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Autore Discussione: FRANCESCHINI  (Letto 26149 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Febbraio 23, 2009, 06:17:50 pm »

Il neosegretario del Pd alle prese con il "fuoco amico"

L'Unità: "Elettori arrabbiati per quello che è successo sabato"

Cammino difficile per Franceschini

Tra primarie mancate e scetticismo

Ma D'Alema: "Sono fiducioso che saprà affrontare il cammino


ROMA - Se non è "fuoco amico" poco ci manca. Svaniti gli applausi del giorno dell'elezione i primi passi di Dario Franceschini alla guida del Pd sono segnati da mugugni e critiche che lasciano il segno. E non quelle, attese, del Pdl. Quanto quel misto di scetticismo e diffidenza che traspare da chi, a Franceschini, dovrebbe essere più vicino. Basta dare un'occhiata alle prime pagine di giornali come l'Unità e il Riformista per avvertire un netto sentore di una neppur tanto velata perplessità sulla scelta del Pd. Un rimpianto che sfocia nella critica per non aver dato retta alla base del partito che chiedeva le primarie. Ancora stamattina il quotidiano diretto da Concita de Gregorio insiste, sottolineando "la rabbia del web" e rimarcando "la rabbia degli elettori per quanto accaduto sabato".

Freddina Emma Bonino che definisce il segretario "non brillantissimo", mentre Massimo Cacciari va giù duro: "Era la soluzione più scontata e anche la peggiore. Almeno le primarie avrebbero creato un pò di movimento anche se non sarebbero andate assolutamente bene. L'unica soluzione era il congresso. Ma così hanno deciso... Pace all'anima loro. Certo che un partito chiamato a decidere il leader tra Franceschini e Parisi rasenta il ridicolo". E se da Firenze Matteo Renzi, vincitore delle primarie per la candidatura a sindaco della città, definisce Franceschini "un vicedisastro", ricordando il suo passato di numero 2 di Veltroni e beccandosi i rimbrotti di molti democratici, Livia Turco, che Franceschini l'ha votato, ribatte: "La scelta di non andare subito alle primarie è stata necessaria "perchè in questo momento sarebbero state un disastro, avrebbero significato il dissolvimento del Partito democratico". Mentre al fianco del segretario si schiera Massimo D'Alema: "Sono fiducioso sul fatto che Franceschini saprà affrontare i problemi".

Dunque un clima difficile per il neosegretario. Alle prese sia con la scelta della squadra che lo accompagnerà durante il suo mandato (pare che i big faranno un passo indietro), sia con la questione dei rapporti con le altre forze di opposizione. Con Rifondazione, per bocca del segretario Ferrero, che vede Franceschini "in continuità con l'impronta veltroniana. Mi sembra che non gli passi neanche per l'anticamera del cervello di fare qualcosa di sinistra". E con Di Pietro che taglia corto: "Franceschini ha scoperto il pericolo Berlusconi? Non è mai troppo tardi".

Testamento biologico. Franceschini incontrerà domani il gruppo del Pd al Senato per cercare una posizione unitaria sul testamento biologico. A quanto si apprende da fonti parlamentari, l'incontro si dovrebbe svolgere entro le 14, ora in cui è fissata la riunione della commissione sanità per un primo esame degli emendamenti presentati oggi al testo della maggioranza.

(23 febbraio 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #16 inserito:: Febbraio 23, 2009, 06:22:58 pm »

22/02/2009 12:30

Dipende da noi


Prima di parlare di Dario Franceschini vorrei fare ad alta voce un paio di domande.

La prima prevede un'osservazione preliminare. Non c'è nessun dubbio, nessuno, che la base del partito (gli iscritti, pochi, i simpatizzanti, molti, gli elettori, diversi milioni) preferisse le primarie. Trasformare la crisi in un'opportunità. Anche i giovani dirigenti del Pd, a maggioranza, lo chiedevano. Dodici di loro - tra i 25 e i 45 anni, 45 è già l'età della presbiopia ma in Italia sono giovani - sono stati qui al giornale per un Forum. In dieci hanno chiesto le primarie, congresso subito. Ieri all'Assemblea c'erano presidenti di circoli che depositavano sul tavolo di Anna Finocchiaro raccolte di firme. Se qualcuno avesse un dubbio e un computer può fare un istruttivo giro tra i blog, nei commenti lasciati dai lettori dell'Unità. Il più educato rimprovera Bersani per non essersi candidato, «furbo aspettare l'autunno, comodo lasciare ad altri il compito di andare alla sconfitta anziché provare ad evitarla. Per poi cosa, dopo: per dire col dito alzato l'avevo detto?».

Sì: il popolo del web è radicale. È vero: la base è umorale. Però è la base, sono i dodici milioni di «patrimonio inestimabile». Allora la domanda è: una classe dirigente che voglia «radicare il partito sul territorio e ascoltare le domande che salgono dal paese», come diceva bene ieri Piero Fassino, come pensa di farlo se ignora la prima e la più forte delle richieste? Il vizio - la presunzione - di pensare che gli elettori siano stolti, che siano da indirizzare secondo logiche che non possono capire porta lontanissimi dal consenso, per usare una categoria più interessante porta lontano dalle radici della democrazia. Lo dicono a destra la Lega, ormai padrona nelle fabbriche del Nord, lo dice Di Pietro. Ameno che, ipotesi B, il piano occulto non sia quello di fingere di salvare il salvabile per andare al minimo storico, invece, a un risultato elettorale che giustifichi l'azzeramento del progetto, consumi definitive vendette personali e rimetta in gioco prospettive archiviate.

La seconda domanda, di fronte a una platea dimezzata, è dove fossero i 1300 delegati mancanti, ieri. Siccome i paladini della prudenza e della pur legittima convenienza che hanno scelto per un segretario subito erano tutti lì, 80 contro 20 il risultato, il sospetto è che quelli che volevano le primarie siano rimasti a casa. Perché avevano altro da fare, perché è più facile dire state sbagliando che mettersi in gioco. Se fosse così ha ragione chi ha deciso per loro. Se non fosse così ha ragione lo stesso: la maggioranza è questa. Dario Franceschini nasce dc, certo, il suo maestro è Zaccagnini. Un uomo di nome Benigno, che auspicio raro. Ha fatto un bel discorso, ieri. Onesto, pulito. Il gruppo Pd andrà alle europee poi proverà a costituire un gruppo di «Socialisti e democratici». Ce la farà? Non lo sappiamo. «Non dipende solo da noi», ha detto. È vero. Però dipende anche da noi. Veltroni se ne è andato, c'è chi ha pensato di lasciare a Franceschini la croce. Vai avanti tu, eccetera. Però ride bene chi ride ultimo, recita un altro detto. Azzardo: lo sottovalutano. A ottobre mancano otto mesi, una gestazione. Potrebbe portare alla luce il «volto nuovo» che i sondaggi reclamano. Potrebbe farsi avanti da solo, il nuovo, senza bisogno di baciare pantofole. Potrebbe essere già qui
solo che non lo vediamo. Non dipende solo da noi, è vero. Sempre, però, dipende anche da noi.


