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Autore Discussione: ADINOLFI -  (Letto 71056 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Maggio 22, 2008, 10:14:21 am »

 21 maggio 2008,

Sobrio a Ballarò

Ogni martedì sera, vi prego, inventatevi qualcosa. Telefonatemi (ma una telefonata lunga), organizzate trappole, giochiamo a calcetto, pizza e cinemino, quello che volete voi, ma inventatevi qualcosa e così mi risparmierete le casse di Maalox che servono a digerire le performance Pd a Ballarò.

Che già la settimana scorsa c'erano stati i commenti senza se e senza ma di Enrico Letta sul discorso del Cavaliere, ma ieri, dico ieri, l'avete visto anche voi o me lo sono sognato?

L'avete visto anche voi Walter Veltroni dire che poverini, lui e Berlusconi erano attaccati per la loro scelta inciucista come erano stati attaccati Moro e Berlinguer? E non si capiva bene se intendeva dire che lui è la sintesi dei due supremi personaggi citati o semplicemente la reincarnazione di Enrico, nel qual caso il paragone tra Moro e Berlusconi rimanda al video pubblicato in testata da questo blog.

Il tutto accadeva senza che nessuno, neanche uno del pubblico, manco Formigoni o la Polverini (e la Polverini ormai Floris ce l'ha parcheggiata dentro casa, ce la dobbiamo sorbire una settimana sì e l'altra pure), alzasse la mano e piazzasse una replica.

Un commento sobrio, tipo: "Walter, che cazzo stai a di'?".


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« Risposta #31 inserito:: Maggio 23, 2008, 12:25:56 pm »

22 maggio 2008, 11.55.10


Vecchio centrosinistra e nuovo Pd


A Walter Veltroni piacciono i momenti simbolici, rituali, linguistici e così da qualche giorno nel suo frasario sta entrando, con l'insistenza di chi ha deciso in una riunioncina di staff di far passare un concetto utilizzando la logica del subliminale, la locuzione "vecchio centrosinistra" a cui affidare tutte le responsabilità della colossale sconfitta del 14 e 28 aprile, affiancata dall'antitesi "nuovo centrosinistra" come progettualità per il futuro.

La scelta segnala un orizzonte politico di Veltroni, come è ovvio, disegnato più o meno così: poiché sono inchiodato alla necessità di ottenere a tra un anno un risultato che mi eviti la fustigazione in pubblica piazza per manifesta incapacità, alle europee imbarco i residui di quello che resta alla mia sinistra, per tamponare i consensi che perderò verso Di Pietro e l'area di governo, certamente corroborata da un anno di governo che doveva essere "impopolare" e invece si dimostra immediatamente populista. L'annessione della Sinistra democratica è prossima, Vendola forse porterà Rifondazione a un patto federativo con il Pd e per Veltroni la sopravvivenza è assicurata. E quello sarà il "nuovo centrosinistra", perché una etichetta accattivante bisogna pur trovarla a questo ennesimo restyling della strategia del Pci (nessun nemico a sinistra, do you remember, è un riflesso condizionato per gli eterni ragazzi della Fgci).

I blogger di Generazione U e tutti coloro con i quali organizzeremo un'iniziativa pubblica il 7 giugno, per regalare al nostro partito l'idea che comincia a costruirsi nel conflitto un'alternativa di classe dirigente a chi vorrebbe spiegarci di essere inamovibile proprio per assenza di alternativa, ragionano su un'idea diversa. Sintetizzerei anche qui in una formula, così magari Veltroni può rifletterci sopra: a questo "nuovo centrosinistra", che porterebbe dentro di sé tutte le contraddizioni del vecchio più quel sapore d'antico che veramente ci consegnerebbe a decenni di opposizione, contrapponiamo l'idea di un nuovo Pd.

Il nuovo Pd non tradisce l'idea della vocazione maggioritaria, la mantiene e la considera il proprio orizzonte politico; il nuovo Pd ritiene elemento fondante della propria credibilità l'essere portatore di idee nuove che camminano su gambe nuove; il nuovo Pd non considera tollerabile un'opzione consociativa con il governo in carica, populista e pericoloso, contrastandolo dunque a partire da un programma alternativo netto incardinato su liberalizzazioni, tutela del lavoro con sensibilità forte al dramma del precariato, attenzione ai bisogni delle nuove generazioni. investimento massiccio su innovazione e ricerca scientifica; il nuovo Pd, soprattutto, marca la sua distanza dall'opzione efficientista che vuole trasformare la democrazia in un orpello, per cui l'uomo solo al comando è l'unico mezzo per salvare il paese, ricordando che ci siamo fondati su un atto coraggioso di democrazia diretta, le primarie del 14 ottobre 2007, a cui abbiamo partecipato da protagonisti perché riteniamo che regole e capacità di decisione collettiva possano rendere più feconda e anche più efficace la democrazia; il nuovo Pd, di conseguenza, avrà come battaglia di legislatura la legge sulla democrazia interna ai partiti e le primarie obbligatorie per legge, ritenendo fonte di legittimazione e di fortificazione delle leadership, l'investitura popolare e la discussione continua all'interno dei luoghi della democrazia.

Il nuovo Pd non rincorre le destre, ma impernia la propria idealità sulla centralità della persona, sull'uguaglianza delle opportunità, sulla tutela dei diritti del diverso e del debole e si oppone con tutte le forze a ogni forma di discriminazione di natura razziale, etnica, sessuale, generazionale.

Il nuovo Pd è il territorio della società aperta, lavoro contro le paure e alimenta la speranza, perché il futuro c'è e appartiene a chi lo sa immaginare.


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« Risposta #32 inserito:: Maggio 24, 2008, 10:30:01 pm »

Ieri 23 maggio 2008, 14.32.32


Dialogo sulla democrazia con Giuliano Ferrara

Ieri 23 maggio 2008, 12.12.00 | marioadinolfi

Dal Foglio di oggi. Per le puntate precedenti, leggere Malvino.


Al direttore

No, questa sua idea che l'oligarchia "ben organizzata" somigli molto "a una democrazia possibile", è proprio pericolosa. Pericolosa perché legittima tutto, i mandarini del Partito comunista cinese e gli emuli populisti nostrani, dando l'idea che per la democrazia (non "assoluta", ma "vera", dove la verità è nella convinzione del cittadino che votare e partecipare alla vita pubblica non sia un esercizio inutile) in fondo non ci sia speranza. Io credo che la battaglia culturale dell'immediato futuro, per l'Occidente tutto intero, sia se andare verso un sistema a democrazia dilatata o a democrazia contratta. Le primarie del Pd del 14 ottobre 2007, quelle americane di questi mesi, vanno nella direzione della democrazia dilatata a vasta partecipazione popolare, dove la forza della leadership trae origine dalla forza anche quantitativa della cittadinanza che vuole decidere. Le vicende del Pd delle ultime settimane, invece, appartengono allo schema della democrazia contratta, dove l'idea di efficienza coincide con lo schema dell'uomo solo al comando, di destra memoria. E allora ha ragione Michele Magno e torto lei. Direttore, attenzione, non confonda i piani: non prenda una delusione personale sul fronte della democrazia (ne ho subite anche io, di cocenti), come una delegittimazione tout court dell'idea stessa di democrazia, anche di democrazia diretta, che della democrazia è la frontiera da andare a toccare, prima o poi. Non derubrichi la questione: è veramente la battaglia culturale da combattere, in questo tempo di cupa allegria in cui hanno piazzato la nostra vita.

