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Autore Discussione: JASWANT SINGH - Cina-India, uguaglianza impossibile  (Letto 2780 volte)
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« inserito:: Novembre 03, 2011, 05:29:19 pm »

3/11/2011

Cina-India, uguaglianza impossibile

JASWANT SINGH*
NEW DELHI

Anche in un’era di notizie globali 24 ore su 24, ci sono eventi che salgono alla ribalta ben dopo il fatto. Qualcosa del genere è accaduto alcuni mesi fa nel Mar Cinese Meridionale e può diventare il modello per le relazioni future tra i due Paesi più popolosi del mondo, la Cina e l’India, da sviluppare negli anni a venire.

Di ritorno, a fine luglio, da una visita di cortesia in Vietnam in acque riconosciute come internazionali, una nave della Marina indiana è stata «avvisata» via radio e consigliata di «abbandonare» il Mar Cinese Meridionale. Anche se gli incidenti navali tra la Cina e i Paesi più vicini - in particolare Vietnam, Giappone e Filippine - non sono insoliti, questo è il primo a coinvolgere l’India.

Perché la Cina ha tentato di interferire con una nave che si trovava in mare aperto? E’ stato «solo» un altro episodio delle ingiustificate pretese di sovranità della Cina su tutto il Mar Cinese Meridionale, o nasconde qualcosa di più malevolo?

Al ministero degli Esteri cinese, un portavoce ha spiegato: «Contrastiamo qualsiasi Paese che ingaggi attività di ricerca di petrolio e gas e sviluppi attività nelle acque sotto la giurisdizione della Cina». Poi, per inciso, ha aggiunto: «Speriamo che i Paesi fuori della regione rispettino e sostengano i Paesi dell’area "nei loro sforzi" per risolvere le controversie attraverso canali bilaterali».

Il governo indiano ha ribattuto prontamente: «La nostra cooperazione con il Vietnam o con qualsiasi altro Paese avviene sempre secondo le leggi, le norme e le convenzioni internazionali», rilevando che la «cooperazione con il Vietnam in materia di energia è molto importante». In effetti le aziende indiane hanno già investito molto lì, e stanno cercando di ampliare le loro attività.

Sebbene le dichiarazioni dell’India siano abbastanza esplicite, i dubbi restano. La disputa tra i due Paesi verte solo su chi svilupperà le intatte risorse energetiche del Mar Cinese Meridionale, o abbiamo a che fare con l’inizio di un confronto per le sfere d’influenza?

Per trovare una risposta è necessario confrontarsi con le norme di civiltà, che si riflettono nei giochi intellettuali che le due nazioni prediligono. L’India ha tradizionalmente coltivato il gioco del «chaupad» (quattro i lati), o lo «shatranj» (scacchi), che si basano sul confronto, la conquista e il soggiogamento. La Cina, d’altra parte, ha il «qui wei» (conosciuto in Giappone come «go»), che si impernia sull’accerchiamento strategico. Come consigliò Sun Tzu molti secoli fa, «eccellenza ultima non sta nel vincere ogni battaglia ma nello sconfiggere il nemico senza mai combattere».

Un recente documento del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sull’«Evoluzione della Cina in tema di forze armate e sicurezza - 2011», sostiene che «la politica cinese “del mare di casa” ha preoccupato seriamente non solo l’India, ma anche il Giappone, l’Australia, gli Stati Uniti, e i Paesi dell'Asean". In risposta, il ministero della Difesa cinese ha proclamato che «Cina e India non sono nemici né avversari, ma vicini e partner».

Allora, come stanno le cose? E’ chiaro che l’India, stante la cooperazione pluriennale con il Vietnam su petrolio e gas, non intende accettare le rivendicazioni cinesi sul Mar Cinese Meridionale. Inoltre, con l’inizio dello sfruttamento dell’energia è in programma un nuovo protocollo d’intesa tra India e Vietnam che sarà firmato entro la fine dell’anno. La Cina ha probabilmente reagito a questi sviluppi accusando l’India di violare le acque territoriali.

In India sta diventando sempre più precisa la sensazione che sia in atto una lotta per il dominio sulla regione. Le attività cinesi in Pakistan e Myanmar, l’espansione degli accordi portuali della Cina porta nell’Oceano Indiano (il cosiddetto «filo di perle»), e le accresciute attività navali cinesi nell’Oceano Indiano hanno fatto drizzare le antenne ai servizi di sicurezza indiani. Infatti, l’organo di stampa ufficiale cinese «Global Times», modificando il suo atteggiamento precedente, ha recentemente chiesto di porre fine a piani energetici dell’India nella regione. «Bisogna prima usare la forza di persuasione, ma se l’India persevera, la Cina dovrebbe tentare tutti i mezzi possibili per fermarla».

