3/11/2011
Cina-India, uguaglianza impossibile
JASWANT SINGH*
NEW DELHI
Anche in un’era di notizie globali 24 ore su 24, ci sono eventi che salgono alla ribalta ben dopo il fatto. Qualcosa del genere è accaduto alcuni mesi fa nel Mar Cinese Meridionale e può diventare il modello per le relazioni future tra i due Paesi più popolosi del mondo, la Cina e l’India, da sviluppare negli anni a venire.
Di ritorno, a fine luglio, da una visita di cortesia in Vietnam in acque riconosciute come internazionali, una nave della Marina indiana è stata «avvisata» via radio e consigliata di «abbandonare» il Mar Cinese Meridionale. Anche se gli incidenti navali tra la Cina e i Paesi più vicini - in particolare Vietnam, Giappone e Filippine - non sono insoliti, questo è il primo a coinvolgere l’India.
Perché la Cina ha tentato di interferire con una nave che si trovava in mare aperto? E’ stato «solo» un altro episodio delle ingiustificate pretese di sovranità della Cina su tutto il Mar Cinese Meridionale, o nasconde qualcosa di più malevolo?
Al ministero degli Esteri cinese, un portavoce ha spiegato: «Contrastiamo qualsiasi Paese che ingaggi attività di ricerca di petrolio e gas e sviluppi attività nelle acque sotto la giurisdizione della Cina». Poi, per inciso, ha aggiunto: «Speriamo che i Paesi fuori della regione rispettino e sostengano i Paesi dell’area "nei loro sforzi" per risolvere le controversie attraverso canali bilaterali».
Il governo indiano ha ribattuto prontamente: «La nostra cooperazione con il Vietnam o con qualsiasi altro Paese avviene sempre secondo le leggi, le norme e le convenzioni internazionali», rilevando che la «cooperazione con il Vietnam in materia di energia è molto importante». In effetti le aziende indiane hanno già investito molto lì, e stanno cercando di ampliare le loro attività.
Sebbene le dichiarazioni dell’India siano abbastanza esplicite, i dubbi restano. La disputa tra i due Paesi verte solo su chi svilupperà le intatte risorse energetiche del Mar Cinese Meridionale, o abbiamo a che fare con l’inizio di un confronto per le sfere d’influenza?
Per trovare una risposta è necessario confrontarsi con le norme di civiltà, che si riflettono nei giochi intellettuali che le due nazioni prediligono. L’India ha tradizionalmente coltivato il gioco del «chaupad» (quattro i lati), o lo «shatranj» (scacchi), che si basano sul confronto, la conquista e il soggiogamento. La Cina, d’altra parte, ha il «qui wei» (conosciuto in Giappone come «go»), che si impernia sull’accerchiamento strategico. Come consigliò Sun Tzu molti secoli fa, «eccellenza ultima non sta nel vincere ogni battaglia ma nello sconfiggere il nemico senza mai combattere».
Un recente documento del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti sull’«Evoluzione della Cina in tema di forze armate e sicurezza - 2011», sostiene che «la politica cinese “del mare di casa” ha preoccupato seriamente non solo l’India, ma anche il Giappone, l’Australia, gli Stati Uniti, e i Paesi dell'Asean". In risposta, il ministero della Difesa cinese ha proclamato che «Cina e India non sono nemici né avversari, ma vicini e partner».
Allora, come stanno le cose? E’ chiaro che l’India, stante la cooperazione pluriennale con il Vietnam su petrolio e gas, non intende accettare le rivendicazioni cinesi sul Mar Cinese Meridionale. Inoltre, con l’inizio dello sfruttamento dell’energia è in programma un nuovo protocollo d’intesa tra India e Vietnam che sarà firmato entro la fine dell’anno. La Cina ha probabilmente reagito a questi sviluppi accusando l’India di violare le acque territoriali.
In India sta diventando sempre più precisa la sensazione che sia in atto una lotta per il dominio sulla regione. Le attività cinesi in Pakistan e Myanmar, l’espansione degli accordi portuali della Cina porta nell’Oceano Indiano (il cosiddetto «filo di perle»), e le accresciute attività navali cinesi nell’Oceano Indiano hanno fatto drizzare le antenne ai servizi di sicurezza indiani. Infatti, l’organo di stampa ufficiale cinese «Global Times», modificando il suo atteggiamento precedente, ha recentemente chiesto di porre fine a piani energetici dell’India nella regione. «Bisogna prima usare la forza di persuasione, ma se l’India persevera, la Cina dovrebbe tentare tutti i mezzi possibili per fermarla».
Lo stesso articolo poi gettava il Tibet nel calderone delle accuse. «La società cinese», proseguiva, «è ... indignata per l'intervento dell’India nel problema del Dalai [LAMA]», avvertendo l’India di «tenere a mente» che «le sue azioni nel Mar Cinese Meridionale spingeranno la Cina al limite». Secondo il «Global Times», «la Cina è felice dell’amicizia sino-indiana, ma questo non significa che la ponga sopra ogni altra cosa».
C’era anche un messaggio di più ampia portata e più inquietante che smentisce la retorica ufficiale cinese dell’armonia: «Non dobbiamo lasciare il mondo con l’impressione che la Cina sia concentrata solo sullo sviluppo economico, né inseguire la fama» di essere una «potenza tranquilla, perché potrebbe costarci caro».
E’ questa la politica estera «trionfalistica», come la definisce Henry Kissinger, con cui l’India deve fare i conti. «L'approccio cinese all’ordine mondiale», scrive Kissinger nel suo nuovo libro «Sulla Cina», è dissimile dal sistema occidentale basato sull’ «equilibrio diplomatico del potere», soprattutto perché la Cina non ha «mai avuto contatti prolungati con un altro Stato» basati sul concetto di «uguaglianza sovrana dei popoli». Come sottolinea Kissinger, autorevole amico della Cina: «Che l’Impero cinese dovrebbe avere una posizione di preminenza sulla sua sfera geografica era considerata in pratica una legge di natura, espressione del mandato del Cielo».
Forse l’India e gli altri dovrebbero combattere l’assertività della Cina seguendo i consigli di Sun Tzu: «Contenere l’avversario attraverso la leva della trasformazione dei vicini di quell’avversario in forze ostili». Così come la Cina si è coltivata il Pakistan, la crescente intesa dell’India con il Vietnam potrebbe essere una contromossa sulla scacchiera strategica dell’Asia?
Può essere. Dopo tutto, poiché l’India riconosce gli interessi vitali della Cina in Tibet e a Taiwan, è doverosa la reciprocità verso gli interessi nazionali dell’India. La Cina deve accettare la neutralizzazione di ogni sforzo di accerchiamento strategico dell’India. Questo è un imperativo per la sicurezza nazionale dell’India. Così come la moderazione e la reciproca collaborazione, ma questo vale anche per la Cina.
Copyright: Project Syndicate, 2011.
*Jaswant Singh, è stato ministro delle Finanze, degli Esteri e della Difesa dell’India.
Traduzione di Carla Reschia
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