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Autore Discussione: FRANCESCHINI  (Letto 30077 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Aprile 02, 2009, 11:06:36 pm »

Il segretario del Partito democratico esclude l'ingresso nei socialisti europei

"Cercheremo di costruire un luogo alternativo per le forze progressiste"

Europee, Franceschini: "Il Pd non entrerà nel Pse"

 

BRUXELLES - "Il Pd non entrerà nel Pse". Lo ribadisce e lo conferma il segretario del Partito democratico, Dario Franceschini, a Bruxelles. "Il nostro partito non entrerà nel Partito socialista europeo ma cercherà di costruire un luogo alternativo" ha aggiunto Franceschini a margine del Global Progressive Forum organizzato dai socialisti europei.

Il leader dei democratici ha così escluso l'eventuale ingresso del suo partito nei socialisti europei, sostenendo che gli eurodeputati del Pd nella prossima legislatura aderiranno tutti a uno stesso gruppo, che deve però essere ancora "disegnato" dalle forze progressiste europee.

"Abbiamo già deciso - spiega - che i deputati eletti nel Pd non potranno che stare nello stesso gruppo parlamentare. Non è più la stagione dei Ds e della Margherita, che nel parlamento Ue stavano in due gruppi parlamentari diversi".

Per il segretario, "i tempi e i modi per creare un luogo in cui ci siano i riformisti europei, che siano di tradizione socialista o di altre tradizioni, a cominciare dai democratici italiani, è un percorso che richiede del tempo". E le modalità, ha aggiunto, "non dipendono soltanto da noi ma da una serie di incontri con le grandi forze riformiste e socialiste europee con le quali stiamo parlando".

Il Partito democratico, ha concluso Franceschini, "cercherà di costruire un luogo e un gruppo in cui ci siano le forze che vengono dalla tradizione socialista insieme ad altre forze come i democratici italiani e altri che appartengono all'area progressista".

Di sicuro Franceschini non si candiderà: lo ha ribadito Nicola Latorre, vicepresidente del gruppo del Pd al Senato, parlando ai microfoni di Radiocity. "Noi non prenderemo in giro gli elettori, alle elezioni europee candideremo solo chi poi andrà effettivamente al Parlamento europeo" ha detto, alludendo alla polemica ancora in corso fra il segretario del suo partito e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "Il Pd metterà il lista persone competenti che, in caso di vittoria, andranno effettivamente a fare il deputato europeo".

(2 aprile 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #31 inserito:: Aprile 07, 2009, 06:51:04 pm »

Franceschini: 'Il governo accetti aiuti internazionali'


«Il governo accetti gli aiuti internazionali». Dario Franceschini chiede all'esecutivo di accettare l'offerta di fondi e aiuti offerti dai paesi esteri per affrontare l'emergenza in Abruzzo dopo il terremoto. Berlusconi però, da l'Aquila, per una nuova conferenza stampa dice no. E loda la macchina organizzativa. "L'Italia ha ricevuto  molte offerte di aiuto dagli Stati esteri, abbiamo detto «grazie»,  ma abbiamo chiesto di «non inviare i loro aiuti». Il presidente del Consiglio assicura che «siamo in grado» di fare da soli: «ringraziamo, ma bastiamo  alle situazioni di emergenza», ribadisce.


Franceschini insiste: "Il governo però valuti con attenzione se non sia urgente accettare le offerte di aiuto che provengono da altri Paesi, che si sono detti pronti a mettere a disposizione le loro strutture di Protezione civile».  «Non ci sarebbe niente di male - osserva - anche l'Italia, in passato, ha mandato i propri uomini a fronteggiare l'emergenza per il terremoto in Turchia, per gli incendi in Spagna, per le alluvioni in Germania. Nel frattempo, come abbiamo annunciato ieri, il Pd ha offerto alle Protezioni Civili regionali le proprie strutture e i propri volontari. Già da adesso quindici cucine da campo, utilizzate in occasione delle feste del partito in Umbria, Toscana ed Emilia, sono pronte a partire per le zone colpite dal terremoto».

Ma il premier non ci sente. E anzi loda la macchina organizzativa, snocciolando i dati: "Cinque le tendopoli organizzate". E poi annuncia: «Stiamo studiando di ricomprendere negli ammortizzatori sociali anche i lavoratori autonomi che rischiano la perdita della loro attività e che si trovino nella zona colpita dagli esiti del terremoto».

07 aprile 2009

da unita.it
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« Risposta #32 inserito:: Aprile 25, 2009, 02:59:19 pm »

25 aprile: Franceschini, no a equiparazioni


(ANSA) - ONNA (L'AQUILA), 25 APR -

Dario Franceschini, in visita ad Onna per il 25 aprile, non condivide le parole del premier sui repubblichini di Salo'. ''Un conto e' il rispetto umano ma non si puo' equiparare chi combatte' dalla parte giusta e chi invece lotto' per una causa tragicamente sbagliata - ha detto il segretario del Pd - Lo dico anche per ragioni familiari: mio padre partigiano ha sposato la figlia di un repubblichino.

Un conto e' la comprensione, altro l'equiparazione, che non va fatta''.

25 aprile 2009
da unita.it
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« Risposta #33 inserito:: Aprile 27, 2009, 11:44:50 pm »

Politica


Franceschini: Mezzogiorno tradito da Berlusconi


«Il governo Berlusconi ha tradito il Sud. Non Bossi e la Lega ma i cittadini del Sud dovrebbero gridare Roma ladrona». Dario Franceschini apre da Eboli la nuova campagna del Pd: quella per il Mezzogiorno «Non possiamo accettare - ha detto prima di salire su un treno di pendolari che lo condurrà a Salerno - che il Mezzogiorno paghi il prezzo della crisi. Il sud è una risorsa e non un problema per l'Italia. Denunciamo con forza - ha proseguito - tradimento del Sud compiuto dal governo Berlusconi che proprio in questa zona del paese ha ottenuto la maggior parte dei consensi, oltre il 40%».

Franceschini ricorda come dalla copertura del mancato gettito derivante dall'Ici sulla prima casa o fino al finanziamento delle quote latte «tutte queste misure sono state sottratte al Mezzogiorno, si tratta di 20 miliardi di euro, un vero e proprio tradimento per il Sud».

Di qui l'impegno di Franceschini e del Pd «a invertire la tendenza con proposte precise».

27 aprile 2009

da unita.it
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« Risposta #34 inserito:: Maggio 10, 2009, 06:16:15 pm »

Franceschini: popolarità premier al 75%? Chi se ne frega, si è costruito un reality

Berlusconi: la sinistra va in business class ai forum no global

Calderoli: «La Lega è come la banana Chiquita: unica»

 
 
ROMA (10 maggio) - «Non me ne frega niente»: è lapidario il giudizio del segretario del Pd, Dario Franceschini, sulla percentuale di popolarità per il premier che Silvio Berlusconi dice essere arrivata al 75 per cento. «Visto che aumenta di un punto al giorno - sottolinea Franceschini - Vorrà dire che il venerdì prima delle elezioni europee sarà arrivata al 100 per cento e lui potrà andare a dormire felice in qualche sua villa. Ma io non ho mai commissionato sondaggi del genere. Io vado a letto felice se ho fatto qualcosa che fa star bene almeno un italiano, non se il mio livello di popolarità aumenta di un punto».

