerrita e contundente, si prendeva i suoi spazi: ad Ancona con Andrea Gramillano si arrivava alla guida del circolo cittadino, stesso valore quasi "egemonico" assumeva il gruppo romano di Pietralata di Cristian Umbro e Salvatore Maiolino, in Abruzzo Marco De Amicis era protagonista (con Luigi) di battaglie che avevano forte eco mediatica e poi i campani di Marco Giordano e Tonia Limatola, l'avamposto lombardo di Tiziana Fabro, i toscani che non mollano con la Demagora di Leonardo Bertini e il gruppo livornese di Alessio Botta dove ho chiuso la campagna elettorale per le politiche, la resistenza in Basilicata di Ottavio Romanelli, la forza del giovanissimo Timoteo Carpita, ormai punto di riferimento in Umbria e non sto a citare i tantissimi altri che militano per noi e per il Pd nei più sperduti angoli d'Italia.

La mazzata delle elezioni non ci ha fermato, ha rafforzato invece la convinzione che qualcosa vada non solo cambiato ma, appunto, "invertito a U" come ribadito in un intervento duro che ho pronunciato a maggio alla direzione nazionale del Pd. Ne è nata l'iniziativa Riavvia il Pd a giugno (con Lorenza Bonaccorsi, Paolo Zocchi e Francesco Soro) e a luglio una sulla questione morale voluta dal nostro Massimo Cardone. A settembre poi è arrivata la battaglia per avere primarie davvero aperte tra i giovani (con il sostegno alla richiesta di chiarezza nei regolamenti avanzata dalla radicale Giulia Innocenzi) e grazie al lavoro di Marco De Amicis e soprattutto di Cristian Umbro siamo riusciti ad avere una presenza forte all'interno del futuro movimento dei Giovani democratici.

Oggi i blogger di Generazione U sono protagonisti della vita interna del Pd, dai massimi organi dirigenti (siamo in direzione nazionale) ai forum tematici, dal partito locale al costituendo movimento dei Giovani democratici. Tutto è successo attraverso la rete e grazie alla capacità di ognuno di tenere duro nonostante la nostra professione non sia la politica e quella per la democrazia sia solo una grande passione civile, che ci nutre ma non ci dà da mangiare.

Sempre ricordando la nostra idea di fondo, che per cambiare il mondo può bastare il coraggio anche di una sola persona, basta che non sia una persona sola. E noi, con la nostra amicizia che sta forte alla base del nostro impegno e della nostra tenacia, siamo dimostrando anche in un solo anno di fatica che no, non è stato, non è e non sarà un esercizio inutile.

Contro lo svuotamento della democrazia attuato dalle destre, resta solo una battaglia democratica da fare: quella per la democrazia diretta figlia dell'idea di fratellanza evocata dalla rete, che Generazione U continuerà a combattere, perché è questa la buona battaglia.

Buon compleanno Pd, con tutti i tuoi limiti e alla faccia di chi ci vuole male.
 
(per festeggiare un anno di Generazione U nel Pd e discutere del prossimo anno di attività, ci troviamo domenica alle 17.30 nel covo di via Monterone 82)


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Vergogna italiana: Francesca Mambro è libera
Inserito da: Admin - Ottobre 09, 2008, 12:15:25 am
8 ottobre 2008,


Vergogna italiana: Francesca Mambro è libera



Io non lo so come sia persino giuridicamente possibile, visto che i condannati per strage perdono il diritto a tutti i benefici di legge e visto che Francesca Mambro è stata condannata con sentenza passata in giudicato per il più orribile, vile e sanguinoso attentato della storia italiana. Fatto sta che la condannata ormai è completamente libera, oggi con la condizionata, dal 2013 in via assoluta e definitiva (comico il commento del suo avvocato: "La Mambro esce dal carcere a tutti gli effetti con la spada di Damocle che nei prossimi cinque anni non potrà fallire altrimenti perderà questo beneficio". Poverina, lei e la sua spada di Damocle).

A inizio settimana partecipavo ad un salottino televisivo e all'uscita due fini intellettuali, che proclamano l'amicizia-con-la-terrorista che in società fa tanto chic, cinguettavano: "Povera Francesca, lei vorrebbe uscire la sera...". Ingiustizia sanata. Io ho gettato lì un commento che non sono stato capace di trattenere e la più grossa dei due fini intellettuali ha sibilato rabbia.

Sì, perché in questo vergognoso paese ormai la melma ci sommerge e allora il percorso di Francesca Mambro diventa il simbolo perfetto del fatto di quanto bene e male siano concetti ormai inutili, soppiantati dalle più hobbesiane la forza e la debolezza. Mambro e i suoi amici del giro buono sono forti e vincono, chi è morto per mano sua è debole e perde. Francesca Mambro ha avviato questo percorso con il primo governo Berlusconi, facendo uscire sul Corriere della Sera un'intervista agghiacciante e rivendicativa nei confronti degli amici missini: "Loro al governo, noi all'ergastolo". E' trascorso poco e la situazione è stata sanata. Loro di nuovo al governo, lei libera. E con il plauso generale della comunità di intellettuali che vogliono provare il brivido dell'amicizia con chi ha ucciso.

A noi cittadini comuni resta il senso della fine del senso, con la nostra capacità persino di indignazione ormai indebolita, i forti sono loro, davanti alla vergogna italiana è il trionfo dei senza vergogna.

Questi gli omicidi per i quali, strage di Bologna a parte (85 morti, 200 feriti), Francesca Mambro è stata condannata a nove ergastoli.

28 maggio 1980. Partecipa all'attentato compiuto davanti al liceo romano Giulio Cesare in cui viene assalita la pattuglia di vigilanza e ucciso l'appuntato di polizia Francesco Evangelista (detto "Serpico"), e ferito il suo collega Giuseppe Manfreda. Per aver ucciso Francesco Evangelista, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.
 
23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando "alla visione di una verità d'assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi". Mambro e Fioravanti la sera dell'omicidio festeggiano ad ostriche e champagne. Per essere la mandante dell'omicidio di Mario Amato, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna. Per aver ucciso Francesco Mangiameli, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l'imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un'auto, "Spara, spara!". Per aver ucciso Enea Codotto e Luigi Maronese, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un "infame delatore". Del commando omicida fa parte Mambro. Per aver ucciso Marco Pizzari, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

31 luglio 1981. Nell'ambito del regolamento di conti all'interno della destra eversiva, viene ucciso Giuseppe De Luca. Per aver ucciso Giuseppe De Luca, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all'agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L'efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: "La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell'encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello". Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell'eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell'agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni. Per aver ucciso Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Per aver ucciso Alessandro Caravillani, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo.

Per la strage di Bologna, Francesca Mambro è condannata all'ergastolo. Ha subito altre condanne per complessivi 84 anni e otto mesi per i reati di: furto e rapina (una ventina in tutto), detenzione illegale di armi, violazione di domicilio, sequestro di persona, ricettazione, falso, associazione sovversiva, violenza privata, resistenza e oltraggio, attentato per finalità terroristiche, occultamento di atti, danneggiamento, contraffazione impronte.

Nel 1994 Francesca Mambro concede l'intervista intitolata "Loro al governo, noi all'ergastolo". Dal 1998  potevate incontrare Francesca Mambro libera per le strade di Roma, lavora presso "Nessuno tocchi Caino" insieme al marito e collega d'imprese Giusva Fioravanti, in regime di semi-libertà. Da dieci anni già non vive più in carcere: ha ucciso 96 persone, ne ha ferite centinaia e non c'è nessun italiano nella storia del nostro paese che abbia ucciso quanto lei.

La libertà definitiva per Francesca Mambro, che per aver ucciso 96 persone è stata in carcere 16 anni, arriverà nel 2013: giusto compimento della legislatura, mi verrebbe da dire.

Qualcuno deve spiegarmi come questo sia possibile. Ma la melma sale, tutto è indifferente, giusto e ingiusto sono aggettivi inutili e allora che Mambro sia libera, che gli intellettuali cinguettino, tanto chi è morto per mano sua a 17, 23, 36 anni è già stato dimenticato, chi è morto bambino in una sala d'aspetto della stazione di Bologna, non può parlare. Vince sempre chi è più forte e "giustizia" in questo paese è una parola senza senso.

Il simbolo di questa insensatezza è la libertà di Francesca Mambro.



dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Obama e Cameron
Inserito da: Admin - Ottobre 10, 2008, 11:28:08 pm
10 ottobre 2008,

Obama e Cameron


Mi sono ritrovato all'improvviso, nel corso di una bella trasmissione Radio Incontro organizzata per discutere ancora del caso Mambro, a dover rispondere ad un ascoltatore estremamente preoccupato per la condizione di catastrofe che stanno vivendo le borse mondiali. La richiesta era quella di indicare una possibile soluzione e a me ne viene in mente solo una, così l'ho consegnata alla riflessione del mio interlocutore con una frase sola, forse troppo semplice, ma non superficiale: "La soluzione alla cattiva gestione dell'economia è sempre la crescita di una buona politica".

Io non ho mai creduto nella dottrina della "mano invisibile", quella che ha nutrito per un paio di secolo i liberisti di mezzo mondo, secondo i quali esiste un meccanismo miracoloso nelle economie di mercato che, attraverso le leggi della libera concorrenza, si "autoregolano". Io credo nel decisivo ruolo di controllo e vigilanza del sistema politico che deve con attenzione regolare la libertà del sistema economico. In questo contesto, però, il crollo di consenso e di conseguente legittimazione delle classi politiche nel mondo occidentale, genera a mio avviso il crollo delle impalcature del nostro sistema economico.

Da questo punto di vista, alla richiesta di soluzione invocata dall'ascoltatore di Radio Incontro, io non voglio sfuggire. Noi abbiamo maledettamente bisogno di buona politica e da questo punto di vista, forse, siamo alla fine di un tunnel. Non voglio impostare questa riflessione in un'ottica di parte: la buona politica è oggi il cambiamento. Le vecchie impalcature collassano perché gruppi dirigenti troppo statici hanno reso un pessimo servizio all'idea stessa di democrazia. Ancora una volta, le novità arriverenno dal mondo anglosassone e hanno due nomi precisi: Barack Obama in America e David Cameron nel Regno Unito.

Un democratico e un conservatore. Se fossi cittadino americano, voterei Barack Obama perché la dinastia dei Bush ha completamente fatto il suo corso, chiudendo la sua storia nell'ignominia, tradendo persino i suoi principi con il maxipiano da 700 miliardi di dollari che sta affossando ulteriormente l'economia americana. Se fossi cittadino britannico, voterei David Cameron perché il suo discorso al recentissimo congresso conservatore è stato assai convincente e l'ha fatto somigliare nei miei ricordi al primo strepitoso Tony Blair, quello del congresso laburista di Blackpool. La dozzina d'anni di dominio laburista è arrivata naturalmente al suo capolinea, Gordon Brown non gode della fiducia di una parte considerevole persino del suo partito e il potere, nei paesi normali, logora chi ce l'ha per troppo tempo.

Nel cambiamento politico, affidato a personalità giovani e serie che godano di una reale legittimazione popolare, risiede la soluzione possibile per il disastro economico che vediamo srotolarsi sotto i nostri occhi. Obama e Cameron, un democratico e un conservatore, sono la luce su cui fissarci per uscire da questo maledetto tunnel. Le due opzioni in campo sono: il capitalismo totalitario alla cinese o la democrazia dell'economia sociale di mercato. I liberisti puri abbandonano il campo, sconfitti. Per tutti, c'è la grande occasione di mostrare al mondo che l'Occidente sa rigenerarsi e lo sa fare attraverso il voto dei cittadini che sanno capire quando è il momento di cambiare.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - YOUDEM, ALDO GRASSO E LA TV MORTA SENZA WEB
Inserito da: Admin - Ottobre 17, 2008, 12:00:21 am
Ieri 15 ottobre 2008, 14.33.09


Contro le élites

YOUDEM, ALDO GRASSO E LA TV MORTA SENZA WEB

di Mario Adinolfi per Europa


Due premesse
Devo necessariamente premettere, per prima cosa, che io lavoro per la "concorrenza". Youdem la guardo anche perché faccio il vicedirettore a Nessuno Tv e l'esordio dei "cugini" (da noi diciamo "i laziali") non può non incuriosirmi. A me è sembrato un ottimo esordio, in linea con quanto promesso da Veltroni alla presentazione e con le idee di fondo, che conosco bene, di Bruno Pellegrini che la realizza insieme a Luciano Vanni e Andrea Soldani. Una televisione di flusso, basata sugli user generated contents, cioè sui contenuti generati dagli utenti democratici. Il modello è la Current Tv di Al Gore, che non è solo una grande idea di comunicazione innovativa, ma anche un business di proporzioni potenzialmente colossali. A me Youdem piace, ad Aldo Grasso no che l'ha stroncata con un intervento in voce sul sito del Corriere della Sera. Qui, la seconda premessa doverosa: Aldo Grasso ha un pregiudizio colossale verso la rete e i blogger, ne ho fatto le spese personalmente beccandomi stroncature a ogni passo e la cosa ha costruito una forte reciproca antipatia. Però, come io ho riflettuto su alcune cose scritte da Grasso nei miei confronti, traendone beneficio, spero che lui possa provare a riflettere su qualche idea che gli regalo qui. Le antipatie personali resteranno intatte, ma forse qualcosa si smuoverà anche nel pensiero tetragono di colui che si considera il papa della critica (televisiva e non solo).

