Renato MANNHEIMER. -
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Elezioni virtuali
Pdl primo partito, Idv sotto lo sbarramento se si andasse al voto con il nuovo sistema
Gli scenari possibili testando le ipotesi di riforma sui numeri delle elezioni del 2008
Uno dei compiti principali - e, secondo i sondaggi, più richiesti in questo momento dalla popolazione - attribuiti ai partiti mentre il governo tecnico procede con le riforme, è il varo, possibilmente unitario, di una nuova legge elettorale, al posto dell'attuale, unanimemente definita una «porcata». I leader delle tre forze politiche principali si sono riuniti e hanno stilato una prima bozza di accordo al riguardo, nella quale vengono delineati i principi ispiratori del nuovo ordinamento. Per quel che si comprende si tratta sostanzialmente di un ritorno al proporzionale con (forse) una soglia di sbarramento ai partiti più piccoli per impedire un eccessivo frazionamento delle rappresentanze parlamentari. Nel suo insieme, ciò comporta un sostanziale abbandono del sistema bipolare sperimentato in questi ultimi anni, forse non necessariamente del bipolarismo come tale. Una conseguenza importante dell'ipotesi messa a punto dai tre leader è che l'elettore non conoscerà più con certezza il governo sostenuto dal suo voto, ma dovrà lasciare, come un tempo, la scelta dei governi agli accordi e alle mediazioni tra i partiti dopo le elezioni, sulla base dei risultati di queste ultime. Tuttavia i margini di mediazione potrebbero essere diversi se il sistema individuasse un partito vincitore anziché una coalizione.
Naturalmente, è impossibile prevedere oggi quale sarà l'assetto parlamentare prodotto dalle nuove elezioni con questo sistema di voto poiché le scelte future dei cittadini sono ignote persino a una gran parte di questi ultimi, dato che nei sondaggi sulle intenzioni di voto, quasi metà degli intervistati dice di non sapere per che partito optare o di essere tentato dall'astensione.
Ma può essere egualmente interessante testare le indicazioni per il nuovo sistema elettorale sui risultati delle ultime consultazioni del 2008. Come sarebbe andata allora se si fosse votato già col nuovo sistema? Berlusconi avrebbe vinto lo stesso? La simulazione che proponiamo tenta di rispondere a questi quesiti ovviamente con un limite: basandosi sui risultati del 2008 la base di partenza presenta per definizione margini minori o maggiori comunque a favore di Berlusconi. Inoltre bisogna cambiare ottica: non chiedersi se c'è, come ieri c'era con l'ampio premio della legge, una coalizione vincente, ma solo un partito. In alternativa al vecchio premio di coalizione, si sta pensando a un premio più modesto (ipoteticamente di 36 seggi) da attribuirsi al partito che ottiene più voti (forse anche al secondo).
Ma prescindiamo per ora da questo premio e esaminiamo i risultati elettorali passati applicando la proporzionale pura e ipotizzando una diminuzione del numero dei deputati (abbiamo per ora limitato la simulazione alla Camera) a 500 invece dei 630 attuali, cioè con la soglia della maggioranza assoluta a 250. Assumendo una soglia di sbarramento al 4%, il Pdl sarebbe come partito più votato il perno del sistema. Tuttavia non si può dire che la governabilità sarebbe favorita e neanche l'alternanza: infatti le alternative sarebbero solo una riedizione dell'intesa Pdl-Lega con un solo seggio di maggioranza, una coalizione ancora più eterogenea con l'Udc o, a quel punto, la più probabile riedizione della Grande Coalizione attuale. Viceversa il Pd non otterrebbe la maggioranza neanche alleandosi contemporaneamente con l'Idv e l'Udc.
Con l'introduzione di una soglia di sbarramento più elevata (5%), Di Pietro perderebbe, secondo i risultati del 2008, la rappresentanza parlamentare. Di fatto se ne avvantaggerebbe il centrodestra: il Pdl potrebbe governare da solo con la Lega con 264 seggi e decidere se allearsi con l'Udc o dar vita a una Grande Coalizione rinnovata. Un risultato comunque appeso al fatto che qualche partito significativo resti sotto lo sbarramento.