Franceschini: il premier giri il Paese, l'Italia non è via dei Coronari. «Il premier giri un po' per il Paese reale, per vedere lo stato di crisi che c'è e resta preoccupante»: è questo l'invito che il segretario del Pd, Dario Franceschini, ha rivoltoa Berlusconi dal palco di un incontro con la "rete" di "Incontriamoci" dell'ex ministro prodiano Giulio Santagata all'Eliseo. «Dice - ha ironizzato Franceschini parlando della passeggiata di ieri del premier in una via del centro di Roma - che parla con tutti, che gli piace scambiare opinioni con i tassisti, stare con la gente comune, poi ieri è andato a fare una immersione nel mondo reale a via dei Coronari tra gli orafi e gli antiquari... L'Italia non è via dei Coronari, è un'altra cosa, molto diversa. Lui si è costruito questo grande reality, in cui si è imprigionato e in cui vorrebbe coinvolgere anche il Paese».

«Non siamo addomesticati». «Vedete quante cose emergono scientificamente ogni giorno per coprire la crisi? - dice Franceschini - Sono stufo di sentire Berlusconi e i suoi ministri dire che non bisogna parlare della crisi. Parte della maggioranza, su questi temi, vorrebbe una opposizione addomesticata e silenziosa che si renda complice di questo modo intollerabile di coprire la questione. Il centrodestra ha rivendicato la capacità di prevedere la congiuntura economica negativa, e ora vorrebbe ci si comportasse come se fosse finita. Non è così, e noi abbiamo il diritto di dirlo».

«Europee, no al voto di protesta, è in gioco la democrazia». «E' un errore - dice Franceschini - l'astensione o il voto di protesta, perché quello per Di Pietro non può essere altro che un voto di protesta, dato che il voto alle europee avrà un impatto sulla qualità futura della democrazia in Italia. La questione si giocherà sul distacco tra il Pd e Berlusconi, e rischiamo di risvegliarci in un Paese con un padrone assoluto».

«L'informazione italiana non fa il suo dovere». Non è positivo il giudizio del segretario del Pd sul sistema dell'informazione italiano. «In Europa - dice - la stampa passa ai raggi x i comportamenti delle personalità pubbliche e verifica la rispondenza tra ciò che si è detto e ciò che si è fatto. Non si può accettare che venga detta una cosa e poi, il giorno dopo, ne venga detta un'altra, opposta, e non si faccia mai il confronto. A volte basterebbe prendere le videocassette. Sul terremoto, tra le cose dette e le cose fatte c'è una grande distanza, ma il sistema dell'informazione non se ne è occupato. C'è, tra i giornalisti, un misto di pigrizia e di paura».

«Di Pietro: con questo governo torna la lotta di classe». Per Di Pietro, oltre al superamento della stagione del terrorismo indicata dal capo dello Stato, c'è anche un'altra questione di fondo: «A me pare che le regole sociali che si stanno mettendo in campo da parte di questo governo siano regole che ricreano la lotta di classe - dice il leader dell'Idv - Perché un governo che crea disparità di trattamento, crea le premesse di una spaccatura sociale e crea le basi per una rivolta anche di tipo illegale».

Berlusconi ai transfughi dell'Udc: bentornati nella casa comune. Il premier Silvio Berlusconi ha rivolto un caloroso «bentornati» a quei rappresentanti dell'Udc che hanno abbandonato il partito di Casini, in contrasto con la scelta dei centristi di correre da soli alle amministrative. «Ho visto che una parte rilevante dell'Udc - ha detto in collegamento telefonico con la convention elettorale di Guido Podestà, candidato del Pdl alla provincia di Milano - non ha seguito le indicazioni del suo partito e ha scelto di venire con noi. A questi amici voglio rivolgere un particolare benvenuto, anzi, vorrei dire: "Bentornati nella nostra casa comune del Partito popolare europeo"».

«Sinistra in business class al forum no global». Per attaccare la Giunta Penati di spreco di denaro pubblico, il presidente del Consiglio ha detto che alcuni rappresentanti della Provincia di Milano andarono al forum del movimento antagonista di Porto Alegre in business class. «Mi risulta - ha detto - che al Social Forum di Porto Alegre, quello famoso dei no global, i rappresentanti della Provincia di Milano hanno volato in business class a spese dei contribuenti. Spero non sia un pettegolezzo, ma è un fatto significativo di come questi signori utilizzino i soldi dei contribuenti». Berlusconi ha anche contestato la creazione, alla Provincia di Milano, di un assessorato alla Pace. «E' esattamente il contrario del nostro modo di fare - ha affermato - Noi vogliamo che la Provincia non si occupi di politica, non di immagine, non di propaganda, ma di ciò che sa fare, che può fare e che deve fare e garantiamo, in questo momento difficile, che i nostri uomini si applicheranno al massimo per tagliare le spese».

«Penati ha speso 820mila euro in brioche». Sempre attaccando Penati e criticando la paralisi della provincia di Milano che ha dovuto essere commissariata dalla Regione per approvare il piano rifiuti, ma non solo. «Mi hanno raccontato - ha detto - che in 5 anni sono stati spesi 820 mila euro per il catering della provincia. Un miliardo e 600 milioni di lire di brioche mi sembra che siano eccessivi». Berlusconi ha sottolineato che in cinque anni la spesa corrente è aumentata «e ha superato i 500 milioni e nelle spese per investimento, manca all'appello un miliardo di euro rispetto alla legislatura precedente. In mano alla sinistra, la Provincia «è costata di più e ha prodotto di meno, come sempre quando la sinistra è al governo».

Calderoli: la Lega è unica come la banana Chiquita, e gli elettori scelgono l'originale. «La Lega è come la banana Chiquita. Unica» ha detto oggi il ministro Roberto Calderoli ironizzando sui traguardi relativi al contrasto all'immigrazione clandestina a margine degli stati generali della Lega Nord a Vicenza. «Di Lega ce n'è una sola, di Bossi ce n'è uno solo e l'abbiamo noi che siamo l'originale. Tanto, come ho già detto, tra originale e imitazioni gli elettori scelgono l'originale». 
 
da ilmessaggero.it     
 
« Ultima modifica: Luglio 10, 2009, 06:33:53 pm da Admin » Registrato
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« Risposta #35 inserito:: Giugno 09, 2009, 06:28:53 pm »

Pd, le tre telefonate di Franceschini: Di Pietro, D'Alema e Veltroni
 
 
di Nino Bertoloni Meli


ROMA (9 giugno) - Tre telefonate significative hanno scandito la giornata di Dario Franceschini, che a differenza del principe di Condè è agitato prima della battaglia ma tranquillo subito dopo. Una chiamata l’ha fatta a Tonino Di Pietro, poi si è sentito con Massimo D’Alema, la terza a Walter Veltroni. Con il primo ha curato il fronte esterno, congratulazioni per il risultato, apprezzamenti un po’ meno ma tant’è, il segretario democrat non sta a sentire le sirene della rottura ora e subito con l’ex pm e lo considera ormai come un interlocutore obbligato per il centrosinistra che sarà. Il malumore democrat nei confronti dell’alleato competitore Idv rimane tutto, riassunto dalle parole di Franco Marini «Di Pietro deve smetterla di considerare il Pd alla stregua di una bestia ferita da azzannare per portar via pezzi di carne». Con Veltroni chiacchierata distesa, giudizi in totale sintonia, non si sa se congratulazioni, certo l’incitamento ad andare avanti, e del resto non fu proprio il leader del LIngotto a chiedere «tre ore» prima di lasciare e poi, dopo 180 minuti, confermare le dimissioni solo dopo avere avuto la certezza che Franceschini sarebbe stato il successore?