Il mondo analogico delle élites novecentesche
Aldo Grasso rappresenta il mondo analogico delle élites novecentesche, di quelli che pensano che il percorso di ogni idea sia: un gruppo di eletti (per censo e casta) pensa, attraverso i mezzi di comunicazione l'idea viene elaborata, dibattuta, trasmessa al popolo. Ogni allargamento eccessivo della base di coloro che pensano e trasmettono, è deleterio. Toglie potere alle élites e dunque va combattuto. Nella critica contro Youdem trasmessa ieri attraverso il sito del Corriere, Grasso diceva testualmente: "Ben vengano le televisioni. A noi quando hanno chiuso la Tv delle Libertà della Brambilla, francamente ci è dispiaciuto". Passi l'errore di grammatica ("a me mi" non si dice, lo insegnano da piccoli, ma qui non si è pedanti). Il divertente è l'uso del "pluralis maiestatis". Grasso, voi che siete dispiaciuti per la Brambilla, chi siete? E, ormai, quanti siete?

L'abbattimento delle barriere
La rete abbatte la barriere: toglie potere alle élites, redistribuendolo. Youtube, i social network, i blog non sono solo luoghi per giovani perditempo, come prova a dire Grasso da anni. Sono un nuovo modello rivoluzionario di distribuzione dei contenuti, che quasi azzera anche i costi di produzione e potenzialmente apre praterie alle idee di chiunque. Sì, di chiunque. Ed è nell'indeterminatezza di questo "chiunque" che risiede la forza rivoluzionaria del modello. Ad oggi del tutto potenziale, d'accordo, siamo agli albori: le idee sono ancora poche e raffazzonate. Ma si raffineranno. Noi siamo piccoli. Ma cresceremo. E allora virgola, ce la vedremo.

Basta con le cricche
La potenzialità più affascinante è la fine della logica delle cricche, che in Italia raggiunge il suo apice. Grasso ha usato la settimana scorsa una paginata del Magazine del Corriere della Sera per una ripicca in linguaggio cifrato contro Giovanna Salza, direttore della comunicazione di Air One, per una questione di mancato accesso alla sala vip. Ma è mai possibile che in questo paese il giornalismo delle élites si sia ridotto ormai a pura guerra tra clan? No, non è possibile. Qualcosa di nuovo è alle porte e la rete lo sta rendendo possibile: è la rivoluzione dei contenuti generati dagli utenti (per inciso, domani alla Casa del Cinema di Roma alle 20 ne discuteremo con Luca Sofri e anche con il direttore di Corriere.it in un evento organizzato da Current Tv e Warner Bros). Per ora, è una questione di quantità: le élites si restringono e si arroccano, la marea della rete conta miliardi di individui pensanti. Occorre lavorare sulla qualità e la rivoluzione sarà compiuta. E anche per la tv, come per ogni forma di comunicazione top-down, sarà la morte, se non sposerà la logica reticolare del web.


dal blog da Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Una notte, una mattina, le belle parole
Inserito da: Admin - Ottobre 18, 2008, 10:13:12 pm
18 ottobre 2008,

Una notte, una mattina, le belle parole



Saranno state le tre di notte, stanotte, in una sala di poker accaldata per eccessivo affollamento. In mano ho le paperelle. Insomma, per voi profani, una coppia di due. La coppia più bassa e più incerta del texas hold'em. Il tavolo l'avevo dominato, l'heads up finale era andato senza scossoni, l'ultimo avversario rimasto a separarmi dalla seconda vittoria consecutiva nella mia specialità preferita (sit and go da dieci giocatori, stack tremila e bui da dieci minuti a partire da 25-50: poco margine di manovra, non bisogna mai sbagliare una mossa o si è fuori) era bravo e tenace e benvestito, ma poco fantasioso e così era finito rapidamente all'angolino. Senza farla troppo lunga: all in con la coppia di due, il rivale non folda, ormai aveva troppo poco davanti, era costretto a chiamare con donna e sette off (cioè, di seme diverso, incoltivabile anche l'ambizione del colore). Flop: jack, cinque e nove. Turn: king. River: due. Tris di due. Gioco, partita, incontro. Stretta di mano.

Da un tavolo limitrofo arriva Daniele. Personaggio particolare, filatelico di professione, si siede a giocare sempre chiedendo un bicchiere di vino rosso e conserva una sorta di eleganza nonostante la barba sale e pepe appaia sostanzialmente mal rasata. C'è un'istintiva simpatia, nata da qualche chiacchiera su Gronchi rosa e dintorni e da un'amicizia comune. Daniele mi aveva promesso dall'America una maglietta particolare di Obama, raffigurato in un ideale francobollo e con la scritta: "CHANGE". Ma si sa come sono le promesse di noi giocatori, possono valere moltissimo o niente del tutto, farci affidamento non è una grande idea. Vanno ascoltate e dimenticate. Io avevo dimenticato la promessa di Daniele, lui no e mi si è avvicinato con un pacchetto arancione e dentro la tshirt azzurrocielo con il francobollo ocra e la faccia di Obama e la scritta.

Ora, io stanotte ho vinto parecchio ai tavoli di poker, ma l'unico vero premio mi è sembrata quella maglietta del futuro presidente americano che sa giocare (e bene) a texas hold'em e vi assicuro che non è un caso.

Questa mattina alle undici e mezzo sono stato convinto ad andare a fare colazione. La tshirt di Obama mi tirava un po' sulla pancia, si sa che non sono proprio esile, ma sembrava una tecnica per rendere più visibile la scritta in stampatello maiuscolo: "CHANGE". Sono uscito così, bermuda reebok e maglietta Obama. Io sono sempre distratto, ma chi mi accompagnava ha un occhio estremamente allenato dalla sua passione per la fotografia a cogliere lo sguardo degli altri: e mi ha raccontato di un'attenzione, di un'istintiva simpatia, di una sorta di coinvolgimento con sussulto del passante casuale.

Mi appare chiaro, indossavo l'effige di una persona che si è fatta simbolo. Non conta più il fatto che sia un bravo politico o un ottimo pokerista o un eccellente giocatore di basket. Non conta più cosa dice, perché ormai si è incarnato nella Parola. La sua parola è cambiamento. E' la stessa parola che, se ci pensate, riguarda in questi giorni il nostro Roberto Saviano. Ormai non è più lui, ormai è incarnato nella parola che ha diffuso.

Ci sono in giro dei presagi. Simboli di non rassegnazione. Parole. Alla dittatura di chi vi spiega sempre che "servono i fatti, mica le belle parole", rispondete che il mondo non è mai stato cambiato dai fatti spicci di Joe l'idraulico.

Il mondo lo cambiano le belle parole. E le belle persone.




(It was a creed written into the founding documents that declared the destiny of a nation.Yes we can)


Non eravamo alla direzione del Pd

17 ottobre 2008, 15.56.00


Prima o poi la finirò di guardare e pensare che l'antipaticissimo tipo in questione, se guarisse da inutili spocchie e sciocche teorie elitiste, potrebbe tornare utile alla battaglia per cambiare davvero questo cazzo di paese, partendo dalla Rete.



dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Noi facinorosi e la questione del realismo
Inserito da: Admin - Ottobre 25, 2008, 07:05:05 pm
24 ottobre 2008,

Noi facinorosi e la questione del realismo

OBAMA, FACEBOOK, LA PIAZZA, L'AGORA'

di Mario Adinolfi per Europa (in edizione straordinaria per la manifestazione del Circo Massimo)


Noi facinorosi

Noi dobbiamo decidere molte cose in queste giornate particolari, che sono giornate di piazza reale e virtuale, di scuole occupate e di blog intasati, di lotta e di social networking. Quando dico noi intendo dire noi "facinorosi", noi che non stiamo esattamente a nostro agio in questo clima nazionale che oscilla quotidianamente tra la commedia degli equivoci e la tentazione autoritaria. Quando dico noi intendo dire noi democratici, vorrei aggiungere noi direttisti, noi cioè che crediamo che l'azione diretta anche dei singoli in democrazia debba essere un valore tutelato e patrimonializzato. Quando poi i singoli si associano e l'azione diretta diventa di massa, il simbolo più prossimo che ci viene in mente è quello del corpo civile metaforizzato nell'idea di rete e non a caso la rete è il connettore attraverso cui questo flusso di idee "facinorose" corre e scorre.


La corsa alla presidenza americana

Diedero del facinoroso anche a Barack Obama qualche mese fa, lo fecero i vertici del partito democratico, lo invitarono a un "reality ckeck", cioè a una verifica realistica delle sue possibilità reali di battere Hillary Clinton prima e il candidato repubblicano poi nella corsa alla Casa Bianca. Gli dissero di "non farsi incantare da internet" per non fare la fine di Howard Dean che quattro anni prima era stato surclassato dal realismo di John Kerry. Obama, pressato da questi realisti, diede un'occhiata al suo profilo Facebook dove i suoi sostenitori erano diventati più di un milione e concluse che la cosa non doveva necessariamente portare sfiga.


Non siate realisti

Ecco, io credo che questa non sia una stagione per i realisti, io credo che qui serva il colpo d'ala un po' visionario di chi crede e fortemente crede che un afroamericano figlio di un keniano un po' disgraziato e di una donna bianca del Kansas morta troppo presto, possa veramente diventare simbolo di un cambiamento che corre e scorre attraverso la rete, riportando milioni di persone che hanno meno di quarant'anni ad iscriversi in America alle liste elettorali, con un fenomeno di ritorno alla politica che non si verificava più da decine di anni.


Come ad Atene

Credo che però si debba a queste persone, come alle persone che affolleranno il Circo Massimo, il massimo di rispetto: il ritorno alla politica non consente ai politicanti di trattarle come fossero pubblico, spettatori, supporters. Sono, sempre per mutuare il linguaggio Facebook che politicamente peraltro affonda casualmente in una radice precisa, "amici". E allora la piazza non sia solo piazza, il Circo Massimo non sia solo il Circo di Walter, ma proviamo a trasformare il tutto in agorà, in diritto di cittadinanza, in territorio della democrazia diretta, come agli albori della storia dell'uomo libero, come ad Atene che da lì parte la lezione che ancora oggi, faticosamente, proviamo a portare avanti: che il governo dei cittadini è meglio del governo di uno solo o di pochi.

dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Un triste giorno
Inserito da: Admin - Ottobre 29, 2008, 03:45:09 pm
29 ottobre 2008,

Un triste giorno


Dalle finestre di casa ascolto gli slogan degli studenti davanti al Senato, dove il decreto Gelmini è legge dello Stato. Una stupida operazione che nessuno può chiamare "riforma": è solo un colossale taglio alle risorse della già disastrata scuola italiana, senza alcuna idea di rilancio e di sviluppo della pubblica istruzione in Italia.

Ora i ragazzi, le famiglie, gli insegnanti devono continuare la lotta. Questo è un triste giorno per il paese.

Vecchio stile
Ieri 28 ottobre 2008, 13.09.00
Ma avete mai ascoltato di seguito le canzoni di notte di Guccini? Sono tre e quando è quasi l'alba o nei tempi bui servono a capire meglio.

Questa è la prima, scritta nel mio anno di nascita (1971), francamente la peggiore delle tre...

c'è ancor tempo per pensare, per maledire e per versare il vino,
per pianger, ridere e giocare e il giorno sembra ormai così vicino,
e il giorno sembra ormai così vicino




La Canzone di Notte numero 2 è la più bella ed è di più trent'anni fa (1976)

e poi, voi queste cose non le dite,
poi certo per chi non è abituato pensare è sconsigliato,
poi è bene essere un poco diffidente
per chi è un po' differente

Ma adesso avete voi il potere,
adesso avete voi supremazia, diritto e Polizia,
gli dei, i comandamenti ed il dovere,
purtroppo, non so come, siete in tanti e molti qui davanti





Infine la Canzone di Notte numero tre, che ha solo ventun'anni...

ogni giorno riapro i vetri e alzo le vele, se posso prendo,
quando perdo non sto lì a mandar giù fiele e non mi svendo
e poi perdere ogni tanto ci ha il suo miele
e se dicono che vinco stan mentendo

perchè quelle poche volte che busso a bastoni,
mi rispondono con spade o con denari,
la ragione diamo e il vincere ai coglioni, oppure ai bari,
resteremo sempre a un punto dai campioni (tredici è pari),
ma si perda perchè siam tre volte buoni
e si vinca solo in sogni straordinari...


Questo è un post personale e politico.



DAL BLOG di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Sull'idea (tramontata) di coalizione
Inserito da: Admin - Ottobre 31, 2008, 03:52:57 pm
31 ottobre 2008,


Sull'idea (tramontata) di coalizione


L'intervista di Massimo D'Alema a Massimo Giannini oggi su Repubblica apre un interrogativo su cui è meglio non andare di melina, che il nodo politico dei prossimi mesi per i democratici è tutto qui. L'ex premier afferma: "Bisogna lavorare per costruire attorno al Pd una vasta coalizione democratica". Lo scenario preferito da D'Alema mi pare di scorgerlo: alle europee con l'attuale legge, rafforzamento conseguente di ciò che è a sinistra del Pd che tornerebbe ad esprimere rappresentanze politiche istituzionali, dialogo con l'Udc e ex comunisti a fare perno egemonico per tenere insieme quello che insieme, in natura, non può stare.

