POCO LETTI (ARCHIVIO)

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NEWS
27/7/2007
 
Paese che vai "bugiardino" che trovi
 

MILANO
Un antistaminico in Spagna e Italia non interferisce con la guida dell’auto (se assunto alle dosi consigliate); in Belgio sì, e in Portogallo provoca sonnolenza. Anche gli effetti del Cialis cambiano a seconda del Paese in cui lo si assume: ai belgi non causa perdita temporanea o permanente della vista, problemi di fertilità e cerebro-vascolari, tutti effetti indicati invece se il farmaco è venduto a consumatori italiani, spagnoli o portoghesi.

Questi alcuni dei risultati dell’inchiesta che Altroconsumo ha condotto sui foglietti illustrativi di 18 farmaci tra i più venduti in quattro Paesi d’Europa. I medicinali coinvolti nell’indagine sono prodotti di vario tipo, dai lassativi agli sciroppi per la tosse, dagli antistaminici ai contraccettivi, venduti tutti con lo stesso nome.

L’associazione sottolinea che lettura «fa emergere indicazioni differenti per gli stessi medicinali in Paesi diversi, oltre che carenze di chiarezza. Un’occasione persa per fare arrivare ai consumatori informazioni univoche, chiare e utili per l’assunzione del prodotto, come gli effetti indesiderati, le interazioni con altri farmaci, le dosi di assunzione».

Da un’indagine parallela di Altroconsumo sul comportamento di circa 10 mila pazienti nei quattro Paesi europei (di cui 2.200 italiani), emerge che circa il 90% legge l’intero foglietto se acquista il farmaco per la prima volta.

Qualche altro esempio di differenze sulle precauzioni d’uso: in Portogallo l’antidolorifico Fastum Gel può essere usato in gravidanza o durante l’allattamento, in Italia e Belgio è sconsigliato; in Spagna nessun accenno a questa voce. L’età minima per prendere l’Aspirina è 16 anni nel nostro Paese e in Spagna; in Belgio e Portogallo scende a 12 anni. Arbitrarietà verso i bambini a seconda della latitudine anche per il lassativo Dulcolax: In Italia e Spagna l’uso sotto i 10 anni deve avvenire dietro parere del medico, nessuna specifica sull’età nel foglietti in Belgio e Portogallo.

L’ansiolitico Xanax non ha effetti collaterali per i pazienti in Portogallo e Belgio. Anche le dosi consigliate sono soggette a variazione senza nessun motivo: Inderal, un medicinale contro l’ipertensione, ha una dose massima giornaliera di 320 mg in Italia e Belgio, dose che raddoppia (640 mg) nei Paesi della penisola iberica.

Se si analizza il panorama del mercato italiano, dai foglietti illustrativi dei 18 farmaci venduti nel nostro Paese emergono carenze sulle istruzioni di utilizzo corretto (in 10 manca la durata massima del trattamento), sulle precauzioni sull’assunzione temporanea di alcool (presenti solo in 6 su 18). In nessuno dei foglietti compare un numero di telefono da contattare in caso di insorgenza di problemi. Una spia di scarsa attenzione alla farmacovigilanza.

da lastampa.it

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29/7/2007 - UNO STUDIO FRANCESE LANCIA L'ALLARME
 
"L'abitacolo? Una camera a gas"
 
«Seduti al posto di guida si è esposti a inquinamento di un pedone sul marciapiede»
 
GIULIO MANGANO
 

ROUEN
Può sorprendere scoprirlo, ma è più esposto a inquinamento e polluzione atmosferica un automobilista seduto al posto di guida di un pedone fermo sul marciapiede, nel bel mezzo del traffico. È quanto emerge dallo studio realizzato dall’unità 644 dell’Inserm (Istituto Nazionale Sanità e Ricerca Medica), unico organismo pubblico francese interamente dedicato alla ricerca biologica, medica e alla salute della popolazione. Un’indagine finanziata dall’Agenzia Francese della Sicurezza Sanitaria dell’Ambiente e del lavoro (Afsset) per quantificare l’esposizione dei guidatori e dei passeggeri all’inquinamento, ma soprattutto per proporre soluzioni valide a limitarne i danni.