Se ora si introduce l'ipotesi di un premio di maggioranza, il quadro si fa più roseo per il primo partito, nel nostro caso per il Pdl. Che non arriverebbe a disporre delle maggioranze attuali, ma potrebbe godere di un discreto vantaggio: infatti sarebbe da solo a 226 o 236 seggi, perno decisivo di un bipolarismo ristrutturato sul partito più grande, in grado di allearsi o con la sola Lega o con la sola Udc. Nel caso di un premio di maggioranza ripartito tra il primo e il secondo partito, la posizione dominante sarebbe assai più esigua.
Sin qui il computo effettuato per semplicità su base nazionale. Ma come si sa, vi è anche l'ipotesi di distribuire i seggi, applicando il sistema d'Hondt su base circoscrizionale. Come si vede dalla tabella, ciò avvantaggerebbe a sua volta i partiti maggiori e renderebbe forse sovrabbondante l'introduzione di un premio di maggioranza. Almeno, in questo caso, si tratterebbe di un computo «naturale» e non di una forzatura dei risultati. E comunque il Pdl recupererebbe il ruolo di partito-perno.
In definitiva, il nuovo ordinamento elettorale tende a rendere più rilevante il ruolo delle forze intermedie, rappresentate qui dall'Udc. Tuttavia possiamo dire che gli esiti sarebbero molto diversi: la distribuzione nazionale dei seggi alla tedesca col solo sbarramento (le prime due colonne) e quella corretta col premio ai primi due partiti (la quinta e la sesta) indebolendo il primo partito tendono a riprodurre abbastanza naturalmente la Grande Coalizione attuale, tendono al Monti-bis. Invece il premio al solo primo partito (terza e quarta colonna) e la soluzione simil-spagnola dell'assegnazione circoscrizionale tendono a rendere il primo partito il perno del sistema, rilanciando il bipolarismo su nuove basi. Insomma, non tutti i proporzionali si equivalgono.
Renato Mannheimer
5 aprile 2012 | 9:09 © RIPRODUZIONE RISERVATA
http://www.corriere.it/politica/12_aprile_05/elezioni-virtuali-pdl-primo-partito-mannheimer_3931f822-7ee1-11e1-a959-e67ffe640cb1.shtml
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L'Osservatorio
Emorragia di voti per la Lega: è al 6,6%
Se ne vanno giovani, operai e pensionati
La Lega Nord è nell'occhio del ciclone. E le drammatiche vicende interne del movimento di Umberto Bossi hanno avuto ripercussioni non solo sul partito dei lumbard, ma su tutto lo scenario politico.
Naturalmente, la più evidente conseguenza dello scandalo che ha coinvolto la Lega è stato il significativo incremento del trend di erosione dei suoi consensi. Come si sa, il Carroccio aveva ottenuto poco più dell'8% alle ultime elezioni politiche, per crescere ulteriormente sino a più del 10% alle successive europee del giugno 2009. Poi è cominciato il declino. Alla fine del febbraio scorso la Lega raccoglieva nei sondaggi il 9%. Che diveniva l'8,8% alla fine di marzo, il 7,9% il 4 aprile, sino alla perdita di più di un punto percentuale in pochi giorni, che la porta al 6,6% di oggi, il minimo registrato da molti mesi. C'è dunque stato un calo relativamente forte a seguito dello scandalo; ma quest'ultimo non ha fatto che accentuare l'andamento negativo già in atto da un periodo più lungo e originato dalla crisi interna che la Lega vive da molti mesi. In particolare, hanno abbandonato il Carroccio in misura maggiore gli elettori più giovani, gli operai e (ma un po' meno) i pensionati.
