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Autore Discussione: DRAGHI:  (Letto 30846 volte)
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« Risposta #30 inserito:: Novembre 26, 2009, 03:56:08 pm »

ECONOMIA
     
Il governatore a un convegno a Palazzo Koch sottolinea tutti i problemi e le carenze del Sud: le mafie "si infiltrano nelle amministrazioni locali"

Draghi, allarme Mezzogiorno "Tanta criminalità e pil deludente"

Napolitano: "Anche il Nord ha bisogno del Meridione"


ROMA - Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, lancia l'allarme sulla situazione del Mezzogiorno: in un convegno sul Sud in corso a Palazzo Koch spiega che nel nostro Meridione "la criminalità infiltra le pubbliche amministrazioni"; che "da lungo tempo" ci sono "risultati economici deludenti", col "divario di Pil pro capite rispetto al Centronord che è rimasto sostanzialmente immutato per trent'anni. Per questo occorre cambiare prospettiva: "Investire in applicazione, piuttosto che in sussidi".

E al convegno partecipa anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Che all'uscita, dopo aver ascoltato l'intervento di Draghi, dichiara: "Tutte le parti del paese, anche il Nord, hanno bisogno che il Mezzogiorno si sviluppi se vogliamo un recupero e il rilancio dell'economia italiana nel suo complesso. E' una crescita che va sostenuta nell'avvenire".

Il divario economico.INel suo discorso il governatore non nasconde l'arretratezza del Sud: "Ci vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo; rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell'area euro". "Il processo di cambiamento è troppo lento - continua - mentre le altre regioni europee in ritardo di sviluppo tendono a convergere verso la media dell'area, il Mezzogiorno non recupera terreno". E infatti, "nel 2008 la contrazione del Pil meridionale è stata più severa di quella del Centro Nord: -1,4% contro -0,9%".

Il divario nei servizi. "Scarti allarmanti di qualità" tra Centronord e Mezzogiorno nei servizi essenziali per i cittadini e le imprese: Draghi cita, a questo proposito, istruzione, giustizia civile, sanità, asili, assistenza sociale, trasporto locale, gestione dei rifuti, distribuzione idrica.

I problemi con le banche. Su questo fronte, non c'è un divario consistente: "Non ci sono marcate divergenze nell'andamento del credito bancario tra il Centro Nord e il Mezzogiorno. Con al crisi i prestiti alle famiglie hanno rallentato fortemente in entrambe le aree territoriali, continuando tuttavia a crescere di più al Sud. I prestiti alle imprese e il costo del credito hanno avuto, pur partendo da livelli diversi, dinamiche simili nelle due aree".

Allarme criminalità. Anche su questo, Draghi non nasconde la gravità della situazione: "Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile". Questo perché "alla radice dei problemi stanno la carenza di fiducia tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione al rispetto delle norme, l'insufficiente controllo degli elettori verso gli eletti, il debole spirito di cooperazione: è carente il 'capitale sociale'".

La ricetta del governatore. Eccola: "Occorre investire in applicazione, piuttosto che in sussidi. Tradurre questa impostazione in atti concreti di governo non è facile". Ma "i sussidi alle imprese sono stati generalmente 'inefficaci', non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole delle attività produttive".

(26 novembre 2009)
da repubblica.it
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« Risposta #31 inserito:: Gennaio 09, 2010, 10:48:49 pm »

Il governatore: "Merito delle politiche espansive anticrisi"

Ma ricorda che sono misure eccezionali e gli Stati dovranno rifinanziarsi

Draghi, mercati meglio delle previsioni

"Ma la situazione è ancora fragile"


ROMA - La situazione del sistema finanziario oggi è "molto migliore di quanto ci si poteva attendere un anno fa, ma allo stesso tempo non è così positiva come credono i mercati". Lo ha affermato il presidente del financial stability board, Mario Draghi, governatore della Banca d'Italia.

Innanzitutto perchè la situazione attuale riflette le politiche espansive messe in campo per contrastare la crisi, che tuttavia sono a carattere eccezionale. Inoltre, Draghi ha rilevato che le future necessità di rifinanziamento delle istituzioni finanziarie "sono veramente notevoli". E allo stesso tempo, più a lungo termine anche le necessità di finanziamento dei governi diventeranno "straordinarie", ha avvertito il governatore.

Inoltre, ha sottolineato Draghi al termine della riumuine plenaria dell'ente transnazionale  che si è tenuta a Basilea, "dopo la crisi finanziaria degli ultimi due anni alcuni banchieri stanno di nuovo assumendo posizioni di rischio, ed è necessario che le loro retribuzioni vengano adeguate ai rischi presi".

I paesi del Financial Stability Board stanno procedendo a modificare le regole sulla vigilanza sulle retribuzioni nel settore bancario, in modo che risultino maggiormente allineate al contesto di prese di rischio. Secondo l'Fsb bisogna puntare a pratiche "giudiziose" (sound) sulle retribuzioni.

Il mese scorso lo stesso Fsb ha deciso di avviare un monitoraggio della messa in opera di principi e standard individuati per questa area, ha aggiunto Draghi. E come richiesto dai leader del G20, entro il marzo del 2010 si punta a completare questo monitoraggio e a pubblicarne i risultati con un rapporto.

 

(09 gennaio 2010)
da repubblica.it
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« Risposta #32 inserito:: Gennaio 31, 2010, 10:46:37 am »

Il governatore illustra i tre "pilastri" per un funzionamento vistuoso del sistema

"Trovare regole comuni che poi ogni paese gestirà autonomamente"

A Davos i Grandi della finanza

Draghi: criteri globali anti-crac


DAVOS - Banchieri centrali, governi, organizzazioni economiche internazionali, lavorano ad una "riforma su tre pilastri" per mettere il sistema finanziario mondiale al sicuro dal rischio di fallimenti di grande banche, una lezione che ci ha dato la crisi. Mario Draghi, il governatore di Bankitalia, sintetizza così i perni del "progetto del Financial Stability Board che va avanti da 5-6 mesi", e su cui a Davos, in un serrato programma di riunioni ai massimi livelli a margine del World Economic Forum, si è tentato di definire una soluzione: "Ridurre il rischio di fallimenti di grande dimensione; ridurre la probabilità di questi fallimenti; mettere in campo dei meccanismi che permettano una gestione ordinata di questi fallimenti".