Insomma, quando D'Alema invoca la "vasta coalizione democratica" dovremmo subito rivolgergli la domanda: "Vasta? Quanto vasta? E ancora giri con la parola 'coalizione'?". Perché tornare al concetto che l'importante è vincere (e non tanto convincere) dunque per vincere riproponiamo la vecchia idea della coalizione che va da Mastella a Luxuria, cambiandone i confini con Tabacci e Vendola, a me proprio non piace. E su questo dobbiamo discutere subito, altrimenti si annideranno nel Pd incomprensioni ed equivoci, che esploderanno subito dopo il voto delle europee rischiando di devastare e mettere sostanzialmente fine al partito.

Quello che credo D'Alema non capisca è che ad essere andato in crisi è il concetto stesso di "coalizione", ottimo strumento politico che ha condotto l'Italia fuori dalle secche nella seconda metà del Novecento, ma oggi inadatto ad essere convincente in un contesto completamente stravolto dal tempo accelerato in cui siamo condannati a vivere. L'accettazione del tramonto dell'idea di "coalizione" è l'esercizio intellettuale più complicato per i leader che si sono formati nei partiti storici repubblicani, tutti imbevuti di concetti legati allo schema iper-proporzionalista per cui la modernizzazione era legata all'allargamento dei confini delle coalizioni stesse: dal centrismo al centrosinistra, dal centrosinistra al compromesso storico. L'uccisione di Aldo Moro manda in frantumi lo schema, l'esperienza del pentapartito prepara l'Italia alla crisi devastante degli Anni Novanta, ma alcuni non hanno capito che le lancette non possono essere portate indietro.

L'idea di coalizione è tramontata, l'unica vera intuizione politica del Pd è aver consegnato il paese alla possibilità del bipartitismo: sarà Pd contro Pdl e le ultime elezioni hanno dimostrato quanto tra gli elettori sia già passato questo concetto. Ora noi dobbiamo attrezzarci per questa evoluzione e a chi è alla nostra sinistra, ma ancor di più a chi è vicino alla decisiva area moderata, dobbiamo offrire un vero diritto di cittadinanza politica all'interno di un'idea nuova di Partito democratico, realmente ricalcata sui modelli anglosassoni di riferimento (Democrats americani e neolaburisti inglesi). Io penso che se nel Pd c'è Follini, certamente nel Pd può starci Tabacci; se c'è Nesi può starci Vendola. Soprattutto, possono starci, se costruiamo una casa adatta ad accoglierli, tutti gli elettori di radice cattolica e di sinistra che attualmente ancora non votano per noi. Inutile pensare di arrivare a loro tramite la scorciatoia del mantenimento in vita di partiti e partitini. La casa comune deve essere il nuovo Pd, più aperto e con le finestre finalmente spalancate.

Dobbiamo discuterne subito, per non restare schiantati a giugno da un Pdl che veleggerà verso il cinquanta per cento dei consensi (avendo colto la lezione bipartitista facendo tramontare la stagione della coalizione) e noi a difendere la ridotta del trenta, consegnati ad un destino che non ci vedrà, a quel punto, né vincere né convincere per molti e molti anni.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Né Veltroni, né D'Alema
Inserito da: Admin - Novembre 06, 2008, 09:53:07 am
5 novembre 2008, 14.59.31

Né Veltroni, né D'Alema


Ho chiuso alle sette di mattina la conduzione della diretta di Red indossando il cappellino di Obama che mi ha portato Piero con su scritto "Time for change". Ho fatto colazione, ho dormito un po', poi ho scritto questo articolo per Europa. 



LA LEZIONE: FARE RETE, ESSERE OUTSIDER, RIFIUTARE LE COOPTAZIONI

di Mario Adinolfi

Ho dedicato questo spazio ieri al dialogo in rete tra due blogger autorevoli: Matteo Orfini, tra i principali collaboratori di Massimo D'Alema; Luca Sofri, arruolato da Walter Veltroni nella direzione nazionale del Pd. Il confronto tra i due verteva attorno alle qualità dei giovani del Pd, per Orfini "pippe senza idee", che vogliono "far fuori" quelli che per Sofri sono "apparati di partito". I due se le sono date, io per una volta ho tifato Sofri e nella serata di nascita di Red Tv ne ho parlato con Orfini. Poi, è arrivata la vittoria di Obama. E la lezione mi è sembrata chiara.

Con Barack Obama vince un outsider, un afroamericano che otto anni fa non veniva neanche fatto entrare alla convention democratica che incoronava lo sfortunatissimo Al Gore e la seguiva da un bar di Los Angeles. Con Barack Obama vince un politico che ha saputo utilizzare l'entusiasmo giovanile, veicolato in particolare attraverso la rete da quegli strumenti straordinari che sono i social networks, blog e Facebook in testa. Con Barack Obama vince un uomo che ha sempre rifiutato i meccanismi dell'appartenenza alle "cricche" che generano cooptazioni, fin dagli anni della sua carriera accademica, scegliendo un profilo chiaro e battendosi nettamente per le idee che lo hanno caratterizzato.

Fare rete, essere outsider, rifiutare le cooptazioni credo siano i tre capitoli della lezione che ci arriva dal quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti. E' una lezione tutta figlia del tempo nuovo, la prima grande lezione politica del terzo millennio, la prima vera enorme novità politica planetaria offerta dal ventunesimo secolo alla platea dei contemporanei e alle pagine dei libri di storia. Possiamo declinare questa lezione in italiano? Le difficoltà che dobbiamo affrontare noi in questo paese sono immense rispetto alla pur ardua impresa costruita da Barack Obama. Tutto il sistema da noi è basato interamente sui meccanismi di cooptazione e già oggi possiamo leggere sui giornali che il primo effetto della vittoria di Obama nel Pd sarà l'ennesima apposizione dei gradi di "colonnelli" sulle mostrine un paio di under 40, da parte di generali che pensano così di poter durare ancora a lungo.

A Veltroni, a D'Alema, a tutti quei dirigenti politici "storici" che hanno avuto il merito di costruire il Pd, arriva dagli Usa un'ulteriore lezione e una richiesta di generosità. Attenzione: la generosità che va richiesta non è quella di ampliare le maglie della cooptazione, in modo da far entrare più persone possibile in rappresentanza delle giovani generazioni. Le generosità che va richiesta è collegata alla lezione: non si liberano energie senza conflitto politico tra gli establishment e gli outsider portatori di idee nuove. Perché questa sana competizione si crei, c'è bisogno di costruire un campo e delle regole, di più ancora uno spirito, che la consentano davvero. I dirigenti storici del Pd non sono gli Obama italiani, nessuno di loro potrà esserlo. L'Obama italiano ancora non c'è, è là fuori, come Barack nel bar di Los Angeles a assistere alla convention senza essere neanche invitato. Noi dobbiamo cercarlo con ostinazione, sanando dialettiche inutilmente aggressive come quelle tra gli Orfini e i Sofri e che facciano rete sulle idee comuni, capendo che è il momento di dare battaglia, ma battaglia vera senza subire le sirene della cooptazione e rifiutandola. It's time for change. Ed è ora o mai più.


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E' andata

5 novembre 2008, 5.22.00


YES. WE. CAN.

La lezione, ora, applichiamola all'Italia. E Obama non mette in crisi Berlusconi. Apre piuttosto una questione dentro il Pd.

Ne parleremo.

Per ora, è alba ed è festa.


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Parte il Finimondo
Inserito da: Admin - Novembre 07, 2008, 03:32:18 pm
6 novembre 2008, 10.25.23

Parte il Finimondo



Da oggi parte la mia nuova trasmissione in diretta su Red Tv (tutti i giorni, ore 12.05, anche in streaming web su www.redtv.it) e penso d'aver azzeccato il titolo: Finimondo. Quando l'ho scelto pensavo a Obama e a quella bella canzone dei Rem che dice "It's the end of the world as we know it (and I feel fine)" che non a caso fa da sigla al programma. E' la fine del mondo che conosciamo ed io mi sento proprio bene.



Il primo ospite oggi è Raffaele Cantone, il pm del processo Spartacus che mentre preparava la requisitoria è stato oggetti di una lettera con minacce esplicite insieme a Roberto Saviano, da parte del clan dei Casalesi. Oggi vive sotto scorta, ma i boss di Casal di Principe sono quasi tutti in carcere anche e soprattutto grazie al lavoro faticoso e rischioso e quotidiano di persone come lui. Ha 43 anni, ha scritto un libro e il Finimondo che piace a noi è quello creato da storie così: un bravo studente di giurisprudenza nato a Giugliano, paesone del napoletano cuore della camorra, che vince il concorso all'Inail e poi quello in magistratura e fa quello che deve fare. Solo per giustizia, come recita il titolo del suo libro.

Questo è il significato più profondo di Yes We Can, credo. Significa guardare al luogo in cui si è nati, al mondo in cui il caso o il destino o gli dei ci hanno catapultati, e trasformarlo in meglio. Nel caso questo mondo non ci piaccia, fare tutto ma proprio tutto il possibile per decretarne la fine. E' una strada praticabile e non serve essere supereroi dotati di poteri straordinari. Si può essere figli di un immigrato del Kenia o di un taciturno che muore per un ictus troppo presto, si possono attraversare le strade più complicate, coltivare nel cuore la sensazione disperata che non ci sia niente da fare, eppure farlo lo stesso.

E allora il mondo cambia. Si vince un'elezione presidenziale, si mettono i boss della feroce camorra casalese (quella che ha ucciso un prete mite e determinato come don Peppino Diana) dietro le sbarre. Lo si fa, perché lo si deve fare, senza troppe chiacchiere e quasi senza clamore. Perché per cambiare il mondo, per decretarne la fine in quegli aspetti che non ci piacciono più, basta anche la passione per la giustizia di una sola persona, basta che non sia una persona sola.

Non è necessario essere Obama, in un'America che sa cambiare. Basta essere Raffaele, in un'Italia che sembra non cambiare mai. Eppur si muove e vedremo presto quanto.

Benvenuti al Finimondo.


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Non si dimetterà
Inserito da: Admin - Novembre 18, 2008, 09:15:58 am
17 novembre 2008,

Non si dimetterà


 "La maggioranza ha rotto una prassi che noi dell'opposizione avremmo voluto non fosse infranta non ci piove", ha spiegato ancora Villari, precisando però di essere "rimasto male nel vedere giudicata la mia moralità che non è una categoria della politica".
da Repubblica.it


Ora, a me Riccardo Villari sta pure simpatico, il meccanismo con cui è arrivata la sua elezione è dovuto a un mix di malacreanza istituzionale del Pdl e di insipienza del Pd, secondo me poteva pure rimanere, ma a me questi parlamentari che ci dicono che "la moralità non è una categoria della politica" mettono tanta paura da decenni, perché sono i padri del degrado che è sotto i nostri occhi.

E non è moralismo, che siamo tutti peccatori, ma la politica che espelle esplicitamente dalle sue categorie la moralità deve essere estirpata con erba cattiva.

Per questo, Villari deve dimettersi. Per questo, non si dimetterà.

...


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Dobbiamo andare al conflitto
Inserito da: Admin - Novembre 25, 2008, 05:29:09 pm
25 novembre 2008,

Dobbiamo andare al conflitto


Scriveva ieri Giuseppe D'Avanzo su Repubblica, in un articolo di prima pagina il cui titolo sosteneva che i giovani leoni non avessero in realtà i denti: "Nella convinzione che l'azione politica si svolga tutta all'interno dello spazio mediale, ha nel PD più visibilità un demi-monde mediatico, blogger come Luca Sofri (44 anni), Diego Bianchi (38), Mario Adinolfi (37). Competenze? Pochine". E' proprio vero che il limite della battaglia delle giovani generazioni nei partiti (e anche più complessivamente nel territorio delle classi dirigenti) è dato dalla debolezza in termini di competenze? E, soprattutto: quali competenze ci vengono opposte dai gruppi oligarchici che dominano i luoghi del potere in Italia?
Le parole di D'Avanzo hanno provocato una reazione molto articolata di Luca Sofri, che forse è utile riportare nella sua premessa: "Io non amo il conflitto. Nel senso che non mi piace litigare, e preferisco, con quelli che reputo in grado di capire le cose, spiegargliele piuttosto che dir loro 'demi-monde a tua sorella', come lui oggi meriterebbe".

Riporto la premessa perché io invece amo il conflitto e ritengo che D'Avanzo se lo meriti. Ma merita anche una riflessione attenta attorno alla questione delle presunte "competenze". Io non credo che D'Avanzo abbia letto i settemila articoli che compongono il mio blog, né il mezzo milione di commenti della comunità che lo segue, che in gran parte ha scelto anche di partecipare alle primarie del Pd (in condizioni regolamentari a dir poco proibitive), presentando un programma credo abbastanza innovativo riassunto anche in un libro ("Generazione U") che certamente D'Avanzo non ha letto.