Concita De Gregori
da unita.it
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« Risposta #17 inserito:: Febbraio 24, 2009, 11:43:00 pm »

Pd, le mosse di Franceschini: più poteri alla periferia e niente "caminetti"
 
 
 
 di Nino Bertoloni Meli


ROMA (24 febbraio) - No, non c’è ressa per far parte dei nuovi organismi del nuovo segretario del Pd. La parola d’ordine è ”pax interna”, niente sgomitamenti, niente sgambetti, si lavora tutti d’accordo per la ditta. Dario Franceschini non ha fretta, vuol fare le cose per bene e senza strappi, tanto che il suo attuale capo segreteria, Antonello Giacomelli, ha potuto annunciare che il nuovo organigramma non vedrà la luce prima del fine settimana, «tra domenica e lunedì». Non che ci sia aria di provvisorietà o di qualcosa di transeunte, questo no, ma neanche quella corsa a salire sul carro per farsi vedere e dire ”io c’ero”.

La stella polare di Dario aspirante pacificatore è di arrivare alla duplice scadenza europee-amministrative cercando di limitare al minimo i danni e la caduta di profitti per la ditta, in modo da poter dire almeno ho evitato la bancarotta. E se l’obiettivo diventa amministrative o morte, quale migliore occasione per riscoprire e portare in auge il ”partito del territorio” anziché il ”partito degli oligarchi”? Da qui la prima decisione che al Nazareno sede del Pd sta maturando nella testa del neo segretario: dare un peso maggiore, valorizzare l’apporto dei segretari regionali che, nominati in gestione Veltroni hanno la caratteristica non trascurabile di essere stati eletti con le primarie e di non essere quindi usi a obbedir e basta a seconda di chi sia il leader di turno.

Il vero nuovo organismo franceschiniano sarà dunque un qualcosa che esiste già ma che verrà valorizzato molto più di prima, con convocazioni e riunioni più frequenti.

E i cosiddetti big? I Marini, Rutelli, D’Alema che hanno avuto ruoli di primo piano in passato? Avrebbero fatto sapere di non essere interessati a incarichi esecutivi e neanche a far parte di organismi di qualsiasi tipo, gli piacerebbe solo essere consultati o convocati ogni volta che ci sia da prendere qualche decisione importante, come già accaduto per la questione Pse o sul testamento biologico. Niente caminetti o sinedri dei saggi. C’è piuttosto il problema della ricollocazione dei ministri ombra ormai a spasso perché sciolti, si tratta di 24 persone piombate nel precariato politico, almeno per una buona metà.

Franceschini sta pensando a un organismo politico che sostituisca anche il disciolto coordinamento, un organismo di una trentina di persone tra dirigenti politici e responsabili di settore, gli ex diessini spingono perché si faccia assolutamente non tanto per ”condizionare” il segretario che altrimenti agirebbe giornalmente sciolto da vincoli organizzitivisti, quanto per assicurare una gestione più collegiale, completa e complementare della transizione. In questo organismo, che si chiamerà ufficio politico o esecutivo, dovrebbero trovare posto il nuovo responsabile organizzativo Maurizio Migliavacca, i responsabili di altri settori importanti tipo comunicazione, mezzogiorno e simili più, se si faranno convincere, alcuni amministratori di grido tipo Sergio Chiamparino, Vasco Errani e Michele Emiliano, per il quale si parla di affidargli il settore del mezzogiorno al posto di Sergio D’Antoni che dovrebbe andare a dirigere il Pd siciliano. Nell’esecutivo dovrebbero pure trovare posto dirigenti come Pierluigi Bersani, Enrico Letta, Beppe Fioroni, Rosy Bindi, nonché Giorgio Tonini come superstite veltroniano e il giovane portavoce del partito Andrea Orlando.

E’ rientrata invece, se mai ci fosse stata, la tentazione di andare a un ricambio dei capigruppo, Anna Finocchiaro al Senato e Antonello Soro alla Camera: l’ipotesi circolata di Bersani capogruppo dei deputati e magari Rutelli dei senatori si è arenata sul nascere, oggi i due capigruppo vedranno Franceschini e tutto dovrebbe rientrare, e se qualcuno osasse andare a proporre alla Finocchiaro la presidenza dell’assemblea costituente, si sentirebbe rispondere che si tratterebbe di una carica che non esiste di un organismo inesistente, condita magari da qualche improperio in catanese.

Col tempo, ma neanche troppo in là, il neo segretario dovrà tornare ad affrontare il nodo capilista alle Europee: se Piero Fassino rimane fisso al Nord ovest; se Pierluigi Castagnetti traballa al Nord est; se al centro risulta confermato Leonardo Domenici seguito da Goffredo Bettini e nelle isole Luigi Cocilovo, al Sud era previsto Veltroni e quindi adesso dovrà trovarsi un altro capolista. 

da ilmessaggero.it
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« Risposta #18 inserito:: Febbraio 24, 2009, 11:47:31 pm »

«È un ORGANISMO snellO e decisa in fretta, perché mancano solo 100 giorni alle europee»

Pd, Franceschini vara la nuova segreteria

Chiamparino ed Errani tra i 9 membri

Entrano anche Martina e Melilli.

Azzerati il governo-ombra e il coordinamento
 

ROMA - Una segreteria snella, di nove persone, decisa «in solitudine» e «in fretta, perché mancano solo cento giorni alle europee». Azzerati i vecchi organismi dirigenti, dal coordinamento al governo ombra, il nuovo segretario del Pd, Dario Franceschini, presenta l'organismo che guiderà il partito, organismo scelto «senza trattare con nessuno», e attingendo dai territori in base alle funzioni istituzionali.

I 9 MEMBRI - Oltre che da Franceschini, la nuova segreteria sarà composta da Vasco Errani, presidente della regione Emilia Romagna; Sergio Chiamparino, sindaco di Torino; Fabio Melilli, presidente della provincia di Rieti; Maurizio Martina, segretario regionale del Pd della Lombardia; Elisa Meloni, segretario provinciale del Pd a Siena; Federica Mogherini, parlamentare; Giuseppe Lupo, consigliere del Pd in Sicilia dove il partito è all'opposizione. A Maurizio Migliavacca va la direzione dell'area organizzazione. 
 
La segreteria, ha spiegato Franceschini, sarà l'organo politico del partito che «lavorerà a stretto contatto con i venti segretari regionali del Pd» in riunioni che si terranno a scadenza settimanale. Il primo di questi incontri avverrà già mercoledì pomeriggio.

