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Autore Discussione: LEGGERE per capire... non solo la politica.  (Letto 150709 volte)
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« Risposta #60 inserito:: Maggio 15, 2008, 11:02:37 am »

Considerazioni sul V-day

di Paolo Barnard


Cari amici,
sono Paolo Barnard, giornalista ex inviato di Report e scrittore (Perché ci Odiano ecc.), impegnato da molti anni nei temi che ci stanno a cuore. Queste righe sono un appello molto più che accorato, sono piuttosto un grido per ostacolare la rovinosa deriva nella quale la Società Civile Organizzata italiana* è franata, e di cui il terribile V-day di Beppe Grillo è solo l’espressione più visibile.

Sta accadendo che noi, la Società Civile Organizzata di questo Paese, ci stiamo facendo annullare dai metodi e dalle strutture di rapporto di alcune personalità divenute nostri leader, e dal fumo negli occhi che costoro sono riusciti a soffiarci. Siamo ridotti oggi a poca cosa, ci stiamo auto consegnando all’irrilevanza, nonostante l’apparenza sulla superficie sembri dimostrare l’esatto contrario. Eravamo invece l’unica speranza rimasta a fronteggiare il trionfo internazionale del Sistema massmediatico e neoliberista, davvero l’ultima spiaggia. L’annullamento di quella speranza è per me una tragedia enorme, ma è indicibilmente più tragico che questa rovina si stia consumando per mano dei nostri stessi leader alternativi e con il nostro pieno ed euforico consenso. Questo, mentre il Sistema se ne sta tranquillo a guardare in piacevole stupore (il Sistema, amici, quello vero, quello che non sta a Palazzo Chigi).

E’ accaduto che noi, gli antagonisti, abbiamo riprodotto al nostro interno le medesime strutture del Sistema che volevamo contrastare.

* per Società Civile Organizzata si intendono sia i pochi attivisti che i tanti simpatizzanti raccoltisi attorno ai Movimenti e ai gruppi di protesta italiani.

L’annullamento verticale
Anche fra noi dilaga oggi la struttura chiamata Cultura della Visibilità, che è la cultura dei Personaggi, cioè dei Vip, e che nel nostro caso è rigorosamente alternativa, certo, ma sempre identica all’equivalente struttura del Sistema massmediatico. E cioè la nefasta separazione fra pochi onnipresenti famosi, e tanti seguaci. Ne siamo pervasi totalmente.
I nostri Personaggi e gli eventi che essi gestiscono (i Grillo, Travaglio, Guzzanti, Strada, Zanotelli, Ciotti, Moretti ecc., con le loro marce, manifestazioni, spettacoli di piazza, film ecc.) producono singolarmente cose (talvolta) egregie, ma collettivamente fomentano quella struttura compiendo un danno devastante, e che pochi ancora comprendono nella sua ampiezza e implicazioni. Quale danno? Essi di fatto svuotano l’Io dei loro seguaci impedendogli di divenire singole entità autonome e potenti, rendendoli (rendendoci) un esercito di anime incapaci, dunque minando la Società Civile Organizzata e la speranza che essa rappresenta. Ecco come:

1) I Personaggi, ponendosi come tali, inevitabilmente ci trasmettono la sensazione di sapere sempre più di noi, di poter fare più di noi, di contare più di noi, di aver sempre più carisma di noi, più coraggio, più visibilità. E più sapere, capacità, importanza, carisma, coraggio e visibilità noi gli attribuiamo meno ne attribuiamo a noi stessi. Il paragone inevitabile fra la nostra (generalmente fragile) autostima e l’immagine di ‘grandezza’ dei Personaggi, fra il nostro limitato potere e quello invece di chi è famoso, è ciò che finisce per annullarci. Tantissimi di noi infatti pensano “ma da solo cosa posso mai fare? cosa conto? chi mi ascolta?”, e in sol colpo ci auto annulliamo. Smettiamo così di pensare e di agire autonomamente e corriamo ad affidarci ai suddetti Personaggi, che prontamente ci forniscono un pensare e un agire preconfezionati, che noi fotocopiamo in un’adesione adorante e acritica. E questa è, insieme, una rovina per noi e la salvezza del Sistema, per le ragioni che esporrò a breve.

Riguardatevi la folla del V-day di Bologna e ragionate solamente su tutte quelle mani alzate e sulle ovazioni. Cosa trasmettevano se non una colossale attribuzione di potere a coloro che cavalcavano quel palco?
Abbiamo così ricreato una verticalità e nuove Caste. E’ tutto lì, la cosa peggiore è proprio questa. La loro imponenza, cultura, e visibilità rimpiccioliscono noi, che deleghiamo loro praticamente tutto.
E infatti in assenza dei personaggi, delle loro analisi e delle loro iniziative, la maggioranza di noi diviene inerte, anzi, scompare. Ecco perché le migliaia di noi che si riversano nelle piazze ogni anno sembrano regolarmente sparire nel nulla all’indomani. Ecco perché questa Società Civile non cambierà alcunché.

Beppe Grillo, come tutti i trascinatori, fa crescere (o piuttosto fanatizza?) alcuni suoi attivi seguaci ma contemporaneamente svuota centinaia di migliaia, ed ecco il fumo che egli ci getta negli occhi quando ci convince invece che tanto sta accadendo.
E non fatevi ingannare dal fatto che i nostri Personaggi denunciano cose spesso sacrosante, o che alcune loro iniziative sono anche benefiche. Questo vi oscura una visione più obiettiva, poiché siete assetati di qualcosa che finalmente spezzi il Sistema e vi gettate con entusiasmo sulla prima offerta disponibile che ‘suoni’ come giusta. Ma il giusto che costoro invocano e operano è ben poca cosa di fronte al danno che nell’insieme (e più o meno consapevolmente) essi causano attraverso l’annullamento di così tanti. Esattamente come nel caso, a voi noto, dell’ingannevole giustezza e natura benefica dei cosiddetti aiuti al Terzo Mondo: ineccepibili e sacrosanti all’apparenza, ma nella realtà essi sono la vera causa della rovina e della morte di milioni di derelitti nel mondo.

2) Tutti i sopraccitati Personaggi, dai comici ai preti ai giornalisti, hanno dato l’avvio in Italia a una forsennata industria della denuncia e dell’indignazione, ovvero la febbre della denuncia dei misfatti politici a mezzo stampa o editoria, con tanto di pubblici inquisitori che ne sfornano a ritmo incessante, nella incomprensibile convinzione che aggiungere la cinquecentesima denuncia alla quattrocentonovantanove in un martellamento ossessivo serva a cambiare l’Italia. Eppure, che la politica italiana fosse laida, ladra e corrotta, milioni di italiani lo sapevano benissimo già prima che molti di questi industriali dell’indignazione nascessero, e assai poco è cambiato. Allora, a che serve procedere compulsivamente ad aggiungere denuncia e denuncia e indignazione a indignazione? In realtà questo modo di agire serve a giustificare (oltre agli incassi degli autori) l’auto assoluzione di masse enormi di italiani, noi italiani come sempre entusiasti di incolpare qualcun altro, e mai noi stessi e la nostra becera inerzia, per ciò che accade. E badate bene che è proprio questa auto assoluzione scodellataci dai nostri Personaggi che ci annulla ulteriormente, poiché ci impedisce di imbatterci nell’unica verità in grado di farci agire, e cioè che alla fine della strada la responsabilità ultima per tutto quello che accade di sporco e corrotto in questo Paese è nostra. Direbbe Truman: The buck stops here.

La vera Casta in Italia sono i milioni di bravi cittadini che evadono più di 270 miliardi di euro all’anno, quelli che fanno politica una volta ogni cinque anni, quelli che ogni cinque anni consegnano masse di potere a pochi rappresentanti e poi si occupano solo dei fatti propri (come affidare a un bambino le chiavi del magazzino della Nutella e non controllarlo più, e poi lamentarsi che il bimbo ha finito col papparsela tutta). Ma anche quelli che, e parlo ora delle adoranti folle del V-day, si sentono 'belle anime' in lotta per Un Mondo Migliore perché si riversano nelle piazze ad applaudire l'istrione egomaniacale di turno, ma che chissà perché non compaiono mai nei luoghi del grigio vivere quotidiano a fare il lavoro noioso, paziente, un po' opaco dell'impegno civico, del controllo sui poteri, della partecipazione continua, del reclamo incessante di standard morali e democratici, e della creazione di consenso fra la vera Casta.
E invece a braccetto con l’industria della denuncia e dell’indignazione ci auto assolviamo e ci ri-annulliamo.
Si doveva fare altro.

La struttura orizzontale*. Solo Fonti, non Star.
Dovevamo invece essere aiutati a crescere per divenire ciascuno singolarmente il Personaggio di se stesso, il Leader di se stesso, il Travaglio-Grillo-Ciotti-Zanotelli ecc. di se stesso. Dovevamo imparare a ‘scrivere’, ciascuno di noi a suo modo, il ‘libro’ della propria denuncia dei fatti e della propria analisi accurata dei fatti, dovevamo imparare a fare ogni giorno il nostro personale Tg, ad essere i presidenti del consiglio di noi stessi, i politici di noi stessi, unici e soli referenti di noi stessi, a credere solo nella propria verità, senza mai, mai e mai aderire acriticamente alla verità di alcuno, chiunque esso/a sia, qualunque sia la sua fama, provenienza, carisma o potere. Ciascuno di noi sul proprio palco, sotto i propri riflettori, in prima serata, non importa quanto colti, quanto intelligenti, quanto connessi, poiché l’unico motore del nostro agire doveva essere la fede nell’insostituibile importanza di ciascuno di noi.