In realtà D'Avanzo non ne ha colpa. La regola dell'establishment, di cui D'Avanzo fa parte, è di non prestar fede in alcun modo e mai alle parole degli outsider, di non leggerle, in qualasiasi forma esse vengano espresse. Anzi, il primo tentativo è quello di demolirli per restare con il tranquillizzante quadretto dei rapporti di forza e di potere arcinoti da decenni. Questo vizio in realtà riguarda anche noi che pure predichiamo da tempo la necessità dello svecchiamento e non per una mera questione anagrafica. Tra me, Luca e Diego c'è poca comunicazione, qualche volta ci si guarda in cagnesco, è di queste settimane lo scontro sul web tra Sofri e un altro giovane blogger, Francesco Costa, con il duo "young" dalemiano Francesco Cundari (Quadernino per la rete) e Matteo Orfini. Questa rissosità indebolisce le idee di tutti, con Sofri e Costa che finiscono per sembrare i piccoli veltroniani, mentre Orfini e Cundari giocano l'altro ruolo in commedia.

Invece dobbiamo smetterla. Dobbiamo trovare il minimo comun denominatore tra tutti noi e pretendere la lettura delle nostre idee, che circolano sui blog come trent'anni fa circolavano sulla carta stampata. Quelle idee raccontano della necessità fondamentale di una nuova forma della democrazia, che chiamiamo democrazia diretta e vive di strumenti come le primarie libere, che non a caso generano ovunque classi dirigenti nuove, fino alla grande speranza obamiana. Nella democrazia diretta inseriamo proposte innovative. Qualche esempio: un nuovo welfare che riequilibri la spesa tra le generazioni e tocchi anche i diritti acquisiti da una platea immensa di pensionati che tolgono risorse e speranze ai più giovani; una ristrutturazione profonda del sistema dell'informazione, con un'idea di costituzionalizzazione del Quarto Potere sul modello del Csm; un incremento dell'investimento in ricerca scientifica fino al 2% del Pil; una politica rivolta alla liberazione della giovane coppia, di qualsiasi orientamento sessuale ma con priorità alle giovani famiglie con figli, con riconoscimento di incentivi per l'acquisto della propria abitazione (mutui con tassi azzerati, con risorse generate dalla messa a regime del nuovo welfare); una legge sui partiti che obblighi alle forme più dirette di democrazia interna, con primarie a ogni livello per la determinazione dei candidati.

Sono solo idee accennate, le andiamo scrivendo e propagandando da anni, ma con due difetti: non ci uniamo, non le urliamo.

Dobbiamo andare al conflitto, sulla base di queste idee e della necessità di un rinnovamento reale del paese, non solo della politica. Il fatto che queste idee circolino sui blog, non è una deminutio. Ma si faccia lo sforzo di rintracciarle, prima di giudicare.

---

(questo pezzo è uscito in forma di articolo sforbiciato per ragioni di spazio su Europa, in forma di post anche su la7.it, poi l'ho mandato via email a D'Avanzo, che ha risposto non solo con cortesia e insomma, se insistiamo un po' a far circolare le idee, in molti si accorgono che qui e su molti altri blog non perdiamo solo tempo, ma costruiamo le fondamenta di una battaglia politica che dura e durerà, hasta la victoria...)


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Il nodo
Inserito da: Admin - Novembre 28, 2008, 10:22:07 pm
28 novembre 2008,

Il nodo


Panorama scrive delle ambizioni di Enrico Letta e Nicola Zingaretti, Anna Finocchiaro si candida, Pierluigi Bersani ci spera, Red ci lavora, tutti vogliono sostituire Walter Veltroni. Da queste parti abbiamo combattuto l'Americano-a-Roma alle comunali del 2001 innalzando il simbolo della democrazia diretta, alle primarie del Pd sulla base di una candidatura e di un programma alternativi, dopo le elezioni-disastro dello scorso aprile in nome del principio che in politica o ovunque si deve rendere conto.

Oggi, però, non credo che la priorità del Partito democratico sia la sostituzione di Walter Veltroni. Oggi il nodo è il metodo e il Pd è nato su un metodo-messaggio che è la democrazia diretta insita nello strumento (pure distorto da un regolamento da nomenklatura) delle primarie. La difesa di questo metodo è, a mio avviso, il senso possibile della permanenza di Veltroni alla segreteria, che potrebbe rendere evidente la pochezza delle manovrine dei suoi avversari.

Insomma, l'elezione di Roberto Morassut alla segreteria, con un metodo da veccha politica, delegittima totalmente Veltroni nella sua unica caratteristica vincente: essere l'incarnazione e il depositario di un mandato diretto del popolo democratico.

Walter deve cogliere questa sua unicità, potenziarla e rendersi garante nel partito di questa forma identitaria. Il Pd deve essere il partito della democrazia diretta, ritengo che Veltroni e i suoi possano difendere efficacemente questo nodo, anche perché potrebbe essere per il gruppo che attualemte domina il quartier generale di Sant'Andrea delle Fratte l'unica strada di salvezza politica.
 
Se farà questo, Veltroni avrà l'appoggio mio e di Generazione U. Se continuerà ad essere solo un oligarca in battaglia con altri oligarchi, combatteremo per le ragioni originali del Pd e per la nostra radice direttista, espressa dal messaggio che proviamo ad esprimere con il mezzo della rete, cioè che non crediamo a questa élite autoproclamata e non la troviamo legittimata, vogliamo un partito composto da cittadini liberi e forti in cui le leadership siano contendibili davvero.

Anche per questo lunedì parteciperemo all'iniziativa che a Roma chiederà le primarie per l'indicazione dei nuovi dirigenti, con un ritorno alle ragioni e al metodo della democrazia diretta. Ci siamo autoconvocati al Teatro Due, su sollecitazione del gruppo Primarie Sempre e credo potrà essere l'avvio di un percorso importante, di una bella storia di nuova passione democratica.

dal Blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Se Berlusconi tocca internet, un nuovo '68
Inserito da: Admin - Dicembre 03, 2008, 04:16:04 pm
3 dicembre 2008,

Se Berlusconi tocca internet, un nuovo '68


Alla Luiss, alla giornata di inaugurazione della fondazione dedicata al carissimo Giuliano Gennaio, la discussione è stata incardinata attorno all'idea di un nuovo "vero" Sessantotto. Io ho sempre idea che per una rivolta generazionale duratura, occorra l'occasione, la miccia che inneschi il materiale incendiario. Oggi arriva Silvio Berlusconi con la sua generica e folle idea di "regolamentare il sistema web nel mondo". In Italia da anni centrosinistra e centrodestra, affollati di gerontocrati che non capiscono la rivoluzione che ha trasformato il mondo analogico in una realtà digitale, provano a mettere il collare alla rete. Non è un caso ed è certamente un processo da comprendere in profondità.

Bisogna farlo perché siamo di fronte al progredire di una malattia, che fa divergere i valori fondanti tra le diverse generazioni. Sembra che i più anziani siano stanchi di democrazia, vadano sperando in legge e ordine e, soprattutto, efficienza come elementi cruciali del vivere civile. In questo senso la "democrazia degli antichi" spera in uno schema di leadership verticalissima, fragilmente legittimata dal basso e sostenuta a tempo indeterminato da un reticolato di potere che vincoli tutti a ciascuno sul piano degli interessi. Simul stabunt, simul cadent. Questa visione oligarchica non può tollerare uma reale libera dialettica politica, non a caso si fonda sul sistema delle liste bloccate ed è alimentato da un contesto mediatico tenuto sotto controllo da potentati inscalfibili riuniti nei patti di sindacato.

La "democrazia dei moderni" è invece fondata su un altro reticolato, che è quello orizzontale del web. Crede nella democrazia diretta, vuole generare le leadership attraverso strumenti come le primarie, spera in normative che restituisca in ogni luogo senso alla parola partecipazione. Non a caso queste nuove generazioni stanno lontane dall'informazione televisiva preconfezionata e comunque schierata, così come dai giornali a cui non assegnano credibilità. Si informano, creano idee e formano una magmatica area di consenso non strumentalizzabile.

L'idea che il potere gerontocratico incarnato da Berlusconi possa voler mettere una museruola a quella che è l'agorà in cui si sta formando una nuova idea di democrazia, è semplicemente intollerabile. Sull'opzione sostanzialmente autoritaria incarnata da partiti dove si scontrano solo bande oligarchiche, si può scaraventare un'idea nuova non solo politica di società aperta che è rappresentata dal mezzo-messaggio della rete. In fondo, come nel Sessantotto, è un conflitto tra padri e figli. Speriamo, con meno conformismi e poggiandosi su visioni non egalitariste e invece meritocratiche. Ma questo conflitto è necessario.

dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Discutiamone
Inserito da: Admin - Dicembre 10, 2008, 09:48:31 pm
9 dicembre 2008, 12.06.48

Discutiamone


Dopo la sconfitta con distacco di dieci punti alle politiche, dopo il dramma della consegna di Roma alle destre, dopo il caso Morassut e la questione del mancato rinnovamento a scapito del mantenimento delle posizioni oligarchiche più estreme, dopo il tradimento dell'idea della democrazia diretta, dopo la irridente commedia di Riccardo Villari, dopo il disastro morale che ci sta per travolgere, dopo lo stallo paralizzante e disperato che sta affievolendo la forza della nostra gente, credo che la prossima settimana in direzione nazionale del tema della leadership e della persona e dei metodi del leader dovremo davvero discutere.

Se fossi Veltroni io mi dimetterei e chiederei al popolo democratico una eventuale reinvestitura attraverso congresso straordinario e nuove primarie.

Alla direzione nazionale chiederò a Walter, in amicizia e pubblicamente, perché non lo fa. Dando forza così alle trame di chi vuole soffocarlo dopo le europee. Solo che alle europee rischiamo di dover celebrare, oltre al disastro elettorale, anche il funerale del Pd che si consegnerà ad una inevitabile diaspora.

Per salvarci, dobbiamo essere estremamente chiari tra di noi.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Un disastro
Inserito da: Admin - Dicembre 17, 2008, 03:40:19 pm
16 dicembre 2008, 17.53.48

Un disastro


Ho fatto passare qualche ora, per non scrivere le parole incazzate che mi venivano in mente dopo una mattinata trascorsa incredulo a scorrere i dati definitivi delle elezioni in Abruzzo, le notizie di arresti (in carcere e domiciliari), insomma a guardare il disastro del Partito democratico.

Dobbiamo restare uniti e ragionare.

Crederci ancora, perché siamo l'unica possibilità di salvezza per questo disperato paese.

Ma essere impietosi nei confronti di chi porta la responsabilità di tutto questo e continua a minimizzare. Venerdì c'è la direzione nazionale. Io mi trattengo, ragiono e, insieme a voi, vorrei immaginare qualche indicazione politica per uscire da questo vicolo cieco.

dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Veltroni e l'ossessione della permanenza
Inserito da: Admin - Dicembre 19, 2008, 12:43:30 am
18 dicembre 2008, 8 ore fa

Veltroni e l'ossessione della permanenza


Sul profilo Facebook, su questo blog, via sms, al cell piove l'indignazione, il sarcasmo, la rabbia per quanto sta accadendo al Partito democratico.
La rete è un vulcano di parole infuocate e io provo a raccoglierle per nutrire le idee che porterò alla riunione della direzione nazionale del Pd di domani. Vorrei davvero che fosse possibile arrivare a questo importante appuntamento mescolando le riflessioni che ci agitano e per questo vi sottopongo le mie.

Io credo che la crisi che viviamo abbia la potenzialità di sfociare in un colossale naufragio per questa esperienza collettiva che è il Pd, oppure essere una grande opportunità per far nascere veramente il partito. La soluzione che Generazione U, figlia di un'altra esperienza collettiva di un qualche successo come quella della rete e del web 2.0, indica al Pd è sempre la stessa: democrazia diretta. Primarie aperte, referendum interni, protagonismo della base, rovesciamento della piramide, rinnovamento generazionale, no ad ogni involuzione oligarchica. La risposta che sembra arrivare dalla massima dirigenza del partito è sempre la stessa: chiusura a riccio, sindrome da fortino assediato, ossessione per la permanenza, elevazione a sistema dei meccanismi oligarchici, rinnovamento inefficace e attuato solo per via cooptativa.

Sui giornali si leggono ricostruzioni della riunione del coordinamento nazionale (per gli amici, caminetto) che raccontano una volontà espressa di rinunciare allo strumento delle primarie: sarebbe il tradimento definitivo del moivo fondante del Pd. Nata e legittimata dalle primarie, la segreteria Veltroni ora vuole caratterizzarsi per l'utilizzo del frangente di crisi per stringere ancora di più il controllo del partito: le nomine di Roberto Morassut qualche settimana fa alla guida del Pd del Lazio e di Massimo Brutti come commissario nella delicatissima situazione abruzzese, danno volti e nomi alla tentazione. Di contro, dalemiani e margheritini "ostili" puntano ad una sorta di condizionamento permanente della segreria veltroniana, mai amata.

