La lezione di Cucinelli ai futuri manager: la mia ricetta vincente? È quella dei benedettini
di Deborah Dirani
8 maggio 2013
Vedere negli occhi del proprio padre la sofferenza dell'umiliazione e, ancora ragazzini, promettere a se stessi che mai, mai più quei lampi umidi di dolore dignitoso si leggeranno negli occhi di un altro essere umano. La storia di Brunello Cucinelli, imprenditore del doppio filo di cashmere partito dall'Umbria alla conquista del mondo, inizia lì: dagli occhi del suo papà quando tornava dalla fabbrica dove aveva lavorato tutto il giorno: "Era stanco – ricorda Cucinelli – ma non si lamentava della fatica, soffriva però per le offese e le umiliazioni personali che subiva. E' stato in quel momento che ho capito che se mai avessi avuto un'azienda mia, nessun dipendente avrebbe dovuto patire quello che ha patito lui".
L'umanesimo di Cucinelli, puntellato su letture che vanno da Dostoevskji a Rousseau, fanno tappa nell'insegnamento di San Benedetto e si fondano su Aristotele e la sua etica, è l'esempio di quel capitalismo buono dimenticato, spesso, dalla globalizzazione selvaggia che ritiene possibile il profitto solo a scapito dell'uomo. "L'essere umano va trattato con dignità dal Bangladesh a Ravenna: in ogni parte del mondo l'uomo deve essere rispettato. Il mio sogno è sempre stato di rendere più umano possibile il lavoro dell'uomo e ho cercato di farlo seguendo una massima benedettina: sii rigoroso ma dolce, esigente ma abile". Il successo di Brunello Cucinelli è la prova che il rigore, non la rigidità, unito all'umanesimo sono le carte vincenti anche in un settore difficile come quello del tessile, dove lui opera. I numeri, del resto gli danno ragione, e contro quelli nemmeno il più sincero seguace di Antistene, può nulla. I breakdown ricavi degli ultimi anni parlano chiaro: nel 2010 sono di 203.599 (migliaia di euro), nel 2011 242.635 (migliaia di euro) e nel 2012, anno nero dell'economia globale, sono ancora saliti a quota 279.321 (migliaia di euro).
Cucinelli, a Bologna per partecipare al Mba lecture organizzato dalla Alma Graduate School, incontro moderato dal professor Massimo Bergami, risponde alla domanda che ogni giovane che si affaccia ad un colloquio di lavoro si pone: qual è la carta vincente per entrare in un'azienda, magari proprio la sua? «Io chiedo che scuola ha fatto, non mi interessa il voto, cerco di capire come immagina il mondo, che sogni ha, cosa vorrebbe dalla vita e soprattutto cerco di capire se è una persona per bene. Se lo è ecco, io lo scelgo».
E se si viene scelti da Brunello Cucinelli si entra a lavorare in un'azienda che conta 1020 dipendenti e 3000 collaboratori, in una struttura al cui interno ci sono due piccoli ristoranti (non mense aziendali), un parco dove trascorrere la pausa pranzo passeggiando e un capo che, tenendo comunque sotto controllo con un occhio i fatturati, con l'altro studia Marco Aurelio e cerca, per quanto umano, di migliorare quella fetta di mondo su cui può incidere.
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