Non dovevamo permettere la nascita di Star alternative perennemente citate, adorate, ospitate in tv, inseguite nelle piazze fin al delirio da stadio, e detentori del ‘cosa si deve fare’, se non addirittura dell’organizzazione nostro futuro. Semmai esse dovevano invece fungere da semplici individui che si mettevano a nostra disposizione unicamente come fonti. Semplici fonti, da consultare con sana distanza, da usare come si usa Google, ovvero pagine fra le tante di una enciclopedia che può esserci utile ma il cui ruolo doveva rimanere più modesto. A scintillare non dovevano essere i Grillo e i Travaglio, doveva essere ogni singola persona comune, per sé, in sé. Tutto ciò, in un rapporto sempre e solo orizzontale.

Solo il percorso sopraccitato avrebbe garantito la nascita di un insieme di cittadini capaci di agire sempre, indipendentemente da qualsiasi cosa, capaci di combattere anche da soli, anche in assenza dei trascinatori, per sé e con sé, dunque potenti, affidabili e durevoli, sani in una dialettica sociale sana. Gente in grado di analisi attente e indipendenti di ogni evento, alla ricerca della giusta soluzione, e che mai si farebbe trascinare dall’errore fatale dell’adesione acritica all’analisi di qualcun altro.

Questo avrebbe fatto tremare i palazzi, questo li avrebbe spazzati via, questo e solo questo avrebbe cambiato la nostra Italia.
* ho preso in prestito il termine ‘orizzontale’ da uno scritto di  Gherardo Colombo, che ringrazio. nda

Il gregge e il precipizio.
Fra i nostri Vip alternativi si agitano alcuni personaggi meschinamente in malafede, ed è davanti agli occhi di tutti. Altri sono meno equivoci, ma tristemente incapaci di vedere una verità che vale la pena ripetere: non possono incitare le persone ad agire mentre, per i motivi sopraccitati, li svuotano della capacità di agire. Il V-day e i suoi Vip hanno offerto uno spettacolo indecente quando incitavano la cittadinanza a fare politica dopo averla per anni annullata fino all’intontimento. Ed eccolo l’intontimento risultante: sentiamo e accettiamo da costoro cose che solo pochi anni fa ci avrebbero fatto trasecolare e indignare, come:

- le proposte di omologazione culturale degli immigrati che neppure Le Pen ha mai fatto;
- l’esaltazione del criminale di guerra Tony Blair come leader illuminato (sic) e della Fallaci come “unica vera giornalista italiana”;
- la schedatura del DNA;
- l’assoluzione delle condotte disumane e dei crimini internazionali d’Israele perché “sappiamo di cosa sono capaci gli arabi”;
- l’inammissibile retorica sull’esistenza di un presunto ‘regime’ in Italia, che offende la memoria dei milioni che sono morti sotto le vere torture nelle vere carceri dei veri regimi, e che espone la frode di certi nostri attuali ‘oppositori del regime’ perennemente in prima serata Tv, o nei salotti letterari, o nelle piazze o sui maggiori quotidiani nazionali, quando non mi risulta che Steve Biko o Santiago Consalvi o ancor prima Gramsci o i fratelli Rosselli si siano mai opposti in quel modo ai rispettivi regimi;
- e poi guazzabugli sgangherati di concetti come democrazia e partecipazione, con, solo per citare un esempio recentissimo, sconsolanti assurdità come questa (profferta da una fra i nostri idoli in prima serata): “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni inchiesta di Report non accade mai nulla!”. E’ desolante che questa opinion leader alternativa confonda una trasmissione Tv col risultato di un referendum. E’ a questo livello di competenza che affidiamo le nostre convinzioni? E non si tratta di bazzecole; immaginate solo come avrebbe ironizzato quella stessa opinion leader se Calderoli avesse detto “L’Italia non è una democrazia, lo dimostra il fatto che dopo ogni denuncia della Padania non accade mai nulla!”.
- cadute di stile terribili, come l’augurio di morte al politico urlato dal palco e accolto dall’applauso scrosciante (sic) del pubblico dei ‘giusti e nuovi cittadini’;
- tirate isteriche all’insegna del miglior imperialismo culturale in pieno stile Bush/Huntington spacciate per difesa dei diritti umani e della legalità in Afghanistan;
- intolleranza ed esclusione delle opinioni dissidenti espresse dall’interno da parte dei grandi paladini anti imperialisti come Lettera 22 o Peacereporter o il Manifesto, o Diario, o Liberazione o Radio Popolare, esattamente come accadrebbe su Libero, il Foglio, Matrix o a Porta a Porta;
- il noto programma d’inchiesta “coraggioso” che sopravvive e prospera 4 anni in prima serata Tv sotto il governo Berlusconi, mentre il noto ‘oppositore del regime’ pontifica che “chi non ha il guinzaglio in televisione in questo momento non lavora e chi ci lavora in un modo o nell’altro un suo guinzaglio ce l’ha….”, salvo poi rifiutarsi con spregio e arroganza di spiegare questa contraddizione;
- il giornalista moralizzatore che salta dalla RAI a Mediaset alla RAI al parlamento europeo a suon di denaro pubblico e con mandato popolare, per poi dire grazie tante e piantarci in asso per riprendersi il suo giocattolo preferito alla faccia del nostro mandato e dei nostri soldi;
- il quotidiano ‘diverso’ e i suoi fans che abbracciano l’eroe Calipari perché ha salvato una di loro, ma che alla domanda “cosa avreste detto di questo ‘sbirro’ se fosse morto salvando Quattrocchi o Agliana?” si rifiutano sia di rispondere che di aprire una riflessione tremendamente importante;
- i preti attivisti che chiedono ai potenti del mondo il ripudio, senza se né ma, dell’imperialismo, del capitale selvaggio, dei mercati di armi, delle mafie, in quanto irriformabili e osceni, ma che non accennano ad alcun ripudio senza se né ma del loro Vaticano, non meno irriformabile e osceno;
- gli insulti a raffica come strumento dialettico del nuovo Guru, in totale sintonia con le dialettiche ‘celoduriste’;
- il pressappochismo delle denunce, le sparate nel mucchio, l’urlo come garante di affidabilità di un’affermazione, che ha rimpiazzato del tutto l’analisi critica con cui dovremmo sezionare ciascuna affermazione prima di promuoverla a verità. E tanto, tristemente, altro.

E noi in deliquio per questa roba, la chiamiamo rivoluzione, democrazia, giustizia.
Ma proprio più nessuno si sta rendendo conto che il V-day è stato lo scioccante apogeo di questa disastrosa deriva? O che Beppe Grillo è andato fuori di testa, detto come va detto, che si sente e si pone come l’Unto del Signore che salverà l’Italia (vi ricorda qualcuno?). Quell’uomo dilaga e straripa e mescola e pasticcia e spara e si contraddice e impera e fa e disfa, e persino delira di un futuro a sua immagine per tutti, e ce lo sta imponendo a urli e insulti.
Noi persone civicamente impegnate siamo finiti a berci tutto questo senza neppure più vederlo. E il pericolo è che un affidamento così sciagurato a figure così ipertrofiche con tali metodi e con quella struttura di relazione verticale ci sta portando tutti insieme nel baratro, al loro seguito.

I sonni tranquilli del Potere.
Vi prego di riflettere. Credete veramente che il Potere sia così sciocco e impreparato da poter essere, non dico sconfitto, ma anche solo disturbato da questo sgangherato esercito alla deriva? Ma credete veramente che coloro che in soli 35 anni hanno saputo ribaltare due secoli e mezzo di Storia, coloro che hanno reso di nuovo plausibile l’inimmaginabile nella quotidiana vita di 800 milioni di cittadini occidentali, coloro che muovono 1,5 trilioni di dollari di capitale al giorno, coloro che tengono ben salde nelle loro mani tutte le leve della nostra Esistenza Commerciale stiano perdendo anche un singolo secondo di sonno per noi e per i nostri Guru? Ma avete un’idea di come lavorano questi? Dovete capire, proprio visualizzare, il potere di chi è riuscito in un attimo della Storia a compattare migliaia di destre economiche eterogenee sotto un’unica egida e sotto un pugno di semplicissime ma ferree regole, per poi travolgere il pianeta ribaltandolo da cima a fondo. Il Potere è ed è stato coeso, annullando ogni individualismo fra i potenti, è ed è stato disciplinato all’inverosimile, ossessivamente preciso in ogni analisi, immensamente competente, sempre silenzioso, al lavoro 24 ore su 24 senza mai un respiro di pausa, comunicatore raffinato, con a disposizione i cervelli più abili del pianeta e mezzi colossali. Aprite gli occhi. Secondo voi questa immensa macchina infernale può preoccuparsi dell’incedere di un nugolo di personaggi o istrioni più o meno credibili con al seguito una minoranza di adepti/fans/seguaci persi nell’ingenua buona fede quando non già del tutto disattivati dei loro stessi leader?
E allora capite la mia disperazione nel vedere che forze già così fragili e sparute come le nostre vengono eviscerate e si fanno eviscerare dall’interno? Vi prego, fermatevi, fermiamoci tutti.

L’unica speranza.
Dobbiamo fermarci, fermare tutta la nostra macchina di oppositori civici, Movimenti inclusi, e guardarci dentro. Forse non siamo tanto migliori o differenti dal Sistema che vorremmo contrastare, dalle persone che tanto detestiamo. Forse abbiamo replicato il loro sciagurato modello di rapporti, e per alcuni dei nostri leader alternativi vale la considerazione di Brecht che “Il nemico talvolta marcia alla vostra testa”.
Io ho suggerito una strada, che è quella descritta precedentemente, e cioè il percorso di crescita individuale in consapevolezza e in autostima di ciascuna persona in assenza di Guru e di Vip, e in assoluta orizzontalità critica. Ma con un’aggiunta: è ora di piantarla con questa febbre autoassolutoria nutrita dall’industria della denuncia per nutrire le sue Star e che paralizza noi. Lo sappiamo già alla nausea cosa non va, basta. E’ ora di farsi carico, e prima di tutto

-          FARSI CARICO DEI PROPRI TALENTI, NON IMPORTA SE MOLTI O POCHI, CON PARI DIGNITA' RISPETTO A CHIUNQUE ALTRO

-          FARSI CARICO DELLE PROPRIE RESPONSABILITA', SENZA SCARICARE LE COLPE SOLO SUI POTENTI

-          E POI ACCETTARE CIASCUNO DI NOI DI PAGARE OGNI PREZZO LUNGO LA STRADA PER UN MONDO MIGLIORE

-          E INFINE CREARE CONSENSO FRA LA GENTE SUI VALORI COMUNI E SU QUEI PREZZI DA PAGARE

-          DIVENIRE IN ALTRE PAROLE CITTADINI ADULTI CHE, SENZA GURU E SENZA VIP, SAPPIANO PARTECIPARE IN ORIZZONTALE

Grazie per avermi letto.

