LUCA MERCALLI.
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31/1/2012
L'inverno russo e le primule
LUCA MERCALLI
Mentre si chiude un gennaio molto più mite della norma, che in Svizzera ha superato anche di tre gradi le medie trentennali, e in Italia settentrionale è di un buon paio di gradi al di sopra delle attese, febbraio inizia con un'ondata di gelo che si annuncia straordinaria.
Ci asteniamo qui dal commentare i record prima che si siano verificati: come per una partita di calcio possiamo dire che i fuoriclasse in campo ci sono tutti, e sono i venti gelidi delle steppe russe, ma quanto faranno segnare al termometro possiamo per ora solo stimarlo, di certo numeri negativi a due cifre, attorno ai meno quindici sulla pianura padana, e sempre con segno meno anche al centro-sud. La statistica però la si commenta solo con i dati effettivamente misurati.
Per il momento prendiamo atto dalle carte di previsione che una tale trasferta mediterranea delle correnti siberiane mancava da qualche tempo: ce ne fu una modesta nel febbraio 1991, poi quella ancora nella memoria del gennaio 1985, quindi si va al mitico febbraio 1956 e al più lontano febbraio 1929, nel quale gelò estesamente il Po. Ma i veri record del freddo sono dei secoli scorsi: 1709, 1754-55, quando il naturalista Vitaliano Donati annotava da Torino: «Il freddo insoffribile non mi permette di scrivere».
La seconda metà dell’inverno è propizia a queste ondate glaciali: il continente asiatico ha avuto tre mesi di tempo per raffreddarsi e strutturare grandi anticicloni freddi, e non appena un varco meteorologico si apre sull’Adriatico, ecco precipitarsi su di noi l’inverno russo, proprio quando cominciano a spuntare le primule. Oggi che l'aumento termico globale ha nettamente diradato la frequenza di questi eventi, abituandoci a inusuali tepori invernali, è il caso di ricordare le precauzioni più importanti per evitare rischi e danni: avete controllato le tubazioni dell’acqua esposte all’esterno o nei solai? Gli idraulici del ventunesimo secolo si sono spesso lasciati prendere la mano isolando poco le condotte dimenticando che non siamo ancora ai tropici. Chiudete le valvole dell’irrigazione da giardino e svuotate gli impianti delle case non riscaldate, altrimenti al disgelo l'alluvione domestica colpirà parquet e tappeti. E ovviamente salvate i gerani sul balcone dal congelamento e state attenti a non cadere sul ghiaccio. Banale vero? Ma al pronto soccorso lo sanno bene, puntuali come le vittime da botti di Capodanno arriveranno le fratture da gelo. E’ l'inverno, bellezza!
da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9717
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5/2/2012
La colpa dei disagi è sempre degli altri
LUCA MERCALLI
Cinquant’anni fa un’ondata di gelo siberiano ti colpiva alle spalle e basta, perché le previsioni erano quello che erano. Oggi la si individua con una settimana di anticipo. Mercoledì 25 gennaio, nelle città del Nord splendeva ancora il sole, ma già si pensava alla prevenzione.
Comuni e viabilità avevano messo in moto la macchina per far fronte alla nevicata attesa sul Piemonte da sabato 28 e poi in estensione sull’Appennino emiliano-romagnolo. La neve a Firenze e Roma era data per certa, così come le temperature boreali, da giovedì in poi.
Nessuno è stato sfiorato dal dubbio che le previsioni meteo non fossero da prendere sul serio, tanto che nei giorni successivi si è sviluppata una vera tempesta mediatica sull’imminente irruzione dell’inverno russo, al punto che si leggevano i valori dei record meteorologici prima ancora che si fossero verificati! Sarà l’ondata di gelo peggiore dal 1985, nevicherà a Roma, ghiaccio e neve creeranno disagi ai trasporti: nemmeno un condizionale. Più di così per informare istituzioni e cittadini non si poteva fare! Poi neve e gelo sono puntualmente arrivati, e con essi i treni soppressi, le code in tangenziale, le cadute sul ghiaccio e ogni genere di polemiche. Tutto come da copione, una fotocopia di quanto avvenuto dopo il devastante nubifragio di Genova del 4 novembre, anche quello annunciato con congruo anticipo.