Per questo da alcuni mesi un furgone attrezzato con un gran numero di sensori (foto), vari rilevatori e computers di archiviazione dei dati circola quotidianamente a Rouen, nella regione dell’Alta Normandia, 140 km a nord ovest di Parigi (109mila abitanti e un reddito di 14.400 euro annui a famiglia), su un circuito fisso di 75 km, studiato per rappresentare «sul campo» diverse tipologie altimetriche e la topografia media urbana. Ogni secondo, i sensori piazzati nell’abitacolo raccolgono e analizzano il tasso di concentrazione dei principali elementi inquinanti (ozono, monossido d’azoto, biossido di zolfo ecc) mentre un Gps registra la posizione del veicolo e una telecamere riprende ininterrottamente la strada percorsa e l’ambiente esterno.

Superato il muro dei primi 3 mila km percorsi, sui 5 mila programmati, sono emersi elementi inquietanti: «Le concentrazioni raggiunte nell’abitacolo sono particolarmente elevate, da 3 a 5 volte superiori a quelle registrate al di fuori del veicolo», dice allarmato Jean Paul Morin, coordinatore dello studio. Un normale guidatore, sulle tangenziali parigine, è stato mediamente esposto nel 2006 a un indice di inquinamento medio prossimo ai 100 microgrammi di biossido d’azoto per mc. «Immaginate una giornata senza vento, nel traffico, in coda a un veicolo inquinante, magari un Diesel mal regolato. Il picco d’inquinamento può arrivare ai 15 mila microgrammi per mc». Una concentrazione elevatissima, il cui impatto sulla salute non è ancora valutato a fondo. I ricercatori stanno vagliando un paio di antidoti. Primo: ripensare completamente il sistema di espulsione dei gas inquinanti, magari spostando gli scarichi dalla coda ai lati delle auto, o sdoppiandoli in due condotti antagonisti, per favorirne la dispersione.

Secondo, con prospettive migliori, potenziare il «disinquinamento» dell’abitacolo con materiali che assorbono e neutralizzano le particelle inquinanti. Già parecchi costruttori propongono filtri a carbone attivo, più o meno efficienti. Ma costituiscono una percentuale esigua, soprattutto fra i produttori francesi. «Gli impianti per purificare l’aria che respiriamo negli abitacoli diventeranno nei prossimi 10 anni un elemento di marketing determinante – sottolinea Morin - Però senza una significativa domanda dei clienti e un’imposizione legislativa, i costruttori non si impegneranno granché a dotare i propri modelli di dispositivi comunque costosi».

da lastampa.it

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3/8/2007 (15:20)

Vespe, zecche e vipere: come rimediare a morsi e punture

Evitare rimedi come l’ ammoniaca per api e vespe, o tentare di succhiare il veleno della vipera


ROMA
Come si possono affrontare le punture di vespe,api e vipere? Come affrontare morsi e punture? Bisogna evitare rimedi come l’ ammoniaca per api e vespe, o tentare di succhiare il veleno della vipera. Ecco allora un vademecum stilato da Alessandro Barelli, direttore del servizio di tossicologia clinica del Policlinico Gemelli e responsabile del sito www.tox.it, dell’Università Cattolica, dove vengono forniti consigli utili in caso di emergenze dovute al contatto con sostanze tossiche, indicando anche i centri antiveleni presenti sul territorio.