AZZERATO IL GOVERNO OMBRA - Franceschini ha poi spiegato che dopo l'azzeramento del governo ombra verranno scelti dei responsabili di aree tematiche: «Per queste funzioni - ha detto il segretario del Pd - ricorrerò soprattutto all'esperienza e ai parlamentari, perché queste problematiche vengono affrontate in Parlamento». Nessun cambio, invece, per i capigruppo alla Camera e al Senato: «Su questo argomento - ha sottolineato Franceschini - i gruppi sono sovrani ma la mia opinione è che è bene non inserire elementi di instabilità in questo momento. E poi Antonello Soro e Anna Finocchiaro hanno lavorato bene. Tra l'altro - ha concluso - nessuno mi ha mai posto il problema dei capigruppo».


24 febbraio 2009
da corriere.it
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« Risposta #19 inserito:: Febbraio 25, 2009, 09:53:27 am »

Testamento biologico, Franceschini: «Linea comune del Pd»


La linea c'è, ferma su molti punti. Soprattutto su uno: respingere il testo della maggioranza sul testamento biologico. «C'è unanime convinzione che l'impianto del testo base della maggioranza sul testamento biologico sia da respingere». Il segretario del Pd, Dario Franceschini, spiega così la posizione del partito al termine della riunione a Palazzo Madama con i componenti del Pd in Commissione Sanità.

«L'emendamento del Pd è largamente condiviso ed è stato firmato da otto senatori su dieci». Lo riassume il segretario del Partito democratico, Dario Franceschini, che ha lasciato la riunione dei membri democratici della commissione Sanità al Senato riuniti sul testamento biologico. Franceschini ribadisce poi che al di la della posizione prevalente nel Pd, c'è «il massimo rispetto» delle posizioni differenti.

«Noi in questi mesi abbiamo fatto una lunga discussione sul testamento biologico e partendo da posizioni diverse, grazie ad un lavoro positivo, siamo arrivati ad una posizione largamente prevalente che ci vede uniti su 14 punti su 15. Questa posizione prevalente è stata tradotta in un emendamento che è stato firmato - conclude -da otto senatori su dieci» facenti parte della commissione Sanità a Palazzo Madama.

Il neo segretario invita infine i giornalisti «a smetterla di leggere di fronte a ogni dichiarazione su un tema così delicato e su cui uno risponde alla propria coscienza chissà quale manovra politica, non è corretto né onesto». Il segretario parla in particolare delle posizioni espresse da Francesco Rutelli sul tema dell'alimentazione e idratazione artificiale. «Ho letto sulla cronaca le posizioni che ha assunto Francesco Rutelli - dice- non fa parte della commissione ma ha espresso alcune sue posizioni che vanno assolutamente fino in fondo rispettate perché hanno totale legittimità».

Ma pochi minuti dopo l'intervento di Franceschini, arriva la netta presa di posizione dell'onorevole Paola Binetti: «Nel Pd c'è la tentazione di convertire la posizione prevalente nella posizione unica. Io sostengo che il più importante dei diritti umani è la vita, mentre c'è una posizione che marginalizza questo perché riesce a riportare come plausibile la legittimazione del suicidio assistito. Io voterò certamente a favore del testo di legge Calabrò sostenuto dal centrodestra».

Sul tema interviene anche Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd: «Su questo voglio essere chiara. Finché sarò presidente del gruppo garantirò sempre la dignità e la libertà di espressione delle posizioni anche diverse di tutti i senatori, come è normale che accada in un grande partito».  Ai giornalisti che gli chiedono delle divisioni interne, Finocchiaro replica così: «Se qualcuno cominciasse a occuparsi delle divisioni del centrodestra forse sarebbe più interessante che occuparsi invece delle divisioni chirurgiche del centrosinistra».

24 febbraio 2009
da unita.it
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« Risposta #20 inserito:: Febbraio 25, 2009, 05:42:07 pm »

22 Febbraio 2009

Bindi: sarà un leader di garanzia, finito il finto unanimismo

da Il Messaggero

Rosy Bindi il 14 ottobre si candidò, non da sola, contro Veltroní. Ora ha detto sì a Franceschini.

E spiega perché:
«Io non sono entrata in maggioranza. La mia adesione all'elezione di Dario è esattamente il contrario: è la fine della maggioranza del 14 ottobre. Il mio giudizio su come si è svolta l'assemblea è positivo. Finalmente si è discusso serenamente, si è votato... Le altre volte era liturgia, stavolta è stato un momento di confronto vero. Adesso credo che ci sia bisogno di spiegare ai nostri militanti, alla nostra gente, il perché di questa scelta. Non una decisione delle oligarchie, bensì una scelta di responsabilità in un momento difficile, un segretario di garanzia per il congresso».

da www.democraticidavvero.it
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« Risposta #21 inserito:: Febbraio 25, 2009, 11:23:40 pm »

«Un Pd così può andare avanti ma non si può andare avanti così»

Da Testaccio a Trastevere, viaggio nelle sezioni dove il popolo dei democratici sbanda ma non molla


 di Mario Ajello



ROMA (25 febbraio) - «Un partito così può andare avanti, ma un partito non può andare avanti così». Chi lo dice? E’ una battuta di Alberto Bitonti, trent’anni, iscritto alla sezione Trastevere del Pd. Chi lo pensa? Lui. Tutti. Il popolo democrat. La mitica base, anzi la «bbase!». Che sbanda ma non molla. Crede nel progetto ma non sopporta più..... Personalismi, correntismi, ansie di visibilità, lobby, bilancini, equilibrismi, i dalemiani e i veltroniani che si scannano per il comando del partito a Roma, gli ex Ds che fanno gli ex Ds e gli ex Margherita che fanno gli ex Margherita. E l’amalgama? «Fra noi militanti è ben riuscito, sono i vertici che non ce la fanno», incalza Alberto. Ed è come un coro, questo, che rimbalza da sezione a sezione.

C’è chi si scoraggia. Ma sono pochi. «Stamo a ffa’ la fine der socio!», sbotta la signora Fiorella, 63 anni e militante a sinistra da quando ne aveva 14, una vita trascorsa nella Cgil e nella sede di Testaccio. Franceschini non va bene? «Ci vuole uno con le p...», dice lei. Corregge il coordinatore di questo circolo di via Zabaglia, Pino Doria, 41 anni: «Ho incontrato Franceschini alla manifestazione del Circo Massimo e gli ho detto: un giorno sarai segretario. E lui, sorridendo, con la mano ha fatto il segno di okkey. Quindi, almeno una palla ce l’ha: la palla di vetro!».

Di là dal fiume, ecco la sede di Trastevere, sormontata dalla scritta «Fare rete». «Rutelli?». Dica, dica. «I nuovi attacchi di Rutelli al partito?». Sì, sì, proprio quelli. Il cronista si eccita per l’ennesima polemica interna nel Pd, ma poveretto viene fulminato. «Secondo lei, per me, per noi, è più importante una dichiarazione di Rutelli o la notizia di quella signora di sessant’anni che s’è appena data fuoco perchè le hanno tolto la casa?», s’infervora - e probabilmente ha ragione lei - una graziosa e attivissima trentenne del circolo Trastevere, Iside Castagnoli. Incalza: «Franceschini sì, Franceschini no... Sono discussioni improduttive. Noi dobbiamo costruire un partito, o almeno rimetterlo in pista, e possiamo perdere tempo a inseguire la polemica dell’uno o dell’altro, la vanità di questo o di quello? Pancia a terra, e lavorare!».