Ma se dunque non riusciamo ad attrezzarci di fronte agli eventi meteorologici anomali nemmeno ora che abbiamo la possibilità di prevederli con ragionevolissima affidabilità, cosa non ha funzionato? Non si può scaricare sempre la colpa sulle pubbliche amministrazioni. E’ vero che qualche locale italica manchevolezza ci sarà pur stata, è vero che il traffico ferroviario potrebbe essere migliore anche quando non nevica, ma tutti i mezzi spartineve erano in servizio, condotti da personale addestrato e disciplinato, il sale e la sabbia erano stati sparsi in tempo e la vita è andata avanti dignitosamente anche a Cesena, a Bologna, a Urbino, dove la nevicata è stata imponente, talora superiore al metro. Eppure c’era sempre chi si lamentava che la neve non era stata spazzata anche su quel marciapiede di periferia e alla fermata del bus 39 sbarrato, dimenticando che la macchina sgombraneve ha un costo molto rilevante per le pubbliche casse. Bisogna agire di compromesso privilegiando alcuni assi viari, assegnando priorità agli ospedali, non si può asportare ogni fiocco di neve appena tocca terra, si spenderebbero milioni di euro per un ben effimero risultato.
A Roma una nevicata così abbondante non la si vedeva dall’11 febbraio 1986, quando ne caddero 23 cm. Poi solo un paio di spruzzate subito fuse nel febbraio 1991 e 2010. Per una città con una così bassa frequenza di nevicate tenere in piedi un servizio di sgombero neve come quello di Torino o Milano sarebbe una follia. Una fortezza Bastiani per combattere un sol giorno in 26 anni. E se non hai le armi - e qui era giusto non averle, per ragioni economiche e di buon senso - ritirati! Ma grazie alle previsioni, che sia una ritirata ordinata e programmata.
Invece, e qui sta il nocciolo della questione, l’impressione è che ormai ognuno pensi che il mondo ruoti tutto intorno a sé. Che la bufera soffi solo sugli altri, che il coefficiente di attrito dinamico sul ghiaccio aumenti magicamente sotto le proprie gomme, che le scarpette con i tacchi non si immiseriscano nella fanghiglia gelata, che la neve fonda istantaneamente sotto i propri specialissimi passi, che si possa insomma continuare a fare tutto quello che si sarebbe fatto con il sole anche nella settimana più glaciale degli ultimi trent’anni. Senza cambiare programmi, senza adeguare comportamenti e incolpando sempre gli altri per i disagi subiti. La vera anomalia non sta nei termometri, ma nell’incapacità di leggerli.
da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9738
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29/3/2012 - CALDO ANOMALO
Clima, è già un anno da record
LUCA MERCALLI
Appena iniziata la primavera, siamo già di fronte a un caldo precoce e quasi estivo.
Tutto avviene sotto l’influenza del poderoso anticiclone «Harry», centrato sul Regno Unito ma esteso anche all'Italia, le temperature ieri pomeriggio hanno toccato i 24 gradi a Torino e Viterbo, 25 a Milano e Verona, e 26 a Pontremoli, in Lunigiana, dove si è stabilito un nuovo record per le massime di marzo dal 1929. Valori da mese di maggio, superiori al normale di 8-10 gradi. Eppure solo poche settimane fa, a inizio febbraio, era il freddo straordinario a dominare le cronache, con temperature fin sotto i -20 gradi che in Val Padana non si vedevano dal 1985.
La primavera è dunque esplosa alla grande, e lo testimonia anche il rapido ed esteso sviluppo delle fioriture degli alberi da frutto, in anticipo di circa 10-15 giorni rispetto al consueto sulle pianure del Nord. Ma tutto questo mese è stato caratterizzato da temperature superiori al normale, per la prevalenza di flussi di aria di origine subtropicale e l'assenza di colpi di coda dell’inverno, tanto che in Pianura Padana verrà ricordato come uno tra i mesi di marzo più caldi dall’inizio delle misure meteorologiche circa due secoli fa.
A Torino, ad esempio, si stima che la temperatura media mensile possa giungere attorno a 13,7 gradi, con un’anomalia media di quasi 5 gradi e a un soffio dal primato ultrasecolare di 13,9 gradi stabilito nel marzo 1997. Ancora più inconsueta la situazione in altri osservatori meteorologici del Centro-Nord italiano, come Modena e Pontremoli, dove con ogni probabilità la media termica del marzo 2012 sarà in testa alla classifica, superando il precedente massimo che anche qui spettava al 1997. Ma ora il problema è più che altro la siccità, ancora più esacerbata dall’evaporazione dai suoli che in questi giorni soleggiati inizia a farsi intensa. Molte località dalla Toscana al Settentrione hanno ricevuto meno della metà della precipitazione mediamente attesa negli ultimi 5 mesi, e per ora mancano all’appello le tradizionali piogge primaverili, che soltanto un vigoroso flusso di aria umida atlantica e mediterranea potrebbe avviare in modo significativo, ma tale situazione per ora non sembra all’orizzonte. E, salvo colpi di scena, per i mesi a venire l’agricoltura padana così come gli impianti idroelettrici alpini non potranno nemmeno contare su abbondanti deflussi di fusione nivale, poiché specialmente sul settore centro-orientale della catena, dai rilievi lombardi a quelli giuliani, al momento gli spessori nevosi sono ai minimi talora da un decennio, con valori dell’ordine di appena mezzo metro a quota 2500 metri.
