La crisi ci insegni a tutelare famiglie e lavoro.
E al centro, ci sia la comunità
Tremonti e dintorni, la nuova anima del Pdl
di Renata Polverini*
La dichiarazione del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a favore del lavoro a tempo indeterminato come “valore” e presupposto per costruire la vita propria e la stabilità della propria famiglia, ma anche altre iniziative dal profilo non soltanto simbolico, come la Banca del Mezzogiorno, e le prese di posizione molto determinate in favore della sanità pubblica e della tenuta dei conti della previdenza, hanno probabilmente spiazzato soltanto quanti seguono con superficialità, o pregiudizio, il percorso politico che sta maturando all’interno del centrodestra italiano.
Riordinando i tasselli di questo puzzle, esce un quadro complessivo nel quale si discute e si dibatte dei nuovi diritti, di immigrazione, di allargamento delle tutele, di exit strategy dalla crisi economica e finanziaria che ha la sua ragione d’essere nel mercatismo selvaggio più volte posto sotto accusa dallo stesso Tremonti, delle radici dell’Italia di oggi e di domani.
Al di là di contrasti e di frizioni contingenti, legati alla dialettica del quotidiano, ben più significativo appare il tentativo di dare un’anima e un corpo al progetto del Popolo della libertà. Per dirla con Alberoni, alla fase della scintilla e dell’innamoramento deve seguire quella del consolidamento nei valori e nelle idee per il presente e per il futuro.
L’oggi è caratterizzato dai segnali discordanti che provengono dal mondo dell’economia e dalle ricadute sull’occupazione e, di riflesso, sulla tenuta della società. Chi segue con attenzione l’evoluzione di questa straordinaria e difficile fase economica sa bene che rischiamo di tornare allo stesso punto da cui siamo partiti nell’estate del 2007, con in più l’aggravante di centinaia di migliaia di posti di lavoro in meno ed una miriade di piccole imprese fallite.
Nei mesi scorsi, in molti hanno sostenuto che la crisi poteva rappresentare persino un’opportunità purché si riscrivessero le regole della finanza; si riuscisse ad indirizzare l’economia verso il benessere della Comunità; si restituisce centralità al lavoro. Fra tanti economisti che hanno perorato ciò, ci piace però ricordare una persona, Benedetto XVI con la sua enciclica Caritas in veritate, che economista non è, ma che ha saputo dal proprio particolare osservatorio formulare con estrema lucidità il percorso da seguire per una exit strategy.
Incapaci di definire regole più severe, gli Stati assistono però a un ripresa dell’attività finanziaria che vede le banche d’affari, magari con uno status diverso, tornare a macinare incredibili utili grazie alla speculazione sui mercati, mentre alle imprese viene negato il credito necessario per sopravvivere e cogliere il vento dell’auspicata ripresa. I derivati, che tanta parte hanno avuto nello scatenarsi della crisi economica, rappresentano ancora oggi un ammontare pari a nove volte il prodotto interno lordo; la decisione di un fondo sovrano – legittima sotto il profilo strettamente finanziario, decisamente meno per quanto attiene ai risvolti sociali – di vendere il proprio pacchetto azionario può provocare il crollo di una banca e con esso la perdita di migliaia di posti di lavoro; l’Unione europea discute una bozza di direttiva sui mutui immobiliari che avrà il solo effetto di aumentare i costi e le difficoltà per il cittadino di comprarsi casa, senza peraltro ridurre i rischi per il sistema bancario.
Occorre quindi chiedersi, come fa con ironia Susanna Tamaro, se c’è un fuoco che brucia là dentro o, se piuttosto, è soltanto una lampada abbronzante, metafora dell’effimero. In altre parole, la sfida che si ha davanti è quella di riuscire a colmare la distanza tra le intenzioni e la realtà. Ciò vale, ad esempio, per la questione della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa e alla divisione degli utili, altro tema sollevato dallo stesso Tremonti, dal ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, da parlamentari di centrodestra, Maurizio Castro, Barbara Saltamartini e molti altri, e di centrosinistra, in particolare Tiziano Treu e Pietro Ichino.
Vale pure per la questione dalla quale siamo partiti, la valorizzazione del posto di lavoro stabile. Da Tremonti, ci attendiamo, nei prossimi mesi, una risposta convincente e, soprattutto, coerente, ma, fin da ora, è certo che l’importanza di questa esternazione non è sfuggita a osservatori attenti e qualificati come Luciano Gallino o Giuseppe Berta, i quali si sono discostati da una lettura semplicistica che da sinistra e da destra è stata fatta delle affermazioni del ministro.
Sarebbe infatti troppo facile e riduttivo fissare il punto di coerenza nella cancellazione del lavoro a tempo determinato che preesisteva al famigerato “pacchetto Treu” del 1997 e si è consolidato nel 2003 con i tentativi di allargare – regolarizzandolo, però, e questo aspetto della legge Biagi non va dimenticato – i confini del lavoro a progetto. In realtà, se comprendiamo bene il senso delle parole – ma anche il percorso compiuto in questi anni – di Giulio Tremonti, si tratta di riscrivere il ruolo stesso dell’impresa.
L’impresa crea valore in quanto diventa motore del progresso – non solo della “crescita” – dell’economia di un territorio o di un settore; l’esempio potrebbe essere quello della Banca Nazionale del Lavoro che, sino alla fine degli anni Ottanta, poneva bene in evidenza nel suo “logo” il numero dei lavoratori (a posto fisso) occupati, piuttosto che i dati della trimestrale di cassa. Si spiegano così anche le note critiche che lo stesso Tremonti formula nei confronti non del sistema bancario nella sua interezza, ma verso quegli Istituti di credito che hanno perso il contatto con il territorio e con la realtà imprenditoriale e che, invece di finanziare e sostenere la crescita economica, che è poi anche sociale, creano profitti per una ristretta cerchia di azionisti.
Dobbiamo cogliere la terribile lezione di questa crisi per rimettere al centro dell’economia e delle scelte politiche le categorie più deboli, l’interesse della comunità: la famiglia e il lavoro innanzitutto.*Segretario generale Ugl
21 ottobre 2009
da farefuturofondazione.it (
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