Lo stesso articolo poi gettava il Tibet nel calderone delle accuse. «La società cinese», proseguiva, «è ... indignata per l'intervento dell’India nel problema del Dalai [LAMA]», avvertendo l’India di «tenere a mente» che «le sue azioni nel Mar Cinese Meridionale spingeranno la Cina al limite». Secondo il «Global Times», «la Cina è felice dell’amicizia sino-indiana, ma questo non significa che la ponga sopra ogni altra cosa».

C’era anche un messaggio di più ampia portata e più inquietante che smentisce la retorica ufficiale cinese dell’armonia: «Non dobbiamo lasciare il mondo con l’impressione che la Cina sia concentrata solo sullo sviluppo economico, né inseguire la fama» di essere una «potenza tranquilla, perché potrebbe costarci caro».

E’ questa la politica estera «trionfalistica», come la definisce Henry Kissinger, con cui l’India deve fare i conti. «L'approccio cinese all’ordine mondiale», scrive Kissinger nel suo nuovo libro «Sulla Cina», è dissimile dal sistema occidentale basato sull’ «equilibrio diplomatico del potere», soprattutto perché la Cina non ha «mai avuto contatti prolungati con un altro Stato» basati sul concetto di «uguaglianza sovrana dei popoli». Come sottolinea Kissinger, autorevole amico della Cina: «Che l’Impero cinese dovrebbe avere una posizione di preminenza sulla sua sfera geografica era considerata in pratica una legge di natura, espressione del mandato del Cielo».

Forse l’India e gli altri dovrebbero combattere l’assertività della Cina seguendo i consigli di Sun Tzu: «Contenere l’avversario attraverso la leva della trasformazione dei vicini di quell’avversario in forze ostili». Così come la Cina si è coltivata il Pakistan, la crescente intesa dell’India con il Vietnam potrebbe essere una contromossa sulla scacchiera strategica dell’Asia?

Può essere. Dopo tutto, poiché l’India riconosce gli interessi vitali della Cina in Tibet e a Taiwan, è doverosa la reciprocità verso gli interessi nazionali dell’India. La Cina deve accettare la neutralizzazione di ogni sforzo di accerchiamento strategico dell’India. Questo è un imperativo per la sicurezza nazionale dell’India. Così come la moderazione e la reciproca collaborazione, ma questo vale anche per la Cina.

Copyright: Project Syndicate, 2011.
*Jaswant Singh, è stato ministro delle Finanze, degli Esteri e della Difesa dell’India.

Traduzione di Carla Reschia
da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9390
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« Risposta #1 inserito:: Dicembre 28, 2011, 05:54:47 pm »

27/12/2011

Giappone-India un asse per la nuova Asia

JASWANT SINGH*

Il dinamismo economico dell'Asia sta cominciando a trovare un parallelo nella diplomazia della regione, in particolare per ciò che riguarda la sicurezza. Anzi, ora noi possiamo essere «presenti alla creazione», così l'ex segretario di Stato americano Dean Acheson ha intitolato il suo libro di memorie che descrive la creazione del sistema di sicurezza globale successivo alla II Guerra Mondiale. Stavolta ciò che è creato è un sistema di sicurezza per l'Asia, che riflette il suo nuovo primato negli affari mondiali, anche se l’aspetto che assumerà questo sistema resta ancora da determinare.

La sicurezza ha preso il primo posto nell'agenda regionale non solo in risposta all’ascesa della Cina, ma anche perché l'America e l'Occidente lasceranno una falla nel sistema di sicurezza asiatico quando ritireranno le loro truppe dall'Afghanistan, senza prima averlo pacificato. Forse ancora di maggiore importanza per la sicurezza a lungo termine, il rapporto UsaPakistan continua a peggiorare, mentre le relazioni dell’Iran con l'Occidente vanno di male in peggio, segnate da ultimo dall'invasione da parte della folla dell'ambasciata britannica a Teheran nel novembre scorso.

Poco a poco, iniziativa dopo iniziativa, molti dei poteri della regione stanno agendo per creare un quadro coerente di cooperazione allo scopo di migliorare la loro sicurezza. Per esempio, il governo laburista australiano ha accettato di vendere uranio naturale all’India, invertendo una politica in vigore fin da quando l’India aveva sviluppato il suo arsenale nucleare. Quasi contemporaneamente, il presidente americano Barack Obama ha annunciato lo stazionamento di marines americani nel Nord dell'Australia. Nessuno ha esplicitamente collegato le due mosse, ma sono probabilmente correlate strategicamente, dal momento che l'Australia mira a promuovere i suoi legami sia con gli Stati Uniti sia con l’altro gigante asiatico, l’India.