Paolo Barnard
dpbarnard@libero.it   

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« Risposta #61 inserito:: Maggio 15, 2008, 12:49:43 pm »

Il «tramite»: un ex maresciallo che dovrà scontare 4 anni e 6 mesi per favoreggiamento

Travaglio, la «talpa» dei boss e il giallo della vacanza siciliana

D'Avanzo: conto pagato da un condannato per mafia. La replica: falso

 

ROMA - La botta è di quelle che fanno rumore. Marco Travaglio, il giornalista paladino del giustizialismo che si è fatto tanti ammiratori e diversi nemici con le sue denunce, ora subisce l'«effetto letale del metodo Travaglio». E proprio lui, Marco Travaglio - che giovedì scorso, ad «Annozero», ha ricostruito i rapporti avuti nel '79 dal presidente del Senato Renato Schifani con Nino Mandalà, allora solo futuro boss di Villabate poi accusato di mafia nel 1998 - adesso è costretto a difendersi pubblicamente per un episodio circoscritto alla sua vita privata. Lo deve fare per forza dopo l'affondo di un altro giornalista della giudiziaria di razza, Giuseppe D'Avanzo di «Repubblica », che lo tira in ballo e lo strapazza per le sue vecchie e non dimenticate frequentazioni con personaggi poi condannati al processo per le «talpe» alla procura di Palermo.

Correva l'anno 2002. Era l'estate in cui il giornalista Travaglio con la sua famiglia, moglie e due figli, inizia ad andare in villeggiatura a Trabìa in compagnia di un noto sottufficiale della Guardia di Finanza: si tratta di quel maresciallo in forza alla Dia, Giuseppe Ciuro, sempre elegante e disponibile con tutti i giornalisti di giudiziaria di passaggio a Palermo, che poi verrà condannato anche in appello a quattro anni e sei mesi per violazione del sistema informatico della procura di Palermo e favoreggiamento dell'ingegner Michele Aiello.

Sì, l'ingegner Aiello, il «re delle cliniche» che a gennaio del 2008 è stato condannato in primo grado a 14 anni per associazione di stampo mafioso e truffa nel dibattimento sulle «talpe» che ha coinvolto con una pesante sentenza (5 anni per favoreggiamento di singoli mafiosi) anche l'ex governatore dell'Udc Totò Cuffaro. Per Travaglio il colpo è duro anche perché si tratta, ma solo in apparenza, di «fuoco amico». Sull'onda delle polemiche innescate dalla vicenda Schifani, si muove infatti D'Avanzo, autore di tante inchieste sulla mafia e molto stimato negli ambienti giudiziari di mezza Italia, che senza troppi complimenti fa a pezzi il metodo Travaglio: quello, scrive, che «solo abusivamente si definisce giornalismo di informazione». Ma la botta vera arriva ieri quando D'Avanzo, per dimostrare come «il metodo Travaglio» possa coinvolgere tutti noi, tira fuori un verbalino rimasto in naftalina dal 2003: l'estate in cui gli investigatori di Palermo mettono sotto intercettazione il telefonino del maresciallo Ciuro mentre dialoga amichevolmente col giornalista durante la comune villeggiatura a Trabìa.

Ciuro poi, ma la ricostruzione di D'Avanzo è controversa, avrebbe chiesto all'ingegnere Aiello di saldare il conto dell'albergo. Racconta Travaglio, che ieri non è stato affatto contento di leggere sul giornale per il quale collabora un attacco così duro e che nega di essersi fatto pagare alcunché: «Quella fu una esperienza davvero fantozziana. A una cena, dopo un convegno, chiesi a Pippo Ciuro, un vero personaggio perché aveva collaborato anche con Giovanni Falcone, di indicarmi un posto per le vacanze in Sicilia. Lui mi disse che c'era un posto vicino a quello in cui di solito andavano lui e il pm Antonino Ingroia, di cui era collaboratore. Così, per mail, mi mandò un depliant di un albergo, se non ricordo male si chiama Torre del Barone, che però era veramente troppo lussuoso per me. Ma lui, davanti alle mie obiezioni, mi disse di non preoccuparmi perché le tariffe non sarebbero state poi così care. Mi fidai. Quando poi sono andato a pagare, alla reception la signorina mi ha presentato un conto pazzesco, il doppio del previsto. Sei o sette anni fa, devo aver pagato l'equivalente di otto, dieci milioni...Telefonai a Ciuro e gli dissi: "E meno male che me lo hai segnalato tu 'sto posto!". E lui: "Paga, paga. Che poi magari ti fanno lo sconto un'altra volta". Insomma, io mi sono pagato tutto di tasca mia e di questo Aiello non ho mai sentito parlare, almeno fino al giorno del suo arresto... Io comunque in quel posto non ci sono mai più tornato visto che la sòla l'avevo già presa».

L'anno successivo, mese di agosto del 2003, Travaglio torna in vacanza in Sicilia: «Andai con la famiglia per dieci giorni al residence Golden Hill di Trabìa dove di solito alloggiavano Ciuro e Ingroia e ci fu quella buffa storia dei cuscini poi finita nei brogliacci delle intercettazioni. Io chiamai Ciuro e gli dissi: "Qui manca tutto. I cuscini, la macchinetta del caffé perché i precedenti affittuari si erano portati via tutto. Poi gli ospiti del residence mi aiutarono: chi con un cuscino, chi con la Moka... ». E l'affondo di D'Avanzo? «Ecco, se non fosse per la mascalzonata che ha fatto adesso questo signore contro di me ci sarebbe solo da ridere». Ma al Golden Hill chi pagò il conto? Risponde Travaglio: «Io ho pagato la prima volta il doppio di quanto stabilito e per il residence ho saldato il conto con la proprietaria. Tutto di tasca mia, fino all'ultima lira e forse se cerco bene trovo pure le ricevute. Ma poi vai a sapere cosa cavolo diceva questo Ciuro al telefono. Magari millantava come fece con Aiello quando gli raccontò che lui e Ingroia avevano ascoltato a Roma un pentito il quale, in realtà, non si era mai presentato ». Anche se dopo il suo arresto non ha più visto il giornalista Travaglio, l'ex maresciallo Ciuro ricorda bene quella vacanza al «Golden Hill» con Travaglio e il dottor Ingroia durante la quale «si stava insieme, si giocava a tennis e si facevano lunghe chiacchiere a bordo piscina ma poi ognuno faceva la sua vita anche perché c'erano i figli piccoli».

E il conto? «Di questa vicenda io non ne so niente, lui ebbe i contatti con la signora del residence. Per il pagamento se l'è vista lui, io non me ne occupai ». Più di un dubbio, invece, ce l'ha l'avvocato Sergio Monaco, difensore di Aiello: «Premesso che non sono io la fonte di D'Avanzo, che non conosco, posso solo dire che l'ingegner Aiello conferma che a suo tempo fece la cortesia a Ciuro di pagare un soggiorno per un giornalista in un albergo di Altavilla Milicia. In un secondo momento, l'ingegnere ha poi saputo che si trattava di Travaglio». Qui finisce la storia di una vacanza di tanti anni fa, uno di quegli episodi che possono capitare a chiunque ceda alla tentazione di mischiare villeggiatura, amicizie di lavoro e qualche equivoco di troppo.

Ricorrendo alla saggezza di Pietro Nenni, istillata ai giovani socialisti a un congresso del Psi, si potrebbe parafrasare: «A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura».

Dino Martirano
15 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #62 inserito:: Maggio 17, 2008, 12:23:40 am »

2008-05-16 16:48

LETTERA DI EINSTEIN SU DIO VENDUTA A LONDRA PER 214.000 EURO


 LONDRA - La lettera in cui Albert Einstein afferma che Dio "non è nient'altro che l'espressione e il prodotto delle debolezze umane" e la Bibbia è "una raccolta di leggende dignitose ma primitive" è stata venduta dalla casa d'aste londinese Bloomsbury per 170.000 sterline (207.600 se si contano le spese varie aggiunte), poco meno di 214.000 euro. La quotazione prevista era di 8.000 sterline.

Dopo un'asta movimentata la lettera, del 1954, è andata a un collezionista privato, afferma il Guardian.

La lettera fu scritta a mano in tedesco dal teorico della Relatività il 3 gennaio del 1954, quindici mesi e mezzo prima della sua morte avvenuta a Princeton negli Stati Uniti.

E' indirizzata al filosofo Eric Gutkind, che gli aveva spedito copia di un suo libro sulla Bibbia. Nella missiva il fisico liquida come infantili le "leggende" della Bibbia e sottolinea che "per quanto sottile sia nessuna interpretazione può modificare quel dato".