I voti persi dal Carroccio in questo lasso di tempo - e, in particolare, nell'ultima settimana - non sono andati, tuttavia, prevalentemente agli altri partiti. La gran parte si è rifugiata, per ora, tra gli indecisi e i tentati dall'astensione. Anche per questo, Roberto Maroni si è dichiarato certo di riuscire a recuperare questi consensi, «facendo pulizia» - a suo avviso già quasi terminata - nel suo partito, per tentare di ridargli un'immagine nuovamente «diversa» da quella delle altre forze politiche. Il problema, naturalmente, è vedere se l'ex ministro dell'Interno può riuscire nel suo intento. Interrogati al riguardo, gli italiani mostrano di avere molti dubbi a proposito: più dell'80% non crede che la Lega sia in grado di riscattarsi dal proprio declino. Sia a motivo della sua crisi interna, sia, specialmente, a causa della ricorrente ambiguità della linea politica e del frequente mutamento degli obiettivi strategici proposti in questi anni dal Carroccio. Solo il 14% (che sale al 35% - restando dunque una minoranza - tra gli elettori del centrodestra) la pensa all'opposto e ritiene che Maroni possa farcela.
L'operazione ipotizzata dal leader leghista appare dunque assai ardua. Anche se, teoricamente, egli può godere di un mercato potenziale di consensi molto ampio, sia pure in concorrenza con altri movimenti di opposizione. La profonda sfiducia nei partiti che, come si sa, è radicata nella popolazione, dà infatti luogo ad una diffusa richiesta di forze politiche «nuove», che si differenzino in toto da quelle tradizionali.
Si tratta di un fenomeno che si è ulteriormente ampliato negli ultimi giorni. Gli ultimi scandali finanziari che hanno coinvolto il Carroccio (dopo avere investito altri partiti), assieme ai ritardi e alle titubanze delle forze politiche nel varare una riforma che regoli e possibilmente tagli i loro abbondanti finanziamenti, hanno infatti contribuito la settimana scorsa a far scendere ulteriormente la stima espressa nei confronti dei partiti presenti sullo scenario politico. Questa si è ormai ridotta ai minimi termini: oggi solo il 2% della popolazione dichiara di avere fiducia nelle forze politiche. Il valore, già esiguo, del 4% rilevato il mese scorso, si è dunque addirittura dimezzato. Il 2% della popolazione adulta corrisponde a circa un milione di persone, vale a dire probabilmente meno di quanti sono attivamente coinvolti ai diversi livelli, da sostenitori a militanti, nei partiti. Ciò significa che una parte di chi vive comunque una vita di partito manifesta al tempo stesso sfiducia in quest'ultimo.
In più, ciò che ci sembra ancora più grave, questa perdita di consenso ha finito col riguardare anche le principali istituzioni democratiche. Ad esempio, la fiducia verso il Parlamento è scesa dal 25% rilevato un anno fa, nell'aprile 2011, al minimo storico dell'11% registrato oggi. Quasi nove italiani su dieci non credono più al principale organo elettivo della nostra nazione e non si sentono più rappresentati da quest'ultimo. Una crisi di consenso istituzionale gravissima. Di fronte alla quale occorrerebbe una reazione forte e immediata.
Renato Mannheimer
15 aprile 2012 | 9:15© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/12_aprile_15/emorragia-di-voti-per-la-lega-renato-mannheimer_2af4a14a-86c7-11e1-9381-31bd76a34bd1.shtml
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L'Osservatorio
Intenzioni di voto, Montezemolo e Marcegaglia piacciono a sinistra
I 5 stelle calano dal 18-19% di prima dell'estate al 15-16%
Non passa giorno senza che emerga un nuovo scandalo politico. O una nuova occasione per biasimare il comportamento di questo o quell'eletto (o gruppo di eletti) nelle assemblee nazionali o locali. Le vicende della Regione Lazio rappresentano solo l'ultimo tra gli episodi del genere. Uno degli effetti principali di tutto ciò è, come si sa, l'accrescersi della disaffezione verso la politica e, specialmente, verso i partiti tradizionali. Come si è già rilevato, una quota elevata (grossomodo la metà) dell'elettorato si dichiara intenzionata ad astenersi o è indecisa sul partito da votare. Altri si dirigono verso le forze più marcatamente di protesta, tra le quali primeggia il Movimento 5 stelle. Le intenzioni di voto per quest'ultimo, pur registrando un calo rispetto a prima dell'estate (18-19%) si collocano oggi su livelli comunque molto elevati (15-16%).