Con D’Alema, dopo la panoramica sul voto con giudizi collimanti in particolare sull’analisi, si è passati a trattare del fronte interno dove, a quel che si è capito, l’ex ministro degli Esteri avrebbe spiegato di non aver alcuna intenzione di aprire ostilità men che meno guerre di successione, ma per favore, avrebbe aggiunto, calma e gesso anche dal Nazareno, che significano quegli affondi di un Fioroni o quelle punture di un Fassino? Questo avrebbe detto più o meno D’Alema, facendo anche capire, ma questo non l’avrebbe detto apertamente, di stare operando per raffreddare la candidatura di Pierluigi Bersani alla segreteria, o comunque di non farne come finora è avvenuto sponsorizzazione aperta, diretta e convinta. Per come si mettono le cose dentro il Pd, D’Alema non è tipo da trovarsi coinvolto in prima persona in una battaglia che potrebbe risultare di minoranza. Il motivo?

Il motivo lo ha fatto capire direttamente Franceschini. A mezzogiorno in punto, in orario perfetto secondo convocazione, il segretario si presenta ai giornalisti nell’ampio salone all’ultimo piano del Nazareno, si siede da solo al tavolone, viene circondato da telecamere, taccuini e microfoni, appare un po’ provato da un mese di campagna su treni di pendolari, piazze e mercati, ma determinato determinatissimo a tramandare un messaggio: sono qui e non intendo mollare. E perché poi? Dal voto, spiega il segretario che investe sul dopo, emergono due segnali positivi: «La conferma del progetto del Pd» e, secondo, «la destra è stata fermata». Quindi, la smettano i tanti «avvoltoi» che si aggirano, commentatori e portatori di sciagura vari, «il Pd c’è», e il risultato dimostra che quel 26 e rotti per cento «sono una buona base per ripartire». Franceschini non nasconde di aver perso in voti e percentuale, lo ammette apertamente né potrebbe altrimenti, ma aggiunge che quei voti «sono rimasti nel campo dell’opposizione», sono andati a Idv, alla sinistra, forse anche all’Udc, ma non c’è stato sfondamento da destra, da quella stessa destra che «finalmente è stata fermata sfatando il mito dell’invincibilità di Berlusconi», anzi «abbiamo scongiurato di svegliarci con un padrone». Fatti due conti e un paio di addizioni, più aritmetiche che politiche, sommando le percentuali di quanti non stanno nel centrodestra né a destra, il segretario in odore di riconferma sostiene che «il governo è ormai minoranza nel Paese», e comunque «il centrodestra è rimasto molto al di sotto di quel 50 per cento che strombazzava».

Finisce di parlare Franceschini e arriva Piero Fassino, completo blu estivo, aria sorniona di chi sa già come va a finire. L’ultimo leader dei Ds spiega e fa presente che il Pd in Europa è di fatto il primo partito della famiglia progressista assieme alla Spd, poi mentre aspetta un’intervista tv sussurra come tra sé «qui c’è qualche stratega che pensa di sapere tutto e invece basta rivolgersi qua per capire come vanno le cose», e l’allusione ironica agli strateghi non è certo rivolta a chi sostiene Franceschini. Non si sa se il patto sia stato già riconfermato, ma l’asse di maggioranza che ha sostenuto finora Franceschini appare pronto a essere rinverdito, quell’asse che vede insieme Veltroni, Fassino, quasi tutti gli ex popolari e rutelliani, con Rutelli personalmente un po’ più defilato ma della partita. «A questo punto ci vuole più Pd, non meno Pd. Spero che Franceschini possa continuare a essere il segretario», ragiona Walter Verini che è stato l’ombra dell’altro Walter sindaco e poi leader.

Finiscono le dichiarazioni pubbliche e arrivano i numeri e le tabelle. Sul fronte regionale è una sequela di segni negativi per il Pd, una valanga nera: spiccano il meno 12 delle Marche, il meno 10,6 dell’Umbria, il meno 9,8 della Puglia, il meno 9,2 del Lazio, il meno 8,4 della Toscana, il meno 6,6 dell’Emilia, c’erano una volta le roccheforti rosse, nessuna regione ha il segno positivo. Poi c’è la guerra degli eletti: ai dalemiani che alcuni pronostici più o meno gonfiati affibbiavano una decina di europarlamentari a Strasburgo, ne toccano sì e no quattro due dei quali (De Castro e Gualtieri) eletti per il rotto della cuffia, il terzo, Domenici, eletto bene ma un po’ sotto le aspettative, e il quarto, Pittella, è un dalemiano spurio avendo sostenuto Letta alle primarie. Solo refoli di tarda primavera le voci di un rinvio del congresso. Fioroni lo vorrebbe addirittura anticipato e spaccia per tale quello in programma per l’autunno: se Franceschini vuole la riconferma non è che può aspettare le regionali dell’anno prossimo, troppo rischioso fare il segretario in balia dei risultati elettorali. 

ilmessaggero.it
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« Risposta #36 inserito:: Luglio 08, 2009, 10:50:05 pm »

Franceschini: intanto facciamo opposizione con una voce sola


La campagna congressuale non deve far dimenticare che il compito principale del Pd è fare opposizione e parlare con una voce unica e collegiale. Dario Franceschini, candidato alla guida del partito, nell'inaugurare la sede del suo comitato elettorale, ricorda quale è il primo «dovere», nonostante l'impegno nella campagna interna in vista del congresso di ottobre.
 
«Tutti, anche i candidati, non dobbiamo dimenticare nemmeno per un secondo che nei prossimi mesi che mancano al congresso il nostro principale dovere è occuparci dei problemi degli italiani e fare opposizione, alzando la voce quando è
necessario per denunciare questo governo distratto che continua a girare la testa dall'altra parte». Franceschini ci tiene a
«garantire il mio impegno affinchè nei prossimi mesi faremo come abbiamo fatto nei quattro mesi che abbiamo alle spalle e
che sarà così anche dopo il 25 ottobre». Cioè, spiega il leader democratico, «un Pd che discute al suo interno ma che poi dice le stesse cose con collegialità». Perchè «non dobbiamo mai dimenticare di mantenere su due piani distinti il confronto congressuale dalla linea politica all'opposizione e dal messaggio collegiale che esce all'esterno» di un partito che parla con una voce sola. «Questa scelta - garantisce - non sarà ostacolata dalla campagna congressuale».

Ieri il segretario Franceschini in vista della sfida congressuale aveva incassato l'appoggio degli Ecodem di Ermete Realacci. Lo stesso Realacci non si candiderà al congresso, come pure si era ventilato.