Mario Adinolfi

Risponde Giuliano Ferrara:

Non ho alcuna delusione politica da scontare, mi creda. Ho una illusione culturale e civile da (continuare a) coltivare, è diverso. Le primarie sono per il Pd il fatto di ieri e la legittimazione di quel partito per oggi e per domani. Non è che ogni tre mesi o sei mesi la democrazia cambia di qualità e richiede un nuovo Michels per analizzarne il carattere oligarchico. Ora i capi elettori si organizzano e riorganizzano dopo il trauma elettorale, ma l'interessante è che abbiano deciso di essere, se lo confermano, capi elettori di un corpo elettorale aperto, non capicorrente di un corpo di iscritto costituito alla vecchia maniera.

(a me pare una marcia indietro rispetto all'idea originale della "oligarchia bene organizzata" simile alla democrazia e mi va bene così, bella Giuliano, ci si vede per un cornetto da Linari, offro io)

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« Risposta #33 inserito:: Maggio 28, 2008, 08:51:57 am »

26 maggio 2008, 14.00.19

Così italiani

26 maggio 2008, 11.56.00


Manca il racconto. Sì, il racconto dell'Italia moralmente devastata di questo inizio di millenno, il racconto di un paese senza appigli e senza approdi, che procede come zattera alla deriva. Se non avessimo avuto Dante, per raccontare il caos italiano di inizio Trecento, ci saremmo appesi almeno a un Cecco Angiolieri, senza Pirandello ci saremmo serviti di un Petrolini, senza Eduardo forse bastava Totò, senza il genio neorealista e il sogno di Fellini, la crisi dei decenni immediatamente precedenti a questo l'avrebbe disegnata solo Alberto Sordi.

E noi, per colmo della sfiga, nel tempo agghiacciante di un paese agghiacciante in cui ci è stato dato di vivere, non abbiamo né un Dante né un Pirandello, né un Eduardo né un Fellini. Allora c'è chi ci dice che la narrazione di quel che stiamo vivendo dobbiamo andarla a cercare nei film di Vanzina o nei Cesaroni, che saranno loro a rimanere.

Invece, guardate Boris. Boris sta all'Italia come Lost sta all'America. La nostra farsa contro la loro tragedia, le nostre mignottelle in Parlamento contro il loro 11 settembre, il nostro culto della mediocrità contro la loro idea western della realtà dei buoni contro i cattivi.

Boris è quello che un tempo avremmo definito un "telefilm" a lunga serialità, è arrivato alla seconda stagione e va in onda il lunedì sera su Fox. E' un racconto metatelevisivo (televisione nella televisione, nella narrazione del dietro le quinte della realizzazione della fiction "Gli occhi del cuore", con evidente rimando al pirandelliano teatro nel teatro, virato in farsa). Ma ovviamente è molto di più. E' l'Italia allo specchio. Anzi. Guardare una puntata di Boris è come piazzare sullo specchio una striscia di cocaina, tirarla su ed è lo stesso effetto: euforizzante all'inizio, deprimente nel down, comunque dà dipendenza neuronale se non fisica.

Prendete questo spezzone. Quello in cui il regista della fiction René Ferretti (interpretato da uno strepitoso Francesco Pannofino che oggi sarà mio ospite a Contro Adinolfi, su Nessuno Tv canale 890 di Sky in diretta alle 12.45 anche in streaming video o su Radio Città Futura) impone la mediocrità al più grande attore italiano, per adeguarlo al livello dei suoi colleghi attori incapaci.

In questa richiesta a Roberto Herlitzka di fare la faccia "a cazzo di cane" si annida il male dell'Italia.

Guardate Boris, guardatevi allo specchio. L'affresco è colossale, è una Cappella Sistina deformata, ci siamo dentro tutti come in un giudizio universale.

Ci sono la nostra guerra tra poveri, il potere che opprime e i kapò sensibili.

C'è la creatività ridotta a cinica e cialtrona serialità.


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« Risposta #34 inserito:: Maggio 29, 2008, 12:22:19 pm »

28 maggio 2008, 8.38.49


Utilità


Ma noi siamo qui sui blog perché, in fondo, abbiamo semplicemente bisogno di sfogarci?

Ne discuto a Unomattina dalle 9.30 con quel geniaccio di Massimo Gramellini, che con i blog ha i pregiudizi che hanno molti giornalisti.
Vediamo che ne esce fuori.

(intanto, Veltroni prova a fare il duro con Berlusconi in un'intervista a Aldo Cazzullo, ma non ci crede manco lui...Walter, apriti un blog e sfogati anche tu)


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« Risposta #35 inserito:: Maggio 31, 2008, 07:31:10 pm »

Ieri 30 maggio 2008, 13.51.19

A piazza Montecitorio

marioadinolfi

Il 7 giugno alle 12 ci ritroveremo a piazza Montecitorio, due anni un mese e un giorno dopo quel 6 maggio 2006 in cui prese il via in un inaspettato bagno di folla la storia di Generazione U. Cominciano a uscire delle indiscrezioni di stampa su quel che sarà il nostro raduno, che ha come principale novità quella di vedere tra i protagonisti dell'iniziativa alcuni nomi che portano Gu oltre i propri confini stabiliti alle ultime primarie: penso a Lorenza Bonaccorsi, a Francesco Soro, a Paolo Zocchi, ai blogger di Marioemario, tutti esponenti di primo piano del mondo democratico under 40, che alle primarie hanno preferito sostenere la candidatura di Walter Veltroni. La simpatia con cui ci siamo ritrovati attorno al tavolo per dirci in pochi minuti che eravamo d'accordo nell'esprimere in forma comune una linea contundente rispetto all'immobilismo del Pd, è la prima garanzia di verità e di forza di un percorso. Se si sorride insieme, si è sempre un passo avanti.

Così è nata l'iniziativa del 7 giugno, così ne è nato il titolo: "Per un nuovo Pd".

A piazza Montecitorio ripeteremo quel che sui nostri blog leggete ormai da settimane. Mi sembra di poter sintetizzare le questioni in tre punti.

1. Il Partito democratico ha perso le elezioni, la sua dirigenza ha accelerato il percorso verso lo showdown delle urne rivitalizzando un Berlusconi alla frutta: sia l'accelerazione che la sconfitta, con l'aggravante pesante del tracollo romano, ricadono come responsabilità politica sul gruppo che ha guidato il Pd. Come dicemmo già il 6 maggio 2006 facendo eco ad altri, con questi dirigenti non vinceremo mai. Noi vogliamo un nuovo Pd, che faccia marciare le idee nuove su gambe nuove adeguate, sul modello del New Labour blairiano, che riportò al successo il centrosinistra britannico pensionando un personale politico inadeguato ai tempi e con radici indigeste a giovani e ceti moderati.

2. Il rinnovamento, non solo generazionale, promesso da questo gruppo dirigente è stato insufficiente e costruito con il meccanismo della cooptazione pura, provocando risultati grotteschi. Noi siamo contrari a ogni percorso cooptativo e ci impegniamo a valutare la nostra forza solo nel confronto democratico e nel conflitto delle idee che genera consenso. Non ci interessa compiacere alcuno dei potenti attuali del Pd, abbiamo delle idee diverse sul rinnovamento e le faremo valere nelle sedi proprie. Chiediamo, ovviamente, regole certe e aperte per il confronto vero e non basato sui soliti pacchetti di tessere dei capibastone. Chiediamo democrazia diretta, siamo direttisti.

3. Siamo nettamente contrari al neoconsociativismo con Berlusconi e con le destre, pensiamo che il Pd debba concentrarsi sulla creazione di una propria identità ideale, valoriale, programmatica, cogliendo la grande occasione dell'opposizione per andare in battaglia con qualche libro in mano. Riteniamo che liberalizzazioni vere, investimenti in ricerca e opposizione, tutela dei diritti del lavoratore precario, lotta contro ogni discriminazione, denuncia della creazione di un clima di paura, riforme istituzionali per garantire più e non meno democrazia, siano un territorio dove caratterizzare le ragioni di esistenza del Partito democratico, senza cercare una legittimazione da Berlusconi che avrà come corollario ulteriormente negativo di consegnarci a una sconfitta elettorale certa e potenzialmente fatale per l'esistenza stessa del Pd tra un anno alle europee.

