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Autore Discussione: Sarkozy-Merkel: schiaffo a Berlusconi  (Letto 11442 volte)
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« Risposta #15 inserito:: Luglio 13, 2008, 12:24:01 pm »

Nuova diplomazia

Il giorno di Sarkozy, riparte il dialogo Siria-Libano

Assad: «Sì alla pace con Israele». Oggi a Parigi il lancio dell'Unione Mediterranea


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE


PARIGI — Per un giorno, Parigi è capitale d'Europa e del Mediterraneo. E passano da qui le speranze di pace in Medio Oriente, con prove di dialogo fra Siria e Libano e la prospettiva di colloqui diretti fra Damasco e Gerusalemme. Ieri pomeriggio, storica stretta di mano, alla presenza di Nicolas Sarkozy, fra il presidente siriano Assad e il presidente libanese Suleiman, che hanno annunciato l'apertura di ambasciate a Damasco e a Beirut. Un gesto che, da parte della Siria, significa riconoscimento pieno ed effettivo di frontiere e indipendenza del Libano.

Oggi tavolo allargato al premier israeliano Olmert, con la prospettiva che — grazie alla Francia — si vada oltre il dialogo indiretto fra Siria e Israele, attualmente affidato alla mediazione turca, anche se per Sarkozy i tempi sono ancora «prematuri». «Il Medio Oriente da troppo tempo attende buone notizie. Oggi ne abbiamo una storica», ha commentato il presidente francese che incassa, già alla vigilia, la prima conseguenza del progetto — l'Unione per il Mediterraneo — da lui sognato e voluto invitando a Parigi 42 capi di Stato e di governo nella cornice simbolica delle grandi occasioni: il Grand Palais (sede della prima esposizione universale) e la tradizionale festa della Bastiglia. I grandi disegni politici camminano su idee semplici quanto ambiziose. L'Unione per il Mediterraneo — il «mare nostrum» del XXI secolo, crocevia di culture e scambi commerciali fra il Nord europeo, il Nord Africa e il Medio Oriente — è una di queste. Nicolas Sarkozy l'ha lanciata all'indomani della sua elezione all'Eliseo e prova a darle concretezza oggi. Da mesi, i preparativi sono scanditi da riserve (della Germania in particolare, che guarda ad Est e si preoccupa di chi paga il conto), diffidenze (della Turchia, che paventa un premio di consolazione sul cammino incerto di adesione all'Europa), sospetti di neocolonialismo (Libia) e scetticismo: inevitabile quando il quotidiano realismo si confronta con sogni di pace, dialogo, progresso. Nell'impresa, Sarkozy — come presidente di turno dell'Ue — si gioca la credibilità di statista e ne fa un test di ambizioni e consapevolezza della stessa «potenza» europea. Gli ostacoli, enormi, sono di varia natura. Divario economico, standard di democrazia, presenza di dittatori e autocrati, conflitto mediorientale. E i rischi che la «grande intuizione» si riduca a un carrozzone burocratico, condannato all'impotenza da fondi lesinati e interessi divergenti, esistono. Ma i segnali di impegno e buona volontà sono altrettanto forti. Il primo è la presenza stessa del presidente Assad, dopo sette anni di ostracismo e tensioni diplomatiche connesse alla crisi libanese e all'assassinio dell'ex premier libanese Hariri.

Una visita che divide ma che apre concrete premesse di dialogo in tutta l'area. Il vertice a tre con il presidente libanese e oggi il colloquio con il premier israeliano sono di portata storica per la pace in Medio Oriente. La Francia torna ad essere un playmaker nell'area e Sarkozy (invitato a Damasco entro l'estate) pur correndo il rischio di una sorta di riabilitazione della Siria, diventa il fautore di dialogo e stabilità.