08 luglio 2009
da unita.it
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« Risposta #37 inserito:: Luglio 10, 2009, 06:34:18 pm »

Franceschini al premier: tregua finita «Dopo il G8 i giorni della chiarezza»
 
 
 
 di Fabrizio Nicotra

ROMA (10 luglio) - Il G8 finisce oggi, e con il summit termina anche la “tregua” chiesta da Giorgio Napolitano. Il segretario del Pd Dario Franceschini avverte Silvio Berlusconi: «Noi abbiamo accolto l’appello del capo dello Stato anche se non è stato facile, visto che subito dopo il premier ha affermato che l’opposizione è un cadavere che cammina. Noi non abbiamo risposto per senso di responsabilità, ma dopo il vertice verranno i giorni del chiarimento».

Insomma, l’opposizione riprende la battaglia contro il governo senza fare sconti, a partire dai provvedimenti che sono all’esame delle Camere: dal decreto anti-crisi alle intercettazioni fino alla legge sul testamento biologico. Il Pd non molla il Cavaliere e, ripete Franceschini, dovrà essere compatto nonostante il congresso di ottobre: «Discutiamo e dividiamoci, ma restiamo uniti nel fare opposizione». Compito difficile, visto che la campagna elettorale che porta alle assise e poi alle primarie è decisamente entrata nel vivo.

Gli sfidanti organizzano le armate e ieri il segretario è andato a tastare il polso alla platea di ex ds che lo sostiene, e cioè truppe di Piero Fassino. E sembra che il test sia riuscito. Fassino ammette che la sua «è stata una scelta non facile», ma la rivendica per il partito tutto, dal momento che se si fossero riproposte le lacerazioni del passato (i Ds da una parte e la Margherita dall’altra) allora «avremmo azzerato 20 mesi di lavoro». L’ex leader della Quercia (che difende le lo strumento delle primarie), dopo aver stemperato i toni della polemica degli ultimi giorni con Massimo D’Alema «perché il congresso non è una sfida tra persone e non ci sarà nessuna guerra», disegna un Pd che dovrà essere «vero, solido, con radici forti, fondato non sulla nostalgia, ma sull’innovazione».

Franceschini apprezza, sale sul palco con l’alleato e ringrazia: «Senza la scelta di Piero non sarebbe stata possibile l’idea di aggregarci in base al futuro e non in base al passato». E’ convinto, il segretario, che «vinceremo questo congresso, ma senza sconfiggere nessuno». E rivendica la sua gestione del Pd, perché «ci vuole orgoglio nel riconoscere quello che abbiamo fatto». E tuttavia, per provare a vincere le elezioni, bisogna cambiare. Franceschini non nomina l’autosufficienza veltroniana, ma quella linea non esiste più: «E’ chiaro che dovremo costruire una nuova alleanza, ma attorno al Pd e ai suoi contenuti». E ancora Fassino: la vocazione maggioritaria «non è autosufficienza solitaria».

Il tema della ricerca delle alleanze future è ormai all’ordine del giorno e sta a cuore anche a Pier Luigi Bersani e alla sua parte. D’Alema, principale sponsor dell’ex ministro, torna a insistere: «E’ l’unica strada da percorrere perché ogni volta che ci siamo affidati all’ondata nuovista e dell’autosufficienza abbiamo sempre perso». Niente nuovismo e niente partito leggero, incalza D’Alema, convinto anzi che per tornare a pesare servano tessere e radicamento, assieme a una «robusta dose di sano riformismo emiliano», quello di Bersani.

Non la vede così il terzo incomodo, quell’Ignazio Marino che si è buttato anima e corpo nell’avventura congressuale annunciando che farà campagna nei circoli, parlando direttamente agli elettori, saltando l’apparato: «Sono sicuro di vincere. Alle primarie gli italiani opteranno per il candidato più innovativo». L’impegno del chirurgo senatore, in ogni caso, riporta in primo piano il tema della laicità, costringendo gli altri due sfidanti a non eludere una questione che nella breve vita del Pd ha causato scontri all’arma bianca. Per questo dunque Franceschini ribadisce che la laicità è uno dei valori costituenti del partito, che «non deve aver paura di decidere a maggioranza anche su temi difficili, come quelli della bioetica». 
 
da ilmessaggero.it
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« Risposta #38 inserito:: Luglio 16, 2009, 11:57:25 pm »

L'ex leader illustra il suo programma per la candidatura a segretario

"Dobbiamo costruire la nostra identità. Berlusconi è solo conservazione"

Pd, Franceschini lancia la sfida "Serve un nuovo riformismo"

"Un errore non aver fatto la legge sul conflitto di interessi"

"Tornare al centro sinistra con il trattino sarebbe un fallimento"


ROMA - "Quello che dobbiamo fare è ricostruire un'identità, sarà un nuovo giorno e noi lo vivremo". Per farlo appieno servono fiducia, regole, uguaglianza, merito e qualità. Alleanze, certo. Ma mai più le vecchie e rissose coalizioni che hanno caratterizzato il centrosinistra in passato. Dario Franceschini, per la presentazione del suo programma, sceglie una scenografia sobria e chiude citando padre Turoldo e "il giorno nuovo da vivere" (sulle note di Better Days di Springsteen). E difende le primarie aperte agli elettori, oltre che agli iscritti al Pd: "Non alziamo barriere".

Dal podio in plexiglas trasparente Franceschini disegna la sua idea del Pd del futuro ("che trova la sintesi e che sa scegliere e decidere"). Che sarà aperto, solido ("senza rispolverare i modelli di 50 anni fa"), laico e radicato sul territorio. Che non teme le primarie e che saprà rinnovare i gruppi dirigenti senza scadere "nel nuovismo scelto dall'alto".

"Valori alternativi alla destra". Lo ascoltano circa cinquecento persone nella sala nell'Acquario romano di piazza Fanti a Roma. Il suo ingresso è accompagnato dalle note di Domani, la canzone pro Abruzzo cantata da numerosi artisti italiani. Poi, dopo l'introduzione di Michela De Biasi, giovane consigliere della VII circoscrizione di Roma, il candidato segretario prende la parola. E inizia parlando di crisi economica e di valori. Definendo la sfida dei riformisti e dei democratici, che è quella "di fissare una gerarchia di valori alternativi" alla destra.

Una sfida difficile. La sfida non è facile, davanti alle pulsioni conservatrici e xenofobe che agitano l'Europa. Italia compresa, "dove la ricetta della destra è una versione riveduta e corretta di Dio, Patria e Famiglia". Attacca il governo, Franceschini. L'idea, scandisce, che dalla crisi possa uscire un'Italia migliore di prima e non, come dice Berlusconi, "identica al passato". Proprio lui che "nel 1994 rappresentava una illusoria proposta di cambiamento, oggi è solo di protezione e conservazione".

Ricostruire un'identità. Quella dei riformisti, ovviamente. Che ancora non c'è. Superare l'idea, riaffermata da anni, che "se voti a destra sai cosa voti e se voti dall'altra parte non lo sai". Servono "messaggi comprensibili" che caratterizzino il partito e indichino la via lungo la quale costruire un programma di governo: "Le parole di un riformismo moderno, che usa le radici e la memoria delle culture politiche del Novecento italiano non per tornare nostalgicamente indietro, o per restare immobile, ma per immergersi in un cammino nuovo ed emozionante" continua Franceschini.