Emma Marcegaglia e Luca Cordero di Montezemolo nel 2008 (Afp)Emma Marcegaglia e Luca Cordero di Montezemolo nel 2008 (Afp)
L'ampia quota di elettori critici verso i partiti tradizionali indica l'esistenza di un enorme mercato potenziale per chi si presentasse assumendo un'immagine di diversità e novità rispetto all'offerta oggi esistente. Un po' come accadde dopo Tangentopoli, quando la crisi dei partiti di allora aprì lo spazio al successo di Berlusconi. Non a caso, diversi esponenti della «società civile» hanno manifestato in questi mesi l'intenzione più o meno velata a candidarsi a ruoli istituzionali, proponendo una cesura più o meno forte nei confronti della «vecchia politica».
Uno dei primi a farlo, già da diverso tempo, è stato Luca Cordero di Montezemolo. Nelle ultime settimane, poi, si è parlato di Emma Marcegaglia e di Corrado Passera (che peraltro ricopre già un ruolo di governo). Ancora, di recente, Oscar Giannino ha animato un movimento, che ha già avuto un largo seguito, estremamente critico verso i partiti tradizionali. E diversi altri soggetti esterni alla politica tradizionale si sono affacciati nelle ultime settimane. Qual è lo spazio potenziale di questi «nuovi» soggetti politici? È bene sottolineare che nessuno di essi ha iniziato una vera e propria campagna elettorale e che, quindi, l'ampia parte di popolazione che non segue da vicino le vicende politiche li conosce assai poco. Già oggi, tuttavia, le persone indicate paiono convincere una fetta consistente - anche se, beninteso, minoritaria - di cittadini.
In particolare, Emma Marcegaglia viene presa in considerazione per un eventuale voto alle elezioni da poco meno del 17%; Montezemolo dal 15%, Passera dal 12%. Oscar Giannino, assai meno conosciuto degli altri, tanto che più di un terzo della popolazione dichiara di non averlo mai sentito nominare, si colloca poco sotto l'8%. In qualche misura, vi è una sovrapposizione tra il pubblico di questi esponenti, nel senso che, per circa metà dei casi, chi dichiara di prendere in considerazione uno dei quattro, lo fa anche per almeno un altro. Ma, per il restante 50% si tratta di scelte esclusive, dirette unicamente verso uno dei nominativi qui citati. In generale, dichiarano l'intenzione di votare per i nomi indicati le persone con titolo di studio più elevato e i cosiddetti «colletti bianchi». Sul piano politico i loro sostenitori si collocano più spesso nel centrosinistra, con una accentuazione tra gli attuali elettori del Pd, ove il consenso supera il 20%. Ciò accade anche per Emma Marcegaglia e Luca di Montezemolo che pure sono stati presidenti della Confindustria. Entrambi, più di altri, raccolgono consensi anche nell'Udc.
Come si è detto, Giannino ottiene assai meno consensi, ma anche lui sembra conquistare in misura (relativamente) maggiore gli elettori del Pd (e, nel suo caso, quelli del Movimento 5 stelle) rispetto ai votanti per gli altri partiti. Nell'insieme, questi dati confermano l'esistenza di un iniziale segmento elettorale «nuovo» rispetto ai partiti tradizionali, che raccoglie consensi potenziali anche all'interno di questi ultimi. Si tratta dell'espressione di una prima generica disponibilità al voto, che è però il presupposto del voto stesso. Ma, come detto, la campagna elettorale può cambiare notevolmente questi risultati, nel senso di un loro accrescimento o, anche, di una loro contrazione.
Renato Mannheimer
23 settembre 2012 | 9:38© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/12_settembre_23/montezemolo-mercegaglia-piacciono-sinistra-mannheimer_7bc394da-054a-11e2-b23b-e7550ace117d.shtml
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L'Osservatorio
Premio di maggioranza, no da un italiano su due
La metà degli elettori preferirebbe un sistema proporzionale puro, lontano da molti dei progetti discussi in Parlamento
MILANO - Il dibattito sulla riforma elettorale è ancora in corso, senza che se ne veda, a tutt'oggi, una conclusione. Tanto che molti esponenti politici si dichiarano convinti che in primavera si andrà a votare ancora una volta con il tanto deprecato Porcellum, magari lievemente modificato. Insomma, malgrado le promesse dei partiti (al convegno dei Giovani industriali a Santa Margherita nel giugno scorso, i principali leader garantirono il varo del provvedimento entro tre settimane), le caratteristiche del nuovo ordinamento sono lontane dall'essere definite. Restano tuttora in discussione elementi cruciali come l'introduzione o meno delle preferenze e la misura del premio di maggioranza. Al riguardo, abbiamo visto come le preferenze siano richieste a gran voce dai cittadini. La maggioranza degli italiani le interpreta, a torto o a ragione, come una riappropriazione del potere di scelta dei parlamentari da parte del popolo e ritiene invece non così importanti i pericoli di inquinamento e di manipolazione del voto che, storicamente, le preferenze hanno comportato.