Visto dal basso, il Pd all’ultima spiaggia («Ma noi non molleremo!», è il grido dei circoli) somiglia a quella satira che a un certo punto vergò in versi Maurizio Ferrara, papà di Giulianone e nascosto dietro il nomignolo di Anonimo Romano, sul Pci: «Ma che dichi? Er partito è ’mborghesito, sbarella, è loffio, imburogratizzato?». Riecco la Fiorella del Testaccio, Pasionaria tutta d’un pezzo: «Rutelli? Ma se ne vada. Non ci serve un nuovo Mastella!». Perchè anche Mastella, quando cominciò a smarcarsi dalla maggioranza prodiana, lo faceva invocando «pari dignità». Parlava come ieri ha parlato «Franciasco». A mezzo metro da Fiorella, nella sezione, c’è una bacheca con dentro i libri di Marx, di Lenin, di Rosa Luxemburg, di Giorgio Amendola. Fino al volume scritto da Achille Occhetto con Teresa Bartoli, «Il sentimento e la ragione». «Pensi che Occhetto, me lo ricordo io, benissimo, a piazza San Giovanni, nel ’94 - dice Corrado Campioni, iscritto dal ’48 al Pci e ora al Pd, definendosi un «manovale della politica» - il quale attaccava e riteneva pericoloso più un democristiano perbene e di sinistra come

Martinazzoli piuttosto che Berlusconi. Quanti errori abbiamo fatto. Compreso quello di sottovalutare Berlusconi. Quello mena. E mica è un impolitico. Ad avercene di leader così». Franceschini, no? «Va bene. E’ un ragazzo che ci sa fare. E guai ad abbattersi. In politica bisogna resistere. Sennò che cosa avremmo dovuto fare, noi, dopo la batosta del 18 aprile del ’48, chiuderci in casa o farci tutti preti? Ricordo la rabbia, il giorno dopo della botta, qui dietro, vicino alla chiesa del Testaccio. Tanti compagni che sacramentavano contro Togliatti: ah, ha dato il voto alle donne e le suore ne hanno approfittato per votare in massa Scudo Crociato. Ah, ha accettato l’articolo settimo sul Concordato piegandosi al Vaticano. Molti compagni, al Migliore, l’avrebbero impiccato. Altro che Walter! Questa è una delle tante crisi, e siamo pronti a ripartire». E allora, eccola, negli occhi azzurri di questo anziano lucidissimo, la sinistra ottimista di cui parlava e in cui credeva Vittorio Foa: «Paiono traversie e si rivelano opportunità», era il suo motto.

Arriva in serata il senatore democrat, Enrico Morando, al circolo di Trastevere. Lo aspettano in tanti, ieri, quasi all’ora di cena. E la coordinatrice della sezione, sprona la platea che comunque non appare abbattuta: «Dobbiamo essere ottimisti, più fiduciosi e meno criticoni». Parola d’ordine condivisa al Testaccio. Dove il circolo - le cui iscrizioni sono ancora aperte e si è a quota duecento, mentre furono duemila gli aderenti alle primarie - per radicarsi profondamente dentro la realtà del territorio, e nei problemi di chi ci vive, s’è trasformato anche un po’, sull’esempio del vecchio Pci o della nuova Lega, in un centro di servizi e in uno ”sportello” per i cittadini. Bolletta troppo cara? Dillo al Pd. Sfratto? Dillo al Pd. Sei caduto in una buca stradale e il municipio se ne infischia e sostiene che è colpa tua? Dillo al Pd.

«Siamo sette avvocati - racconta Andreo Bonuomo, trent’anni - che cerchiamo di risolvere i problemi che le persone, anche elettori del Pdl, ci vengono a porre. Noi proviamo a accorciare la distanza fra cittadini e istituzioni. Anche questo è Pd, questo è un bel Pd!».

Quanto al resto, niente tragedie e lo sforzo di prenderla con filosofia: perchè ogni uomo o corpo politico incontra la sua Waterloo (o Walterlooo). Ma non è detto che sia la fine.
 
da ilmessaggero.it
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« Risposta #22 inserito:: Febbraio 26, 2009, 03:28:01 pm »

Pd, la pax di Dario: basta liti interne e tutto il potere alla periferia

Oggi la prima riunione della nuova segreteria

Franceschini: «Faremo opposizione dura»

 
 
 di Nino Bertoloni Meli


ROMA (26 febbraio) - ”Qui si lavora, non si litiga” potrebbe essere il motto del Pd gestione Franceschini. Il patto non scritto ma già visibilmente operante stretto fra tutti i big e tutte le anime del partito, è che a Dario il traghettatore va assicurata tranquillità di conduzione, «altrimenti cadiamo tutti nel baratro», chiosa Sergio Chiamparino assurto ai vertici del partito. Tanta attenzione a evitare polemiche e altrettanta a preparare ben bene le elezioni europee e amministrative dalle quali si capirà se questo Pd post veltroniano ha ancora spazio e futuro o se, causa mancato amalgama e altro, l’esperienza va archiviata. Le scelte finora fatte da Franceschini rispondono molto a questo schema da pax interna: basta liti, guardare fuori, alla società. E preparare la campagna elettorale più importante per la vita seppur breve del Pd.

Come ha tradotto tutto questo il nuovo segretario nelle sue prime mosse? Inventando uno schema organizzativo assolutamente inedito: tutto il potere alla periferia, nel nuovo vertice non c’è nessun romano né alcun dirigente formatosi politicamente nella Capitale, il più vicino è di Rieti periferia laziale, tutti gli altri vengono dai quattro punti cardinali. Una differenza enorme rispetto al vertice veltroniano, un vero e proprio capovolgimento: con Walter c’erano il romanissimo Bettini, il romano d’alto lignaggio Gentiloni, e poi Fioroni viterbese ma formatosi nei palazzi capitolini e Verini che quegli stessi palazzi ha frequentato e ”occupato” ai tempi del Campidoglio, l’unico ”esterno” era il trentino Tonini. Un vertice, quello veltroniano, impregnato come tanti altri delle storie, dei passi, dei passaggi, delle polemiche, delle divisioni, dei retaggi del passato. Tutto questo la ”pax democrat” non lo contempla più almeno da qui a giugno.

Come fare per evitare di ricadere nelle diatribe interne? Semplice, con una mossa del cavallo che raggiunge il duplice scopo: promuovere dirigenti importanti sì ma periferici da un lato, in modo che, dall’altro, le polemiche e le divisioni di prima non si ripresentino a far bella mostra di sé in un partito impegnato alle elezioni per la sopravvivenza.