Tra i possibili strumenti emerge l'ipotesi forte di una authority "che abbia il potere, i fondi, il budget, e la competenza per gestire i fallimenti in maniera ordinata", dice Draghi; così come quella di una soprattassa "per gli istituti che sono troppo grandi per fallire o che sono sistemicamente importanti".
Obiettivi chiari, confronto ancora aperto sulle soluzioni.

Sul tavolo del confronto a Davos (oggi anche con il consigliere economico della Casa Bianca Larry Summers, ed i ministri delle Finanze francese, Christine Lagarde, e inglese, Alistair Darling, ma anche politici e banchieri) non sarebbe arrivata la proposta di far pagare alle banche un "gettone", una sorta di assicurazione per alimentare un fondo anti-fallimento che consentirebbe di non far pesare sulle risorse pubbliche il costo di eventuali collassi delle banche "too big to fail". "Di questo non se ne è discusso", dice Draghi. Ma c'è comunque, indica il governatore di Bankitalia, l'ipotesi di creare in qualche modo "un capitale di emergenza". Mentre il presidente della Bce Jean Claude Trichet incalza: "Serve un insieme globale di regole che siano coerenti e consistenti. Se non avremo un sistema di regole globale, correremmo il rischio di una catastrofe". La strada, da quanto trapela dalle riunioni a porte chiuse di Davos, potrebbe essere quella di far "pagare" alle banche i rischi di eccesso di esposizione, di rapportare quindi una eventuale tassa al rapporto indebitamento e solidità patrimoniale. La difficoltà è quella di arrivare a regole universali, dagli Usa all'Europa, valide in Paesi, viene fatto notare, "che hanno sistemi molto diversi, basta pensare alle "robin hood tax" dell'Italia.


L'economista Nouriel Roubini, che ha partecipato agli incontri a porte chiuse di Davos, dice di aver assistito ad "un dialogo che va avanti, molto costruttivo e utile", le banche su un fronte, il pressing di governi e regolatori dall'altro, con l'obiettivo "di raggiungere entro la fine dell'anno" un accordo. La "volontà di tutti" nell'andare avanti c'è, ed è già un importante risultato raggiunto a Davos. Lo sottolinea Draghi: è emersa, dice, "una volontà condivisa di portare avanti una riforma del sistema finanziario, nell'impegnarsi in questa direzione" espressa da "governi, politici, economisti, banchieri, regolatori, da parte di tutti" gli intervenuti al tavolo dei confronti a porte chiuse a margine del forum sulle alpi svizzere.

(30 gennaio 2010)
da repubblica.it
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« Risposta #33 inserito:: Febbraio 01, 2010, 10:28:01 am »

Il governatore della Banca d'Italia dopo gli incontri a porte chiuse tra i leader della finanza al forum economico di Davos in Svizzera

Draghi: "Governi d'accordo per una riforma della finanza"


DAVOS - Dai confronti a porte chiuse sulla crisi a margine del forum economico di Davos, in Svizzera,  emerge "una volontà condivisa nel voler portare avanti la riforma del sistema finanziario con un impegno di tutti in questa direzione". Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, a conclusione della riunione dei leader della finanza, specificando che dagli incontri emerge il consenso di "governi, politici, economisti, banchieri, regolatori". Come già ieri, sera questa mattina sono stati visti entrare alla riunione ministri delle Finanze, come la francese Christine Lagarde e l'inglese Alistair Darling. C'era il consigliere economico della Casa Bianca, Larry Summers. Ed è arrivato il commissario europeo Joaquim Almunia, per un vertice oggi allargato anche a banchieri e industriali. Altri incontri ci saranno in giornata per continuare a fare il punto, con una valutazione comune, sulla crisi e per portare avanti il tema di più stretta attualità di una riforma per banche e sistema finanziario.


"C'è una comune volontà di impegnarci su questo fronte", ha detto Mario Draghi lasciando il congress center di Davos dopo la riunione di questa mattina. Il governatore della Banca di Italia partecipa a questa serie di confronti al vertice (ieri con banchieri centrali, organizzazioni economiche internazionali, ministri delle finanze; oggi allargata anche a politici, banchieri e manager) nel suo ruolo di presidente del Financial Stability Board creato per monitorare ai massimi livelli crisi e strumenti di intervento.

Draghi parla dei "tre pilastri" per una riforma del sistema della finanza e delle banche. "C'è un progetto del Financial Stability Board che va avanti da 5-6 mesi", spiega il governatore, "diretto a ridurre il rischio di fallimenti di grande dimensione; a ridurre la probabilità di questi fallimenti; a metter in campo dei meccanismi che permettano una gestione ordinata di questi fallimenti".


Il governatore di Bankitalia ha poi smentito la notizia del Financial Times di oggi su un fondo di salvataggio delle banche per arginare il peso di eventuali fallimenti: "Non se ne è discusso",  ha detto Mario Draghi, smentendo la notizia. Secondo il giornale britannico che ha intervista alcuni banchieri presenti a Davos, le istituzioni bancaria starebbero pensando a  un fondo, proveniente quasi esclusivamente dalle banche , che servirebbe  come un assicurazione per evitare le ricadute di eventuali fallimenti di istituti. "Servirebbe - ha detto Josef Ackermann - per aiutare a risolvere problemi di grandi bancarotte". Anche il presidente della Barclays, Bob Diamond  ha spiegato al giornale che "il G20 avrebbe bisogno di questo schema assicurativo".