PREMIO DI MAGGIORANZA - L'altro grande tema in discussione è il premio di maggioranza. Come si sa, quest'ultimo, pur alterando di fatto, in misura minore o maggiore, l'esito delle consultazioni, garantisce quella governabilità che un sistema proporzionale puro spesso impedisce o comunque rende più difficile, specie in presenza di una frammentazione partitica elevata come in Italia. Ancora una volta, è emerso un orientamento della popolazione che in parte differisce da molti dei progetti attualmente discussi in Parlamento. Poco più del 50% degli intervistati, infatti, si dichiara contrario al premio di maggioranza e incline a un sistema proporzionale puro. Una minoranza, anche se consistente (36%), si esprime invece a favore dell'applicazione del premio. È ragionevole pensare che l'orientamento prevalente della popolazione, avverso al premio, sia legato anche ad una reazione contro la misura attuale - ritenuta eccessiva - di questo bonus. In generale l'atteggiamento dei cittadini è ancora una volta spiegabile con il desiderio di riprendere un maggior controllo sulla composizione del Parlamento e sulla vita politica del Paese nel suo complesso. Risultano comunque relativamente più favorevoli - anche se in misura sempre minoritaria - al mantenimento del premio di maggioranza i cittadini con titoli di studio più elevati e posizioni sociali più «centrali», i giovani e gli elettori collocati nel centro e nel centrodestra (anche se, come emerge dai sondaggi, oggi il premio di maggioranza conviene specialmente al Partito democratico e al centrosinistra).
I PARTITI E IL PAESE - In generale, non è necessario né forse opportuno basarsi sulle opinioni dei cittadini per definire il sistema elettorale. Come è facile intuire, la maggior parte degli intervistati non può conoscere tutte le problematiche tecniche e le conseguenze dei sistemi elettorali e non ne sa pertanto valutare fino in fondo vantaggi e svantaggi. Ma l'atteggiamento degli italiani può quantomeno suggerire l'introduzione di un contenimento dell'entità attuale del premio, già richiesta dalla Corte e prevista peraltro da alcuni dei progetti presentati in Parlamento. In realtà, occorrerebbe definire un sistema elettorale che risponda il più possibile alle necessità del Paese e coniughi al meglio rappresentatività e governabilità (a nostro avviso, avvicinandosi al modello francese a doppio turno). Viceversa, i partiti sembrano pensare sempre più spesso a un sistema elettorale che permetta loro di vincere le prossime elezioni. Tanto che le regole che propongono mutano in relazione agli esiti dei sondaggi di cui via via vengono a disporre. Un'ottica miope e di breve periodo che non fa il bene del Paese.
Renato Mannheimer
4 novembre 2012 | 17:50© RIPRODUZIONE RISERVATA
DA - http://www.corriere.it/politica/12_novembre_04/premio-maggioranza-sistema-proporzionale-mannheimer_7aa8b2da-264f-11e2-8015-d7b141f471a2.shtml
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L'Osservatorio
Discesa in campo di Monti, sì dal 30%
Più tra i votanti pd che nel Pdl
Favorevole il 44% tra i democratici, no da 8 su 10 nel centrodestra
Tutti - cittadini, forze politiche, osservatori internazionali - attendono (qualcuno anche con apprensione) di sapere se Monti accetterà di candidarsi alle elezioni. La sua discesa in un campo più direttamente politico è auspicata da molteplici persone e istituzioni, ma è, al tempo stesso, vista con sfavore da molti altri, a partire dai dirigenti del partito che raccoglie oggi la più ampia quota di consensi, il Pd. Anche l'insieme dell'elettorato si divide riguardo a una simile prospettiva. Una quota ampia - circa il 30% - la vede con favore. Si tratta, in particolare, dei cittadini di età centrale, con titoli di studio relativamente più elevati. Dal punto di vista politico, si rileva una più accentuata presenza di favorevoli nell'elettorato dell'Udc, ma anche in quello stesso del Pd: quasi metà (44%) dei votanti per il partito di Bersani dichiara di auspicare la candidatura del Professore, nonostante il parere contrario del segretario. È un altro segno delle differenze di opinione (in certi casi, delle fratture) che caratterizzano già ora il maggiore partito italiano e che potrebbero creare in futuro non pochi problemi a quest'ultimo.