Il presidente francese ha chiesto alla Siria di farsi carico delle apprensioni per i programmi nucleari dell'Iran e di «convincere» Teheran a fornire «prove» concrete a proposito della versione militare di questi programmi. Naturalmente, non ha firmato cambiali in bianco, ricordando a Damasco i progressi ancora da compiere sulla strada della democrazia. Come hanno fatto anche gli Usa, congratulandosi in serata per l'apertura delle relazioni diplomatiche con il Libano. «Spero che la Francia, con gli Stati Uniti, possa portare tutto il suo contributo ad un futuro accordo di pace fra Israele e Siria», ha detto Assad che ha assicurato il sostegno solidale al «fratello presidente » Suleiman e al governo del Libano appena nato. Oggi vedremo se il clima della vigilia porterà altre buone notizie. Soprattutto concrete. L'utopia della rifondazione dei rapporti in questa area cruciale passa anche per la definizione di progetti in vari campi: ambiente, energia, cooperazione marittima, ricerca, immigrazione, collaborazione antiterrorismo. È il primo passo per il futuro di 461 milioni di cittadini del grande «lago ».

Massimo Nava
13 luglio 2008

da corriere.it
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« Risposta #16 inserito:: Ottobre 13, 2008, 11:13:14 am »

ECONOMIA   

Retroscena: così i leader europei sono arrivati alla decisione finale

Oggi i 15 governi approvano il piano.

"Via i manager che hanno fallito"

La telefonata di Sarkozy a Barroso

"Dobbiamo fare qualcosa, e subito"

dal nostro inviato ANDREA BONANNI
 


PARIGI - La settimana di fuoco dell'Europa, che si concluderà con il vertice di mercoledì prossimo a Bruxelles, è cominciata mercoledì scorso in tarda mattinata, poche ore dopo che il governo inglese aveva varato il suo piano per garantire la liquidità delle banche e mentre le Borse europee continuavano a sfarinarsi. È stato allora che Nicolas Sarkozy, dopo un breve consulto con i suoi consiglieri, ha telefonato nell'ufficio del presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, al dodicesimo piano del palazzo Berlaymont.

La voce del presidente di turno dell'Ue era concitata come al solito: "dobbiamo fare qualcosa tutti insieme. La riunione del G4 sabato a Parigi e quella dell'Ecofin ieri a Lussemburgo non sono bastate a calmare i mercati. Il prossimo vertice europeo, tra una settimana, è troppo lontano. Dobbiamo mandare un messaggio di unità e dobbiamo farlo subito".
Barroso, che per cultura e per carattere è uomo certamente più prudente del presidente francese, ci rifletté su un attimo. "Il G4 e l'Ecofin non hanno funzionato perché, agli occhi degli osservatori, gli elementi di divergenza interna hanno prevalso su quelli di unità - spiegò al telefono - Non possiamo permetterci un nuovo summit in cui si dia l'impressione che ciascuno va per conto proprio. Sarebbe controproducente e darebbe un colpo mortale alla nostra credibilità".

Dopo un po' di discussione, il presidente di turno del Consiglio europeo e il presidente della Commissione convennero che la formula da adottare avrebbe dovuto essere quella dell'Eurogruppo: un vertice dei capi di governo dei Paesi dell'euro che non è mai stato convocato da quando esiste la moneta unica.

A quel punto Sarkozy telefonò al primo ministro lussemburghese Jean Claude Juncker, presidente dell'Eurogruppo, tirandolo giù dal letto nel suo albergo a Washington, dove era appena arrivato per partecipare ai lavori del G8. "Jean Claude, voglio riunire i capi di governo dell'Eurogruppo all'Eliseo, il più presto possibile. Dobbiamo adottare un piano europeo per favorire la ricapitalizzazione delle banche sul modello di quello britannico".

Juncker, che è un vecchio e disincantato navigatore delle tempeste europee, nonostante il sonno e il jet-lag gli rispose con una sola battuta: "Ottima idea, Nicolas. Ma sei sicuro di riuscire a portare tutti ad un accordo?". Dopo un attimo di silenzio, dal palazzo dell'Eliseo a cinquemila chilometri di distanza, arrivò una risposta altrettanto concisa.

"No. Ma sono sicuro che, se non convochiamo i capi di governo, un accordo non lo troveremo di certo". Juncker concluse con un'altra battuta, che ha ricordato ieri in conferenza stampa al termine del vertice convocato in tre giorni: "Nicolas, ti prendi un grosso rischio. Ma capisco che se non lo facessi il rischio che prenderemmo tutti sarebbe ancora più grosso".