(30 gennaio 2010)
da repubblica.it
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« Risposta #34 inserito:: Marzo 09, 2010, 10:53:20 pm »

8/3/2010 (21:33)

Draghi: "Regole contro gli speculatori"
   
Il governatore di Bankitalia da Basilea: "No a regole uniche ma evitare rischi"

Trichet: «Continua la crescita globale»

BASILEA

Non esiste una regola unica valida in tutto il mondo che possa evitare i rischi all’intero sistema causati da fallimenti di banche troppo grandi. Mentre il mercato dei Cds, che in queste settimane ha soffiato sulla speculazione causata dalla crisi della Grecia, crea una «forte insicurezza», può portare rischi all’intero sistema e va quindi regolato. Il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi fa il punto dei lavori dell’Fsb, l’organismo da lui presieduto incaricato di scrivere le nuove regole della finanza mondiale e che a Basilea riunisce lo steering comitee in contemporanea con la riunione della Bri.

Draghi tiene una conferenza stampa dopo quella del presidente della Bce Jean Claude Trichet che, nella sua veste di presidente del Global Economy Meeeting ha ascoltato il polso della situazione mondiale dai rappresentanti delle banche centrali di mezzo mondo. «La crescita - afferma Trichet sulla base di queste indicazioni - continua a restare positiva» e induce le autorità di vigilanza un poco ovunque, compresa la ’suà Bce, a ritirare con gradualità le misure straordinarie prese nell’apice della crisi per sostenere i mercati fornendo innanzitutto liquidità a pioggia. Una decisione che però, ammonisce Trichet, non deve essere male interpretata nel senso di un prossimo rialzo dei tassi. Dopo Trichet è la volta di Draghi che aggiorna sullo stato dell’arte dei lavori Fsb sui punti cardine: la riforma di Basilea 2 in tema di liquidità e capitale, il problema delle banche troppo grandi per fallire, le retribuzioni dei manager, il mercato Otc e la convergenza delle diverse regole di contabilità in Europa e Usa.

Nelle ultime settimane gli Stati Uniti hanno un poco sparigliato le carte con la decisione di introdurre la regola Volcker, ovvero la separazione nelle grandi banche delle attività di investimento più rischiose a quelle tradizionali coperte dalla garanzia dello Stato. Per Draghi «l’agenda dell’Fsb va avanti» e le misure venute fuori in questi ultimi tempi come la regola Volcker ma anche le proposte per una tassazione aggiuntiva (che verrà discussa con l’Fmi) attengono più alle scelte dei governi e autorità nazionali che devono fare i conti con la loro situazione locale. Bisogna perciò contare su un terreno comune solido di regole e principi e un mix di misure che a volte sono uguali e obbligatori per tutti, come le norme di Basilea sul capitale, a volte no «come per la separazione delle attività o l’imposizione di una struttura legale» per le quali «l’armonizzazione è minima» . Proprio i timori di effetti negativi dall’introduzione di requisiti di capitale più alti e limiti per l’indebitamento hanno provocato critiche da parte di molte associazioni bancarie europee e americane.

Il ragionamento che circola nell’Fsb, spiegano diverse fonti interpellate, è che i problemi delle banche in Europa sono molto diversi fra loro, con Francia, Italia e Germania che hanno nessuna o poche banche coinvolte mentre la Gran Bretagna deve fare i conti con una diversa realtà. Per questo il settore bancario europeo dovrebbe attendere il varo delle misure. Per incentivare le banche a pensare a una visione più a lungo termine, anche tenendo conto che l’epoca dei bassi tassi non può durare all’infinito e che bisognerà rifinanziare una cospicua massa di debito privato, Draghi ritiene opportuno riaprire il canale delle cartolarizzazioni, «finito a secco» a seguito della crisi rendendo diverso rispetto a prima con più trasparenza e semplicità. Dove occorre mettere mano alla regolamentazione, anche se non è ancora chiaro come, è il mercato dei Cds: «quando qualcosa ha implicazioni sistemiche si può scommettere che si avrà una regolamentazione sistemica».

da lastampa.it
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« Risposta #35 inserito:: Marzo 17, 2010, 08:31:23 pm »

Il governatore di Bankitalia, al Parlamento europeo, smorza le attese di un immediato superamento della crisi

"Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento, ma i bilanci sono ancora esposti"

Draghi: "Ripresa disomogenea Debole in Europa, fragile ovunque"


BRUXELLES - "La ripresa è disomogenea, debole in Europa, ancora fragile ovunque": Il governatore di Bankitalia e presidente del Financial stability board, Mario Draghi, intervenendo al Parlamento europeo, smorza così alcuni facili entusiasmi sul superamento della crisi economica. "Quasi tutte le banche sono sulla via di risolvere i problemi di finanziamento, ma i loro bilanci sono ancora esposti a elementi di fragilità legate soprattutto allo stato della ripresa economica" spiega Draghi.

E così, vista la "fragile" ripresa, nonostante le "pressioni per diluire il rigore degli standard" della regolamentazione, resta necessario il "coordinamento fra le diverse giurisdizioni" per creare "un meccanismo di gestione dei processi" degli eventuali fallimenti delle banche "in modo precoce e ordinato".

E' il sistema creditizio quello su cui Draghi focalizza l'attenzione. Mettendo in guardia dal fatto che le nuove regole sui requisiti di capitale delle banche "non danneggino la ripresa". Nonostante questo, aggiunge, "non dobbiamo permettere che le attuali situazioni di difficoltà incidano sulla definizione dei nuovi standard".  Draghi non nega l'esistenza di "resistenze" verso le nuove regole e parla del lavoro che sta svolgendo l'Fsb, soprattutto per quanto riguarda le cosidette banche 'troppo grandi per fallire': "Il costo del fallimento potenziale di queste banche ricadrebbe su tutti, perchè queste istituzioni sanno di essere troppo grandi per fallire e prendono più rischi, perchè sanno che i governi non le abbandoneranno. Ecco perchè i governi devono intervenire per risolvere il problema".

Infine Draghi fissa una scadenza precisa: "Il 2010 sarà l'anno cruciale per la messa in atto di quelle che finora sono state proposte a livello politico per la regolamentazione e la stabilità dei mercati finanziari e del settore bancario".