"Per me - dice inoltre all'amico filosofo - la religione ebraica è al pari di tutte le altre un'incarnazione delle più infantili superstizioni.
E per me il popolo ebraico, al quale sono contento di appartenere e con cui sento una profonda affinità mentale, ha le stesse qualità di tutti gli altri popoli. In base alla mia esperienza non sono meglio degli altri gruppi umani anche se la mancanza di potere li protegge dai peggiori cancri. Non vedo in essi nulla di eletto". 

da ansa.it
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« Risposta #63 inserito:: Maggio 17, 2008, 09:17:55 am »

16/5/2008
 
I cattolici del settimo nano
 
 
FILIPPO DI GIACOMO
 

Per Tonino Tatò, era una certezza. In Italia, scriveva il cattolico più amato dalla sinistra, si può benissimo governare senza i preti ma è impossibile governare contro i preti. Anche tramite l’utilizzo di questa ricetta, dopo aver sanato l’annosa ferita stalinista con la Chiesa cattolica, nel 1975 e nel 1984 Berlinguer e il suo Pci riuscirono a ottenere un risultato elettorale che si aggirava intorno al 35%. I tempi non devono essere poi così cambiati se, applicando la stessa formula, Berlusconi è riuscito a raggiungere più o meno lo stesso risultato nell’aprile del 2008, vincendo la recente tornata elettorale. Visto che le cose stanno proprio così, e visto che in tanti constatano l’assenza della «componente cattolica» nell’attuale Consiglio dei ministri, ne consegue che alla lista dei sei partiti morti a causa del mal di quorum bipolaristico deve essere aggiunto anche il nome di un altro illustre scomparso. Il settimo nano, ormai estinto, è quel cattolicesimo politico che negli ultimi tre lustri abbiamo spesso e volentieri osservato imbrigliato in una serie di polarizzazioni sterili, mediaticamente efficaci, facilmente sospettabili di essere sempre imposte - dall’alto e dai soliti due o tre personaggi - sulla testa dei cattolici italiani e dei loro 226 vescovi, strategicamente ordinati all’interno di un’imbarazzante e muscolare presenza politica.

A quanto pare, il Cavaliere dopo aver pesato il valore aggiunto dell’Udc all’interno della sua coalizione, si è astenuto da ogni patto politico con chiunque sfoderasse il convinto cipiglio, e la luccicante corazza, del cattolico da combattimento. «L’Udc merita di crescere e non di sparire», «Berlusconi pare abbia somatizzato l’idea che i cattolici siano politicamente inaffidabili», hanno fatto rimbalzare da Avvenire, prima e dopo le elezioni, la mente e il braccio degli eventi di piazza e di immagine by cardinale Ruini. Invece, a questo giro e nonostante le profferte, nessuna delle forze cha hanno composto il Pdl ha fatto campagna elettorale prendendo in leasing l’identità cattolica. Per una così sana omissione, l’attuale premier e i suoi sono stati certamente aiutati dal ruolo che si sta pazientemente ritagliando l’attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, notoriamente più preoccupato di far sentire la voce dei vescovi piuttosto che far vedere i loro muscoli.

Con l’astensione Berlusconi-Bagnasco, a metà aprile, durante le ultime elezioni, si è incrinato dunque quello specchio, pedissequamente osservato dai giornali e dalle forze politiche, dove è apparsa sempre e unicamente un’immagine di Chiesa carica di soldi e di potere. È un’immagine artefatta, creata dalla politica grazie al Concordato del 1984 e per comprenderlo sarebbe sufficiente andare a rileggere ciò che Tarcisio Bertone, allora docente di diritto pubblico ecclesiastico, scriveva nei suoi contributi ai quattro volumi di Il diritto nel mistero della Chiesa. In applicazione della teoria del «Tevere più largo» così cara a Spadolini, è stata l’Italia a chiedere che Vaticano e Santa Sede rimanessero confinati nel loro ruolo soprannazionale, e che le vicende di casa nostra fossero trattate da italiani e tra italiani. La necessità di autorizzare il presidente della Cei a un ruolo così marcatamente pubblico è stata un regalo, forse il meno utile, che la politica italiana ha concesso ai cittadini credenti di questo Paese. Il cardinale Angelo Bagnasco sembra molto intenzionato a voler abituare laici e credenti a un parsimonioso utilizzo del qualificativo «cattolico». Un termine questo che il rappresentante dei nostri vescovi associa sempre in riferimento a coloro che, qualunque partito scelgano nel segreto dell’urna, ricorrono però al cattolicesimo per vivere e impegnarsi a far funzionare in senso democratico, legale e solidale il sistema di valori e di relazioni che fanno pulsare il cuore del nostro Paese. Speriamo che sia ben comprensibile anche a coloro che, a Genova e a Savona, promettono manifestazioni e contestazioni contro il Papa ed i vescovi. Perché andare contro i preti, credendo che il cattolicesimo politico italiano sia solo nostalgia, è un errore che nessuno può ancora permettersi.
 
da lastampa.it
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« Risposta #64 inserito:: Maggio 17, 2008, 09:20:01 am »

IL GIORNALISTA di scena alla stampa estera

Travaglio fa outing: ho votato Di Pietro

«Sono un liberale-conservatore». E sulla polemica con D'Avanzo: «Mi detesta anche se mi conosce appena»

 

ROMA - Marco Travaglio di scena alla stampa estera per raccontare anche le vicende di cui è stato protagonista proprio in questi giorni, il caso Schifani e le polemiche cresciute sui giornali: ma si tratta di una pura casualità, visto che l'incontro, spiegano, era stato fissato già da tempo, circa un paio di mesi fa. Travaglio è apparso sereno e rilassato davanti ai colleghi stranieri, ha risposto alle loro domande e ha dato un quadro della situazione politica italiana dove «l'opposizione è sparita» e dove ancora mancano le leggi per regolare il conflitto d'interessi e gli assetti radiotelevisivi. Critico verso quel centrosinistra che, secondo lui, ha spianato la strada alla schiacciante vittoria elettorale del Popolo della Libertà e di Silvio Berlusconi.

L'OUTING - Ma per chi vota Travaglio? «Sono un liberale-conservatore vicino alle posizioni di Barbara Spinelli e di Giovanni Sartori e alle ultime elezioni ho votato Antonio Di Pietro», risponde. «I giornalisti in sala - ha commentato al termine dell'incontro - erano attenti e interessati ai fatti e soprattutto alla loro veridicità e non alle vicende private di chi li racconta come invece accade da noi». Un riferimento al duro attacco lanciato da Giuseppe D'Avanzo dalle colonne di Repubblica che ha parlato di «metodo Travaglio», citando fonti secondo le quali il giornalista si sarebbe fatto pagare una vacanza da personaggi legati alla mafia. «Un falso, cui lui stesso dice di non credere. Evidentemente mi detesta anche se mi conosce appena. Ci siamo incontrati due-tre volte, scambiandoci un semplice saluto. Per quanto mi riguarda non odio nessuno. In ogni caso, lui e chi ha contribuito a diffondere calunnie nei miei confronti ne risponderanno in tribunale».

Travaglio ha confermato di aver ricevuto la solidarietà di numerosi colleghi e personaggi come lo scrittore Antonio Tabucchi. Ha infine ringraziato Michele Santoro che, ieri, in apertura della puntata di Annozero, lo ha difeso a spada tratta, incoraggiandolo ad andare avanti perché secondo lui ha la gente dalla sua parte.


16 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #65 inserito:: Maggio 17, 2008, 11:18:30 am »

POLITICA

Il dolce stil nuovo inaugurato dal Cavaliere rischia di sembrare stucchevole

Dalla faziosità isterica, dagli insulti in aula, si è passati all'euforia del galateo

Dal turpiloquio all'effetto melassa quando la politica non ha misura

di FILIPPO CECCARELLI

 

SE NE trovasse uno disposto a difendere le proprietà integrative e anche curative della melassa! Liquido denso e appiccicoso ricavato dalla canna da zucchero o dalla barbabietola. Nel giro di un paio di settimane si sono scagliati contro la melassa Gianfranco Fini, il comunista Sgobio, il presidente veneto Galan, la dilibertiana Palermi, il dipietrista Donadi, tutti contro la melassa da più parti evocata a proposito dei rapporti fra governo e opposizione.

E un po' si capisce anche. Il dolce stil nuovo inaugurato l'altro giorno alla Camera con tanto di citazione berlusconiana di Guido Cavalcanti, rischia di risultare appunto troppo dolce, o per meglio dire troppo sdolcinato, smanceroso, stucchevole. Così ieri pure Veltroni, dopo aver incontrato il presidente del consiglio, ha voluto apporre il suo sigillo su tale espressione impegnativamente figurata: "Non è democrazia quella che confonde i ruoli e fa melassa sul piano programmatico".

Metafora per metafora, o fantasia per fantasia, tra le proprietà terapeutiche di questo zuccherosissimo alimento ci sarebbe quella di alleviare parecchi dei malanni che affliggono il sistema politico italiano: acidosi, anemia, coliche, crampi, edemi, insonnia, nervosismo, reumatismi, stipsi. Nei fumetti di Topolino e Paperino compare spesso uno sgocciolante barattolo di melassa. L'ipotesi che qui ci si sforzerebbe di sostanziare è che l'obiettivo stato melassico che si registra da più parti in qualche modo preesiste alle nuove relazioni tra governo e Pd; e che gli intenti politici veltrusconiani, senz'altro degni di nota, hanno comunque assegnato alla pretesa svenevolezza un rango che questa si era già conquistata per conto proprio sul piano degli atteggiamenti, delle rappresentazioni emotive e più in generale delle modalità espressive, dal linguaggio alle immagini.

Vedi, ad esempio, lo scambio civettuolo di bigliettini nell'aula di Montecitorio fra il presidente e le sue deputate, o la neo-ministro Carfagna che nel delineare i compiti del suo nuovo impegno istituzionale menziona quello di "coccolare" le donne, per non dire l'intensa produzione poetica dell'onorevole Bondi che in tal modo è arrivato a rivolgersi al collega Cicchitto: "La mia fede è la tenerezza dei tuoi sguardi". Ma vedi anche, sempre nel passato prossimo, l'insistita ostensione della nipotina di Prodi, anche con maglietta "Nonno for president"; la commozione di Fassino davanti alla vecchia tata a "C'è posta per te", o D'Alema che così si auto-presentava: "Fratello maggiore di Walter e zio di Dario".