India e Stati Uniti hanno inoltre intensificato i loro rapporti strategici con il Giappone, non solo a livello bilaterale, ma anche in un’inedita versione trilaterale, che secondo il vicesegretario di Stato William Burns potrebbe «rimodellare il sistema internazionale». Burns, come gran parte dell’establishment americano che si occupa di politica estera, ora pensa che l'influenza regionale dell'India sia diventata globale; la sua strategia del «Guardare a Est», annunciata all'inizio di quest'anno, viene tradotta in politiche di «Azioni a Est».

Finora, le relazioni in tema di sicurezza dell’India con il Giappone e la Corea del Sud sono state un po’ sottotono. Ma questo sta cambiando. Durante la recente visita del ministro della Difesa indiano AK Antony a Tokyo, è stato deciso che il Giappone e l'India terranno la loro prima operazione congiunta navale e aerea nel 2012. Questo eleva la cooperazione bilaterale per la difesa al ruolo di strumento primario di sicurezza nazionale, cosa importante soprattutto per il Giappone, che ha ampliato il suo orizzonte strategico al di là dei suoi immediati dintorni e dell’alleanza di lunga data con gli Stati Uniti.

Giappone e India, infatti, hanno concordato di cooperare su «questioni di sicurezza marittima, comprese le misure anti-pirateria, la libertà di navigazione» e «il mantenimento della sicurezza delle rotte marittime di comunicazione per facilitare il commercio senza ostacoli, a livello bilaterale e multilaterale con i Paesi della regione», e questo significa, ovviamente, la Cina. Un «dialogo tra Giappone e India sulle politiche della difesa» si terrà a Tokyo nei primi mesi del 2012, e colloqui a livello di personale si svolgeranno tra la forza giapponese di autodifesa e l'esercito indiano, con scambi di assetti tra la forza giapponese di autodifesa dell’aria e l'aeronautica indiana. Infatti, Giappone e India stanno iniziando a costruire lo stesso tipo di completa cooperazione militare che ha a lungo caratterizzato il legame del Giappone con gli Stati Uniti.

Questo sviluppo, senza dubbio, disturberà la Cina, che si sta muovendo in modo sempre più stridente verso la sovranità regionale. L’assertività cinese, attualmente per lo più focalizzata sulle rivendicazioni nel Mar Cinese Meridionale, è stato un campanello d'allarme circa il tipo di ordine regionale che la Cina vorrebbe, potendo, stabilire. I timori sono così forti che 15 dei 18 Paesi intervenuti al recente incontro di cooperazione dell' Asia orientale a Bali hanno definito minaccioso il comportamento della Cina in merito al Mar Cinese Meridionale.

La questione centrale è la sicurezza marittima - e non solo nel Mar Cinese Meridionale. «L'Oceano Indiano», dice l'autore statunitense Robert Kaplan, è «il luogo dove la rivalità tra gli Stati Uniti e la Cina nel Pacifico si salda con la rivalità regionale tra Cina e India, e anche con la lotta americana contro il terrorismo islamico in Medio Oriente, incluso il tentativo americano di contenere l'Iran».

India e Cina sono rivali nell’aspirazione a essere riconosciute come grandi potenze regionali, così come pure nella loro ricerca di sicurezza energetica, e questo sta spingendo entrambi i Paesi a cercare una maggiore sicurezza marittima. L’India, tuttavia, ha un chiaro vantaggio, perché le sue recenti politiche rivolte a Oriente dimostrano che si possono stringere legami volti a incrementare la sicurezza non solo con gli Stati Uniti, ma anche con gli altri poteri chiave della regione, persino con l'Indonesia.

Stephen P. Cohen, noto analista dell'India, ha osservato che, da quando il Paese ottenne l'indipendenza, i suoi «funzionari hanno fatto propri i precetti del discorso d'addio di George Washington del 1796: che l'India, come gli Stati Uniti, occupa il proprio ambito geografico, nel caso dell'India tra l'Himalaya e l'Oceano Indiano e, quindi, [ESSA]è in una posizione sia di dominio come di distacco. Durante la Guerra Fredda, questo significava non-allineamento, ora vuol dire che gli indiani si vedono con il loro status separato come una potenza in ascesa».Il problema, naturalmente, è che la Cina si percepisce allo stesso modo. Allora, come faranno i due giganti dell’Asia a vivere come buoni vicini senza invadere lo spazio dell' altro? Finora, la risposta è stata quella di costruire una struttura di sicurezza regionale senza partecipazione cinese.

Non deve essere necessiaramente così, ma l'impulso che oggi anima la diplomazia della sicurezza asiatica non cambierà a meno che la Cina ripensi il suo atteggiamento verso i suoi vicini. In caso contrario, i suoi dirigenti si troveranno presenti alla creazione di un ordine regionale che per loro non sarà affatto gradevole.

Traduzione di Carla Reschia

*Ex ministro indiano delle Finanze, degli Esteri e della Difesa
Copyright: Project Syndicate, 2011. http://www.project-syndicate.org/

da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9586
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