I mercati diranno oggi se la scommessa di Sarkozy ha qualche possibilità di funzionare. Ma è probabile che, senza i tracolli a catena delle borse europee di giovedì e venerdì, la tanto ricercata unità degli europei sarebbe ancora una volta venuta meno. Invece la prospettiva di una catastrofe finanziaria, i segnali di allarme rosso che sono venuti dalla riunione dei ministri economici del G8 a Washington e, in via più riservata, dalla stessa Banca Centrale europea di Francoforte, hanno convinto anche la cancelliera tedesca Angela Merkel che neppure la Germania sarebbe riuscita a superare da sola la tempesta.

E così ieri i capi di governo, riuniti per poche ore all'Eliseo, hanno dato per una volta una autentica dimostrazione di unità. Anche così, però, la bozza della dichiarazione congiunta che era stata buttata giù in una prima versione già dai ministri finanziari durante la riunione del G8, ha conosciuto sei successive redazioni. A dimostrazione che la ricerca del consenso non è stata poi così semplice.

Gli ultimi dubbi sono stati risolti ieri proprio durante la riunione dei capi di governo. La Banca Centrale ha chiesto e ottenuto che venisse tolto dal testo un paragrafo che le imponeva, sulla falsariga di quanto già fa la FED americana, di rilevare direttamente i debiti a breve termine di "società finanziarie e non finanziarie". "Questo - ha spiegato il presidente della Bce Jean Claude Trichet - è un compito precipuo delle banche commerciali. Sono loro che devono fare credito alle imprese. Noi possiamo semmai garantire la loro esposizione": Alla fine, il paragrafo è stato modificato fino a renderlo insignificante.

Un altro problema, sollevato con forza dai belgi, è stato quello del varo immediato del "regolatore unico", un comitato che dovrebbe farsi carico di seguire l'armonizzazione delle norme prudenziali e della riforma dei bilanci. Alla fine però ha prevalso l'idea di Sarkozy che una simile decisione, che interessa tutti gli europei, non avrebbe potuto essere annunciata da un vertice dell'Eurogruppo. La questione sarà dunque discussa al prossimo vertice Ue, mercoledì.

Infine ieri i capi di governo si sono a lungo interrogati se comunicare o meno l'importo complessivo del loro piano di garanzia ai mercati finanziari. Per quanto difficile da calcolare, la comunicazione di una cifra che risulterà comunque molto imponente, avrebbe indubbiamente rafforzato il messaggio rassicurante che si vuole indirizzare all'opinione pubblica. Ma contro questa ipotesi hanno prevalso, per molti premier, considerazioni di correttezza istituzionale: poiché i piani di garanzia e di intervento rimangono nazionali, non se ne può quantificare l'importo senza aver consultato prima i rispettivi governi e parlamenti.

Oggi nel pomeriggio, alla stessa ora, Francia, Germania e Italia renderanno noti i rispettivi piani e, si spera, gli importi accantonati per finanziarli.

Il "governo europeo dell'economia" comincia, molto modestamente, con un coordinamento degli orologi.


(13 ottobre 2008)

da repubblica.it
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« Risposta #17 inserito:: Ottobre 13, 2008, 11:16:14 am »

Crisi, summit europeo a Parigi Piano di salvataggio, 6 punti

Sarkozy-Merkel: schiaffo a Berlusconi


Sulla scia dell'allarme senza precedenti lanciato dal Fondo Monetario Internazionale e degli impegni presi dal G7, vertice dei Paesi euro a Parigi per trovare una soluzione comune per far fronte alla crisi della finanza che ha investito anche l'Europa. Un'azione coordinata in sei punti che prevede un'adeguata liquidità alle istituzioni finanziarie, garanzie sui prestiti, la ricapitalizzazione efficiente delle banche in difficoltà da parte dei governi, la revisione delle regole, il coordinamento dele procedura tra i governi europei. È quanto prevede la bozza del piano concertato dell'eurozona. Il documento sollecita anche «un ulteriore azione di coordinamento» e afferma «l'impegno ad agire insieme con misure coordinate».