Questo schema si regge tutto sul passato che ha generato il Pd. Del futuro possibile del Pd stesso nessuno si interessa. Coloro che intendono lavorare per un rinnovamento radicale, assolutamente necessario e urgente, del partito devono invece parlare di futuro. E il futuro è il modello digitale offerto dalla rete come metafora politica, dove la democrazia diretta è il perno. Nell'immediato questo vuol dire coinvolgimento di tutta la base dei simpatizzanti del Pd per la definizione delle liste per le europee con primarie aperte, ad esempio. Vuol dire anche responsabilizzazione per Veltroni e annuncio, che mi aspetto, di non essere un uomo ossessionato dalla permanenza.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - La mozione alla direzione del Pd
Inserito da: Admin - Dicembre 19, 2008, 07:12:38 pm
19 dicembre 2008, 58 minuti fa

La mozione alla direzione del Pd


La relazione di Veltroni mi è parsa un tentativo generoso ma inadeguato di fronteggiare il collasso del partito...per fortuna dieci membri della direzione nazionale hanno firmato una mozione che pone al centro di un chiaro dissenso la questione della democrazia diretta come elemento fondante del Pd. Eccone il testo, sottoscritto da esponenti provenienti dalle più diverse esperienze. Un bel risultato politico, un ottimo primo passo per dire al popolo del Pd che non esistono solo i "caminetti" di una dirigenza incrostata e ossessionata dalla propria permanenza.



È un momento difficile per il Partito Democratico e per il suo progetto. Le sue difficoltà si riassumono nella distanza fra le intenzioni di rinnovamento, democrazia, partecipazione alla base del progetto originario ed effettiva costruzione del partito dalle primarie del 2007 ad oggi. Chiediamo che oggi il PD riparta da quelle intenzioni, offrendo ai propri elettori garanzie capaci di ricostruire un rapporto fortemente compromesso: le persone affezionate alle sorti della sinistra in Italia si sentono travolte e spaesate e percepiscono come sempre piú ampia la distanza tra fiducia accordata un anno fa e immagine attuale del partito: apatico, inefficace, governato da egoismi e dissensi personali e di corrente. Non è questo il PD per il quale hanno votato, non è quello che doveva e deve essere. Il PD non deve essere un cappello di rinnovamento appoggiato su strutture, meccanismi e politiche ereditate da altri partiti, altre storie, altri tempi. Non deve essere un organismo ancora centralista e sempre meno democratico. Non deve essere la ripetizione di schemi anacronistici e perdenti. Se oggi c’è una questione morale nel PD, è quella di far bene, democraticamente, una politica di sinistra, raccogliendo il consenso degli elettori grazie a un progetto efficace e vincente: è la cattiva politica ad alimentare la corruzione, è quella buona a tenerla lontana. Per queste ragioni

Chiediamo una discussione sull’attuale governo del partito, attualmente affidato a due soli organismi (coordinamento e governo ombra) integralmente nominati dal segretario, però sulla base di spartizioni ed equilibri correntizi.

Chiediamo che sia rivalutata e utilizzata l’assemblea; e che eventuali modifiche allo statuto siano comunque discusse solo attraverso l’assemblea.

Chiediamo la democrazia interna, l’organizzazione e l’avviamento di strutture intermedie e territoriali. Chiediamo, cioè, che siano rispettati statuto e codice etico del PD, spesso violati o ignorati: organi (come questo) convocati senza ordine del giorno, in orari spesso insostenibili; conflitti d’interesse piccoli e grandi.

Chiediamo che sulla prossima scadenza elettorale –le europee– la volontà di rinnovamento e di costruzione di una nuova classe dirigente passi attraverso due scelte chiare e visibili:

Mantenere le preferenze, rifiutando qualunque modifica all’attuale legge elettorale tale da limitare la scelta dei candidati da parte dei cittadini.

Evitare pensionamenti eccellenti selezionando candidati giovani sulla base di competenze e capacità da mettere alla prova della politica europea.

Chiediamo che il PD resti fedele alla scelta delle primarie, che rinneghi le sventate marce indietro delle ultime settimane, garantendo forza e legittimazione popolare ai propri leader e candidati. In nome di questa legittimazione chiediamo a Walter Veltroni che trovino in lui condivisione e garanzia le nostre richieste, comuni ai molti che in questi mesi hanno cercato invano di riconoscere nell’immagine pubblica del PD e nelle sue scelte il progetto in cui hanno creduto e tuttora vogliono credere.


Mario Adinolfi, Giovanni Bachelet, Olga Bertolino, Cristina Comencini, Pier Giorgio Gawronski, Teresa Marzocchi, Nando Dalla Chiesa, Giulio Santagata, Martina Simonini, Luca Sofri

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Giornate da (giovani) leoni nel Pd
Inserito da: Admin - Dicembre 22, 2008, 10:22:57 am
21 dicembre 2008, 9.58.14

Giornate da (giovani) leoni nel Pd


La sensazione di inutilità della battaglia mi ha attraversato solo per un quarto d'ora, dopo il voto contrario della direzione nazionale alla mozione di dissenso che ho firmato con Giovanni Bachelet, Luca Sofri, Cristina Comencini, Nando Dalla Chiesa e altri amici coraggiosi. Lo ammetto, mi ero illuso a un certo punto che potesse esserci un finale diverso: Veltroni che chiedeva il voto favorevole alla nostra mozione. L'avrebbe liberato da molti vincoli pericolosi innanzitutto per la sua azione e avrebbe riaffermato la centralità della democrazia diretta incarnata nelle primarie. Invece le primarie stesse sono diventate un impaccio per questa nomenclatura piddina che balla sul Titanic e i casi di Firenze (primarie annullate dieci giorni prima del voto) e di Forlì (primarie in cui il sindaco uscente che intendeva ricandidarsi viene battuto da un outsider) spiegano il perché. Dopo il quarto d'ora di scoramento, però, ho letto i vostri messaggi sul blog, su Facebook, via sms e ho capito che la battaglia aveva un terreno dove proseguire. E proseguirà, perché quelli come noi quando entrano nella fossa dei leoni, si mangiano i leoni.

E allora diamoci ancora sotto. C'è l'indifferenza e l'ostilità degli oligarchi? Pazienza. Insisteremo e ascolteranno. C'è pure (ed è fastidiosa) una afasia mediatica rispetto alla nostra battaglia politica per il rinnovamento e la democrazia diretta: chi ha letto i grandi giornali ha trovato solo vaghi accenni a quello che è successo in direzione nazionale del Pd. Con qualche eccezione, che racchiudo nel bel pezzo di Luca Telese per il Giornale, l'unico che racconti con completezza il quadro di un momento che ritengo decisivo nella breve storia del Pd.




TRA AMALGAMA E GIOVANI LEONI DELUSI
di Luca Telese


Amalgama mal riuscito, certo. Ma in ogni caso unanime. E così il Pd resta sempre attratto dal voto intruppato, sempre terrorizzato dal dissenso. Con Walter Veltroni che la mattina grida orgoglioso: «Noi, al contrario di Di Pietro e di Berlusconi abbiamo una democrazia interna!» e Dario Franceschini che chiude la giornata scongiurando i presentatori delle uniche due mozioni separate dal segretario: «Ritirate! Ritirate!». Risposta di Mario Adinolfi: «Non ci pensiamo proprio!». Guardi questa scena, un quadretto grottesco, e ti chiedi: perché tutto questo sforzo dissuasivo? Perché può esserci Amalgama per i dirigenti del Pd, ma posizioni distinte, meglio di no. È curioso che in un giorno in cui l’espressione sprezzante coniata da Massimo D’Alema si stampa sulla facciata di buone intenzioni caparbiamente allestita da Walter Veltroni come uno sfregio, alla fine i voti per alzata di mano siano quasi bulgari. Ed è curioso che fra i pochi che non si oppongono alla mozione solitaria di Marco Follini ci sia un astenuto di livello come lo stesso D’Alema. L’ex ministro degli Esteri era d’accordo con Follini? Mistero. Perché in questa direzione del Pd in cui si parla di tutto, le questioni politiche vere vengono sempre magicamente eluse.
Così, il racconto di una giornata può iniziare proprio dalla fine, da quel voto. Già la sala ha iniziato a spopolarsi, le suonerie dei telefonini ricominciano a trillare, qualcuno corre via con la valigia. Franceschini alla presidenza è indaffaratissimo a evitare che vadano in votazione le due mozioni. Si spende, parla, ripete ai presentatori dei documenti: «Le vostre tesi sono state recepite nel testo conclusivo!». Ovviamente non è vero. Il primo testo, quello di Follini chiede una cosa molto semplice: che si rompa l’alleanza con Antonio Di Pietro. Veltroni ha provato pure a rispondergli, nelle conclusioni, ha fatto un ragionamento lunghissimo sul tema, ma non ha risposto né sì né no.
Il secondo testo, quello dei giovani leoni del Pd - da Luca Sofri a Mario Adinolfi a Giovanni Bachelet - propone una serie di cose più articolate: alcune critiche alla leadership sullo scarso rinnovamento, un appello in difesa delle primarie, un invito a non usare le candidature delle Europee per «pensionare» dirigenti illustri e amministratori a fine mandato. In tempi normali, inviti come questi - condivisi dalla base - sarebbero recepiti senza batter ciglio. Ma metti che non si sappia che cosa fare di personaggi come Antonio Bassolino (quello che non si dimette manco morto) che persino un ammortizzatore come la candidatura europea, te lo devi tenere libero. Allora ecco che la mozione diventa troppo vincolante, inaccettabile, sovversiva. I firmatari erano solo dieci (sei i presenti al voto!), ma siccome alcuni di loro sono blogger, alcuni abbastanza popolari, siccome c’è la diretta internet, siccome il popolo della rete è attentissimo e severo, Veltroni e Franceschini fanno barricate. Non solo sono contrari, ma non vogliono nemmeno che si voti! Quando sul palco a difendere la mozione sale Sofri (che pure è stato voluto da Veltroni in direzione, non certo un oppositore pregiudiziale) la sala rumoreggia. È perché sta parlando troppo (meno di tre minuti) o per quel che dice? Ad esempio quando parla di Firenze: «Indipendentemente da tutti i casini che ci sono lì, non si può dire, dopo mesi che si organizzano, “Non facciamo più le primarie!”». Poi, sul nodo candidature: «Le elezioni europee devono essere l’occasione per provare una nuova classe dirigente, non possono essere usate come un pensionato». Si sente qualche gridolino dal fondo della sala, Franceschini dalla presidenza ammonisce: «Certo non possiamo riaprire un dibattito». Sofri lancia l’ultimo appello: «Non è contro a nessuno questa mozione, ma torniamo a chiedere di votarla». Così si vota, e una selva di mani la boccia: solo sei a favore.
Peccato. Perché poi il paradosso, nel turbine dell’amalgama mal riuscito, è che in questa direzione del Pd, tutti sembrano parlare di tutto, meno di quello che per loro è importante. Ad esempio Bassolino (uno di quelli che potrebbe finire a Bruxelles). Possibile che non dica una parola su Napoli, con tutto quello che accade? Possibile. E così la sua voce cavernosa si gonfia, si solleva, combatte contro la sempiterna balbuzie, ma alla fine di che parla? Di welfare. Meraviglioso. E Leonardo Domenici, il sindaco che si è incatenato davanti a La Repubblica perché non riusciva a far sentire la sua voce per colpa dei giornali? Ora che ha una platea, di che discute? Del rapporto tra politica nazionale ed enti locali, Incredibile ma vero. Gli indagano gli assessori, lui ha detto solo sette giorni fa che si ritirerà dalla politica, ma nella direzione più importante della storia del Pd dice: «O troviamo un rapporto tra politica nazionale e locale o si corre il rischio che la politica nazionale sia autoreferenziale». Caspita. Il problema è che qui sono tutti autoreferenziali, tanti Johnny Stecchino che a Palermo «il problema è il ctraffico». Poi certo, i dalemiani che fanno a pezzettini ogni singolo frammento di veltronismo, ma votano unanimi, per carità. Poi c’è il responsabile organizzazione Beppe Fioroni che infila la questione del tesseramento nelle ultime battute, così: «Molti mi chiedono perché non parta... Ma per convincere qualcuno a prendere una tessera, bisogna che ci siano anche argomenti per motivarlo a farlo». Vuol dire che gli argomenti non ci sono? Lui, il responsabile tesseramento? Così una deputata siciliana, a inizio dibattito dice candidamente: «Io tra l’altro non mi sono ancora iscritta, perché da noi il tesseramento non è iniziato».
L’amalgama dev’essere questo: nessuno rinuncia a esibire il suo piccolo frammento di irriducibilità, ma nessuno vuole uscire dall’impasto. Così per trovare voci fuori dal coro devi sentire i pochi outsider o i coraggiosi. Come il dirigente di Piombino che impone un’emergenza, la sua: «Compagni, da noi, si è chiuso l’altoforno! Sapete cosa significa? È accaduto solo tre volte dal dopoguerra ad oggi! La chiusura di un altoforno è il segnale più grave, per riaccenderlo ci vogliono mesi! Non può sembrare che il nostro partito sia indifferente a una tragedia come questa!». Anche Barbara Pollastrini, ex ministro delle Pari opportunità ruggisce: «Non possiamo apparire, come invece siamo apparsi, sostanzialmente indifferenti su un caso come quello di Eluana, e sulle sentenze che ostacolano il percorso del padre. Non abbiamo nulla da dire?». L’amalgama si contorce, ma non prende forma. Gli argomenti entrano nell’impasto, ma non diventano ingredienti. Ermete Realacci ha il coraggio di parlare «del danno che il Pd ha avuto dai rifiuti di Napoli». Massimo Brutti del fatto che «non si prendono finanziamenti dagli imprenditori a cui si danno gli appalti!». Luciana Sbarbati tuona contro «il patto di potere tra correnti che è il vizio di nascita e di crescita del Pd che impedisce a chiunque di partecipare». Può farlo, perché è una ex repubblicana. Nell’amalgama finiscono anche nuovi ingredienti. Ma tutto resta nell’impasto, senza prendere forma. Un partito solidale mal riuscito. Forse sarebbe meglio il contrario.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - IL 2009? TRANQUILLI, TANTO NON SUCCEDE NIENTE
Inserito da: Admin - Gennaio 01, 2009, 10:39:08 am
martedì 30 dicembre 2008, 17.34.18

L'anno che verrà


IL 2009? TRANQUILLI, TANTO NON SUCCEDE NIENTE

di Mario Adinolfi per Europa


Obama e Berlusconi
L'esercizio che viene più praticato sul web in queste ora è il bilancio dell'anno che sta per chiudersi: come e più che sui giornali e in televisione, i blog sono inondati da osservazioni ovvie e questa rubrica ne fa rapidamente la sintesi. E' stato il 2008 di Obama (e di Berlusconi). Sarà il 2009 di Obama (e di Berlusconi). Non so perché, ma non mi aspetto enormi novità dal prossimo anno. Non si giocano neanche i mondiali. Niente europei. Giusto la finale di Champions League allo stadio Olimpico di Roma. Quella sì che sarà una grande notte. La immagino più simile a quella del 1996 che a quella del 1984, per capirci. Ma questa notazione per calciofili è solo per dare un dispiacere al direttore.