Uno sciroppone sentimentale, un andazzo all'acqua di rose, un autentico giulebbe - termine di derivazione araba appropriatamente utilizzato dalla senatrice Finocchiaro nei giorni scorsi - che adesso cerca la sua degna certificazione nel trionfante dialogo bypartisan; così come, da un più malizioso punto di vista, la trova nel sospetto inciucio.

Molto dipende, è vero, dai due protagonisti. Sia Berlusconi che Veltroni appaiono particolarmente adatti a questo nuovo clima di reciproche dolcezze. Il primo perché viene dalla cultura della pubblicità che tutto edulcora in nome del consumo; il secondo perché in un certo modo ha riempito il vuoto del comunismo facendosi artefice ed esecutore di una ideologia umanitaria a cui è stato attribuito il nome di "buonismo".

Eppure sembra anche, l'odierna e paventata melassa, una reazione del tutto speculare, ma altrettanto vistosa, all'isterica faziosità che s'è respirata negli ultimi anni - e basti pensare agli spettacoli continuamente offerti dal ceto politico nelle aule parlamentari: tifo da stadio, striscioni, bandiere, coretti, muggiti, mascherate, gestacci, turpiloquio. Come se l'Italia fosse comunque destinata a sbandare fra estremi, ora il fiele ora il miele, un tempo la bile e adesso, di colpo, il rispetto, il confronto, il galateo, l'euforia delle buone maniere, Calderoli che si scusa con i libici, sindaci e presidenti di assemblee a disposizione di tutti i cittadini, i parlamentari a messa a inizio legislatura con il cardinal Bertone e monsignor Fisichella, Berlusconi che benevolmente scherza su Veltroni e lo invita a colazione.

Ragioni profonde e complesse hanno l'aria di governare questo processo, con le sue inesorabili oscillazioni. Ma gli effetti sono in ogni caso abbastanza curiosi. La Russa e Bocchino si fanno allegri scherzi notturni, come pure si consegnano l'un l'altro pubblici doni. Esaurita la saga fotografica e iper-famigliare di Ceppaloni, rapidamente dimentichi del fango di Vallettopoli, i rotocalchi femminili si buttano a pesce su baby-Fini e baby-Casini: nascite, battesimi, quadretti di pubblica intimità. La deputata radicale Poretti annuncia una favola scritta per la sua bimba su Montecitorio, anzi "Montecitopo". Durerà il suo tempo, ma intanto è tutto un dispiego di affettuosità e tenerezze. E non manca mai l'occasione per qualche iniziativa benefica, naturalmente con torte e candeline.

E tuttavia, per quanto ottima per dolci, la melassa è sempre collosa e alla lunga anche nauseabonda. Fino a prova contraria, si sta più o meno misteriosamente consolidando una stagione di abbracci, carezze, baciamano, buffetti, lacrime, bronci, perdoni, buoni propositi, sogni e confessioni. Lo stile del discorso pubblico ha fatto suoi i codici della vita personale. Con l'incontro tra Berlusconi e Veltroni questo c'entrerà poco, o invece tantissimo, tutto accogliendosi con temperato scetticismo. L'importante, al solito, è non sfondare troppo impetuosamente la soglia del grottesco.

(17 maggio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #66 inserito:: Maggio 18, 2008, 11:23:54 am »

«Microcrediti per rimpatriare i clandestini, Roma guardi Madrid»

Toni Fontana


«La politica del governo italiano favorisce l’insorgere di sentimenti xenofobi. Anche la Spagna sta cercando di favorire il ritorno in patria degli immigrati rimasti disoccupati in seguito al rallentamento dell’economia, ma concede loro microcrediti e sussidi per permettere loro di tornare in patria e avviare un’attività economica. El Paìs seguirà con molta attenzione la situazione italiana. Non vogliamo che da noi accada ciò che è successo a Napoli e a Roma». È l’opinione di Vicente Jimenez Navas, condirettore de El Paìs.

Da giorni il suo giornale, in prima pagina, pubblica un titolo sull’Italia. Quello di ieri recitava: L’Italia apre la caccia ai immigrati irregolari...

«Sì, effettivamente siamo molto interessati alle notizie che provengono dall’Italia, in special modo all’arrivo di Berlusconi al governo. Il tema dell’immigrazione attira la nostra attenzione perché i problemi di Italia e Spagna si assomigliano. Entrambi i paesi sono frontiere dell’Europa».

Le soluzioni proposte dai due governi però sembrano molto differenti. La vice presidente De la Vega ieri ha attaccato la politica del governo italiano.

«Certo, quello di Berlusconi è un governo di destra, che comprende anche esponenti neo-fascisti, ed esprime indirizzi politici xenofobi. Tra le politiche dei due paesi la differenza è abissale. El Paìs analizzerà attentamente come Roma affronta il problema e non nascondiamo la preoccupazione per un certo scivolamento a destra della politica europea e, in special modo, di quella italiana, vista la composizione del governo. Anche in Spagna, tuttavia, si stanno rafforzando le politiche per il contenimento dell’immigrazione clandestina».

Quali sono le linee guida delle politiche del governo di Madrid..

«Zapatero sta affrontando il problema dell’immigrazione partendo dalla situazione economica. I più colpiti dal rallentamento economico e dall’aumento della disoccupazione saranno moltissimi immigrati. I mezzi che vengono adottati da Zapatero in questa fase non sono di carattere repressivo, come in Italia, ma di protezione sociale, per evitare che un’ampia parte della popolazione, quella più debole, possa essere doppiamente colpita».

Vengono ad esempio concessi microcrediti.

«Esattamente, questo è uno dei mezzi per favorire il ritorno degli immigrati, queste iniziative sono state annunciate da Zapatero nel discorso di investitura dopo la vittoria elettorale. Agli immigrati verranno concessi microcrediti per permettere loro di tornare nei loro paesi e avviare una piccola attività economica. E poi è prevista la «capitalizzazione» dei sussidi di disoccupazione, il denaro che gli immigrati prenderebbero in seguito alla perdita del lavoro, viene dato “una tantum” per favorire il ritorno con una piccola, ma significativa cifra in tasca. Certo, occorre verificare che, una volta presi i soldi, l’immigrato non torni in Spagna un mese dopo».

In alcune interviste esponenti del governo spagnolo parlano di espulsioni.

«Non mi risulta. In questo momento il governo sta cercando di favorire il ritorno degli immigrati, ma non punta su espulsioni di massa che sarebbero assolutamente inaccettabili e scatenerebbero polemiche. Una simile scelta non verrebbe accettata da gran parte degli elettori e della sinistra spagnola».

Dunque El Pais terrà informati i suoi lettori sulla situazione italiana?

«Non so se pubblicheremo tutti i giorni un reportage da Roma e dall’Italia però sicuramente seguiremo con moltissima attenzione tutto ciò che sta succedendo. Quello dell’immigrazione è certamente un serio problema anche in Spagna ora che la nostra economia comincia a dare sintomi di rallentamento, però noi, intendo dire il quotidiano El Paìs, pensiamo che non si debba affrontare questo tema accusando gli immigrati. Occorre trovare altri mezzi come la collaborazione dei paesi da dove arrivano per favorire il controllo delle frontiere e mezzi di protezione sociale soprattutto per evitare problemi come quelli che stanno emergendo in Italia, a Napoli e Roma, dove una parte disagiata della popolazione vede gli immigrati come un nemico. Provvedimenti come quelli che stanno per essere adottati dal governo di Roma favoriscono il nascere di sentimenti xenofobi».

Pubblicato il: 17.05.08
Modificato il: 17.05.08 alle ore 8.14   
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« Risposta #67 inserito:: Maggio 18, 2008, 11:27:36 am »

La lettera - L'artista e i giudizi sul discorso d'insediamento del presidente del Consiglio

Celentano: Silvio è cambiato, io ci credo

«In Parlamento ha scelto i toni giusti. Ma il merito è anche di Veltroni, il primo a rispettare il suo rivale»

 
DI ADRIANO CELENTANO


Caro direttore,

se non è un bluff, come sospetta Di Pietro, forse Silvio ci sta dimostrando che l'uomo quando vuole sa anche cambiare.
E non è poco, se si pensa che la storia si regge sugli errori precedenti e addirittura, sui crimini precedenti. Quasi come se l'uomo, specialmente quello stupiens del futuro, non potesse fare a meno di uccidere.

Non potesse fare a meno di stuprare, avvelenare l'aria che respiriamo, rubare i bambini o venderli già da quando sei incinta.
Insomma a quanto pare le cose non sono cambiate da quando Caino uccise suo fratello. Ma il discorso e i toni di Silvio in Parlamento mi sono piaciuti. Direi che aveva anche un certo fascino da grande attore. Certo è presto per dirlo, ma il buongiorno a volte si vede dal mattino. E il merito forse sarà anche un po' di Veltroni, che già in campagna elettorale aveva iniziato questo tipo di politica all'insegna del rispetto per l'avversario, pur combattendolo. Ricordo quando Berlusconi pubblicamente strappò il programma del Partito democratico. Per tutta risposta Veltroni, nonostante la delusione che si leggeva nei suoi occhi per l'affronto subìto, esordì con una frase che oserei dire storica per quanto era spiazzante: «Noi invece il suo programma lo leggiamo», disse il Weltro inconsapevole di quale peso fosse portatore quella sua frase, che come una pietra tombale sembrava sentenziare la fine degli insulti. E il Parlamento, almeno nel primo giorno, ne ha dato una prova.