Per questi tre semplici motivi il 7 giugno ci incontreremo per avviare la creazione di una nuova classe dirigente, di un'alternativa possibile per un nuovo Pd. Porteremo le idee elaborate a piazza Montecitorio all'assemblea costituente del 20 e 21 giugno, le preciseremo nel contrasto e nel dialogo con le idee altrui, ma a chi pensa a ennesime operazioni di finto rinnovamento calate dall'alto e gradite al Loft (penso alla solita operazione dei Mille che si affidano di nuovo a Giovanna Melandri, ma che davvero, ma allora non volete capire?) opporremo un rifiuto ancora più forte di quelli del passato: l'alternativa si costruisce nella lotta politica, facendo maratona e non prendendo l'autobus. E' più faticoso? Sì, forse. Ma è l'unico modo.

Forza, il futuro c'è.


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« Risposta #36 inserito:: Giugno 04, 2008, 12:13:02 am »

 2 giugno 2008,


Mario Adinolfi


Ho fatto molte cose in questo fine settimana lungo, mi sono dedicato ai quattro pilastri.

Ho giocato. Ho completato le statistiche di stagione della scommessa collettiva in vista degli europei e ho preparato le qualificazioni ai campionati mondiali di poker che si giocano giovedì, arrivando al tavolo finale nel torneo più tecnico (123 partecipanti) del circolo Liegi, ormai di gran lunga il più importante circolo di poker sportivo d'Europa per numero di associati. Il blog del circolo celebra la performance affibbiandomi il soprannome: il soprannome, per un giocatore di poker, è il preludio alle grandi imprese. Da Dario "Supernova" Minieri a Chris "Jesus" Ferguson, ogni grande giocatore ha il suo. Io arrivo alle qualificazioni per i mondiali con il mio nuovo nickname: il Mago. Mi piace.

Sono andato a vedere il Divo. Un film bello, che ha capito alcune cose in profondità, su altre non ha capito un cazzo e il miscuglio fa effetto. Non so se Toni Servillo ha costruito la sua migliore intepretazione, di certo Paolo Sorrentino ha edificato il suo secondo milestone dopo Le conseguenze dell'amore.

Sono andato a vedere anche Sex and the City (non ditelo a quelli dell'altro blog, avevo proclamato che non ci sarei mai andato) che è un filmetto un po' così, la serie televisiva aveva un altro spessore, qui si capisce che l'operazione è di puro business, ma qualche indicazione sull'amore arriva. Per esempio io ho capito che per quanto scombiccherata sia sempre la vita sentimentale, per quanti casini io sia stato capace di combinare in anni e anni di matrimoni e separazioni e convivenze e riseparazioni e amori veri e propri, poi alla fine da qualche parte si sfocia. Basta essere mister Big. Quello che si piega solo quando decide di piegarsi.

Mi pare una buona lezione, non solo per l'amore, a pensarci bene.

Ho fatto molte altre cose in queste fine settimana lungo, ma mica vorrete i dettagli? Voi, piuttosto, tutto bene?

A piazza Montecitorio
venerdì 30 maggio 2008, 13.27.00
Il 7 giugno alle 12 ci ritroveremo a piazza Montecitorio, due anni un mese e un giorno dopo quel 6 maggio 2006 in cui prese il via in un inaspettato bagno di folla la storia di Generazione U. Cominciano a uscire delle indiscrezioni di stampa su quel che sarà il nostro raduno, che ha come principale novità quella di vedere tra i protagonisti dell'iniziativa alcuni nomi che portano Gu oltre i propri confini stabiliti alle ultime primarie: penso a Lorenza Bonaccorsi, a Francesco Soro, a Paolo Zocchi, ai blogger di Marioemario, tutti esponenti di primo piano del mondo democratico under 40, che alle primarie hanno preferito sostenere la candidatura di Walter Veltroni. La simpatia con cui ci siamo ritrovati attorno al tavolo per dirci in pochi minuti che eravamo d'accordo nell'esprimere in forma comune una linea contundente rispetto all'immobilismo del Pd, è la prima garanzia di verità e di forza di un percorso. Se si sorride insieme, si è sempre un passo avanti.

Così è nata l'iniziativa del 7 giugno, così ne è nato il titolo: "Per un nuovo Pd".

A piazza Montecitorio ripeteremo quel che sui nostri blog leggete ormai da settimane. Mi sembra di poter sintetizzare le questioni in tre punti.

1. Il Partito democratico ha perso le elezioni, la sua dirigenza ha accelerato il percorso verso lo showdown delle urne rivitalizzando un Berlusconi alla frutta: sia l'accelerazione che la sconfitta, con l'aggravante pesante del tracollo romano, ricadono come responsabilità politica sul gruppo che ha guidato il Pd. Come dicemmo già il 6 maggio 2006 facendo eco ad altri, con questi dirigenti non vinceremo mai. Noi vogliamo un nuovo Pd, che faccia marciare le idee nuove su gambe nuove adeguate, sul modello del New Labour blairiano, che riportò al successo il centrosinistra britannico pensionando un personale politico inadeguato ai tempi e con radici indigeste a giovani e ceti moderati.

2. Il rinnovamento, non solo generazionale, promesso da questo gruppo dirigente è stato insufficiente e costruito con il meccanismo della cooptazione pura, provocando risultati grotteschi. Noi siamo contrari a ogni percorso cooptativo e ci impegniamo a valutare la nostra forza solo nel confronto democratico e nel conflitto delle idee che genera consenso. Non ci interessa compiacere alcuno dei potenti attuali del Pd, abbiamo delle idee diverse sul rinnovamento e le faremo valere nelle sedi proprie. Chiediamo, ovviamente, regole certe e aperte per il confronto vero e non basato sui soliti pacchetti di tessere dei capibastone. Chiediamo democrazia diretta, siamo direttisti.

3. Siamo nettamente contrari al neoconsociativismo con Berlusconi e con le destre, pensiamo che il Pd debba concentrarsi sulla creazione di una propria identità ideale, valoriale, programmatica, cogliendo la grande occasione dell'opposizione per andare in battaglia con qualche libro in mano. Riteniamo che liberalizzazioni vere, investimenti in ricerca e opposizione, tutela dei diritti del lavoratore precario, lotta contro ogni discriminazione, denuncia della creazione di un clima di paura, riforme istituzionali per garantire più e non meno democrazia, siano un territorio dove caratterizzare le ragioni di esistenza del Partito democratico, senza cercare una legittimazione da Berlusconi che avrà come corollario ulteriormente negativo di consegnarci a una sconfitta elettorale certa e potenzialmente fatale per l'esistenza stessa del Pd tra un anno alle europee.

Per questi tre semplici motivi il 7 giugno ci incontreremo per avviare la creazione di una nuova classe dirigente, di un'alternativa possibile per un nuovo Pd. Porteremo le idee elaborate a piazza Montecitorio all'assemblea costituente del 20 e 21 giugno, le preciseremo nel contrasto e nel dialogo con le idee altrui, ma a chi pensa a ennesime operazioni di finto rinnovamento calate dall'alto e gradite al Loft (penso alla solita operazione dei Mille che si affidano di nuovo a Giovanna Melandri, ma che davvero, ma allora non volete capire?) opporremo un rifiuto ancora più forte di quelli del passato: l'alternativa si costruisce nella lotta politica, facendo maratona e non prendendo l'autobus. E' più faticoso? Sì, forse. Ma è l'unico modo.