L'anno del web
Qualcosa accadrà, inevitabilmente, nel mondo del web e in particolare nel mondo del web legato alla politica. Dovremo sempre ripartire da Obama, comunque, dai suoi discorsi alla Nazione inviati tramite YouTube, dall'evoluzione dell'utilizzo propagandistico dei social network (con Facebook a fare la parte del leone), dai blog che proprio a causa di questi nuovi mezzi più personalizzati vivono una vera e propria crisi d'identità, dagli user generated contents che devono superare la fase del complesso d'inferiorità e andare ad assaltare i territori sacri dei media generalisti: l'informazione e l'intrattenimento. In Italia, in particolare, siamo molto indietro. Occorrerà lavorare molto sui contenuti e smettere di mandare in rete solo fotografie e video del proprio gatto.

Il Pd
Sarà un anno decisivo anche per il Partito democratico, della sua evoluzione del rapporto con i cittadini e in particolare con quei ventotto milioni di cittadini che hanno meno di quarant'anni e proprio sui lidi del web fanno approdare molte delle proprie rabbie e delle proprie attese. Il 6 e 7 giugno ci saranno le elezioni europee ed amministrative, il Pd rischia un risultato catastrofico e qualcuno se lo augura pure (e non stiamo parlando di avversari). Veltroni ha avuto tutti i poteri e deve raddrizzare una baracca affondata dalla scarsa generosità di oligarchi privi di scrupoli, dal mancato rinnovamento generazionale, da una debolissima tensione culturale e pre-politica di riferimento (ho sempre l'idea che molti dirigenti non leggano un libro manco pagati), da metodi di selezione di candidati e eletti dal sapore vagamente satrapesco. Raddrizzare la baracca non sarà compito facile. Ma non ci sono alternative. O si fa, o si fa.

Un anno di transizione
Sarà comunque un anno di transizione. Per tutti, magari, ma non per voi che leggete. Chissà quali sommovimenti nelle vite personali.
Quelle che non si raccontano. Neanche qui. Si realizzino, almeno in parte, i vostri progetti. I sogni no. Sognare è inutile e qualche volta pure dannoso.
Progettare mi piace di più. Happy New Year.

dal bolg di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Contro la sinistra novecentesca
Inserito da: Admin - Gennaio 27, 2009, 09:42:59 am
26 gennaio 2009, 10 ore fa

Contro la sinistra novecentesca



Ok, ci sono andato, mi sono entusiasmato e l'ho cantata tutta. In coro. Con altri diecimila. Mi sono risparmiato il pugno chiuso, nel passaggio sulla "giustizia proletaria", non mi pareva il caso proprio nel giorno del trentesimo anniversario dell'assassinio di Guido Rossa. Insomma, il mio tributo all'emozione e alla storia della sinistra novecentesca che sognava la palingenesi l'ho pagato intonando tutta La Locomotiva, accompagnando un Francesco Guccini stratosferico e divertentissimo, ma preoccupato anche lui nello scorgere il tempo che passa sempre più velocemente.

Ora dobbiamo inventare qualcosa di nuovo, a sinistra, adatto ai tempi e stroncando radici che affondano in un terreno che era marcio ed oggi è arido. Insomma, andando oltre ogni nostalgia anarco-comunista, contro gli ex e i post. Qualcosa di nuovo, a sinistra.

Per rendere sensate le ultime tre parole della splendida canzone, che devono caratterizzare l'azione democratica e direttista: contro l'ingiustizia.

Il programma è vasto, ma il tema può essere solo questo.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Terza Repubblica
Inserito da: Admin - Febbraio 07, 2009, 10:36:15 pm
7 febbraio 2009,

Terza Repubblica


E va bene, con la forzatura berlusconiana sul caso Englaro (e forse anche con la decisione di Napolitano di non controfirmare il decreto relativo) nasce la Terza Repubblica. Abbiamo avuto una Prima Repubblica proporzionalista e consociativa, a dominio democristiano e bloccata dalla Guerra Fredda.

Una Seconda Repubblica basata sull'alternanza e la confusione, maggioritaria per ambizione e pulviscolare nella realtà, partitocratica quanto mai.

Ora arriva la Terza Repubblica, quella dell'uomo solo al comando, del leader che deriva forza e legittimazione direttamente dal popolo e schiaccia ogni condizionamento del suo potere. Doveva accadere inevitabilmente, dopo tutto il caos, arriva la reductio ad unum, quasi sempre, nell'altalena della Storia.

I pericoli di questa evoluzione sarebbero chiari a chiunque e ovunque, in Italia chiarezza e percezione del pericolo dovrebbero essere decuplicati, per ovvie ragioni.

Ora mettiamo i sacchi di sabbia alle finestre. E la democrazia diretta era e resta l'anticorpo e l'alternativa possibile a tutto questo.

Ne ragioneremo ancora insieme.


dal blog di Mario Adinolfi.


Titolo: ADINOLFI - Un saluto, senza rimpianti
Inserito da: Admin - Febbraio 18, 2009, 07:54:39 pm
Oggi 18 febbraio 2009, 4 ore fa

Un saluto, senza rimpianti


Per carità, capisco il momento e quello che scrivo adesso immagino sarà criticato, ma il discorso di saluto di Veltroni non mi è piaciuto per niente. Moscio e buonista sulla questione delle "scuse", in assenza sostanziale di autocritica; permaloso nella questione della mancanza di solidarietà nei suoi confronti. Ma come, prima ti dici orgoglioso del partito che non è una caserma, poi ti lamenti e dici polemicamente: "Non farò agli altri quel che è stato fatto a me?".

Un saluto, senza rimpianti. Veltroni è stato un grande politico, coerente nel sogno di una vita di costruire il Partito democratico, lucido nella scelta di andare da soli alle elezioni, perfetto nella campagna elettorale. Poi, dopo la sconfitta alle politiche, dopo Roma e la Sicilia, avrebbe dovuto dimettersi e convocare il congresso, per costruire le condizioni vere del ricambio generazionale, della nascita del vero Pd, quelle delle energie nuove.

Veltroni non è bravo nelle uscite di scena. Questo, più o meno, da sempre. Il discorso di oggi non ha fatto eccezione.


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Cosa accade, cosa dovrebbe accadere

17 febbraio 2009, 17.23.00

Veltroni ha confermato le sue dimissioni nel corso del coordinamento nazionale del Pd. Domani in una conferenza stampa Franceschini spiegherà che non si andrà a congresso straordinario, meno che mai a nuove primarie (che secondo me sarebbero necessarie a maggio), ma con ogni probabilità sarà lo stesso Franceschini a assumere la guida da "reggente" di un direttorio con Bettini, Tonini e altri che comporranno "l'unità di crisi" che condurrà il Partito democratico al disastro delle europee il 7 giugno prossimo. Poi, congresso. Ma di cosa?

Io ritengo che dovremmo andare subito a congresso straordinario e a nuove primarie, per avere un Pd tutto completamente privo dei vecchi arnesi già alla sfida delle europee, altrimenti dopo il disastro del 7 giugno il Partito democratico semplicemente non esisterà più.

La reggenza Franceschini con Veltroni dimissionario da segretario del Pd prima della campagna elettorale per le europee del 2009 somiglia troppo alla reggenza Folena con Veltroni dimissionario da segretario dei Ds prima della campagna elettorale per le politiche del 2001. Fu il momento peggiore della storia dei Ds.

Non replichiamo i momenti peggiori. Andiamo verso i momenti migliori, che al punto in cui siamo arrivati non dovrebbero essere proprio lontanissimi.


dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - E ORA, RIVOLUZIONARE IL PD
Inserito da: Admin - Febbraio 19, 2009, 06:35:26 pm
19 febbraio 2009,

Non è solo un momento triste

E ORA, RIVOLUZIONARE IL PD

di Mario Adinolfi per il Tempo
 

Non è solo un momento triste e difficile per il Pd. E' anche il momento della grande opportunità. Siamo messi così male che è difficile pensare che andrà mai peggio: risultati elettorali disastrosi, morale della truppa sotto i tacchi, generali che mollano, colonnelli che si guardano impauriti. L'uno-due del tracollo sardo e delle dimissioni di Walter Veltroni ha dato l'impressione di un esercito ormai in rotta. Eppure è nei frangenti di massima crisi che si possono cogliere le decisive possibilità di riscatto. E noi democratici, adesso, abbiamo il dovere di farlo.

Il paese non può fare a meno del Partito democratico, di un grande rassemblement (perché di questo si tratta) riformista che ambisca al governo dell'Italia da posizioni avanzate, moderne, progressiste. E' per il bene del paese, dunque, non solo per il bene del Pd che ora non dobbiamo farci afferrare dal clima da 8 settembre che ci ha pervaso tutti anche dopo aver ascoltato il discorso di Walter Veltroni a piazza di Pietra. Non un gran discorso, a mio modesto avviso: Troppo indulgente con se stesso, il segretario dimissionario; troppo rivendicativo con gli altri dirigenti, colpevoli di non avergli garantito la necessaria "solidarietà". Ma siamo sicuri che un leader debba invocare sostegno solidale? Un leader deve esercitare la leadership e Veltroni l'ha fatto bene dal discorso del Lingotto fino a tutta la campagna elettorale dello scorso anno, con l'intuizione di portare il Pd da solo alle elezioni che ha avuto il merito di modificare in meglio il sistema politico italiano, conducendolo all'anticamera del confronto bipartitico di stampo anglosassone e riducendo finalmente la frammentazione che stava asfissiando il Parlamento italiano. Da allora in poi, le esitazioni che hanno fatto seguito ai disastrosi risultati elettorali, non solo delle politiche, ma soprattutto delle amministrative a Roma e in Sicilia, hanno condotto il Pd alle condizione pessime in cui si trova ora. Se le dimissioni confermate ieri fossero state date prima dell'estate, il Pd avrebbe avuto il tempo per ricostruire una propria identità e una propria classe dirigente completamente rinnovata. E siamo al punto.

Ora, con una tempistica francamente complicata, stretti tra un'assemblea costituente convocata tra quarantotto ore e una campagna elettorale per le europee che si aprirà tra cento giorni, dobbiamo provare il colpo d'ala. Io sono contrario a soluzioni raffazzonate, la segreteria dimezzata di un reggente non mi convince, preferirei votare sabato per Dario Franceschini assegnandogli un mandato pieno. Ma quel che più conta, vorrei che il nuovo segretario cogliesse l'occasione di questa condizione disperata per rivoluzionare davvero il partito. Non ha bisogno di partire dal nulla, la rivoluzione l'hanno cominciata già in molti. Penso alle esperienze degli under 40 di Generazione U, dei Mille, degli Autoconvocati, della Fondazione Daje, di Matteo Renzi a Firenze, dei firmatari della mozione per le primarie alla direzione del 19 dicembre scorso, di tantissimi che sono stati in posizione critica rispetto a una segreteria che è stata ingessata: sembravano tutti covi di pericolosi rivoluzionari, irrispettosi dei rituali interni. Ora sono le sacche di sangue fresco utili a rimettere in sesto un corpo martoriato come quello del Pd.

Possiamo davvero far ripartire con entusiasmo il Partito democratico, dopo questo frangente di cupa depressione. Dobbiamo però essere disposti a rimetterci davvero tutti in gioco e i soliti noti devono avere la generosità di cedere il passo. Comincia un tempo nuovo, servono idee nuove che camminino su gambe nuove. Come è avvenuto al New Labour di Blair, al Psoe di Zapatero, al Partito democratico di Obama, si può costruire la sconfitta di destre forti e radicate avviando una lunga marcia che reinventi una classe dirigente capace di essere faccia di un partito nuovo. Questa rivoluzione è necessaria ora anche per il Pd.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Noi partiamo dal territorio
Inserito da: Admin - Giugno 24, 2009, 10:37:21 pm
Oggi 24 giugno 2009, 9 ore fa

Noi partiamo dal territorio


No, per noi niente "spirito del Lingotto" (qualcuno mi spiega cosa disse di decisivo Walter Veltroni a Torino due anni fa?), niente riunioni di corrente, persino niente mobilitazione via Facebook e blog.