Era bello vedere il nuovo modo di Berlusconi e il silenzio attento di una sinistra pronta a captare ogni minima innovazione da qualunque parte provenisse.
A partire dal suo leader che ascoltava a testa bassa vicino a un Franceschini assorto e riflessivo e, il bel gesto di Anna Finocchiaro nel riconoscere al «nano» un'altezza fino ad allora sconosciuta. Una stretta di mano schietta e sincera, nella quale, fra i complimenti, erano compresi anche quelli che lo mettevano in guardia per la grossa responsabilità che gli hanno dato gli italiani. Tutto, insomma, sembrava a posto come in un copione perfetto dove ognuno aveva la sua parte: il buono che apriva al dialogo e la geniale impennata del cattivo Di Pietro che insinuava il sospetto di una trappola in cui «l'Italia dei valori non ci sta». Naturalmente subito seguita da un mormorio di dissenso, che persino quello è apparso diverso e innovativo. Come innovativo e in splendida forma direi, è apparso il coraggioso Casini, per la sua imperterrita coerenza, quando in modo pacato e simpatico ha replicato alla piccola gaffe di un Fini, colto in atteggiamento tenero ed entusiasta come quello di un bambino al suo primo giorno di scuola, ma soprattutto di fronte alla nuova playstation. Quella del Parlamento, che può essere la più veloce di tutte o la più lenta, a seconda da chi la guida.

E Fini, del quale invidio la sua simpatica dialettica, non ho dubbi che la guiderà nel migliore dei modi.
Accidenti! Mentre scrivo vedo che c'è un disturbo alla Rai, forse è l'antenna, che fastidio, se c'è una cosa che dovrebbe essere libera da ogni disturbo è proprio la Rai... perché ti deconcentra... non mi ricordo più cosa stavo scrivendo ah si, dicevo che le cose stanno camb... ah ma il difetto è solo su Raitre, infatti vedo una scritta a tutto schermo che dice: CANCELLATO, mentre sul Corriere di oggi leggo che non è stato cancellato il disturbo, ma è stato cancellato invece un programma di informazione importante come Primo piano da sempre attribuito alla testata diretta da Antonio Di Bella. «Questo è ciò che ha deciso il Consiglio Rai alla fine del suo mandato». Ma questi qua, alla fine del loro mandato non potevano sfogare la loro stoltaggine in altro modo anziché concentrarsi sul come nascondere la verità alla gente?... La grandezza di questa colossale cazzata sta nel fatto di avere preso una decisione così ISTERICA e imbecille proprio alla fine del loro mandato. Un gesto di una tale idiozia che non può non configurarsi in una vera e propria pugnalata alla schiena di Berlusconi, per farci credere che lui non è cambiato. Ma io insisto e il mio sesto senso mi dice, anche se il mattino è cominciato da poche ore, che lui invece è cambiato. Insomma gli uomini cambiano, pare. C'è chi di fronte a un successo diventa umile e saggio e chi invece non riesce a trattenere quella dose di ipocrisia e anche di arroganza come ad esempio La Russa, per il quale ho sempre nutrito una certa simpatia, ma fortemente in ribasso da quando l'altra sera a Porta a Porta, in virtù della sua nuova investitura come ministro della Difesa si atteggiava, con due centimetri di cerone mai messo prima, a spargere parole di insegnamento a Casini, che di tutto aveva bisogno tranne che dei suoi appunti. Ecco un esempio tipico di come il successo ti può confondere: prima della nomina sei simpatico perché parli come ti viene, senza controllare le espressioni in quanto essendo spontaneo sono tutte giuste.

Poi improvvisamente diventi ministro della Difesa, ti metti due dita di cerone, vai a Porta a Porta con la faccia di cera e dici a Casini che ha sbagliato a correre da solo mentre invece ha avuto il coraggio di fare ciò che pochi politici sono all'altezza di fare, prova ne è che i suoi elettori l'hanno ampiamente premiato. Insomma La Russa, tu devi subito rimediare prima che sia tardi. Non devi più metterti il cerone altrimenti perdi quelle caratteristiche che fanno di te il personaggio che sei e non un manichino della Difesa.
Devi farlo subito altrimenti Fiorello non ti imita più e sarebbe un disastro non solo per te, ma anche per lui...


18 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #68 inserito:: Maggio 18, 2008, 11:51:04 am »

IL GOVERNO E L’ICI

Federalismo a singhiozzo

di Francesco Giavazzi


Nella cittadina americana in cui vivo, nello stato del Massachusetts, il sindaco ha deciso di costruire una nuova scuola. Sostituirebbe un edificio del 1970, che funziona ma comincia a mostrare i suoi anni. Costo stimato del progetto, circa 200 milioni di dollari (130 milioni di euro). Poiché negli Usa le scuole sono interamente finanziate dalle città — non solo gli edifici, anche gli stipendi degli insegnanti— per far fronte a questa spesa il sindaco ha deciso di aumentare per qualche anno l'Ici. (Oggi l'aliquota è l'1%, non del valore catastale, come in Italia, ma del valore di mercato della casa, aggiornato ogni anno tenendo conto dei prezzi di abitazioni simili vendute nel corso dell'anno).

I cittadini (circa 80.000 famiglie) si sono ribellati e hanno chiesto un referendum. Il 20 maggio voteranno su tre proposte: (1) accettare la decisione del sindaco, (2) cancellare il progetto della nuova scuola e non aumentare l'Ici, (3) accettare l'aumento dell'Ici, ma destinare il maggior gettito all'assunzione di nuovi professori per migliorare la qualità delle loro scuole. (Sul sito internet del Massachusetts, www.mass.edu/mcas, si può consultare una classifica delle scuole dello Stato, compilata sulla base di un test che viene svolto ogni anno dagli allievi di ciascuna scuola. Si è osservato che, se le scuole di una città peggiorano, il prezzo delle case scende, il gettito dell'Ici si riduce e la città declina). Questo è federalismo! «Crescere vuol dire incentivare forme di autogoverno federalista», ha detto Silvio Berlusconi la scorsa settimana presentando il suo programma al Parlamento.

Ma allora perché il primo atto del nuovo governo è la cancellazione dell’Ici? Di tutte le imposte l'Ici è la più federalista, e anche la più efficiente. Il gettito non va a Roma, rimane ai Comuni. E se con quel gettito il sindaco non aggiusta le strade, i cittadini, incontrandolo in piazza, possono chiedergliene conto e avvisarlo che se continua così non verrà certo rieletto. Chi può controllare come sono utilizzate le imposte che affluiscono al governo centrale? A chi può rivolgersi il cittadino se pensa che i servizi che riceve dallo Stato centrale non valgano le tasse che paga al governo di Roma? Ieri il sottosegretario Vegas ha detto che i Comuni verranno compensati per il gettito perduto. Doppio errore: innanzitutto perché se così fosse le tasse evidentemente non scenderebbero. E poi perché quel sindaco che non aggiusta le strade potrebbe dire che non è colpa sua, ma del governo che gli lesina risorse.

Come ha scritto l’ex-rettore dell’università di Padova, Gilberto Muraro (www.lavoce.info), «l'abolizione dell'Ici è una vittoria dell'apparenza sulla sostanza. Il minor gettito dei Comuni sarà compensato con trasferimenti dal centro. Ma l'Ici si autocontrolla, perché il sindaco deve soppesare la popolarità resa dai maggiori servizi con l’impopolarità creata dalla più pesante imposta. Un sussidio per definizione non basta mai sul piano politico e genera una domanda unanime di incremento, alimentando tensioni tra centro e periferia». Fanno bene Berlusconi e Tremonti a iniziare tagliando le tasse. Purché lo facciano davvero, non per finta: lo avessero fatto nel 2001, forse cinque anni dopo non avrebbero perso le elezioni. Ma qualcuno mi spiega perché di tutte le imposte vogliono cominciare proprio dall'Ici?

18 maggio 2008

da corriere.it
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« Risposta #69 inserito:: Maggio 18, 2008, 11:54:09 am »

Il regista a Cannes per presentare la nuova edizione del suo Festival di Torino

"Maroni ora è ministro ma prima parlava come tutti i leghisti. E' poco credibile"

Moretti, la destra e il premier "Berlusconi? Pessimo da sempre"
 

 CANNES - Maroni è poco credibile, Berlusconi "è stato pessimo per quindici anni", la destra italiana "è difficile che possa cambiare qualcosa". Non si risparmia nei giudizi Nanni Moretti, che oggi a Cannes ha incontrato i giornalisti per presentare la nuova edizione del Festival del cinema di Torino (21-19 novembre) da lui diretto. Un'occasione specifica che poi si è trasformata, come spesso accade con il regista, in un'opportunità per chiacchierare di temi d'attualità. E di politica.

"Maroni? Poco credibile". Come fa Roberto Maroni, il ministro della sicurezza, "a stigmatizzare" le violenze accadute a Napoli? "Come può essere credibile - dice Moretti - un rappresentate della Lega che per vent'anni ha parlato come sappiamo. Quando la Lega parla di fucili, la consideriamo un'innocua battuta, ma le parole pesano e ora che sono ministri, sempre con quelle cose sempre verdi addosso, non sono credibili".

Pessimista su Berlusconi. "Non ragiono con i pregiudizi ma con i giudizi - osserva il regista a proposito del presidente del Consiglio - ebbene per me, per quindici anni, Berlusconi è stato pessimo. Mi sembra difficile che cambi qualcosa".

"Con la destra non cambierà nulla". Parlando "di questa destra italiana, dal punto di vista politico, culturale, morale, parole da scrivere tra molte virgolette, è difficile che possa cambiare qualcosa", ha detto Moretti, aggiungendo che "le differenze tra le due coalizioni restano comunque". E ancora: "E' assurdo che in Italia chi ricordi che Berlusconi ha tre televisioni e forse anche di più, viste certe intercettazioni con i dirigenti Rai, una cosa democraticamente scandalosa, venga considerato banale e noioso, e purtroppo non soltanto a destra. Si dice che Sarkozy sia come Berlusconi - conclude Moretti - ma invece non c'entra proprio niente".