Il tempo sereno, caldo e secco con temperature localmente superiori a 25 gradi soprattutto sulle zone interne delle regioni centro-settentrionali - ci accompagnerà dalle Alpi alla Sicilia ancora fino a sabato, poi da domenica e nei primi giorni di aprile è prevista una discesa di correnti nordorientali più fresche e instabili che dovrebbero dare origine a un calo generalizzato delle temperature - che si riporteranno più in linea con la norma - e a variabilità associata a piogge sparse, tuttavia ancora difficili da localizzare e quantificare, ma che in ogni caso non saranno sufficienti a migliorare la situazione idrica in modo radicale. Per lo meno, nonostante il previsto calo termico, non sono attese brinate tardive che possano penalizzare le fioriture in corso. Ma della primavera è bene non fidarsi: non sarà forse il caso di quest’anno, ma in passato - come nel 1991, 1998 e 2008 - freddo e neve a bassa quota si sono ripresentati improvvisamente perfino in aprile inoltrato.
da - http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=9936
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Cronache
15/06/2012 - MOLTO CALDO MA LE BOLLE DI CALORE RIENTRANO NEI CICLI METEOROLOGICI
I giorni dell'estate africana: mezza Italia verso i 40 gradi
Caldo afoso al Nord con 32°C e punte di 34 sull’Emilia Romagna
Le punte massime all'inizio della prossima settimana
LUCA MERCALLI
Roma
Tranquilli, nulla di eccezionale, è solo un anticiclone subtropicale che porterà sull’Italia, e questa volta anche al Nord, la prima vampata d’estate a scala nazionale. Non è una situazione particolarmente a rischio. Farà semplicemente caldo, soprattutto all’inizio della prossima settimana, con punte vicine a 40 gradi nelle zone interne di Sardegna, Sicilia e Puglia e valori diffusamente sui 33-36 gradi in Pianura Padana.
Di anticicloni africani in espansione sul Mediterraneo nel corso del trimestre estivo se ne vedono alcuni tutti gli anni. Questo in arrivo, che alcuni chiamano «Scipione», ma che risponde al battesimo ufficiale di «Stefan» secondo l’Istituto di Meteorologia dell’Università di Berlino deputato alla meteonomastica, è uno dei tanti. Negli ultimi dieci anni è accaduto ad esempio nel giugno 2002, con «Yannick» che intorno al giorno 20-22 ha spinto i termometri a 38 °C a Grosseto, 37 a Firenze e Foggia, 36 a Linate, Perugia e Viterbo; poi nel 2003 con «Christa» nella seconda decade, e fu solo l’inizio della terribile sequenza di ondate di caldo – quelle sì inedite a livello plurisecolare - di quell’estate rovente: il giorno 14 si toccarono 39 °C a Firenze e Foggia, 36 a Linate, ma le massime rimasero per una decina di giorni sopra i 35 °C in molte località da Nord a Sud. Nel 2005 «Wenke» infiammò tutta la terza decade con culmine di 37 °C a Linate, 38 ad Ancona, 40 a Sigonella. Il 25 giugno 2007 «Yvonne» fece balzare il mercurio addirittura a 44.6 C a Bari, 43.9 a Catania e 44.6 a Palermo, quelli sì valori record. Nel 2008 fu ancora la terza decade a proporre il caldo più intenso per via degli anticicloni «Seba» e «Thomas»: punte di 36 °C ad Aosta, Verona e Ferrara, 37 a Terni, 38 a Foggia. Più indietro nel tempo ci fu anche la grande ondata di caldo del giugno 1996 al Nord Italia, durata circa una settimana e culminata il 10-12 con valori diffusamente sopra i 33-35 °C.
Dunque ogni due o tre anni in giugno un episodio di questo tipo è regolarmente atteso, almeno dalla fine degli anni Ottanta, cioè da quando il riscaldamento globale ha alzato l’asticella della frequenza di calori estivi. E da luglio fino a settembre c’è buona probabilità che se ne verifichino altri, anche se non è possibile formulare ora una previsione attendibile.
Quanto a Stefan alias Scipione non siamo ancora in una situazione di allerta tale da giustificare precauzioni straordinarie rispetto alle consuetudini mediterranee che con il caldo hanno piena dimestichezza. Bere molto, ovvio, non esporsi deliberatamente al sole nelle ore meridiane, ovvio, ma se lo andate a raccontare agli operai che asfaltano le strade vi rideranno in faccia o vi rincorreranno con la pala, e con ragione. Piuttosto è sempre sorprendente la dinamica sociale delle percezioni meteorologiche: fino a ieri nelle regioni settentrionali non si faceva altro che parlare del freddo, della pioggia e dell’estate che non arriva.