Api e vespe: non tentare di estrarre il pungiglione con le pinzette, meglio farlo «saltare» con un angolo appuntito. Non bisogna spremere, altrimenti si schiaccia il sacco attaccato al pungiglione, inoculando così altro veleno. Per gli effetti locali l’uso di acqua fredda o ghiaccio sono utili, mentre l’ammoniaca può indurre ad un peggioramento dell’irritazione. Si possono usare creme al cortisone e in caso di dolore intenso e persistente analgesici e antinfiammatori da banco, mentre antistaminici e creme anestetiche non servono. Negli adulti sono comunque necessarie più di 100 punture per una dose di veleno letale. Una sola puntura non è pericolosa, se non nel caso di soggetti ipersensibili a rischio di reazione anafilattica. Meglio riconoscere i sintomi: vampate di calore al volto, orticaria, prurito, difficoltà a respirare, vertigini, senso di svenimento, sudorazione, pallore, gonfiore (edema) di volto, occhi, lingua e vie respiratorie, con diversa gravità e combinazione dei sintomi. Edema e prurito possono essere i primi segnali (entro 10-20 minuti dalla puntura) di una crisi: in caso raggiungere il più vicino pronto soccorso. Per questi soggetti sono disponibili kit per autosomministrazione di adrenalina e cortisonici intramuscolari: dopo l’emergenza è bene raggiungere la struttura sanitaria più vicina;

Zecche: devono essere staccate con un paio di pinzette, il più possibile vicino alla cute, evitando di strappare, schiacciare o torcere il corpo del parassita. Danneggiando la zecca infatti si produce la fuoriuscita della saliva o del contenuto intestinale e si può facilitare la trasmissione delle malattie veicolate dal parassita. Vietato l’uso di «rimedi» come acetone e benzina, che aumentano il rischio infettivo. Dopo avere gettato la zecca nel water oppure averla bruciata, la pelle interessata deve essere lavata con acqua e sapone, disinfettata e controllata per un mese. In caso di arrossamento serve un controllo medico;

Vipere: un luogo comune è quello di portarsi dietro il siero, che nelle farmacie italiane non è più venduto. Si tratta infatti di un presidio per uso esclusivo ospedaliero e nei casi giudicati gravi dal medico. Il morso delle 4 specie presenti (Vipera aspis, ursini, berus e ammodites) è raramente mortale. In realtà la possibilità di essere morsi è piuttosto remota, soprattutto se si indossano scarponcini alti alla caviglia e calzettoni, si presta attenzione a dove si mettono le mani, scostando rami e foglie con un bastone. In caso di morso: rimanere tranquilli, in caso con un sedativo per bocca (i meccanismi di stress provocano una più rapida diffusione del veleno); attivare il 118; evitare di applicare il laccio emostatico, perchè rallenta o blocca il deflusso venoso mentre non blocca il flusso linfatico, responsabile della diffusione del veleno; evitare di succhiare il veleno o praticare incisioni, si possono causare ulteriori danni; immobilizzare la parte colpita con un bendaggio steccato non compressivo, come per un arto fratturato.

da lastampa.it

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2007-08-04 13:50

ANNEGAMENTI, VIPERE E FULMINI: PERICOLI DI STAGIONE


 ROMA - Annegamenti, fulmini, morsi di vipera. Sono alcuni dei 'pericoli di stagione' cui possono andare incontro i vacanzieri, al mare e in montagna. Per partire 'preparati' ecco i consigli dell'Istituto superiore di Sanità (Iss), pubblicati sul sito dell'Istituto:

- ANNEGAMENTI, OGNI ANNO 400 MORTI IN ITALIA: Sono circa mille ogni anno in Italia i casi di incidenti in acqua, dei quali circa la metà mortali. La sopravvivenza a questi incidenti è del 55,3%, con un costo al Servizio Sanitario Nazionale di circa 3.500.000 euro l'anno, ma le conseguenze possono essere anche molto serie: in un caso su 20 si hanno coma e danni cerebrali da anossia. Per prevenire incidenti, questi i consigli: Non entrare in acqua a stomaco pieno o durante la digestione (attendere almeno 3 ore) o bruscamente dopo una lunga esposizione al sole se si è accaldati, perché la notevole differenza di temperatura tra il corpo e l'acqua può determinare delle alterazioni, anche gravi, della funzione cardiorespiratoria, con perdita della conoscenza ed arresto cardiaco. Inoltre, fare attenzione alle onde pericolose e ai segni di corrente di riflusso (acqua che cambia colore e stranamente mossa, schiumosa, o piena di detriti). Se si finisce in una corrente che porta al largo, non cercare di contrastarla subito nel tentativo di guadagnare immediatamente la riva. E' meglio cercare piuttosto di uscire dal flusso della corrente, nuotando parallelamente alla spiaggia. Una volta fuori dalla corrente, nuotare verso la riva.