(17 marzo 2010)
da repubblica.it
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« Risposta #36 inserito:: Luglio 15, 2010, 12:34:55 pm »

E sulla situazione economica: «Incerte prospettive sul lavoro, bisogna puntare a crescita»

Draghi: «Accelerare su equilibrio conti»

Il governatore di Bankitalia: necessaria una correzione di rotta rispetto alle tendenze degli ultimi decenni


ROMA - La manovra economica? «Era inevitabile agire al più presto». Ne è convinto il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che ha preso la parola all'assemblea dell'Abi, l'Associazione che riunisce le banche italiane. «Se la correzione possa effettivamente consentire di raggiungere gli obiettivi di indebitamento netto - ha sottolineato - potrà essere valutato solo nei prossimi mesi, anche tenendo conto del quadro macroeconomico e delle sue retroazioni sul bilancio». Draghi ha in ogni caso sottolineato che «un'accelerazione del rientro dagli squilibri nei conti pubblici è indispensabile» e ha rilevvato come fosse necessaria «una decisa correzione di rotta rispetto alle tendenze dell'ultimo decennio». Ma ha rilevato che «la stima degli effetti del contrasto all'evasione presenta incertezze».

Per il governatore «l'effetto sulla ripresa sarà positivo se il risanamento contribuirà a ridurre gli spread sui titoli sovrani». Quanto alle prospettive economiche, Draghi ha spiegato che «non c'è alternativa alla ripresa della crescita» che in Italia deve essere spinta «dalle riforme». E in questo, ha detto ai suoi interlocutori, «le banche hanno un posto speciale nel sostegno alla crescita» e, se forti, «sono e saranno il suo pilastro». Quanto alla situazione attuale dell'Italia, ha annotato il governatore, «consumi e investimenti restano deboli, perchè i redditi reali ristagnano, le prospettive di occupazione sono incerte».


15 luglio 2010
http://www.corriere.it/economia/10_luglio_15/draghi-conti-pubblici-ripresa-occupazione_936eab5a-8ff0-11df-b54a-00144f02aabe.shtml
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« Risposta #37 inserito:: Agosto 03, 2010, 06:48:47 pm »

Tentazione Draghi. Ha giò pronto un programma per guidare un governo tecnico

Lotta all'evasione, nessun condono e federalismo fiscale. Rigore nei conti, ma senza alzare le tasse

Silvio Berlusconi ha chiaro il problema: se il governo non ce la farà a sopravvivere all’allontanamento dal Pdl dei 34 deputati vicini a Gianfranco Fini, il Quirinale potrebbe non sciogliere le Camere ma favorire un governo tecnico per assicurare la tenuta finanziaria del Paese e approvare la probabile manovra-bis in autunno. Oltre a quello di Giulio Tremonti, il nome che circola per la guida di un esecutivo di transizione è quello di Mario Draghi.

Il ministro del Tesoro ha dimostrato in questi mesi, in cui ha preso in mano tutta la gestione della manovra e della politica economica, quale idea abbia di come governare il Paese. E lo stesso, sia pure con i modi e i toni che gli impone la sua funzione di governatore della Banca d’Italia, ha fatto Draghi, uno degli invitati a casa di Bruno Vespa, un mese fa, la sera in cui Berlusconi inseguiva la stabilità della base parlamentare del governo, cercando un’intesa con l’Udc di Pier Ferdinando Casini.

Evasione e legalità. Per ora è solo un esercizio teorico, ma nelle prese di posizione del governatore nell’ultimo anno si può leggere un programma di governo. La priorità per il governo Draghi sarebbe la questione fiscale. A margine delle considerazioni finali il 31 maggio, l’evasione è stata definita “la vera macelleria sociale” e in un’altra occasione informale Draghi ha ribadito che il carico del fisco è distribuito in modo criminalmente diseguale. Il primo punto, quindi, è far pagare le tasse a chi non le paga, anche perché il governatore è convinto che la dimensione dell’imponibile sottratto al fisco renda l’Italia pericolosamente simile a Grecia e Portogallo, prossimi al collasso finanziario. Nella testa – e nei testi – di Draghi è chiaro come procedere: si fa pagare di più chi non paga per ridurre subito le aliquote, “e il nesso tra le due azioni va reso visibile ai contribuenti”, ha detto nelle considerazioni finali. Proprio in quell’occasione ha parlato per la prima volta in modo esplicito del problema delle “relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche”, talvolta “favorite dalla criminalità organizzata”. Alludeva alla “cricca” degli appalti, con Guido Bertolaso e Angelo Balducci, ma le parole si adattano anche alla cosiddetta P3, l’alleanza occulta tra faccendieri e uomini di governo. Uno di questi, il coordinatore del Pdl Denis Verdini, era presidente fino a pochi giorni fa del Credito Cooperativo Fiorentino. Ora Bankitalia ha commissariato la banca per le gravi irregolarità nell’amministrazione.

Priorità ai conti. Draghi non si è mai dimenticato un viaggio in Jugoslavia alla fine degli anni Ottanta, quando lavorava per la Banca mondiale. Il ministro del Tesoro bosniaco gli spiegò che non si preoccupava di avere un bilancio in deficit perenne, perché tanto i loro titoli di Stato li comprava la Slovenia. Un po’ come se la Campania acquistasse titoli di debito emessi dalla Lombardia. Un trucco contabile che, prima o poi, si paga. Europeista per necessità, oltre che per convinzione, Draghi quindi pensa che sia necessario costringere gli Stati (Italia inclusa) al rigore anche subordinando un po’ di democrazia al rispetto dei parametri di bilancio. Magari togliendo il diritto di voto al Parlamento europeo ai rappresentanti di Paesi che trasgrediscono troppo i vincoli di Maastricht sul debito e il deficit.

Più tagli che tasse. Risanamento subito, questa sarebbe la missione di un eventuale governo Draghi. E l’allievo di Franco Modigliani all’MIT di Boston ha una ricetta che potrebbe piacere anche ai berlusconiani: i conti non si salvano aumentando le tasse, che sono poco “growth friendly”. Cioè frenano la crescita più dei tagli di spesa. La politica economica draghiana si fa quindi riducendo gli sprechi (cioè quelle sacche di spesa pubblica di cui beneficiano solo piccoli gruppi) e non con imposte patrimoniali o alzando le aliquote, misure che finirebbero per soffocare una ripresa già flebile. Al limite vanno bene anche i tagli orizzontali (automatici e che non distinguono tra virtuosi e spreconi) amati da Tremonti, tutto pur di evitare il pasticcio di questa manovra dove le riduzioni sono quasi sempre discrezionali. E infatti Bankitalia non si è mai spinta ad approvarla, l’aggettivo più lusinghiero è stato “inevitabile”.