Noi domani presentiamo la mozione congressuale e la mia candidatura alla segreteria nazionale del Partito democratico in un circolo di periferia della Capitale, dove Roma non è splendore e storia, ma persone che faticano.

La mozione si intitola "Tutti dentro" e fa riferimento alla necessità di costruire un nuovo Pd grande e accogliente, con i confini aperti a quel 10% di elettorato che tra astensione, radicali pannelliani, verdi, ex comunisti, socialisti, cattolici impegnati, rappresenta la potenzialità immediata di crescita verso il traguardo di un grande partito di stampo anglosassone, capace di essere il primo partito del paese e, con un sistema di alleanze che dialoghi con Idv e Udc senza preconcetti, punti prima a battere la peggiore destra populista d'Europa e poi a governare l'Italia con un programma riformista solidamente concordato.

Il sottotitolo della mozione è: "Per un Pd aperto e accogliente, radicalmente rinnovato, imperniato sulla democrazia diretta, con gli iscritti protagonisti". Il testo, aggiornabile da chi rappresenterà la mozione sul territorio (per farlo inviare una email a adinolfi2009@gmail.com), lo presenteremo domani quindi non fatemi dire di più.

L'appuntamento è per domani alle 18.30 al circolo Pd della Muratella, via Crocco 9, dove via della Magliana incrocia il raccordo, ai piedi di un hotel di lusso (il Marriot) che pare una cattedrale nel deserto e non lontano dal bar Tornatora. Un signor bar.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Non vado in direzione
Inserito da: Admin - Giugno 27, 2009, 10:33:29 am
Ieri 26 giugno 2009, 2.08.32

Non vado in direzione


Splendida serata ieri al circolo Pd della Muratella, grazie a tutti. Quanto alla direzione nazionale di oggi, ho scritto qualche riga su Europa.

Per quanto riguarda la direzione nazionale, oggi doveva servire a ragionare sull'esito delle elezioni. Invece si discuterà di rinvio del congresso, regolamento congressuale e altre amenità. Come dopo la sconfitta del 2008, niente analisi delle ragioni di un tracollo. In più, il regolamento congressuale è stato scritto e recapitato a noi membri di direzione già impacchettato. Su altre questioni ha discusso il cosiddetto "caminetto", organo statutariamente non previsto. Allora: niente analisi del voto, regolamento fasullo, discussione politica precotta. Una direzione inutile, direi. Non vado a ratificare decisioni prese altrove. Anzi, non vado e basta.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Una domanda a quelli del Lingotto
Inserito da: Admin - Giugno 27, 2009, 10:15:40 pm
Oggi 27 giugno 2009, 5 ore fa

Una domanda a quelli del Lingotto


Sì, vabbè, giovani (oddio, mica tutti), carini (idem) e simpatici (non ne parliamo). Tutto bene, anche gli applausi lì a Franceschini e Bersani, che si sa che questi in teoria vogliono uccidere il padre ma è meglio se papà fa finta di essere distratto e lascia le chiavi della macchina nuova attaccate e allora gli si dà pure un bacino, che quelli del Lingotto non sono tipi da farsela a piedi.

In realtà noi direttisti di Generazione U siamo un po' invidiosi, non c'è mai riuscito troppo di star nel cuore dei potenti, di farci venire a trovare ai nostri convegni, di dire rinnovamento sì ma-mica-facendo-la-guerra, noi siamo quelli con la faccia sporca. A noi riescono le cose semplici e pure un po' grevi, poco milanesi, poco piemontesi, robe tipo: così non va, i capi non capiscono un cazzo, ci candidiamo contro di loro (18 luglio 2007, candidatura di Generazione U alle primarie). Oppure: avete perso  consegnato il paese a Berlusconi e Roma a Alemanno? Ve ne dovete andare (3 maggio 2008, direzione nazionale Pd dopo le elezioni politiche e amministrative).

A me, poi, personalmente, i simpatici stanno antipatici. Quelli tipo Pippo Civati. Tre frasi e una battuta, lo stile è: "No, non mi candido, preferisco passare l'estate al mare con una bella donna". Poi cero acceso alla Madonna tutte le mattine sperando che gli amici glielo chiedano, come ai vecchi tempi: "Pippo, solo tu puoi salvarci".

Allora, ci sono vecchie ruggini: due anni fa facemmo una riunione tipo Lingotto, ma più ristretta, e decidemmo di andare alla guerra contro i potenti alle primarie del Pd. Due giorni dopo, quelli che oggi ancora una volta dicono di voler andare alla guerra, optarono per reggere il moccolo a Veltroni (alcuni di loro hanno imparato a chiamarlo "disastro" recentemente) e fare la lista Innovazione (ancora rido) alle primarie insieme a, udite udite, Giovanna Melandri e Antonio Bassolino. Generazione U rimase coerente e disse: volevamo andare contro, andremo contro, solo con il conflitto politico di una generazione si cambia il partito. Candidatura e liste autonome: un eletto in costituente noi, un eletto in costituente loro.

Abbiamo fatto lo stesso anche questa volta, presentando mozione e candidatura alle primarie in un circolo di periferia, non nel luogo ideologico che fa continuità con il veltronismo (a proposito, avete letto l'intervista vittimista e un filino delirante di Walter a Repubblica oggi?).

Io non sono andato al Lingotto. Non m'è arrivato l'invito. Le vecchie ruggini potevano essere superate. A questo punto, devono esserlo. E allora fatemi fare una domanda a quelli del Lingotto: dopo due anni di chiacchiere e giri di parole, avete trovato il coraggio di esprimere una candidatura alla segreteria nazionale del Pd?

Se quel pizzico di coraggio lo trovate, superando anche le divisioni e sotterranee gelosie tra voi, fate un fischio e vediamo di non andare separati a questo congresso. Andiamo oltre le vecchie ruggini. Però, parliamo di politica. Che oggi a Torino non avete detto praticamente nulla ed è stato molto più utile sorbirsi il Pannella di Chianciano, dove invece qualche idea nuova è davvero emersa.

Se invece il coraggio non lo trovate, fate una cortesia, smettete la vostra consueta spocchia e le lezioncine lasciatele nel cassetto. Se il candidato lo trovate, invece, la spocchia la smetto io e magari la lezioncina me la sorbisco pure.

Scegliete, insomma, per una volta, senza chiacchierare e basta per trovarsi così tutti d'accordo sull'ovvio. Scegliete e dunque discutete e magari scannatevi un po' tra voi. Può essere liberatorio.

Poi, tutti uniti, andiamo alla battaglia vera.

(a seguito della presentazione della candidatura al circolo Pd della Muratella sono uscite alcune segnalazioni sul Corriere della Sera e sul Messaggero - grazie a Alessandro Trocino e Mario Ajello - oltre a un'intervista su l'Opinione e qualche spazio su Europa e Manifesto, più un articolo sul Clandestino Web relativo a una mia dichiarazione sulla direzione "iraniana" del partito ieri...su Blogosfere trovate poi una mia intervista e un'analisi puntuale di Tiziano Scolari della battaglia interna al Pd...su Facebook c'è la gara tra i tre gruppi dei vari candidati segretario, vince Dario e io sono al 5.5%)




Titolo: ADINOLFI - Civati, commenti e telefonate
Inserito da: Admin - Giugno 29, 2009, 06:37:22 pm
Oggi 29 giugno 2009, 50 minuti fa

Civati, commenti e telefonate


Caro Mario,
mi dispiace non ti sia arrivato l'invito.
L'assemblea era aperta a tutti, ma hai ragione: avremmo dovuto coinvolgerti con più attenzione e cortesia. Ti posso dire che anche chi è venuto condivide le critiche che tu esponi nei riguardi di precedenti iniziative che insieme avevamo tentato. Ora spero che possa iniziare un nuovo percorso, anche se sei antipatico pure tu, ma solo a volte...
Le parole che mi vengono, però, sono molto simili alle vostre, e lo sai. E le cose che diciamo fanno parte di una riflessione politica condotta a tutto campo, città per città, circolo per circolo. Crediamo insomma di essere meno stronzi di come ci rappresenti.

A presto,
pippo

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E' arrivato un commento gentile e operativo di Pippo Civati, proprio qui sul blog e voglio segnalarlo come un elemento positivo per andare oltre le "vecchie ruggini" dopo il Lingotto. Lo cito integralmente qui sopra. Un passo avanti, senza dubbio.

Oltre a questo commento sono arrivate anche molte telefonate, alcune particolarmente autorevoli. A tutti ho risposto nella stessa maniera: abbiamo una mozione, una proposta politica, un gruppo, un candidato segretario. Siamo disposti a sacrificare solo l'ultimo di questi elementi, se saranno pienamente valorizzati gli altri tre. Altrimenti andremo fino in fondo e comunque ci andremo se non emergeranno novità rispetto alle candidature attuali. Oggi variamo anche la prima parte della nostra squadra sul territorio.

Stiamo raccogliendo i nomi degli iscritti interessati a rappresentare la nostra battaglia sul territorio. Il coordinamento nazionale è, come sempre, affidato a Marco De Amicis che gestisce il centro raccolta via email tramite adinolfi2009@gmail.com. Oltre al gruppo, da me personalmente guidato, che si occupa dell'organizzazione sul territorio di Roma e del Lazio, abbiamo attivato anche dei coordinamenti regionali, visto che dovremo presentare tessere provenienti da 5 regioni di tre differenti circoscrizione elettorali europee. I responsabili circoscrizionali sono Natalia Ceravolo per il Nord Ovest, Luisa Zaccarelli per il Nord Est, Filippo Giovagnoli per il Centro, Lucio Iacono per il Sud e Laura Collura per le Isole. Prevalenza di donne, in una campagna congressuale in cui se ne sente maledettamente la mancanza. In settimana completeremo la rete delle nostre presenze sul territorio con dei responsabili anche a livello regionale e provinciale.

Grazie a Marco De Amicisi abbiamo provveduto a inviare il testo della nostro mozione a tutti i circoli d'Italia. Ora siamo disponibili ad andare ovunque ad illustrarne i contenuti.

Noi facciamo sul serio e saremo felici di dialogare con tutti. Ma parliamo solo di politica, di modello di partito, di alleanze, di programmi e di rinnovamento radicale. Le trattative di altro genere, non sono roba per noi.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Il 2 agosto con Mambro in libertà
Inserito da: Admin - Agosto 02, 2009, 03:50:34 pm
Oggi 2 agosto 2009,

Il 2 agosto con Mambro in libertà

Ogni 2 agosto, lo sapete, questo blog pubblica i crimini commessi da Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, liberi di camminare per strada nonostante siano stati riconosciuti colpevoli per il più terribile, ingiusto, criminale, indiscriminato e sanguinoso atto terroristico della storia italiana: la strage di Bologna.

Francesca Mambro, in particolare, è in semilibertà dal 1998: ha trascorso in carcere meno di quindici anni. Da quest'anno è praticamente completamente libera e nel 2013 la sua pena sarà considerata estinta.

Ottantacinque morti, duecento feriti, sentenza di colpevolezza passata in giudicato: quindici anni di carcere. Conosco poveracci responsabili di banali fatti di cronaca che hanno trascorso in galera decenni.

Questi gli omicidi per i quali, strage di Bologna a parte (85 morti, 200 feriti, ricordiamolo sempre), Francesca Mambro è stata condannata a nove ergastoli.
28 maggio 1980. Partecipa all’attentato compiuto davanti al liceo romano Giulio Cesare in cui viene assalita la pattuglia di vigilanza e ucciso l’appuntato di polizia Francesco Evangelista (detto “Serpico”), e ferito il suo collega Giuseppe Manfreda. Per aver ucciso Francesco Evangelista, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando “alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi”. Mambro e Fioravanti la sera dell’omicidio festeggiano ad ostriche e champagne. Per essere la mandante dell’omicidio di Mario Amato, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna. Per aver ucciso Francesco Mangiameli, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l’imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un’auto, “Spara, spara!”. Per aver ucciso Enea Codotto e Luigi Maronese, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un “infame delatore”. Del commando omicida fa parte Mambro. Per aver ucciso Marco Pizzari, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

31 luglio 1981. Nell’ambito del regolamento di conti all’interno della destra eversiva, viene ucciso Giuseppe De Luca. Per aver ucciso Giuseppe De Luca, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all’agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L’efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: “La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell’encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello”. Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell’eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell’agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni. Per aver ucciso Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Per aver ucciso Alessandro Caravillani, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

Di Alessandro Caravillani nessuno ricorda neanche il nome. Su Mambro e Fioravanti si scrivono libri agiografici, ci sono giornalisti che ne vantano l'amicizia e guai a toccarli, che il terrorista amico fa tanto chic in salotto.