"Serve fiducia". Per farlo serve fiducia, continua l'ex segretario. Fiducia contro la paura che ti spinge a chiuderti in casa. E sono le misure che questa fiducia devono creare, quelle che il Pd deve mettere in pratica: nel mondo del lavoro, come in quello dell'impresa, "che è una parte del mondo di noi emocratici". Immagina un nuovo welfare che tuteli anche chi, oggi, una tutela non ha.

Il partito dei circoli. Franceschini propone un "patto" che rispetti "la pluralità di culture". Perché aver scelto di fare "un grande partito significa necessariamente imparare ad accettare le diversità che ci sono ancora tra noi. L'arcipelago di storie e provenienze che sostengono la mia candidatura non è un limite, è una ricchezza. Sarà mia la responsabilità di fare sintesi".

Laicità. E' un tema caldo, che in passato ha creato non poche frizioni tra i democratici. "Quello della laicità dello Stato è un 'principio intoccabile'" dice Franceschini. Ma per il segretario del Pd "essere laici nelle società contemporanee significa accettare che nessuna scelta politica sia sottratta alla faticosa strada delle necessarie sintesi" perché "la laicità è la garanzia della libertà di tutti".

Immigrazione. Coniugare fermezza e integrazione. "Abbiamo sottovalutato i problemi dei cittadini - ammette Franceschini - che hanno accettato le risposte della destra. Non si tratta di inseguire i proclami repressivi ma di dimostrare che siamo in grado di difendere i cittadini. Se necessario con durezza".

Regole. "Da anni la destra esalta l'assenza di regole. Ma buone regole non sono limiti, bensì strumenti di tutela dalla diseguaglianza. Se ci fosse stato più rispetto delle regole non ci sarebbero i morti sul lavoro, sulle strade. Di regole ha bisogno l'economia. A partire dalla legge sul conflitto di interessi, che non abbiamo approvato quando potevamo farlo".

Riforme. Il candidato segretario apre sulle riforme. A partire dal passaggio a una sola camera legislativa, con un Senato federale ed un dimezzamento dei parlamentari eletti. "Il Pd deve impegnarsi per modernizzare lo Stato anche stando all'opposizione. Noi non ci sottrarremo in questa legislatura alla possibilità di condividere con i nostri avversari una riforma che renda più efficace l'azione di governo e il ruolo del parlamento".

"Non si torna indietro". "Ci vuole sempre più coraggio quando si sceglie di andare avanti. Fermarsi o tornare indietro può essere più tranquillo e rassicurante, soprattutto in un tempo di paure e incertezze. Ma noi vogliamo un partito che ha il coraggio di rischiare". E' netto Franceschini quando parla delle alleanze. Quando scandisce che se lui sarà segretario non si tornerà al centrosinistra con il trattino: "Solo ipotizzarlo significa dichiarare fallita l'esperienza del Pd. Uno schema del genere non esiste più nel nostro popolo ma solo in pezzi di classe dirigente".

No al nuclare. "Serve un Pd più coraggioso e più netto nei suoi sì e nei suoi no", premette Franceschini che poi si schiera contro il nucleare dicendo invece "sì a una radicale riconversione del nostro sistema energetico verso l'efficienza, il risparmio, le fonti rinnovabili".

(16 luglio 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #39 inserito:: Luglio 16, 2009, 11:58:22 pm »

«LAICITÀ DEVE ESSERE base condivisa del nostro percorso comune»

Franceschini presenta il programma «Dobbiamo ricostruire l'identità del Pd»

Il segretario: «La destra per 15 anni ha avuto un leader unificante. Sul conflitto di interessi non staremo zitti»
 

ROMA - L'identità del Pd, il conflitto di interessi, l'importanza delle primarie e dell'elettorato. Sono tanti i temi del discorso con cui Dario Franceschini ha presentato la propria candidatura a segretario in vista del congresso di ottobre. L'appuntamento, all'Aquario di Roma, è stato trasmesso in diretta su Youdem Tv e con dei messaggi su Twitter.

CONFLITTO DI INTERESSI - Franceschini ha attaccato Berlusconi e promesso che il Pd non starà zitto sul conflitto di interessi: «Dobbiamo dirlo, il centrosinistra ha colpe precise per non avere approvato la normativa sul conflitto di interessi quando era maggioranza dal '96 al 2001, ma quella responsabilità non ci può spingere adesso a restare ancora fermi e silenti». E sul leader del Pdl: «Nel '94 rappresentava una proposta di cambiamento. Illusoria, ma era una proposta di cambiamento. Oggi anche la sua proposta è solo di protezione e conservazione». Secondo Franceschini, c'è quindi spazio per un «nuovo riformismo e il coraggio di sfidare le destre non rincorrendole, non limitandosi a proporre correttivi ai modelli sociali che ha imposto, ma mettendo in campo una gerarchia di valori alternativa e proiettata sul futuro». Cinque le parole chiave indicate da Franceschini: «Fiducia, regole, uguaglianza, merito e qualità».

IDENTITÀ DEL PD - Dunque la necessità di costruire un'identità del partito: «Quello che dobbiamo fare è ricostruire un'identità del nostro campo - dice Franceschini -. La destra italiana in questi 15 anni ha avuto stabilità negli assetti e un leader unificante. Così ha potuto costruire una identità, percepita da tutti, attorno ad alcuni messaggi chiari: sicurezza, libertà di fare ogni cosa, meno Stato. Il nostro campo nello stesso periodo ha avuto instabilità totale nei leader, nei partiti, che si sono sciolti, ricostituiti, sostituiti, nei governi fragili. E così noi siamo riusciti a trasmettere le sensazioni indistinte, non messaggi chiari e univoci. Se voti destra sai cosa voti. Se voti di qua, non sai cosa voti. E questo più di ogni altra cosa spiega la sconfitta dello scorso anno e i risultati negativi della amministrative e delle europee. Ricostruire una identità sarà un lavoro lungo e difficile ma il risultato delle europee ci mette in condizione di ripartire». Franceschini assicura che il Pd non tornerà indietro: «Non torneremo a riconoscerci nelle provenienze che abbiamo scelto liberamente e consapevolmente di lasciare alle nostre spalle. Vogliamo un partito che ha il coraggio di rischiare».

CONGRESSO E LAICITÀ - Il congresso di ottobre, spiega, sarà «l'occasione per far fare al partito un grande passo in avanti» e non sarà affatto «l'anticamera di una scissione». «Qualsiasi cosa accada noi resteremo insieme - assicura -, ma abbiamo bisogno di un confronto vero e onesto tra visioni differenti sul futuro e su quello che abbiamo fatto da quando il Pd è nato». A tal proposito Franceschini parla della laicità: «È un principio intoccabile. Non dobbiamo cadere nella tentazione di far diventare questo tema il terreno dello scontro e delle divisioni congressuali. Deve essere invece la base condivisa del nostro percorso comune». Nelle previsioni del segretario c'è una politica di alleanze perché «vogliamo tornare a vincere», ma non tornerà «il centro-sinistra col trattino basato su una divisioni di compiti nel raccogliere consenso o nel rappresentare pezzi di società», ovvero «quella stagione delle coalizione frammentate e litigiose costruite con l'unico collante del nemico». Il Pd, aggiunge, «dovrà riuscire a fare opposizione con più determinazione. Non dobbiamo farci condizionare dalle parole dei nostri avversari o di quei politologi interessati che ci accusano di antiberlusconismo. Contrastare il governo non è antiberlusconismo».