Federalista, ma… Un governo Draghi potrebbe trovare l’appoggio perfino della Lega. Perché il governatore è un federalista convinto (sia pure con riserva: tutto dipende da come si fissa il parametro dei costi standard, su cui calcolare i trasferimenti dallo Stato alle Regioni). In un famoso convegno del 2009, poco gradito da Tremonti, Draghi ha chiarito che bisogna finirla con politiche economiche meridionaliste, piani straordinari e istituzioni ad hoc (come la tremontiana Banca del Mezzogiorno). Meglio concepire “politiche generali, che hanno obiettivi riferiti a tutto il Paese, e concentrarsi sulle condizioni ambientali che rendono la loro applicazione più difficile o meno efficace in talune aree”. Musica per le orecchie leghiste: basta finanziamenti a fondo perduto al Sud. E il federalismo fiscale può essere un utile strumento a patto che sia ambizioso e non punti soltanto a trasferire il potere di spesa a livello locale per sopperire alla paralisi del governo centrale.
Non si conosce l’opinione di Draghi su come modificare la legge elettorale (uno dei probabili compiti di un eventuale esecutivo tecnico).

Le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, nell’autunno 2011, con un grande convegno organizzato da Bankitalia sulla storia e lo sviluppo del Paese, potrebbero essere un’utile occasione per chiarire i dettagli del “programma Draghi”. Sempre che, per allora, il governatore non abbia già traslocato da tempo a Palazzo Chigi.

Da il Fatto Quotidiano del 3 agosto 2010
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08/03/tentazione-draghi/47049/
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« Risposta #38 inserito:: Settembre 14, 2010, 08:03:59 am »

CREDITO

Draghi promuove Basilea3

"Norme fondamentali per la finanza"

Il governatore della Banca d'Italia parla delle nuove regole sugli istituti di credito nazionali.

"In Italia gli istituti di credito sono solidi".

"Il taglio delle cedole non è l'unica misura"


BASILEA -'Le banche italiane complessivamente sono solide e hanno requisiti patrimoniali superiore ai minimi, nella media internazionale e a volte anche meglio". E' quanto ha affermato il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi parlando dell'effetto delle nuove regole approvate ieri sugli istituti di credito nazionali. Per il governatore le nuove regole di Basilea3 1 rappresentano "un elemento chiave" per la riforma della finanza globale. Parole che arrivano dopo che, nelle scorse settimane, il mondo del credito e della finanza ma anche dell'imprenditoria avevano in più occasioni espresso timori e dubbi sull'impatto negativo delle nuove norme.

Secondo Draghi "vi sono molti canali per approvvigionarsi di capitale e la riduzione dei dividendi è solo una delle strade percorribili". Il periodo di transizione sarà molto lungo e graduale, ragiona Draghi, e considerato che le banche italiane partono da livelli di capitali nella maggior parte molto superiori ai minimi hanno di fronte a se programmi di adeguamento molto gestibili.

L'accordo punta a contrastare il ripetersi delle situazioni di debolezza, con conseguente intervento degli Stati, emerse nella recente crisi finanziaria. Le banche centrali in pratica vogliono che gli istituti di credito abbiano più capitale, meno strumenti finanziari rischiosi e meno indebitamento, condizioni che però le banche reputano troppo gravose
e in grado di minacciare la fragile ripresa economica. Questo nonostante il fatto che le norme, che dovrebbero entrare in vigore dal 2013, saranno poi effettivamente applicate solo nel 2018 ovvero con un congruo periodo di tempo. Con l'accordo raggiunto vengono elevati i parametri di capitale delle banche.

(13 settembre 2010) © Riproduzione riservata
http://www.repubblica.it/economia/2010/09/13/news/draghi_direttiva-7031384/?ref=HREC1-7
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« Risposta #39 inserito:: Ottobre 30, 2010, 12:30:32 am »

Draghi: ripresa a rischio, Italia indietro di 9 anni

Tremonti: si produce più deficit che Pil, così non va

di Nicoletta Cottone

Questo articolo è stato pubblicato il 28 ottobre 2010 alle ore 12:17.


ROMA - «La ripresa mondiale è a rischio», l'allarme è stato lanciato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, secondo cui la crisi «ha investito con forza la nostra economia» e ne ha riportato «indietro il prodotto annuo, nel 2009, sui volumi di nove anni fa».


«Le prospettive per la crescita del Pil, quest'anno e il prossimo, non si discostano molto dall'1 per cento». Il governatore della Banca d'Italia nel suo intervento alla Giornata mondiale del risparmio è tornato a rimarcare la difficile situazione del mercato del lavoro dove il tasso di sottoutilizzo è «superiore all'11%», conteggiando assieme ai disoccupati i lavoratori in cassa integrazione e quelli che scoraggiati hanno smesso di cercare attivamente un impiego. «Tra il secondo trimestre del 2008 e il quarto del 2009 il numero di occupati si é ridotto in italia di 560 mila persone», in gran parte, ha spiegato il governatore, appartenenti a quell'area che include i contratti di lavoro a tempo determinato e parziale e nel settore del lavoro autonomo con caratteristiche di lavoro dipendente occulto. «Nel primo semestre dell'anno in corso si è registrata una debole ripresa, con 40 mila occupati in più».

Draghi ritiene che «allo sviluppo economico serva il contributo della domanda interna: quel circolo virtuoso che da consumi evoluti e investimenti lungimiranti porta a redditi alti e diffusi, e ancora a consumi e benessere». Per il numero uno di palazzo Koch, i consumi «ristagnano perché i redditi reali delle famiglie non progrediscono e vi è una diffusa incertezza sul futuro». Per questo, ha sottolineato Draghi, «la condizione del mercato del lavoro è il tema centrale, da analizzare guardando a tutti gli indicatori e a tutte le buone fonti informative disponibili».