Forza, il futuro c'è.


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« Risposta #37 inserito:: Giugno 21, 2008, 04:58:42 pm »


Del perché non andrò ad ascoltare Veltroni

 19 giugno 2008, 17.30.00

Andate in giro per la blogosfera, troverete molto dissenso che comincia ad affacciarsi, certo con ragioni che ancora mancano di profondità di analisi politica, che si attaccano a qualche dettaglio organizzativo, ma che alla fine arrivano a una conclusione simile a quella da noi elaborata: questi dirigenti, quelli del tracollo alle politiche, quelli del disastro di Roma, quelli del Pd cancellato in Sicilia (regione più popolosa d'Italia dopo la Lombardia), sono arrivati al capolinea e stanno inventando di tutto con il solo obiettivo di permanere.

E allora, se vogliono permanere e fare giochini di potere interno (l'assemblea costituente del Pd sabato sarà chiamata ad acclamare il solito organismo interno spartito nel caminetto), che se li facciano senza di noi, questi dirigenti asserragliati nel bunker.

Io domani ad ascoltare Veltroni che cambia l'ennesima linea politica alla caccia della permanenza in sella, non ci vado. Andrò dopo, ad ascoltare cos'hanno da dire i delegati. E poi, se ci saranno regole democratiche, a contestare e votare contro l'ennesimo gruppetto di oligarchi nominati e non eletti.

Fin dall'inizio, noi ci siamo spesi senza tregua per il Partito democratico. Per quell'aggettivo continua la nostra battaglia, con ogni mezzo a disposizione e far trovare a Veltroni una bella platea vuota mi sembrerebbe un atto intelligente da parte di un popolo del Pd che credo non ne possa più.

Senatus mala bestia
martedì 17 giugno 2008, 15.39.00
Davanti allo spettacolo spudorato della maggioranza berlusconiana che prova a far passare l'ennesima legge vergogna, si fa sempre più strada in me l'idea che la democrazia con le sue forme rappresentative ancorate a schemi di due secoli fa, sia arrivata veramente al capolinea.

Messina 83, Palermo 81, Catania 77
lunedì 16 giugno 2008, 19.27.00
No, non sono numeri al lotto. Sono le percentuali del centrodestra che sta vincendo ovunque le amministrative siciliane.

Io ho dettato una dichiarazione alle agenzie.

"Credo che venerdì in assemblea costituente dovremmo risparmiarci i rituali e discutere seriamente. Il tracollo siciliano boccia la linea post-elettorale di Veltroni. Va bene che ormai siamo abituati a tutto, che questo gruppo dirigente del Pd ha salutato con un'alzata di spalle e una determinazione a permanere degna di miglior causa sia la sconfitta di dieci punti alle politiche che il disastro del Campidoglio, ma ora che vediamo il Pdl veleggiare tra il settanta e l'ottanta per cento in tutta la Sicilia, qualche dubbio comincia a sorgere in Veltroni e Bettini? In assemblea costituente voglio discutere la linea veltroniana, l'idea della permanenza a ogni costo legittimata attraverso il neoconsociativismo con il governo Berlusconi. Abbiamo abbandonato del tutto il territorio dell'opposizione, abbiamo scelto di sostenere l'ovvio e di non caratterizzare il partito su nessun versante identitario. Questo voto siciliano è l'ultimo campanello d'allarme prima delle europee, dove rischiamo la sconfitta fatale. Molliamo Berlusconi, non solo per via del lodo Schifani, ma per costruire un partito identitario di opposizione tra la gente partendo dai contenuti che ci differenziano dalle destre. Altrimenti tra un anno arriverà una sconfitta che cancellerà il Pd. I dati siciliani ne sono l'antipasto".


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L'ultima sigla
sabato 14 giugno 2008, 11.17.00


Questa è la sigla di Streetcam, ultima mia fatica televisiva che andrà in onda con una seconda puntata sperimentale martedì prossimo. La pubblico perché è il solito lavoro di gruppo, dove per altro sono citate persone belle e di grande qualità che creano un piccolo prodotto che prova di nuovo a calcare strade non battute.

E' l'ultima sigla, l'ultimo segno di un anno vissuto pericolosamente: dal 18 luglio 2007, data di annuncio della candidatura alle primarie, a oggi.

E' accaduto di tutto e io adesso ho tanta voglia di riposare. Il 25 giugno parto per gli Stati Uniti e vediamo cos'altro ci riserva il destino. Intanto grazie a tutti coloro, e sono veramente tanti, che hanno percorso con me almeno un pezzo di strada in quest'anno comunque meraviglioso.

Ogni incontro è stato prezioso.


Ma come si fa?
venerdì 13 giugno 2008, 14.14.00
Ho già spiegato sull'altro mio blog le ragioni per cui non si può che ricorrere a lui.

Avrei dovuto tratteggiare l'inevitabile tirata sociologica e politicamente corretta sui significati che vanno oltre il calcio, sull'amicizia tra italiani e romeni, ma adesso come adesso non me ne frega niente e vorrei solo vincere quattro a zero.

Con Del Piero in campo, che non è mai stato tipo da partite decisive e sparisce sotto tensione, ci andrà di lusso se dopo una sofferenza infinita porteremo a casa i tre punti.

Con Cassano avremmo riso di gioia tutto il tempo, perché avrebbe provato le giocate impossibili ed è solo con l'impossibile reso realtà che ognuno di noi può appassionarsi. Il grigiore di chi non sa reggere la tensione e si schianta, ci delude.

E non c'è niente di peggio di rimanere delusi, la passione svanisce e si torna all'ordinario.

Per fortuna Donadoni se ne renderà conto e all'inizio del secondo tempo metterà in campo Cassano. Vero? Perché, come si fa a non mettere dentro l'unico in grado di cambiare davvero le cose?


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A note for uncle Walter
giovedì 12 giugno 2008, 18.33.00
ECONOMIST, VELTRONI È TROPPO BUONO CON BERLUSCONI HA IDEA DELL'OPPOSIZIONE PER NIENTE BRITANNICA

(ANSA) - LONDRA, 11 GIU - Per l'Economist Walter Veltroni «rischia di essere troppo buono con Silvio Berlusconi» e il suo governo-ombra potrebbe diventare «un'opposizione fantasma». Nel numero da domani in edicola, il settimanale britannico critica fortemente il leader del partito democratico e gli rinfaccia di essersi lasciato sfuggire «una serie di occasioni per mettere in imbarazzo il governo» e di aver così contribuito al rafforzamento della popolarità di Berlusconi. Tra le occasioni perse, l'Economist cita la mancata richiesta di maggiori dettagli sulle accuse mosse al presidente del Senato Renato Schifani dal giornalista Mario Travaglio per "rapporti di affari con persone poi condannate per mafia" e i mancati affondi contro il governo per il caso Alitalia, per le "aspre misure su immigrazione e sicurezza" e per la "messa al bando di gran parte delle intercettazioni telefoniche compiute dalla polizia". "Veltroni ha un'idea dell'opposizione che non appare assolutamente britannica", sottolinea la rivista, memore del fatto che nel Regno Unito l'opposizione non perde mai un'opportunità per attaccare il governo in carica. A giudizio dell'Economist Berlusconi ha senz'altro da guadagnare dalla politica del dialogo tenacemente portata avanti da Veltroni mentre "i benefici per la sinistra sono meno evidenti". "Ancor prima delle elezioni, Veltroni - spiega il periodico londinese ai suoi lettori - ha detto di volere la cooperazione con Berlusconi sulle riforme elettorali e costituzionali allo scopo di rendere l'Italia più facile da governare. È un obiettivo nobile ma è una strada che è stata tentata prima, con conseguenze disastrose". Secondo l'Economist la strategia elettorale di Veltroni è fallita, così come si è dimostrata "dolorosamente sbagliata" la candidatura di Francesco Rutelli a sindaco di Roma e la politica del dialogo impedisce quella "sofferta autopsia" di cui avrebbe bisogno un partito che ha le sue radici "nello screditato credo dell'eurocomunismo e in un movimento screditato come la Democrazia Cristiana".(ANSA). LQ 12-GIU-08


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La scommessa
mercoledì 11 giugno 2008, 11.45.00
Il primo turno degli europei ci ha regalato un'Italia umiliata, una Spagna in gran forma, una Svezia che sarà la sorpresa degli europei, una Francia che li vincerà. Scommettiamo?