La garanzia dei governi sui prestiti interbancari fino al 31 dicembre 2009 è una delle misure contenute nella bozza. Il documento prevede anche la possibilità per i governi di fornire alle istituzioni finanziarie i capitali necessari per assicurare il buon funzionamento dell'economia e di impegnarsi per le ricapitalizzazioni degli istituti di credito in difficoltà. In questa ottica i governi renderanno disponibili per un periodo di tempo limitato garanzie, assicurazioni, acquisti diretti e altri simili accordi sui nuovi debiti a medio termine nelle principali banche. In tutti i casi, si legge ancora nel documento, queste azioni dovranno essere strutturate in modo tale da evitare ogni distorsione di mercato e ogni possibile abuso a danno di chi non ne beneficerà. Per assicurare che questa indicazione venga rispettata, recita il documento, il prezzo di questi strumenti dovrà riflettere le normali condizioni di mercato e ne dovranno beneficiare tutte le istituzioni finanziarie presenti sui territori nazionali. Inoltre i governi potranno imporre ulteriori condizioni ai beneficiari di queste misure, condizioni che potrebbe comprendere anche un adeguato supporto all'economia reale. Infine questo schema sarà limitato nel tempo e nell'ammontare e sarà applicato sotto stretta sorveglianza delle autorità finanziarie fino al 31 dicembre 2009.

I leader dell’Eurogruppo intendono inoltre «creare e rafforzare le procedure che permettono lo scambio di informazioni» tra i governi, la presidenza di turno, il presidente della Commissione europea, il presidente della Bce e il presidente dell’Eurogruppo. Nel documento si dà mandato al Consiglio europeo di presentare una proposta mercoledì «per migliorare la gestione della crisi tra i Paesi europei». Al prossimo Consiglio Ecofin, con il sostegno della Commissione e in cooperazione con la Bce, spetterà di riferire sull’applicazione di queste nuove misure.

Il premier britannico Gordon Brown ha incontrato Sarkozy prima della riunione dell'Eurogruppo, di cui la Gran Bretagna non fa parte. Brown nei giorni scorsi ha sottolineato più volte la necessità di un «approccio globale» che era mancato una settimana fa, quando la riunione del G4 svoltasi sempre a Parigi si concluse rimarcando ancora una volta divisioni interne, soprattutto a causa della contrarietà della Germania alla nascita di un fondo comune per il salvataggio del settore bancario. Ma ora lo scenario era mutato.

Il capo dell'Eliseo per primo aveva fatto circolare 10 giorni fa l'ipotesi di un piano di salvataggio Ue, e il cancelliere tedesco Angela Merkel aveva subito fatto sapere di non pensare «nulla di buono» di un'idea del genere. Escluso il fondo, che tanto sarebbe piaciuto a Silvio Berlusconi, sul piatto dei leader dell’Eurozona potrebbe prendere corpo un intervento nel capitale delle banche in difficoltà, oltre a garanzie per depositi (e forse prestiti interbancari). Più cautela sulle acquisizioni di attività bancarie a rischio. Nel corso di un incontro a Colombey-les-deux-Eglises, città e luogo di sepoltura di Charles de Gaulle, Sarkozy ha rilevato che «un fondo europeo creerebbe problemi giganteschi», mentre Merkel si prepara a varare un piano di salvataggio delle banche tedesche già lunedì, rinunciando così al metodo “caso per caso” seguito fino ad ora e allineandosi di fatto a quanto deciso in molti altri paesi europei per far fronte alla crisi finanziaria.

«Basta mettere un cappello comune europeo e la magia è fatta», osserva una fonte europea. Il ministro delle Finanze Giulio Tremonti aveva difeso l'idea di un «fondo» da ricavare da una percentuale del Pil di ciascun paese messa a disposizione degli istituti in difficoltà.