PRIMARIE - Dario Franceschini invita poi il Pd a «non rinunciare» alle primarie e a non considerare i propri elettori come «estranei». «Cambiamo lo statuto dove non funziona - dice -, rivediamo le regole del tesseramento per avere più apertura e più trasparenza insieme, mettiamo un po' d'ordine nelle regole ma non rinunciamo alla scelta che abbiamo fatto alla nascita del Pd, di affidare agli iscritti le scelte del partito e l'elezione degli organi territoriali».




16 luglio 2009

da corriere.òit
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« Risposta #40 inserito:: Luglio 17, 2009, 06:08:10 pm »

Il Pd di Franceschini: «Primarie e alleanze, niente passi indietro»


di Andrea Carugati

Dario Franceschini entra nell’elegante catino dell’Acquario romano sulle note di «Domani», il brano a più voci dei big della canzone italiani per i terremotati d’Abruzzo.
Dopo il Fossati di Prodi, il Vasco di Bersani e il Ligabue di Fassino, l’ennesima variante musicale per un centrosinistra che si vuole “ricostruire”. Oltre all’evidente richiamo post-sismico, il brano centra due temi cardine del discorso con cui il segretario Pd si candida a succedere a se stesso: le tanti voci che si fanno coro (lui lo chiama «l’arcipelago di storie che mi sostiene, una ricchezza e non un limite») e il futuro, parola che ricorre più volte nei 60 minuti di relazione dell’ex ragazzo di Zac che si candida a diventare leader.

«Non torneremo indietro», ripete tra gli applausi di una platea che mescola, in prima fila, Marini e Fioroni, Fassino, il super-veltroniano Verini, i rutelliani Gentiloni e Realacci. «Non torneremo indietro», vale per numerosi dossier: dalle primarie al bipolarismo, dal mescolamento alle alleanze, che «non dovranno più essere litigiose e contro qualcuno». Franceschini parla molto dell’Italia, dell’opposizione da fare con più determinazione, «anche alzando la voce contro le prepotenze», dell’«identità riformista da costruire con messaggi chiari». Ma non mancano i messaggi a Bersani e D’Alema. «Tornare indietro può apparire rassicurante in un tempo di incertezze e paure, ma io voglio un Pd che rischia, che ha coraggio e anche orgoglio per i risultati della sua giovane storia, che resta fedele all’idea che l’ha fatto nascere». «Solo ipotizzare un centro sinistra col trattino significa dichiarare fallito il Pd», si infervora. «Quello schema non esiste più nella nostra gente. E per fare un partito solido non c’è bisogno di rispolverare modelli di 50 anni fa». «Non alziamo barriere, i nostri elettori non sono estranei, sono parte di noi», risponde a D’Alema sulle primarie. «Cambiamo lo statuto dove non funziona, ma non rinunciamo ad affidare agli elettori le grandi scelte, come quella del segretario nazionale». C’è anche un riferimento preciso alle «precise colpe» dei governi dell’Ulivo 1996-2001, che «non hanno fatto una legge sul conflitto di interessi. Ma quella responsabilità non ci può spingere adesso a restare ancora fermi e silenti». Un secco no al sistema tedesco, caro a D’Alema, «non accetteremo mai una legge che permetta di fare alleanze dopo il voto».

Franceschini si rivolge ai circoli del Pd, propone un «patto» con loro, «siano le nostre antenne nel Paese, non il luogo delle conte congressuali». «Ce ne sono tanti che non appartengono a un capo, vogliono restare liberi». Il tema torna a più riprese: la necessità di lasciarsi alle spalle Ds e Margherita, di aprire le porte a chi inizia a fare politica da democratico, il rinnovamento. «Ma nessun nuovismo dall’alto, nella mia squadra voglio valorizzare le esperienze di chi ha fatto la gavetta sul territorio, la squadra la costruirò con questi criteri». Applaude Franco Marini, e applaude ancora più forte Fassino quando «Dario» cita la vittoria «più bella», quella del gruppo in Europa, «eppure sembrava un problema insormontabile». E anche quando ricorda la laicità «intoccabile», «è la base condivisa di tutto il Pd, non un terreno di scontro, coltivare diversità culturali non significa galleggiare, anche sul testamento biologico ci ascolteremo e poi voteremo».

«Non dobbiamo temere il congresso», ammonisce. «Qualsiasi cosa accada resteremo tutti insieme, non ci sarà nessuna scissione». Cinque le parole chiave della relazione: fiducia, regole, uguaglianza, merito e qualità. C’è anche una citazione (implicita) per il terzo uomo Ignazio Marino, quando Franceschini invoca un Pd «netto e coraggioso nei suoi sì e nei suoi no» e boccia il ritorno al nucleare. Si chiude con una citazione di padre Turoldo e «Better Days» di Springsteen: il primo ad abbracciare il candidato è Fassino, seguito da Fioroni. In sala anche molti non allineati, Finocchiaro, Emiliano, Chiamparino, Morassut. Alla fine nessuno si sbilancia. E il sindaco di Bari non nasconde il suo «dolore» per le divisioni: «Dario, D’Alema e Bersani non dicono cose diverse...».

Il lancio della candidatura. Un patto con i circoli: «Siate le nostre antenne, restate liberi». Poi lo stop al modello tedesco che piace a D’Alema: «Mai una legge che permetta di fare alleanze dopo il voto».

17 luglio 2009
da unita.it
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« Risposta #41 inserito:: Luglio 25, 2009, 11:24:35 am »

Franceschini: le coppie di fatto non sono una famiglia


Dario Franceschini parla di famiglia, coppie di fatto e adozioni gay. "Sul riconoscimento delle coppie di fatto c'è una posizione che è stata portata in parlamento piu volte  e che io condivido: è il riconoscimento delle coppie di fatto, che in base al nostro ordinamento costituzionale sono una cosa diversa dalla famiglia, ma devono avere diritti, riconoscimento e diritti. Le adozioni - continua il segretario del Pd - sono una cosa diversa, perché nelle adozioni c'è una terza persona, che è la più debole, che ha il diritto di avere in modo naturale un padre e una madre di sesso diverso. E l'adozione è un atto che deve essere riconosciuto dalla legge, penso che in questo caso si debba, la legge debba tutelare prima di tutto il diritto del meno protetto, che è il minore adottato".

"Condivido il riconoscimento dell'esistenza delle coppie di fatto» che però «sono una cosa diversa dalla famiglia». l'ha detto Dario Franceschini. «Diverso - aggiunge - è il caso delle adozioni. qui c'è una terza persona, il minore, che ha diritto di avere una tutela perchè è il meno protetto».

Il segretario del partito, candidato per una riconferma al congresso del partito, si è definito "garante del bipolarismo". «Non dobbiamo credere» che il bipolarismo «sia acquisito per sempre. Dobbiamo pensare che questo sistema vada salvaguardato», messo al sicuro dal ritorno a «uno schema in cui le maggioranza e i governi non sono più decisi dagli elettori ma sono variabili e mobili».

