Berlusconi hard: dove finisce il gossip e incomincia la pornopolitica
A meno di clamorosi ripensamenti, non ci sarà più un decreto
intercettazioni. I presupposti della necessità e dell'urgenza sembrano
svaniti d'incanto. Quella necessità e quella urgenza che l'art. 77, comma
2°, Cost. pretende collegate a "casi straordinari" perché il Governo possa
legiferare per decreto.
Ma mentre il Costituente evidentemente pensava alla cura dell'interesse
generale, da quanto trapelato sembra che il presidente del Consiglio
Berlusconi volesse proteggere il più personale degli interessi. Necessità e
urgenza a fronte dell'imminenza della pubblicazione di alcune
intercettazioni che lo ritrarrebbero in estenuanti giochi erotici con
giovani ministre; e mentre parla con l'amico Confalonieri delle tangenti
sessuali versategli dalle stesse in cambio di una rapida e folgorante
carriera politica.
Dunque, un decreto legge per occultare quelle conversazioni, ma
ufficialmente emanato per salvaguardare la privacy dei cittadini dall'oppressione
giudiziaria. Il blocco definitivo dell'Informazione per impedire una singola
pubblicazione. Se questo decreto legge fosse stato emanato, ci saremmo
trovati di fronte al più clamoroso caso di censura mai registrato nel mondo
occidentale.
A parte ciò, la vicenda riapre l'annosa questione dei limiti del diritto di
cronaca. La domanda che va posta è la seguente: fino a che punto si estende
la tutela della riservatezza del personaggio pubblico?
Come sempre, la risposta va ricercata nell'interesse pubblico che la
pubblicazione è destinata a soddisfare. Un interesse pubblico che va
valutato nella maniera più obiettiva, per evitare che si confonda con la
curiosità morbosa, sempre all'erta quando ad essere diffusi sono particolari
della vita sessuale, considerati dall'art. 4, comma 1° lett. d) del Codice
della Privacy quali dati sensibili.
La risposta è nel codice di deontologia dei giornalisti, parte integrante
del Codice della Privacy. Da un lato, l'art. 6, comma 2°, secondo cui "La
sfera privata delle persone note o che esercitano funzioni pubbliche deve
essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro
ruolo o sulla loro vita pubblica". Dall'altro, l'art. 11, comma 2°, che
ammette la descrizione delle abitudini sessuali "nell'ambito del
perseguimento dell'essenzialità dell'informazione e nel rispetto della
dignità della persona se questa riveste una posizione di particolare
rilevanza sociale o pubblica".
La soluzione, quindi, è semplice. Il personaggio pubblico, soprattutto il
politico, ha un rapporto con la collettività. Un rapporto caratterizzato
proprio dal tipo di funzione, espletata su delega di quella collettività che
la Costituzione considera titolare della sovranità ("La sovranità appartiene
al popolo", dice l'art. 1). Si tratta di un rapporto continuo, che deve
svilupparsi nella massima trasparenza e verità. Incaricata di mantenere il
collegamento tra personaggio pubblico e collettività è proprio l'Informazione
(e, per essa, il giornalista). Ebbene, il dato sessuale (sensibile) può
essere diffuso se la sua conoscenza incide sul rapporto del personaggio
pubblico con la collettività.
Ora, nel caso in questione, non può certo considerarsi di interesse pubblico
conoscere le parole che fanno da contorno ai giochi erotici telefonici di
Berlusconi con alcune sue ministre. Che Berlusconi sia un maiale francamente
non deve interessare nessuno, se non lui e le sue interlocutrici, che pare
non siano da meno. Per costoro, essere maiali non può in alcun modo
pregiudicare l'esercizio delle loro funzioni pubbliche. Insomma, siamo nel
peggior gossip, che penetra nella sfera (più) privata del personaggio
pubblico e che invece va tutelata come quella di qualsiasi soggetto. Quelle
conversazioni non costituiscono notizia. La loro pubblicazione costituirebbe
una palese violazione del diritto alla riservatezza.
Stessa conclusione va adottata per quelle conversazioni che pare siano state
intercettate tra due ministre e vertenti sul come gratificare sessualmente
Berlusconi, con particolare riferimento a precise anatomie. E' chiaro che da
tali conversazioni la collettività non potrebbe trarre spunti sul come il
presidente del Consiglio e le sue ministre governano l'Italia. Trattasi di
conversazioni la cui acquisizione obiettivamente non può incidere sul
rapporto che li lega alla collettività, poiché i destini del Paese non
dipendono minimamente dall'organo sessuale di Berlusconi, né dal come alcune
ministre si consigliano di maneggiarlo. Qui siamo al livello del caso
Sircana, il cui accostarsi in auto ad una prostituta transessuale non poteva
minimamente incidere sulla sua attività di portavoce del governo Prodi.
Opposte conclusioni vanno invece tratte dalla telefonata intercettata tra
Berlusconi e l'amico Confalonieri, da dove emergerebbe che la nomina di
alcune ministre è sostanzialmente dipesa dai loro favori sessuali. Sebbene
la composizione del governo rientri nei poteri discrezionali di un premier,
non c'è dubbio che l'assegnazione di un dicastero in base alla disponibilità
sessuale della sua titolare costituisca comportamento non solo vergognoso,
ma anche dannoso per la stessa collettività, che di conseguenza ha il
diritto di sapere. L'intreccio tra sesso e affidamento di delicatissime
funzioni pubbliche sconfina nella pornopolitica, stretta parente della
corruzione. Qui l'interesse pubblico alla conoscenza di quelle conversazioni
riemerge in tutta la sua pienezza prevalendo su qualsiasi profilo di
riservatezza. Qui c'è la notizia, perché la pubblicazione mira a ristabilire
il rapporto tra Berlusconi, ministre e collettività in termini di verità.
Una verità, peraltro, particolarmente imbarazzante se si pensa allo
stridente contrasto che produce l'accostamento del nome di uno di questi
dicasteri al comportamento di chi avrebbe ceduto le proprie grazie per
ottenerlo. E che, nel contempo, allontana sempre di più il Cavaliere dal
sogno di salire un giorno al Quirinale, per avvicinarlo alla figura
ironicamente evocata da Di Pietro soltanto qualche giorno fa.
da
spaziolibero@margheritaonline.it