Pubblicato il: 12.10.08
Modificato il: 13.10.08 alle ore 9.05   
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« Risposta #18 inserito:: Ottobre 14, 2008, 08:41:17 am »

14/10/2008
 
Com'è umano Sarkò con la ex Br
 
 
 
 
 
CESARE MARTINETTI
 
Rifiutando l’estradizione della brigatista Marina Petrella per «ragioni umanitarie» Nicolas Sarkozy raccoglie il primo applauso della gauche caviar di cui Carla Bruni è l’indiscussa icona, ma commette una grave offesa all’Italia.

Un vero incidente diplomatico. Che significa infatti la dizione «ragioni umanitarie» addotte per trattenere in Francia una terrorista condannata all’ergastolo in un altro Paese dell’Unione Europea? Che quel paese – l’Italia – non dà garanzie di «umanità» nel trattamento dei detenuti? O che non si condivide la sentenza? Il governo italiano – che ripetutamente ha chiesto l’estradizione dei numerosi terroristi condannati tuttora residenti liberi e protetti in Francia per un’ambigua decisione del «florentin» Mitterrand nel 1986 – farebbe bene a non sottovalutare l’episodio che costituisce uno strappo al bon ton e alla sostanza dello spirito comunitario. È anche da queste cose che si valuta la qualità delle relazioni tra governi. Non bastano le foto di sorrisi e siparietti ai summit se poi alla prova dei fatti gli altezzosi francesi continuano a pensare che gli italiani sono pur sempre dei «macaronì», un po’ fascisti e un po’ faciloni. La decisione di Sarkozy rappresenta di fatto una pietra tombale sulla questione rifugiati. La partita, dopo il pasticcio Battisti e il caso Petrella, appare evidentemente chiusa per sempre.

Si dirà: un’altra lezione dalla patria dei diritti dell’uomo. Ma è così? La Francia (il rapporto del Consiglio d’Europa è del 2005) ha le prigioni peggiori d’Europa: tre tentativi di suicidio al giorno, un morto ogni tre giorni. È una di quelle emergenze nazionali di cui non si viene mai a capo. In queste galere, la République ha annientato i «suoi» pochi terroristi molto più di quanto non abbia fatto l’Italia con i suoi molti eversori. Un grappolo di persone, raccolte dentro la sigla di «Action directe» e sostanzialmente responsabili di due omicidi: un generale dell’Aeronautica e il presidente di Renault. I quattro capi di Ad sono stati condannati all’ergastolo e a una detenzione speciale: isolamento per una dozzina di anni con luce sempre accesa in cella. Uno è impazzito (Georges Cipriani), un’altra, ammalata di cancro, è stata liberata in stato terminale ed è morta due mesi dopo (Joelle Aubron), la terza ha sofferto ripetute ischemie cerebrali ed è stata liberata da poco (Nathalie Ménigon), il quarto Jean-Marc Rouillan, apparentemente sano, appena ottenuta la semilibertà dopo vent’anni di carcere ha dato un’intervista all’Express per dire più o meno quello che tutti i terroristi italiani hanno sempre detto ai media francesi. Ma il risultato è stato diverso: Rouillan è stato subito rimesso in gattabuia. E nessun politico o intellettuale ha protestato, nemmeno le sorelle Bruni Tedeschi.

Naturalmente Marina Petrella, precipitata in una gravissima depressione dopo l’arresto (e quindici anni di libera vita parigina), ha tutto il diritto di essere curata. Ma l’Italia ha sempre assistito i suoi terroristi. Prospero Gallinari, tanto per dirne uno, killer in via Fani e poi carceriere di Moro, è libero da anni per curare il suo cuore malato. Nessuno dei nostri è mai stato privato della libertà per una semplice intervista. Anzi...

Aspettando che il Guardasigilli Alfano chieda spiegazioni alla collega Rachida Dati, non resta che constatare la permanenza di un mistero: perché la Francia così severa con i suoi, è così clemente con gli italiani? Il «francese di ferro» che ha costruito la sua fortuna elettorale deportando migliaia di poveri cristi sanspapiers nelle ex colonie dell’Africa nera da dove erano fuggiti, si blocca di fronte a una terrorista condannata da uno stato sovrano e amico. Sarkozy voleva cancellare il ’68 e invece ha ceduto al più banale riflesso post sessantottardo. Un destino «italiano».
 
da lastampa.it
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