Il segretario Pd mette in guardia dall'eventuale prevalenza di una linea diversa dalla sua: «Bipolarismo e alternanza non sono garantiti, come qualcuno pensa, da una legge elettorale. Il bipolarismo sopravvive a qualsiasi legge se ci sono due grandi partiti alternativi. Se invece scomponi questi grandi partiti e torni a un sistema centro-sinistra e centro-destra, con il famoso trattino, tutto torna in movimento; non ci sono più due grandi partiti avversari, ma prevale il vecchio schema con la sinistra da una parte e il centro del centrosinistra dall'altra».

In un'intervista Franceschini dice: «Io prendo un impegno: garantire che questo schema sopravviva a Berlusconi». Di più: «Del dopo-Berlusconi dobbiamo cominciare ad occuparci. Nessun uomo di buonsenso può pensare che si ricandidi a fine legislatura; è una scadenza inevitabile. Ma ci sono tutti gli ingredienti per una fine traumatica anticipata».

All'altro candidato Pier Luigi Bersani, che chiede maggiore attenzione alla sinistra del partito, Franceschini replica: «Io sarei cauto nell'uso delle parole. Sinistra è una parola e una storia nobilissima, cui io sono anche legato. Ma so pure che c'è una parte degli elettori e dei gruppi dirigenti del Pd che non si riconosce solo in quella parola. O il partito resta la casa di tutti, liberal, cattolici laici, ambientalisti - sottolinea - o diventa un'altra cosa». Franceschini, infine, aggiunge: «Io non escludo una futura alleanza con l'Udc. Ma voglio un Partito democratico che non rinuncia a competere direttamente con il Pdl, che non ha bisogno di appaltare a qualcuno la funzione di parlare con i mondi produttivi, di conquistare il voto mobile».


23 luglio 2009
da unita.it
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« Risposta #42 inserito:: Agosto 24, 2009, 11:18:07 am »

Franceschini sceglie il suo slogan: Liberiamo il futuro


Dario Franceschini ha scelto il suo slogan per la campagna elettorale in vista del congresso. «Liberiamo il futuro» è la parola-chiave che, a quanto si apprende, il segretario ha scelto, dopo una consultazione tra fedelissimi e supporter, per i manifesti e le iniziative della sua mozione.

A differenza degli altri candidati Pier Luigi Bersani e Ignazio Marino, Franceschini si è preso la pausa estiva per decidere il suo slogan attraverso un sondaggio, via sms.

I dirigenti che lo sostengono al congresso dirigenti hanno così selezionato lo slogan, a loro parere, migliore in vista della ripresa del dibattito interno, che entrerà nel vivo domani con la presenza di Franceschini alla festa del Pd a Genova.

23 agosto 2009
da unita.it
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« Risposta #43 inserito:: Settembre 13, 2009, 09:52:10 pm »

Franceschini: "Il Pd sarà alleato con chi vuole il premier a casa"

di Pietro Spataro


"Il Pd non è una parentesi per poi ricominciare daccapo come prima...». Dario Franceschini è segretario da sette mesi, ha preso sulle spalle la difficile eredità di Veltroni, ha guidato il partito nella bufera della sconfitta e ora cerca la riconferma. «Il nostro obiettivo - dice subito scandendo le parole - deve essere chiaro: fare un Pd che sia in grado di mandare a casa Berlusconi...».

Segretario, cominciamo dal premier che provoca imbarazzi internazionali: è davvero un uomo in declino?
«Non vedo più tracce di equilibrio in lui, è un uomo impaurito e nervoso. Credo che siamo in presenza di una forma di moderno autoritarismo e tutte le forme di autoritarismo, anche quelle mascherate, sono più pericolose nella fase del declino perché riservano colpi di coda».

Quindi il dopo Berlusconi è già cominciato?
«Riportiamo l’orologio indietro, alle europee. Tutti ci aspettavamo un Pdl sopra il 40% e il crollo del Pd. Ma questo non è avvenuto. Il dopo Berlusconi è cominciato lì. Attenzione, però: il percorso sarà lungo e doloroso. Per questo dobbiamo vigilare e fare più opposizione».

Fini è sotto tiro nella destra per avere criticato il capo. Il Pd deve fargli da sponda come dice Enrico Letta?
«Mi pare una posizione politologica. Siamo proprio messi male se parole di buonsenso espresse da chi ha un ruolo istituzionale diventano atti di eroismo civico».

A dire la verità non è che la vostra opposizione si veda così tanto. Il paese è in crisi e voi state lì a discutere…
«Sono mesi che denunciamo le omissioni del governo che nega la crisi e non prende alcuna misura per fronteggiarla. Sono mesi che presentiamo proposte che in aula vengono regolarmente bocciate. Ma al circuito comunicativo interessa poco. Fa più notizia la frase a effetto. Per questo il tema dell’informazione oggi è decisivo».

Per le nomine a Raitre perché si deve aspettare il congresso del Pd?
«Le scelte sulle persone le fa il Cda, il nostro congresso non c’entra nulla. Noi però dobbiamo fare di tutto per difendere gli spazi di libertà e Raitre è un importante spazio di libertà. Oggi l’informazione è a rischio, soprattutto per responsabilità di Berlusconi. C’è una parte della stampa condizionata dal conflitto di interessi e dobbiamo ripetere che è stato un grande errore non avere fatto la legge. L’altra parte viene intimidita. Per questo il 19 noi saremo in piazza per difendere la libertà di stampa».

Franceschini, per battere la destra servono buone alleanze. Con Di Pietro e la sinistra, oppure con l’Udc di Casini?
«Così è una domanda fuorviante. Dico che dobbiamo costruire un sistema di alleanze tenendo fermo un punto: che non si deve ridurre la capacità di espansione del Pd. Le nostre alleanze vanno cercate tutte nel campo alternativo alla destra. Se l’Udc si riconosce in questo campo l’allargamento si può fare. Però, sia chiaro: devono essere alleanze vere su programmi precisi. Le vecchie alleanze di venti partiti, frammentate e litigiose, non le vogliamo più vedere».

Nei momenti di confusione in Italia torna sempre il fantasma del grande centro. Lei che ne pensa?
«Io penso che la sfida del Pd è essere la casa dei riformisti, laici e cattolici. È sbagliato pensare che il rapporto con il mondo cattolico vada appaltato. Non abbiamo bisogno di costruire un soggetto al centro per parlare ai cattolici».

Però Rutelli ieri ha aperto a Casini e Fini, prefigurando quas una nuova forza di centro. Che ne dice?
«Dico che se ha proposto un allargamento all’Udc dell’alleanza per battere la destra, è quello su cui sta lavorando il Pd in alcune regioni italiane, per le elezioni del prossimo anno».

Bersani usa una parola chiave senza vergognarsi: sinistra. Qual è la sua parola chiave?
«Sinistra è una parola bellissima che mi appartiene. Vengo dalla sinistra dc, dall’esperienza di Zaccagnini e Moro. La sinistra è un pezzo della storia italiana piena di valori, lotte e conquiste e anche del presente. Ma fare un grande partito è avere dentro tante identità: la sinistra, il centro, i laici, i cattolici».