Il ”chi è” della nuova segreteria franceschiniana sta lì a dimostrarlo. Accanto ai già noti Vasco Errani, governatore dell’Emilia, e Sergio Chiamparino sindaco di Torino, nonché Maurizio Migliavacca emiliano pure lui ed ex uomo macchina di Piero Fassino ai tempi dei Ds, tutti gli altri sono meno noti e provengono tutti dalla periferia.
Ci sono il reatino Fabio Melilli, grande amico di Franco Marini e ”indicato” da Fioroni; il milanese di belle speranze Maurizio Martina, segretario della Lombardia, ex Ds; Elisa Meloni segretaria provinciale del Pd senese, di provenienza diessina anche lei; Federica Mogherini, neo deputata e fassiniana; c’è infine quel Giuseppe Lupo che ha destato le maggiori attenzioni perché, diciamo, non proprio da copertina dei magazine: è stato segnalato da Sergio D’Antoni visto che Lupo proviene dalla Cisl palermitana, ha fatto sempre il sindacalista, è entrato in politica l’anno scorso direttamente con il Pd che lo ha eletto all’assemblea regionale siciliana, ha 42 anni e quando l’altra sera è stato chiamato da Franceschini ha faticato a capacitarsi. «Io Dario l’avevo visto finora solo due volte, a un convegno di ”Quarta fase” ad Assisi e sabato scorso all’assemblea», ha confessato a chi gli ha parlato.

Le proporzioni nella nuova segreteria sono un/terzo-due/terzi: su nove, segretario compreso, tre sono di provenienza ex Margherita e sei ex diessina. Per non trasformarsi in segreteria telefonica non faranno riunioni via cavo, si vedranno una volta alla settimana a Roma. Lo stesso avverrà con i segretari regionali che ieri hanno eletto il proprio coordinatore nella persona di Andrea Manciulli, capo del Pd toscano in quota ex ds, che entra pure in segreteria (la prima riunione è prevista per oggi).

I primi passi di Franceschini sono all’insegna del gran lavoro interno e poca esposizione esterna. «Mancano 99 giorni alle Europee», ha ricordato davanti ai segretari locali come se sfogliasse il calendario, e ha spronato al lavoro in loco, «dobbiamo riprenderci i voti in periferia». Il prossimo appuntamento importante sarà l’assemblea dei circoli fissata al 21 marzo che segnerà l’inizio ufficiale della campagna elettorale. In questo contesto, l’assemblea programmatica è destinata a trasformarsi in una kermesse pre elettorale e non più in quell’appuntamento da resa dei conti che era diventata in corso d’opera. In serata, davanti ai parlamentari, il nuovo segretario si è calato nella politica politica e ha annunciato: «Faremo opposizione dura». 

da ilmessaggero.it
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« Risposta #23 inserito:: Febbraio 27, 2009, 12:08:33 am »

Franceschini riparte dal Nord: «I territori sono la nostra forza. Domani a Malpensa»


Trovare alcune «idee forza per i prossimi 100» giorni, quelli che mancano alle elezioni europee e amministrative. È quanto ha chiesto il segretario del Pd, Dario Franceschini, agli otto componenti della nuova segreteria del Partito, riunitasi per la prima volta.

Nell'incontro Franceschini ha ricordato l'esiguità dei tempi che intercorrono da oggi alle europee, e la necessità di presentarsi davanti agli elettori con alcune «idee forza». La cosa principale, però, rimane lo spirito che ha  animato l'Assemblea nazionale di sabato che ha eletto Franceschini, e il
mandato dato da essa ai nuovi dirigenti: quello di lavorare insieme «come squadra» senza più «divisioni laceranti».

Parole che sono state condivise da tutti gli interventi. «Dall'esperienza della segreteria di Veltroni - ha commentato all'uscita Sergio Chiamparino - abbiamo imparato dove abbiamo sbagliato: abbiamo prolungato la sindrome del governo Prodi, e su ogni questione ci sono state sempre posizioni divergenti, mentre ora dobbiamo avere una posizione netta e chiara».

A quanto hanno riferito alcuni partecipanti alla riunione, nel giro di tavolo è emerso come centrale il tema della crisi economica e del lavoro, che sarà dunque anche al centro delle iniziative del Pd, a partire dall'Assemblea dei Circoli del Pd il 21 marzo. «Lì - ha detto Franceschini - dobbiamo parlare non a noi stessi ma dei problemi degli italiani».

In questo ambito è emerso anche il tema della difficoltà che attraversa il Sud, specie dopo i pesanti tagli del governo ai fondi Fas e agli altri capitoli che riguardano il Mezzogiorno. è stata anche ipotizzata una specifica iniziativa su questo tema. Prossimo appuntamento mercoledì prossimo, quando la segreteria si riunirà insieme ai 20 segretari regionali per tradurre queste idee forza in un programma ben preciso, all'ordine del girono anche i criteri per comporre le liste elettorali per le europee e le amministrative.

Intanto comincia dal nord il cammino di Franceschini, neo segretario del Pd: domani a Malpensa per una manifestazione con i lavoratori dello scalo, poi a Varese per una manifestazione di piazza.

 Presentata anche  la "squadra", versione ristretta e "tematica" del governo ombra di Veltroni: Pierluigi Bersani all'economia, Piero Fassino agli esteri, Beppe Fioroni all'educazione, Linda Lanzillotta alla pubblica amministrazione, Enrico Letta al welfare, Giovanna Melandri alla cultura, Marco Minniti alla sicurezza, Margherita Miotto alle politiche regionali, Colomba Mongiello all'agricoltura, Roberta Pinotti alla difesa, Ermete Realacci all'ambiente, Lanfranco Tenaglia alla giustizia. Questa la squadra di governo del Pd: «Dodici responsabili delle aree tematiche invece dei 25 ministri e viceministri del governo ombra. Abbiamo dimezzato le figure scegliendo sulla base dell'esperienza, dell'autorevolezza, del lavoro parlamentare», dice Franceschini presentando la sua squadra.

Ma il Pd riparte anche dai luoghi, lì dove deve mettere radici: «I segretari regionali – spiega Franceschini – avranno un ruolo centrale nella guida del partito, i territori sono la nostra forza». È proprio a loro che il neo segretario ha chiesto di dare al più presto le indicazioni sui capilista alle europee.

Nell'incontro con gli otto membri della segreteria Franceschini ha poi ribadito anche come centrale il tema della crisi economica e del lavoro, che sarà dunque al centro delle iniziative del Pd, a partire dall'Assemblea dei Circoli del Pd il 21 marzo. «Lì - ha detto Franceschini - dobbiamo parlare non a noi stessi ma dei problemi degli italiani».

In questo ambito è emerso anche il tema della difficoltà che attraversa il Sud, specie dopo i pesanti tagli del governo ai fondi Fas e agli altri capitoli che riguardano il Mezzogiorno. è stata anche ipotizzata una specifica iniziativa su questo tema. Prossimo appuntamento mercoledì prossimo, quando la segreteria si riunirà insieme ai 20 segretari regionali per tradurre queste idee forza in un programma ben preciso, all'ordine del girono anche i criteri per comporre le liste elettorali per le europee e le amministrative.