A proposito di scommesse, mi state facendo una testa tanta chiedendo via email e via cell i pronostici da giocare su Betfair. Lo dico a tutti, il primo turno di un campionato non si gioca mai, troppe sono le potenziali sorprese, quindi fino a domani tutti fermi. Dal prossimo turno qualche scommessina prudente bancando le squadre evidentemente più deboli, per fare il grosso all'ultimo turno di qualificazione, sempre bancando (cioè giocando due risultati su tre, opzione che solo su Betfair è di default con quote accettabili).

Ovviamente, come al solito, chi volesse avere la password per ottenere i 30 euro di bonus da Betfair non ha che da scrivermi una email (adinolfi@gmail.com) o da chiedere consiglio ai soci della Scommessa Collettiva, che in due anni e mezzo grazie a questo sito di betting così particolare nel funzionamento, hanno avuto modo di farsi come minimo le vacanze gratis.

In tempo di guerra ogni buca è trincea e noi ci siamo parati il culo giocando, il che è una discreta soddisfazione.

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Streetcam e l'Italia che affonda
martedì 10 giugno 2008, 14.40.00
Oggi parte un nuovo capitolo del mio lavoro televisivo, con un numero zero in onda, in diretta su Nessuno Tv (canale 890 di Sky, visibile anche in streaming web) dalle 18.30.

Il programma si intitola Streetcam, nasce dalla collaborazione con un bel gruppo di autori della Link University coordinati dall'autore di Unomattina Maurizio Gianotti. Per me è un un altro tassello del mosaico del giornalismo partecipativo a cui ho dedicato la mia vita professionale: studio con pubblico e ospiti, interventi di giovanissimi inviati armati di telefonino, servizi realizzati con i telefonini stessi. Talk show e interazione visiva all'avanguardia, comunicazione da Web 2.0 non in una logica di puro flusso (tipo Current Tv), ma di racconto corale.

E' un esperimento e oggi parliamo dell'Italia sconfitta, di calcio parrebbe, ma non solo. Ovviamente questo blog e i vostri commenti saranno parte integrante della trasmissione.

Facebook e il Giornale

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lunedì 9 giugno 2008, 16.20.00
Due notiziole su quello che combino.

La prima è che ho aperto il mio profilo su Facebook, senza capire bene perché, ma lo fanno tutti (un po' come stare davanti alla partita dell'Italia stasera) e ho voglia di comportarmi secondo sano e italico conformismo. Su, diventiamo amici virtuali.

La seconda è che ho rilasciato un'intervista a Luca Telese del Giornale, dopo che ieri in prima pagina lo stesso direttore del quotidiano, Mario Giordano, aveva invocato la necessità di un'opposizione vera del Pd, segnalando alcune cose che andiamo dicendo da tempo. Questo il testo dell'intervista.

Scusi Adinolfi, ma lei ce l'ha con Veltroni?
Assolutamente no.

Da due mesi chiede la sua testa.
Guardi, conosco Veltroni da anni. Ho simpatia umana per lui. Non è una questione personale, ma un problema politico.

Se le fosse antipatico cosa farebbe?
Sono convinto che anche lui sia consapevole che se si continua così, fra un anno arriveremo alla disfatta. Le spiego perché.

Mario Adinolfi è l'unico membro del comitato nazionale del Partito democratico che dopo le elezioni abbia chiesto ufficialmente le dimissioni del segretario del partito. Ha poco più di 35 anni, è un blogger molto noto per la sua verve polemica, ha una corporatura possente, vagamento ferrariana. Alle primarie corse contro Veltroni, alle politiche è arrivato primo dei non eletti del Lazio e l'ex sindaco di Roma lo ha lasciato a terra optando per lo stesso collegio (lasciando posto, altrove, all'onorevole Mantini, un molto più anonimo e più docile margheritino). Nell'ultima riunione del massimo organismo direttivo del Pd, Adinolfi è arrivato a chiedere che Veltroni se ne andasse. La maggior parte dei giornali non l'hanno nemmeno scritto, la riunione è finita dopo il suo intervento. Così Adinolfi ha riunito la sua corrente all'hotel Nazionale, ha ribadito la linea e spiega: "Adesso diamo fastidio, tra pochi mesi ci daranno ragione".

Adinolfi, torno a chiederlo: cosa avrebbe dovuto fare Veltroni?
Avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di una sconfitta che c'è stata ed è stata molto più dura di quello che si dovrebbe far credere.

E questo avrebbe cambiato le cose?
Avrebbe permesso un'analisi delle cause profonde che l'hanno prodotta, un'analisi che adesso purtroppo è del tutto assente. Il Pd non discute.

Veltroni si è trovato sulle spalle la pesantissima eredità di Prodi. Lo nega?
Non lo nego affatto. I due anni di governo sono stati devastanti. Peccato che nessuno, lui compreso, in questo partito lo abbia detto.

Era impossibile, ovviamente: voleva il suicidio?
Però è quello che dopo il voto hanno detto: è colpa di Prodi. Allora anche quello è un suicidio, non trova? Ripeto, io non voglio processi. Bisogna pensare alle cause, sennò la rivincita è impossibile.

E' così pessimista?
Chiunque abbia girato le sezioni del Pd sa che questa è l'impressione prevalente dei militanti. Quella di una sconfitta ir-re-di-mi-bi-le! Ma non basta.

C'è altro?
La sconfitta di Roma dove la mette? Veltroni aveva vinto contro Alemanno con il 70%. Poco più di due anni dopo, quello vince con il 9% di stacco. Questa impresa di ribaltamento dvela la sconfitta di un modello, più che di un candidato.

E qual era il limite del modello Roma?
Se devo sintetizzare, direi il rapporto legittimante con i poteri forti della città. Che poi è lo stesso difetto di oggi.

Ovvero?
Invece di costruire una nuova classe dirigente cogliendo l'opportunità dell'opposizione per reiventarsi una politica, si cerca dal governo una legittimazione a permanere.

Quindi non è questione di una legislatura?
In Inghilterra il blocco sociale della Thatcher ha governato 15 anni.

Non crede che il Pd si riprenderà prima?
Se non cambia rotta, non credo. Anzi, il problema sono le europee.

Non crede che il partito recupererà?
Sta scherzando? Molti voti andranno a Di Pietro, che fa la voce grossa. Un'altra fetta torna alla Sinistra Arcobaleno, per convinzione o perché il voto utile non c'è più. Un'altra fetta di centristi credo che dirà: il governo sta lavorando, facciamolo governare.

Morale della favola?
Se a Roma c'è stata una Caporetto, a Bruxelles potrebbe esserci una disfatta. E le polemiche sul gruppo europeo ci dicono che il partito, in questo scenario, potrebbe persino dissolversi.


E per questo, aggiungo oggi, noi ci battiamo con tanta veemenza: per salvare l'esitenza stessa del Pd.