Ma sono considerazioni frutto di realtà o di impressioni tanto soggettive quanto imprecise? Prendiamo Torino nel periodo che va da inizio maggio a oggi, se guardiamo alle statistiche il quadro che emerge è ben lontano da ciò che ha percepito la gente: la temperatura media pari a 19 °C è di circa 1.5 °C più elevata della norma, le piogge sono state di 186 mm, circa l’11% oltre il normale ma distribuite in 14 giorni, una frequenza assolutamente normale. E se c’è stata qualche giornata fresca, del tutto coerente con la climatologia primaverile, si deve anche ricordare che l’11 e 12 maggio il termometro era già a 32 gradi. Quindi una tarda primavera e un inizio d’estate 2012 molto miti e appena più piovose della media stagionale.
Memoria umana sempre cortissima, luoghi comuni sempre in gran forma. Per fortuna abbiamo il computer. Andò infatti ben peggio nel 2008: nello stesso periodo ci furono ben 27 giorni piovosi con 299 mm, allora qualche ragione di lamentarsi c’era eccome!
da - http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/458487/
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8/7/2012
Attenti a non ignorare gli avvisi dell'allarme-stallo
LUCA MERCALLI
La scorsa notte sulla sponda Nord del Mar Nero sono eccezionalmente caduti 280 millimetri di pioggia: una piena-lampo e più di cento vittime.
Washington sperimenta invece il terzo giorno con termometro sui 37-39 gradi, un’ondata di calore che prosegue da giugno, quando il 29 la temperatura toccò i 40 gradi, record da 142 anni, e fu bruscamente interrotta dal passaggio della raffica di temporali a 130 km orari (il «Derecho»): 22 vittime e black-out per milioni. Intanto il Bureau d’Enquêtes et d’Analyses pour la sécurité de l’aviation civile (Bea) rende note in 230 pagine le cause dell’incidente del volo Air France 447 Rio de Janeiro-Parigi, precipitato nell’Atlantico la notte del 1 giugno 2009. Questi tre fatti presentano connessioni istruttive, e conviene partire proprio dall’analisi dell’incidente aereo, frutto della saggia abitudine aeronautica di trarre insegnamenti dalle tragedie.
L’Airbus A330 decolla da Rio senza problemi e verso l’una di notte approccia la zona di convergenza intertropicale sull’Atlantico. A quota 10.000 metri il radar meteo suggerisce un leggero cambio di rotta per evitare la turbolenza di un temporale, ma nulla di più. Poco prima delle due il comandante con oltre 10.000 ore di volo lascia i comandi ai due giovani copiloti. Alle due e dieci minuti alcuni cristalli di ghiaccio otturano i tubi di Pitot che servono a misurare la velocità, non più di un minuto di assenza di dati, ma ciò basta a disinserire il pilota automatico. Il difetto degli anemometri era noto da anni, ma la norma di sostituzione tardava e il training operativo in caso di guasto non era stato sufficiente. I copiloti sorpresi non comprendono il motivo dell’anomalia e, complice il buio, correggono erroneamente l’assetto di volo puntando il muso verso l’alto.
Si accende l’avvisatore di stallo, uno di quegli eventi che su un aereo deve catalizzare tutta l’attenzione, eppure lo ignorano, perché occupatissimi a reagire al primo problema. Dopo un solo minuto di errata manovra l’aereo è ingovernabile, l’avvisatore di stallo suona e ancora una volta viene ignorato. Il comandante rientra in cabina, ma è troppo tardi, l’aereo sta precipitando come una pietra a 270 km/ora. Le duecento tonnellate dell’Airbus impattano sull’oceano andando in pezzi che verranno recuperati due anni dopo, incluse le scatole nere, a 3900 metri di profondità.
Appena quattro minuti per passare da una banale avaria risolvibile con una giusta manovra, alla morte di 228 persone. Capito vero? Le anomalie climatiche mondiali, il picco del petrolio, il sovrasfruttamento ecologico planetario, l’inquinamento di aria e acqua, la cementificazione dei suoli e la deforestazione tropicale risuonano ormai da anni nel cockpit terrestre come la voce metallica «Stall-Stall-Stall». I piloti sono però occupatissimi con la crisi finanziaria, la loro dissonanza cognitiva con i segnali d’allarme è totale, la manovra di correzione a suon di crescita e consumi peggiora l’assetto e apre la strada alla catastrofe. Eppure il manuale dice chiaro come si fa a evitare l’impatto…
da - http://lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=10309
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