Quanto all'opposizione, Franceschini ha già dettato la linea: alla Pdl, ha detto ieri sera ai parlamentari, non vanno fatti sconti. A cominciare dal testamento biologico: è il momento di affondare, ora che anche la maggioranza si sta spaccando.

Franceschini ha spiegato di aver chiarito le divergenze con il senatore Umberto Veronesi, che mercoledì aveva definito gli emendamenti dei democratici alla legge sul fine-vita «una resa»: «Veronesi mi ha spiegato il contenuto della sua posizione – ha detto Franceschini dopo averlo incontrato – e mi ha detto di essere rimasto stupito della lettura che è stata data della sua lettera che sarebbe contraria alla libertà di decisione dei singoli parlamentari. Su questi temi così delicati – ha aggiunto il segretario – va rispettata la coscienza di ognuno, del laico e del cattolico».

In ogni caso, «non bisogna accentuare le divisioni e le tensioni interne:  tutti - conclude Franceschini - mi hanno chiesto di accantonare le divisioni. Adesso dobbiamo metterci al lavoro a testa bassa, come una squadra».

26 febbraio 2009

DA UNITA.IT
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« Risposta #24 inserito:: Febbraio 27, 2009, 11:54:18 pm »

Il leader Pd a Varese

Franceschini: «Malpensa simbolo del tradimento di Bossi e Berlusconi»

E sulle ronde annuncia battaglia durissima in Parlamento.

Oltre a proporre l'indennità di disoccupazione per tutti
 

MALPENSA - «L'aeroporto di Malpensa è il simbolo del tradimento di Bossi e di Berlusconi». Lo ha affermato il segretario del partito Democratico, Dario Franceschini, che ha incontrato i lavoratori dell'aeroporto in cassa integrazione e che rischiano il posto di lavoro. «Io - ha detto Franceschini - sono un uomo del nord come Bossi e Berlusconi e sento di poter denunciare il loro tradimento nei confronti del nord. Dovrebbero chiedere scusa alle persone a cui hanno raccontato di fare delle cose e poi, tragicamente, non ne hanno fatta nessuna».

CONTRO LE RONDE - Sulle ronde il segretario del Pd ha detto che «la battaglia parlamentare sarà fermissima e durissima». «Hanno inventato questa cosa assurda delle ronde - ha detto Franceschini - L'idea di affidare la sicurezza a privati cittadini è fuori da ogni democrazia. Per questo la battaglia parlamentare sarà fermissima e durissima».

INDENNITA' PER TUTTI - E sulla crisi Franceschini ha poi aggiunto che «il dovere della politica è di occuparsi di coloro che non ce la fanno da soli. Serve subito l'indennità di disoccupazione per tutti». E' necessario «alzare la voce e che non è in contrasto con l'azione di un partito riformista». «Dobbiamo far sentire - ha aggiunto - la nostra voce a tutti i livelli. Dobbiamo far vedere ciò che Berlusconi vuole nascondere».


27 febbraio 2009
da corriere.it
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« Risposta #25 inserito:: Febbraio 28, 2009, 10:19:07 am »

Pd, Franceschini lancia patto con il Nord

D'Alema: no nuovismo partito-palafitta
 
 
ROMA (27 febbraio) - Dario Franceschini sceglie Varese, città simbolo della Lega, per la prima uscita pubblica dopo la sua elezione per lanciare un patto con i cittadini del Nord.

«Saremo - ha detto il segretario del Pd accusando il governo di aver tradito il Nord - al fianco delle persone che qui vivono. Vogliamo fare un patto per stare accanto a chi si batte per la sicurezza, per le infrastrutture, per la difesa delle piccole e medie imprese, dei lavoratori che rischiano di perdere il posto e del federalismo fiscale, purché sia equo e solidale».

Nel primo pomeriggio, a Malpensa Franceschini aveva incontrato i lavoratori dell'aeroporto e aveva attaccato il governo: «Malpensa è il simbolo del tradimento del nord da parte di Bossi e di Berlusconi». Come già sottolineato all'assemblea che ha segnato la sua elezione alla guida del Pd, Franceschini non ha rinnegato nulla della segreteria di Veltroni: «I suoi errori sono i miei. Mi assumo tutte le responsabilità». E ha sollecitato il partito a una maggiore unità e apertura verso chi non viene dai Ds o dalla Margherita. Soprattutto ha invitato ad evitare litigi in pubblico, a risolvere le controversie all'interno e a sostenere all'esterno la causa comune.

Duro è stato poi l'attacco alle ronde: «La battaglia parlamentare sarà fermissima e durissima. Hanno inventato questa cosa assurda delle ronde. L'idea di affidare la sicurezza a privati cittadini è fuori da ogni democrazia». Però non ha sottovalutato il tema della sicurezza che, ha sottolineato, «colpisce le fasce più deboli, le periferie urbane, le aree del disagio». Non c'è nulla di più offensivo, ha spiegato, che parlare di microcriminalità quando un anziano, per esempio, viene scippato della pensione. «Il governo - ha detto - maschera la realtà attraverso il messaggio televisivo.  Berlusconi ha parlato di 30 mila militari per le strade. Chi li ha visti? La verità è che hanno tagliato i fondi per le forze dell'ordine».

D'Alema. Il progetto del Pd «rimane un grande progetto, anche se è partito con fatica». Purché, dice Massimo D'Alema «sia nutrito, abbia una cultura, metta radici nella società italiana». Non sia il parto di «un "nuovismo" spiantato, o come diceva Gramsci, una costruzione su palafitta». Il presidente della Fondazione Italianieuropei cerca di evitare le domande dei giornalisti sullo stato del Pd («sta facendo ottimamente il suo lavoro»). Poi però, in un teatro pieno di gente, parla di Obama, della sinistra europea che dovrebbe imparare dal presidente Usa («Berlusconi dice che sono due uomini del fare. Certo fanno cose assai diverse») e soprattutto del Pd.

Nessun nome, molti riferimenti chiarissimi: «Questo Paese ha bisogno del Pd, che non può avere pretese di autosufficienza, ma vuole essere la guida di una coalizione riformista». Il progetto, «state tranquilli, non è affatto caduto. Nessuno pensa di rifondare un partitino cattolico democratico, né un partito socialista. Queste - ha sentenziato D'Alema - sono le sciocchezze che si leggono sui giornali. Leggete di meno i giornali, meglio leggere libri...come dico sempre». Ciononostante, non si può non capire che «una grande forza riformista deve saper guardare al passato e vedere ciò che è vivo e ciò che è morto. Non si può pensare di fare punto e a capo, perché punto e a capo non funziona».

Certo, ha riconosciuto D'Alema, «internet è importante, le primarie lo sono», ma c'è il rishcio di cadere nella trappola della «primarizzazione, che comporta grandi rischi: quello che non sia neppure più necessario iscriversi al partito, che si aprano comitati elettorali e si raccolgano fondi pure per eleggere un segretario di sezione, o si facciano primarie con dieci candidati sindaci, con il pericolo di trovarsi un vincitore con solo il 25% dei consensi».
 