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Rieccola
domenica 8 giugno 2008, 18.32.00
Sabato, come promesso, abbiamo riavviato il dibattito nel Partito democratico e abbiamo riesposto il nostro simbolo: la tessera numero uno del Pd che firmammo tutti insieme come dichiarazione comune d'impegno il 6 maggio 2006, data di nascita di Generazione U.

Eravamo di nuovo all'hotel Nazionale, di nuovo in una sala piena di gente libera. Ora porteremo quell'impegno e l'idea di Pd direttista che abbiamo coltivato fin dall'inizio, all'assemblea costituente del 20 e 21 giugno. Chiediamo la fine dell'idea neoconsociativa, di un Partito democratico veltroniano che si legittima solo nel sostegno sostanziale al governo Berlusconi, per salvare un Pd che altrimenti tra un anno alle europee andrà al disastro.

Chiediamo l'avvio di una fase di opposizione vera, incredibilmente oggi la chiede persino Il Giornale di Berlusconi in prima pagina, indicando in quanto abbiamo affermato noi all'hotel Nazionale l'unico reale contraltare al neoconsociativismo.

La battaglia politica continua, siamo sempre di più e non molliamo mai. Perché noi vogliamo far vivere e vincere il nostro Pd, nostro fin da quando firmammo tutti insieme la tessera numero uno prima che il Pd esistesse.

(un ringraziamento particolare a Valerio Lo Monaco e a Radio Alzo Zero che hanno realizzato il video integrale scaricabile della manifestazione, un altro a Erasmo Catavolo che ha aperto un link YouTube con la sintesi degli interventi)


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« Risposta #38 inserito:: Giugno 21, 2008, 11:29:04 pm »

21 giugno 2008,

Quelli che hanno un blog


Del blog noi abbiamo fatto strumento di lotta politica, è la caratteristica direttista di Generazione U, sul piano personale è stata una scelta compiuta il 2 giugno 2003 quando su queste pagine comparve la prima riga di testo e a seguire arrivarono gli amici che avevano condiviso l'esperienza di Democrazia Diretta alle elezioni del 2001 e dello stesso 2003, un'esperienza forse troppo in anticipo sui tempi che però aveva in nuce tutte le ragioni e le idealità che poi si sono espanse fino a oggi.

Del blog noi continuiamo a fare strumento di lotta politica oltre che di racconto del nostro quotidiano e l'intreccio è spesso inscindibile. Su queste pagine e attraverso i portali di foto e di videosharing, attraverso i social network, io ho avuto la fortuna di sperimentare in prima persona quanto potente sia il messaggio contenuto in questo mezzo. Da qualche riga sul blog è nata l'esperienza straordinaria vissuta alle primarie e tutto quello che ne è derivato.

Del blog noi faremo strumento di lotta politica, come abbiamo fatto ieri, annunciando il dissenso rispetto al rito veltroniano officiato in un'assemblea costituente dove al posto delle migliaia di cittadini eletti si sono ritrovati solo il ristretto numero di qualche centinaio di affiliati alle varie bande oligarchiche. Le nostre parole hanno tracimato, le trovate oggi sul Corriere della Sera, o nelle pagine web di Panorama e Polis. Sono parole nate in rete e nelle rete vivono, circolano come sono circolati dissensi analoghi di Marta o di Ivan, anche loro membri della assemblea costituente del Partito democratico che ieri, in quella nuova Fiera di Roma simbolo vivente del fallimento di un modello politico-amministrativa, non c'erano e non per caso.

Eppure ieri qualcosa di importante è comunque successo, qualcosa da guardare in positivo mentre la sera eravamo in festa al Caffè Letterario e avevo Lorenza di fianco, davanti a me Zoro, vedevo Sara e Valeria ciacolare liete, Luciano e Andrea essere brillanti come solo i Marioemario sanno essere, poi Marco e tutti gli under 30 e tante persone che mi sono ritrovato "amiche" su Facebook e finalmente ci sono (ciao Leontina), poi Gianluca e Luigi e Roberto e centinaia di altri.

Ecco, ieri sera ho pensato che qualcosa di importante sta accadendo, che ce lo ricorderemo questo 20 giugno 2008 tra l'assemblea costituente che vedeva Gianni Cuperlo portare un bell'attacco a un Veltroni che non ha voluto spendere una parola sulle ragioni del tracollo, ormai ridotto a re Travicello mentre correnti e correntine scavano trincee per l'ormai prossimo combattimento, la direzione nazionale che vede tra i suoi componenti persino Luca Sofri e il sottoscritto, il Corriere della Sera che ho comprato di notte per leggere in prima pagina che i quarantenni stanno vivendo il loro Midas.

Manca solo un tassello per cominciare a vincere davvero. Mettere da parte ogni stupida rivalità tra noi e fare rete tra chi dalla rete sta traendo linfa vitale per la battaglia. Siamo quelli che hanno un blog, siamo quelli che hanno imparato a condividere ormai per default: Gianni, Luca, Diego, Marta, Ivan, tutti i Marioemario, gli under 30, iMille, Innovatori europei, Donnelibertàdistampa, Generazione U.

Siamo tanti, ora dobbiamo solo essere uniti e sorridenti come ieri sera, perché questa è la nostra stagione e per salvare il paese dalle destre peggiori del mondo non possiamo farla passare senza aver tentato. Loro, i cinquantacinquenni, sono stanchi e non ci credono più. Noi non ci crediamo ancora.

Ma forza, un passo insieme ed è fatta. Il futuro c'è.


PS: Questa è l'immagine inviata dalla veltronianissima Democratica Tv mentre Veltroni era nel pieno del suo inutile discorso di ieri.
Ma neanche davanti alla platea che gli è rimasta vuota gli oligarchi hanno smesso di fare gli oligarchi.


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« Risposta #39 inserito:: Giugno 24, 2008, 04:37:04 pm »

domenica 22 giugno 2008,

Oltre Parisi, oltre Veltroni

Arturo Parisi in un'intervista molto netta ha detto a chiare lettere a Walter Veltroni che deve lasciare. Il mugugno simile di moltissimi altri è ormai udibile. Noi, che queste cose le andiamo dicendo senza perifrasi dal 14 aprile, dovremmo semplicemente provare il gusto di chi vede altri avvicinarsi alle proprie idee.

E invece no, noi ci mettiamo sotto a lavorare, senza perdere tempo: perché ora il problema e l'occasione è quella di costruire un'alternativa vera.

Un'alternativa di classe dirigente che dopo Veltroni non ci riporti indietro e che Veltroni stesso dovrebbe e potrebbe agevolare.

Io su questo ieri ho provato a dire alcune cose.


PD/ ADINOLFI: PRONTA UNA NUOVA GENERAZIONE DIRIGENTI
"Da Cuperlo a Sofri, i blog selezionano il dopo Veltroni"

Roma, 21 giu. (Apcom) - "La giornata di ieri è stata una giornata importante, nonostante la platea con duemila delegati assenti. Ieri si è fatta vedere la nuova generazione dirigente del Pd ed è nata da internet e dai blog". Mario Adinolfi, membro della neonominata direzione nazionale del Partito democratico in qualità di candidato segretario alle primarie, rivolge un appello: "Da Gianni Cuperlo a Luca Sofri al sottoscritto a tanti altri, nel nuovo organismo dirigente del Pd si affacciano esperienze che hanno tratto dalla rete la lezione del condividere".

"Ora - prosegue l'esponente democratico - dobbiamo unire le forze, superare piccole gelosie e tentativi di gestione di rendite di posizione, per rendere evidente che una nuova generazione per il Pd c'è e si candida ad incarnare il dopo Veltroni. Siamo i quarantenni, anno più anno meno, che dicono ai cinquantacinquenni, anno più anno meno, che se sono stanchi e non ci credono più, noi non siamo stanchi e ci crediamo ancora".