"Fiducia in Gomorra e Il Divo". E' politico, per il regista, anche selezionare per il concorso due film come Gomorra e Il Divo. "La polemica sui panni sporchi che si lavano in casa è montata dai giornali - commenta - sono però due film che aspetto e su cui punto con speranza e con fiducia e lo dico sinceramente. Gomorra me lo volevo vedere appena uscito, purtroppo dovevo partire e non ho potuto, ma ci andrò lunedì". Parole che poco dopo ha ripetuto allo scrittore Roberto Saviano, apparso nel locale sulla spiaggia dove era in corso il party del festival di Moretti. Con due uomini a scortarlo e l'attore Toni Servillo, Saviano si è intrattenuto a lungo col regista, ricevendo i complimenti per i suoi interventi in televisione.

Festa di Roma, "proposte rimangiate". Sulla Festa del cinema di Roma, Moretti osserva che "le stesse persone che hanno fatto certe proposte, dopo qualche ora se le sono rimangiate perché non avrebbe senso dedicarla solo al cinema italiano. Forse più che una proposta era una fantasia".

Torino 2008. Quanto al festival di Torino, poche le anticipazioni visti i mesi che ancora mancano alla nuova edizione. Confermate tutte le sezioni, dal concorso l'Amore degli inizi (quello sul primo film), dal panorama documentari ai Fuori concorso, mentre le retrospettive mostreranno le opere di Roman Polansky e Jean Pierre Melville.

(17 maggio 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #70 inserito:: Maggio 21, 2008, 12:01:48 am »

Politica
 
Il Pd, i Radicali e la Sinistra

Angiolo Bandinelli


Luigi Manconi commenta su l’Unità (6 maggio) l’Assemblea dei Mille promossa a Chianciano dai radicali. L’evento, a suo giudizio, costituisce un momento di riflessione e un punto di partenza importante per le sinistre alternative e ambientaliste, ma anche per il Partito Democratico. Manconi si chiede infatti cosa si debba fare perché, da una parte, il Pd possa rappresentare le nuove domande «di innovazione e di equità, di nuovi diritti e di garanzie sociali, di ambientalismo intelligente e di autodeterminazione individuale e collettiva, di libertà di ricerca scientifica e di imprenditoria», e dall’altra come far sì che «i soggetti politici rimasti esclusi dal Parlamento non si limitino al (...) ritorno al sociale» e, tanto meno, «all’esaltazione della propria vocazione minoritaria, tentata dalla irriducibilità di un destino di opposizione permanente o di una testimonianza residuale». A suo avviso, occorre che «le istanze, e i militanti, dell’ambientalismo trovino spazio - e se lo conquistino, se necessario - all’interno del Pd; e che le istanze, e i militanti, che fanno riferimento a Rifondazione Comunista e alla Sinistra Democratica trovino spazio - e se lo conquistino, se necessario - all’interno del Pd».

Se questi sono gli obiettivi che le sinistre alternative e il Pd devono porsi, il partito radicale può rappresentare, prosegue Manconi, «il crocevia non solo politico, ma anche culturale e, se posso dire, concettuale» adeguato a raggiungerli: i radicali hanno spesso fornito alle sinistre democratiche contenuti e modelli di iniziativa, è dunque concepibile che possano oggi «funzionare, anche organizzativamente, come tramite del rapporto tra Partito Democratico e gli altri, e tra iniziativa parlamentare e iniziativa extraparlamentare».

Manconi però avverte: ciò non significa «che i radicali debbano fungere da contenitore di queste complesse operazioni». Benissimo: i radicali non si sono mai sognati di assolvere a questo compito. E tuttavia anche sul terreno degli strumenti e dei modelli organizzativi - non solo, cioè, per ciò che riguarda i contenuti - hanno fornito suggestioni che Manconi avrebbe dovuto prendere in considerazione: proprio a Chianciano si è discusso - forse non adeguatamente - se la forma associativa radicale non sia la più conveniente anche alla prospettiva da lui indicata.

L’associazionismo radicale ha due cardini: la doppia tessera e la struttura (ma il termine è improprio) denominata «galassia». Prendere la tessera radicale è molto più che un fatto simbolico, ma anche assai meno che l’accettazione di un vincolo esclusivo, come per la tessera di tutti gli altri partiti. Statutariamente, la tessera radicale obbliga solo al pagamento della quota di iscrizione. Non chiede altro all’iscritto, le stesse deliberazioni assunte nei congressi a maggioranza dei tre quarti vincolano solo gli organi dirigenti. E tuttavia, nonostante questa elasticità e larghezza di maglie, la tessera radicale costituisce una forte attestazione di volontà politica, di condivisione dell’iniziativa comune. Queste modalità potrebbero essere un punto di partenza per l’incontro-aggregazione di quanti siano interessati alla realizzazione degli obiettivi indicati da Manconi: ciascuno ancorato alla propria «fedeltà» ma anche aperto a quella attestata dalla doppia tessera. Il secondo cardine della modellistica radicale è la cosiddetta «galassia». La galassia radicale è una costellazione di associazioni che hanno legami politicamente saldi ma operativamente distinti (non separati) con il Partito Radicale Transnazionale Nonviolento e con Radicali Italiani. Gli esempi più noti sono, evidentemente, Nessuno tocchi Caino, cui si deve la lunga e vincente battaglia all’Onu per la Moratoria della Pena di morte, e l’Associazione Coscioni, con le sue iniziative sui temi etici e «sensibili».

All’interno delle sinistre, dal Pd alle forze alternative, non si è mai pensato di mettere in piedi qualcosa di analogo, preferendo la struttura “leninista” del partito monolitico e monocentrico. Ancora oggi, il Pd pensa di avviare il riscatto puntando sul “radicamento” territoriale; si tratta sempre della logica delle sezioni, dei circoli, privi di autonomia e strettamente subordinati al centro, inadatta ad accogliere altri soggetti e forze. Mi pare di sentire che alcuni tentativi di superamento della crisi e della sconfitte elettorale si muovono invece contrapponendo all’inadeguato «radicamento» territoriale la rinascita delle correnti. Questa via è solo il prodromo di faide e lotte di potere, senza reale capacità e volontà di innovare sia sui contenuti che sui modelli di aggregazione richiesti dalla necessità di far nascere classi dirigenti nuove, motivate, pronte ai mutamenti richiesti dall’opinione pubblica e insieme articolate attorno ad un obiettivo politico unitario da definire in assise, in congressi mirati ed inclusivi.

Questo, non di più ma neanche di meno, offrono i radicali alla sinistra. Perché non discuterne? Credo ne valga la pena.
Angiolo Bandinelli fa parte della Direzione Radicali italiani

Pubblicato il: 20.05.08
Modificato il: 20.05.08 alle ore 8.53   
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« Risposta #71 inserito:: Maggio 21, 2008, 12:08:54 am »

Cari giornalisti, attenti ai padrini

Carlo Rognoni


Vi sembra normale che dei giornalisti si appellino all’opinione pubblica, ai partiti, per difendere i propri interessi professionali?
E vi sembra normale che degli uomini politici ne approfittino per conquistare sul campo dei meriti rispetto ai giornalisti, gli diano retta, e cerchino di intervenire nelle scelte editoriali di una azienda? Se non fosse la Rai, sia quei giornalisti sia quei politici sembrerebbero vivere ai confini della realtà. I primi, accusati di non saper difendere il proprio mestiere, che si regge sull’indipendenza e sull’autonomia dai poteri, politici e non. I secondi, responsabili di ingerirsi in argomenti che non competono loro.

Ma siamo in Rai! E la decisione di opporsi a un piano editoriale, o anche solo all’idea di spostare l’orario di un programma, diventa una occasione non per un eventuale sacrosanto confronto sindacale, ma per la comparsa di padrini, non importa se di destra o di sinistra.

Pur di accattivarsi l’appoggio esterno, di alcuni parlamentari, si è disposti perfino a tradire alcuni principi elementari del buon giornalismo: si raccontano mezze verità, si nascondono dei fatti, si ricorre alla tecnica dello spot pubblicitario, che notoriamente fa appello ai sentimenti e all’emozione piuttosto che all’informazione rigorosa. E ci sono dei parlamentari che pur di guadagnarsi “una comparsata” in tv sono pronti a difendere per principio, senza saper bene quel che dicono, le spinte più corporative, magari contrabbandate come difesa del pluralismo.

Ecco così che una decisione presa dal consiglio di amministrazione della Rai, dopo mesi di confronto, conclusasi con l’idea di mettere comunque al primo posto del nuovo piano editoriale il tema informazione, considerato il più qualificante per un servizio pubblico pluralista, diventa il suo contrario, la penalizzazione dei servizi giornalistici. Alla faccia della correttezza dell’informazione! La Rai - come si sa - fa sempre notizia quando la polemica aleggia. È un piatto gustoso sul quale buttarcisi con ingordigia quando poi ci si può inventare che una trasmissione viene cancellata perché chi la conduce magari non gode della stessa simpatia politica di chi va a sostituirla in palinsesto. È quello che ha fatto il Corriere della Sera inventandosi che Veltroni preferiva la Dandini alla Berlinguer! Cattivo giornalismo richiama cattivo giornalismo?

E tutto questo perché? Perché la trasmissione di Primo piano viene chiusa! Falso. Viene spostata alla mezzanotte. Vero. Ma per capire che cosa ha davvero deciso il cda della Rai, anche questa notizia non basta.
Nel discutere i palinsesti dell’autunno 2008 e della primavera 2009, il cda ha deciso finalmente di provare a rompere con le cattive abitudini: con i programmi di prima serata che durano troppo più del previsto e invadono - a volte annullandola - la seconda serata; con telegiornali che si sovrappongono e che raramente rispecchiano gli orari fissati; con programmi culturali che cominciano ben al di là della mezzanotte quando meriterebbero una messa in onda in ore decenti; una informazione regionale e locale debole e che va potenziata.