Per D'Alema quindi è indispensabile «mantenere un rapporto fisico con il Paese, che ha bisogno di una grande forza riformista, in grado di affrontare la crisi e costruire un progetto di lungo periodo per un mondo che fra due anni sarà profondamente cambiato». Obama l'ha capito e ha fatto scelte realmente «di sinistra», come l'aumento delle tasse per i ricchi e l'assistenza sanitaria pubblica per i non abbienti.

da ilmessaggero.it
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« Risposta #26 inserito:: Marzo 03, 2009, 05:16:49 pm »

3/3/2009 (7:22) - RETROSCENA

La lobby ultraleggera di Dario il pragmatico
 
Dario Franceschini leader del Pd
 
Forte nel Palazzo e nella Rai, debole con Finanza e Vaticano

FABIO MARTINI
ROMA


Walter Veltroni si era olimpicamente congedato 24 ore prima, ma senza confidare a nessuno il suo ultimo cadeau. Quel mercoledì 18 febbraio l’unico che sapeva era Dario Franceschini e toccò a lui annunciare, in una riunione a porte chiuse, le designazioni del Pd per il Cda Rai. Accanto a Nino Rizzo Nervo, spuntò a sorpresa il nome di Giorgio Van Straten (già presidente dell’Agis e del Maggio Musicale), ma anche grande amico (e compagno di vacanze) di Walter Veltroni. Un’indicazione dell’ultima ora che accese la rabbia dei commissari e a quel punto al vicesegretario Franceschini non restò che dire come stavano le cose: «Scusate, ma è l’ultima richiesta fatta da Walter...». C’era del preveggente in quella rivelazione. Nei suoi primi dieci giorni da segretario, Dario Franceschini ha fatto capire subito di voler esercitare appieno il suo potere: i veltroniani doc non sono stati rimossi, ma ricollocati in posizioni più appartate; gli uomini del segretario stanno entrando nelle posizioni-chiave; il nuovo leader prova a dettare l’agenda al governo con proposte, come l’assegno ai disoccupati, che fanno discutere tutti, maggioranza e opposizioni.

Una presa del potere condotta da Franceschini con quel mix di identitario e di moderno, con quell’impasto di cattolicesimo-democratico e di pragmatismo che è la cifra più originale del nuovo segretario del Pd. L’altra sera, da Fabio Fazio, è arrivato a dire: «Non mi considero un leader, sono uno che ha un compito di servizio». Lessico che più democristiano non si potrebbe, un modo antico per avvicinarsi al prossimo scenario: prima o poi il partito democratico dovrà fare un congresso nel quale eleggerà di nuovo il proprio leader. In vista di quell’appuntamento Franceschini si sta organizzando. Partendo dal gruppetto di amici che da anni lo seguono di partito in partito, (la Dc, il Ppi, la Margherita, il Pd) senza mai smarrire la solidarietà strettissima tra di loro. Una squadra stretta, formata da quattro quarantenni: l’ex direttore del Popolo Francesco Saverio Garofani, l’ex sindaco di Belluno Gianclaudio Bressa, il futuro capo della segretaria Antonello Giacomelli e il portavoce Piero Martino, 45 anni, un passato da redattore-capo al “Popolo”, mezza vita trascorsa nel Palazzo, da quando era capo-ufficio stampa al Ppi con Franco Marini. Romano, pragmatico, rapporti con direttori e cronisti, Martino è una figura chiave nella fortuna di Franceschini, che nel suo primo discorso da leader del Pd ad un certo punto è arrivato a dire: «Con gran parte dei giornalisti sono amico personale da anni». Un riconoscimento a «gran parte» degli abitanti del Transatlantico che lo hanno aiutato nella sua escalation, ma anche un implicito richiamo ad uno dei suoi deficit.

A differenza di tutti i suoi predecessori (Veltroni, Fassino, Rutelli, per non parlare di Prodi), Franceschini ha un cursus honorum ricco di vita parlamentare e di partito ma privo di esperienze da amministratore, a parte brevissime parentesi. Lo stesso imprinting dei suoi amici. Come Garofani: prototipo del cattolico-democratico serio e serioso, all’appartato ex direttore del “Popolo” toccherà il compito di primo consigliere politico di Franceschini, mentre Antonello Giacomelli, 47 anni, sindaco mancato di Prato, già direttore della tv “Canale 10”, dovrebbe diventare il “Gianni Letta” del Pd. Il permaloso Giacomelli - uno da “con me o contro di me” - sarà in grado di svolgere le delicate trame fino a pochi giorni fa ordite da Goffredo Bettini? Per ora della diplomazia segreta si è occupato direttamente Franceschini, è lui che sta trattando con Gianni Letta la partita Rai. Una vita trascorsa senza esperienze fuori del Palazzo ha determinato in Franceschini un vuoto di rapporti nel mondo imprenditoriale e finanziario. Se si escludono gli inviti (da due anni a questa parte) nel salotto romano dell’ingegner Carlo De Benedetti e un rapporto con un banchiere come Giovanni Bazoli, in questo mondo la rete del nuovo leader Pd è tutta da costruire.

E curiosamente nel “mondo di Dario”, cattolico praticante, c’è un vuoto anche dalle parti del Vaticano e della Cei. La giovinezza trascorsa da Franceschini nel Giovanile della Dc anziché nell’associazionismo (scuola di formazione degli attuali vescovi) non ha certo favorito la conoscenza personale con gran parte delle gerarchie, se si esclude un buon rapporto col vescovo di Terni Vincenzo Paglia, padre spirituale della Comunità di Sant’Egidio. Agli anni del “giovanile Dc”, dietro l’icona Zaccagnini, risalgono le amicizie con alcuni giornalisti della Rai (David Sassoli, Giorgio Balzoni), azienda-chiave dell’informazione, nella quale Franceschini punta ad avere la direzione del Tg3 o di RaiTre, con la conferma di un personaggio che viene dalla sua stessa cultura: Paolo Ruffini. Nel “mondo di Dario” dunque c’è molto partito e rapporti radi con la società civile. Sostiene Chiara Geloni, vicedirettrice di “Europa”, oramai diventato l’unico giornale del Pd: «Quello raccolto attorno a Franceschini non è né uno staff né una corrente, ma una cosa più leggera» e un vecchio saggio come Pierluigi Castagnetti aggiunge: «Il fatto che Dario non abbia rapporti personali impegnativi con nessuna lobby, interna od esterna al partito, è destinata a diventare una grande forza».

da lastampa.it
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« Risposta #27 inserito:: Marzo 13, 2009, 11:27:12 pm »

Franceschini detta l'agenda al governo.