"Veltroni - sostiene Adinolfi - è apparso privo di slancio, proprio nel momento in cui il Pd ha bisogno invece del massimo di visione di futuro. I blog, la rete, ci hanno regalato una capacità di scorgerlo con più immediatezza, questo futuro. I blog hanno selezionato un'alternativa possibile e basta passare un attimo sulle pagine web di Cuperlo, di Sofri, di Zoro, di Marta Meo, di Ivan Scalfarotto o sulle mie per capire quanta tenacia ci sia nel credere al futuro del Partito democratico. Deve essere un futuro diverso da questa oligarchica gestione dell'esistente e le idee nuove devono camminare su gambe nuove. La novità che da ieri queste gambe nuove cominciano ad essere molte e visibili. Ora - conclude - devono solo decidersi a marciare insieme verso un comune obiettivo".

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« Risposta #40 inserito:: Giugno 27, 2008, 11:40:15 am »

26 giugno 2008, 9.56.56

Cose mai fatte


Il blog come al solito ti offre delle idee, le idee della comunità che lo frequenta e che gentilmente sta accompagnando questo mio viaggio americano.

Paolo m'aveva consigliato l'affaccio al finestrino mentre il mio volo per Los Angeles attraversava la parte meridionale della Groenlandia. Ragazzi, che spettacolo. Non avevo mai visto tanto bianco.

Non avevo mai viaggiato di fianco a una tizia di Hollywood, Kimberly, script supervisor di "Angeli e Demoni", il film con Tom Hanks che nelle ultime tre settimane è stato girato a Roma. Una macchina da guerra, dal suo iMac bianco ha tirato fuori una quantità di foto di dettagli della mia città che io, ovviamente, non riconoscevo. Innamorata del Vittoriano di piazza Venezia, diciottomila foto da sopra e da sotto, perché te sarai pure script supervisor e bionda bionda, ma sempre americana resti. Non avevo ancora capito quanto gli americani siano impressionati dagli "huge monuments". A loro la roba piace grande, anche se è un pugno in un occhio.

Piero m'ha consigliato il museo della memoria sulla Sepulveda Avenue, ma non ce l'ho fatta, perché volevo andare ad accarezzare le onde come mi ha chiesto Timoteo. Dunque Venice Beach, con la sua palestra sulla spiaggia, dove ho sfoggiato il mio addome in risposta a troppi addominali tutti uguali. Non avevo mai bagnato la mia pelle nelle acque americane dell'Oceano Pacifico. Sono più fredde di quelle australiane.

Ho invece seguito l'idea di Martino di andare al museo Getty, perché non avevo mai visto dal vivo la "Ragazza italiana" di Cezanne.



C'è tutta la malinconia che, ormai, bisogna lasciarsi alle spalle.

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« Risposta #41 inserito:: Luglio 01, 2008, 04:07:57 pm »

POLITICA

Fu sconfitto da Veltroni nella corsa alla leadership del Pd

Ora ha trovato un'altra strada: il mondiale

Dalle primarie a Las Vegas

Adinolfi fra politica e poker

di GIANLUCA MORESCO



Dalle primarie del Partito Democratico ai Mondiali di poker di Las Vegas, dalle discussioni accese con Veltroni, Letta, la Bindi e Gawronski, ai tavoli verdi del Rio Hotel, zona ovest della città del gioco per eccellenza.

Mario Adinolfi, 37 anni ad agosto, barba folta e occhiali, in questi giorni è lontano dalle incandescenti polemiche sulla magistratura. Adinolfi è partito per Los Angeles il 24 giugno inseguendo il sogno di quasi diecimila giocatori che in questi giorni affolleranno le sale del più esteso casino del Nevada: Mario gioca per entrare nella storia, come primo italiano in grado di vincere il titolo di campione del mondo di poker.

Adinolfi, dagli anni Ottanta ad oggi ha seguito un vulcanico percorso di formazione: firma articoli e produce servizi per l'Avvenire e Radio Vaticana, per l'Europa, Il Popolo e La Discussione; entra in Rai si muove nei corridoi del Tg1 e intanto butta giù idee per programmi condotti e diretti a metà tra le emittenti pubbliche e quelle private da "Contro Adinolfi" a "70in2" con Daniele Capezzone, a "Polifemo" a "Domani è Tardi" fino al "Tornasole". Tutto d'un fiato, fino all'incrocio con la politica a 22 anni. Prima la Democrazia Cristiana, poi l'ingresso nell'area di centrosinistra, nel 1993 è il più giovane membro dell'Assemblea Costituente del Partito Popolare Italiano.

Amore per la battuta, gusto per la provocazione, un modo bonario e corrosivo con cui affronta avversari politici ai dibattiti e giocatori al tavolo verde. Nel 2007 Adinolfi si era candidato alla guida del Partito Democratico, raccogliendo 5906 voti (pari allo 0,15%), venendo poi eletto come uno dei cento componenti della commissione che ne scrive lo statuto.

Alle ultime circoscrizioni era candidato alla Camera con il Partito democratico nella sezione Lazio 1, risultando alla fine il primo dei non eletti. "Diciamo che siamo in All in" aveva detto scherzando a poche settimane dalle elezioni, durante "Otto e mezzo" su La7. E' una frase presa dal gergo del poker americano che tanto ascendente esercita sul suo modo di raccontare la politica. Voleva dire "Puntiamo tutto, tutto quello che abbiamo".

Pugno duro sul tavolo in difesa della legge 194; voce alta a salvaguardare i diritti degli omosessuali, richiesta di modifica della legge 30, sul modello ipotizzato da Tito Boeri; e ancora abolizione di centri di spesa definiti "Inutili" come le Province, ma su un punto Adinolfi non è mai voluto retrocedere di un centimetro: "Il Pd deve essere un partito laico, che segnali l'impossibilità di ingerenza di qualsivoglia autorità religiosa nelle scelte di una democrazia".

Questa stessa sostanza dei concetti, Adinolfi sembra averla voluta applicare anche alla sua strategia di gioco. La sua specialità è il Texas Hold'em, il gioco che impazza di questi tempi nelle televisioni di mezzo mondo, quello con due carte per giocatore e cinque comuni nel mezzo, raccontato alla perfezione nel film "Rounders" diretto nel 1998 da John Dahl con Matt Damon e Edward Norton protagonisti. Adinolfi è diventato ormai quasi un'istituzione nei tornei sportivi giocati al Bridge Liegi, in uno degli angoli più affascinanti di Roma Nord, e organizzati dalla Liegi Nuts, associazione oggi leader in Italia nella promozione di eventi sportivi legati a questa variante di poker.

E proprio Adinolfi si è adoperato in prima persona per la promozione di un torneo organizzato da Luca Antinori, presidente della Liegi Nuts, che il 6 marzo scorso ha raccolto fondi per la Komen Italia Onlus, un'organizzazione non-profit, basata sul volontariato, che opera dal 2000 nella lotta ai tumori del seno. "Il cancro al seno - spiegava Adinolfi - è la principale causa di morte tra le donne con più di 35 anni. Ci sembra bello che un circolo dove si gioca a Texas Hold'em, gioco prevalentemente maschile, voglia rivolgere un atto di generosità verso l'altra metà del cielo".

Politica e impegno civile, il comune denominatore, le regole del poker a dettare il ritmo, a chiudere le serate più faticose e soprattutto a regalare il sogno di Las Vegas e di un mondiale che in Italia nessuno ha ancora mai vinto. Dal suo blog, Adinolfi naturalmente racconta tutto.