Convinti che l’informazione sia un plus per il servizio pubblico ecco che si è deciso di dedicare una prima serata della Reteuno proprio ai servizi giornalistici, affidandola al telegiornale. È una sfida che giustamente farebbe tremare le vene ai polsi di chiunque. Mettere in palinsesto nel prime time un programma di informazione sulla rete ammiraglia - con l’obiettivo di un ascolto che superi il 18 per cento - vuol dire impegnare risorse, intelligenze, cultura e creatività come non si è mai fatto. La prospettiva fa così paura da meritare la minaccia di tre giorni di sciopero?
Per la terza rete si è deciso di investire su una offerta di mezz’ora di informazione in più al mattino - tanto per cominciare. E poi per evitare telegiornali a orari ballerini e che per di più si accavallano l’uno sull’altro dopo la mezzanotte ecco che il cda ha deciso di dare tutta l’informazione Rai dalla mezzanotte in avanti proprio solo al Tg3.

Pur di difendere l’esistente si è arrivati a dire che questo piano editoriale è figlio di un consiglio che sta per scadere e che quindi non ha il potere di imporre alcunché. Una evidente mascalzonata, come se i cda non fossero titolati a prendere decisioni fino all’ultimo. Senza contare che il piano editoriale è stato approvato in gennaio! Già ma dichiarazioni come queste servono: non tanto a screditare le scelte fatte quanto a dare man forte a chi - per esempio Gasparri - non vede l’ora di cambiare l’attuale cda con la sua pessima legge. Non era l'Usigrai che qualche tempo fa chiedeva un passo indietro dei partiti dalla gestione del servizio pubblico?

Sono fra quelli che ha molto apprezzato l’idea di mettere la questione Rai al centro del dialogo fra maggioranza e opposizione. La Rai se vuole sopravvivere dignitosamente nel nuovo scenario digitale ha bisogno di tutto tranne che dell'invadenza partitocratica. Bene dunque se il Pd insiste e ottiene che per avviare il dialogo sulle riforme si cominci con l’impegno a cambiare la Gasparri. Coerenza vorrebbe, tuttavia, che nessun politico del Pd pensasse di poter dare lui indicazioni sui palinsesti. Questo ultimo episodio di “cattiva intelligenza” fra giornalismo e politica è una ragione in più per cambiare in fretta le norme della governance del servizio pubblico.

Pubblicato il: 20.05.08
Modificato il: 20.05.08 alle ore 8.53   
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« Risposta #72 inserito:: Maggio 22, 2008, 10:06:30 am »


Abbattere i muri....

21 maggio 2008, 12.52.21 | ranvit


A Ballaro' ieri sera, Veltroni ha spiegato perchè il Pd deve "collaborare" con la maggioranza per modernizzare l'Italia : innanzi tutto sveltendo l'azione istituzionale mediante l'abbattimento del numero dei parlamentari, la trasformazione del Senato in istanza regionale togliendogli la facoltà di approvare le leggi, i regolamenti perlamentari che rafforzino il potere del premier e riconoscano la funzione dell'opposizione etc etc. A chi gli chiedeva quali vantaggi ne ricaverebbe il Pd, ha risposto che in primis ne sarebbe avvantaggiato il Paese....cosa che qualsiasi cittadino dovrebbe apprezzare. Ma anche il Pd stesso perchè se i muri restano alti....dall'altra parte sono di piu'! Ha inoltre ricordato che la sinistra soffre di tafazzismo...se si vince si discute per 12 mesi, se si perde per altrettanti mesi o forse per 24 o 36... Condivido al 100% tale atteggiamento di Veltroni e mi piacerebbe che il Circolo ne tenesse conto.....invece che partecipare ad alzare i muri.....


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« Risposta #73 inserito:: Maggio 22, 2008, 10:09:24 am »

21/5/2008
 
Per Veltroni la strategia di Zapatero
 
 
 
FRANCESCO RAMELLA
 
L’incontro di venerdì scorso tra Berlusconi e Veltroni segna il primo passo concreto verso un nuovo stile di rapporti tra maggioranza e opposizione. La strategia del dialogo inaugurata dal segretario del Pd ricorda molto quella di Zapatero all’indomani della disfatta del Partito socialista (Psoe) nelle elezioni del 2000. Una sconfitta che consegna al Partito popolare di Aznar (Pp) la maggioranza assoluta dei seggi parlamentari e porta la distanza tra i due partiti spagnoli oltre il 10% (nel 1996 era appena dell’1,2%). L’oposición útil lanciata dal neoeletto segretario socialista rappresenta una risposta alla crisi del Psoe ed è parte d’un disegno complessivo di rinnovamento del partito. Segna altresì una svolta nell’opposizione al governo Aznar, fino ad allora mirata prevalentemente a squalificare l’avversario politico.

La nuova linea tende ad accreditare il Psoe come una forza politica dialogante e responsabile sui temi di maggiore rilevanza nazionale, quali la lotta al terrorismo, la riforma del sistema giudiziario e le politiche per l’immigrazione. I socialisti si rendono disponibili a sostenere l’esecutivo sulle politiche di interesse generale, dimostrandosi capaci di anteporre le esigenze dei cittadini a quelle della competizione interpartitica. Senza per ciò rinunciare a differenziarsi dal governo, avanzando misure alternative a quelle della maggioranza. Non evitano neppure di scontrarsi frontalmente sulle decisioni impopolari assunte da Aznar (ad esempio sull’intervento in Iraq o sulla riduzione dei sussidi di disoccupazione). Questa strategia si rivela ben presto molto efficace, soprattutto presso l’elettorato moderato. I socialisti riescono rapidamente a ridurre il divario di consensi, riconquistando nel 2004 - complice l’attentato islamico alla stazione di Madrid - il governo del Paese. E tuttavia non va sottaciuto che l’oposición útil inizialmente incontra notevoli resistenze all’interno del Psoe: viene scambiata per un’opposizione debole.

Come si vede le analogie con il caso italiano non sono poche, e la dirigenza del centro-sinistra farebbe bene a tenerle presenti. Perché un’opposizione responsabile e costruttiva, in grado di recuperare iniziativa politica, è qualcosa di molto diverso da ogni forma di «melassa programmatica» e di «inciucismo» all’italiana. Al contrario, risulta utile per le sfide che il Pd deve oggi affrontare sul versante della strategia politica e della strutturazione del nuovo partito. Per fronteggiare le quali è necessario impostare un’opposizione «a doppio binario». Capace di ridare ai democratici un ruolo propulsivo nelle istituzioni e nella società, riguadagnando consensi sia tra gli elettori di centro sia tra quelli (delusi) di sinistra. Sul piano parlamentare e programmatico questo significa adottare un mix di confronto-scontro con il governo: dialogando in positivo sulle riforme istituzionali e sulle principali emergenze del Paese, ma contrapponendosi (anche radicalmente) sulle questioni in cui le distanze con la maggioranza risultano inconciliabili. Un modo di fare opposizione tutt’altro che facile. Niente affatto soft.

Per essere efficace, questa politica a doppio binario, oltre a un «governo-ombra», richiede anche un «partito-ombra». La costruzione, cioè, di una macchina organizzativa radicata nei territori, in grado di accompagnare - come un’ombra - le trasformazioni delle società locali. Per conseguire questo obiettivo non basta collocarsi responsabilmente nelle istituzioni, è necessario anche recuperare capacità di rappresentanza sociale, stimolando il reclutamento e la partecipazione degli iscritti. Lo stesso fece Zapatero nei primi anni della sua segreteria, rivitalizzando la militanza interna e utilizzandola massicciamente nella campagna elettorale del 2004. Una campagna condotta non solo sui media (vecchi e nuovi) ma anche porta a porta, per spiegare ai cittadini il nuovo corso socialista. Si tratta di sfide difficili. Non c’è dubbio. Che tuttavia il «nuovo centro-sinistra» deve affrontare se vuole dimostrare di essere credibile come forza di opposizione e di governo (alternativo). Laddove, in passato, è riuscito solamente nel compito opposto: stare al governo e all’opposizione... di sé stesso.
 
da lastampa.it
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« Risposta #74 inserito:: Maggio 22, 2008, 11:02:00 pm »

L'accordo con le banche? Minestra riscaldata


A sentire i proclami di governo, per chi è vittima del caro-mutui la soluzione è arrivata: nessun problema per il passaggio al tasso fisso e ritorno alle rate del 2006, se poi i tassi medi del periodo sono stati più elevati, basterà allungare la durata del mutuo. E qui sta l’inghippo. A denunciarlo sono alcune associazioni di consumatori che, calcolatrice alla mano, hanno fatto le pulci al provvedimento.

Martedì il governo, scrive l’Aduc in una nota, «ha sbandierato un accordo con l'associazione delle banche prevedendo un risparmio pari a circa 850 euro all'anno per 1.250.000 famiglie circa. Peccato – aggiunge – che la notizia sia falsa: nel comunicato dell'Abi - spiega l'associazione - si legge che l'accordo non prevede alcun risparmio, ma solo una dilazione nel pagamento». In sostanza, «si concede un ulteriore finanziamento: le famiglie, quindi, non risparmieranno alcunché, ma pagheranno ulteriori interessi». Gli fa eco l'Adiconsum: «I consumatori – dice il presidente Paolo Landi – devono essere consapevoli che ciò che non viene pagato nella rata dovrà essere pagato a fine mutuo caricato degli interessi: parlare, quindi – conclude Landi – di benefici di 800-1000 euro è assolutamente fuori luogo». Insomma, non si paga quest’anno, ma si pagherà tutto, e con gli interessi, negli anni in più in cui il mutuo verrà allungato.

Ma c’è dell’altro. L’altra grande novità spacciata dal governo è quella della possibilità di cambiare mutuo da tasso variabile a tasso fisso. Peccato che l’avesse già fatto il decreto Bersani. «Ormai abbiamo 50-60 mila rinegoziazioni in corso dei mutui a seguito della nostra legge che porta il mio nome», dice l’ex ministro alle Attività Produttive. Quello del governo Berlusconi, insomma, è «un bel rilancio mediatico di un'operazione già in corso».

Pubblicato il: 22.05.08
Modificato il: 22.05.08 alle ore 16.33   
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