Mambro e Fioravanti sono stati all'incrocio tra la destra eversiva e lo Stato deviato, sono stati le braccia di un terrore commissionato e non hanno mai raccontato la verità. Per l'omicidio di Piersanti Mattarella, Giusva Fioravanti è stato riconosciuto dall'unico testimone oculare, la moglie di Mattarella, ma è stato mandato assolto. Mambro e Fioravanti hanno goduto di un trattamento di favore perché sono stati silenziosi e al momento giusto, nel 1994, diedero un'intervista dal tono estorsivo: "Loro al governo e noi all'ergastolo", rivolgendosi agli amici ex missini. Pochi anni dopo è arrivata per loro la più ingiusta delle libertà.

Tutto il dolore da loro provocato non è stato redento neanche dal minimo accenno di verità. Vogliamo saperla tutta, poi continuino pure ad insozzare i salotti di giornalisti con la necessità del brivido.

Oggi è il giorno del lutto di una nazione, per i morti, per la giustizia loro negata, per la verità mancante.


Il 2 agosto con Mambro in libertà
Oggi 2 agosto 2009, 8 ore fa
Ogni 2 agosto, lo sapete, questo blog pubblica i crimini commessi da Francesca Mambro e Giusva Fioravanti, liberi di camminare per strada nonostante siano stati riconosciuti colpevoli per il più terribile, ingiusto, criminale, indiscriminato e sanguinoso atto terroristico della storia italiana: la strage di Bologna.

Francesca Mambro, in particolare, è in semilibertà dal 1998: ha trascorso in carcere meno di quindici anni. Da quest'anno è praticamente completamente libera e nel 2013 la sua pena sarà considerata estinta.

Ottantacinque morti, duecento feriti, sentenza di colpevolezza passata in giudicato: quindici anni di carcere. Conosco poveracci responsabili di banali fatti di cronaca che hanno trascorso in galera decenni.

Questi gli omicidi per i quali, strage di Bologna a parte (85 morti, 200 feriti, ricordiamolo sempre), Francesca Mambro è stata condannata a nove ergastoli.
28 maggio 1980. Partecipa all’attentato compiuto davanti al liceo romano Giulio Cesare in cui viene assalita la pattuglia di vigilanza e ucciso l’appuntato di polizia Francesco Evangelista (detto “Serpico”), e ferito il suo collega Giuseppe Manfreda. Per aver ucciso Francesco Evangelista, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

23 giugno 1980. Su ordine di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, Gilberto Cavallini uccide a Roma il sostituto procuratore Mario Amato. Il magistrato, 36 anni, è appena uscito di casa; da due anni conduce le principali inchiesta sui movimenti eversivi di destra. Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando “alla visione di una verità d’assieme, coinvolgente responsabilità ben più gravi di quelle stesse degli esecutori degli atti criminosi”. Mambro e Fioravanti la sera dell’omicidio festeggiano ad ostriche e champagne. Per essere la mandante dell’omicidio di Mario Amato, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

9 settembre 1980. Mambro e Fioravanti con Soderini e Cristiano Fioravanti, uccidono Francesco Mangiameli, dirigente di Terza Posizione in Sicilia e testimone scomodo in merito alla strage di Bologna. Per aver ucciso Francesco Mangiameli, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

5 febbraio 1981. Mambro e Fioravanti tendono un agguato a due carabinieri: Enea Codotto, 25 anni e Luigi Maronese, 23 anni. Dagli atti del processo è emerso che durante l’imboscata Fioravanti ha fatto finta di arrendersi. Poi ha gridato alla Mambro, nascosta dietro un’auto, “Spara, spara!”. Per aver ucciso Enea Codotto e Luigi Maronese, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

30 settembre 1981. Viene ucciso il ventitreenne Marco Pizzari, estremista di destra e intimo amico di Luigi Ciavardini, poiché ritenuto un “infame delatore”. Del commando omicida fa parte Mambro. Per aver ucciso Marco Pizzari, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

31 luglio 1981. Nell’ambito del regolamento di conti all’interno della destra eversiva, viene ucciso Giuseppe De Luca. Per aver ucciso Giuseppe De Luca, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

21 ottobre 1981. Alcuni Nar, tra cui Mambro, tendono un agguato, a Roma, al capitano della Digos Francesco Straullu e all’agente Ciriaco Di Roma. I due vengono massacrati. L’efferatezza del crimine è racchiusa nelle parole del medico legale: “La morte di Straullu è stata causata dallo sfracellamento del capo e del massiccio facciale con spappolamento dell’encefalo; quello di Di Roma per la ferita a carico del capo con frattura del cranio e lesioni al cervello”. Il capitano Straullu, 26 anni, aveva lavorato con grande impegno per smascherare i soldati dell’eversione nera. Nel 1981 ne aveva fatti arrestare 56. La mattina dell’agguato non aveva la solita auto blindata, in riparazione da due giorni. Per aver ucciso Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

5 marzo 1982. Durante una rapina a Roma, Mambro uccide Alessandro Caravillani, 17 anni. Il ragazzo stava recandosi a scuola e passava di lì per caso. Mambro sostiene che Caravillani sia stato ucciso da un proiettile di rimbalzo. Per aver ucciso Alessandro Caravillani, Francesca Mambro è condannata all’ergastolo.

Di Alessandro Caravillani nessuno ricorda neanche il nome. Su Mambro e Fioravanti si scrivono libri agiografici, ci sono giornalisti che ne vantano l'amicizia e guai a toccarli, che il terrorista amico fa tanto chic in salotto.

Mambro e Fioravanti sono stati all'incrocio tra la destra eversiva e lo Stato deviato, sono stati le braccia di un terrore commissionato e non hanno mai raccontato la verità. Per l'omicidio di Piersanti Mattarella, Giusva Fioravanti è stato riconosciuto dall'unico testimone oculare, la moglie di Mattarella, ma è stato mandato assolto. Mambro e Fioravanti hanno goduto di un trattamento di favore perché sono stati silenziosi e al momento giusto, nel 1994, diedero un'intervista dal tono estorsivo: "Loro al governo e noi all'ergastolo", rivolgendosi agli amici ex missini. Pochi anni dopo è arrivata per loro la più ingiusta delle libertà.

Tutto il dolore da loro provocato non è stato redento neanche dal minimo accenno di verità. Vogliamo saperla tutta, poi continuino pure ad insozzare i salotti di giornalisti con la necessità del brivido.

Oggi è il giorno del lutto di una nazione, per i morti, per la giustizia loro negata, per la verità mancante.

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Un attacco
Ieri 1 agosto 2009, 19.39.00
Hanno inventato una email e hanno provato a metterci in difficoltà. Il comitato Dario Franceschini ha subito un attacco informatico, con la creazione di una mailing list e di uno spam che ci ha danneggiato e non è una nostra iniziativa.

La novità è che la battaglia congressuale si combatte anche sul web. Ma invito tutti a non inventarsi colpi proibiti.

dal blog di Mario Adinolfi


Titolo: ADINOLFI - Il 3 agosto con Fioravanti in libertà
Inserito da: Admin - Agosto 04, 2009, 03:47:57 pm


Il 3 agosto con Fioravanti in libertà


"Dico che non si va lontano con il gioco delle teorie senza le prove".

Oggi, improvvisamente, Giusva Fioravanti appare assai poco interessato a nuove piste sulla strage di Bologna, lo scrive Francesco Grignetti su La Stampa. Già, perché oggi Fioravanti è un uomo libero. Niente semilibertà come dal 1998, niente libertà condizionale come dal 2004. No, uomo completamente libero. Ha ottenuto l'impensabile: tutti i benifici di legge. Non ha più interesse a trovare altre verità per Bologna. Quella giudiziaria non gli è più di nessun peso, Capezzone non si sbracci a chiedere la revisione del processo, a Fioravanti non interessa. A lui può andar bene così. E' libera anche Francesca Mambro. Luigi Ciavardini, condannato all'ergastolo nel 2007, è in semilibertà dal marzo scorso. Provate a raccontarlo all'estero.

Il peggiore assassino della storia italiana, l'uomo responsabile per sentenze passate in giudicato della morte di novantadue persone e del ferimento di altre duecentoventicinque, non ha mai trovato un magistrato che avesse un dubbio d'opportunità sull'aprire o meno le porte del carcere per lui. Oggi, in un articolo vergognoso scritto sul principale quotidiano italiano dal giornalista che sulla mitizzazione di Mambro e Fioravanti ha costruito denari e carriera, ci viene spiegato che il terrorista è libero per normali meccanismi di legge. Non c'è una riga che spieghi che quei meccanismi sono discrezionali, non automatici. Non c'è una riga che spieghi che Mambro e Fioravanti hanno trascorso realmente in carcere poco più di quindici anni, un paio di mesi per ogni morto ammazzato e da tutti dimenticato. Tutti, tranne i familiari delle vittime, di tutte le vittime, nessuna delle quali mette in dubbio la colpevolezza di Mambro e Fioravanti. A loro il giornalista riserva una concessione sulla libertà improvvisa del terrorista: "Possono legittimamente rammaricarsene, però...". Possono. Grazie.

Giusva Fioravanti ha ucciso Roberto Scialabba, ventiquatto anni, con un colpo di pistola alla testa a freddo, senza alcuna provocazione o alterco precedente, mentre era seduto su una panchina con la ragazza, solo perché aveva i capelli lunghi e sembrava di sinistra. Ha sparato anche a lei, poi, mancandola. Roberto Scialabba. Qualcuno di voi ne ricorda il nome?

Giusva Fioravanti ha assaltato la sede di Radio Città Futura nel giorno di conduzione delle donne, le ha fatte stendere a terra, le ha colpite con una sventagliata di mitra e poi ha dato fuoco ai locali. Quattro ferite, di cui due gravi. Poi ha dato attaccato la sede del Pci dell'Esquilino, con bombe a mano e revolver, ferendo venticinque persone e rammaricandosi perché non c'erano stati morti. Qualcuno di voi conosceva queste prove di strage?

Giusva Fioravanti ha ucciso Antonio Leandri, ventiquattro anni, la cui unica colpa è stato voltarsi al saluto "avvocato" lanciatogli addosso insieme alle pallottole, che erano riservate in realtà all'avvocato Giorgio Arcangeli che aveva fatto arrestare il terrorista nero Pierluigi Concutelli, di cui però Fioravanti non conosceva se non sommariamente la fisionomia. Antonio Leandri. Qualcuno di voi ne ricorda il nome?

Giusva Fioravanti ha ucciso Maurizio Arnesano, un poliziotto di appena diciannove anni, per il solo gusto di rubragli il mitra M12. Maurizio Arnesano. Qualcuno di voi ne ricorda il nome? O quelli di Enea Cadotto e Luigi Maronese, carabinieri di venticinque e ventitre anni? Li ha uccisi Giusva Fioravanti, così come Francesco Mangiameli, camerata dei Nar e testimone scomodo per i fatti della strage di Bologna.

Giusva Fioravanti ha ordinato di uccidere Mario Amato, un giovane magistrato trentaseienne che stava dimostrando gli intrecci tra terrorismo di destra e settori deviati dello Stato. Fioravanti ha mandato Gilberto Cavallini a eseguire l'omicidio e la sera ha festeggiato a ostriche e champagne con Francesca Mambro. Mario Amato. Qualcuno ne ricorda il nome?

E degli ottantacinque morti e duecento feriti della stazione di Bologna?

No, nessun articolo di Giovanni Bianconi o del Corriere della Sera per il coraggioso giudice Mario Amato o per il povero Roberto Scialabba colpevole di portare i capelli troppo lunghi. Loro non meritano il nome stampato nel titolo d'apertura del principale quotidiano italiano a celebrare un terrorista che a cinquantuno anni si rifarà una vita grazie a un sistema mediatico che l'ha sempre coccolato, salvo diventare ferocemente giustizialista contro il primo poveraccio extracomunitario che da ubriaco falcia inconsapevolmente un altro poverocristo come lui.

Ieri sera, intanto, mi ha scritto Gabriele Mastrodonato, esponente di Blocco Studentesco e CasaPound. Dopo avermi definito "abbacchio ripieno di merda" e aver assicurato: "Io se voglio ti occupo la tua sede e ci bivacco dentro x 1 mese" ha pensato bene di aggiungere: "Dopo Terrinoni devo aggiungere anche te alla lista dei cattivoni, che gira gira la pijano, ma nn ti preoccupare, prima o poi capita, di incontrarci cosi' x caso".

Che lista è quella in cui siamo io e Terrinoni, cosa prenderemo "gira gira"?

Io so che il fenomeno neofascista è preoccupante, in particolare tra giovani e giovanissimi dilaga, la mitologia di Mambro e Fioravanti è estremamente pericolosa, la loro sostanziale impunità è un esempio pessimo.

E comunque io spero che, camminando per strada, Giusva Fioravanti si vergogni di questa sua libertà così ingiusta e cammini a occhi bassi pensando alle centinaia di vite a cui ha inflitto il più pesante dei dolori.

Spero che trovi il coraggio, prima o poi, di raccontare tutta la verità. Solo allora potrà dirsi libero anche se comunque colpevole, sapendo che i cittadini che vorrebbero un'Italia finalmente giusta e pacificata non tollerano le sue scorciatoie e considerano la sua persona un simbolo della vergogna di cui è capace di coprirsi questo paese.

dal blog di Mario Adinolfi