(30 giugno 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #42 inserito:: Luglio 01, 2008, 11:47:29 pm »

1 luglio 2008,

Poker e politica
30 giugno 2008, 19.18.00


Verrebbe da dire: cavolo, è un anno intero che facciamo cose di una discreta rilevanza e che costano un terribile impegno (18 luglio-14 ottobre 2007 candidatura Generazione U alle primarie, con libro annesso, poi Pugni in Tasca a Mtv, poi tutta la stagione della campagna elettorale che si è conclusa il 14 aprile a un passo dalla Camera, infine il dibattito avviato da noi nel Pd su una linea di opposizione a Veltroni con tanto di iniziativa pubblica il 7 giugno, la conferma della settimana scorsa nella direzione nazionale del Pd nonostante la durezza della posizione assunta, nel mentre ovviamente duecento puntate di Contro Adinolfi, duecentocinquanta articoli per Europa, le dirette speciali pomeridiane su Nessuno Tv, Streetcam...) poi uno si prende un paio di settimane di vacanza dedicandole al proprio lato ludico e finisce sulle home page di Repubblica e Corriere.

Va bene, è il circo mediatico, c'è qualche inesattezza qua e là, ma il divertissement lo accettiamo (e ringraziamo, ci mancherebbe), è estate per tutti.

E poi il poker e la politica hanno molto in comune, non solo la desinenza iniziale e io sono un politico e un giocatore di poker (e anche un giornalista o uno scrittore) orgoglioso delle attività che pratico. Delle mie qualità di giocatore, poi, faccio un vanto. Mi servono a capire meglio la vita. Spiego.

Quando inizi una mano di poker non sai come finirà, potrà essere innocua e ordinaria amministrazione oppure il momento in cui ti devi giocare tutto, devi assumere il massimo dei rischi. Per vincere a poker verrà sempre l'attimo del rischio assoluto, del dentro o fuori. I nostri politici sono invece dei giocatori estremamente "tight" (gergale per "chiusi"), non vogliono mai sentirsi dire "player out" (sei fuori) e per loro l'importante è tenere vivo il posto al tavolo, anche se il trascorrere del tempo erode le loro chips e li consegna all'inevitabile inazione.

Veltroni m'è apparso colui che meglio di altri sapeva gestire i rilanci, ora ha perso una grossa mano, è "short" (ha poche chips rimaste) e dovrebbe essere estremamente coraggioso se sapesse giocare a poker. Lo "short" che prova a gestire poche chips invece di giocarsi tutto ("all in") con coraggio è semplicemente condannato all'eliminazione. Può essere che sia eliminato lo stesso, ma almeno ha tentato di rinascere.

D'Alema, Marini, Bindi, Letta, Parisi, Rutelli, Fassino: tutti giocatori vecchi e prevedibili, quindi ormai sconfitti in partenza. L'imprevedibilità e la freschezza sono doti decisive al tavolo da poker, non a caso i ragazzini di vent'anni formati on line stanno facendo faville qui a Las Vegas.

C'è Napolitano a fare il dealer (mazziere), Fini che mi sembra un metodico che perde gli heads up finali (sfida testa a testa che determina il vincitore del titolo di campione di un torneo), Berlusconi che è Phil Hellmuth (un caciarone a cui non daresti una lira e invece è quello che ha collezionato più titoli da campione del mondo - bracelets in gergo - in assoluto), Bossi che mi pare Doyle Brunson (vecchia gloria che ha fatto la storia del poker, ora un po' stanco).

Un giro da queste parti a Las Vegas non farebbe male a nessuno dei nostri politici, mentre si giocano i mondiali. Io mi alleno e imparo a tenere botta, a subire la bad beats (colpi sfortunati) e a continuare a sfidare il mondo, perché vivere in un altro modo mi sarebbe impossibile e morire di noia nell'orizzonte oscuro di una carriera dove sia abolita la parola "rischio" non fa per me.

Noi abbiamo imparato, anche al tavolo da poker, quanto valgono le nostre idee e quanto siamo disposti a giocarci per esse.

Tutto, siamo disposti a giocarci tutto. La vita o almeno quel che ne resta. Poi, un giorno, speriamo che gli approfondimenti dei giornali siano dedicati a queste idee su cui abbiamo imperniato questo blog e non alla curiosità di una permanenza estiva a Las Vegas. E, comunque, va bene anche così. Sappiate solo che tutto si tiene e non potrebbe essere altrimenti.

Nessun esercizio inutile è tollerato da queste parti.

dal blog di Mario Adinolfi.
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« Risposta #43 inserito:: Luglio 05, 2008, 12:10:01 am »

3 luglio 2008, 12.19.27

Imbrogli e intrighi e melma


Ho rilasciato un'intervista che potete leggere sul sito di Panorama, su questa benedetta mia partecipazione ai mondiali di poker (l'anno scorso portai a casa un trecentesimo posto, quest'anno dalla mia specialità sono uscito centonovantesimo, facendo i calcoli della progressione tra un anno vado in the money, tra due al tavolo finale, tra tre vinco il bracelet, tutti avvertiti, l'ho scritto). L'intervista è lunga, ma alle due ultime risposte ci tengo e ve le metto qui.


La versione televisiva del poker all’americana sta facendo ascolti enormi anche in Italia. Come spiega questo successo?

Il poker nella versione Texas Hold’em che sto giocando ora a Las Vegas è estremamente spettacolare, mette alla prova le qualità migliori di un individuo: intelligenza, tenacia, propensione al rischio, capacità di lettura dell’avversario. In più, è facilmente comprensibile a chiunque, le regole sono semplici. E’ un gioco chiaro, si vince e si perde senza ambiguità, senza possibili recriminazioni, senza territori grigi. Forse anche questo piace all’italiano, che non ne può più di vedere imbrogli e intrighi e melma dietro ogni angolo.


Adinolfi, se dovesse tornare in Italia da campione del mondo, con quel premio favoloso da dieci milioni di dollari?

Non cambierebbe molto nella mia vita. Avrei realizzato un sogno personale e continuerei a dare una mano per una politica rinnovata e migliore di quella che abbiamo. Il poker mi insegna qualche trucco in più per continuare la battaglia contro i vecchi arnesi politici nostrani. Non a caso, qui a Las Vegas, i risultati migliori li ottengono i giovanissimi che si sono formati giocando sul web e stanno battendo tutte le vecchie glorie. Accadrà presto anche nella politica italiana.


dal blog di Mario Adinolfi
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« Risposta #44 inserito:: Luglio 05, 2008, 09:20:27 am »

Ieri 4 luglio 2008, 19.28.53

Un muro di fango e merda


La parola "merda" la aggiungo qui, ma a questo pensavo mentre, nella lunga intervista che ho rilasciato oggi a Radio Radicale (e che se volete potete riascoltare qui), utilizzavo la metafora del muro di fango che attraverso le intercettazioni sta dividendo ancora di più governanti e governati, rendendo sempre più evidente come al potere ci siano oligarchie e al di là del muro solo sudditi.

Democrazia diretta, subito. E nessuna privacy per chi governa. L'onore di dirigere un paese si paga con l'onere di dover vivere in una casa di vetro. Altro che proteggersi dietro a un muro. Che di fango e merda resta comunque fatto.

Nell'intervista ho detto anche altre cose, sulle complicità con il mondo del giornalismo, sulle oligarchie che si reggono in piedi secondo il principio del ricatto reciproco, tutte cose che chi legge questo blog conosce già, ma forse era utile ripetere pubblicamente.

Qui negli Stati Uniti è festa dell'Indipendenza e oggi provo invidia per il senso patriottico che esprimono in ogni angolo di strada e per la bellezza della loro democrazia, dove pure la dimensione oligarchica non è assente, ma che comparata alla nostra fa venir da piangere.

dal blog di Mario Adinolfi
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