Il Pd scopre di avere un nuovo leader

Venerdí 13.03.2009 17:30



Franceschini e Francescani. Dario ha deciso; la risalita del Pd nasce dalle sue radici; occuparci delle disuguaglianze più clamorose presenti nella nostra società, utilizzando i principi della cultura della solidarietà. Dario ha deciso e l’aula, Giovedì 12 marzo 2009, quando Dario presenta il suo piano, gli dedica l’attenzione dovuta ad un leader; che trova le parole giuste, il tono giusto, gli obiettivi giusti. L’Aula è silente, concentrata, forse la destra percepisce per la prima volta, non l’uso occasionale di argomenti buoni solo per la propaganda, ma la scelta razionale di occuparsi delle questioni che magari stanno sfuggendo di mano ai partiti della destra.

Non è un caso che Bossi, sia sulla proposta di assegno di disoccupazione, che sulla proposta di tassazione una tantum dei redditi superiori a 120.000 euro, abbia espresso un parere favorevole. Bossi è un animale politico, ascolta il suo popolo, percepisce disagio e scontento, e capisce che la crisi è più grave di tutto quello che ci eravamo immaginati, e che anche nelle valli bergamasche e varesotte, o trevigiane e astigiane, non si può campare solo di pane e federalismo, che comunque per funzionare avrà bisogno di qualche anno se tutto va bene.

da affaritaliani.it
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« Risposta #28 inserito:: Marzo 13, 2009, 11:28:30 pm »

Patto Franceschini-Bossi/ Il Pd si astiene sul federalismo fiscale

Venerdí 13.03.2009 16:52


Il lavoro certosino di Roberto Calderoli su input di Umberto Bossi ha funzionato. Alla Camera, in Commissione, sono stati apportate diverse modifiche al provvedimento sul federalismo fiscale ritenute "soddisfacenti" dal Partito Democratico. Ed è così che a Montecitorio, come è già avvenuto al Senato - secondo quanto Affaritaliani.it è in grado di anticipare -, la principale forza di opposizione si asterrà. Un risultato ritenuto fondamentale per la Lega Nord e il Senatùr, che fin dall'avvio della legislatura ha puntato tutto sul dialogo con il Pd. L'esperienza della devolution è ancora dolorosa per il Carroccio. Via libera a maggioranza in Parlamento e poi bocciatura sonora da parte del popolo al referendum confermativo. Ed è proprio per questo che il ministro delle Riforme ha insistito per ottenere l'astensione dei Democratici.

L'obiettivo è quello di portare a casa una svolta federale (almeno dal punto di vista fiscale) inattaccabile, ovvero sulla quale non ci sarà alcun referendum abrogativo e nessun rischio di cancellazione prima ancora che i decreti attuativi entrino in vigore (18 mesi). I segnali lanciati dal Senatùr a Franceschini sono stati diversi, l'ultimo in ordine di tempo l'apertura sulla proposta di tassare i "ricchi" per dare un contributo di solidarietà alle fasce maggiormente colpite dalla crisi economica. Una strategia chiara, che ha portato il Carroccio a essere l'anima più morbida del Centrodestra, a differenza del premier e del Popolo della Libertà, impegnati in uno scambio continuo di accuse con l'opposizione.

Il testo del federalismo fiscale sarà quindi approvato dall'aula di Montecitorio entro la fine del mese di marzo, ma dovrà tornare a Palazzo Madama viste le modifiche apportate per "accontentare" i Democratici. A questo punto il via libera definitivo ci sarà probabilmente a maggio. Tutto calcolato in Via Bellerio, per potersi giocare il risultato ottenuto, l'ok al federalismo, in piena campagna elettorale per le Europee e le Amministrative.


FEDERALISMO/ PD: ORA LA MAGGIORANZA ACCOLGA LE NOSTRE PROPOSTE

"Il confronto nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera ha permesso di migliorare in punti non secondari il testo sul federalismo fiscale. Il ddl approvato dal governo il 3 ottobre 2008 è ormai uno sbiadito ricordo". Lo affermano i capigruppo delle commissioni Finanze e Bilancio della Camera, Alberto Fluvi e Pier Paolo Baretta. "L'iniziativa del Pd, prima al Senato, poi nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, e dalla prossima settimana in Aula, sta permettendo - proseguono Fluvi e Baretta - di evidenziare come il federalismo fiscale, lungi dal rappresentare un confronto muscolare fra i territori sull'uso delle risorse, rappresenti un'opportunità per garantire a tutti i cittadini livelli adeguati di servizi. Continueremo ad incalzare nel merito governo e maggioranza per evitare che il federalismo fiscale si esaurisca in uno spot elettorale. Ora bisogna scongiurare il rischio che gli enti locali arrivino sfiniti all'appuntamento del federalismo a causa della mancanza di risorse dovute a tagli e politiche sbagliate del governo".

Secondo i due esponenti del Pd "l'approvazione della mozione del Pd sugli Enti locali, che propone fra l'altro, di garantire l'integrale copertura del minor gettito derivante dall'abolizione dell'Ici sulle abitazioni principali; iniziative per escludere dai saldi utili del patto di stabilità le spese per investimenti; incentivare l'utilizzo del patrimonio immobiliare per sostenere la spesa in conto capitale ed abbattere il debito, rappresenta - concludono Fluvi e Baretta - un primo banco di prova per misurare la reale volontà della maggioranza".


da affaritaliani.it
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« Risposta #29 inserito:: Marzo 22, 2009, 10:18:21 am »

21/3/2009 (11:29)

Crisi, Franceschini attacca il premier "Usa armi di distrazione di massa"
 
Il leader del Pd sul piano casa: «Chissà che storiella il premier avrà raccontato all'Unione europea»


ROMA

Il Pd è un «partito vero, di popolo». Dario Franceschini inizia così il suo intervento all’assemblea dei circoli del Pd. «Che belli che siete - esordisce il segretario rivolto alla platea - così i giornalisti che ci hanno raccontato in un certo modo vedranno cosa è il Pd. Siamo un partito vero, di popolo, un partito che ha una gran voglia di cambiare tutto. Abbiamo anche un compito straordinario, fare un partito dentro una crisi enorme, inaspettata, all’inizio di un secolo nuovo in cui sta cambiando tutto».

Solo nelle ultime settimane in Italia si è riusciti a parlare della crisi economica, per mesi il governo ha cercato di nasconderla usando «armi di distrazione di massa» e arrivando a «strumentalizzare addirittura il caso-Englaro» a questo scopo. Ha affermato il segretario del Pd Dario Franceschini. Il governo, sostiene, cerca di «nascondere la crisi, negarla, negarne l’esistenza, parlare d’altro. Finalmente in queste settimane siamo riusciti a parlare della crisi, c’era il tentativo di nasconderla parlando di tutto, addirittura con la strumentalizzazione del caso-Englaro... sono le armi di distrazione di massa messe in campo da Berlusconi».

E sul piano casa: «Sarei veramente curioso di vedere come Berlusconi ha raccontato in Europa il piano casa. Ci vorrebbe una webcam per vedere quale storiella, visto che ne racconta tante, ha raccontato questa volta il Cavaliere». Questo il commento ironico di Dario Franceschini sulle parole del premier Silvio Berlusconi che ha detto che l’Europa guarda al piano casa del governo italiano.

da lastampa.it
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