Le banche, ha detto Draghi, «incidano sui costi» per sostenere la redditività in calo in questa fase e non cedano «a strategie che comportino rischi eccessivi o la richiesta di commissioni esorbitanti alla clientela meno informata o in difficoltà». Attenzione, poi, alle sofferenze afferma Draghi: «Vigileremo affinché le politiche di accantonamento delle banche tengano conto della delicatezza di questa fase, perché i modelli interni di valutazione della qualità degli attivi siano pronti a rilevare situazioni di tensione e le prove interne di stress vengano prontamente aggiornate». Parlando delle fondazioni Deaghi ha poi detto che «dovranno impegnarsi su tre fronti fondamentali: la loro stessa governance, la ricapitalizzazione delle banche, l'autodisciplina nel rapporto con il management di queste ultime».

Non sono accettabili ingerenze della politica nelle banche, perché l'Italia non può tornare indietro di vent'anni. «L'esperienza italiana delle banche pubbliche - è il monito di Draghi - è viva nella nostra memoria. Certi rapporti fra gruppi economici locali, banche pubbliche e politica si sono dimostrati alla lunga esiziali per le banche, deleteri per il costume civile. La crescita del territorio ne è stata in più casi frenata, anziché favorita».

Draghi ha anche osservato che la ripresa mondiale resta disomogenea, incerta e fragile. Una situazione, ha affermato, cui «non vi è altra risposta che un più stretto coordinamento tra le politiche economiche dei principali Paesi». Per Draghi, poi, regole europee quasi automatiche possono aiutare i paesi con le istituzioni più deboli a risolvere i loro problemi di politca economica.

La Banca d'Italia, ha sottolineato il Governatore, istituirà un help desk per aiutare le banche nella fase di transizione alle nuove regole di Basilea3. L'help desk chiarirà l'interpretazione della normativa e assicurerà l'attuazione da parte degli intermediari di politiche gestionali coerenti con il raggiungimento dei nuovi requisiti.

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« Risposta #40 inserito:: Febbraio 15, 2011, 10:52:25 am »

L'intervista esce martedì sul FrankfUrter Allgemeine Zeitung

Draghi: «Per stimolare la crescita si prenda esempio dalla Germania»

Il governatore di Bankitalia: "Non siamo Paese a rischio"


MILANO - L'Europa ha bisogno di riforme per accelerare la crescita economica e in questo caso la Germania «deve servire da esempio» per gli altri Paesi. Lo ha detto il governatore della Banca d'Italia e membro del consiglio direttivo della Banca centrale europea, Mario Draghi, durante un'intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung che verrà pubblicata martedì. «La Germania ha migliorato la sua competitività attuando delle riforme strutturali. Questo deve essere il modello».

IL CASO ITALIA - «L'Italia non è un Paese a rischio», ha aggiunto Draghi. «L'indebitamento delle famiglie e delle imprese è tra i più bassi in Europa. La struttura industriale è molto diversificata e pertanto resistente. Il bilancio delle partite correnti è in equilibrio. Durante la crisi, il deficit di bilancio italiano durante la crisi non è aumentato come in altri Paesi. La durata media del debito pubblico italiano è aumentata a sette anni e tre mesi, il che ci protegge da problemi di finanziamento». L'Italia, insiste Draghi, non è più un Paese simbolo di instabilità. «Ma abbiamo bisogno», rileva, «di regole severe per ridurre l'indebitamento» e «di maggiore crescita».

Redazione online
14 febbraio 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
da - corriere.it/economia
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« Risposta #41 inserito:: Febbraio 19, 2011, 04:37:39 pm »

17/2/2011

Mario Draghi un "tedesco" per i tedeschi

STEFANO LEPRI

Se non ci fosse stata la crisi dell’euro, probabilmente oggi Mario Draghi avrebbe la strada spianata per succedere a Jean-Claude Trichet alla guida della Banca centrale europea. Tra i possibili candidati un altro della sua statura al momento non c’è. Ma oltre a cambiare tutte le carte in tavola, la crisi ha inasprito i rapporti tra i Paesi; alimenta paure e rancori.

Nel caso della Bce, la differenza è che non si può uscirne con un compromesso di basso livello. Se la responsabile della politica estera europea Catherine Ashton non conta nulla, pazienza: la diplomazia continua a farla ogni Paese per conto proprio. La Bce, al contrario, non è sostituibile. Ha davanti compiti ardui, dato che i guai di Grecia e Irlanda sono tutt’altro che finiti, e il Portogallo non è al sicuro.

Nelle ultime ore è svanita l’ipotesi di un candidato di compromesso proveniente da un Paese piccolo; benché continui a circolare il nome del finlandese Erkki Liikanen. Con la decisione di assegnare al belga Peter Praet l’altro posto che si renderà vacante nell’esecutivo a 6 della Bce, i governi hanno circoscritto il loro spazio di manovra. La presidenza dovrà per forza andare a un Paese grande: dunque la partita è a tre, fra Germania, Francia e Italia. A volere un tedesco alla guida della Bce erano sembrati, negli ultimi giorni, quasi più i francesi che i tedeschi. Nicolas Sarkozy sperava che facendo il difficile per dire alla fine di sì avrebbe strappato molte concessioni. Però a Berlino si rendono conto di non avere altri candidati validi dopo la rinuncia del troppo controverso Axel Weber; la scelta di Jens Weidmann e di Sabine Lautenschlaeger per guidare la Bundesbank lo dimostra.

In risposta, i francesi hanno provato a lanciare l’ipotesi di una proroga di Trichet: la ostacola la difficoltà di dover modificare i Trattati. L’ultima voce che corre è che il candidato capace di non scontentare nessuno sarebbe l’attuale governatore della Banca di Francia, Christian Noyer. Pur meno brillante di Trichet, garantirebbe continuità con lui. Potrebbe forse impegnarsi in segreto con i tedeschi a passare la mano prima di terminare gli otto anni di mandato.

