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Autore Discussione: DAVID PETRAEUS* Ricordiamoci perchè siamo lì  (Letto 2060 volte)
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« inserito:: Settembre 19, 2009, 06:41:10 pm »

19/9/2009

Ricordiamoci perchè siamo lì
   
DAVID PETRAEUS*


Colin Cramphorn, un poliziotto che prestò servizio nell’Irlanda del Nord e in molti altri luoghi, osservava che ogni posto è diverso dall’altro, ma tutti sono interconnessi. Per dirla con il poeta inglese John Donne, «nessun uomo è un’isola». Concetto fondamentale per la nostra sicurezza: nessun problema può essere trattato isolatamente. La regione sotto il mio comando copre 20 Paesi, dall’Egitto al Pakistan, dal Kazakistan allo Yemen e alle acque al largo della Somalia.

Poiché sta a cavallo dei tradizionali territori di ex imperi, risente ancora oggi delle antiche tensioni. Ci vivono 530 milioni di persone che appartengono ad almeno 22 grandi gruppi etnici, parlano 18 lingue e praticano quattro religioni diverse. La zona è ricca di petrolio e di gas naturale ma povera di acque dolci. Ci sono Paesi con il più alto reddito pro capite del mondo e altri col più basso. In 18 dei 20 Paesi i giovani fra i 15 e i 29 anni costituiscono più del 40 per cento della popolazione, e per molti di loro non ci sono opportunità economiche. E’ una combinazione unica di tutti i pericoli e di tutte le risorse della regione sotto il comando centrale, e questo la rende così cruciale per la sicurezza di tutti i Paesi sviluppati.

Contrastare i terroristi e l’estremismo richiede assai più di un approccio militare convenzionale. Le operazioni militari permettono di liberare le aree dai ribelli, ma qualunque strategia che voglia contrastarli deve concentrarsi sul fatto che il terreno decisivo è quello umano. Concentrarsi sulla popolazione può, se fatto bene, migliorare la sicurezza dei civili e aiutare a estendere i servizi di base. Può aiutare a delegittimare i metodi degli estremisti - soprattutto se si riesce a contrastare la loro volontà e la loro capacità di appoggiare e proteggere la popolazione con le spesso terrificanti azioni dei gruppi estremisti. Paradossalmente, però, proprio l’estremismo della loro ideologia, la violenza indiscriminata e le pratiche opprimenti possono aiutare la gente a capire che ben difficilmente la loro vita potrà migliorare sotto il controllo di movimenti simili.

Ma perché la strategia funzioni è anche necessario trovare il modo di identificare gli elementi ribelli potenzialmente concilianti per trasformarli in parte della soluzione ai problemi. In Iraq la sicurezza è molto migliorata negli ultimi due anni, sebbene la situazione resti sempre fragile e reversibile. Gli attacchi dei ribelli sono scesi dai 160 al giorno del giugno 2007 ai 20 attuali. In Afghanistan la sicurezza è la preoccupazione principale, ma non l’unica, a cominciare dalla legittimità del nuovo governo.

Chiaramente, il trend della sicurezza in Afghanistan è una spirale verso il basso, con picchi estremi di violenza nelle ultime settimane. Di fronte a sfide così difficili, è importante ricordare perché ci troviamo lì: siamo lì per garantire che Al Qaeda e altri gruppi estremisti transnazionali non possano ricostituire in Afghanistan quei santuari che avevano sotto il regime taleban prima dell’11 settembre.

Il generale Stan McChrystal, il comandante in capo delle forze alleate in Afghanistan, è il primo a riconoscere non solo le capacità straordinarie ma anche i limiti delle forze antiterrorismo in Afghanistan. Oltre alle operazioni militari stiamo aiutando il governo di Kabul a combattere la corruzione che ha minato la legittimità di alcune sue istituzioni. Stiamo anche lavorando duramente per accelerare lo sviluppo delle sue forze di sicurezza e intaccare il commercio della droga, promuovendo alternative agricole e sviluppando infrastrutture perché i contadini afghani possano portare i loro prodotti al mercato.

Dobbiamo però essere realisti e riconoscere che per avere successo ci vuole una dedizione sostanziale e sostenuta. Di fronte a noi abbiamo compiti impegnativi, compresa l’individuazione di una via per il dopo elezioni, peraltro macchiate dalle accuse di brogli. In Afghanistan le sfide sono importanti e la posta in gioco alta. E mentre la situazione è indubbiamente seria, come ha detto il generale McChrystal, la missione è ancora realizzabile. Come in Iraq nel 2007, così oggi in Afghanistan tutto è difficile, e lo è tutti i giorni.

*Questo è un estratto del discorso pronunciato dal generale David Petraeus, comandante dell’U.S. Central Command, al pensatoio politico britannico Policy Exchange.

da lastampa.it
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