- OCCHIO A FULMINI KILLER: Sono circa 1.000 all'anno i morti nel mondo a causa dei fulmini. In Italia, al 2 agosto 2007, sono caduti dall'inizio dell'anno oltre 578 mila fulmini e negli ultimi 30 anni il fenomeno ha provocato nel nostro Paese 600 decessi. La montagna, dove si addensano nubi temporalesche, è una delle zone più a rischio, ma pericoli ci sono anche in spiagge, mare e campi aperti. Escludendo i casi in cui il fulmine colpisce direttamente il soggetto, nel 70-80% degli incidenti la persona sopravvive, anche se le conseguenze possono essere gravi. In termini di costi per assistenza sanitaria, un soggetto colpito da fulmine e ricoverato costa circa 4.000 euro. Se si è all'aperto, il consiglio è evitare di stare in piedi con le gambe divaricate a causa del rischio di differenze di potenziale elettrico tra i due piedi. E' meglio accucciarsi, tenendo i piedi il più uniti possibile e con la testa tra le ginocchia. Evitare anche di sdraiarsi a terra perché così aumenta la superficie a contatto con le cariche positive e quindi il rischio di essere fulminati. Può essere utile isolarsi dal terreno con qualsiasi materiale a disposizione. Ed ancora: se si è in un gruppo, sparpagliarsi per evitare la propagazione dalla scarica tra vicini; non ripararsi sotto gli alberi isolati; evitare strutture metalliche; se si è al mare, durante un temporale stare distante da barche e spiaggia perché ombrelloni e alberi delle imbarcazioni attirano i fulmini. Se si può, rifugiarsi in macchina, chiudendo bene i finestrini ed evitando di toccare le portiere del veicolo.

- VIPERE, ATTENZIONE A ZONE IMPERVIE: La pericolosità del morso di vipera (presente sia in pianura sia in montagna, soprattutto d'Estate) dipende da molti fattori: sede del morso, tempo trascorso, temperatura ambientale (il caldo facilita il passaggio in circolo del veleno), età del rettile (le vipere giovani sono meno pericolose). Nel 20-30% dei casi, al morso non segue inoculazione di veleno. I consigli: Chiamare il 118; Tenere a riposo la vittima, sdraiandola, per rallentare la circolazione del sangue e quindi la diffusione del veleno; Effettuare un bendaggio di compressione 5-10 cm a monte della ferita con una fascia (una cinta o un foulard). Il bendaggio deve essere stretto ma devono potersi rilevare le pulsazioni.   

da ansa.it

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Studio italiano, nell'elenco anche aglio, senape e cannella

Tutti i cibi e le spezie che leniscono il dolore

Dal peperoncino al wasabi: così, pasto dopo pasto, si alza la soglia di resistenza del nostro organismo