Comunque sia, tutti e tre i grandi Paesi dell’euro sono messi di fronte a realtà spiacevoli. Per noi, l’esame di coscienza nasce dall’avere un candidato stimatissimo nel mondo che passerebbe soltanto se - in questo momento in cui l’immagine esterna dell’Italia è al suo peggio - riuscisse a far dimenticare di essere italiano. La Germania farebbe bene a confrontarsi con il disprezzo verso i Paesi vicini e verso la costruzione europea che fermenta non più solo sulla sua stampa popolare, ma anche tra una parte delle élites. Parigi dovrebbe rendersi conto che i giochi di sponda non rimediano alla concreta perdita di influenza politica e ideale del Paese. Draghi sta giocando bene la sua partita. Con l’intervista apparsa ieri l’altro sul quotidiano conservatore Frankfurter Allgemeine (concordata prima dell’abbandono di Weber) mira a mostrarsi tedesco quanto i tedeschi: non solo il continuatore di Trichet, anzi pronto a offrirgli garanzie in più. Angela Merkel potrebbe prenderlo in parola; ma far accettare al pubblico tedesco un italiano richiederebbe sforzi erculei.

Per rendersene conto basta dare un’occhiata ai commenti on-line dei lettori della Frankfurter Allgemeine all’intervista di Draghi. Tra insulti, stereotipi vari su mafia e mandolini, allusioni ai casi presenti, prevale il timore che l’italiano proteggerebbe i Paesi deboli, chiedendo ai tedeschi di pagare il conto delle loro dissolutezze; e che il suo parlare da «falco», sostenitore del rigore monetario, sia l’inganno di una «colomba» travestita.

da - lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali
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« Risposta #42 inserito:: Febbraio 26, 2011, 06:38:14 pm »

BANKITALIA

Draghi, allarme crescita e giovani "Stentiamo da quindici anni"

Dal governatore parole preoccupate sullo sviluppo e sulle nuove generazioni: "Risorsa sprecata, i salari di ingresso sono fermi da dieci anni".

"Servono riforme coraggiose per l'efficienza del sistema"


VERONA - Allarme del governatore di Bankitalia per la crescita. "Stenta da 15 anni - ha detto questa mattina al Forez -  e i tassi di sviluppo del nostro paese sono attorno all'1%". La domanda interna, inoltre, rimane "debole", e per tornare allo sviluppo sarebbe necessario un assetto normativo ispirato pragmaticamente all'efficienza del sistema".

E ulteriore preoccupazione per i prossimi mesi arriva dalla situazione libica. "Nella nostra economia - spiega il numero uno di Palazzo Koch - un aumento del 20% del prezzo del petrolio determina  una minor crescita del prodotto di mezzo punto percentuale nell'arco di tre anni".

Le riforme. "Si è già cominciato - dice Draghi -, ma azioni riformatrici più coraggiose migliorerebbero le aspettative delle imprese e delle famiglie e aggiungerebbero per questa via impulsi alla crescita". L'Italia, sottolinea ancora, "dispone di grandi risorse, ha molte aziende, una grande capacità imprenditoriale, la sua gente è laboriosa e parsimoniosa".

I salari dei giovani. "I salari d'ingresso dei giovani sul mercato del lavoro, in termini reali, sono fermi da oltre un decennio su livelli al di sotto di quelli degli anni Ottanta. E il tasso di disoccupazione giovanile sfiora il 30%. Si accentua la dipendenza, già elevata nel confronto internazionale, dalla ricchezza e dal reddito dei genitori". E' questa la spietata fotografia che il governatore scatta
sulla situazione economica che riguarda le giovani generazioni.

Parole, queste sui salari, che sembrano entrare in rotta di  collisione con quelle pronunciate solo pochi giorni da dal capo della Bce Trichet 1, secondo quale "alzare ora i salari sarebbe stupido".

La spesa corrente e il fisco. Il contenimento della spesa corrente "dovrà proseguire anche oltre il 2012 - continua Draghi -, e la sua composizione deve essere orientata a favore della crescita". E  ancora: "Non vi sono altre strade per ridurre il disavanzo, visto che la pressione fiscale già supera di 3 punti quella media dell'area dell'euro. Maggiori entrate che si rendano disponibili grazie a recuperi di evasione dovranno essere usate per ridurre la pressione sui contribuenti che già pagano il dovuto".

La crisi. Per il governatore il ritorno "alla piena normalità" dei mercati monetari e finanziari che "stanno recuperando funzionalita" non saraà immediato, ma "richiederà tempo".

(26 febbraio 2011) © Riproduzione riservata
da - repubblica.it/economia
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« Risposta #43 inserito:: Febbraio 28, 2011, 11:13:28 pm »

Borse in calo, Draghi insiste sulle banche: ricapitalizzare

Di Francesca Gerosa

Le Borse europee si prendono una pausa, oggi, dopo il rimbalzo di venerdì scorso.
Il mercato metabolizza oggi i risultati elettorali in Irlanda, Paese alla ribalta per le sue difficoltà finanziarie, mentre sul fronte societario attende i risultati di Hsbc, la maggiore banca del continente.

Il principale partito d'opposizione irlandese ha ottenuto una vittoria storica e ha preannunciato che avvierà consultazioni urgenti per formare un nuovo Governo con l'obiettivo di trasformare il suo straordinario successo in un mandato per rinegoziare con l'Europa l'accordo di salvataggio del Paese.

Intanto in Libia la situazione è sempre drammatica con il Brent in rialzo di oltre due dollari a 114,50 dollari il barile sui persistenti timori di un impatto sulla produzione. L'indice Nikkei della borsa di Tokyo si è girato in positivo nel corso della seduta per chiudere in rialzo di quasi l'1% a 10.624,09 punti.

A piazza Affari il Ftse Mib cede lo 0,37% a 22.266 punti. Attenzione alle banche che per il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, devono agire per rafforzare i loro ratio patrimoniali con la riduzione dei costi, la destinazione degli utili a riserva, le dismissioni di asset non strategici.