D’accordo, ma il Pd una propria identità dovrà pure avercela, non crede?
«La nostra sfida è fare delle diverse identità una ricchezza e non un problema. Altrimenti ognuno restava dove era prima, nei Ds e nella Margherita. Se devo usare una parola chiave dico: il Pd come grande forza progressista in cui si sono mescolate le storie. La cosa più bella me l’ha detta abbracciandomi un vecchio signore: “Sono l’ultimo segretario del Pci di Gallipoli ma voterò per te perché non mi interessa da dove vieni ma dove vuoi andare”».

I problemi del Pd nascono dagli errori di Veltroni?
«Le responsabilità sono di tutto il gruppo dirigente. Non si può fare che quando ci sono i meriti vanno divisi e quando ci sono responsabilità vanno addossate solo a uno. Ogni segretario nella nostra storia purtroppo ha avuto più problemi con il “fuoco amico” che con quello avversario. È ora di smetterla».

Dalle inchieste di Bari arrivano notizie poco edificanti per voi: c’è una questione morale anche nel Pd?
«È ingiusto trasformare alcuni episodi in un giudizio collettivo sulla classe dirigente del Pd che è fatta di gente onesta e seria e tantomeno utilizzarli nelle vicende congressuali. Detto questo, il Pd che ho in mente deve pretendere rigore, distinzione tra pubblico e privato e comportamenti coerenti. Al di là di ogni rilevanza penale».

Non crede che il vostro dibattito congressuale sia troppo chiuso nelle stanze?
«Vedo che la rappresentazione è questa. Poi però quando vado nelle feste o nei circoli trovo altro: voglia di fare, passione, iscritti e elettori mescolati. L’opposto di quel che leggo».

Perché ce l’ha tanto con quelli che “c’erano prima”? Le hanno fatto notare che quasi tutti quelli che c’erano prima sono con lei...
«Non ce l’ho con nessuno, non attacco nessuno. Penso solo che il nostro dovere è passare il testimone alle nuove generazioni. La saggezza di quelli che hanno più esperienza va messa al servizio di questa opera di innovazione. Ma non si tratta di un fatto anagrafico. Dobbiamo cambiare noi stessi. Io voglio un partito che faccia della chiarezza la sua cifra. Voglio dei sì e dei no. Quando a Napoli mi hanno chiesto della candidatura di Bassolino a sindaco potevo rispondere con il politichese. E invece ho risposto: no, è ora di cambiare. Ecco, basta con prudenze e ipocrisie».

Secondo lei c’è il rischio di una scissione nel Pd?
«No. Questo partito darà una grande prova di maturità. Il 25 ottobre uno di noi vincerà e gli altri, stia sicuro, lo sosterranno. Chiunque sia. Questa sarà la nostra forza».

13 settembre 2009
da unita.it
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« Risposta #44 inserito:: Ottobre 02, 2009, 05:55:26 pm »

Franceschini, sarò un bravo laico

di Marco Damilano

Testamento biologico. Ora di religione. Diritti dei gay. E i rapporti con il governo e con la Chiesa.

La democrazia interna al partito. Parla il segretario.

Colloquio con Dario Franceschini

 
"Ovunque vada, l'applauso più forte lo ricevo quando parlo di laicità" spiega quasi stupito Dario Franceschini. Per forza, viene da rispondergli: per elettori stressati da mesi di interviste di Paola Binetti e non meglio precisate "posizioni prevalenti" è come il pane agli affamati. Il segretario uscente in corsa per le primarie, cattolico democratico, fa un passo in avanti: "Sul testamento biologico il Pd discuterà e deciderà: la posizione sarà una". Si fa coraggio e prova a dire la sua su pillola Ru486, ora di religione, gay e coppie di fatto.

Il popolo del Pd chiede più laicità ai dirigenti del partito: c'è carenza della materia?
"Abbiamo fatto la scelta di un grande partito con la consapevolezza che non sarebbe stato identitario, nascendo dall'incontro tra filoni culturali diversi. Un tempo ci saremmo divisi su altre questioni, oggi sono i temi eticamente sensibili ad appassionare. Pochi anni fa nessuno avrebbe saputo fare distinzione tra accanimento terapeutico, eutanasia, alimentazione forzata, oggi sono questioni di dibattito politico. E in futuro saremo sempre più costretti a confrontarci con queste scelte".

Il Pd su questi temi sembra diviso tra due strade: la spaccatura o il silenzio.
"Non è così. La tentazione di tutti, non solo nel Pd, è di sedersi sulla propria verità e di sbatterla in faccia agli altri. È un errore tragico: la nostra sfida è abbattere quel muro, sarebbe un contributo positivo che il Pd darebbe alla società italiana. Sulla cura delle malattie, la fine della vita, la libertà di ricerca, la libertà individuale i laici e i cattolici condividono le stesse speranze e le stesse paure. E noi dobbiamo muoverci secondo il rispetto della laicità dello Stato, previsto dalla Costituzione, accompagnato dal principio per cui nessun valore religioso può diventare automaticamente norma dello Stato, tanto più in una società ormai multireligiosa come la nostra. Il miglior baluardo della laicità è un partito come il nostro che fa la sintesi".

La può fare lei, cattolico, sottoposto anche come politico alle pressioni della Chiesa?
"Per i credenti a quei principi va aggiunto un altro: l'autonomia delle scelte politiche. La Chiesa ha diritto di intervenire, non si può applaudirla quando parla di pace o di immigrazione e negarle la parola quando dice cose scomode sui temi etici. Ma la Chiesa non può dire a un parlamentare come deve votare: è una scelta che appartiene all'autonomia del politico. Su questo punto rivendico una coerenza: la raccolta di firme tra i deputati cattolici dell'Ulivo sulla legge sui Dico è stata considerata da molti l'atto di nascita del Pd".

Caliamo i principi in terra. Sul biotestamento al Senato avete inventato la cosiddetta posizione prevalente per far convivere tutte le anime, alla Camera che farete?
"Discuteremo e decideremo. Fino a poco tempo fa su questi temi c'era solo la libertà di coscienza, in pratica significava che ognuno votava come voleva. La posizione prevalente è stata il superamento di quella linea. Ora i tempi sono maturi per un passo ulteriore: il Pd deve discutere, poi però deve decidere. La posizione del partito è una. Poi si rispetterà chi, in coscienza, laico o cattolico che sia, non si sentirà di condividerla".

Sul punto chiave, il divieto di sospendere alimentazione e idratazione per il malato, il Pd come voterà?
"Sul caso di Eluana Englaro la cosa più bella l'ha detta il filosofo cattolico Giovanni Reale. La distinzione è tra farsi morire e lasciarsi morire. La prima è eutanasia, la seconda è la cosa più naturale nel senso comune, chiedere di essere portati a casa quando si è vicini alla fine. E in questo caso la scelta della sospensione delle cure non può che essere del diretto interessato o, in caso di sua impossibilità, di chi l'ha amato, i suoi parenti d'accordo con il medico. Non si può imporre con la forza alimentazione e idratazione come norme di legge. Lo Stato deve fermarsi fuori dalla camera di quella persona".

La deputata Paola Binetti la pensa in modo diverso: si mette fuori dal partito?

da espresso.repubblica.it
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