 
MILANO — La dieta anti- dolore si comincia ad abbozzare. Radici, ortaggi e spezie che attivano recettori cellulari scatenanti sofferenza cominciano ad essere più di uno. La loro azione sembra essere quella, pasto dopo pasto, di riuscire ad alzare la soglia di resistenza di un individuo. Dopo il peperoncino (la capsaicina è la molecola che attiva uno specifico recettore: Trpv1), ecco il wasabi. La radice di rafano che compone l'intingolo che accompagna il pesce crudo (sushi) è stimolante di un altro recettore cellulare del dolore ( wasabi receptor: Trpa1). E come il rafano si comportano aglio, cannella, senape, olio di mostarda. Gli effetti indesiderati, ma anche piacevoli per gli intenditori, che si avvertono mangiando questi cibi sono espressione della loro azione sui canali dolorifici della membrana delle cellule nervose periferiche: il canale della capsaicina e quello del wasabi. Gli occhi che lacrimano, la gola che si stringe, il pizzicore... Le cellule ricevono un impulso simile a un sms con scritto: «Allarme, c'è qualcosa di nocivo che sta attaccando». Attraverso le vie nervose, l'sms arriva al cervello che fa scattare l'emergenza: difesa immunitaria anti intrusi, molecole antinfiammatorie ed endorfine (la morfina naturale dell'organismo).

Il recettore della capsaicina è noto da anni e, negli Stati Uniti, farmaci derivati dalla molecola del peperoncino sono già in fase III di sperimentazione clinica sull'uomo per il dolore neuropatico e l'herpes da «fuoco di Sant'Antonio». Agirebbe anche su parte di quei dolori senza causa che sembrano derivare da «memorie » registrate a livello nervoso. Come la sindrome dell'arto fantasma negli amputati: il piede fa male, ma il piede non c'è più. Ora c'è il nuovo recettore, quello del wasabi, che si attiva anche in caso di stress ossidativo (per esempio a causa dei radicali liberi attivati dal sole sulla pelle: insomma la sofferenza di chi si «brucia ») o a causa di inquinanti come il fumo passivo o lo smog cittadino (bruciore agli occhi, alla gola, la tosse irritativa), balzato ieri a livelli di massima attenzione dopo che l'edizione online della prestigiosa rivista americana Proceedings of the national academy of sciences (Pnas) ha pubblicato il lavoro di un gruppo di ricercatori della Facoltà di medicina dell'università di Firenze. Che cosa hanno scoperto? Un nuovo meccanismo di trasmissione del dolore che apre la strada a una maggiore conoscenza di come si attiva l'impulso negativo (dolore) e di come si può sopprimere.

Lo studio fiorentino individua una via di attivazione delle sensazioni dolorifiche indipendente da quella attivata dalle prostaglandine (infiammazione), notoriamente bloccata dall'aspirina o dai Fans. I ricercatori hanno scoperto che una molecola, il 4-idrossinonenale, prodotta dall'organismo in situazioni estreme (lesioni, infiammazioni e comunque stress ossidativo da radicali liberi), costituisce un potente stimolo per provocare dolore attraverso i recettori Trpa1 (i wasabi appunto) sulla superficie dei neuroni.

Pierangelo Geppetti, direttore del Centro per le Cefalee primarie dell'università fiorentina, ha coordinato lo studio a cui ha preso parte anche un team di ricerca dell'università della California (San Francisco). Spiega Geppetti: «Ora miriamo a sviluppare farmaci innovativi, con effetti avversi minimi o nulli, capaci di lenire il dolore acuto e cronico per mezzo del blocco dell'azione del 4-idrossinonenale sul recettore Trpa1. Una nuova classe di medicine efficaci contro quei tipi di dolore (neuropatico, oncologico, emicrania e molti da causa infiammatoria) che non possono essere trattati dagli attuali analgesici». Ma il risvolto immediato può essere proprio una sorta di menù desensibilizzante, in grado di alzare la soglia di percezione del dolore. E, sorpresa, la tradizione collima con la scienza: peperoncino, aglio, rafano, zenzero, sono da secoli la panacea di popolazioni che vivono in situazioni climatiche estreme e in condizioni di lavoro estreme. Il wasabi, invece, arriva da una tradizione che ha nella resistenza al dolore uno dei cardini d'onore: il popolo dei samurai ha regole in cui il wasabi ha ragione d'essere.

Mario Pappagallo
08 agosto 2007
 
da corriere.it

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