Draghi durante il convegno Forex ha premesso che i ratio patrimoniali dei cinque maggiori gruppi italiani "stanno in media salendo". A fine settembre il tier 1 era al 9%, il core tier 1 al 7,9% delle attività rischiose. Era al 5,7% a fine 2007. Ma per giungere preparati alle nuove norme che vanno sotto il nome di Basilea 3, "il rafforzamento patrimoniale deve continuare, anzitutto attraverso la capitalizzazione degli utili".

Il numero uno di via Nazionale si aspetta che "come per il 2009, gran parte dei profitti conseguiti lo scorso anno venga destinata ad accrescere la dotazione patrimoniale". Ma è inevitabile anche il ricorso al mercato dei capitali non appena i mercati lo consentiranno.

E Draghi ha dato anche un suggerimento: "sarebbe saggio procedere a queste decisioni prima degli stress test, o prima che gli stress test vengano resi noti. Se ci sono aziende bancarie che hanno già deciso aumenti di capitale è bene che comunichino la decisione al più presto".

Draghi si è soffermato anche su pregi e difetti delle banche italiane, meno esposte ai temporali dei mercati finanziari ma fortemente dipendenti dal margine di interesse e dall'andamento del ciclo economico. Le banche italiane mostrano infatti una bassa redditività che risente, oltre che della ripresa lenta dell'economia, dal loro tipico modello di attività: credito prevalentemente alla clientela retail, raccolta al dettaglio, bassa leva finanziaria.

La cura passa per la riduzione dell'incidenza dei costi sui ricavi, la razionalizzazione delle reti di vendita, la cessione di ulteriori attività non strategiche. Inoltre, occorre adeguare le politiche di remunerazione ai vari livelli. Infine gli istituti di credito devono tenere d'occhio con grande attenzione la loro posizione di liquidità.
 
"Draghi insiste: pochi dividendi e aumenti di capitale", sintetizzano gli analisti di Equita. "l rafforzamento patrimoniale deve continuare, innanzitutto con la capitalizzazione degli utili. Ci aspettiamo che, come nel 2009, gran parte dei profitti non venga distribuita". Appare quindi inevitabile, secondo gli esperti di questa sim, non appena le condizioni di mercato lo consentiranno, che si ricorra anche al mercato dei capitali.

"Draghi sembra invitare chi deve fare aumenti di capitale ad anticipare i tempi". Gli analisti di Intermonte ritengono comunque che dalle parole di Draghi si possa evincere una distinzione tra banche a rischio sistemico che per quanto riguarda l'Italia sono Intesa Sanpaolo (-1,64% a 2,39 euro) e Unicredit (-1,65% a 2,84 euro) e le altre banche per le quali potrebbe essere sufficiente una capitalizzazione inferiore.

Tra le banche che Intermonte vede a rischio di aumento di capitale vi è la Popolare di Milano (-0,68% a 2,91 euro) "per cui riteniamo possibile un aumento di capitale fino a 500 milioni di euro per il rimborso dei Tremonti Bond". Per gli altri istituti di credito l'adeguamento tempestivo ai dettami di Basilea III e gli strumenti già emessi (bond convertibili) dovrebbero scongiurare un aumento di capitale tout court. Per le due grandi banche "riteniamo al momento che possano rafforzare ulteriormente il capitale attraverso i CoCo bonds (obbligazioni ibride, ndr)".

da - milanofinanza.it/news
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« Risposta #44 inserito:: Marzo 11, 2011, 03:59:50 pm »

«Professionisti e altri operatori poco solerti contro il riciclaggio»

«Mafia infiltrata in Lombardia»

Draghi: «L'infiltrazione delle cosche avanza, denunce concentrate a Milano, Bergamo e Brescia»


MILANO - «In Lombardia l'infiltrazione delle cosche avanza, come ha recentemente avvertito la Direzione Nazionale Antimafia». E' l'allarme lanciato dal governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che è intervenuto all'Università degli Studi di Milano nel corso di un convegno sulle mafie a Milano e al Nord. «Le denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso - ha proseguito il governatore - si sono concentrate fra il 2004 e il 2009 per quattro quinti nelle province di Milano, Bergamo e Brescia».

LA MINACCIA MAFIOSA - La «criminalità organizzata può sfibrare il tessuto di una società, può mettere a repentaglio la democrazia, frenarla dove debba ancora consolidarsi» ha detto ancora Draghi. «Nel nostro Mezzogiorno - ha aggiunto il governatore - le organizzazioni di stampo mafioso spiccano per longevità storica, radicamento territoriale, capillarità».

SISTEMA FINANZIARIO - Il sistema finanziario italiano sta facendo la propria parte nell'ambito della disciplina anti riciclaggio, ma i professionisti e altri operatori «sono meno solerti» ha spiegato il governatore di Bankitalia. «Il sistema finanziario italiano si sta gradualmente conformando alla disciplina anti riciclaggio - ha detto Draghi - siamo passati da 12mila 500 segnalazioni nel 2007 a 37mila lo scorso anno. Professionisti e altri operatori sono meno solerti: i potenziali segnalanti sarebbero diverse centinaia di migliaia, ma nel 2010 sono pervenute solo 223 segnalazioni». Draghi nota il numero «sorprendentemente piccolo» delle segnalazioni provenienti da Sicilia, Campania e Calabria: «qui si registrano il 33,27 e 16 per cento delle denunce per associazione mafiosa, ma solo il 6, 12 e 2 per cento delle segnalazioni di sospetto riciclaggio; è possibile che i soggetti potenzialmente segnalanti subiscano in quelle aree una particolare pressione ambientale».

BANCHE SIANO VIGILI - Le banche devono essere vigili e mantenere «salde difese interne» contro il possibile riciclaggio finanziario ha sottolineato ancora Draghi. «La Banca d'Italia - ha detto Draghi - utilizza tutte le leve a sua disposizione per valutare e stimolare la capacità delle banche di essere vigili sul fronte del contrasto al riciclaggio. Ho più volte ricordato quanto sia fondamentale per il loro buon nome che esse mantengano salde difese interne contro il rischio di farsi strumento di riciclaggio; ogni euro speso per rafforzarle è ben speso».

Redazione online
11 marzo 2011© RIPRODUZIONE RISERVATA
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