Ma, a fronte dei favorevoli, si contrappone un gruppo, assai più numeroso (61%), di contrari, di varia provenienza politica e sociale. Vi si trovano, in misura relativamente maggiore, i cittadini di più giovane età, i residenti al Sud (e nei piccoli comuni) e, specialmente, gli elettori del Pdl, ove la contrarietà raggiunge quasi l'80%. Ma anche la netta maggioranza dei votanti per la Lega e per il Movimento 5 Stelle (in entrambi i casi il 70%) si dichiara contraria a una candidatura di Monti.
Nell'insieme, tuttavia, i fautori di una presenza del Professore alle prossime elezioni risultano, considerando l'intera popolazione, più di quelli che auspicano la candidatura di Silvio Berlusconi.
Al di là del generico favore (o sfavore) per la discesa in campo del Professore, ci si deve però domandare quale sarebbe l'effettivo seguito su cui Monti potrebbe contare nel caso formasse una sua lista e quello che otterrebbe coalizzandosi con le altre forze politiche che già hanno espresso valutazioni positive sulla sua candidatura. Oggi circa il 3-5% dell'elettorato si dichiara già pronto, senza riserve, a votare alle elezioni una lista capeggiata da Monti. È meno di quanto alcuni osservatori si aspettano, ma occorre ricordare che, anche in passato, alcuni leader sono riusciti a conquistare una platea vasta, pur partendo inizialmente da un consenso limitato. E che altri hanno influito fortemente sulla politica italiana disponendo di meno del 10%. In ogni caso, accanto ai voti «certi», occorre tener conto già oggi del mercato potenziale, composto da chi, pur non avendo già deciso di votarlo, dichiara però di prendere seriamente in considerazione l'opzione per il Professore. Si tratta di un altro 8-10% di elettori. Naturalmente, computando anche gli attuali votanti per l'Udc (in questo momento a circa il 5-6%), per Italia Futura (attualmente attorno al 2%) e per Fermare il declino (1%), il mercato potenziale dei consensi per una coalizione che si ispiri a Monti si accrescerebbe ulteriormente.
Sin qui la situazione attuale. Tuttavia, proprio in queste ore, il quadro delle forze politiche va cambiando rapidamente. Ad esempio, sembra che una parte significativa degli esponenti del Pdl (ma anche, forse, qualcuno del Pd) stia valutando la possibilità di passare ad una lista Monti, nel caso questa si costituisse. Ciò che potrebbe ampliare la platea dei sostenitori di quest'ultima.
Ma, sopratutto, occorre ricordare che una presenza diretta di Monti nella competizione elettorale muterebbe completamente - in positivo per alcuni, in negativo per altri - l'atteggiamento (anche emotivo e psicologico) degli elettori nei confronti dell'offerta politica. Mobilitando ad esempio, in un senso o nell'altro, i molti indecisi (la cui quantità è comunque diminuita negli ultimi giorni). Da questo punto di vista, una candidatura effettiva potrebbe rendere in qualche misura obsolete diverse delle stime ipotizzate sin qui. Non resta dunque che attendere la decisione del Professore.
Renato Mannheimer
16 dicembre 2012 | 7:52© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - http://www.corriere.it/politica/12_dicembre_16/monti-sondaggio-mannheimer_d5d31fa8-474a-11e2-adc8-d4e6244fe619.shtml
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